Il vento sibilava forte tra le fronde degli alberi. Il tempo volgeva al brutto.
Tutta la natura sembrava essersi acquietata, come spettatori che, dopo essersi seduti ai loro posti, assistono silenti all’inizio di un dramma teatrale.
Lo stendardo degli Elfi sventolava alto e tronfio, segno e sogno di una gloria oramai passata, stagliandosi verso il cielo grigio piombo, minaccioso di pioggia.
Le truppe schierate, la fila di scudi allineata e pronta per dare ancora battaglia. Non un suono, non un pensiero, non un respiro.
La torma del Caos restava ammassata a un centinaio di metri dalla prima linea, urlante, contorcente e paurosa, come un muro di spettri.
I loro guerrieri, sporchi di polvere, sangue e carichi di folle odio aspettavano che gli Elfi caricassero per dare inizio al massacro. Un sorriso storto sulle loro fauci, baldanzosi saprebbero che avrebbero avuto di nuovo la meglio, come da tempo oramai troppo spesso accadeva.
La fronte corrugata dentro l’elmo, sguardo concentrato e determinato. Aska solleva la spada, senza proferire parola. Il vento stesso smette di soffiare.
Con decisione, la cala in avanti tagliando l'aria e l’impero si muove.
Marcia regolare, un suono univoco di armature e armi cozzanti ritmicamente contro i fianchi delle piastre di ferro.
L’esercito del caos scalpita. Attende impaziente di poter avere tra le loro fauci il dolce sapore del sangue elfico, così buono e soave.. che peccato che ce ne sia rimasto così poco ultimamente…
Solo due persone sorridono sornione in mezzo a tanta folla brutale.
Due uomini dal portamento fiero, possenti e armati di picche. Due fratelli, uno biondo, barbuto, ben piantato.
“Funzionerà?” si rivolge interrogativo al secondo.
“Fidati. Io non sbaglio mai.” Rispose il secondo, alto anch’esso, ma rapato a zero, e con un pizzetto curato a cingergli il mento.
L’armata imperiale accelera il passo, ora è un trotto, adesso una corsa. Adesso è battaglia.
Il clangore delle armi è assordante, la frenesia della battaglia comincia ad entrare nelle vene ai combattenti, accelerando i loro movimenti, acuendo i loro sensi, abbassando le loro coscienze a livelli di sopravvivenza. Chi pensa muore. Chi agisce vive.
La battaglia infuria. I possenti uomini albero vibrano colpi potenti, mandando a gambe all’aria i piccoli e semplici guerrieri caotici. I war dancer falciano le loro vittime con maestria ed eleganza, in una danza mortale; il Caos sembra sbigottito, stanno avendo la peggio!
Un potente quanto veloce fendente abbatte un uomo bestia; uno schizzo di sangue rosso imbratta un viso stampato su uno scudo di un’elfa dai capelli lunghi, inghirlandati di fiori, lo scudo del generale degli Elfi, Aska.
“Bene bene, così sei migliorata, piccola Aska” commenta quasi soddisfatto il kaiser col pizzetto “continuate così e per noi non ci sarà più scampo”.
“Viscido Artax, se fossi in te mi guarderei alle spalle: Vilbrand potrebbe portarmi un ricordino della tua persona” risponde con fermezza e un ombra di tono intimidatorio.
“Su questo, c’è un margine di dubbio” commenta tranquillo il secondo kaiser, Thor.
BLOTCH!
Quasi sorpresa, colta alla sprovvista, Aska ebbe tutto il tempo di osservare il suo petto sporcarsi di sangue, sgorgante da sotto il mento, colare sul suo corpetto di pelle e andare a fluire sul campo di terra.
Indi, la sua inquadratura scivolò in avanti, mandandola a contemplare il terreno da più vicino, mentre la lama del pugnale che le aveva squarciato la gola si ritraeva indietro mano a mano che lei cascava.
La bocca ancora aperta, gli occhi bruni nella polvere, l’ultima cosa che sentì, mentre moriva, fu la risata sguaiata di Thor, mentre contemplava il suo assassino, dietro di lei.
Un elfo alto e snello, armato di un pugnale, un vuoto incolmabile negli occhi e tanto odio nel suo cuore. E due lacrime nere a solcargli il viso.
“NOOOO!!” Sobbalzando sul letto urlò nel buio, tirandosi su come un pupazzo a molla.
Sudato, aveva sparso le coperte per tutta l'area limitrofe al letto. Il cuore che batteva tanto da essergli quasi in gola.
Era un po’ di tempo che faceva di quei sogni. E non gli piaceva. Qualcosa nel suo cuore non andava … e, come un malato che agonizza nel suo letto, QUALCOSA si stava rigirando nel sonno, in attesa di destarsi.
Fine..?
[Modificato da Vilbrand 12/11/2003 22.06]