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Tommychaos
00giovedì 4 novembre 2010 18:34
Sono online i risultati.

Chiedo scusa per il ritardo, è stata una settimana molto difficile.
Von Wafer
00giovedì 4 novembre 2010 18:52
Re:
Tommychaos, 04/11/2010 18.34:

Sono online i risultati.

Chiedo scusa per il ritardo, è stata una settimana molto difficile.




Ma quanto diavolo sono forte?
Alla fine del girone d'andata scommetto che sarò in testa. Tommy, diglielo alle tue scopamiche.
Tommychaos
00giovedì 4 novembre 2010 19:27
Re: Re:
Von Wafer, 04/11/2010 18.52:

Alla fine del girone d'andata scommetto che sarò in testa.


Ok. Quanto scommettiamo?
Bruttoformo
00venerdì 5 novembre 2010 00:27
Re: Re: Re:
Tommychaos, 04/11/2010 19.27:


Ok. Quanto scommettiamo?


Visto il ritardo, voglio ben sperare che quella che ti scopi sia molto figa.

Comunque incredibile vittoria di mezzo punto, si viaggia a gonfie vele verso la metà sinistra della classifica!
Ciro Cumulo
00venerdì 5 novembre 2010 11:58
Re: Re:
Von Wafer, 11/4/2010 6:52 PM:




Ma quanto diavolo sono forte?
Alla fine del girone d'andata scommetto che sarò in testa.




Devi ancora scontrarti contro di me, non farmi riderah aha ha
sto giàah ah ah già ridendoah ah ah ah!
Ciro Cumulo
00venerdì 5 novembre 2010 12:03
Re: Re:
Von Wafer, 11/4/2010 6:52 PM:


sono forte?



Adesso lo indebolisco con le parole della Manfrina:

Tagliente la tua critica, talmente tanto da arrivare a smuovere in me un'autoriflessione profonda. Ebbene sì, mi sento un po' presa in causa. Soprattutto leggendo il finale.
Credo che il fenomeno da te descritto sia reale e non mera provocazione, ma che sia anche la diretta conseguenza del risucchio del'arte nell'estetica, credo sia la diretta conseguenza di una selezione di talenti al ribasso e di una omologazione/commercializzazione/massificazione dell'arte.
Credo che un po' a tutti piaccia giocare a fare lo scrittore. Diciamo che per una persona che si sente tale, non avendone i requisiti (se di criteri si può parlare), è più facile mettere 3 versi in fila in modo complicato, non apparentemente disordinati, ma realmente sconnessi. Quello che descrivi tu è il tentativo della gente comune (passatemi il razzismo) di simulare un talento che nell'essenza non c'è, ecco quindi che il loro prodotto diventa una forma, senza contenuto.
Siamo nell'era dell'apparenza, anche l'arte si è adeguata, diventando più che un oggetto, visto il feticismo che ci circonda, un involucro di un'idea demandata all'esterno.
E' l'estremo post modernismo che ci ha portato a questo, secondo me, ma non ne ho un'opinione così negativa.
Sono pienamente convinta che i paroloni, la complessità, la non-immediatezza, insomma l'ermetismo, chiamiamolo così, se è veramente tale, si riconosce come tale. E' uno stile, non una costrizione. E' una scelta, non un alibi.
Io personalmente mi riconosco in chi scrive anche versi disconnessi, forse senza arrivare a capo di niente, come dici tu, che rincorrono la forma, più che il contenuto.
Tuttavia, credo che un vero scrittore sappia essere anche semplice se lo ritiene opportuno e che la complessità è spesso voluta, ricercata, ma innanzitutto contemplata. Credo che, a volte, il fenomeno che descrivi tu sia un vano tentativo di riprodurre qualcosa che nel mondo dell'arte è già stato plasmato, ricercandone una sfumatura di diversità, ossia la parziale originalità.
In conclusione, altrimenti faccio un saggio, complessità o semplicità, forma o contenuto, non credo sia quello il problema. Anche se riconosco la bontà e la ragione del tuo pensiero.
Credo che il focus sia la spontaneità, l'immediatezza non del pezzo scritto, ma dell'incipit con cui è nato. Attenzione, anche la semplicità, anzi la presunta semplicità della poesia, può essere oggetto della stessa critica che fai tu, ossia di peccare di ingenuità artistica o di essere appunto vetrina di un'idea, senza l'essenza della forma. Attenzione che ci sono stati movimenti che hanno celebrato l'esterno, più che l'interno della poesia e non sono stati meno artistici degli altri. Attenzione che la semplicità può essere una gabbia tanto quanto la complessità. Attenzione che spesso la semplicità è il paraculo di chi non sa scrivere davvero e, quindi, se la gioca con questo artificio.
Credo che la soluzione stia nell'intenzione. Tutti possono scrivere, pochi possono essere Scrittori. Potrai recitare una parte, ma il tuo prodotto, no, non reciterà mai una parte.
‎"Se non ti esplode dentro a dispetto di tutto, non farlo. A meno che non ti venga dritto dal cuore e dalla mente e dalla bocca e dalle viscere, non farlo. Se devi startene seduto per ore a fissare lo schermo del computer o curvo sulla macchina da scrivere alla ricerca delle parole, non farlo. Se lo fai solo per soldi o per fama, non farlo. Se lo fai perché vuoi delle donne nel letto, non farlo. Se devi startene lì a scrivere e riscrivere, non farlo. Se è già una fatica il solo pensiero di farlo, non farlo. Se stai cercando di scrivere come qualcun altro, lascia perdere. Se devi aspettare che ti esca come un ruggito, allora aspetta pazientemente. Se non ti esce mai come un ruggito, fai qualcos’altro. Se prima devi leggerlo a tua moglie o alla tua ragazza o al tuo ragazzo o ai tuoi genitori o comunque a qualcuno, non sei pronto. Non essere come tanti scrittori, non essere come tutte quelle migliaia di persone che si definiscono scrittori, non essere monotono o noioso e pretenzioso, non farti consumare dall’auto-compiacimento. Le biblioteche del mondo hanno sbadigliato fino ad addormentarsi per tipi come te. Non aggiungerti a loro. Non farlo. A meno che non ti esca dall’anima come un razzo, a meno che lo star fermo non ti porti alla follia o al suicidio o all’omicidio, non farlo. A meno che il sole dentro di te stia bruciandoti le viscere, non farlo. Quando sarà veramente il momento,e se sei predestinato, si farà da sé e continuerà finché tu morirai o morirà in te. Non c’è altro modo. E non c’è mai stato."
Ispettore Jonnon
00venerdì 5 novembre 2010 12:56
Re: Re: Re:
Ciro Cumulo, 05/11/2010 12.03:



Adesso lo indebolisco con le parole della Manfrina:

Tagliente la tua critica, talmente tanto da arrivare a smuovere in me un'autoriflessione profonda. Ebbene sì, mi sento un po' presa in causa. Soprattutto leggendo il finale.
Credo che il fenomeno da te descritto sia reale e non mera provocazione, ma che sia anche la diretta conseguenza del risucchio del'arte nell'estetica, credo sia la diretta conseguenza di una selezione di talenti al ribasso e di una omologazione/commercializzazione/massificazione dell'arte.
Credo che un po' a tutti piaccia giocare a fare lo scrittore. Diciamo che per una persona che si sente tale, non avendone i requisiti (se di criteri si può parlare), è più facile mettere 3 versi in fila in modo complicato, non apparentemente disordinati, ma realmente sconnessi. Quello che descrivi tu è il tentativo della gente comune (passatemi il razzismo) di simulare un talento che nell'essenza non c'è, ecco quindi che il loro prodotto diventa una forma, senza contenuto.
Siamo nell'era dell'apparenza, anche l'arte si è adeguata, diventando più che un oggetto, visto il feticismo che ci circonda, un involucro di un'idea demandata all'esterno.
E' l'estremo post modernismo che ci ha portato a questo, secondo me, ma non ne ho un'opinione così negativa.
Sono pienamente convinta che i paroloni, la complessità, la non-immediatezza, insomma l'ermetismo, chiamiamolo così, se è veramente tale, si riconosce come tale. E' uno stile, non una costrizione. E' una scelta, non un alibi.
Io personalmente mi riconosco in chi scrive anche versi disconnessi, forse senza arrivare a capo di niente, come dici tu, che rincorrono la forma, più che il contenuto.
Tuttavia, credo che un vero scrittore sappia essere anche semplice se lo ritiene opportuno e che la complessità è spesso voluta, ricercata, ma innanzitutto contemplata. Credo che, a volte, il fenomeno che descrivi tu sia un vano tentativo di riprodurre qualcosa che nel mondo dell'arte è già stato plasmato, ricercandone una sfumatura di diversità, ossia la parziale originalità.
In conclusione, altrimenti faccio un saggio, complessità o semplicità, forma o contenuto, non credo sia quello il problema. Anche se riconosco la bontà e la ragione del tuo pensiero.
Credo che il focus sia la spontaneità, l'immediatezza non del pezzo scritto, ma dell'incipit con cui è nato. Attenzione, anche la semplicità, anzi la presunta semplicità della poesia, può essere oggetto della stessa critica che fai tu, ossia di peccare di ingenuità artistica o di essere appunto vetrina di un'idea, senza l'essenza della forma. Attenzione che ci sono stati movimenti che hanno celebrato l'esterno, più che l'interno della poesia e non sono stati meno artistici degli altri. Attenzione che la semplicità può essere una gabbia tanto quanto la complessità. Attenzione che spesso la semplicità è il paraculo di chi non sa scrivere davvero e, quindi, se la gioca con questo artificio.
Credo che la soluzione stia nell'intenzione. Tutti possono scrivere, pochi possono essere Scrittori. Potrai recitare una parte, ma il tuo prodotto, no, non reciterà mai una parte.
‎"Se non ti esplode dentro a dispetto di tutto, non farlo. A meno che non ti venga dritto dal cuore e dalla mente e dalla bocca e dalle viscere, non farlo. Se devi startene seduto per ore a fissare lo schermo del computer o curvo sulla macchina da scrivere alla ricerca delle parole, non farlo. Se lo fai solo per soldi o per fama, non farlo. Se lo fai perché vuoi delle donne nel letto, non farlo. Se devi startene lì a scrivere e riscrivere, non farlo. Se è già una fatica il solo pensiero di farlo, non farlo. Se stai cercando di scrivere come qualcun altro, lascia perdere. Se devi aspettare che ti esca come un ruggito, allora aspetta pazientemente. Se non ti esce mai come un ruggito, fai qualcos’altro. Se prima devi leggerlo a tua moglie o alla tua ragazza o al tuo ragazzo o ai tuoi genitori o comunque a qualcuno, non sei pronto. Non essere come tanti scrittori, non essere come tutte quelle migliaia di persone che si definiscono scrittori, non essere monotono o noioso e pretenzioso, non farti consumare dall’auto-compiacimento. Le biblioteche del mondo hanno sbadigliato fino ad addormentarsi per tipi come te. Non aggiungerti a loro. Non farlo. A meno che non ti esca dall’anima come un razzo, a meno che lo star fermo non ti porti alla follia o al suicidio o all’omicidio, non farlo. A meno che il sole dentro di te stia bruciandoti le viscere, non farlo. Quando sarà veramente il momento,e se sei predestinato, si farà da sé e continuerà finché tu morirai o morirà in te. Non c’è altro modo. E non c’è mai stato."



Mi hai fatto riderissimo.
E comunque non ne ho lette più di 2 parole.
Come dire, nel rispondere ha confermato la tesi.
Ciro Cumulo
00venerdì 5 novembre 2010 15:08
Re: Re: Re: Re:
Ispettore Jonnon, 11/5/2010 12:56 PM:



E comunque non ne ho lette più di 2 parole.
Come dire, nel rispondere ha confermato la tesi.



Scusa, ma non riesco a smettere. Se hai letto solo le prime due parole, queste sono le altre:

tua critica, talmente tanto da arrivare a smuovere in me un'autoriflessione profonda. Ebbene sì, mi sento un po' presa in causa. Soprattutto leggendo il finale.
Credo che il fenomeno da te descritto sia reale e non mera provocazione, ma che sia anche la diretta conseguenza del risucchio del'arte nell'estetica, credo sia la diretta conseguenza di una selezione di talenti al ribasso e di una omologazione/commercializzazione/massificazione dell'arte.
Credo che un po' a tutti piaccia giocare a fare lo scrittore. Diciamo che per una persona che si sente tale, non avendone i requisiti (se di criteri si può parlare), è più facile mettere 3 versi in fila in modo complicato, non apparentemente disordinati, ma realmente sconnessi. Quello che descrivi tu è il tentativo della gente comune (passatemi il razzismo) di simulare un talento che nell'essenza non c'è, ecco quindi che il loro prodotto diventa una forma, senza contenuto.
Siamo nell'era dell'apparenza, anche l'arte si è adeguata, diventando più che un oggetto, visto il feticismo che ci circonda, un involucro di un'idea demandata all'esterno.
E' l'estremo post modernismo che ci ha portato a questo, secondo me, ma non ne ho un'opinione così negativa.
Sono pienamente convinta che i paroloni, la complessità, la non-immediatezza, insomma l'ermetismo, chiamiamolo così, se è veramente tale, si riconosce come tale. E' uno stile, non una costrizione. E' una scelta, non un alibi.
Io personalmente mi riconosco in chi scrive anche versi disconnessi, forse senza arrivare a capo di niente, come dici tu, che rincorrono la forma, più che il contenuto.
Tuttavia, credo che un vero scrittore sappia essere anche semplice se lo ritiene opportuno e che la complessità è spesso voluta, ricercata, ma innanzitutto contemplata. Credo che, a volte, il fenomeno che descrivi tu sia un vano tentativo di riprodurre qualcosa che nel mondo dell'arte è già stato plasmato, ricercandone una sfumatura di diversità, ossia la parziale originalità.
In conclusione, altrimenti faccio un saggio, complessità o semplicità, forma o contenuto, non credo sia quello il problema. Anche se riconosco la bontà e la ragione del tuo pensiero.
Credo che il focus sia la spontaneità, l'immediatezza non del pezzo scritto, ma dell'incipit con cui è nato. Attenzione, anche la semplicità, anzi la presunta semplicità della poesia, può essere oggetto della stessa critica che fai tu, ossia di peccare di ingenuità artistica o di essere appunto vetrina di un'idea, senza l'essenza della forma. Attenzione che ci sono stati movimenti che hanno celebrato l'esterno, più che l'interno della poesia e non sono stati meno artistici degli altri. Attenzione che la semplicità può essere una gabbia tanto quanto la complessità. Attenzione che spesso la semplicità è il paraculo di chi non sa scrivere davvero e, quindi, se la gioca con questo artificio.
Credo che la soluzione stia nell'intenzione. Tutti possono scrivere, pochi possono essere Scrittori. Potrai recitare una parte, ma il tuo prodotto, no, non reciterà mai una parte.
‎"Se non ti esplode dentro a dispetto di tutto, non farlo. A meno che non ti venga dritto dal cuore e dalla mente e dalla bocca e dalle viscere, non farlo. Se devi startene seduto per ore a fissare lo schermo del computer o curvo sulla macchina da scrivere alla ricerca delle parole, non farlo. Se lo fai solo per soldi o per fama, non farlo. Se lo fai perché vuoi delle donne nel letto, non farlo. Se devi startene lì a scrivere e riscrivere, non farlo. Se è già una fatica il solo pensiero di farlo, non farlo. Se stai cercando di scrivere come qualcun altro, lascia perdere. Se devi aspettare che ti esca come un ruggito, allora aspetta pazientemente. Se non ti esce mai come un ruggito, fai qualcos’altro. Se prima devi leggerlo a tua moglie o alla tua ragazza o al tuo ragazzo o ai tuoi genitori o comunque a qualcuno, non sei pronto. Non essere come tanti scrittori, non essere come tutte quelle migliaia di persone che si definiscono scrittori, non essere monotono o noioso e pretenzioso, non farti consumare dall’auto-compiacimento. Le biblioteche del mondo hanno sbadigliato fino ad addormentarsi per tipi come te. Non aggiungerti a loro. Non farlo. A meno che non ti esca dall’anima come un razzo, a meno che lo star fermo non ti porti alla follia o al suicidio o all’omicidio, non farlo. A meno che il sole dentro di te stia bruciandoti le viscere, non farlo. Quando sarà veramente il momento,e se sei predestinato, si farà da sé e continuerà finché tu morirai o morirà in te. Non c’è altro modo. E non c’è mai stato."
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