Jackson come Farinelli, ma riscatto sociale per gli afroamericani
Diciamo che non si scosta dalla Bartoli come interpretazione della vita di MJ.
Come Farinelli e altri interpreti del barocco: vittima di eccessi
«La sua irrequietezza mi fa pensare alle vicende dei grandi castrati»
ROMA — «Quando ero direttore a Philadelphia, negli anni ’80, ho visto spesso i suoi spettacoli in tv. L’ho conosciuto così. Michael Jackson è uno dei cantanti più leggendari e controversi (e anche amati) della storia musicale di tutti i tempi». A parlare è Riccardo Muti, in una pausa delle prove della Missa Defunctorum di Paisiello che, dopo il trionfo salisburghese, porterà con la sua Orchestra Cherubini domani al Festival di Ravenna e lunedì a Firenze. «Con la lunga introduzione e i quattro responsoriali, è una versione inedita dai tempi di Paisiello».
Maestro, che idea si è fatto di Michael Jackson? «La sua controversa vicenda, le sue debolezze, l’irrequietezza estrema e alla fine stremata mi fanno pensare alle vicende dei grandi castrati barocchi come Caffarelli o Farinelli, oggetti di culto e di una idolatria sfrenata. Spesso vittime di questo culto».
Non era né bianco né nero, aveva una voce che non era né maschile né femminile... «Infatti ho parlato dei castrati».
Questa ambiguità ha avuto molta presa sugli adolescenti. E poi la vita come luna park... «Non voglio addentrarmi in giudizi morali, certamente tutto ciò che ha fatto è stato all’insegna di una tipicità che l’ha portato a questa fine tragica».
E sul piano musicale? «Gli afro-americani come lui hanno contribuito in modo sostanziale all’evoluzione della musica del nostro tempo. La musica ha costituito uno dei maggiori ambiti di affermazione per gli afro-americani, contribuendo al loro affrancamento anche nella società Usa».
Un riscatto sociale? «Jackson, come Louis Armstrong, Ella Fitzgerald e Charlie Parker, ha rappresentato proprio il simbolo di questo riscatto. E’ stato anche un artista generoso, penso a "We are the world" che servì a raccogliere fondi di beneficenza contro la fame nell’Africa orientale. Con lui muore la più alta espressione della musica pop Anni ’80».
Ci perdoni: ha mai ballato una canzone di Michael Jackson? «No. Non so ballare».
Quale insegnamento trarre da una fine così precoce? «E’ una lezione che ci fa riflettere sulla ricerca della bellezza e della giovinezza a tutti i costi. La sua vita è la dimostrazione che il successo non è necessariamente fonte di felicità».
Valerio Cappelli
27 giugno 2009
http://www.corriere.it/spettacoli/09_giugno_27/grande_come_farinelli_33634b46-62f4-11de-ac0d-00144f02aabc.shtml