Ciao, questo è un resoconto che Ivan mi aveva chiesto di scrivere al termine della MGC. Ho voluto raccontare un lato più personale della vicenda. Oggi lo condivido con chi di voi avrà la voglia e la pazienza di leggerlo.
E poi ho scritto che non mi piacciono i post lunghi!
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Non sono solito partecipare a manifestazioni organizzate. Sono un "lupo solitario" della bicicletta. Parto quando voglio, vado come voglio e dove voglio. Talvolta e con piacere, qualche giro con amici. Quando sono arrivato a San Giacomo, per l'ultimo agognato timbro, l'orologio segnava le 23.15. La signorina che mi ha consegnato il pacco mi ha chiesto: "Perché?". Gli occhi erano distrutti, per circa un'ora avevo seguito una luce lampeggiante rossa di un compagno di discesa, dato che il mio fanale era completamente andato, la voglia di andare a casa, i mille altri pensieri che in quel momento assalivano una mente poco lucida, che ancora non aveva realizzato di aver concluso un'"impresa", non mi hanno consentito di rispondere. Ma quel "perché" mi è risuonato in testa per tutto il giorno successivo e quello ancora. Ed ho cominciato a cercare dentro di me i perché. Perché ho partecipato alla MGC? La risposta non è stata facile trovarla, è un insieme di fattori che mi ha portato a considerarla il mio obiettivo 2009 e a prepararmi per questo. Uno è quello della sfida, la sfida con me stesso, la mia capacità di soffrire quando c'è da soffrire, di non mollare quando le cose non vanno bene. A qualcuno può sembrare ridicolo, ma queste cose vengono trasmesse dalla bici al resto della mia vita e, a mio avviso, ci migliorano. Un'altra ragione è lo spirito della manifestazione. Un'organizzazione che devolve l'intero ricavato ad un istituto di ricerca che si occupa di malattie rare, ha in sé un nobile spirito che non può essere che abbracciato da chi, come me, vede nella cosiddetta "società civile", la risposta più bella ed autentica ai problemi che la "politica dei parrucconi" finge di affrontare. Il terzo perché è del tutto personale: il Monte Grappa è la "mia" montagna. Sono sempre vissuto ai suoi piedi, lì le prime pedalate in calzoni corti, quando arrivare al quarto tornante della Cadorna, con bici senza cambi e spesso a spinta, ci faceva sentire grandi in tutti i sensi. Poi negli anni, la conquista del Rifugio Bassano! Con queste emozioni, ritrovarmi ad avere il Grappa come teatro di una manifestazione "chipless", per me è stata una grande gioia. C'è anche una quarta ragione, ed ha un nome e cognome: Ivan Contiero, la mente pensante della MGC, è un vero papà. Fare qualcosa per aiutarlo mi ha fatto sentire bene.
Ora, al di là dei perché, delle ragioni "intime", che mi piacerebbe far leggere alla signorina che mi stampava il brevetto, ecco le mie impressioni sulla MGC. Che dire? qualche limatina qua e là la si potrà dare, ma nel complesso è stata una manifestazione quasi perfetta. Ora, io non ho termini di paragone con altre manifestazioni, ma tutte le persone tutte con cui ho avuto modo di scambiare delle impressioni, si sono dette estremamente soddisfatte dell'organizzazione. Conoscendo già le salite e l'ubicazione dei punti di controllo non mi sono posto grossi problemi sulla verifica della bontà delle segnalazioni, correvo in casa, ma personalmente le ho trovate buone. Il ristoro era eccezionale, a prendersela comoda si poteva arrivare al traguardo con qualche kg in più: pasta fredda, panini, frutta, crostate, bevande, formaggi! Completo e ben fatto!
Lo staff: tutti sempre gentili e disponibili, difficile chiedere di più. Clima contagioso, perché la mia sensazione è che tutti i partecipanti fossero sintonizzati su quella lunghezza d'onda. C'è stato poi l' occhio benevolo di madre natura a battezzare questa manifestazione per renderla ancora più "magica". Penso che si possa parlare di giornata perfetta. Sole, aria tersa e fresca; è il 19 Luglio, il giorno prima si sarebbe stati sotto l'acqua, due giorni prima si sarebbe schiattati dal caldo!
Tutto questo ha reso la MGC una vera festa del ciclismo, tanto da non vedere l'ora di poter partecipare a quella che mi auguro venga annunciata come la seconda edizione!
Il quinto versante
Questa parte è dedicata alla descrizione di come ho vissuto il quinto versante.
Sono le 20.05 quando, uscito dal punto di controllo di Romano d'Ezzelino, risalgo in bici per affrontare la "Cadorna". E' una salita abbastanza difficile, ma oggi è stata inserita in coda, perché la più facile. La cosa mi fa sorridere. Sono ancora nell'abitato quando incontro l'auto con mia moglie e mia figlia, nel pomeriggio mi avevano atteso al Rifugio Bassano, anche queste cose aiutano a superare le difficoltà. Ancora pochi metri e vedo Jack, mio compagno d'avventura per quattro versanti. Dopo, la salita. La conosco a memoria, è la strada dove ogni anno misuro la mia condizione. Conosco esattamente i miei tempi su ogni tornante. Ma oggi è diverso. E'la quinta salita e, soprattutto, c'è una luce strana. Cominciare a salire al crepuscolo è surreale. Le gambe ci sono, il mio 39x27-29 mi fa salire bene le prime rampe, il mio primo obiettivo è arrivare tranquillo a Costalunga, dove la strada concede una generosa tregua. C'è ancora luce, il fanale posteriore è acceso, quello anteriore lo accendo saltuariamente. Poi, pian piano, l'imbrunire lascia spazio alla sera. Non ho più voglia di cibi solidi, bevo e pedalo, pedalo e bevo. Ma le gambe, a parte un breve accenno di crampi, rispondono bene. A Camposolagna arrivo in buone condizioni, il tratto pianeggiante che segue all'interno del bosco mi fa capire che avrò grossi problemi col mio fanale anteriore. Non sono abituato a queste cose e si vede: la luce, km dopo km, si affievolisce. Di per sè non è un ostacolo alla salita, c'è ancora la luce che serve per vedere la strada, ma diventa una preoccupazione per il dopo, alleviata dalla bellezza trasmessa dal colpo d’occhio sulla pianura illuminata e da qualche incitamento di chi mi ha preceduto. Ma ormai ci siamo, i cartelli scorrono: 1200slm, 1280slm, la croce, 1500 slm, bivio per Feltre. E' fatta, mi alzo sui pedali, aumento il ritmo, l'arrivo è lì. Curva a sinistra, mancano 600m, la luce al Rifugio è la mia stella polare, grande emozione. Emozione che però non trova spazio, non ho il fanale per scendere, un ciclista è quasi pronto, mi aggrego a lui per la discesa. Fisso il suo fanale fino a Romano d'Ezzelino, grande concentrazione, a tratti anche paura, paura di perderlo oltre una curva, di trovare ghiaino, in fondo l'atavica paura del buio che riemerge. In termini mentali è stata la cosa più faticosa che ho fatto. E'anche molto freddo, ma non c'è tempo per pensarci. Finalmente, dopo Camposolagna, la temperatura cambia. L'attenzione è sempre al massimo, si stempera solo al raggiungimento dell'abitato di Romano d'Ezzelino, all'abbraccio dei suoi lampioni. La MGC è ormai terminata, la gioia che ha lasciato rimarrà per sempre in chi l'ha affrontata.