Ritorno al passato

Versione Completa   Stampa   Cerca   Utenti   Iscriviti     Condividi : FacebookTwitter
anzy81
00venerdì 19 giugno 2009 12:14
ragazzi vi lascio anche una delle mie fanfic!!!!

Ritorno al passato.

Capitolo uno – Incontro.

Il sole splendeva alto nel cielo quel giorno al Grande Tempio…

Due giovani ragazzi, entrambi di circa venticinque anni, stavano camminando parlando tra di loro del più e del meno. Erano tutti e due alti e muscolosi, con i capelli lunghi, ma uno li aveva color del sole e l’altro era scuro.
D’un tratto sentirono un pianto disperato e una flebile richiesta d’aiuto.
Si guardarono intorno alla ricerca del luogo di provenienza della voce che avevano udito, ma erano circondati solamente da rocce e rovine di colonne antiche che non avrebbero potuto nascondere niente di più grosso di un pallone.

La supplica si ripeté e loro si convinsero che non stavano sognando, qualcuno invocava il loro aiuto!
Shaka, così si chiamava il ragazzo biondo, chiuse gli occhi per concentrarsi meglio: l’eco della voce appena sentita era percettibile al minimo, ma riuscì ugualmente a riconoscere il luogo da cui proveniva. Riaprì gli occhi color del cielo e si rivolse all’amico.

“Ho capito da dove proviene questa voce! Andiamo, Milo!” il ragazzo moro lo seguì senza parlare, riconosceva il grande potere psichico dell’amico e sapeva che, se qualcuno era in pericolo o aveva bisogno di aiuto, Shaka lo avrebbe trovato.

Arrivarono nel punto dove sorgevano le antiche rovine di Templi dedicati agli Dei all’alba dei tempi: le macerie erano ormai ovunque, quel luogo era talmente desolato e abbandonato che sembrava strano che vi si trovasse qualcuno.

“…qualcuno ci aiuti! Vi prego…” era una voce molto giovane, sembrava quella di un bambino o poco più. Inoltre la piana in cui si trovavano si affacciava su un profondo burrone e c’era un’eco molto ampia.

L’istinto li condusse verso il dirupo e, mentre avanzavano, dietro una colonna scorsero un paio di scarpe da ginnastica, segno che c’era effettivamente qualcuno…

Si affrettarono in quella direzione e quando guardarono dietro la colonna non riuscirono a credere ai loro occhi: un bambino di circa otto anni era chino su un corpo, con la testa tra le braccia incrociate sulle gambe di quel corpo, e piangeva singhiozzando.
Quando il piccolo si accorse delle presenze al suo fianco, volse loro un’espressione disperata e spaventata allo stesso tempo.

“Vi prego…aiutate la mia sorellina…lei sta male!” singhiozzò il bambino.

Solo in quel momento i due giovani si accorsero che la figura stesa a terra nient’altro era che una ragazza, più o meno di diciassette anni, ferita in più punti con tagli ed escoriazioni e priva di sensi.

Shaka si abbassò per parlare con il ragazzino.

“Ciao, non devi avere paura di noi, siamo amici…e vogliamo aiutarvi!” gli disse posandogli una mano sulla spalla.

“…non volete farci del male…anche voi, vero?! chiese ancora il piccolo.

“Assolutamente! Chi è che vi ha fatto del male?” fu Milo ad intervenire questa volta, con rabbia. Lui odiava chi se la prendeva con i più deboli e, se avesse beccato chi era stato a fare quello, gli avrebbe dato una bella lezione. Il solito impulsivo, agiva sempre senza pensare, per questo Atena lo riprendeva spesso.

<…già, Atena! Proprio lei mi doveva venire in mente ora…>

Volse nuovamente lo sguardo alla ragazza a terra e vide che Shaka stava controllando le sue condizioni.

“Non ha ferite particolarmente gravi, a parte il taglio sulla nuca…si riprenderà presto! Come ti chiami piccolo?” chiese gentilmente al bambino.

“Gabriel, mi chiamo Gabriel! Davvero mia sorella starà bene? Lei li ha affrontati da sola, loro ci seguivano da tanto tempo…e poi ci hanno trovato e…e…” si stava agitando poverino.

“Calma, calma! Io sono Shaka e lui è Milo. C’è tempo per raccontarci cosa vi è accaduto! Ora dobbiamo portare tua sorella in un posto tranquillo e più sicuro di questo! Vieni, andiamo!” e gli tese la mano che il bambino afferrò con forza e sicurezza.

Milo a sua volta prese tra le braccia il corpo inerte della ragazza e si avviò di fianco a Shaka e Gabriel.
Mentre camminavano si soffermò ad osservare la fanciulla: il viso addormentato e dolce, lunghi capelli neri leggermente mossi e il fisico slanciato e formoso, nel complesso niente male!

La voce di Gabriel lo distolse da qualsiasi pensiero inopportuno avrebbe potuto fare sulla giovane.

“Shaka…dove ci state portando? In ospedale?” chiese innocente il bambino.

“No, meglio. Stiamo andando dalla Dea Atena, Al Grande Tempio!” rispose con solennità lui.

Capitolo due – Occhi negli occhi

“…dalla Dea Atena? Quella dei cartoni animati? E dimmi, ci sono davvero tutti quei Cavalieri con le armature scintillanti?” Gabriel era un fiume di domande. “Io credevo che fosse tutto finto, inventato…” continuò il bimbo.

“Purtroppo non è così…Non è che la vita al Grande Tempio non sia bella, in tempo di pace ovviamente, ma quando siamo impegnati in una qualche battaglia in difesa della nostra ‘Dea’ non è proprio il massimo!” lo disilluse subito Milo.

“Milo! Così lo spaventi, è solo un bambino…” lo riprese Shaka, stringendo la mano di Gabriel. Quel piccoletto gli faceva tanta tenerezza e gli veniva spontaneo proteggerlo, anche dalla verità.

“Mia sorella dice che lei è troppo grande per credere a queste cose, e che non è vero niente…cioè, lei dice che è tutto finto e serve per tenere calmi i bambini come me…!” disse tutto d’un fiato Gabriel.

“Cosa intendi con ‘come me’? C’è qualcosa di particolare che dobbiamo sapere o che ci vuoi dire?” gli chiese Shaka fermandosi.

Gabriel cominciò a tremare impercettibilmente, ma Shaka se ne accorse ugualmente; decise così che avrebbe fatto attenzione ai due nuovi arrivati, curioso di conoscere la ragazza…a proposito: come si chiama? Non voleva fare ulteriori domande al suo piccolo amico e, per non turbarlo, lo lasciò stare e si mise ad osservare Milo che stranamente era azzittito.
Sapeva come il giovane la pensasse nei confronti di coloro che approfittavano dei più deboli…ma lui come faceva a sapere che fratello e sorella erano deboli? Non lo sapeva, ecco! Lo supponeva e basta!

Con questi pensieri per la testa non si accorse che erano finalmente giunti al Grande Tempio così, riscossosi, si accinse a compiere la scalata dei dodici Templi, metà dei quali rimasti incustoditi dopo l’ultima battaglia contro le forze del male.

Quando arrivarono in cima alla scalinata trovarono la figura di Lady Saori ad attenderli sulla soglia della Tredicesima, ma non si scomposero più di tanto: sapevano che sicuramente Atena aveva sentito non soltanto il loro cosmo, ma aveva anche avvertito la presenza di due nuove figure.
Quando Shaka parlò per spiegare il motivo per cui avevano condotto lì due stranieri, cosa prettamente vietata, Saori lo interruppe alzando una mano e sorridendo.

“Non ti preoccupare nobile Cavaliere di Virgo, fate accomodare i nostri ospiti, poi parleremo di come dovremo comportarci…” disse la Dea.

Milo entrò con la ragazza ancora svenuta tra le braccia e, seguendo Mylock, il fido maggiordomo che Saori non aveva voluto lasciare da solo in Giappone, arrivò davanti alla porta della stanza che serviva da infermeria privata.
Delicatamente sistemò la ragazza sul lettino e attese con pazienza l’arrivo del medico che l’avrebbe visitata.

…nel frattempo….

“Virgo? Ma…a-allora tu sei una di QUEI Cavalieri! Avevo ragione, esistono!” stava esultando Gabriel.

Saori si abbassò per fronteggiare con lo sguardo il bambino, e sorrise.

“Ciao! Mi vuoi dire come ti chiami? Io sono Saori!” gli chiese gentilmente.

“Mi chiamo Gabriel…tu devi essere Atena, giusto?” rispose lui arrossendo un po’.

“Sì, sono la Dea Atena!” Saori si rialzò e allungò la mano verso Gabriel. “Vuoi venire dentro con me?”

Gabriel timidamente afferrò la mano della ragazza, guardandola estasiato. Non poteva credere di trovarsi effettivamente di fronte ad una divinità, forse stava solo svegliando e tra poco sua sorella sarebbe venuta a svegliarlo.
Quando toccò la mano di Saori, però, capì che effettivamente era tutto vero e lui era lì, circondato dai Cavalieri d’Oro, Sacri protettori della Dea Atena.

La giovane Atena condusse Gabriel in una stanza al centro della quale vi era posto un lungo tavolo rettangolare, con ampie finestre che davano su una terrazza uscendo dalla quale si poteva ammirare una grossa porzione del Santuario, dalla scalinata delle Dodici Case ai promontori dove si trovavano i luoghi di addestramento, tra cui la grande arena dei tornei.

Saori chiamò un inserviente a cui chiese cortesemente di portare un vassoio con biscotti e succo di frutta per il loro giovane ospite.
Nel frattempo anche Shaka e gli altri ragazzi erano entrati nella stanza; Gabriel adocchiò uno di loro: sembrava una montagna talmente era grosso ed ebbe un attimo di paura che il Cavaliere notò subito.

“Non avere paura di lui: sembra cattivo, ma non lo è affatto! Si chiama Aldebaran ed è il Cavaliere del Toro, io invece sono Ioria e la mia costellazione è quella del leone.” Lo rassicurò il ragazzo avvicinandosi e arruffandogli i capelli.
A Gabriel furono presentati gli altri Cavalieri: Mur, Kanon e Dohko, rispettivamente Cavalieri dell’Ariete, dei Gemelli e della Bilancia.

Saori si sedette sulla sedia di fianco alla sua e, pazientemente cercò di capire chi fossero lui e sua sorella…

“Allora, Gabriel, perché non mi racconti come siete arrivati qui tu e tua sorella e chi le ha fatto del male?” chiese dolcemente.

Il piccolo diventò diffidente: sua sorella non voleva che parlasse a nessuno di loro due…

…è troppo pericoloso…gli diceva sempre, così decise di non dire niente.

“Samia non vuole che parli di noi…” disse soltanto.

“Perché? Avete per caso fatto un toro a qualcuno? A me puoi dirlo!” continuò la Dea.

Gabriel scattò in piedi, il volto arrossato: anche se era piccolo odiava quando li accusavano di qualcosa di cui non avevano colpa.
In lontananza si sentì il brontolio di un tuono, strano dato che non c’era una nuvola in cielo…

Saori, la cui attenzione era stata catturata dal rumore, si voltò a guardare negli occhi il piccolo Gabriel e, con il suo sguardo profondo e inquisitore, cercò di capire come mai fosse così agitato.
Il bambino dal canto suo era preparato a queste cose: sua sorella lo aveva messo in guardia dal guardare per troppo tempo le persone negli occhi, così distolse lo sguardo, cosa che non sfuggì alla ragazza.

Shaka si avvicinò al giovane amico e gli mise una mano sulla spalla; aveva capito che era spaventato e non avrebbe parlato.

“Mia signora, con tutto il rispetto credo che sia meglio che Gabriel andasse a riposare…” disse guardando negli occhi Saori.

“Certo Shaka, hai ragione! Vuoi accompagnarlo tu in una delle stanze degli ospiti, per favore?” i due si allontanarono insieme.

Saori si diresse sulla terrazza, appoggiò le mani al muretto di pietra costituito da tante piccole colonne, e scrutò l’orizzonte.
Ioria le si pose di fianco, ma non aprì bocca.

“Dobbiamo assolutamente scoprire chi sono i nostri ospiti, non è sicuro che degli estranei siano riusciti ad entrare così indisturbati nel Santuario…” disse la ragazza.

Ioria continuava a non rispondere, anche se sapeva che Saori aveva ragione: il solo fatto che si trovassero lì alla Tredicesima Casa era gravoso per la sicurezza del Grande Tempio e loro avevano giurato di difendere quel luogo e la sua ‘sovrana’ anche a costo della vita, come già era successo qualche tempo prima…

Corse con la mente a suo fratello, Micene il Cavaliere d’Oro di Sagitter, che per ben due volte si era sacrificato per salvare la vita alla giovane Atena…
Anche Saori stava pensando ai suoi paladini, ma soprattutto a cinque di loro per cui lei aveva fatto salti mortali pur di farli tornare in vita, sacrificando i Gold che già una volta avevano perso la vita: Death Mask, Saga, Micene, Camus, Shura e Aphrodite…

…nel frattempo, in un’altra stanza…

Una fanciulla, il volto pallido e leggermente sofferente, si stava lentamente svegliando da un sonno profondo in cui era caduta; la testa le girava vorticosamente appena cercava di aprire gli occhi, tanto che era costretta a richiuderli.
Quando la stanza finalmente si fermò, Samia riaprì lentamente gli occhi e cercò di mettere a fuoco il luogo in cui si trovava: un’ampia stanza con un sontuoso letto a baldacchino su cui lei era sdraiata. Le pareti erano alte e bianche, con qualche quadro appeso qua e là, raffigurante campi di battaglia o scene di festa.
C’era un’ampia finestra chiusa con pesanti tende bordeaux per non far filtrare la luce del sole.

Samia fece un po’ di fatica a ricordare cosa fosse successo, ma pian piano nella sua mente cominciò a farsi strada un’immagine:

…una palla di fuoco che si dirigeva a tutta velocità verso suo fratello e lei che, non sapendo come, riesce a pararlesi di fronte e fermarla con una sola mano. Dopo un forte dolore alla testa e il buio…

Quando decise finalmente di provare ad alzarsi, la porta venne aperta di colpo e suo fratello Gabriel entrò come una furia buttandolesi tra le braccia piangendo.

“…stai bene sorellina?” le chiese.

“Sì tesoro, sto bene! Non è successo niente…” rispose lei.

“Questo è tutto da vedere!” disse una voce sulla soglia.

Samia si girò e vide due figure maschili entrare nella stanza.

“Samia, questi sono Shaka e Milo, sono Cavalieri di Atena, la Dea della Giustizia…quella che tu dici che non esiste!” le disse il fratellino stringendole la mano.

Samia era seduta sul letto, lo sguardo catturato dagli occhi più blu che avesse mai visto in vita sua…

Capitolo Tre – Diffidenza

…I due giovani si guardavano, fisso, non riuscendo a distogliere lo sguardo.
Shaka e Samia erano come ipnotizzati: occhi blu lui, neri come la pece lei.

<è come una calamita, non riesco a staccarmi dal suo sguardo…magnetico e profondo. E’ come se ci fosse qualcosa che mi attira, non mi ero mai sentito così…> stava pensando il ragazzo in quel momento.

Samia si riprese prima del giovane e, seria, si rivolse a lui.

“Perché mi fissi? Ho qualcosa in faccia? E poi, scusate, mi volete dire dove mi trovo? Cos’è questo posto?”

“Ehi, dolcezza! Piano con le domande che, tra l’altro, dovremmo essere noi a fare…” le rispose Milo al posto dell’amico.

“Senti un po’, tu, capellone…chi diavolo sei?”

“Capellone a chi?”

Shaka alzò gli occhi al cielo in segno di resa. Se Milo attaccava a litigare con qualcuno non la finiva più.

“Milo, la vuoi piantare? Neanche vi conoscete che già vi beccate? Pensa se foste amici!” intervenne.

“Come al solito hai ragione Shaka! Scusami!” disse rivolgendosi a Samia.

“NO…scusa tu!” e gli sorrise dolcemente. “E’ che sono un po’ nervosa, tutto qui…” si giustificò ancora.

Shaka le si fece vicino e, messa una mano sulla nuca di Gabriel che fino a quel momento era stato zitto, le disse che era attesa nella sala delle riunioni.

“OK, adesso vengo…” rispose mestamente lei. Aveva la vaga sensazione di essere un intrusa e che lei e suo fratello stessero creando non poco scompiglio in quel luogo mistico.

Quando tutti furono usciti dalla stanza Samia si gettò all’indietro con la testa sul cuscino; chiuse gli occhi e prese un bel respiro profondo.
Quando il battito del suo cuore cominciò a calmarsi li riaprì e decise così di alzarsi.

Si guardò intorno alla ricerca dei suoi vestiti, ma non li vide da nessuna parte; finalmente scorse qualcosa sulla poltrona che si trovava in un angolo dell’enorme stanza: si avvicinò incuriosita e notò degli indumenti e, essendoci solo lei nella stanza, dedusse che fossero per sé.

Li indossò e, con imbarazzo, riconobbe le vesti che le donne indossavano nel periodo dell’Antica Grecia: una lunga veste bianca di lino, leggera ma che esaltava troppo le sue forme per i suoi gusti.
Purtroppo era l’unica cosa che c’era in giro…
Ai piedi indosso un paio di sandali, anch’essi trovati lì vicino.
Si osservò per qualche secondo nello specchio con una smorfia e uscì dalla stanza.

Un’inserviente l’aspettava fuori nel corridoio per scortarla nella stanza in cui era attesa.
Quando giunsero in prossimità della porta dietro alla quale si trovavano quegli strani ragazzi in compagnia del suo fratellino, l’inserviente la lasciò sola e lei fece per entrare, quando sentì delle voci…

“Shaka, come ti è sembrata la nostra ospite?” era una voce femminile quella che sentiva.

“Stava piuttosto bene, almeno credo…mia Signora” le rispose una voce giovane.

“Shaka…lo sai che puoi chiamarmi solo Saori quando non ci troviamo ad un incontro ufficiale!” continuò la voce femminile.

Mia signora? Saori? Ma dove diavolo si trovava? E dov’era suo fratello?

“Gabriel non ha voluto dirmi nient’altro…vediamo se riusciamo a farci dire qualcosa da Samia! Dobbiamo scoprire chi sono e cosa ci fanno al Santuario…perché, se da un lato non credo che siano pericolosi o addirittura dei nemici, dall’altro mi chiedo come abbiano fatto ad entrare nel Santuario!” disse Saori.

“Saori ha ragione…il Grande Tempio corre un grande pericolo quando persone non autorizzate varcano la soglia posta al confine con esso, quindi dobbiamo fare attenzione!” questa voce non era quella di uno dei due ragazzi di poco prima.

Era troppo! Lei non permetteva a nessuno di parlare così di lei e suo fratello, non erano dei giocattoli! Adesso sarebbe entrata e si sarebbe portata via Gabriel, così nessuno sarebbe più stato in ‘pericolo’ a causa loro!

Con una spinta aprì la porta e si ritrovò davanti una scena che aveva dell’incredibile: sei ragazzi e una ragazza, più Gabriel, si trovavano nella stanza, ma la cosa incredibile era che i ragazzi indossavano tutti una specie di armatura dorata e un lungo mantello bianco sulle spalle. La ragazza invece indossava un vestito bianco lungo con ricami rosa sul bordo e le maniche a sbuffo.

Samia quasi non scoppiò a ridere in faccia a tutti, ma si trattenne.

“C’è una festa? No, perché se è così vado a cambiarmi anche io!” disse con un sorrisetto sarcastico.

Vide un movimento veloce nella sua direzione e, senza che se ne accorgesse, una stretta molto forte le attanagliava il braccio.
Il suo sguardo corse dalla presa ferrea, che le stava lasciando segni evidenti, al volto del giovane, occhi blu come il mare e lunghi capelli scuri.

Il volto di Samia si colorì di un rosso acceso, odiava che le mettessero le mani addosso; con uno strattone si liberò della stretta e prese a massaggiarsi il braccio dolorante.

“Metti giù le mani! Non provarci mai più o io…” disse Samia.

“Tu…cosa?” le chiese il ragazzo.

“Milo, Samia! Adesso basta, non fate i bambini!” ordinò Saori.

Samia si girò verso di lei, sempre più arrabbiata.

“Ehi, ma chi ti credi di essere! Tu non puoi darmi ordini!” le urlò contro. Se Saori accusò il colpo per quella sfrontatezza non lo diede a vedere, ma fu Shaka ad intervenire al suo posto.

“Adesso basta!” cominciò a dire pacato.

“Samia…questa ragazza che ti sta di fronte altri non è che la reincarnazione terrena della Dea Atena e noi siamo i suoi Cavalieri, pronti a difenderla sempre! In questo momento tu e tuo fratello vi trovate al Grande Tempio, un Santuario dedicato alla figura della Dea! Il solo fatto che vi troviate qui vi mette in pericolo, ma in pericolo è anche l’esistenza di questo luogo sacro, protetto dal cosmo di Atena dagli attacchi esterni dei nemici, ma che se venisse scoperto non potrebbe più essere la dimora di noi tutti!” Samia guardava, di nuovo ipnotizzata, il ragazzo negli occhi ma non credeva ad una sola parola di quello che egli aveva appena detto.

“Shaka… giusto? Sentimi bene: io non credo ad una sola parola di ciò che hai detto perciò adesso io e mio fratello ce ne andremo…”

“Tu non vai da nessuna parte!” le ordinò Milo.

“Ah sì? E chi me lo impedisce? Tu forse?”

“Esatto…” e fece per avanzare nuovamente verso di lei.

“Milo, no! Lasciala stare…è nostra ospite!” gli ordinò Saori che poi si rivolse a lei.

“Ascolta…lo so che può sembrare impossibile, ma è tutto vero! Gabriel ci ha detto come la pensi…e vorrei riuscire a farti cambiare idea!” le disse gentilmente.

“Neanche per sogno…Gabriel andiamo!” si diresse dal fratello e lo spinse verso la porta.

“NO! Io voglio restare qui, con loro…Sono gentili e non ci faranno del male!” protestò il bambino.

“Gabriel…lo sai che non è possibile, non possiamo fidarci di nessuno! Andiamo adesso” si era abbassata al suo livello e ora lo aveva preso per mano per condurlo fuori della stanza.

“NO NO NO! Non voglio ho detto…” si mise ad urlare e calde lacrime cominciarono a bagnargli il viso…Era tutto rosso e stava tremando.

D’un tratto grosse nuvole nere si ammassarono in cielo su tutta l’ampiezza del Santuario, e fulmini e tuoni si scatenarono.

Samia era spaventata…non era il momento di scatenare una tempesta; di slancio abbracciò il fratello.

“Shh…calmati ora, andrà tutto bene!” gli diceva dolcemente accarezzandogli la testa.

Mentre lo abbracciava alzò lo sguardo ed incontrò quello di Saori.

Capitolo quattro – Rivelazioni

Saori si mise in ginocchio vicino ai due fratelli abbracciati e, sotto lo sguardo stupito di Samia, mise una mano sulla nuca del bambino ed emanò un tiepido cosmo dorato.
Poco alla volta Gabriel si calmò e, quando smise definitivamente di piangere, si staccò dalla sorella.

Samia gli asciugò le lacrime con la mano, poi guardò con stupore la giovane donna vicino a lei…

“M-ma chi siete voi?” chiese titubante.

“Ahhh, ma allora non l’hai capito! Shaka te lo ha già spiegato: lei è la Dea Atena e noi i suoi Cavalieri….devo farti un disegnino?” le chiese perdendo un po’ le staffe Milo.
stava nel frattempo pensando.

“Milo, lasciala stare! Non lo vedi che è stravolta?” intervenne per la prima volta Ioria.

“Non me ne frega un accidente! Con la loro intrusione siamo tutti in pericolo, lo vuoi capire?” si stava alterando ora Milo.

“Cavalieri vi prego! Non dovete litigare tra di voi, risolveremo la questione con calma…” intervenne Saori girandosi in direzione di Samia

“Non vedo alternative…” disse mogia la ragazza. “Adesso però vorrei accompagnare Gabriel in camera…” continuò alzandosi e uscendo dalla stanza con lui preso per mano.

I ragazzi e Saori uscirono sulla terrazza per osservare il cielo: ormai le nuvole erano completamente scomparse e splendeva di nuovo il sole.
Saori era pensierosa, lo sguardo fisso…

“Ma è stato quel ragazzino a combinare tutto quel baccano?” chiese Aldebaran.

“Credo proprio di sì…è incredibile!” rispose Ioria.

“Saori…bisogna prendere una decisione, nel senso che dobbiamo scoprire chi sono quei due…” cercò di convincere Milo.

“Non ce ne sarà bisogno…vi spiegherò tutto…” era Samia che era arrivata silenziosa alle loro spalle e ora stava in piedi sulla soglia della terrazza con le braccia incrociate.

Saori si voltò verso di lei e, avvicinandolesi, le sorrise dolcemente.

“Vieni…andiamo dentro a parlare…” le propose mettendole una mano delicata sul braccio.

Entrarono tutti nella stanze e Samia e Saori si sedettero vicine, mentre i ragazzi erano chi in piedi e chi seduto al tavolo, ma non vicino a loro due.

“Allora Samia…ti va di raccontarci che cosa è successo a te e tuo fratello?” le chiese Saori.

Samia chiuse gli occhi e prese un lungo respiro prima di iniziare a raccontare…

“…io e Gabriel siamo scappati da casa circa quattro mesi fa…Qualche tempo prima, in una bella giornata di sole, ho portato io mio fratello al parco giochi perché nostra madre era occupata, ma gli aveva promesso di farlo.
Siamo arrivati e il parco era pieno di bambini che giocavano e io l’ho incitato ad unirsi a loro…Inizialmente è andato tutto nel verso giusto, poi Gabriel è caduto da uno degli scivoli su cui stava giocando; io sono corsa immediatamente per accertarmi che non s fosse fatto molto male, ma in quel momento grosse nuvole nere iniziarono a formarsi nel cielo sopra l’intero parco.
Gabriel si era sbucciato mani e ginocchia cadendo e stava piangendo…non si calmava anche se io lo stavo confortando. Iniziò poi a tremare e nello stesso istante tuoni e fulmini cominciarono e infuriare sulle nostre teste e un vento molto forte si era alzato…
Mio fratello piangeva sempre di più, sembrava disperato, e io pensai che avesse paura…così l’abbracciai tenendolo stretto a me, anche se pure io avevo paura…” si fermò perché i ricordi di quel giorno erano molto duri.

“Se non te la senti di continuare non importa!” le disse Saori gentilmente.

“No! Devo andare avanti…” rispose Samia.

“Quando i nostri corpi si unirono nell’abbraccio io sentii nascere in me una strana forza, qualcosa che si andava formando poco alla volta nel mio spirito…Questa forza, o qualsiasi cosa fosse, passò dal mio corpo a quello di mio fratello facendolo calmare pian piano: i singhiozzi cominciarono a calmarsi e smise di tremare, fino a calmarsi del tutto! In quello stesso istante la tempesta cessò e il sole tornò a splendere.
Mi staccai da lui e lo guardai in faccia, asciugandogli le guance bagnate di lacrime e capii: la sua paura…la sua disperazione…era stata quella a provocare la tempesta e poi a permetterle di calmarsi! Riuscii a fargli capire che non dovevamo dire niente a nessuno di quello che era capitato e decidemmo di tenerlo nascosto anche ai nostri genitori…
Purtroppo però il destino volle che quel giorno qualcuno che si trovava vicino a noi nel parco ci vide, probabilmente era uno di coloro che adesso ci danno la caccia, e cominciarono a perseguitarci…Prima solo con me, poi con Gabriel, lo aspettavano persino davanti alla scuola dove andava!
Fui costretta a raccontare tutto ai miei genitori che ci promisero che ce ne saremmo andati via tutti insieme, ma non è stato possibile farlo…” Samia terminò la frase abbassando lo sguardo triste.

Una mano le si pose sulla spalla e quando alzò lo sguardo vide Shaka di fianco a lei che le sorrideva bonariamente.

“Ora dove sono i tuoi genitori?” le chiese.

Passarono minuti interminabili in cui a Samia sembrava volesse scoppiare il cuore già gonfio di pianto represso a lungo.

“…sono morti…per causa mia!” rispose mentre una lacrima solitaria scendeva sulla sua guancia. Nessuno parlò per un po’, poi Milo, con la sua solita delicatezza, le chiese…

“Quindi fammi capire bene: tuo fratello può provocare tempeste micidiali e tu hai la capacità di calmarlo e far finire tutto…giusto?”

“Non esattamente…” rispose lei guardandolo fisso negli occhi. Uno sguardo che esprimeva antipatia nei confronti di chi, come lui, non aveva il minimo rispetto per il dolore altrui.

“…anche io posso dare inizio ad una tempesta! Ci sono due problemi però: uno è che il grado di distruzione che potrei provocare io è, direi, triplicato… e secondo non so se c’è qualcuno che potrebbe aiutare me come faccio io con Gabriel…” tutti erano di nuovo ammutoliti. Saori era pensierosa e Milo non era soddisfatto della spiegazione.

“E questo come lo hai scoperto? E poi cosa ne sai che tuo fratello non è in grado di fare quello che fai tu?” dicendo quelle parole così brusche si beccò un’occhiataccia alquanto omicida dal Cavaliere di Virgo che era ancora vicino alla ragazza.

Samia scattò in piedi, rossa in viso per la rabbia.

“Per quanto riguarda la tua seconda domanda ti rispondo dicendo che non provo ad allenarmi a provocare tempeste solo per constatare se mio fratello mi può fermare…” si stava veramente arrabbiando, il respiro diventò affannoso. “sto cercando da sola di autocontrollarmi, anche in questo momento! E ti posso assicurare che non è facile…”

“Per quanto riguarda il fatto che il mio potere sia triplicato lo so semplicemente perché un bel giorno una squadra di ricercatori, armati di fucili e non so cos’altro, ha fatto irruzione in casa mia per prelevarci mentre i miei genitori erano in casa…
Io mi sono spaventata a tal punto che ho incominciato a tremare e, in men che non si dica, la tempesta si è scatenata! Non era come quel giorno al parco, ma molto peggio…non riuscivo a controllarmi! Mi ricordo soltanto che ad un certo punto c’è stata una forte esplosione e io mi sono risvegliata qualche ora dopo tra le macerie della mia casa, abbracciata a mio fratello”
Tutt’intorno era il caos…corpi straziati, morti….IO HO UCCISO I MIEI GENITORI!!!
Sei soddisfatto adesso?” urlò per ultimo.

“…scusate ma adesso devo andare a vedere come sta mio fratello…” si incamminò verso la porta che dava nel corridoi, ma d’un tratto le forze l’abbandonarono e cadde a terra.

L’ultima cosa che vide prima di perdere i sensi fu un viso d’angelo che si abbassava verso di lei e la sollevava tra le sue forti braccia.

Capitolo Cinque – Amici

…Samia riaprì lentamente gli occhi, le scoppiava la testa e si portò una mano alla fronte: vi era stata applicata una pezzuola bagnata, fresca così da poter alleviarle un po’ la sofferenza.
Mettendo a fuoco ciò che le stava intorno notò che si trovava nella stessa stanza di quella mattina…e Shaka era con lei, affacciato alla finestra, ma non si era accorto che lei aveva ripreso conoscenza.
Samia prese così un po’ di tempo per osservarlo: era leggermente più alto di lei, capelli lunghi e biondi e occhi che lei non riusciva a togliersi dalla mente; il fisico tornito e risaltato dagli indumenti che indossava in quel momento: aveva smesso l’armatura e indossato un paio di jeans chiari con una maglietta bianca senza maniche…braccia forti e muscolose come lei aveva già constatato…

Si risvegliò da quei pensieri e decise di fargli notare che era sveglia.

“Che cosa è successo?” gli chiese

Shaka si voltò verso di lei e le si avvicinò.

“Mi stavo giusto chiedendo quando ti saresti decisa a parlare! Ti sei arrabbiata con Milo poco fa e hai detto che stavi facendo molta fatica a controllare il tuo…chiamiamolo potere, poi sei caduta a terra e hai perso i sensi. Ti ho portata qui io e sei rimasta incosciente solo per qualche minuto!” le rispose lui.

Samia, che in quel momento era rossa come un peperone per essere stata scoperta ad osservarlo, girò il viso dall’altra parte al ricordo delle ultime parole pronunciate davanti a tutti…troppo dure da mandare giù. Fino a quel momento le aveva solo pensate…il fatto di aver espresso a parole ciò che pensava le aveva sì tolto un peso dal cuore, ma non contribuiva a farla stare meglio…anzi!

“Ascolta…per quello che ho detto prima…non volevo prendermela con Milo! E’ solo che…che” non riuscì a finire la frase perché per la prima volta dal disastro scoppiò a piangere portandosi entrambe le mani al volto.

Shaka la lasciò sfogare, poi le pose una mano sulla spalla come aveva fatto in precedenza e cercò di farla calmare.

“Non ti preoccupare per Milo! Un po’ se l’è cercata, ma non è un cattivo ragazzo…è solo che è impulsivo e, a causa delle varie guerre che abbiamo combattuto in questi anni, ha perso tanti amici e adesso non vuole che accada ancora…!” le disse.

Samia smise di piangere e cercò di sorridere per quello che poteva…

“Grazie, sei sempre molto gentile! Perché lo fai?” gli chiese lei.

“Perché non credo assolutamente che sia colpa tua quello che è successo alla tua famiglia…e poi perché non sopporto veder soffrire le persone come tu adesso!” le rispose lui sinceramente.

….nella stanza delle riunioni…

“Milo non credi di aver esagerato? L’hai aggredita senza un motivo preciso!” chiese Ioria al Cavaliere di Scorpio.

“Forse ho esagerato un po’, hai ragione, ma voi lo sapete bene perché l’ho fatto!” rispose solo Milo.

L’amico gli si fece vicino e gli posò la mano sulla spalla in segno di conforto.

“Ti capisco…” disse solamente.

“Milo sappiamo tutti quello che hai passato dopo la scomparsa di Camus, era come un fratello per te, e lo capiamo benissimo…io più degli altri puoi starne certo! Purtroppo però non è questo il modo di comportarsi…non è colpa di quei due ragazzi se si trovano qui ne sono sicuro…!” era stato Kanon a parlare questa volta, mentre Aldebaran si limitava ad annuire col capo.

Saori invece era in piedi vicino alla terrazza e continuava a guardare l’orizzonte, l’espressione assorta indice di un conflitto interiore causato da un sospetto su chi fossero i loro nuovi nemici: aveva una strana sensazione…era consapevole che il nemico voleva impadronirsi di Samia e Gabriel perché aveva scoperto i loro poteri, e usarli contro di lei. Sentiva la sete di vendetta del nemico aleggiare nell’aria, ma ancora non aveva capito di chi si trattasse…

questi erano i pensieri della giovane Atena mentre i suoi Cavalieri commentavano i fatti che avevano sentito da poco.

…Santorini (Grecia)….

Sulle pendici del monte che sovrastava l’isola sorgeva una villa di dimensioni modeste, probabilmente dimora abbandonata di un ricco mercante greco.
La villa era circondata da una folta vegetazione, di modo che non fosse visibile dal mare, e per accedervi non vi era altro modo che percorrere una stradina diroccata.

Nella stanza che sembrava essere il salone delle feste era stato posto un trono maestoso, con il sedile nero e la bordatura dorata ricoperta di pietre preziose.
Vi era seduta una figura regale, una bellissima donna dai lunghi capelli color acquamarina e occhi verdi come smeraldi; il capo era ornato da un diadema con al centro una gemma blu e portava una lunga veste nera, con ampie maniche e una scollatura ampia che metteva in risalto le forme perfette di quel corpo da Dea…

Sì, perché altro non era che una Dea la figura che aveva scelto l’Isola di Santorini come dimora.

< E’ quasi giunto il momento della mia tremenda vendetta, Atena cara! Troppe volte sei intervenuta a favore degli uomini salvando la Terra dalla perdizione e dal giudizio degli Dei. Distruggerò te e i tuoi miserabili Cavalieri, mi impadronirò del Grande Tempio e governerò sul mondo! Tu non potrai fare niente per fermarmi, non questa volta!
Devo solo trovare il modo di impossessarmi dei poteri di quei due insulsi esseri umani, ma a questo penseranno i miei Cavalieri…> questi erano i pensieri della Dea, che però furono interrotti dal rumore di passi in avvicinamento.

Dopo pochi istanti si udì bussare alla porta che subito dopo si aprì.
Entrò un giovane uomo molto bello: alto, biondo e con occhi che riflettevano il colore del cielo. Indossava una corta tunica arancione e un mantello bianco appoggiato ad una spalla, gambali e spalliere scure. Un’espressione feroce era dipinta sul suo volto, espressione che distorceva completamente i lineamenti pressoché perfetti del suo viso.
Il giovane, che aveva in tutto l’aspetto del guerriero, si inginocchiò davanti al trono su cui era seduta la Dea.

“Atlas, Cavaliere della Corona al suo servizio mia Signora…Mi avete fatto chiamare?” chiese con il dovuto rispetto.

“Sì Atlas! Ho una missione da affidarti e so che di te mi posso fidare…Devi recarti sulla terra ferma, al Grande Tempio di Atene dove hanno trovato rifugio due umani dotati di straordinari poteri: sono un bambino di circa otto anni e la sorella maggiore, Gabriel e Samia sono i loro nomi.
Portali qui! Prenditi tutto il tempo che ti serve, ma fai in modo che io possa rimanere sola con loro due, qui sull’isola!
Ora vai, e non tornare da solo!” la Dea si era nel frattempo alzata e diretta ad una delle enormi porte che davano su una grande terrazza da cui si vedeva solo il mare.

“Sì, mia Signora! Farò quello che mi avete chiesto!” detto questo si alzò e tornò da dove era venuto, un ghigno malefico disegnato in volto.

…Atene, Grande Tempio….

Nella sua camera Samia stava osservando fuori dalla finestra quando udì un lieve rumore alle sue spalle: Milo era entrato pensando che lei stesse riposando, avendo visto Shaka uscire poco prima, e voleva approfittarne per parlare con lei da solo prima che si addormentasse.
Non si aspettava che fosse alzata e nemmeno la sua espressione ostile…ma in fin dei conti se lo meritava!

“Volevo parlarti…” cominciò tastando il terreno.

“Un altro sfogo contro di me o cosa?” gli chiese lei di rimando.

“Niente di tutto questo…sono venuto a scusarmi per come ti ho trattata prima! In realtà non è con te che ce l’avevo, ma con il destino che mi ha costretto a veder morire le persone a me più care, tra cui uno degli amici migliori che abbia mai avuto. E adesso che si prospetta una nuova battaglia, non si sa quando e contro chi tra l’altro, ho il terrore di perdere qualcun altro dei miei amici…Notare che queste cose dette da un Cavaliere d’Oro di Atena potrebbero sembrare ridicole, ma anche noi siamo esseri umani, certo con potenzialità maggiori rispetto ad un normale mortale, ma pur sempre umani e quindi con sentimenti.
Scusa forse ho parlato troppo…” si interruppe e guardò nella sua direzione, perché fino a quel momento il suo sguardo era diretto fuori, perso all’orizzonte…

La ragazza lo guardava sorridendo e piano piano gli si avvicinò. Non sapeva neanche lei il motivo, ma sentiva una forza che la attraeva verso quel corpo.
Quando gli fu vicino non poté fare altro che alzarsi in punta di piedi e abbracciarlo, portandogli le braccia al collo.

L’espressione del ragazzo passò dallo stupito all’imbarazzato e non sapeva come comportarsi: seguì l’istinto e le circondò la vita con le braccia.
Rimasero così per qualche minuto, poi Samia si staccò lentamente da lui e gli sorrise, un sorriso che le illuminò il volto e lo fece risplendere di luce propria.

Si guardarono per una frazione di secondo fisso negli occhi, poi Samia imbarazzata distolse lo sguardo.

“Mi dispiace per quello che hai passato…so che cosa vuol dire fin troppo bene!” gli disse lei.

“Non ti preoccupare per me! Sono un Cavaliere di Atena e ho giurato di combattere per mantenere la pace sella Terra proteggendo Lady Saori dai nemici che vorrebbero prendere il suo posto e portare il male su questo pianeta. Ora un nuovo nemico si è fatto avanti…chi sia non lo sappiamo, ma sono sicuro che si farà avanti presto! Per quanto riguarda il vostro arrivo al Santuario non posso che darvi il benvenuto e sperare che non vi succeda nulla di male! “

“Io non credevo alla vostra presenza come mio fratello, prima di venire qui! Ora quello che conta è che, se con il mio potere posso esservi di aiuto in qualche modo, mi diate la possibilità di farlo!” disse soltanto lei! “…devo soltanto imparare ad usarlo…e voi potreste aiutarmi a farlo!” continuò Samia.

“Se Atena darà il suo consenso sarà un onore per me aiutarti, ma solo con il suo permesso sia bene inteso!” acconsentì Milo.

Samia sorrise e annuì con il capo; poi gli tese la mano.

“Siamo intesi! Amici…?” gli chiese.

Milo prese la sua mano nella sua, molto più grande e forte.

“Amici!” le rispose.
Questa è la versione 'lo-fi' del Forum Per visualizzare la versione completa clicca qui
Tutti gli orari sono GMT+01:00. Adesso sono le 10:34.
Copyright © 2000-2024 FFZ srl - www.freeforumzone.com