Persecuzioni religiose in età romana?
Di storia romana non so molto.
Forse per questo rimango basita dopo aver letto l’articolo di Pharaon (4/2007) sugli obelischi, II puntata.
Pag.73, Lorenzo Quilici, autore dell’articolo, dopo aver elencato gli obelischi egizi presenti in Italia racconta qualcosa per ognuno, attribuzione, provenienza, epoca dell’importazione, vicende varie.
Faccio un riassuntino.
Durante il primo secolo a.C. l’impero tolemaico era ormai strettamente dipendente da Roma; il faraone rappresentava una debole autorità, anche meno di un governatore di provincia.
Però la cultura egizia penetra in Italia e in particolare la religione isiaca, testimoniata già ai tempi di Silla.
Si diffonde presso la gente più colta, soprattutto donne, ma anche fra le classi medie e quelle umili, per la sua diversità da quella ufficiale.
Evidentemente la religione di stato non rispondeva più alle esigenze della popolazione in tutti i suoi strati e ovunque si sentiva la necessità di nuove risposte alle pressanti domande che l’esistenza poneva.
Ma cosa aveva il culto di Iside e Osiride-Serapide che la Triade Capitolina non sapeva più dare?
Secondo me la democratizzazione dell’aldilà, avvenuta nel civilissimo Egitto alla fine del III millennio a.C. esercitava un fascino irresistibile presso una civiltà così poco democratica come quella romana.
Ho sempre creduto che i romani, dotati di una religione molto formale, politeista per eccellenza, non avessero problemi ad aggiungere divinità varie al loro pantheon, con una disinvoltura dettata più dalla noncuranza per certi aspetti della vita piuttosto che per vera tolleranza e apertura di vedute.
Ebbene, mi sono dovuta ricredere, perché in realtà essi osteggiarono pesantemente la diffusione dei culti egizi a Roma.
Le autorità adottarono risoluzioni gravi e reiterate per difendere i culti tradizionali, ad esempio proscrivendo la religione isiaca per quattro volte nel decennio fra il 58 e il 48 a.C., perpetrando anche la distruzione dei santuari e delle statue di culto.
Il tempio di Iside che esisteva sul Campidoglio doveva essere una vera spina nel fianco dei conservatori, in quella posizione così palesemente giustapposta al tempio di Giove Capitolino.
Più facile risulta comprendere un ritorno alla proscrizione nel 28 e nel 21 a.C., ad opera di Ottaviano Augusto e nel 19 a.C. con Tiberio, evidentemente esaltati dalla definitiva conquista dell’Egitto, ma scottati dall’incrinatura nell’unità dei vertici politici.
Con l’impero di Caligola le fortune cambiarono.
Egli infatti era nipote di Antonio, quindi meglio disposto nei confronti della religione egizia, la cui ultima Iside fu Cleopatra, “sposa” di Antonio-Serapide e madre dei suoi figli.
Partì la ricostruzione, con un nuovo grande tempio in Campo Marzio (quella zona dove adesso c’è il “tridente”, le tre vie che si dipartono da Piazza del popolo, Via del Babuino, Via del Corso e via di Ripetta), detto per questo Iseo Campense, diviso in due parti, una dedicata a Iside e l’altra ad Osiride; nella Forma Urbis di Settimio Severo se ne conserva la forma, ma esistono anche cronache in cui se ne descrivono le meraviglie e altre in cui se ne ricordano i resti sparsi per il centro di Roma; ancora adesso sono visibili i piccoli obelischi riutilizzati in varie piazze, nonché numerose statue conservate ai Musei Capitolini e al Museo Nazionale Romano.
Evidentemente i primi cristiani non ebbero l’esclusiva sulla persecuzione, ma ricevettero attenzioni che prima erano state destinate a devoti di altre fedi.
Sotto questa luce non avevo ancora considerato la questione: i romani avevano motivi per non gradire la religione misterica di Iside-Osiride e cominciarono ad osteggiarla molto tempo prima che si diffondesse la religione cristiana.