Raccolta quesiti vari di prevenzione incendi

Versione Completa   Stampa   Cerca   Utenti   Iscriviti     Condividi : FacebookTwitter
ale3000
00mercoledì 3 marzo 2010 22:25
Domanda:

Ne approfitto per richiederle informazioni circa l'interpretazione della tabella di Calcolo del coefficiente di riduzione del carico di incendio presente nella circolare 91 del 1961.
Il coefficiente deve essere unico per l'intero edificio o, in alcuni casi (es.:compartimenti molto grandi e molto diversi tra loro), può essere calcolato uno per ogni compartimento con destinazione d'uso diversa (es.: uffici, laboratori, magazzino, ecc.) questo soprattutto ai fini della valutazione delle vie di fuga, altezza totale, n° piani, lunghezza vie di fuga?

Nel caso possa essere calcolato differentemente per ogni specifica compartimentazione con destinazione diversa, per la scelta del valore da dare al punto 4 "pericolo di propagazione" (credo in particolare riferito al calore da irraggiamento) si deve fare riferimento a:

1 - alla presenza di compartimentazioni vicine (anche non di proprietà vedasi ad esempio i capannoni in schiera)?
2 - alla distanza fisica con altri "corpi di fabbrica" prospicienti i lati liberi dell'edificio? Nel secondo caso ci si riferisce alla distanza reale o alla distanza tra confini?

La semplice presenza di una reception/centralino (con avvisatore manuale interno) durante il turno diurno e di un custode (con compiti di vigilanza) per il notturno può essere paragonata alla Guardiania permanente con telefono descritta al punto 5.4?

Un impianto automatico di rivelazione fumi e calore collegato a un combinatore telefonico (tecnologia oggi banale ma non per il 1961!) può anch'esso essere paragonato al 5.4?

Sommabilità dei carichi di incendio.

In un edificio a 2 piani di 800mq x piano ad uso esclusivo come uffici sono presenti 7 archivi racchiusi in normali stanze (4x5), con una media di 20 q.li di fascicoli ciascuno. I solai hanno una resistenza alla propagazione verticale superiore alla classe 30. Al centro dell'edificio però è presente un'ampia scala a giorno e un ascensore, ai fini della sommabilità, si deve per questo motivo considerare il tutto come un unico compartimento? (una cittadina)


Risponde il Direttore Regionale dei Vigili del Fuoco del Lazio, dott. Ing. Luigi Abate:

I° quesito :

Il coefficiente K così come definito dall’art. 4 della circ 91/61 è unico per l’intero fabbricato.
Nel caso in cui si debba calcolare il carico d’incendio per una o più attività inserite all’interno dell’edificio, il coefficiente K da prendere a riferimento è quello dell’intero edificio.

II° quesito :

Il punto 4 “pericolo di propagazione” è riferito ai fabbricati vicini a quello in esame qualora per questo si calcoli il carico di incendio. Ovviamente qualora la valutazione interessi un ambiente che costituisca compartimento antincendio ( archivio, centrale termica, autorimessa, ecc.), il pericolo di propagazione andrà riferito agli ambienti attigui. La distanza, comunque, è sempre quella fisica.

III° quesito :

La presenza di una reception/centralino e di un custode per la vigilanza notturna, può essere assimilata alla guardiania di cui al punto 5.4 della tab. 1. Lo stesso dicasi per un impianto automatico di rivelazione fumi collegato ad un combinatore telefonico autorizzato e sempre in grado di allertare una utenza sempre presente (sale operative, vigilantes ,ecc ).

IV° quesito :

Si deve dapprima puntualizzare se :

- Ogni stanza (4x5) deve costituire un compartimento a se ovvero se le 7 stanze fanno parte di un unico compartimento antincendio soggetto alla prevenzione incendi in quanto rientrante al punto 43 del DM 16/02/82.
- Oltre a valutare il carico di incendio del predetto compartimento necessita classificare anche l’intero edificio. In questo caso i carichi di incendio si sommano, essendo l’edificio un unico compartimento (scala aperta).



Domanda:

L'attività Nr. 92 dell'allegato 1 al DM 16.02.1982 prevede che se un'autorimessa contenga più di 9 autoveicoli, questa sia soggetta a controllo dei VVF e quindi al rilascio del CPI.
Il DM 1 febbraio 1986 distingue tra autorimesse ed autosaloni, definendo questi ultimi come "area coperta destinata all'esposizione e alla vendita di autoveicoli", definizione un po' diversa da autorimessa, indicata come "area coperta destinata esclusivamente al ricovero, alla sosta e alla manovra degli autoveicoli con i servizi annessi. Non sono considerate autorimesse le tettoie aperte almeno su due lati".
All'art.9 si dice inoltre che, se la capacità dell'autosalone non supera le trenta auto, le disposizioni del DM 01.02.86 possono non essere applicate.
Il dubbio è: se un autosalone ha più di 9 auto parcheggiate, rientra nell'attività Nr. 92 ed è quindi soggetto al rilascio del CPI???
Il parere del M.I. N. P1881/4108 dice "gli autosaloni rientrano nel punto 87 del D.M. 16.2.82 quando hanno una superficie lorda, superiore a 400 mq".
L'argomento viene affrontato anche dalla circolare del M.I. nr P267/4108 di prot, che però sembra non chiarire del tutto in quanto sposta il limite di superficie a 1000 mq. Il dubbio in definitiva è se un salone con superficie lorda inferiore a 400 mq (ma con più di 9 auto, eventualmente prive di combustibile e con le connessioni elettriche scollegate) sia soggetto o meno al controllo dei VVf e quindi al rilascio del CPI.

Grazie in anticipo

A. T.


Risponde l’arch. Domenico Balestrieri della Direzione Regionale VVF del Lazio:

Come è noto il D.M. 1 febbraio 1986, ha così definito l’autosalone o salone di esposizione autoveicoli:

“Area destinata all’esposizione e alla vendita di autoveicoli”

mentre ha così definito l’autorimessa:

“Area destinata esclusivamente al ricovero alla sosta e alla manovra degli autoveicoli con i servizi annessi…omissis…”

Al riguardo si ribadisce, pertanto, che in base al D.M. 16 febbraio 1982 punto 92, “Autorimesse private con più di 9 veicoli…omissis…” non sono soggette ai controlli dei vigili del fuoco gli autosaloni, anche con capienza superiore a 9 veicoli.
Il Ministero dell’Interno ha chiarito, però che “Gli autosaloni con superficie superiore ai 400 metri quadri”, sono soggetti ai controlli dei Vigili del fuoco, ai sensi del D.M. 16 febbraio 1982 punto 87 “Locali adibiti ad esposizione e/o vendita…omissis…con superficie lorda superiore a 400 metri quadrati…omissis…”.
Il Ministero dell’Interno ha chiarito, altresì che nella fattispecie i “Depositi di autoveicoli con superficie superiore a 1000 metri quadrati” sono soggetti ai controlli dei Vigili del fuoco, ai sensi del D.M. 16 febbraio 1982, punto 88 “Locali adibiti a depositi di merci e materiali vari con superficie lorda superiore a 1000 metri quadrati”.
Per quanto concerne l’applicazione delle norme tecniche di sicurezza antincendio, si applicano quelle relative al D.M 16 febbraio 1986, punto 9.
Per quanto sopra esposto si può affermare che l’attività a cui Lei fa riferimento nno è soggetta agli obblighi di prevenzione incendi.



Domanda:

Una precisazione: per far si che l'autosalone sia tale, e non debba essere considerata autorimessa, è necessario che i veicoli siano tenuti con il serbatoio vuoto e l'alimentazione elettrica scollegata? (A. T.)


Risponde il Direttore Regionale dei Vigili del Fuoco del Lazio, dott. Ing. Luigi Abate:

L'autosalone, nelle condizioni rappresentate, rimane sempre una attivita' non soggetta alla prevenzione incendi indipendentemente dalla quantita' di combustibile presente nei serbatoi dei veicoli e dal collegamento o meno dell'alimentazione elettrica.
Ovviamente trattandosi comunque di un luogo di lavoro e valutando il rischio incendio come fattore significativo e' opportuno limitarlo riducendo quanto piu' e' possibile i quantitativi di sostanze infiammabili e le cause di innesco (elettricita') in armonia con gli indirizzi forniti dal DM 10-3-98.



Domanda:

Buon giorno, mi chiamo Matteo Ceccarani e scrivo dalla Provincia di Perugia.

Da anni mi occupo di prevenzione incendi e solo poco tempo fa, muovendomi per caso in internet, ho visto il servizio che Lei e tutto il suo staff mettete a disposizione per risolvere quesiti di prevenzione incendi e così mi sono detto: provo.....

Ho un quesito abbastanza interessante e a tal prosposito vorrei, se possibile, un parere da parte Vostra:

in una scuola elementare/media costruita precedentemente al 1975 ed avente altezza antincendi inferiore a 12 mt, sulla quale si andrà ad installare un ascensore:
a) dovrà essere applicato il p.to 4.2 del D.M. 26/08/1992? (anche se le norme transitorie previste dall'art. 13 del D.M. 26/08/1992 non lo prevedono);
b) se la risposta dovesse essere affermativa, le norme antincendio previste al p.to 2.5 del D.M. 16/05/1997 n. 246 (edifici di civile abitazione) si riferiscono ad edifici aventi altezza antincendi superiore a 12 mt mentre il mio edificio presenta altezza antincendi inferiore a 12 mt; nonostante questo devo comunque applicare quanto previsto al p.to 2.5 del D.M. sopra citato?

Ringraziandola fin da ora per la disponibilità che Vorrà prestarmi, porgo distinti saluti.

Matteo Ceccarani


Risponde l’arch. Domenico Balestrieri della Direzione Regionale VVF del Lazio:

in relazione al quesito posto (ascensore in una scuola), si fa presente quanto segue:

1. non deve essere applicato il punto 4.2 del d.m. 26.8.92.

2. IL PUNTO 2.5 del D.M.246/87, non prevede nessuna prescrizione in merito al tipo del vano ascensore se sono osservati i requisiti del punto 2.2.1.



Domanda:

La mia domanda è molto semplice ma ha ottenuto anche pareri discordanti....
In una centrale termica (nell'edificio c'è solo l'attività 91 soggetta a controllo) oltre alla caldaia puo essere installata anche una centrale di trammamento aria????
Premetto che l'edificio in oggetto non è nè un albergo nè un locale di pubblico spettacolo (per i quali questo tipo di installazione è espressamente vietata dai rispettivi decreti ministeriali).
Che cosa si intende quindi per "uso esclusivo" nel DM 12/04/1996?
A pareri di alcuni sembra che il locale centrale termica dovrebbe essere ad uso esclusivo per impianti di climatizzazione e condizionamento (e quindi precedere al suo interno anche CTA, gruppi frigo o altro....)
Per altri invece il locale centrale termica dovrebbe essere ad uso esclusivo delle caldaie (in alcuni casi escludono anche la possibilità di installare una autoclave).
Vorrei avere una sua autorevole opinione in merito....
Eventualmente una porta tagliafuoco di separazione potrebbe risolvere il problema??? (un filtro non ci stà per motivi di spazio).
La ringrazio e complimenti per il sito.

Mario


Risponde il Direttore Regionale dei Vigili del Fuoco del Lazio, dott. Ing. Luigi Abate:

Al quesito posto si può dare la seguente risposta:

Il locale caldaia, di norma, deve essere a uso esclusivo, pertanto all’interno di esso può trovare collocazione l’impianto termico completo di accessori pertinenti, quali autoclave, boiler, pompe di ricircolo, ecc. ; mentre devono escludersi all’interno di questo localealtri impianti quali quelli per il trattamento per l’aria (UTA), condizionamento e quant’altro. Ovviamente quando motivi tecnici, strutturali, urbanistici ed impiantistici lo giustificano si può ricorrere all’istituto della deroga (ART. 6/DPR37) proponendo alla Direzione Regionale competente per territorio misure compensative quali:

- asservimento dei diversi impianti ad un sistema di rilevazione e segnalazione di incendi che blocca il funzionamento delle apparecchiature e chiuda le previste serrande tagliafuoco delle condotte che possono veicolare fumi e calore.

- impianto puntiforme di spegnimento termocontrollato e comandato.

- setti di canalizzazione dei fumi.

- altre proposte concordate con i tecnici VVF.



Domanda:

Soddisfatto della risposta avuta in precedenza, le pongo un altro quesito:
si tratta di un dubbio di interpretazione per quanto riguarda l'attività Nr.95 dell'allegato 1 al DM 16.02.1982:
"Vani di ascensori e montacarichi in servizio privato, aventi corsa sopra il piano terreno maggiore di 20, metri, installati in edifici civili aventi altezza in gronda maggiore di 24 metri e quelli installati in edifici industriali di cui all'art. 9 del D.P.R. 29 maggio1963, n. 1497"

In particolare mi chiedo:

- Cosa si intende per "servizio privato"??? forse ""all' interno di una stessa unità immobiliare"?? sono da escludere gli ascensori condominiali??

- Per gli ascensori e montacarichi installati in edifici industriali, non ha nessuna importanza l'altezza in gronda dell'edificio e la corsa del montacarichi/ascensore??

- Come si identifica un "edificio industriale"?? sono esclusi gli edifici che ospitano attività artigianali o commerciali???

Certo di una cortese risposta porgo Cordiali Saluti

ing. A. T.


Risponde il Direttore Regionale dei Vigili del Fuoco del Lazio, dott. Ing. Luigi Abate:

Sono soggetti alla Prevenzione Incendi tutti gli ascensori e montacarichi utilizzati “privatamente”, sia in condomini che in case private, avente le caratteristiche previste dal D.M. 16-02-82.
Sono altresì soggette alla Prevenzione Incendi tutti gli ascensori e montacarichi, indipendentemente dalla corsa e dall’altezza dell’edificio, se utilizzati all’interno di attività industriali od assimilabili (opifici, fabbriche, officine, centrali termoelettriche, ecc.).
Devono osservare la norma di riferimento tutti gli impianti ascensori e montacarichi se inseriti in attività commerciali pubbliche soggette alla Prevenzione Incendi (scuole, case di cura, alberghi, uffici, centri commerciali, ecc.). Tant’è, che al riguardo, ogni specifica norma di Prevenzione Incendi ne fa riferimento all’interno del suo sviluppo prescrittivo.



Domanda:

Volevo sapere quali sono le norme che regolamentano la quantità di estintori che debbono andare dentro un negozio. Se gentilmente può indicarmi le norme vigenti in materia o semplicemente spiegarmi come fare questo calcolo mi farebbe un grandissimo piacere. La ringrazio anticipatamente del tempo dedicatomi, cordialmente saluto, Fabio.


Risponde il Direttore Regionale dei Vigili del Fuoco del Lazio, dott. Ing. Luigi Abate:

Il Dlgs 626/94 ed il DM 10-3-98 del Ministero dell'Interno stabiliscono l'obbligo per il datore di lavoro (ed aggiungo personalmente per garantire se stessi ed i propri beni) di dotarsi di mezzi mobili antincendio (estintori) che all'occorenza possono contrastare un principio di incendio.
Per attività generiche che non sono soggette alla prevenzione incendi propongo almeno due estintori per piano e per ogni 100mq. di attività. Di questi uno deve essere posto in vicinanza dei quadri elettrici, l'altro in modo visibile nelle vicinanze di aree normalmente presidiate (bancone o cassa).
Detti estintori devono avere capacità estinguente non inferiore a 13A, 89B, C di tipo approvato dal Ministero dell'Interno. Personalmente consiglio di acquistare estintori a CO2 in quanto questi, rispetto a quelli con agente estinguente a polvere, sporcano di meno l'ambiente al contorno dell'area di innesco del principio di incedio (quantomeno l'estintore vicino ai quadri elettrici è opportuno che sia a CO2).
Si rammenta infine che non è sufficiente comprare gli estintori, ma questi devono essere regolarmente manutenzionati e verificati da ditte specializzate almeno con cadenza semestrale (basta stipulare un semplice contratto di manutenzione con una ditta di fiducia).



Domanda:

Com'è noto l'allegato 1 al D.M. 1 Febbraio 1986 prevede per autorimesse con più di 9 autoveicoli e con superficie superiore ai 1000 metri quadrati il controllo da parte dei Vigili del Fuoco ed il rilascio del CPI, ora nel nostro caso, trattandosi di locali garage per più di nove autovetture di proprietà dei condomini, situati nel piano interrato (meno uno) sorge la seguente domanda:
è necessario il Certificato di Prevenzione Incendi? È obbligatorio avere delle prese d'aria di circa 2 metri lineari di larghezza e lunghe circa 7 metri linerai in corrispondenza del lastrico soprastante i sottostanti locali per uso garage??
Qualora fossero obbligatorie le prese d'aria, pregasi, indicare l'eventuale norma di legge che sancisce tale obbligo.
Confido fin d'ora in una risposta celere e ringrazio anticipatamente per la fattiva collaborazione.

Palmerino Lefino


Risponde il Direttore Regionale dei Vigili del Fuoco del Lazio, dott. Ing. Luigi Abate:

Sono soggette alla prevenzione incendi tutte le autorimesse; per quelle che ospitano piu' di 9 autovetture oppure che hanno più di 180mq di superficie in pianta vige l'obbligo del certificato di prevenzione incendi (DM 16-2-82). L'aereazione naturale e' prevista in misura del 25% in pianta (lorda) ivi inclusa quella ottenuta dal vano di accesso; qualora non sia previsto un impianto di aereazione meccanica almeno il 3 per mille, rispetto alla superficie totale dell'autorimessa, dei vani di aerezione devono essere privi di serramento.
Detta areazione deve essere quanto più possibile distribuita uniformemente sull'intera autorimessa, prevedendo che i vani di aerazione contrapposti non superino la distanza di 40mt. Nell'impossibilità è possibile ricorrere all'istituto della deroga proponendo soluzioni tecniche equivalenti di sicurezza antincendio.

Tali adempimenti sono richiamati al punto 3.9.0. del DM 1-2-86

Con viva cordialità.



Domanda:

Operando nel campo della sicurezza, mi trovo in questa situazione: su un cortile (regolamentare) si attestano le vie di esodo di una banca e di una facoltà universitaria.
Il cortile è delimitato da cancello che porta su pubblica via. Il cancello apre all’interno del cortile stesso.
Chiedo se le due soluzioni che vado a prospettarle possono entrambe essere accettate:

1) non intraprendere nessuna opera. Il proprietario del cortile si assumerà la responsabilità di chiudere il cancello la sera (stipulando un apposito contratto con un servizio di vigilanza)

2) arretrare il cancello, cambiargli di verso e dotarlo di maniglione antipanico.

Tengo a precisare che il cortile, considerando l’esodo simultaneodelle due attività è stato calcolato come luogo sicuro dinamico. Quando una sola attività è operativa il cortile ha le caratteristiche di luogo sicuro statico.
Inoltre quando le due attività sono entrambe esercite, il cancello è sempre e sicuramente aperto.
Il problema esposto quindi è da inquadrare quando una sola attività si protrae in esercizio.

La ringrazio moltissimo e Le rinnovo tutta la mia stima, salutandoLa rispettosamente.

Ing. A. D.


Risponde l’ing. Massimo Elio Mantovani Vice Direttore Regionale VVF per il Lazio:

L’obbligo di tenere sempre aperto il cancello vale solo per la facoltà (assimilabile all’attività “scuola” per la quale vige il DM 26/08/1992) e sino a quando viene svolta attività didattica. Per questa attività il cortile deve essere quindi inteso come luogo sicuro dinamico.

Per la banca, il cortile può essere inteso come luogo sicuro statico solo se le dimensioni dello stesso siano tali da contenere tutte le persone presenti nei locali bancari. Con tali presupposti, non sussiste l’obbligo di tenere aperto il cancello che dà su pubblica via.

In merito alle due soluzioni proposte nel quesito, la n° 2 è quella più pertinente in quanto rispetta i dettami dell’art. 33 titolo II del Dlgs 626/94.
Per quanto riguarda il maniglione antipanico, questo dovrà essere installato secondo quanto previsto nel DM 3/11/2004 “Disposizioni relative all'installazione ed alla manutenzione dei dispositivi per l'apertura delle porte installate lungo le vie di esodo, relativamente alla sicurezza in caso d'incendio”.

Si riporta per comodità l’art.3. Criteri di installazione del citato decreto:

Ai sensi del decreto del Presidente della Repubblica 21 aprile 1993, n. 246, i dispositivi di cui all'art. 1 devono essere muniti di marcatura CE.

In particolare, fatti salvi gli adempimenti previsti da specifiche regole tecniche di prevenzione incendi, l'installazione dei dispositivi di cui all'art. 1 e' prevista nei seguenti casi:

a) sulle porte delle vie di esodo, qualora sia prevista l'installazione di dispositivi e fatto salvo il disposto di cui all'art. 5, devono essere installati dispositivi almeno conformi alla norma UNI EN 179 o ad altra a questa equivalente, qualora si verifichi una delle seguenti condizioni:

a.1) l'attivita' e' aperta al pubblico e la porta e' utilizzabile da meno di 10 persone;

a.2) l'attivita' non e' aperta al pubblico e la porta e' utilizzabile da un numero di persone superiore a 9 ed inferiore a 26;

b) sulle porte delle vie di esodo, qualora sia prevista l'installazione di dispositivi e fatto salvo il disposto di cui all'art. 5, devono essere installati dispositivi conformi alla norma UNI EN 1125 o ad altra a questa equivalente, qualora si verifichi almeno una delle seguenti condizioni:

b.1) l'attivita' e' aperta al pubblico e la porta e' utilizzabile da piu' di 9 persone;

b.2) l'attivita' non e' aperta al pubblico e la porta e' utilizzabile da piu' di 25 persone;

b.3) i locali con lavorazioni e materiali che comportino pericoli di esplosione e specifici rischi d'incendio con piu' di 5 lavoratori addetti.



Domanda:

Abito in una palazzina di 10 appartamenti, 5 al piano terra e 5 al 1° piano.
Sotto ci sono le cantine ed i garage interrati. Tra le cantine ed i garage c'è una apertura chiusa da una porta taglia fuoco, che immette in un corridoio di pochi metri al termine del quale c'è una scala che conduce direttamente all'esterno.
Vorrei sapere se è possibile tenere aperta per qualche ora la porta taglia fuoco per consentire una giusta aerazione nelle cantine (abito in una zona caratterizzata da una umidità pari al 100%), naturalmente verrebbe tenuta aperta di giorno e solo quando si è sicuri che c'è qualcuno nella palazzina, mentre rimarebbe chiusa in caso contrario e di notte.
Se la risposta è negativa, gentilmente può indicarmi qual'è la normativa secondo la quale la porta taglia fuoco deve sempre rimanere chiusa.

S.


Risponde l’arch. Girolamo Balestrieri della Direzione Regionale VVF del Lazio:

Le autorimesse fino a quaranta autovetture e non oltre il secondo piano interrato, possono comunicare con fabbricati di civile abitazione a mezzo di aperture con porte di tipo almeno REI 120 “munite di congegno di autochiusura” (giusto quanto disposto al punto 3.5.2 del D.M. 01.02.1986).
In ragione di quanto sopra, pertanto, le porte tagliafuoco devono essere mantenute sempre chiuse con dispositivo “a molla”.
In alternativa possono prevedersi porte REI che normalmente sono mantenute aperte, in quanto provviste di dispositivi elettromagnetici comandati da rilevatori di fumo che, in caso d’incendio consentono la chiusura delle porte.



Domanda:

Al punto 4.3 della regola tecnica allegata al D.M. 12 aprile 1996 relativo a locali per forni da pane , lavaggio biancheria , altri laboratori artigiani e sterilizzazione è scritto : " gli apparecchi devono essere installati in locali ad essi esclusivamente destinati o nei locali in cui si svolgono le lavorazioni ."
Al punto 4.4 della medesima regola tecnica relativo ai locali di installazione di impianti cucina e lavaggio stoviglie è scritto : I locali , fatto salvo quanto consentito nel successivo punto 4.4.3 , devono essere esclusivamente destinati agli apparecchi ."

La domanda è : Si possono installare nello stesso locale forni da pane e impianti cucina ?

Più in generale ,dovendo installare forni a gas, forni elettrici , cucine a gas , frigoriferi , apparecchi per lavaggio stoviglie , è possibile utilizzare un unico locale o servono due o più locali distinti ?

La ringrazio moltissimo e la Saluto rispettosamente.

Ing. I. A.


Risponde il Direttore Regionale dei Vigili del Fuoco del Lazio, dott. Ing. Luigi Abate:

Personalmente ritengo possibile la contemporanea installazione in un unico locale, ad esclusivo servizio, di un impianto forno a gas da pane ed un impianto cucina a gas in quanto entrambi compatibili con la "ratio" della norma.
Ovviamente, la potenzialità dell'impianto scaturisce dalla somma delle tue apparecchiature termiche, che dovranno rispettare tra loro congrue distanze di sicurezza.



Domanda:

Sotto lo stabile dove abito c’è un’autorimessa (interrato con rampa di accesso alla fine della rampa una serranda automatica , all'inizio della rampa cancelloautomatico) che fino a tempo fa era vigilata da un guardiano notturno dalle 20:00 al mattino (cancello chiuso di notte chiuso e serranda aperta). Da pochi giorni, è stata messa in funzione alla fine della rampa di accesso, una serranda di metallo automatica che viene azionata all’entrata all’uscita degli autoveicoli (cancello e rampa sempre chiusi che si aprono all'entrata delle autovetture). Sono state prese quindi maggiori misure di sicurezza in seguito alla decisione di sollevare il guardiano notturno dal suo incarico e di non mettere più una vigilanza di notte. Il quesito urgente è questo:

1) è obbligatorio avere un guardiano di notte?

2) se la risposta è no, è obbligatorio un sistema antincendio automatico?

3) se anche questa risposta è negativa, in caso di incendio, come si fa ad intervenire nel più breve tempo possibilie?

4) Chiunque potrebbe fare più copie delle chiavi per aprire il cancello e la serranda, senza guardiano, parenti e amici potrebbero parcheggiare fino all'apertura dell'autorimessa, senza farsi accorgere e quindi parcheggiare anche auto ad alimentazione GPL.

Vi ringrazio anticipatamente

G. M.


Risponde il Direttore Regionale dei Vigili del Fuoco del Lazio, dott. Ing. Luigi Abate:

1- Se fosse una "rimessa" l'attivita' deve essere vigilata; nel caso di una autorimessa condominiale non
sussiste l'obbligo della vigilanza.

2-non e' previsto dalle norme il sistema automatico antincendio per il caso trattato.

3-per avere una segnalazione "reale" in caso di incendio si puo' installere un impianto di rilevazione e segnalazione di incendio collegato al una "badenia" (sirena a bassa emissione sonora) ed all'appartamento del custode.

4-in una convivenza "civile" la possibilita' paventata e'remota; comunque l'amministratore puo' emanare una disposizione condominiale alla quale i condomini sono tenuti a conformarsi. E' corretto che ogni condomino possieda una chiave d'accesso alla autorimessa.....ricordando comunque che il numero massimo delle macchine che possono parcheggiare e' riportato nel certificato di prevenzione incendi (obbligatorio per autorimesse con piu' di 9 autoveicoli). Rammento che da più di due anni le vetture alimentate a gpl possono parcheggiare in autorimesse fino al primo interrato sotto alcune condizioni previste dalle disposizioni antincendio.



Domanda:

Quali debbono essere le misure di un locale caldaia da costruirsi in un cortile condominiale di Roma per ospitare una caldaia atmosferica ad elementi in ghisa componibile da Kcal/h 409000 utile Kcal/h 453000, focolare Bongioanni Duplex, in sostituzione della vecchia caldaia condominiale a carbone ch'era collocata altrove? Trattasi di misure rigide? E a quali distanze bisogna mantenersi dai muri già presenti? Infine, qualora questa nuova costruzione pregiudicasse l'attuale andito di accesso alle cantine restringendolo a 0,61 m., oltre al conseguente danno economico si deve temere anche qualche altro pregiudizio sulla sicurezza di accesso alle cantine? Infiniti ringraziamenti per una sollecita risposta.

G.P.I.


Risponde l’ing. Massimo Elio Mantovani Vice Direttore Regionale VVF per il Lazio:

Se il combustibile usato fosse gasolio il decreto di riferimento è il DM 28 aprile 2005.

Di seguito si riportano i punti di interesse.


Installazione in locali esterni.

locale esterno: locale ubicato su spazio scoperto, anche in adiacenza all'edificio servito, purché strutturalmente separato e privo di pareti comuni;

I locali devono essere ad uso esclusivo e realizzati in materiali incombustibili. Inoltre essi devono soddisfare ai seguenti requisiti :


Disposizione degli apparecchi all'interno dei locali.

1. Le distanze tra un qualsiasi punto esterno degli apparecchi e le pareti verticali e orizzontali del locale, nonchè le distanze fra gli apparecchi installati nello stesso locale, devono permettere l'accessibilità agli organi di regolazione, sicurezza e controllo nonchè la manutenzione ordinaria secondo quanto prescritto dal costruttore dell'apparecchio.


Aperture di aerazione.

1. I locali devono essere dotati di una o più aperture permanenti di aerazione realizzate su pareti esterne di cui al punto 4.1.1; è consentita la protezione delle aperture di aerazione con grigliati metallici, reti e/o alette antipioggia a condizione che non venga ridotta la superficie netta di aerazione. Ai fini della realizzazione delle aperture di aerazione, la copertura è considerata parete esterna qualora confinante con spazio scoperto e di superficie non inferiore al 20%.

2. Fatto salvo quanto previsto dal regolamento per l'esecuzione della legge 13 luglio 1966, n. 615, contro l'inquinamento atmosferico, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1970, n. 1391 (S.O. alla Gazzetta Ufficiale n. 59 dell'8 marzo 1971), le superfici libere minime, in funzione della portata termica complessiva, non devono essere inferiori a quanto di seguito riportato ("Q" esprime la portata termica, in kW, e "S" la superficie, in cm2):

a) locali fuori terra: S >= Q x 6;

b) locali seminterrati ed interrati, fino a quota -5 m dal piano di riferimento: S >= Q x 9;

c) locali interrati, a quota inferiore a -5 m al di sotto del piano di riferimento: S >= Q x 12 con un minimo di 3.000 cm2.

In ogni caso ciascuna apertura non deve avere superficie netta inferiore a 100 cm2.

Se il combustibile usato fosse metano allora il decreto di riferimento è il DM 12 aprile 1996 del quale si riportano i punti di interesse.


Disposizioni comuni.

Gli apparecchi installati all'aperto devono essere costruiti per tale tipo di installazione.

É ammessa l'installazione in adiacenza alle pareti dell'edificio servito alle seguenti condizioni:

la parete deve possedere caratteristiche di resistenza al fuoco almeno REI 30 ed essere realizzata con materiale di classe 0 di reazione al fuoco, nonché essere priva di aperture nella zona che si estende, a partire dall'apparecchio, per almeno 0,5 m lateralmente e 1 m superiormente.

Qualora la parete non soddisfi in tutto o in parte tali requisiti: gli apparecchi devono distare non meno di 0,6 m dalle pareti degli edifici, oppure deve essere interposta una struttura di caratteristiche non inferiori a REI 120 di dimensioni superiori di almeno 0,50 m della proiezione retta dell'apparecchio lateralmente ed 1 m superiormente.


INSTALLAZIONE IN LOCALI ESTERNI

I locali devono essere ad uso esclusivo e realizzati in materiali di classe 0 di reazione al fuoco. Inoltre essi devono soddisfare i seguenti requisiti:


Aperture di aerazione.

I locali devono essere dotati di una o più aperture permanenti di aerazione realizzate su pareti esterne di cui al punto 4.1.1,b); è consentita la protezione delle aperture di aerazione con grigliati metallici, reti e/o alette antipioggia a condizione che non venga ridotta la superficie netta di areazione.
Le aperture di aerazione devono essere realizzate e collocate in modo da evitare la formazione di sacche di gas, indipendentemente dalla conformazione della copertura.
Nel caso di coperture piane tali aperture devono essere realizzate nella parte più alta della parete di cui al punto 4.1.1, b).
Ai fini della realizzazione delle aperture di aerazione, la copertura è considerata parete esterna qualora confinante con spazio scoperto e di superficie non inferiore al 50% della superficie in pianta del locale, nel caso dei locali di cui al punto 4.2 e al 20% negli altri casi.
Le superfici libere minime, in funzione della portata termica complessiva non devono essere inferiori a (”Q” esprime la portata termica. in kW ed "S" la superficie, in cm 2): Q³a) locali fuori terra: S x 10;

b ) locali seminterrati ed interrati, fino a quota -5 m dal piano di Q x 15;³riferimento: S

c) locali interrati, a quota compresa tra -5 m e -10 m al di sotto del piano di riferimento, (consentiti solo per i locali Q x³di cui al punto 4.2): S 20 (con un minimo di 5.000 cm2).

Alle serre non si applicano tali valori.

In ogni caso ciascuna apertura non deve avere superficie netta inferiore a 100 cm2.


Disposizione degli apparecchi all’interno dei locali.

Le distanze tra un qualsiasi punto esterno degli apparecchi e le pareti verticali e orizzontali del locale, nonché le distanze fra gli apparecchi installati nello stesso locale devono permettere l’accessibilità agli organi di regolazione, sicurezza e controllo nonché la manutenzione ordinaria.

Per quanto riguarda l’accesso alle cantina, si reputa che la larghezza di 60 cm sia insufficiente per il regolare transito delle persone. Pertanto, la larghezza minima dovrà essere di 0,80 cm in analogia al Dlgs 626/94.
ale3000
00mercoledì 3 marzo 2010 22:26
Domanda:

L'ultimo capoverso della risposta pubblicata sul magnifico sito da lei curato era: "Per quanto riguarda l’accesso alle cantina, si reputa che la larghezza di 60 cm sia insufficiente per il regolare transito delle persone. Pertanto, la larghezza minima dovrà essere di 0,80 cm in analogia al Dlgs 626/94." Cioè quella frase focalizzava un problema di transito pedonale che mi pare prescindesse dalla destinazione d'uso del locale in costruzione.
So adesso che pochissimi giorni fa, a seguito del "Parere di conformità antincendio" chiesto all'amministratore del condominio, il competente ufficio dei VVF ha per iscritto espresso "per quanto di competenza, parere favorevole alla realizzazione del progetto a condizione che l'impianto sia realizzato secondo la documentazione tecnico-illustrativa trasmessa e comunque nell'osservanza delle norme contenute nel Decreto del Ministero dell'Interno 12/4/96 Suppl.GU n°103 del 4/5/96); in particolare: ..." e qui segue una elencazione di cautele mirate al gas,
areazione, corrente elettrica, apparecchi, tubi, cioè all'impianto di riscaldamento in quanto tale.
A detta "documentazione tecnico-illustrativa trasmessa" era allegata pure una cartina riportante fondamentalmente i riferimenti al suddetto impianto, e però anche la larghezza (m. 0,61) dell'andito di accesso alle cantine. Presumo tuttavia che al perito industriale firmatario del progetto, e soprattutto ai VVF non sia stato chiarito che il nuovo edificio non è preesistente, bensì ancora in fase di costruzione, frutto di una progettazione edilizia che starebbe eludendo le norme di sicurezza sull'accesso alle cantine. Quelle stesse norme in base alle quali si può forse arrivare a concedere alle vecchie strutture fuori norma un po' di tolleranza sui tempi di adeguamento, ma, non credo, ad autorizzare le nuove: cosa che invece il geometra dell'impresa afferma di ritenere ora, forte del "parere favorevole".
L'equivoco, penso, può forse risiedere nell'ambiguità dei termini "progetto" e "impianto": è corretto parlare di progetto comprendendovi aspetto edilizio ed aspetto impiantistico, oppure l'aspetto edilizio in attuazione va considerato non compreso nella valutazione del competente ufficio dei VVF?
Alla luce di questo equivoco credo vada vista la contraddizione tra l'interpretazione rigorosa della 626, e viceversa il suddetto "parere favorevole". Mi scuso se termino con il classico: come se ne esce? (specie con alle porte un gelido inverno che non tollera ritardi?).
G.P.I.


Risponde l’ing. Massimo Elio Mantovani Vice Direttore Regionale VVF per il Lazio:

In merito al nuovo quesito posto, si precisa che la larghezza di accesso alle cantine non rientra nel parere precedente dato per il locale caldaia, in quanto le stesse non rientrano tra le attività soggette al controllo del CNVVF.
Inoltre, le cantine normalmente non sono luogo di lavoro e quindi il DM 10/03/98 si potrà applicare solo quando nelle stesse saranno presenti lavoratori occasionali. In questo caso, l’accesso alle cantine dovrà essere conforme a quanto prescritto nel citato DM.
Si fa notare comunque, che non potendosi escludere che nello stabile dimori una persona portatrice di handicap, per la quale i condomini sono obbligati ad osservare le prescrizioni di cui al DM 380/01 e DM 236/89 che di seguito si riportano :

VERIFICA DEL RISPETTO
D.P.R. 380/01 ART. 82, D.M. 236/89 e Circ. n° 1669/89

Dalla tabella si evince che la larghezza della porta di accesso a qualsiasi locale deve essere almeno 80 cm.



Domanda:

Una autorimessa ha un solaio in laterocemento e lo devo far diventare REI 120 o con lastre in cartongesso o con intonaco speciale.
Questo solaio è in parte fuori dal sedime dell’abitazione, in parte sopra ha un giardino pensile.
La compartimentazione REI la devo fare su tutto il solaio o solo sulla parte che sopra ci sono le unità immobiliari, non facendolo nella parte dove c’è il giardino pensile?
Ringraziando anticipatamente e sperando in riscontro, Porgo cordiali saluti. V. G.


Risponde il Direttore Regionale dei Vigili del Fuoco del Lazio, dott. Ing. Luigi Abate:

Una autorimessa è considerata " isolata" se è situata in un edificio ad uso esclusivo,ovvero puo' essere considerata tale se e'in adiacenza (o sottostante) ad edifici destinati ad altri usi (ivi incluso la destinazione abitativa) strutturalmente e funzionalmente separati da questa.
Nel caso prospettato anche il giardino pensile è lastrico solare e copertura della autorimessa, pertanto la caratteristica Rei 120 deve essere comunque rispettata per tutto il solaio di separazione. Inoltre, presumo, che l'autorimessa abbia una comunicazione con il corpo edilizio abitativo che ne fa scaturire anche la dipendenza funzionale.



Domanda:

Buonasera, il mio nome è C.O., sono una studentessa di ingegneria dell'università Federico II di Napoli. Ho scoperto per caso la sua rubrica, ed avrei una domanda da porle:
se ho un magazzino adibito ad uso industriale lungo 30 metri, alto 5 e largo 10, con finestratura continua sulle quattro pareti, che dimensione dovranno avere delle eventuali aperture per la ventilazione? Spero di avere presto una sua risposta, grazie


Risponde il Direttore Regionale dei Vigili del Fuoco del Lazio, dott. Ing. Luigi Abate:

Nella generalità l'aereazione naturale da fornire ad un locale, ai fini della sicurezza preventiva e protettiva antincendio, è condizionata da più parametri quali:

- la superficie del locale

- il carico di incendio dei materiali contenuti (inclusi gli elementi strutturali combustibili)

- la configurazione plano-volumetrica del locale.

Orbene se l'attivita' che si svolge all'interno del magazzino industriale rientra tra quelle elencate nel DM 16-2 -82 e quindi soggetta all'ottenimento del certificato di prevenzione incendi per l'esercizio, l'aereazione dovrà essere quella prevista dalla specifica norma antincendio di riferimento,se esiste; altrimenti, con gli indirizzi forniti dal DM 10-3-98 ed attraverso una congruente valutazione del rischio "incendio", l'aerezione dovra' essere definita dal progettista.
Come norma di indirizzo si potrà prevedere un valore di aereazione pari:

- ad 1/25 della superficie in pianta del locale per carico di incendio medio-alto (oltre i 30kg
legna standard/mq)

- ad 1/30 della superficie in pianta per carico di incendio medio (tra 15 e 30kglegna stand./mq)

- ad 1/40 della superficie in pianta per carico di incendio basso (sotto i 15kglegna stand./mq)

Qualora l'aereazione è ottenuta tramite finestrature poste a quote alte (tipo vasistas) il progettista può valutare di ridurre l'aereazione di un 10% rispetto a quella anzidetta poiché maggiore ed in un minor tempo, in caso di incendio, verranno smaltiti i fumi "grigi" che sono i più caldi.
Qualora sia possibile si suggerisce di dare sempre una aerezione pari ad almeno 1/25 della superficie in pianta.



Domanda:

Ho dimenticato di dirle che il carico d'incendio presente nel mio magazzino è uniformemente distribuito, costituito da pallets di legno, ed è pari a 15 kg legna/m2. Ho ricevuto la risposta al quesito iniziale, ma sarebbe possibile avere un'unlteriore risposta dopo aver fornito questi dettagli? Grazie, C.O.


Risponde il Direttore Regionale dei Vigili del Fuoco del Lazio, dott. Ing. Luigi Abate:

Con un carico di incendio di 15kg.ls/mq. del magazzino, (che fa supporre che la classe dello stesso sarà sicuramente non superiore a C15) le considerazioni di già comunicati sono riconfermate interamente. L'attività si può considerare tra quelle a basso rischio di incendio e di conseguenza su questo livello di rischio si procederà a calcolare l'aereazione necessaria.



Domanda:

Salve, avrei una semplice curiosità da soddisfare, quando si verifica un incendio per corto circuito come fate a stabilire il punto dove ha avuto origine il corto circuito e soprattutto, le vostre ipotesi si basano su dati certi o sono semplici supposizioni.
Mi potreste fare qualche esempio di indizi che vi fanno capire da dove è partito il corto circuito…e poi il non sapere cosa si trova nei locali che stanno bruciando può mettervi in difficoltà nel capire l'esatto punto di origine del corto?
(Ad esempio se qualcosa brucia piu' facilmente di altro vicino a dove pensate sia l'origine del corto questo può farvi sbagliare le vostre ipotesi oppure se dite un punto è perchè ne siete sicuri.)
Grazie in anticipo per la risposta. Saluti. R.


Risponde l’ing. Maurizio Daddato, Dirigente del Corpo Nazionale VVF, esperto di Fire Investigation:

Si deve premettere che il termine "corto circuito", così come riportato nei giornali e nei mass media, è un termine gergale che sta ad indicare che la probabile causa di incendio è di natura elettrica. Si noti che volutamente mi riferisco al termine natura elettrica. Con la dizione "corto circuito" infatti ci si riferisce ad un ben preciso evento anomalo nell'impianto elettrico, che solo gli esperti elettrotecnici, dopo mirate ricerche sanno accertare. Nell'immaginario collettivo l'incendio da utilizzatore (es. televisore, frigorifero o apparato elettrico generico) è giustificato come incendio causato da un corto circuito. Di seguito si riportano le principali cause di incendio di natura elettrica: Effetto Joule, falso contatto, sovraccarico o sovracorrente, corto circuito, incendio da utilizzatore, arco elettrico ed energia elettrostatica. Come si vede il corto circuito è solo una delle cause di incendio di natura elettrica. Molte volte l'utilizzatore elettrico si riscalda per un suo anomalo funzionamento e ciò determina come effetto in cascata il corto-circuito finale dell'apparato.
Circa la determinazione del punto di origine, in cui si sospetta che si sia originato l'incendio stesso, si procede esaminando i vari danneggiamenti, affumicature e bruciature lasciati dal fuoco sui materiali viciniori.
L'esame di tali indicatori e delle impronte lasciate, porta varie volte (non sempre) ad individuare il luogo e il punto ove si è sviluppato il "bozzolo di focolaio d'incendio". Il corto circuito in genere lascia un'impronta ben precisa, sui cavi là dove si è originato, chiamata "rame perlinato". Ciò vuol dire che ritrovando ed esaminando questa impronta si riesce a stabilire che colà si è verificato un corto circuito, ma non è detto che questi sia la causa dell'incendio in esame, potrebbe anche essere l'effetto di un fuoco esterno sui cavi.
Il "rame perlinato" inoltre non è la sola impronta lasciata dal corto-circuito, molte volte si ritrovano, specialmente nei quadri elettrici, gli effetti elettromagnetici ad esso collegati.
In generale possiamo dire che dall'esame dello scenario dell'incendio ed esaminando i resti di materiale bruciato, si riesce qualche volta a capire ove il bozzolo di focolaio si è sviluppato e come poi, coinvolgendo altri materiali combustibili, si è successivamente propagato il fuoco.
La metodica della ricerca delle cause di un incendio si può schematizzare come un discorso a spirale, nel corso del quale vengono man mano inserite le tessere di un mosaico così come un grande puzzle, ed il Fire-investigator ha il compito di riscostruirle nel coacervo dei materiali bruciati e poi di sistemarle in modo giusto nello scenario del luogo ove è avvenuto il sinistro.



Domanda:

Un mio cliente che svolge attività di installatore/manutentore di impianti di condizionamento e refrigerazione, tra le lavorazioni effettua anche saldature ossiacetileniche. Nel trasferimento in una nuova sede si è presentato il problema del limite di stoccaggio delle bombole. Ho richiesto ai fornitori informazioni circa la quantità di sostanza presente in ogni bombola (mc per l'ossigeno e kg per l'acetilene) per effettuare un calcolo ad avere un limite, ma essendomi state date indicazioni sull'equiparazione dei combustibili e dei comburenti ai fini della prevenzione incendi, per l'ossigeno mi si è presentato il problema in quanto anche le bombole piccole vanno oltre il limite dell'attività n.3.
Lo stoccaggio di bombole in deposito va considerato nell'attività n.3 del D.M. 16/02/82?
L'ossigeno, essendo un comburente, va calcolato oppure no?
Purtroppo non riesco ad avere una risposta sicura ed inequivocabile. Anche perchè i fornitori stessi dei gas dicono che non è vero.
Ho avuto dai fornitori il contenuto in mc di ossigeno nelle bombole e già la bombola media da 14 litri a 200 atmosfere contiene 3mc! M.


Risponde l’ing. Massimo Elio Mantovani Vice Direttore Regionale VVF per il Lazio:

In merito al quesito posto circa l’assoggettabilità di un deposito bombole di gas combustibili
al punto 3 del DM 16/2/82 si riportano di seguito alcune caratteristiche dei gas Ossigeno ed Acetilene dalle quali potrà verificare se il deposito in oggetto rientra o meno al punto 3 del DM 16/2/82.


Simbolo Peso Volume Peso litro g

o formula molecolare g/mole molecolare l 0 °C e 1.013 bar

C2H2 26.016 22.120 1.176

O2 32.000 22.392 1.429

Si precisa che l’acetilene va considerata gas disciolto è quindi il limite per rientrare al punto 3 è di oltre 500 kg. Pertanto, considerato che normalmente le bombole per saldatura ossiacetilenica contengono 5t kg occorrono oltre 10 bombole per rientrare nel suddetto punto.

Per quanto riguarda l’Ossigeno, essendo un gas comburente, lo stesso non va calcolato per la verifica di appartenenza al punto 3. Si ricorda che le bombole di ossigeno presentano unicamente pericolo di incendio e non di esplosione.

Si riporta di seguito una tabella di conversione per l’ossigeno.

Ossigeno

1 m3 = 1.311 kg = 1.147 lt

1 kg = 0.763 m3 = 0.876 lt

1 lt = 0.872 m3 = 1.142 kg



Domanda:

Complimenti per la rubrica e grazie.
Ci voleva qualcosa che snellisse l’elefantiaca burocrazia. Come sempre le soluzioni vengono da parte di chi come voi dedica tutto il lavoro della propria vita a soccorre ed aiutare il cittadino. I quesiti che pongo sono molto semplici:

1) una porta tagliafuoco che viene verniciata, al fine di avere una continuità estetica con altre porte, continua a mantenere le sue caratteristiche di resistenza al fuoco e la validità dell’omologazione, anche se la si pittura con vernice intumescente o a base d’acqua? Mario


Risponde il Direttore Regionale dei Vigili del Fuoco del Lazio, dott. Ing. Luigi Abate:

Caro Mario, se la porta ha il suo certificato di omologazione, la dichiarazione di corrispondenza al prototipo e la dichiarazione di corretta installazione, può essere verniciata sui due lati come meglio credi perché, per essere la porta REI, significa che per il tempo predefinito (in minuti) pari al numero che segue la parola REI scritta sul certificato in tuo possesso:

- la porta non può perdere la propria resistenza strutturale R

- la porta sulla faccia non interessata dalle fiamme di un incendio non può superare la temperatura di 150C° ( pertanto con questo valore termico la vernice, se a base di solventi, non può emettere vapori in grado di infiammarsi spontaneamente) I

- la porta sulla faccia non interessata dalle fiamme di un incendio non può emettere vapori infiammabili che possono "accendersi" in presenza di un innesco, ne i fumi dell'incendio possono passare attraverso la porta. E

Se poi decidi di trattare la porta con vernici ignifuganti miglioreresti le caratteristiche della porta, anche se personalmente, non ne vedo la necessità (soldi non spesi bene).

Buon divertimento.



Domanda:

Un progetto di ristrutturazione di un edificio universatario prevede di utilizzare i locali seminterrati (sotto il piano campagna) come spazi da adibire a laboratori di tipo chimico-microbiologico, prove strutturali e falegnameria, ad uso sia di studenti che di tecnici; alcuni di questi locali sarebbero sarebbero dotati di finestre, altri di bocche di lupo. I piani superiori sarebbero adibiti ad uso ufficio. L'areazione potrebbe venire garantita con sistemi di aspirazione forzata. I locali dovrebbero inoltre essere serviti da impianti gas (in particolare idrogeno, ossigeno, acetilene, eventualmente protossido d'azoto, metano e gas inerti) ed ovviamente si prevede l'uso e la manipolazione di sostanze e preparati pericolosi.

Dal punto di vista legislativo ci sono degli impedimenti a tale progetto?

Grazie per la disponibilità.

L.R.


Risponde l’Arch. Giancarlo Ranalletta in servizio presso la Direzione Regionale VV.F. Lazio:

Riferimento normativo DM 26 agosto 1992 punto 6.1 “Spazi per esercitazioni”

I locali da adibire a laboratori di tipo chimico-biologico ecc., possono essere ubicati al piano I° interrato se privi di gas con densità > 0,8.
Devono avere caratteristiche di resistenza al fuoco non inferiore a REI 60 e comunque non inferiore alla classe antincendio del locale.
Devono avere aperture di aerazione non inferiore a 1/20 della superficie in pianta del locale ricavate su parete attestata all’esterno.
E' opportuno dotare i locali di idonei impianti di rilevazione di fumi e calore, oltre all'accortezza di limitare al minimo necessario la tenuta di sostanze classificate “pericolose”.



Domanda:

Buongiorno, sono B. dell’ Ufficio Tecnico di una azienda costruttrice di porte industriali per celle frigo: volevo chiedere se ci sono leggi italiane o direttive europee che sottopongono la porta a requisiti di resistenza al fuoco?

Nel ringraziarla anticipatamente per la collaborazione, porgo Distinti Saluti. B. D.


Risponde il Direttore Regionale dei Vigili del Fuoco del Lazio, dott. Ing. Luigi Abate:

Caro B., non sono a conoscenza di direttive europee che danno indirizzi sulla resistenza al fuoco di porte industriali per celle frigo. In Italia le norme che regolano la costruzione, e gli impieghi delle porte REI sono le UNI-CNVVF9723. Ad ogni buon conto non capisco a cosa possono servire le porte REI da installare nelle celle frigo, dato che le stesse non possono essere intese come ambienti (compartimenti), perché se così fosse anche le pareti che delimitano le celle dovrebbero avere analoghe caratteristiche REI (difficilmente conseguibili con i normali materiali usati ai fini della coibentazione). Generalmente nel caso di esami progetto di depositi di merce varia con superficie maggiore a 1000 mq (attività 88 del D.M. 16.2.82) i Comandi Provinciali richiedono, in funzione del carico di incendio e della classe del compartimento, idonee caratteristiche di resistenza al fuoco alle strutture (R) ed alle pareti di separazione (REI) … ma non certo alle celle frigo inserite in tali ambienti.



Domanda:

Mi domandavo se per la legge 626/94 tutti gli esercenti sono obbligati ad avere nei propri locali degli estintori e cassetta di pronto soccorso. Se esistessero delle eccezioni vorrei sapere quali attività sono escluse da
questo obbligo. Volevo infine chiedere a quanto ammontano le multe per il non adempimento a quest'obbligo.
Vi ringrazio anticipatamente per le informazioni che vorrete darmi. Un cittadino.


Risponde il Comandante Provinciale dei Vigili del Fuoco di Roma, Dott. Ing. Guido Parisi:

L’obbligo di installare un estintore deriva o perché previsto esplicitamente da leggi o da regole tecniche o da prescrizioni del Comando provinciale dei Vigili del Fuoco per le attività soggette al rilascio del C.P.I..
Il d.l.vo 626 del 1994 non prevede esplicitamente tale obbligo ma ha rinviato ad un successivo decreto ministeriale, emanato il 10 marzo 1998, che ha fissato le misure di emergenza e le misure di prevenzione incendi dopo aver valutato il rischio di incendio, fatte salve le prescrizioni dettate per le attività soggette al rilascio del C.P.I...
In particolare, per quanto riguarda gli estintori, si precisa che i seguenti disposti normativi:

- Il DPR 547/1955 artt. 33 e 34 prescrive la predisposizione di estintori in rapporto alle particolari condizioni in cui possono essere usati;

- Il DM 10/3/1998, emesso in attuazione all’art. 13 del dlgs. 626, nell’Allegato V punto 5.2 indica il tipo e il numero di estintori da adottare in funzione dell’esito della valutazione dei rischi;

Quindi i due decreti obbligano alla predisposizione degli estintori in funzione del grado di rischio del luogo di lavoro. L’installazione degli estintori è sicuramente prevista nelle attività soggette ai controlli obbligatori dei Vigili del fuoco mentre per le restanti attività né è raccomandata l’installazione come misura di sicurezza a meno che si possa escludere la possibilità di un principio di incendio, poiché non è presente alcun materiale combustibile.

Sanzioni

Le sanzioni previste per la mancata predisposizione sono a carico del datore di lavoro/dirigente. Queste sono di tipo penale, così come di seguito descritto:

art. 33 DPR 547/55 Arresto sino a 3 mesi Ammenda da 258 a 1032 euro

Art. 34 DPR 547/55 Arresto da 2 a 4 mesi Ammenda da 516 a 2582 euro

Art. 4 Dlgs 626/94 c.5lett q) Arresto da 3 a 6 mesi Ammenda da 1549 a 4131 euro


Cassette di pronto soccorso

La predisposizione delle cassette di pronto soccorso da parte del datore di lavoro è cogente per le aziende:


- comprese nell’art. 29 dal DPR 303/1956;

- in funzione della classificazione di cui all’art. 1 del DM 15/7/2003 n.388, secondo il disposto dell’art. 2 c.1 lett a) dello stesso decreto;

- in funzione della valutazione dei rischi e secondo l’art.15 c.1 del Dlgs 626/94.


Il contenuto minimo delle cassette di pronto soccorso deve essere rispondente a quanto previsto nell’allegato 1 del DM 15/7/2003 n. 388.

ALLEGATO

DECRETO DEL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA 19 marzo 1956, n. 303

Norme generali per l'igiene del lavoro

art. 29. Cassetta di pronto soccorso.

Sono obbligate a tenere una cassetta di pronto soccorso:

a) le aziende industriali che occupano fino a 5 dipendenti, quando siano ubicate lontano dai centri abitati provvisti di posto pubblico permanente di pronto soccorso e le attività che in esse si svolgono presentino rischi di scoppio, di asfissia, di infezione o di avvelenamento;

b) le aziende industriali, che occupano fino a 50 dipendenti, quando siano ubicate in località di difficile accesso o lontane da posti pubblici permanenti di pronto soccorso e le attività che in esse si svolgono non presentino i rischi considerati alla lettera a);

c) le aziende industriali, che occupano oltre 5 dipendenti, quando siano ubicate nei centri abitati provvisti di posto pubblico permanente di pronto soccorso e le attività che in esse si svolgono presentino rischi di scoppio, di asfissia, di infezione o di avvelenamento;

d) le aziende industriali, che occupano oltre 50 dipendenti, ovunque ubicate che non presentano i rischi particolari sopra indicati.

Regio Decreto 19 giugno 1899 (Regolamento Generale per la Prevenzione degli Infortuni sul Lavoro)

Art.15 : obbligo al datore di lavoro di mantenere sul luogo stesso in cui si compie il lavoro, il materiale indispensabile per la immediata medicazione antisettica delle ferite per infortunio sul lavoro.

Regolamento Generale per l‘Igiene del Lavoro (1927)

Artt. 4 e5: obbligo per il datore di lavoro, a seconda della natura e della importanza dell’azienda, del pacchetto di medicazione, della cassetta del pronto soccorso, o, per le aziende con più di 5 operai con rischio di scoppio, asfissia, infezione o intossicazione, della infermeria.

Art.7: tutte le aziende industriali soggette all’obbligo dell’assicurazione contro gli infortuni devono esporre un cartello con l’indicazione di un medico che possa essere chiamato in caso di pronto soccorso e talune di esse devono disporre di un infermiere o, in difetto, di persona pratica di infermeria.

Sulla Gazzetta Ufficiale n. 27 del 3 Febbraio 2004 è stato pubblicato il Decreto Ministeriale n. 388 del 15 Luglio 2003 "Regolamento recante disposizioni sul pronto soccorso aziendale, in attuazione dell'art. 15, comma 3, del decreto legislativo 19 settembre 1994, n. 626, e successive modificazioni".

Art. 15 Pronto soccorso del decreto legislativo 626

1. Il datore di lavoro, tenendo conto della natura dell'attività e delle dimensioni dell'azienda ovvero dell'unità produttiva, sentito il medico competente ove previsto, prende i provvedimenti necessari in materia di pronto soccorso e di assistenza medica di emergenza, tenendo conto delle altre eventuali persone presenti sui luoghi di lavoro e stabilendo i necessari rapporti con i servizi esterni, anche per il trasporto dei lavoratori infortunati.

2. Il datore di lavoro, qualora non vi provveda direttamente, designa uno o più lavoratori incaricati dell'attuazione dei provvedimenti di cui al comma 1.

3. Le caratteristiche minime delle attrezzature di pronto soccorso, i requisiti del personale addetto e la sua formazione sono individuati in relazione alla natura dell'attività, al numero dei lavoratori occupati e ai fattori di rischio, con decreto dei Ministri della sanità, del lavoro e della previdenza sociale, della Funzione pubblica e dell'industria, del commercio e dell'artigianato, sentita la commissione consultiva permanente e il Consiglio Superiore di sanità.

Sanzioni le sanzioni previste per il datore di lavoro sono:

l’art. 67 del DPR 303/56;

Contravvenzione

L’art.15 c.1 del Dlgs 626/94 Arresto da 3 a 6 mesi Ammenda da 1549 a 4131 euro.



Domanda:

Cortesemente, se mi poteva aiutare a chiarirmi la norma che stabilisce come installare un serbatoio g.p.l. da riscaldamento. Grazie. Un cittadino.


Risponde il Comandante Provinciale dei Vigili del Fuoco di Roma, Dott. Ing. Guido Parisi:

Per installare un serbatoio di GPL, di capacità superiore a 0,3 mc, occorre presentare un esame progetto al Comando provinciale dei Vigili del Fuoco per il parere di conformità alla regola tecnica contenuta nell’allegato al Decreto del Ministero dell’Interno 14/05/2004, che può essere scaricato dal sito www.vigilfuoco.it .



Domanda:

Innanzitutto complimenti per il lavoro che fate...mi chiamo M. ho 22 anni e ho da poco acquistato una macchina con impianto a gpl...i condomini hanno detto che è vietato per legge parcheggiare la macchina
negli appositi garage...chiedo dopo aver cercato invano nel web se è vero o no?
Posso parcheggiarla la mia macchina o devo lasciarla all'aperto...grazie del tempo dedicatomi...

M. C.


Risponde il Direttore Regionale dei Vigili del Fuoco del Lazio, dott. Ing. Luigi Abate:

Caro M. puoi parcheggiare la tua vettura alimentata a gpl se sono soddisfatte le prescrizioni di cui ai seguenti allegati:

D. Min. Interno del 22/11/2002

Disposizioni in materia di parcamento di autoveicoli alimentati a gas di petrolio liquefatto all'interno di autorimesse in relazione al sistema di sicurezza dell'impianto.

Il Ministro dell'interno

Vista la legge 27 dicembre 1941, n. 1570;
Visto l'art. 1 della legge 13 maggio 1961, n. 469;
Visto l'art. 2 della legge 26 luglio 1965, n. 966;
Visto il decreto del Presidente della Repubblica 27 aprile 1955, n. 547;
Visto il decreto del Presidente della Repubblica 29 luglio 1982, n. 577, ed in particolare gli articoli 3 e 11;
Visto il proprio decreto 1° febbraio 1986 recante "Norme di sicurezza antincendi per la costruzione e l'esercizio di autorimesse e simili";
Vista la serie 01 di emendamenti al regolamento ECE/ONU n. 67 recante "Prescrizioni uniformi relative alla approvazione di dispositivi di alimentazione dei veicoli a propulsione gas di petrolio liquefatto, ed alla omologazione di veicoli per ciò che concerne l'installazione di impianti gas di petrolio liquefatto";
Viste le circolari del Ministero dei trasporti e della navigazione n. 82/1999 del 25 novembre 1999 e n. 63/2000, relative, rispettivamente, all'entrata in vigore della serie 01 di emendamenti al regolamento ECE/ONU n. 67 ed al differimento al 1° gennaio 2001 della data di applicazione obbligatoria in ambito nazionale;

Ritenuto di dover disciplinare, nelle more di un aggiornamento della vigente normativa di sicurezza antincendio per le autorimesse, il parcamento di autoveicoli alimentati a gas di petrolio liquefatto all'interno di autorimesse in relazione al sistema di sicurezza dell'impianto;
Acquisito il parere espresso dal Comitato centrale tecnico scientifico per la prevenzione incendi di cui all'art. 10 del decreto del Presidente della Repubblica 29 luglio 1982, n. 577, sulla base dell'attività di sperimentazione e dei documenti di analisi del rischio sviluppati per l'occasione;

decreta

Art. 1. - Parcamento di autoveicoli alimentati a gas di petrolio liquefatto all'interno di autorimesse in relazione al sistema di sicurezza dell'impianto

1. Il parcamento degli autoveicoli alimentati a gas di petrolio liquefatto con impianto dotato di sistema di sicurezza conforme al regolamento ECE/ONU 67-01 è consentito nei piani fuori terra ed al primo piano interrato delle autorimesse, anche se organizzate su più piani interrati.

2. Le definizioni di piano interrato e di piano fuori terra sono riportate nel punto 1.1.1 dell'allegato al decreto ministeriale 1° febbraio 1986, rispettivamente alla lettera a) ed al primo periodo della lettera b).

Art. 2. - Condizioni di sicurezza delle autorimesse

1. Le autorimesse di cui al precedente art. 1 sono conformi al decreto ministeriale 1° febbraio 1986. (Vedi) Nel caso di autorimesse soggette ai controlli di prevenzione incendi è richiesto il rispetto delle procedure di cui al decreto del Presidente della Repubblica 12 gennaio 1998, n. 37. (Vedi)
2. All'ingresso dell'autorimessa è installata cartellonistica idonea a segnalare gli eventuali divieti derivanti dalle limitazioni al parcamento di autoveicoli alimentati a gas di petrolio liquefatto di cui al precedente art. 1.

Il presente decreto entra in vigore il giorno successivo alla sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana.

*Lett.Circ.M.Interno del 12/03/2003 n.339/4108 sott. 28

DM 22/11/2002 - Parcamento autoveicoli alimentati a G.P.L.

In relazione ad alcune perplessità rappresentate sulla materia in oggetto, si forniscono le seguenti informazioni utili in sede di espletamento dei servizi istituzionali di soccorso e di prevenzione incendi.
I presupposti tecnico-scientifici (art. 3 del DPR 577/82) (Vedi) che hanno fatto ritenere ammissibile, secondo il DM 22/11/2002, (Vedi) il parcamento degli autoveicoli alimentati a G.P.L. al primo piano interrato delle autorimesse, si fondano sulla dimostrata riduzione del rischio "alla fonte" grazie all'impiego dei dispositivi di sicurezza di nuova concezione, conformi alle direttive comunitarie, equipaggianti obbligatoriamente gli autoveicoli immatricolati successivamente al 01/01/2001 ed applicabili facoltativamente a quelli precedenti.

L'efficacia delle innovazioni tecnologiche è stata dimostrata dagli studi svolti e relazionati al CCTS, severi ed approfonditi sia sul piano teorico-analitico che sperimentale, di durata pluriennale, con l'intervento di tecnici specialistici nei settori delle costruzioni automobilistiche e dell'analisi dei guasti e valutazione dei rischi, condotti alla presenza attiva delle Amministrazioni interessate, cioè del CNVVF e del Ministero dei Trasporti - Ispettorato della Motorizzazione Civile.

I test condotti nelle prove a fuoco hanno dimostrato, fra l'altro, che un'autovettura a G.P.L. equipaggiata dei nuovi dispositivi si comporta, quando coinvolta in un incendio, indipendentemente dall'origine dello stesso, in maniera simile all'autovettura a benzina. I test hanno escluso il rischio dello scoppio del serbatoio e di perdite di G.P.L. dall'impianto, in quanto il sistema valvolare è concepito in modo da assicurare l'intercettazione automatica in mancanza del consenso di apertura dato dall'azionamento della chiave di messa in moto e dalla rotazione dell'albero del motore di avviamento. Ne risultano, quindi, condizioni ben diverse da quelle esistenti all'epoca di emanazione del DM 01/02/1986 (Vedi) e che non avrebbero motivato, sotto l'aspetto tecnico, il mantenimento del previgente divieto assoluto.

Il parcamento, peraltro, è stato limitato al primo piano interrato e solo nelle autorimesse integralmente rispondenti alle disposizioni del DM 01/02/1986 (con esclusione, quindi, delle autorimesse in possesso del NOP e non adeguate per l'ottenimento del CPI).
Nell'osservare, per quanto sopra detto, che le modificazioni introdotte con DM 22/11/2002 non aggravano la severità delle conseguenze dell'incendio rispetto ad altri tipi di carburante, non va tuttavia trascurato che lo scenario incidentale determinato da un incendio all'interno di un'autorimessa interrata rimane suscettibile di comportare problematiche operative rilevanti, ancorché indipendenti dalle innovazioni di cui si argomenta. La materia, pertanto, merita la giusta attenzione in sede di espletamento dell'attività addestrativa ed informativa del personale.

Nel richiamare le disposizioni emanate sulle modalità di espletamento di detta attività, di rilevanza fondamentale nel contesto organizzativo del servizio di soccorso, si raccomanda la puntuale erudizione del personale dipendente.
In tale ottica, è stato predisposto un CD illustrativo contenente importanti informazioni tecniche, nonché le immagini di alcune prove sperimentali coinvolgenti autoveicoli alimentati sia a benzina che a G.P.L. conformi al Regolamento ECE-ONU 67/01, per i quali ultimi sono altresì fornite le istruzioni per l'identificazione.

Il CD sarà consegnato, in congruo numero di esemplari, agli Ispettorati che provvederanno alla successiva distribuzione ai Comandi.
Con separata comunicazione si provvederà a convocare un incontro presso l'I.S.A. con la partecipazione di un rappresentante per ciascun Ispettorato, al fine di fornire le istruzioni per l'utilizzo del CD.
Le Direzioni Centrali per la formazione e per l'emergenza ed il soccorso tecnico cureranno il coordinamento dei successivi adempimenti di rispettiva competenza.



Domanda:

Gentile Dott. Ing. Luigi Abate, le scrivo per avere chiarimenti riguardo le normative sulle misure antincendio in condominio.
Abito in una palazzina di 9 unita' abitative con 10 garages al piano seminterrato. Il condominio e' stato da poco costituito ed e' stata fatta un'assicurazione comprensiva di copertura antiincendio. Attualmente però non possediamo estintori. Le vorrei chiedere se siamo obbligati ad avere estintori, se dell'installazione doveva occuparsi a suo tempo l'impresa costruttrice, se dovesse succedere un incendio e non abbiamo nessuna certificazione, l'assicurazione risponde? Nel caso fossero normative regionali, a che ufficio dobbiamo rivolgerci? Le chiedo anche cortesemente se mi può indicare eventuali decreti ministeriali che mi potrebbero aiutare.

La ringrazio anticipatamente e le porgo cordiali saluti. R. P.


Risponde il Direttore Regionale dei Vigili del Fuoco del Lazio, dott. Ing. Luigi Abate:

Cara R. presumo che il palazzo in cui tu abiti sia di modeste dimensioni (numero di piani fuori terra); la normativa per gli edifici di civile abitazione è quella sottoriportata (D.M.Interno del 16/05/1987 n.246). Se l'altezza in gronda dello stabile supera i 24 metri occore munirsi del prescritto certificato di prevenzione incendi, in caso contrario dovranno essere osservate le misure di prevenzione e protezione previste dal Dpr. sotto la responsabilità del condominio.
Certamente il garage che ospita piu' di 9 autovetture (a meno che ogni box abbia accesso diretto dall'esterno) deve osservare una specifica norma tecnica che Ti allego (D.M.Interno del 01/02/1986) oltre ad essere esercito con il possesso del certificato di prevenzione Incendi. Ti ricordo di controllare se sulla sommità del vano scala è ricavata una superficie di aereazione (anche normalmente chiusa con elementi a basso punto di fusione come la plastica) di almeno 1 mq. e qualche lampada di sicurezza ai piani…gli estintori e' bene che vengano acquistati da ogni condomino e tenuti all'interno dell'appartamento, in prossimità della porta di ingresso. Ciao.



Domanda:

un'autorimessa privata con più di 9 autoveicoli posta al piano seminterrato di un condominio è in comunicazione
con il vano scala dello stesso mediante porta REI 120 dotata di maniglione antipanico. Tale porta deve essere apribile verso l'interno dell'autorimessa oppure verso l'interno del vano scala?
La ringrazio anticipatamente e la saluto cordialmente. G.P.


Risponde il Direttore Regionale dei Vigili del Fuoco del Lazio, dott. Ing. Luigi Abate:

Caro G. poiché la porta di comunicazione tra l'autorimessa ed il vano condominiale non può essere assimilabile ad una uscita di sicurezza il senso di apertura di questa è ininfluente. Pertanto fate aprire la porta come meglio può servirvi. Ciao.



Domanda:

E' possibile parcheggiare moto e motorini in un cortile antistante gli ingressi di due palazzi adibiti a civile abitazione, quando il predetto spazio non supera i trenta mq ed è chiuso su tre lati impedendo ogni via di fuga, dalle abitazioni, in caso di incendio di uno dei motocicli?
Grazie per la sua disponibilità. P.


Risponde il Direttore Regionale dei Vigili del Fuoco del Lazio, dott. Ing. Luigi Abate:

Il parcheggio di motorini all'interno di un cortile può essere consentito se previsto dal regolamento condominiale. Ai fini antincendio i parcheggi all'esterno non devono dotarsi del certificato di prevenzione incendi, in quanto attività non soggette.



Domanda:

Sono mamma di un bambino di quattro mesi e abito al primo piano di un edificio senza ascensore; per evitare di trasportare la carrozzina per le scale sono solita lasciarla in un box sotto casa di mia proprietà.
In questi giorni di fronte alla porta del box sono stati sistemati dei bidoni per il pattume che rendono difficile usire con la carrozzina. Esistono norme che mi contirebbero di fare spostare altrove i bidoni? Grazie in anticipo per la risposta. G. V.


Risponde il Dott. Pasquale Labate, dipendente della Direzione Regionale dei Vigili del Fuoco del Lazio:

Cara G., nel quesito viene affermato che la posizione dei bidoni rende difficile l’uscita di una carrozzina, pertanto, a maggior ragione, pare di capire che sarebbe ancor più difficoltosa la manovra di un’automobile.

Al riguardo, si potrebbero prospettare due ipotesi:

a) se il box è interno ad una autorimessa, sempre con riferimento a norme tecniche di prevenzione incendi, la disposizione che consentirebbe di far spostare i bidoni sarebbe quella indicata al punto 3.6.3 del D.M. 1° febbraio 1986 recante “Norme di sicurezza antincendi per la costruzione e l’esercizio di autorimesse e simili”, secondo cui la corsia di manovra, per consentire il facile movimento dell’autoveicolo, deve avere ampiezza non inferiore a 5 m nei tratti antistanti i box;

b) se, invece, è esterno, come sembrerebbe dal quesito, non esistendo specifiche norme di prevenzione incendi, dovrebbe rivolgersi all’azienda che gestisce i rifiuti solidi urbani affinché renda agibile il passaggio, anche alla luce di un eventuale emergenza che potrebbe verificarsi in caso di sinistro.



Domanda:

Egregio Ing. Abate e Sig. Fiorillo, cerco di spiegare meglio il mio caso.
Ci sono due attività comunicanti tra loro: officina e vendita macchine agricole.
Singolarmente queste due attività non sono soggette ai controlli di prevenzione incendi.
Tuttavia mi chiedo se il fatto che esiste un socio in comune che in teoria potrebbe essere considerato come il titolare delle 2 attività, questo fa si che le stesse debbano essere considerate come un’unica attività ai fini della eventuale assoggettabilità ai controlli dei Vigili del Fuoco per il rilascio del CPI, oppure debbano essere comunque considerate separatamente?

Nel caso in questione considerando le attività come un'unica, queste potrebbero rientare nella definizione dell'attività 87 "Locali adibiti ad esposizione e/o vendita all'ingrosso o al dettaglio con superficie lorda superiore a 400 mq comprensiva dei servizi e depositi".

Le ragioni della richiesta sono le seguenti:
- Nel caso di obbligo dl richiesta del CPI per queste due attività presumo che il titolare/soci dovrebbero effettuare degli interventi abbastanza pesanti per la tipologia di struttura esistente.

- Inoltre presumo che ci sia un freno normativo a quello che potrebbe essere uno stratagemma (suddividere l'attività) per evitare problematiche relative alla richiesta del CPI.

Cordiali saluti, P. G.


Risponde il Direttore Regionale dei Vigili del Fuoco del Lazio, dott. Ing. Luigi Abate:

Caro P.

L’attività di esposizione e vendita di macchine agricole deve considerare anche l’officina, come locale annesso, qualora esista una comunicazione tra le due attività.
Qualora l’attività di esposizione e vendita si svolge in locali con superficie lorda superiore a 400 mq, comprensiva di servizi e depositi (e quindi anche dell’officina), rientra nell’attività 87 del D.M. 16.2.82 e quindi soggetta al C.P.I. e per questa valgono le norme di cui alla lettera circolare n. 75 del 3.7.67.
Nel caso in cui la superficie complessiva risulta essere inferiore al valore di cui sopra e sono presenti più di 30 autoveicoli, si dovranno rispettare comunque le norme del D.M. 1.2.86 punto 9.
Qualora non sussistano le condizioni sopra riportate, dovranno essere osservati per i luoghi di lavoro i contenuti di cui al D.M. 10.3.98.
ale3000
00mercoledì 3 marzo 2010 22:26
Domanda:

Pregasi comunicare il dato richiesto in oggetto per un armadio delle seguenti dimensioni cm.100 x 60 x 200 collocato all’interno di un CED per collegamenti in rete. Grazie per la collaborazione. G. P.


Risponde il Direttore Regionale dei Vigili del Fuoco del Lazio, dott. Ing. Luigi Abate:

Immagino che a Lei serva, per calcolare il carico di incendio del locale, conoscere la quantità di energia termica che mediamente si libera dalla combustione di un oggetto (combustibile).
Bene, per un armadio bisogna dapprima conoscere con quale materiale (combustibile) è stato realizzato, poi bisogna conoscere cosa in esso è contenuto; dopodichè, sommando, il peso di ciascun materiale moltiplicato per il relativo potere calorifico, si ottiene la quantità di calore prodotto dalla combustione dell’intero elemento di arredo.

Considerando questi valori: pc (MJ/Kg)

Legno 19

¸Plastica 20 25

Carta e cartone 17

17¸Libri - fascicoli 16

si può trovare la quantità di calore prodotto dalla combustione interna dell’armadio che sarà data da:

ad esempio (A • 19 + C • 17)= B (MJ)

dove A = peso in Kg dell’armadio in legno

C = peso in Kg della carta contenuta.

N.B.: La conversione da MJ in Kcal è la seguente: 1 MJ = 238 Kcal.



Domanda:

Vi ringrazio per la risposta al quesito postovi l'11 novembre.

Avrei altre precisazioni da chiedervi.

Sempre in riferimento alla destinazione di locali seminterrati ad uso laboratorio chimico, il divieto di avere gas con densità > 0.8 è riferita a qualunque tipologia di gas, oppure è limitata ai soli gas infiammabili (combustibili e/o comburenti)?

Inoltre, relativamente alle sostanze pericolose, c'è un quantitativo minimo definito?

Infine, è possibile collocare un deposito reagenti in un seminterrato? Qui sarebbero stoccate, in appositi armadi ventilati e suddivise per classi di compatibilità, le varie sostanze pericolose (compresi gli infiammabili ed i comburenti). Se lo stoccaggio è consentito, c'è un quantitativo massimo?

Grazie per la disponibilità.

Con i migliori saluti. L. R.


Risponde l’Arch. Giancarlo Ranalletta in servizio presso la Direzione Regionale VV.F. Lazio:

Per quanto riguarda la tipologia dei gas con densità > 0,8 che si possono avere in deposito il punto 6.1 del DM 26 agosto 1992 vieta il deposito e la manipolazione solo di gas combustibili; a parere dello scrivente, trattandosi di locali interrati è da evitare anche il deposito di altre tipologie di gas aventi densità > 0,8 che possono diventare asfissianti o tossici.
Per quanto riguarda il deposito di reagenti e liquidi infiammabili il punto 6.2 del DM di cui sopra limita a 20 litri le quantità di liquidi infiammabili da stoccare in armadi metallici dotati di bacino di contenimento e in modo tale che in ciascun locale non si superi il carico d’incendio di 30 kg/m2 con superfici di aerazione non inferiori a 1/40 della superficie in pianta del locale.
Per quanto riguarda lo stoccaggio di sostanze pericolose, le quantità devono essere limitate a quelle strettamente necessarie all’uso giornaliero.



Domanda:

Un'azienda che produce e immagazzina prodotti in scatole di cartone ha un certificato prevenzione incendio sul quale c'è scritto che per i depositi di carta, cartone, il valore è di 10 tonnellate.
Questo valore è da intendere come valore totale da stoccare in azienda, cioè comprensivo di magazzino materie prime e prodotti finiti o solo materie prime, visto che il magazzino prodotti finiti è di circa 3000mq dotato di circa 3000 posti pallets e su ogni pallets sono previsti almeno 12 cartoni per un peso di cartone di circa 1 kg? L. P.


Risponde l’Ing. Alessandro Gabrielli, Dirigente della Divisione Grandi rischi industriali della Direzione Regionale Vigili del Fuoco Lazio:

Tra le attività soggette ai controlli di prevenzione incendi vanno considerati distintamente i "depositi di carta etc" di cui al punto 43 dell'allegato al DM 16 febbraio 1982 che sono soggetti se è presente nel deposito un quantitativo di carta superiore a 50 q.li dai "locali adibiti a depositi etc" di cui al punto 88 dell'allegato al citato decreto che risultano soggetti se di superficie superiore a 1000 mq.
La limitazione a 10 tonnellate di carta di cui al citato CPI è probabilmente riferita al solo magazzino dove è presente la carta e cartoni per gli imballi.
Analogamente però nello stesso certificato di prevenzione incendi dovrebbe essere esplicitamente citato il magazzino prodotti finiti dove gli imballi contribuiscono alla determinazione del carico di incendio del
magazzino stesso, ma non in maniera esclusiva (dipende ovviamente anche dai materiali contenuti
negli imballi di cartone).



Domanda:

Abito in una palazzina di 4 piani di nuova costruzione, e sotto l'edificio ci sono 24 box auto seminterrati dove e' presente solo l'impiato elettrico di illuminazione.
Vorrei sapere se è possibile installare un impianto elettrico che ci consenta di avere una presa elettrica all'interno di ciascun box oppure questo sia categoricamente escluso dalle norme di sicurezza.
La prego inoltre di volermi indicare tali normative, per poter fornire una documentazione chiara alla prossima riunione di conodominio. Cordiali saluti e complimenti per il servizio.


Risponde il Direttore Regionale dei Vigili del Fuoco del Lazio, dott. Ing. Luigi Abate:

Do per scontato che la Vostra autorimessa sia già in possesso del certificato di prevenzione incendi in quanto ospita più di nove autovetture.
Ai fini antincendio è possibile dotare ogni box di relativa presa elettrica a condizione che:

- il potenziamento dell'impianto sia congruente con quello già esistente

- il potenziamento sia realizzato da impresa competente e qualificata a realizzare impianti elettrici

- sia rilasciato, a fine lavori, dalla ditta installatrice una "dichiarazione di corretta installazione"

- il potenziamento sia autorizzato dal condominio

La norma antincendio che regola l'esercizio delle autorimesse sia pubbliche che private è il D.M. 1-2 - 1986.



Domanda:

Buongiorno, sono un cittadino di un piccolo Comune lombardo, e approfitterei della sua cortesia per porle una questione sulla quale ho avuto pareri contrastanti. Si tratta di questo.
Il Decreto Ministeriale del 26/08/1992 - Norme di prevenzione incendi per l' edilizia scolastica prevede, nel paragrafo dedicato all' affollamento massimo, per i locali adibiti a refettori, un indice pari a 0.4 persone / metro quadrato
La domanda è questa:
E' possibile derogare a questo affollamento massimo durante l' esercizio e se si per quali motivi e a quali condizioni?
Tanto per fare un esempio può un' Amministrazione mettere 100 bambini in 100 metri quadrati?
E se si esistono dei limiti temporali e normativi a tutto ciò?
Nel ringraziarla anticipatamente le porgo i miei migliori saluti. A. T.

Risponde il Direttore Regionale dei Vigili del Fuoco del Lazio, dott. Ing. Luigi Abate:
Caro T.
Certamente in fase di progetto delle vie di esodo il progettista ha considerato l'affollamento massimo prevedibile per il refettorio pari a 0,4 persone al metro quadro (cioé una persona ogni 2,5 mq), sicché prevedere di tenere 100 bambini su una superficie di 100 mq (affollamento più del doppio in quanto pari ad 1) mi sembra sconveniente ed imprudente. La regola antincendio prevede la possibilità di ricorrere all'istituto della deroga (che si chiede al Direttore Regionale competente per territorio tramite il Comando dipedente) quando non è possibile garantire una regola tencica prevista dalla norma di riferimento proponendo misure alternative e compensative del rischio accresciuto.
In questo caso come Direttore Regionale del Lazio credo che non concederei tale deroga perché non ravviso l'opportunità e la necessità.
Si costruiscono altre scuole in Italia e facciamo crescere i nostri figli in ambienti "SICURI".



Domanda:

Buongiorno, ho già ricevuto risposta e vi ringrazio molto. Visto la vostra gentilezza vi vorrei solo chiedere una ulteriore precisazione:

qualora la scuola sia gia' costruita secondo le norme e quindi il progetto abbia tenuto conto nel prevedere le vie di fuga di un affollamento massimo di 0.4 persone al metro quadrato, l' Amministrazione e' tenuta a rispettare questo affollamento massimo previsto sempre o può non rispettarlo?
In pratica questo grado di affollamento e' perentorio e in nessun caso, nessun amministratore, può derogare da esso ( riempiendo i locali oltre questo limite) o esiste qualche altra legge o regolamento che puo' permettere di derogare da ciò?

E qualora un cittadino ravvisi la pericolosità di una situazione in cui una scuola, costruita secondo i criteri sopracitati, viene poi utilizzata con affollamenti doppi e più di quelli previsti a chi si può rivolgere per ottenere il rispetto delle condizioni di sicurezza?

Nel ringraziarvi ancora vi porgo i miei migliori saluti. A. T.


Risponde il Direttore Regionale dei Vigili del Fuoco del Lazio, dott. Ing. Luigi Abate:

Caro T., tecnicamente è possibile ricorrere all'istituto della "deroga" (che rilascia il Direttore Regionale competente per territorio........), ma bisogna dimostrare l'esistenza di motivi tecnici, strutturali, ambientali ed artistici che richiedono il ricorso a tale istituto....., inoltre bisogna fornire adeguate misure compensative al rischio accresciuto, quali un esubero di vie di esodo rispetto alla densità di affollamento presa a riferimento in fase progettuale, l'esistenza di impianti di segnalazione di incendi ed altro.
Come Direttore Regionale del Lazio, credo che difficilmente darei una deroga che prevede una densità di affollamento pari ad 1pers/mq.
E' possibile prudurre un esposto agli Organi competenti in materia di sicurezza, quali le AASSLL, o Vigili del Fuoco qualora si ritiene che una norma finalizzata alla sicurezza ed incolumità del cittadino venga violata. Gli esiti dell'esposto prodotto (ma non i contenuti) devono essere comunicati all'esponente ai sensi della legge sulla trasparenza (legge 241/90).

Con viva cordialità.



Domanda:

Attività nr. 91 - centrali termiche a gas metano

Il D.M. 12.04.1996 prevede che "più apparecchi termici alimentati a gas, di seguito denominati apparecchi, installati nello stesso locale o in locali direttamente comunicanti sono considerati come facenti parte di un unico impianto, di portata termica pari alla somma delle portate termiche dei singoli apparecchi".
Il quesito è se sia soggetto o meno al controllo dei VVf per l'attività n.91 un capannone riscaldato da un impianto composto da n.4 singole caldaie a camera stagna installate esternamente ed in punti diversi dell'edificio, collegate a unità termoventilanti interne con batterie ad acqua.

Ringraziando sentitamente, porgiamo distinti saluti.

V. M.


Risponde il Direttore Regionale dei Vigili del Fuoco del Lazio, dott. Ing. Luigi Abate:

Caro Collega, è certo, anche perché chiarito dal Ministero dell'Interno, che il suo impianto così come è stato realizzato non è soggetto alla prevenzione incendi e non necessita del c.p.i.
Infatti le caldaiette murali sono collocate all'esterno ed a "camera stagna" ed il fluido intermediario per il riscaldamento degli interni è l'acqua calda.



Domanda:

Sentiti dei tecnici e delle società che gestiscono il sistema di sicurezza 626 sono andata in confusione.
Sono da poco in affitto in un capannone di 800 mq coperti e 600 mq scoperti (cortile), non devo svolgere all'interno nessuna opera se non il posizionamento di un macchinario, svolgerò semplice attività di controllo qualità di poltrone e di magazzino (300 pezzi circa al mese). La mia domanda è: sono obbligata a richiedere il CPI considerando che la mia attività è classificabile con rischio basso (così mi hanno riferito).
Ringraziandola colgo l'occasione per fare i complimenti. Distinti Saluti, S.



Risponde il Direttore Regionale dei Vigili del Fuoco del Lazio, dott. Ing. Luigi Abate:

Cara S., così come è stata presentata la sua attività sembrerebbe che la stessa non sia soggetta alla prevenzione incendi ed essere esercita con il possesso del cpi.
Occorre comunque, fruendo degli indirizzi forniti dal D.M. 10-3-98, valutare il reale rischio di incendio esistente nella attivita mitigandolo congruamente con misure di prevenzione e protezioni (pulizia, impianti tecnici realizzati a norma e manutenzionati, comportamenti da tenere da parte delle maestranze per evitare l'insorgenza di incendi, registro dei controlli periodici, estintori, vie di fuga, compartimentazione dei locali con eccessivi prodotti altamente combustibili o infiammabili (se esistenti), formazione antincendio delle maestranze per la gestione dell'emergenza, piani di emergenza, ecc.
Qualora invece dovesse individuare all'interno dei suoi locali qualche attività elencata nell'allegato D.M. 16 - 2 - 1982 allora questa dovrà essere esercita nel rispetto della norma di riferimento con il possesso del relativo cpi.



Domanda:

Mi chiamo F., scrivo dalla Puglia. Abito presso un condominio con vari locali commerciali posti al piano terra, fra questi c'è un autosalone con varie auto in esposizione. Mi è stato riferito (non sò se questo corrisponde a verità) che i locali posti presso uno satabile condominiale con diverse autovetture all'interno di questo, costituisce un elevato rischio per il condominio. Pertanto la mia domanda è la seguente: Può esistere un autosalone nei locali posti in un condominio?
Certo di una sicura risposta alla mia domanda, colgo l'occasione per porgere distinti saluti e Buone Feste.


Risponde il Direttore Regionale dei Vigili del Fuoco del Lazio, dott. Ing. Luigi Abate:

Caro F., gli autosaloni possono essere compresi nelle aree commerciali al piano terra di uno stabile per civile abitazione a condizione che non abbiano comunicazioni con aree condominiali od altre non pertinenti.
Qualora l’attività di esposizione e vendita di autovetture è svolta in locali con superficie lorda superiore a 400 mq, comprensiva di servizi e depositi, questa rientra nell’attività 87 del D.M. 16-2-82 e quindi è soggetta ad essere esercita con un proprio cpi, valendo per questa attività le norme di cui alla lettera circolare n. 75 del 3.7.67.
Nel caso in cui la superficie complessiva risulta essere inferiore al valore di cui sopra e sono presenti più di 30 autoveicoli, si dovranno rispettare comunque le norme del D.M. 1.2.86 punto 9.
Qualora non sussistano le condizioni sopra riportate, dovranno essere osservati per i luoghi di lavoro i contenuti di cui al D.M. 10.3.98.



Domanda:

Salve..mio marito ed io stiamo (forse) x acquistare la casa in cui viviamo, ma in seguito alle forti piogge è sprofondato parte del cortiletto condominiale...in seguito ad un sopralluogo dei vigili del fuoco siamo venuti a conoscenza che non esistono da noi le fogne. I proprietari del condominio hanno ricevuto dall'ufficio di sicurezza abitativa l'ingiunzione ad eliminare il pericolo.....sono passati 2 mesi continua a piovere ma non è stato effettuato alcun lavoro!! Pare che non ci sia da parte dei proprietari intenzione di rifare il sistema fognario ma solo di effettuare una riparazione...la domanda che vorrei porle è: gode di vivibilità un fabbricato senza fogne ma solo con questi canaletti che non si sa nemmeno dove vanno a finire? E’ possibile valutare il danno dell'infiltrazione solo dal calpestio...come sostengono i proprietari? Grazie, P. C.


Risponde il Direttore Regionale dei Vigili del Fuoco del Lazio, dott. Ing. Luigi Abate:

Carissimi, a parte il fono redatto dai Vigili del Fuoco, è opportuno che da parte di chi di dovere (il proprietario o il condominio) si provveda a nominare un tecnico abilitato e responsabile affinché si possa accertare, con riscontri tecnici oggettivi, la reale situazione dei luoghi e definire gli opportuni provvedimenti riparatori...quali il collegamento dell'impianto fognario condominiale alla rete cittadina, ove esistente oppure in assenza di questa la realizzazione di una fossa biologica a vuotatura periodica (tipo fossa Muras o similare). Ovviamente in assenza di un corretto smaltimento delle acque reflue il sifonamento del terreno circostante agli edifici può danneggiare questi in modo più o meno grave.



Domanda:

Buongiorno mi chiamo S. e scrivo dalla provincia di Treviso.
Volevo porre alla vs. attenzione un quesito e cioè:
Abito in un condominio di nuova costruzione di 8 unità con i rispettivi garages al piano interrato, sono a conoscenza del fatto che le macchine a gpl possono parcheggiare se provvisti dei sistemi di sicurezza di cui al decreto 22/11/2002. Ma questo vale anche in presenza del cartello di divieto installato all'ingresso dei garages?


Risponde il Direttore Regionale dei Vigili del Fuoco del Lazio, dott. Ing. Luigi Abate:

Cara S., ritengo che il divieto possa valere per coloro che non hanno il titolo per accedere ad garage e per coloro che pur avendone il titolo non hanno i reguisiti previsti dalla legge per parcheggiare ai piani interrati in garage. Tuttavia chi ha il diritto di accedere all'interno della tua autorimessa e possiede un impianto di trazione della propria autovettura a gpl, a norma, può esercitare tale diritto.



Domanda:

Vivo in un piccolo condominio composto da sei appartamenti disposti su due piani.
Nell'appartamento sottostante il mio vive una persona anziana che a causa dell'età comincia a creare diversi problemi legati sia alla sua sicurezza che alla nostra:

-frequenti uscite di gas causate da rubinetti lasciati aperti

-incendi di padelle dimenticate su i fornelli

-incendi della canna fumaria.

Nonostante la richiesta di aiuto inoltrata ai familiari la persona continua ad essere pericolosa.
Come posso tutelare la mia sicurezza e quella dell'intero stabile?

Certo di una cortese risposta porgo cordiali saluti


Risponde il Direttore Regionale dei Vigili del Fuoco del Lazio, dott. Ing. Luigi Abate:

Ritengo che l'unica soluzione che il condominio può adottare è la seguente:

- regalare per il prossimo Natale e fare montare da tecnico qualificato, a proprie spese, un rilevatore di incendi e di gas (metano o gpl ) nella cucina, in prossimità del piano cottura, collegati, il primo ad una badenia di allarme ed il secondo ad una elettrovalvola che intercetti il flusso del gas a monte dei fornelli.

- disporre in prossimità dell'appartamento della Signora (e magari dentro il proprio) un estintore a polvere di idonea capacità (non meno di kg. 6).



Domanda:

SALVE, VOLEVO CHIEDERE SE POSSONO COESISTERE IN UNO STESSO STABILE UN'AUTOSALONE DI 145 MQ E UN'AUTO OFFICINA DI 274 MQ COMUNICANTI TRA LORO CON UNA PORTA METALLICA, CON DEI SERVIZI IGIENICI IN COMUNE DI 36 MQ ACCESSIBILI DA ENTRAMBI I LOCALI.
SE IL COMMITTENTE DICHIARA CHE NELL'AUTOFFICINA NON VERRANNO MAI MESSE PIU DI 9 AUTOVEICOLI NON SERVE IL CPI DEI VIGILI DEL FUOCO GIUSTO?
MENTRE PER QUANTO RIGUARDA L'AUTOSALONE, L'AUTOFFICINA FA PARTE DELLA SUPERFICIE LORDA CHE NON DEVE SUPERARE I 400 MQ?
GRAZIE MILLE E COMPLIMENTI PER IL SERVIZIO. S.


Risponde il Direttore Regionale dei Vigili del Fuoco del Lazio, dott. Ing. Luigi Abate:

Poiché l’autosalone è posto in comunicazione diretta con l’autofficina (superficie complessiva pari a mq 455) si configura per questo esercizio l’attività di “Esposizione e vendita in locali con superficie complessiva maggiore di 400 mq, incluso ogni altra pertinenza” elencata al punto 87 del D.M. 16.2.1982.
Conseguentemente, anche se presenti meno di 9 autovetture nel reparto officina, l’esercizio commerciale è subordinato al possesso del relativo Certificato di Prevenzione Incendi.



Domanda:

Sono un tecnico ed ho un progetto costituito da 6 piani fuori terra di cui i primi due sono ad uso commerciale e gli ulteriori 4 ad uso direzionale.
Le chiedo per quanto riguarda la pratica per la prevenzione incendi a quale normativa devo fare riferimento?
Nel Corbo (il vangelo per noi tecnici) esiste una Bozza della regola tecnica di prevenzione incendi per la progettazione, costruzione ed esercizio degli edifici e/o locali destinati ad uffici.
Devo considerare quella?
Ringraziando anticipatamente, porgo cordiali saluti. V. G.


Risponde il Direttore Regionale dei Vigili del Fuoco del Lazio, dott. Ing. Luigi Abate:

CARO V.
CORBO O NON CORBO CI SONO DUE POSSIBILITA' NELLA PROGETTAZIONE DI ATTIVITA' SOGGETTE ALLA PRVENZIONE INCENDI:

L'ATTIVITA' E' NORMATA –
SI PROGETTA SECONDO LA RELATIVA NORMA DI RIFERIMENTO; NEL TUO CASO LE AREE COMMERCIALI, SE INCLUDONO PIU' ESERCIZI COMMERCIALI IN COMUNICAZIONE TRA DI LORO TRAMITE SPAZI COMUNI COPERTI, DEVONO OSSERVARE I CONTENUTI TECNICI DELLA CIRC. 75 DEL 3-7-67 E LETT. CIRC. MI 5210 DEL 17-2-75 (QUESTA NORMA E' TROPPO "VECCHIA" RISPETTO ALLE NUOVE ESIGENZE DEL MERCATO COMMERCIALE); REGOLA TECNICA DA APPLICARE ALLE ATTIVITA' N° 87 DEL DM 16-2-82

L’ATTIVITA' NON E' NORMATA –
SI PROGETTA SVILUPPANDO LA VALUTAZIONE DEL RISCHIO SECONDO I CRITERI CHE DISCENDONO DAL DPR N°37 DEL 12-1-98 NEL TUO CASO QUALORA LE AREE DIREZIONALI SONO ADIBITI AD UFFICI CON PIU' DI 500 ADDETTI (ATTIVITA' 89 DEL DM 16-2-82) POSSONO ESSERE CONSIDERATI COME "INDIRIZZI TECNICI” I SUGGERIMENTI DEL CORBO O QUELLI CHE TI ALLEGO E CHE VENGONO PRESI A RIFERIMENTO NELLA VALUTAZIONE DEL RISCHIO INCENDIO NEL LAZIO.

AD OGNI BUON CONTO TI MANDO ANCHE DELLE PROPOSTE TECNICHE UTILIZZATE NEL LAZIO PER LE ATTIVITA' COMMERCIALI RIENTRANTI NEL DM 16-2-82



Domanda:

Un'autorimessa al primo piano interrato, di 39 posti auto, comunicante con cantine poste lungo il corsello di manovra per mezzo di porte REI120 dotate di congegno di autochiusura, è stata ampliata divenendo di 41 posti auto. Possono permanere le cantine con l'attuale sistema di comunicazione?
Grazie e complimenti per il servizio che fornite. M.


Risponde il Direttore Regionale dei Vigili del Fuoco del Lazio, dott. Ing. Luigi Abate:

POICHE' LE AUTO PARCHEGGIATE ECCEDONO LE 40 UNITA' LA COMUNICAZIONE CON SEMPLICE PORTA REI NON VA PIU' BENE COME POTRAI VERIFICARE DALLA NORMA ALLEGATA:

- 3.5.2. Le autorimesse fino a quaranta autovetture e non oltre il secondo interrato possono comunicare con locali di attività ad altra destinazione non elencate nel decreto ministeriale 16 febbraio 1982 e/o fabbricati di civile abitazione e di altezza antincendi non superiore a 32 m a mezzo di aperture con porte di tipo almeno RE 120 munite di congegno di autochiusura.



Domanda:

Salve, il mio quesito è il seguente:
ho acquistato un appartamento di nuova costuzione con un box auto che si trova subito dopo la rampa. In questo box c'è una presa d'aria che però nei giorni di pioggia fa bagnare la parete di competenza e si crea anche una specie di muffa dovuta al fatto che prima del mio box c'è una piccola intecapedine le cui pareti non sono state intonacate ma lasciate con il poroton. Pertanto ho chiesto all'impresa di cambiare box (essendo libero un altro box) ma ho notato che in quest'altro box non c'è nessuna presa d'aria. E' regolare? Come mi devo comportare?


Risponde il Direttore Regionale dei Vigili del Fuoco del Lazio, dott. Ing. Luigi Abate:

SE LE FA COMODO PUO' CAMBIARE IL SUO BOX CON UN ALTRO CHE DEVE AVERE LE CARATTERISTICHE DI VENTILAZIONE PREVISTE DALLA NORMA CHE DI SEGUITO RIPORTO:

...Per le autorimesse suddivise in box l'aerazione naturale deve essere realizzata per ciascun box. Tale aerazione può essere ottenuta con canalizzazioni verso l'esterno o con aperture anche sulla corsia di manovra, prive di serramenti e di superficie non inferiore ad 1/100 di quella in pianta del box stesso...



Domanda:

Salve,

Abito in un condominio di 13 appartamenti e cinque box auto, di cui quattro hanno l'accesso anche da un corridoio comune; e l'edificio è dotato di centrale termica.
All'interno della centrale sono presenti due estintori a polvere, uno automatico ed uno portatile.
Questi Estintori risalgono a venticinque anni fa, periodo di costruzione dell'edificio, e non vengono controllati da diversi anni. In particolare, l'estintore portatile del tipo non pressurizzato con bombolina esterna, credo da 6kg, e non reca alcuna indicazione sulla Classe d'incendio.
Considerando la situazione, vorrei sapere quale Legge dovrei citare all'amministratore di condominio per dimostrare l'obbligo della presenza degli estintori nel locale, e quindi della loro corretta manutenzione.
Inoltre, mi chiedo se sia necessaria la presenza di uno o più estintori nel corridoio situato dal piano
Seminterrato e che conduce ai quattro box.
Ringrazio anticipatamente e porgo cordiali saluti. V. P.


Risponde l’ing. Bernardo Lanzillotta, Dirigente Sezione Caricamento e Colonna Mobile del Comando Vigili del Fuoco Roma:

L’attuale normativa di prevenzione incendi per gli impianti termici alimentati a gas, Decreto Ministero Interni 12/4/1996, prevede al punto 6.2 che in ogni locale e in prossimità di ciascun apparecchio deve essere installato un estintore di classe 21A9BC.
Il Decreto Ministero Interni 1/2/1986 riguardante le norme di prevenzione incendi per le autorimesse prevede al punto 6.2 che deve essere prevista l’installazione di estintori portatili di tipo approvato di capacità estinguente non inferiore a 21A89B in numero non inferiore a 1 ogni 5 autoveicoli per i primi 20 autoveicoli.
Per quanto riguarda le norme degli estintori, la norma vigente è il Decreto Ministero Interno 7/1/2005 (in vigore dal 4 agosto 2005) contenente le nuove norme tecniche e procedurali per la classificazione degli estintori portatili. Tale decreto prevede all’art. 4 che gli estintori debbano essere mantenuti in efficienza mediante verifiche periodiche, svolte da personale esperto, sulla base di quanto previsto dal D.P.R. 547/55, dal D.M. 10 marzo 1998, secondo quanto indicato dalla norma UNI 9994 e dalle indicazioni di uso e manutenzione del libretto a corredo dell’estintore.



Domanda:

Da condomina mi sto informando sulle norme di prevenzione incendi in ambito "civile" per sapere se nel nostro caso siamo in regola; il nostro è un edificio costituito da autorimesse a box singoli seminterrate, pianterreno e primo piano, senza ascensore, con riscaldamenti autonomi (caldaiette singole), senza dipendenti.
Gli 11 box sono interrati sul retro, mentre hanno accesso completamente fuoriterra, a cielo libero. Qui è possibile vedere una foto della situazione: AUTORIMESSE.
Mi risulta che NON siamo soggetti alle norme di prevenzione incendi (oltre alle prescrizioni costruttive previste dal D.M. 01/02/86, regolarmente applicate), come confermato dalle circolari n. 15620/4108 sott. 22 del 03/11/1986 e n. 1800/4108 del 01/02/1988 della Dir. Gen. Prot. Civ. e Servizi Antincendi; vorrei sapere se questo significa anche che NON siamo soggetti all'obbligo di estintori come penso e in questo caso dove posso trovarne la certezza (es. estremi di una norma o circolare).
Se mi reco presso i VVF della mia zona, ritenete che possano rilasciarmi una dichiarazione non ufficiale che indichi cosa è obbligatorio per noi e cosa non lo è?
Nel caso, invece, gli estintori fossero obbligatori, ne servono tassativamente 3 (1 ogni 5) o ne bastano 2) E dove andrebbero installati? Immagino NON all'interno, ma all'esterno, giusto? E.


Risponde il Direttore Regionale dei Vigili del Fuoco del Lazio, dott. Ing. Luigi Abate:

CARA E.
DALLA FOTO ALLEGATA CONFERMO CHE I BOX, AVENDO TUTTI ACCESSO DIRETTO DALL'ESTERNO NON SONO SOGGETTI ALL'OBBLIGO DEL CPI...... MA DEVONO COMUNQUE OSSERVARE I CONTENUTI DEL DM 1-2-86 PER AUTORIMESSE NON SOGGETTE (CON MENO DI 9 AUTOVETTURE).
IN MERITO ALLA NECESSITA' O MENO DI AVERE A DISPOSIZIONE DEGLI ESTINTORI RIPROPONGO UNA RISPOSTA GIA' DATA DI RECENTE PER UN ANALOGO PROBLEMA (vedi risposta sopra dell’Ing. Bernardo Lanzillotta).
SE POI SI VUOLE AFFRONTARE IL TEMA DELLA SICUREZZA "GENERALIZZATA" TI INVITO RESPONSABILMENTE DI REGALARE PER LE PROSSIME FESTE NATALIZIE ALLA PERSONA PIU' CARA CON CUI CONVIVI (OPPURE A TE STESSA) UN ESTINTORE DI IDONEA CAPACITA' ESTINGUENTE DA TENERE IN CASA .......VISTO CHE OGGI , OHIME', SI VIVE CON MENO SICUREZZA IN CASA CHE NEI LUOGHI DI LAVORO (DOVE LA 626/94 HA SENSIBILMENTE RIDOTTO L'ESPOSIZIONE AI RISCHI LAVORATIVI TRA CUI ANCHE L'INCENDIO).



Domanda:

Vorrei chiedervi gentilmente se quanto citato nel Decreto Ministeriale del 31 marzo 1984 in materia di progettazione, costruzione, installazione ed esercizio di depositi di gas, nello specifico:

Titolo 3 - Modalità d'installazione per Serbatoi interrati e secondo quanto si evince dalle fotografie allegate <> <> posso avanzare richiesta (a fronte di mancata osservanza delle norme numero x...) di riposizionamento del serbatoio interrato alla ditta costruttrice in quanto il livello massimo di interramento è abbondantemente al di sotto del livello del terreno circostante creando situazioni che, come in caso di pioggia o gelo, potrebbero inficiare il corretto funzionamente degli elementi interni quali manometri etc..
Ringraziandovi anticipatamente resto in attesa di un vs. cortese riscontro

Saluti
M. E.


Risponde il Direttore Regionale dei Vigili del Fuoco del Lazio, dott. Ing. Luigi Abate:

CARO M.
DEVI ESSERE TU, PIU' CHE LA DITTA INSTALLATRICE, A DOVER RICHIEDERE AL COMANDO VIGILI DEL FUOCO COMPETENTE PER TERRITORIO IL RELATIVO CERTIFICATO DI PREVENZIONE INCENDI PER DEPOSITO DI GPL IN SERBATOIO PREVIA APPROVAZIONE DEL RELATIVO PROGETTO.
SARANNO I VVF A VERIFICARE L'IDONEITA' O MENO DELL'IMPIANTO RILASCIANDO IL CPI OPPURE PRESCRIVENDO I NECESSARI INTERVENTI DI ADEGUAMENTO.
DALLE FOTO ALLEGATE IL POSIZIONAMENTO DEL SERBATOIO APPARE CORRETTO, TRATTANDOSI DI INVOLUCRO VERTICALE IN POLITILENE INTERRATO.
CERTAMENTE ALL'INTERNO DEL "DUOMO", DOVE SONO PRESENTI I DISPOSITIVI DI SICUREZZA ED IL VALVOLAME, NON DEVE ESSERE PRESENTE L'ACQUA VISUALIZZATA DALLA FOTO.
POTRAI PERTANTO, GIUSTAMENTE, RICHIEDERE ALL' INSTALLATORE UNA IMMEDIATA VERIFICA E RIPARAZIONE DELLA TENUTA DELLO SPORTELLO DI ACCESSO AL "PASSO D'UOMO" .......
OLTRE ALLA NECESSARIA "DICHIARAZIONE DI CORRETTA INSTALLAZIONE DELL'IMPIANTO" AI SENSI DELLA LEGGE 46/90.
CAUTELATIVAMENTE, ED ANCHE PERCHE' PREVISTO DALLA LEGGE, L'IMPIANTO DI GPL NON PUO' ESSERE ESERCITO PRIMA DELL'OTTENIMENTO DEL PRESCRITTO CERTIFICATO DI PREVENZIONE INCENDI A MENO DI ACQUISIRE LA "DIA" (DICHIARAZIONE DI INIZIO ATTIVITA') DA RICHIEDERE CONTESTUALMENTE ALLA PRESENTAZIONE DELLA DOMANDA DI SOPRALLUOGO.



Domanda:

Gent. Ing. Abate,
prima di tutto la ringrazio per la bella rubrica che aiuta i cittadini a capire qualcosa di più delle norme complesse che ci regolano.
Nel mio caso sto per aprire un laboratorio di pasticceria con un locale forni. Il compartimento che ospita questo locale è un REI 60, e poichè il tetto è fatto da travi a Y delle quali non si conosce la resistenza al fuoco (sono degli anni '70) per precauzione abbiamo deciso di mettere un controsoffitto REI 60 che protegga la struttura del tetto da un eventuale incendio. Tale controsoffitto è presente anche nel locale forni (3 forni da 80.000 Kcal l'uno alimentati a gas metano). Nel locale forni è necessario uscire sul tetto con: 3 canne fumarie, un canale per i vapori di cottura, una condotta di aereazione fissa per il discorso metano. Si tratta cioè di forare il controsoffitto REI 60 ed arrivare in copertura (un metro circa sopra il controsoffitto). Le chiedo: è necessario ristabilire le condizioni del compartimento REI anche per i fori necessari per queste canalizzazioni? E se così fosse con quali serrande tagliafuoco possiamo ristabilire le condizioni REI60 dentro delle canne fumarie dei forni (dove passano fumi di comustione a 150 gradi)? Il consulente che ci segue ritiene che essendo un locale ad hoc dove l'unica fonte di propagazione dell'incendio è il gas metano, e dato che in caso di incendio questo verrà chiuso, non ci sono le condizioni perchè l'incendio eventuale riesca a propagarsi dalle condotte ed intaccare la resistenza della struttura delle travi a Y che si trovano sopra il controsoffitto. Esiste una norma chiara in merito?

la ringrazio molto. D.


Risponde il Direttore Regionale dei Vigili del Fuoco del Lazio, dott. Ing. Luigi Abate:

CARISSIMO
INTANTO VOGLIO PRECISARE CHE LA TUA ATTIVITA' POSSEDENDO TRE BRUCIATORI DI POTENZIALITA' COMPLESSIVA SUPERIORE A 100.000KCal. (SI SOMMANO LE SINGOLE POTENZIALITA' PERCHE' IN UN UNICO VOLUME) DEVE ESSERE PREVENTIVAMENTE APPROVATA DAL COMANDO VF COMPETENTE PER TERRITORIO E DEVE ESSERE ESERCITA DOPO L'ACQUISIZIONE DEL CPI..
L'AEREAZIONE NON PUO' ESSERE REALIZZATA DALLA CANNA A CUI TU FAI RIFERIMENTO (UNA DELLE TRE).
SE LE CANNE, CHE ATTRAVERSANO IL CONTROSOFFITTO REI 60 FINO ED OLTRE LA COPERTURA SONO REALIZZATE CON MATERIALI REI 60 BASTA CHE QUESTE NELL' ATTRAVERSAMENTO CON IL CONTROSSOFFITTO VENGANO SIGILLATE CON MASTICI REI 60 (SI TROVANO FACILMENTE IN COMMERCIO) SENZA RICORRERE ALLE SERRANDE IL CUI FUNZIONAMENTO ALL'OCCORRENZA SAREBBE INDESIDERATO.
IL RAGIONAMENTO FATTO DAL TUO TECNICO NON E' CONDIVISIBILE POICHE' ERRATO.
ALLEGO LA REGOLA TECNICA CHE TI SERVE CON DEI CHIARIMENTI PERTINENTI
CIAO



Domanda:

RingraziandoVi per la tempestiva risposta ad un precedente quesito, Vi scrivo perché avendo deciso di cambiare il mio box con un altro che non ha alcuna presa d'aria, mi sono decisa a contattare direttamente l'architetto che ha rilasciato temporaneamente il CPI (in attesa di quello definitivo dei Vigili del Fuoco) e mi ha detto che è tutto regolare perchè la presa d'aria del mio vecchio box non è funzionale a se stesso ma anche ad altri box. Inoltre le saracinesche di cui sono muniti tutti i box hanno dei fori in altro (non so se rendo l'idea) che costituiscono anch'essi requisiti anti incendio.
Devo fidarmi?
Vi ringrazio anticipatamente per la risposta che vorrete fornirmi e Vi auguro Buon Anno. I.


Risponde il Direttore Regionale dei Vigili del Fuoco del Lazio, dott. Ing. Luigi Abate:

CARA I.
PUOI CAMBIARE IL TUO BOX CON ALTRO PURCHE' L'INTERA AUTORIMESSA SIA STATA REALIZZATA NEL RISPETTO DELLA NORMA ANTINCENDIO E SIA IN POSSESSO DEL CPI, CHE RILASCIA SOLAMENTE IL COMANDO VF COMPETENTE PER TERRITORIO ( E NON CERTO IL TUO ARCHITETTO).
IL TUO BOX DEVE POSSEDERE AEREAZIONE DIRETTA DALL'ESTERNO OPPURE DIRETTAMENTE DALLA CORSIA DI MANOVRA PURCHE' I FORI PRESENTI SULLA SERRANDA ABBIANO SUPERFICIE NETTA ALMENO PARI AD 1/100 DELLA SUPERFICIE IN PIANTA DEL TUO NUOVO BOX.

TI ALLEGO UNO STRALCIO DEL DM 1.2. 86

Per le autorimesse suddivise in box l'aerazione naturale deve essere realizzata per ciascun box. Tale aerazione può essere ottenuta con canalizzazioni verso l'esterno o con aperture anche sulla corsia di manovra, prive di serramenti e di superficie non inferiore ad 1/100 di quella in pianta del box stesso.

AUGURI



Domanda:

Le sottopongo due quesiti relativi al certificato prevenzione incendi.

Il primo:

Un'azienda di lavorazione legno, mantiene stoccati sia all'interno del capannone dove avvengono le lavorazioni e sia nell'area cortiliva adiacente i legnami. Se sommiamo i kg di legna (sia quelli stoccati all'interno e sia quelli all'esterno) si supera abbondantemente i 50 q.li, altrimenti se li teniamo distinti, all'interno il datore di lavoro sotto la propria responsabilità dichiara che ce ne sono meno.
Bene, la mia domanda è se questa attività rientra sotto il punto 47) del DM 16 febbraio 1982 e dunque alla richiesta di Certificato Prevenzione Incendi.

il secondo quesito:

Un'Azienda possiede un capannone isolato dove mantiene depositati delle macchine utensili da rivendere. La superficie totale del capannone è 1650mq, ed è suddiviso in 3 blocchi (550mq l'uno). Questi blocchi sono suddivisi da parete l'uno dall'altro ma sono comunicanti attraverso apertura (4m per 2,7m) senza portoni. Bene, la mia domanda è se questa attività rientra sotto il punto 88) del DM 16 febbraio 1982 e dunque alla richiesta di Certificato Prevenzione Incendi.

Grazie mille, e complimenti per il servizio che date. P.


Risponde il Direttore Regionale dei Vigili del Fuoco del Lazio, dott. Ing. Luigi Abate:

1° QUESITO

PER IL DEPOSITO DI LEGNAME VARIO ALL'INTERNO DEL LABORATORIO NON OCCORRE IL CPI SE IL QUANTITATIVO PRESENTE IN DEPOSITO O IN LAVORAZIONE NON ECCEDE I 50 QL..(PT.47 /16.2.82)
NON SI SOMMANO I QUANTITATIVI DI LEGNAME DEPOSITATI ALL'ESTERNO.
PER QUESTI LEGNAMI SE NON SI ECCEDONO I QUANTITATIVI DI QL 500 ENTRO I 100 METRI DI DISTANZA DAL FABBRICATO NON OCCORRE IL CPI (PT.46 /16.2.82)
46) Depositi di legname da costruzione e da lavorazione, di legna da ardere, di paglia, di fieno, di canne, di fascine, di carbone vegetale e minerale, di carbonella, di sughero e di altri prodotti affini, esclusi I depositi all'aperto con distanze di sicurezza esterne non inferiori a 100 m misurate secondo le disposizioni di cui al punto 2.1 del decreto ministeriale 30 novembre 1983:

Da 500 a 1.000 q.li 6 VALIDITA' CPI

Superiori a 1.000 q.li 3

47) Stabilimenti e laboratori per la lavorazione del legno con materiale in lavorazione e/o in deposito:

Da 50 a 1.000 q.li 6

Oltre 1.000 q.li 3

2° QUESITO

ESSENDO I COMPARTIMENTI COMUNICANTI TRA DI LORO SI CONFIGURA UN DEPOSITO DI MERCE VARIA CON ESTENSIONE SUPERIORE A 1000 MQ. SOGGETTO AL CPI.

88) Locali adibiti a depositi di merci e materiali vari con superficie lorda superiore a 1.000 mq



Domanda:

SALVE

le chiedo cortesemente se per aprire un parcheggio a pagamento in un centro abitato su di un'area aperta (corte libera da alberi o cose pericolose) devo avere qualche permesso di prevenzione incendi o che normativa debbo rispettare, premesso che non intendo fare attività di rimessaggio con custodia, ma di ricovero saltuario per qualche ora come un normale parcheggio comunale su di un'area aperta (piazza o via).

vi ringrazio in attesa urgente di una vostra. Un cittadino.


Risponde il Direttore Regionale dei Vigili del Fuoco del Lazio, dott. Ing. Luigi Abate:

A MENO DELLE NECESSARIE AUTORIZZAZIONI COMUNALI CHE DOVRANNO ESSERE RICHIESTE ED OTTENUTE, AI FINI ANTINCENDIO LA NORMA DI RIFERIMENTO E'QUELLA ALLEGATA , DELLA QUALE TI INTERESSA IL PUNTO 7.
PER QUESTA TIPOLOGIA NON OCCORRE NE' L'ESAME PROGETTO DA FARSI APPROVARE DAL COMANDO VF COMPETENTE PER TERRITORIO E NE' IL RELATIVO CPI.



Domanda:

Gentile Sig. Abate
Deve essere sempre richiesto il rilascio del CPI per la realizzazione di un sottotetto abitabile in un edificio esistente (anni 50) con altezza in gronda maggiore di 24 metri. Se possibile in quali casi potrebbe non essere necessario.
Nel caso in cui fosse obbligatorio ma l'edificio non rispondesse per sua natura ad accogliere tutte le misure di prevenzione incendi quale potrebbe essere il percorso da seguire.
Le opere non comportano modifica della linea di gronda e hanno modesta entità rispetto al complesso del condominio. Grazie.


Risponde il Direttore Regionale dei Vigili del Fuoco del Lazio, dott. Ing. Luigi Abate:

PER RENDERE ABITABILE UN SOTTOTETTO SERVONO LE RELATIVE AUTORIZZAZIONI COMUNALI OLTRE AL CONSENSO DEL CONDOMINIO.
AI FINI ANTINCENDI L'INTERO STABILE DEVE OSSERVARE LE NORME DI CUI AL DM 246 DEL 87 ......ANCHE SE PER L' ETA' DELLA COSTRUZIONE VALGONO LE NORME TRANSITORIE PREVISTE DAL DISPOSTO AL PUNTO 8 8 ( DI POSSIBILE ATTUAZIONE) ... E NON CERTO LA SINGOLA UNITA' ABITATIVA.



Domanda:

salve...e complimenti per la vostra rubrica...
avrei un quesito da proporvi in merito ad una situazione determinatasi nel mio condominio...
In esso è presente una atuorimessa per la quale è stato chiesto ed ottenuto il certificato di prevenzione incendi rientrando quest'ultima nelle attività ricomprese nel Dm 1/2/86. Tale norma prevede espressamente alle definizioni che per atuorimessa si intende "area coperta destinata esclusivamente al ricovero, alla sosta e alla manovra degli autoveicoli con i servizi annessi. Non sono considerate autorimesse le tettoie aperte almeno su due lati."
Il problema è che ad oggi l'autorimessa viene usata ordinariamnte come unic o percorso per l'accesso a due corpi di fabbrica ove è ubicato il mio appartamento e pertanto non solo per la sosta e la manovra degli autoveicoli ma ordinariamente e necessariamente come via di accesso pe r i suddetti corpi di fabbrica (sembrerà strano ma non vi sono altri accessi se non attraverso l'autorimessa) con un percorso di circa 60 metri in essa. Cade quindi il requisitodella "esclusiva destinazione d'uso" pertanto :

1) E' possibile che un'autorimessa sia via necessaria ed unica di accesso per le abitazioni ?

2) il fatto che l'autorimessa costituisca unico accesso comporta un aggravio delle condizioni di sicurezza e la conseguente revoca del Certificato Prevenzione Incendi ?

Dall'esame della nroamtiva ho visto che sono possibili delle comunicazioni ... ma noncredo che per esse si possa intendere la normale via di accesso alle abitazioni.

Vi ringrazio per l'attenzione che presterete al quesito. A. G.


Risponde il Direttore Regionale dei Vigili del Fuoco del Lazio, dott. Ing. Luigi Abate:

CARO G.
EFFETTIVAMENTE LA SITUAZIONE CHE MI HAI PROSPETTATO NON E' DELLE MIGLIORI E STENTO A CREDERE CHE L'UNICA VIA DI ACCESSO ALLO STABILE SIA TRAMITE L'AUTORIMESSA, CON UN PERCORSO ALL'INTERNO DI ESSA DI CIRCA 60 MT. IN QUESTO CASO TI CONSIGLIO DI PROPORRE UN ESPOSTO AL COMANDO VIGILI DEL FUOCO COMPETENTE PER TERRITORIO, AFFINCHE' QUESTO VALUTI SE SUSSISTONO I REQUISITI PER IL MANTENIMENTO DEL CPI.
MI STUPISCE INOLTRE COME IL COMUNE POSSA AVER DATO L'ABITABILITA' AD UN EDIFICIO DI CIVILE ABITAZIONE CON ACCESSO DA AUTORIMESSA....... A MENO CHE PERCORSE LE AREE INTERNE A QUEST' ULTIMA SI ACCEDE ALLE ABITAZIONI TRAMITE SUCCESSIVI SPAZI SCOPERTI.
TI RICORDO, A MENO CHE L'ALTEZZA DELLO STABILE SIA INFERIORE A 12 MT, CHE GLI EDIFICI DI CIVILE ABITAZIONE DEVONO POSSEDERE I REQUISITI PREVISTI DAL DM 246/87...TRA CUI ANCHE DETERMINATE CONDIZIONI DI ACCESSIBILITA' ED ACCOSTAMENTO DELLE AUTOSCALE DEI VF.
TI INVIO IN ALLEGATO LA NORMA RELATIVA AFFINCHE' TU POSSA VERIFICARE IL RISPETTO O MENO DI QUESTA PER IL TUO STABILE.

CON CORDIALITA'



Domanda:

Buongiorno,
complimenti per la rubrica, molto utile e di grande interesse; mi occupo di 626 e mi trovavo di fronte a un dilemma, il dubbio è legato alla interpretazione dei punti delle attività Nr. 8 - 21 dell'allegato 1 al DM 16.02.1982, entrambe fanno riferimenti ad un ben specificato numero di addetti, ma non è chiaro se si intende come numero di addetti il numero degli addetti impiegatisolo nel settore in questione (es. settore vernici ecc) o se si riferisce alla totalità degli addetti assunti in azienda. Grazie.


Risponde l’ing. Massimo Elio Mantovani Vice Direttore Regionale VVF per il Lazio:

Il numero di addetti è riferito solo a quelli impiegati nello specifico settore solo se l'attività è esercita in un fabbricato isolato e totalmente destinato a tale attività.
Nel caso in cui l'attività fosse inserita in un unico fabbricato industriale e comunicante con altre attività ad esso pertinenti, il numero di addetti da considerare è il numero totale degli addetti presenti nel fabbricato.



Domanda:

Buonasera e buon anno!
Abito in un condominio a Silvi Marina (TE), ho acquistato nel 1998, ad aprile, un appartamento, con garage nel locale seminterrato collegato con scalinata e fermata dell'ascensore al palazzo.
Per lungo tempo abbiamo aspettato che l'impresa ci consegnasse il certificato di abitabilità, dopo due anni riceviamo dall'amministratore un certificato di abitabilità parziale che parla solo di piano terra a negozi e appartamenti ai piani superiori, omette del tutto il locale seminterrato adibito a servizi comuni e 20 garages.
Mi sono messo alla ricerca ed ho scoperto:
Che a gennaio 1998 i VV.FF. di Teramo hanno inviato all'impresa e per conoscenza al comune (ma per posta ordinaria che si deve essere perduta!) una lettera con le prescrizioni per ottenere il CPI, in deroga perché ci sono alcuni altri problemi risolvibili.
Ho trovato al comune, con data settembre 1997, una dichiarazione di un architetto il quale attestava il rispetto di tutta la normativa vigente sulla prevenzione incendi e che è stata citata ed allegata alla
certificazione dell'abitabilità rilasciata in maggio dell'anno 2000.
Dopo questa abitabilità parziale l'impresa è diventata latitante, nonostante due cause intentate dal condominio e nonostante sui rogiti fosse scritto "l'impresa fa presente che è stata presentata domanda per ottenere l'abitabilità e che solleva l'acquirente da ogni e qualsivoglia onere o spesa per quanto sopra".
Faccio presente che c'è un ascensore senza porta REI che apre direttamente sulla rampa di transito dei garages, oltretutto con una strettoia. Il varco tra locale garages e scala è "aperto" ovvero ci sono i mattoni forati senza alcuna porta.
Cosa pensate che possa fare, io sono già stato ai VV.FF. di Teramo (geom. D'Agostino, tra l'altro molto gentile e disponibile!), ho chiesto consiglio su come sistemare i garages, ovvero, tra le altre cose, installare una porta tagliafuoco scorrevole all'ascensore ecc... ed ho fatto una relazione all'impresa con tanto di preventivi (sono geometra) per tutto questo, ma....niente.
Aggiungo che ho fatto una copia del libretto dell'ascensore, regolarmente collaudato dall'Ispesl per cinque fermate (ovvero compresa la fermata nei garages) e regolarmente firmato da un Ingegnere dell' Ispesl!!!!!!
Noi abbiamo un contratto di manutenzione con la stessa azienda che ha installato l'ascensore. Noi abbiamo una assicurazione su tutto il fabbricato.
Il Comune ci rinnova periodicamente la concessione di esercizio dell'ascensore (o come si chiama il permesso!).
Grazie per i consigli che vorrete darmi e cordiali saluti. S. C.


Risponde l’ing. Massimo Elio Mantovani Vice Direttore Regionale VVF per il Lazio:

In merito al quesito posto, si comunica che l'autorimessa condominiale è soggetta al rilascio del Certificato di Prevenzione Incendi e che la normativa individua nell' amministratore il soggetto a cui ricade l'obbligo di richiedere tale certificato.
Pertanto gli oneri derivanti dalla messa a norma dell'autorimessa dovranno essere distribuiti tra i condomini proprietari dei posti auto.
L'amministratore ed i condomini potranno far ricadere le spese sostenute intentando una causa civile all'impresa per aver venduto un bene non godibile per la sua destinazione prevista in progetto e nei relativi rogiti notarili ed anche al professionista che avendo firmato una dichiarazione mendace ha di fatto permesso il rilascio da parte del comune dell' agibilità.



Domanda:

Le chiedo cortesemente se per aprire un parcheggio a pagamento in un centro abitato su di un'area aperta (corte libera da alberi o cose pericolose) devo avere qualche permesso di prevenzione incendi o che normativa debbo rispettare, premesso che non intendo fare attività di rimessaggio con custodia, ma di ricovero saltuario per qualche ora come un normale parcheggio comunale su di un'area aperta (piazza o via).

Vi ringrazio in attesa urgente di una vostra. M. M.


Risponde il Direttore Regionale dei Vigili del Fuoco del Lazio, dott. Ing. Luigi Abate:

A MENO DELLE NECESSARIE AUTORIZZAZIONI COMUNALI CHE DOVRANNO ESSERE RICHIESTE ED OTTENUTE, AI FINI ANTINCENDIO LA NORMA DI RIFERIMENTO E' QUELLA ALLEGATA ( D.M.Interno del 01/02/1986. Norme di sicurezza antincendio per la costruzione e l'esercizio di autorimesse e simili. ) DELLA QUALE TI INTERESSA IL PUNTO 7.
PER QUESTA TIPOLOGIA NON OCCORRE NE' L'ESAME PROGETTO DA FARSI APPROVARE DAL COMANDO VF COMPETENTE PER TERRITORIO E NE' IL RELATIVO CPI.
ale3000
00mercoledì 3 marzo 2010 22:27
Domanda:

Il problema per cui chiedo notizie è il seguente:
- Una autorimessa con 95 posti auto ha alcuni garage con annesso un locale destinato a cantina.
Le chiedo se la comunicazione tra garage e cantina deve avvenire con un locale filtro (se areato?) o semplicemente mediante una porta REI 120
Ringraziando della collaborazione, porgo cordiali saluti. G. V.


Risponde il Direttore Regionale dei Vigili del Fuoco del Lazio, dott. Ing. Luigi Abate:

CARO G.
NEL TUO CASO E STANTE LE LIMITAZIONI DELLA NORMA ALLEGATA I BOX NON POSSONO COMUNICARE CON LOCALI ADIBITI A A CANTINA (PIU' DI 40 VETTURE).
PROPABILMENTE , RICORRENDO ALL'ISTITUTO DELLA DEROGA (ART. 6 DEL DPR 37/96),
SARA' POSSIBILE SANARE TALE SITUAZIONE PROPONENDO MISURE COMPENSATIVE AL RISCHIO ACCRESCIUTO....MAGARI REALIZZANDO UN FILTRO A PROVA DI FUMO TRA I BOX E LE RELATIVE CANTINE OD ATTUANDO ALTRE SOLUZIONI DA CONCORDARE CON L'ORGANO DI VIGILANZA.....CONTATTA PERTANTO IL COMANDO VF COMPETENTE PER TERRITORIO.



Domanda:

Ho letto in una risposta alle domande precedenti, dove si parlava dell'obbligo, nelle autorimesse con più di nove veicoli, di prese d'aria che ne garantiscano l'aerazione.
Di recente mi è giunta notizia che queste prese d'aria devono essere munite di serrande tagliafuoco.
Vivendo in un condominio con autorimessa dotata di prese d'aria vorrei sapere se questa notizia è vera.
Se si, il rischio non è che queste serrande, in caso d'incendio, una volta chiuse, non permettano l'evacuazione del fumo?
Grazie. C.


Risponde il Direttore Regionale dei Vigili del Fuoco del Lazio, dott. Ing. Luigi Abate:

CARO C.
TUTTE LE AUTORIMESSE DEVONO ESSERE AEREATE NELLA MISURA PREVISTA DALLA NORMA CHE TI ALLEGO. QUESTA AEREAZIONE PUO' OTTENERSI ANCHE IN MODO CHE SERRAMENTI, (TIPO VETRI OD ALTRO) POSTI PER LA PROTEZIONE DALLE INTEMPERIE, POSSONO ESSERE RIMOSSI IN CASO DI NECESSITA'. OVVIAMENTE RISPETTANDO, IN ASSENZA DI UN IMPIANTO AUTOMATICO DI VENTILAZIONE, LA QUOTA PARTE DI AEREAZIONE NATURALE SEMPRE PRIVA DI SERRAMENTI PARI AL TRE PER MILLE DELLA SUPERFICIE IN PIANTA DEL GARACE.
LE SERRANDE TAGLIAFIAMMA (CHE NON HANNNO NULLA A CHE FARE CON LE PRESE D'ARIA DELL'AUTORIMESSA) VENGONO IMPIEGATE ALL'INTERNO DELLE CANALIZZAZIONI (AD ESEMPIO ARIA CONDIZIONATA) CON LO SCOPO DI INTERCETTARE EVENTUALI FUMI DA INCENDIO ASPIRATI DA "PRESE D'ARIA" PRESENTI IN UN COMPARTIMENTO E VEICOLATI TRAMITE LA CANALIZZAZIONE IN ALTRI COMPARTIMENTI.
IN UN CERTO SENSO LE SERRANDE TAGLIAFIAMMA FUNZIONANO PER LE CANALIZZAZIONI COME UNA PORTA REI FUNZIONA PER METTERE IN COMUNICAZIONE DUE COMPARTIMENTI ADIACENTI.



Domanda:

Egregio Direttore desidero sottoporLe il seguente quesito:
relativamente all'autorimessa privata del nostro condominio di recente costruzione (anno1999/2000), al costruttore è stato rilasciato un C.P.I. (Prat. 50558, Prot. 345) che, dopo aver previsto la possibilità di ricovero, al piano ammezzato di 7 posti auto e 23 motoveicoli, e, al piano cantinato di 13 posti auto e 33 motoveicoli, riporta testualmente quanto segue:
"Con riferimento ai motocicli indicati nel presente certificato si precisa che, ai sensi della lett. Circ. M.I. n° 4108 del 26.07.2000, è consentito in luogo di detti motocicli ricoverare autovetture in ragione di una ogni 4
motocicli o ciclomotori a condizione che comunque non vengano intralciate le corsie per la manovra degli autoveicoli" .
Orbene, il costruttore ha di recente venduto ad un condomino un posto auto nell'area del piano ammezzato, in aggiunta ai sette ivi previsti, motivando che il C.P.I. lo autorizza a sostituire il posto destinato a quattro
motoveicoli con un auto.
E' lecito quanto fatto dal costruttore?
Io ho letto la circolare in questione e mi pare che la sostituzione tra motoveicoli e auto, al contrario, sia prevista solo qualora alle macchine previste (nel caso specifico7) si vogliano sostituire 4 motoveicoli. La
prego di chiarirmi questa circostanza, anche perchè, oltre il posto di recente venduto che peraltro ostacola le manovre per il parcheggio della mia autovettura, il costruttore ha indicato con apposita segnaletica orizzontale, ulteriori posti auto nelle corsie di esodo.
La ringrazio anticipatamente e La prego d'indicarmi quali sono le vie da seguire nel caso in cui ravvisasse in quanto sopra esposto irregolarità o comportamenti non conformi alla normativa vigente. S. F.


Risponde il Direttore Regionale dei Vigili del Fuoco del Lazio, dott. Ing. Luigi Abate:

CARO S.,
LA CONVERSIONE DEI MOTOCICLI (4) A VETTURA (1) E' POSSIBILE PERTANTO LA CONFIGURAZIONE FINALE SARA' 6 AUTO E 19 MOTO....... PURCHE' IN QUESTA MODIFICA NON VENGANO ALTERATE LE CONDIZIONI DI SICUREZZA ( INGOMBRI , CORSIE DI MANOVRA ECC.).
IN MERITO AL POSTO AUTO AGGIUNTO BISOGNA VERIFICARE LA CONGRUITA' CON IL MASSIMO PARCAMENTO CONSENTITO DALLA NORMA (UNA VETTURA OGNI 20 MQ. DI GARAGE) ED ANCHE SE L'INSERIMENTO DEL POSTO AUTO NON INFICIA LA FRUIBILITA' DELLE CORSIE DI MANOVRA.
PUOI RICHIEDERE UN SOPRALLUOGO AL COMANDO COMPETENTE PRODUCENDO UN ESPOSTO MOTIVATO.



Domanda:

Siamo titolari di un deposito di merce varia (attività 88) svolto all'interno di più capannoni per complessivi 4000 mq., isolati con struttura in ferro protetta con vernici intumescenti, il carico di incendio è di 40 kg/legna
equivalente, il CPI rilasciato è in scadenza.
Oggi intendiamo modificare l'attività che si svolgerà su un solo capannone, diminuendo quindi la superfice a 2500 mq. ed anche il carico di incendio a circa 15 kg/mq.
Si intende sapere se nella predisposizione del nuovo progetto si potranno ancora utilizzare le stesse vernici intumescenti per la protezione delle strutture in ferro.
Ringraziando anticipatamente porgiamo cordiali saluti. R. M.


Risponde il Direttore Regionale dei Vigili del Fuoco del Lazio, dott. Ing. Luigi Abate:

SE CI SI RIFA' ALLA CIRCOLARE 91/61, PER IL FUTURO CARICO DI INCENDIO PREVISTO NON OCCORRE ALCUNA PROTEZIONE PER LE STRUTTURE...TUTTAVIA TRATTANDOSI DI UNA ATTIVITA' NON NORMATA E' OPPORTUNO CHE LEI SI RIVOLGA AL COMANDO PROVINCIALE COMPETENTE PER TERRITORIO PER DISCUTERE CON UN FUNZIONARIO L'ARGOMENTO POSTO COME QUESITO.



Domanda:

Avrei bisogno di un chiarimento in merito alla seguente questione:
se un fabbricato residenziale supera i 30 metri di altezza (ed è ovviamente dotato di ascensore), è vero che qualora tutti i piani siano accessibili all'autoscala dei vigili del fuoco, non deve essere usato nessun particolare accorgimento ai fini dell' antincendio per il vano scala ed il vano ascensore?
Grazie. F. D.


Risponde il Direttore Regionale dei Vigili del Fuoco del Lazio, dott. Ing. Luigi Abate:

IN VERITA' QUALUNQUE EDIFICIO, SIA ESSO ESISTENTE ALLA DATA DEL DPR ALLEGATO CHE DI EPOCA SUCCESSIVA, DEVE OSSERVARE GLI INDIRIZZI TECNICI RICHIAMATI DALLA NORMA, SIA PER LO STABILE CHE PER GLI IMPIANTI IN ESSO INSISTENTI.....QUALI AUTORIMESSA, CENTRALE TERMICA E ASCENSORE (PER QUEST'ULTIMO VALE ANCHE LA RECENTE NORMA CHE ALLEGO).
ALLA LUCE DI QUANTO COMUNICO SI DOVRA' RIQUALIFICARE IL FABBRICATO IN QUESTIONE.



Domanda:

Sto per andare ad abitare in una villetta attualmente in costruzione. Il box è comunicante con la casa, attraverso una porta frangifiamma. Uscendo dal box ed entrando quindi direttamente in casa, la porta si apre solo di 90°, in quanto ad un certo punto il soffitto si abbassa in modo anomalo. Aprendo completamente tale porta io avrei due vie di fuga, a destra (il corridoio porta in giardino), e a sinistra (il corridoio porta all'entrata della casa). A causa dell'anomalia suddetta, però, la via verso destra è preclusa. C'è una norma che prevede che la porta si apra completamente, a 180°?
La ringrazio moltissimo. Un cittadino.


Risponde il Direttore Regionale dei Vigili del Fuoco del Lazio, dott. Ing. Luigi Abate:

CARISSIMO
SEI UNA PERSONA FORTUNATA E PREVIDENTE.
FORTUNATA PERCHE' LA TUA PORTA E' ANTIFIAMMA (REI) RISPETTO A QUELLA PREVISTA DALLA NORMA (METALLICA).... CON DISPOSITIVO DI AUTOCHIUSURA.
PREVIDENTE PERCHE' LA COMUNICAZIONE TRA AUTORIMESSA E ABITAZIONE SI REALIZZA TRAMITE PORTA REI.
L'APERTURA DI 90° GRADI E' PIU' CHE SUFFICIENTE PER L'ESODO ATTESO CHE LA TUA AUTORIMESSA NON E' SOGGETTA AL CPI.,
LA NORMA CHE DEVE ESSERE OSSERVATA E' LA SEGUENTE:

2. AUTORIMESSE AVENTI CAPACITÀ DI PARCAMENTO NON SUPERIORE A NOVE AUTOVEICOLI.

2.1. Autorimesse del tipo misto con numero di veicoli non superiore a nove:

le strutture portanti orizzontali e verticali devono essere almeno del tipo R 60 e, se di separazione, almeno REI 60;
le eventuali comunicazioni ammissibili con i locali a diversa destinazione, facenti parte dell'edificio nel quale sono inserite, devono essere protette con porte metalliche piene a chiusura automatica; sono comunque vietate le comunicazioni con i locali adibiti a deposito o uso di sostanze esplosive e/o infiammabili;
la superficie di aerazione naturale complessiva deve essere non inferiore a 1/30 della superficie in pianta del locale;
l'altezza del locale deve essere non inferiore a 2 metri;
l'eventuale suddivisione interna in box deve essere realizzata con strutture almeno del tipo REI 30;
ogni box deve avere aerazione con aperture permanenti in alto e in basso di superficie non inferiore a 1/100 di quella in pianta; l'aerazione può avvenire anche tramite aperture sulla corsia di manovra, eventualmente realizzate nel serramento di chiusura del box.



Domanda:

Nel nostro ufficio tecnico di metri 500 piano terra dove lavorano 20 persone e la palazzina amministrazione 1 piano senza ascensore dove lavorano 15 persone oltre agli istintori posizionati .Siamo obbligati per la tipologia degli ambienti ad effettuare un impianto di rilevazione incendio omologato con domande ai vigili del fuoco e certificazioni,oppure possiamo evitarlo. Saluti.


Risponde il Direttore Regionale dei Vigili del Fuoco del Lazio, dott. Ing. Luigi Abate:

IL SUO UFFICIO PER IL LIMITATO NUMERO DI ADDETTI E' CERTAMENTE NON SOGGETTO ALLA NORMA DI PREVENZIONE INCENDI CHE SI APPLICA AD UFFICI CON PIU' DI 500 ADDETTI.
COMUNQUE AI SENZI DEL DM. 10-3-98 IL DATORE DI LAVORO DEVE ATTARE LE MISURE RITENUTE NECESSARIE PER CONTENERE IL RISCHIO INCENDIO. L'INSTALLAZIONE DI UN SISTEMA DI RILEVAZIONE DEGLI INCENDI NON E' OBBLOGATORIO MA RIENTRA IN UNA SCELTA FACOLTATIVA DATORIALE.



Domanda:

Per quanto riguarda la grande distribuzione commerciale esiste l’obbligo normativo di verificare gli impianti elettrici e di annotare l’esito su un apposito registro. So che la normativa disciplina i locali di pubblico spettacolo mentre non ho trovato nulla di così preciso per i centri commerciali aventi un afflusso di persone (in certi periodi) uguale o superiore ai precedenti.


Risponde il Direttore Regionale dei Vigili del Fuoco del Lazio, dott. Ing. Luigi Abate:

LA ESIGENZA DI ORGANIZZARE UN PROPRIO "REGISTRO DEI CONTROLLI PERIODICI" DERIVA DALLA APPLICAZIONE DEL DLGS 626/94 E DAL DM INTERNO 10-3-98. DI NORMA TALE OBBLIGO VIENE RIPORTATO NEL RELATICO CPI, ED IN TALUNI CASI L'ORGANO DI VIGILANZA PUO' SANZIONARE LA DISAPPLICAZIONE.



Domanda:

Vorrei avere alcune informazioni relative ad un locale che stò ristrutturando.
Il locale era adibito ad officina meccanica, ora dovrà essere adibito a pizzetteria con vendita diretta (non c'è la somministrazione e quindi solo posti all'impiedi). Il solaio è costituito da panconcelli e travi in legno a vista e si trova ad un'altezza di 2,70mt circa sotto i panconcelli (sotto la trave è di 2,50mt circa).
Siccome c'è un laboratorio per la lavorazione della pizza con un forno elettrico vorrei sapere se potrebbero esserci
problemi per la presenza delle travi in legno: è sufficiente un trattamento delle superfici in legno con prodotti ignifughi e lavabili nel labboratorio?


Risponde il Direttore Regionale dei Vigili del Fuoco del Lazio, dott. Ing. Luigi Abate:

LE VERNICI RALLENTANO IL PROCESSO DI COMBUSTIONE, IO TI SUGGERISCO, OVE POSSIBILE, DI INCAPSULARE ( E QUINDI PROTEGGERE) QUANTO MENO LE STRUTTURE LIGNEE PORTANTI CON PANNELLI ISOLANTI AGLI EFFETTI DELLE FIAMME (CARTONGESSO, CARTONI IN FIBRE MINERALI OD ALTRO MATERIALE DI PARI EFFICACIA).



Domanda:

Ho fatto realizzare una canna fumaria con le seguenti caratteristiche:

-Tubo in lamiera smaltata, coimbentato con lana di roccia (cm 3) e uno strato di alluminio (mm 3) e murato con mattoni pressati.
Il tubo attraversa il tetto rivestito con perlinato di legno da 2 cm.
Fra il tubo e il perlinato è stata inserita, circa cm 2, di lana di roccia; la parte di lana è a diretto contatto con il tubo, mentre la parte di alluminio a contatto con il perlinato e i mattoni pressati.
Le chiedo, gentilmente, un suo parere, ed in particolare se c'é rischio di incendio per il perlinato.

P.S. Il camino è in ghisa.


Risponde il Direttore Regionale dei Vigili del Fuoco del Lazio, dott. Ing. Luigi Abate:

NON E' SEMPLICE RISPONDERE ALLA SUA DOMANDA.
SAPPIA CHE IL LEGNO INDICATIVAMENTE PUO' ACCENDERSI SPONTANEAMENTE QUANDO RAGGIUNGE UNA TEMPERATURA PROPRIA DI CIRCA 400°C.
SICCHE' BISOGNA SAPERE A CHE TEMPERATURA I FUMI CALDI SMALTITI DALLA CANNA FUMARIA ATTRVERSANO LA SEZIONE DI INTERSEZIONE CON LA COPERTURA E LA DISTANZA DI QUESTA SEZIONE DAL FOCOLARE.
CERTAMENTE LA INTERPOSIZIONE DELLA LANA DI ROCCIA RALLENTA LA TRASMISSIONE DEL CALORE SICCHE', ALL'EQUILIBRIO TERMICO TRA CALORE TRASMESSO E CALORE SMALTITO, LA TEMPERATURA DEL LEGNO DELLA COPERTURA DEVE ESSERE SENSIBILMENTE INFERIORE AI VALORI DI 400°C.
LA MANUTENZIONE DEL CAMINO E LA PULIZIA DI QUESTO DAI RESIDUI CARBONIOSI (NEROFUMO) SONO INDISPENSABILI.



Domanda:

Volevo chiederLe quanti estintori devono essere installati nella autorimesse con meno di 9 autoveicoli. Avevo sentito parlare di uno ogni 5 autorimesse se soggette al rilascio del Certificato prevenzione incendi.
Grazie e Cordiali Saluti.


Risponde il Direttore Regionale dei Vigili del Fuoco del Lazio, dott. Ing. Luigi Abate:

LA NORMA CHE RIPORTO VALE PER TUTTE LE AUTORIMESSE , SOGGETTE O NO ALLA PREVENZIONE INCENDI. PERTANTO CREDO UTILE L'INSTALLAZIONE DI ALMENO UN ESTINTORE COME DI SEGUITO:

6.2. Mezzi di estinzione portatili.

Deve essere prevista l'installazione di estintori portatili di "tipo approvato" per fuochi delle classi "A", "B" e "C" con capacità estinguente non inferiore a "21 A" e "89 B".
Il numero degli estintori deve essere il seguente: uno ogni cinque autoveicoli per i primi venti autoveicoli; per i rimanenti, fino a duecento autoveicoli, uno ogni dieci autoveicoli; oltre duecento, uno ogni venti autoveicoli.
Gli estintori devono essere disposti presso gli ingressi o comunque in posizione ben visibile e di facile accesso.



Domanda:

Vorrei sottoporre un caso relativo alla richiesta o meno del certificato prevenzione incendi.
In uno stesso capannone coesistono due ditte A e B (con naturalmente due ragioni sociali diverse).
La ditta B, possiede un'ala del capannone (circa 80 mq) e svolge prettamente attività di ufficio.
La ditta A svolge attività di riparazione e assistenza di attrezzature semimoventi per edilizia e stradali (sostanzialmente attività di officina meccanica) nell'altra parte rimanente del capannone.
Le due aree sono in comunicazione da un'unica porta tagliafuoco REI120.
L'area di lavoro (officina) della ditta A e di circa 370mq, con in aggiunta una parte espositiva/vendita sempre di attrezzature semimoventi per edilizia e stradali di 80mq divisa dall'officina soltanto da uno scaffale (dunque non
vi è nè seprazione nè compartimentazione).
Però questi 80mq sono di proprietà della ditta B.

Dunque i quesiti erano i seguenti:

1. Visto che la somma di 80mq di esposizione più i 370mq di officina, danno 450mq, essa rientra sotto l'attività N°87: "Locali, adibiti ad esposizione e/o vendita all'ingrosso e al dettaglio con superficie lorda superiore a 400
m2 comprensiva di servizi e depositi"

2. Se sì alla risposta 1, chi dovrà sostenere tutti gli oneri relativi
all'ottenimento del CPI?


Risponde l’Arch. Giancarlo Ranalletta in servizio presso la Direzione Regionale VV.F. Lazio:

L'attività di officina meccanica di riparazione e assistenza di attrezzature semoventi se ricovera più di nove automezzi o impiega più di 25 addetti ed effettua lavorazioni a freddo ricade nel punto 72 del DM 16/2/82.
Diversamente dai casi sopra elencati l'attività rientra nel punto 87 dello stesso DM in quanto di superficie superiore a 400 m2 complessivi.
Le attività devono essere separate con strutture resistenti al fuoco e non direttamente comunicanti tra loro se non tramite filtro a prova di fumo in caso di conprovata necessità, in quanto gestite da Ditte diverse.
L'ottenimento del CPI compete al responsabile gestore dell'attività a meno di impegni contrattuali.



Domanda:

Il quesito che vorrei porre è il seguente:

All'interno di un centro commerciale è inserito un ristorante/pizzeria.
Il ristorante/pizzeria ha sia un accesso diretto indipendente che un accesso dalla galleria del centro commerciale.
La cucina di detto ristorante, alimentata a gas metano, ha una potenzialità minore di 100KW ed è inserita all'interno del locale di consumazione pasti.
Allo stesso modo, anche il forno a legna, per il quale ho stimato una potenza termica di circa 60kW, DIV> inserito all'interno del locale di consumazione pasti.
In sostanza sia il forno a legna che la cucina a gas non sono nello stesso locale, ma si affacciano senza separazioni REI entrambi sul locale di consumazione dei pasti.
Per la cucina sono state rispettate le prescrizioni del DM del 12/4/96.

I quesiti sono dunque questi:

Cosa comporta la contemporanea presenza di forno a legna e cucina a gas?
Cosa comporta la comunicazione del locale ristorante con il centro commerciale?
Quali sono le altre norme e circolari che disciplinano l'argomento?


Risponde l’arch. Mimmo Balestrieri della Direzione Regionale VVF del Lazio:

Le norme tecniche di prevenzione incendi che regolamentano i locali di installazione di impianti di cucina e lavaggio stoviglie sono quelle relative al D.M. 12.4.1996, in particolare la comunicazione con altri locali, pertinenti l’attività servita dall’impianto, è consentita tramite disimpegno anche non aerato, con eccezione dei locali soggetti ad affollamento superiore a 0,4 persone/mq e quindi, come nella fattispecie, con attività di cui al punto 87 del D.M. 16.2.82, che dovrà avvenire tramite disimpegno avente le caratteristiche indicate al punto 4.2.5 lettera b del D.M. 12.4.96.

In ragione di quanto sopra rappresentato pertanto, in considerazione della particolare tipologia dell’impianto, che nella fattispecie prevede la presenza di forno a legna nel locale consumazione pasti e dei fornelli a gas nel locale cucina, i locali devono, per forza maggiore e anche per motivi di funzionalità, comunicare fra di loro come sopra indicato.
Le porte REI, comunque, possono essere dotate di dispositivo di autochiusura anche del tipo normalmente aperte purché asservite ad un sistema di rivelazione incendi.



Domanda:

Volevo sottoporre il seguente quesito.

- Tutte le biblioteche sono assoggettabili alla Voce 90 del D.M. 16/02/1982?

- Se la biblioteca non è inserita in un edificio pregevole per arte e storia e non è nemmeno sottoposta alla vigilanza dello Stato, ma si trova semplicemente in un edificio anche con altre destinazioni d'uso, esiste una normativa specifica o si fa riferimento a quella per gli edifici pregevoli (c.f.r. D.P.R. n.418 del 30/06/1995) ?

Ringrazio anticipatamente.


Risponde l’ing. Alessandro Paola del Comando Provinciale dei Vigili del Fuoco di Roma:

Si rappresenta che le biblioteche sono comprese nelle attività n. 90 dell'Allegato al DM 16/02/1982 solo quando sono inserite in "Edifici pregevoli per arte o storia e quelli destinati a contenere biblioteche, archivi, musei, gallerie, collezioni o comunque oggetti di interesse culturale sottoposti alla vigilanza dello Stato di cui al R.D. 7 novembre 1942, n. 1564”.
Qualora le biblioteche, (intese come un luogo dove sono raccolti molti libri, disposti in un determinato ordine e catalogati, per uso degli studiosi), non siano comprese all'interno di tali tipologia di attività, le stesse possono essere considerate nell'attività n. 43 dell'Allegato al DM 16/02/1982, se il quantitativo di materiale cartaceo conservato è superiore a 50 quintali e se le stesse sono disposte in un locale adibito appositamente alla conservazione dei libri.
Non sono pertanto da considerarsi attività soggette le cosiddette biblioteche adibite a sale lettura o con presenza di personale che svolge le proprie attività lavorative in un ambiente ove sono presenti numerosi libri, mentre dovranno ottenere il Certificato di Prevenzione Incendi i locali ove vengono depositati i libri con quantitativi superiori a 50 quintali di materiale cartaceo.
Per quanto riguarda la norma di riferimento, non essendo stata emanata una regola tecnica specifica per tate tipo di attività, nella valutazione delle misure antincendio da adottare, ci si dovrà rifare alle norme ed ai criteri generali di prevenzione incendi, salvo che specifiche norme (ad es. quella delle scuole) non diano specifiche indicazioni.
Per un maggior approfondimento rimandiamo alla lettura dei seguenti chiarimenti in materia:

- Lettera Circolare Data 24/09/1985 Numero n.19917 - Prevenzione incendi negli Archivi. Interpretazione norme esistenti (identificazione degli archivi come attività 43)

- Lettera Circolare Data 30/10/1996 Numero n.P2244/4122 sott. 32 D.M. 26 agosto 1992 - "Norme di prevenzione incendi per l'edilizia scolastica" - Chiarimenti applicativi e deroghe in via generale ai punti 5.0 e 5.2 (chiarimento per le scuole)

- Circolare Ministeriale Data 17/12/1986 Numero n.42 Chiarimenti interpretativi di questioni e problemi di prevenzione incendi - punto 12 (chiarimento per le librerie).



Domanda:

Nel mio condominio c'è un locale caldaia dove alcuni condomini stendono ad asciugare i panni, essendo materiale infiammabile volevo sapere se è regolare questo comportamento. grazie.


Risponde il Direttore Regionale dei Vigili del Fuoco del Lazio, dott. Ing. Luigi Abate:

PREMESSO CHE I PANNI ED IN GENERE GLI INDUMENTI SONO DEI COMBUSTIBILI E NON INFIAMMABILI, LA PRASSI DI ASCIUGARE QUESTI ALL'INTERNO DEL LOCALE CALDAIA NON E' USUALE E CONDIVISIBILE...PER MOTIVI DI PRUDENZA E DI CORRETTO UTILIZZO DEL LOCALE.
CREDO ANCHE CHE TALE PRASSI DOVREBBE ESSERE PROIBITA DALL'AMMINISTRATORE CONDOMINIALE CHE DELLA GESTIONE DELL'IMPIANTO E' DIRETTO RESPONSABILE



Domanda:

In merito alla circolare 91/’61 volevo avere qualche chiarimento.

1. Con riferimento alla Tabella 5 : il copriferro per la voce “Calcestruzzo normale” è da intendersi come copriferro effettivo strutturale oppure si può includere in tale copriferro l’eventuale intonaco ? Ovvero, in pratica, volendo ottenere un R.E.I. 60 (copriferro richiesto 3.00 cm) e avendo una struttura con copriferro strutturale pari a 1.5, è sufficiente uno strato di intonaco di 1.5 cm per ottenere i 3.00 cm totali, oppure devo avere un vero e proprio copriferro strutturale pari a 3.00 cm ?
2. Il R.E.I. dell’intonaco applicato alla struttura può essere sommato con il R.E.I. della struttura stessa ? Ovvero, in pratica, volendo realizzare un R.E.I. 120 e avendo un solaio R.E.I. 30 ed un intonaco che con 2 cm di spessore assicura R.E.I. 90, è possibile accostando i due materiali ottenere un R.E.I. 120?


Risponde l’ing. Alessandro Gabrielli della Direzione Regionale dei Vigili del Fuoco del Lazio:

Quesito1

Non è possibile sommare lo spessore di calcestruzzo a quello dell’intonaco in quanto i due materiali hanno caratteristiche sensibilmente diverse. Inoltre non è garantita l’adesione dei differenti strati.


Quesito 2

L’accostamento di più elementi aventi una propria durata in termini di resistenza al fuoco ha sicuramente l’effetto di migliorare le caratteristiche dell’insieme rispetto al singolo elemento, stante la complessità del fenomeno non è pero possibile pensare di valutare l’insieme come una sommatoria delle resistenze al fuoco dei singoli elementi.



Domanda:

Chiedo cortesemente risposta a due quesiti:

- dovendo ristrutturare una cucina all'interno della quale sono installate attrezzature a gas metano con circa 120 kw e ricadendo nell'Attività 91 ho il seguente dubbio: le pareti della cucina che si attestano su spazio scoperto superano in lunghezza il 15% del perimetro compartimentato ma la cucina (inserita in un vecchio ospedale) ha quota di pavimento a -2,0 metri rispetto al piano calpestabile dello spazio scoperto e h netta interna di circa 3,7 mt. Le pareti della cucina quindi sono per metà sottostanti a tale piano e confinanti con altri locali interrati e per metà circa fuoriescono completamente libere dotate di finestre.
Posso considerare quindi il perimetro di quelle libere anche se per metà sono interrate ma non controterra?

- recentemente ho effettuato sopralluogo in una attività definità "comunità alloggio per minori" (tipologia oggi molto diffusa) con non più di 9 posti letto che non prevede l'alloggio per ragazzi con eventuali disabilità.
Dovendo rilasciare dichiarazione che i locali sono a norma chiedo: tale attività rientra tra le attività ricettive con capacità non superiore ai 25 posti letto? se si quali impianti antincendio è necessario prevedere?


Risponde l’ing. Alessandro Gabrielli della Direzione Regionale dei Vigili del Fuoco del Lazio:

Centrali termiche alimentate a gas metano

Il p.to 4.1.1.b) del DM 12/4/1996 è riferito a tutte le tipologie di locali, (FUORI TERRA, INTERRATI E SEMINTERRATI), prevedendo per il solo caso di locali interrati la presenza di un’intercapedine con determinate caratteristiche.
Nel caso dei locali seminterrati, come nel caso proposto, la parete non deve quindi necessariamente essere controterra.


Comunità alloggio per minori

L’attività di cui sopra non è tra quelle elencate al punto 1 dell’allegato al DM 9 aprile 1994 e s.m.i. la stessa risulta comunque soggetta agli obblighi di cui al D.Lgs. 626/94 e s.m.i..
In tale ambito, il titolo III dell’allegato al DM 9 aprile 1994, può essere preso a riferimento per l’individuazione delle adeguate misure di sicurezza.



Domanda:

In merito alla circolare 91/’61 volevo avere qualche chiarimento.

1. Con riferimento alla Tabella 5: il copriferro per la voce “Calcestruzzo normale” è da intendersi come copriferro effettivo strutturale oppure si può includere in tale copriferro l’eventuale intonaco ? Ovvero, in pratica, volendo ottenere un R.E.I. 60 (copriferro richiesto 3.00 cm) e avendo una struttura con copriferro strutturale pari a 1.5, è sufficiente uno strato di intonaco di 1.5 cm per ottenere i 3.00 cm totali, oppure devo avere un vero e proprio copriferro strutturale pari a 3.00 cm ?

2. Il R.E.I. dell’intonaco applicato alla struttura può essere sommato con il R.E.I. della struttura stessa? Ovvero, in pratica, volendo realizzare un R.E.I. 120 e avendo un solaio R.E.I. 30 ed un intonaco che con 2 cm di spessore assicura R.E.I. 90, è possibile accostando i due materiali ottenere un R.E.I. 120?


Risponde l’ing. Bernardo Lanzillotta, Dirigente Sezione Caricamento e Colonna Mobile del Comando Provinciale di Roma:

Circolare 91/61

1) La circolare 91/61 prevede per le varie classi di strutture il dimensionamento degli spessori e delle protezioni da adottare.
In particolare la tabella 5, inerente i rivestimenti, non esclude l’accostamento di due tipi di rivestimento.
Ad ulteriore conferma la norma UNI 9502 “Procedimento analitico per valutare la resistenza al fuoco degli elementi costruttivi di conglomerato cementizio armato, normale e precompresso” introduce il concetto di spessore equivalente ossia spessore del conglomerato cementizio equivalente a quello del rivestimento protettivo adottato.

2) in riferimento al secondo punto, premesso che l’attribuzione di un valore di partenza della resistenza al fuoco del solaio prevede che esso ricada in quelli previsti dalla tabella 3 della circolare 91/61, il concetto del principio dello spessore del rivestimento rimane analogo a quello del caso precedente.



Domanda:

Vorrei sapere a quale riferimento normativo devo attenermi nel caso di installazione di una caldaia a gasolio avente portata termica < 35 kW all'interno dell'abitazione.

La caldaia (a camera aperta) può essere installata in ogni ambiente, compreso camera da letto oppure bagno con doccia o vasca?

La caldaia può essere installata in autorimessa ?

Se poi la caldaia viene installata in locale adiacente a garage vorrei sapere, sempre in base a quale legge, che tipo di porta occorre tra garage e locale caldaia.

Grazie per la risposta e distinti saluti.


Risponde l’ing. Bernardo Lanzillotta, Dirigente Sezione Caricamento e Colonna Mobile del Comando Provinciale di Roma:

La normativa attuale sugli impianti a combustibile liquido, emanata integralmente da parte del Ministero dell’Interno, fa riferimento solo ad impianti di potenzialità termica superiore a 35 kW.
Premesso ciò, per le situazioni non contemplate, è comunque necessario che la corretta installazione dell’impianto sia certificata secondo le procedure previste dalla Legge 46/90 e successivo regolamento di attuazione.
Per quanto riguarda marcature e certificazioni di cui eventualmente tali impianti devono essere in possesso, il competente ufficio centrale del C.N.VV.F. ha posto un quesito (2000) alla allora Direzione Generale Produzione Industriale del Ministero dell’Industria, quesito di cui non si conosce la risposta.



Domanda:

Buongiorno, sono un consulente aziendale e vorrei sapere in base a quali criteri un luogo di lavoro si può definire "piccolo" ai sensi del DM 10/3/98. Ringrazio anticipatamente.


Risponde il Direttore Regionale dei Vigili del Fuoco del Lazio, dott. Ing. Luigi Abate:

CARISSIMO,
PER QUANTO MI RISULTA IL DM 10-3-98 NON FA RIFERIMENTO A "LUOGHI DI LAVORO PICCOLI" BENSI', E SOLO AI FINI ANTINCENDIO, DIVIDE LE ATTIVITA' LAVORATIVE IN TRE CATEGORIE:

- BASSO RISCHIO DI INCENDIO, NON SOGGETTE ALLA PREVENZIONE INCENDI.

- MEDIO RISCHIO DI INCENDIO, CI SONO NELLA MACROATTIVITA' ATTIVITA' ELEMENTARI SOGGETTE ALLA PI

- ALTO RISCHIO DI INCENDIO, CI SONO ATTIVITA' COMPLESSE SOGGETTE ALLA PI NELLA MACROATTIVITA'

SALUTI.



Domanda:

Volevo sapere quali sono le normative che regolamentano la quantità di luci di emergenza da installare in uno stabile adibito a uffici.
Ringraziando anticipatamente porgo cordiali saluti. B.M.


Risponde il Direttore Regionale dei Vigili del Fuoco del Lazio, dott. Ing. Luigi Abate:

CARISSIMO
SE L'ATTIVITA' NON E' SOGGETTA ALLA PREVENZIONE INCENDI (MENO DI 500 ADDETTI) PUO' FARE RIFERIMENTO AI CONTENUTI DEL DM. 10.3.98 CHE PREVEDE QUANTO DI SEGUITO:

3.13. Illuminazione delle vie d'uscita

Tutte le vie d'uscita, inclusi anche i percorsi esterni, devono essere adeguatamente illuminati per consentire la loro percorribilità in sicurezza fino all'uscita su luogo sicuro.
Nelle aree prive di illuminazione naturale o utilizzate in assenza di illuminazione naturale deve essere previsto un sistema di illuminazione di sicurezza con inserimento automatico in caso di interruzione dell'alimentazione di rete.

NEL CASO CHE L'ATTIVITA' SIA SOGGETTA ALLA PI. PUO' PRENDERE COME RIFERIMENTO GLI INDIRIZZI FORNITI DAL DM D.M.Interno del 19/8/1996 (PUBBLICO SPETTACOLO) OVVERO DAL DM D.M.Interno del 9/4/1994 (ALBERGHI)
TALE ILLUMUNAZIONE DEVE ESSERE GARANTITA QUANTO MENO NEI PASSAGGI, SCALE, ANDRONI ED IN GENERALE LUNGO TUTTI I PERCORSI CHE FANNO PARETE DELLE VIE DI ESODO (ALMENO 5 LUX CONTINUI MISURATI AD UN METRO DAL PAVIMENTO IN ASSENZA DI ILLUMINAZIONE ORDINARIA).



Domanda:

Dovendo relizzare un capannone, della superficie di 1650 mq, per uso immagazzinaggio e manipolazione materiali ferrosi (di varia natura ossia rame, ferro, acciaio, ghisa, alluminio etc...)(la manipolazione e lo stoccaggio avviene con l'uso di n 2 caricatori gommati e l'uso di n 2/3 camion cassonati), vorrei sapere se si è soggetti al rilascio del Certificato prevenzione incendi?
Come va interpretato in questa ottica il D.M. 16 febbraio 1982, punto 88 “Locali adibiti a depositi di merci e materiali vari con superficie lorda superiore a 1000 metri quadrati”?
Qualora eventualmente questo capannone sia lasciato aperto su 2 lati (o eventualmente su tutti i lati) ci sono prescrizioni differenti?
In attesa di riscontro ringrazio anticipatamente.


Risponde il Direttore Regionale dei Vigili del Fuoco del Lazio, dott. Ing. Luigi Abate:

QUALORA IL CAPANNONE RISULTA PERIMETRATO SUI QUATTRO LATI, L'ATTIVITA' IN ESSO SVOLTA E' SOGGETTA ALLA PREVENZIONE INCENDI, INDIPENDENTEMENTE DA CIO ' CHE NEL LOCALE SI DEPOSITA (PER SUPERFICIE MAGGIORI DI 1000 MQ.).
QUALORA IL LOCALE E' STAMPONATO NEI SUOI LATI (TETTOIA), RITENGO CHE L'ATTIVITA' NON SIA SOGGETTA ALLA PI.



Domanda:

Una porta di accesso di un ambiente di lavoro, alimentata con sistema elettrico e trascinata orizzontalmente, attraverso un sistema di cinghia e ruote dentate, deve essere provvista, per legge, di maniglione antipanico?
Se si, in caso di mancanza totale di energia elettrica, quindi anche di quella d'emergenza, come fa a funzionare il sistema d'apertura manuale attraverso il maniglione antipanico, visto che esso sarebbe impedito dal sistema elettromeccanico su scritto che si bloccherebbe?


Risponde il Direttore Regionale dei Vigili del Fuoco del Lazio, dott. Ing. Luigi Abate:

INNANZI TUTTO BISOGNA DISTINGUERE LE PORTE CHE FANNO PARTE DI UN PERCORSO DI ESODO DA QUELLE CHE IMMETTONO O FANNO USCIRE DA UN LUOGO DI LAVORO.
NEL PRIMO CASO LE PORTE A SCORRIMENTO ORIZZONTALE, SE DI RECENTE INSTALLAZIONE, DEVONO PREVEDERE, IN CASO DI EMERGENZA, DI POTER ESSERE APERTE, AD ANTA, ANCHE NEL SENSO DELL'ESODO E RIMANERE NELLA POSIZIONE DI MASSIMA APERTURA .
LE PORTE SCORREVOLI, PREESISTENTI AL 1993 E PER QUELLE IN USO PER ATTIVITA' NON SOGGETTE ALLA PREVENZIONE INCENDI, SONO TOLLERATE , NELL'AMBITO DELLA VALUTAZIONE DEI RISCHI SECONDO L'ART.4 DEL DLGS 626/94, A CONDIZIONE CHE ESISTA SEMPRE LA POSSIBILITA' DELLA LORO APERTURA MANUALE IN CASO DI MANCANZA DI ENERGIA ELETTRICA.
CON I PRESUPPOSTI DI QUANTO SOPRA E SOLO AI FINI DEI DISPOSITIVI DI APERTURA A "BARRA" SI RIPORTA LA RECENTE NORMATIVA CHE CHIARISCE QUANDO QUESTI DISPOSITIVI SERVONO O MENO:

D.M. 3.11.2004 (G.U. 271 del 18.11.04)

Disposizioni relative all’installazione ed alla manutenzione dei dispositivi per l’apertura delle porte installate lungo le vie di esodo in caso d’incendio. Sulle porte delle vie di esodo dovrà essere installato un dispositivo di apertura come di seguito:

a) Attività aperta al pubblico
e porta utilizzabile da
meno di 10 persone Dispositivo normale

b) Attività non aperta al pubblico UNI EN 179
e porta utilizzabile da persone
comprese tra 10 ¸ 25

A1) Attività aperta al pubblico e porta
utilizzata da più di 9 persone Dispositivo a barra

B1) Attività non aperta al pubblico e UNI EN 1125
porta utilizzata da più di 25 persone


Detti dispositivi se non muniti di marcatura CE e già installati verranno sostituiti in caso di rottura, in caso di situazione che pregiudica la gestione dell’esodo in essere ovvero comunque entro 6 anni dall’entrata in vigore del presente decreto.



Domanda:

Volevo sapere quali sono le disposizioni in materia di antincendio per quanto concerne i serbatoi interrati, destinati alla distribuzione di carburante. Mi interessa in proposito la disposizione attinente quelli di vecchia installazione (1958), ed ancora in uso, fermo restando le direttive in materia di ambiente ed igiene (risanamento, prove di tenuta ecc).


Risponde l’Ing. Piero Simonetti, del Comando Provinciale Vigili del Fuoco di Latina:

Per i serbatoi interrati di carburante installati presso gli impianti di distribuzione dopo il 2002 il riferimento normativo richiesto è il D.M. Interno del 29 novembre 2002 (pubblicato sulla G.U.S.G. n° 293 del 14/12/2002).

Per i serbatoi installati prima del 2002 esisteva il D.M.Ambiente n° 246 del 24/05/1999 che all’art. 11 regolamentava, dal punto di visto antincendi, i serbatoi esistenti prima del 1973. Tale decreto però, come noto, è stato annullato dalla Corte Costituzionale con sentenza emessa il 5/07/2001 (si veda a tal proposito la Lettera-Circolare M.I. n° P80/4112 sott. 53 del 23/01/2002).

Alla luce di quanto sopra esposto, gli unici riferimenti normativi in materia antincendi attualmente esistenti per i serbatoi indicati in oggetto, sono il D.M. Interno 31 luglio 1934 (art. 64, 66 e 82 in particolare) e la Circolare M.I. n° 10 del 10/02/1969 (art. 2)



Domanda:

1. 1) Dovendo ristrutturare una cucina all’interno della quale sono installate attrezzature a gas metano con circa 120 kW e ricadendo nell’Attività 91 ho il seguente dubbio: le pareti della cucina che si attestano su spazio scoperto superano in lunghezza il 15 % del perimetro compartimentato ma la cucina (inserita in un vecchio ospedale) ha quota di pavimento a –2,0 metri rispetto al piano calpestabile dello spazio scoperto e h netta interna di circa 3,7 mt. Le pareti della cucina quindi sono per metà sottostanti a tale piano e confinanti con altri locali interrati e per metà circa fuoriescono completamente libere dotate di finestre. Posso considerare quindi il perimetro di quelle libere anche se per metà sono interrate ma non controterra?
2.
2) Recentemente ho effettuato sopralluogo in una attività definita “comunità alloggio per minori” (tipologia oggi molto diffusa) con non più di 9 posti letto che non prevede l’alloggio per ragazzi con eventuali disabilità. Dovendo rilasciare dichiarazione che i locali sono a norma chiedo: tale attività rientra tra le attività ricettive con capienza non superiore ai 25 posti letto? Se sì quali impianti antincendio è necessario prevedere?


Risponde l’Ing. Antonio Albanese, Comandante Provinciale dei Vigili del Fuoco di Rieti:

Per quanto attiene il primo quesito, si evidenzia che al punto 1.1 del D.M. 12.04.96 sono riportate le definizioni di “locale fuori terra”, “locale interrato” e “locale seminterrato”:

LOCALE FUORI TERRA: locale il cui piano di calpestio è a quota non inferiore a quella del piano di riferimento.

LOCALE INTERRATO: locale in cui l’intradosso del solaio di copertura è a quota inferiore a +0,6 m al di sopra del piano di riferimento.

LOCALE SEMINTERRATO: locale che non è definibile fuori terra né interrato.
Da tali definizioni ne deriva che, nel caso prospettato, il locale cucina è classificabile come “seminterrato”.
Al punto 4.1.1, lettera b) del decreto ministeriale in questione è prescritto che:

“Almeno una parete, di lunghezza non inferiore al 15 % del perimetro, deve essere confinante con spazio scoperto o strada pubblica o privata scoperta o, nel caso di locali interrati, con intercapedine ad uso esclusivo …”
Pertanto, per i locali seminterrati la norma prescrive unicamente la presenza di almeno una parete (per la parte fuori terra) di lunghezza non inferiore al 15 % del perimetro, confinante con spazio scoperto.
Il locale cucina di che trattasi risulta, dalla descrizione riportata nel quesito, conforme alla norma. Si soggiunge che non risulta rilevante il fatto che la parte inferiore della parete sia confinante con altri locali, in quanto né nelle definizioni di cui al Titolo I, né a punto 4.1.1, né in nessuna altra parte della norma si parla di pareti o parti di pareti “controterra”.

Per il secondo quesito premetto che nella mia piuttosto lunga ed intensa carriera nell’ambito della prevenzione incendi non mi è mai capitato di esaminare “comunità alloggio per minori”, forse perché probabilmente si tratta di attività non soggette a rilascio del C.P.I. Avrei bisogno, forse, di capire meglio di che attività si tratta.
Devo presumere che, comunque, si tratti di un luogo dove alloggiano, per un certo periodo, delle persone (ragazzi), probabilmente non a scopo turistico.
Se così fosse, si tratta sicuramente di una “attività ricettiva”, nel senso di essere destinata ad “accogliere” delle persone, ma non di una “attività ricettiva turistico-alberghiera”, di cui al Titolo I del D.M. 9.04.94, nonché all’art. 6 della Legge 17.05.83, n. 217.
Pertanto, l’attività in questione non rientra nel campo di applicazione della regola tecnica di prevenzione incendi allegata al D.M. 9.04.94.
Tuttavia, tale decreto ministeriale può costituire un utile riferimento per l’adozione di misure specifiche contro i rischi d’incendio, atteso che, per esempio, al punto 6.6.2 de D.M. 26.08.92 (Norme di prevenzione incendi per l’edilizia scolastica) è previsto che per i dormitori presenti nell’ambito di complessi scolastici (che non sono certamente attività ricettive turistico-alberghiere) vadano applicate le norme per le attività alberghiere.
Trattandosi di attività con non più di 25 posti letto, il riferimento è costituito dal Titolo III del D.M. 9.04.94. Inoltre, trattandosi di attività non soggetta al rilascio del C.P.I., ma, comunque, luogo di lavoro, trova applicazione anche quanto previsto dal D.M. 10.03.98 (Criteri generali di sicurezza antincendio e per la gestione dell’emergenza nei luoghi di lavoro).
In tale contesto, gli impianti antincendio da prevedere per l’attività in questione vanno definiti a seguito di una specifica valutazione del rischio incendio, da condursi secondo i criteri previsti dal D.M. 10.03.98.
Qualora non avessi ben compreso le caratteristiche dell’attività di che trattasi, prego chi ha posto il quesito di
PRECISARE.



Domanda:

Dovendo valutare il "carico d'incendio" per un locale destinato a "aula informatica" contenente 26 postazioni PC, 6 stampanti e 1 videoregistratore, e banchi di lavoro attrezzati, quali valori posso assumere dato che non trovo dati? Grazie per il vostro supporto. Cordiali saluti.


Risponde il Geometra Antonio Pirri, Comando Provinciale Vigili del Fuoco di Frosinone:

Il carico d'incendio di una postazione Pc, di una stampante , di un video registratore così come per qualsiasi altro oggetto, si calcola conoscendo il peso dei singoli materiali che lo compongono ed i relativi poteri calorifici e, poi, si seguono i calcoli indicati nella Circolare M.I. n. 91 del 14/09/1961.
Esistono varie tabelle, contenute nei manuali antincendio relativamente al capitolo sul calcolo del carico d'incendio, che forniscono i poteri calorifici superiori delle sostanze più diffuse in commercio.



Domanda:

Gentile Ingegnere sono un progettista di prevenzione incendi e volevo chiederle informazioni al riguardo dell'ultimo termine di adeguamento per le attività ricettive esistenti.
Nel decreto milleproroghe il termine è fissato al 30 giugno 2006, informazioni varie parlano dello slittamento ulteriore a dicembre 2006, può indicarmi dove trovo l'indicazione ufficiale di tale ulteriore slittamento.
Inoltre la proroga è valida per le imprese che abbiano presentato la richiesta di nulla osta entro il 30 novembre 2004 (2005?),
quesito?
un albergo in possesso di NOP con esame e progetto con procedura di deroga con parere contrario, per il quale solo adesso Gennaio 2006 è stata riavviata la procedura per ottenere parere di conformità, è considerato tale da potersi completare l'adeguamento a Dicembre 2006?
Da come mi sembra di aver capito un attività ricettiva in possesso di parere di conformità favorevole ottenuto solo dopo giugno 2005 per poter aprire in regola, per l'anno corrente, deve ottenenere prima dell'apertura stagionale il C.P.I.?? Cordiali Saluti.


Risponde l’ing. Mauro Bergamini, Comandante Vicario del Comando Provinciale dei Vigili del fuoco di Roma:

In relazione ai quesiti proposti, si trasmette quanto di seguito indicato:

1. Il decreto legge 30 dicembre 2005 n. 273 è stato converito con la legge 23 febbraio 2006 n. 51 e prevede quale termine ultimo la data del 30 giugno 2006, per il completamento degli investimenti per gli adempimenti relativi alla messa a norma delle strutture ricettive che, entro il termine del 30 novembre 2004, hanno presentato la richiesta di nulla osta ai Vigili del fuoco;

2. Un albergo in possesso di NOP, ai sensi della legge 31 dicembre 2001 n. 463 art. 3-bis e se non ha presentato un progetto per l’acquisizione del parere di conformità antincendio entro la data del 30 giugno 2005, deve aver completato l’adeguamento alle opere previste dal D.M. 9 aprile 1994 entro il termine del 31 dicembre 2004;

3. Un’attività ricettiva che ha ottenuto un parere di conformità antincendio dopo la data del giugno 2005, alla data attuale ed ai soli fini antincendio, per poter esercitare deve essere in possesso di regolare Certificato di prevenzione incendi ovvero presentare una Dichiarazione, corredata da certificazioni di conformità dei lavori eseguiti al progetto appprovato, con il quale attesta che sono state rispettate le prescrizioni vigenti in materia di sicurezza antincendio e si impegna al rispetto degli obblighi di cui al D.P.R. 37/98 art. 5. Tale dichiarazione costituisce, sempre ai soli fini antincendio, autorizzazione provvisoria all’esercizio dell’attività.

Cordiali saluti.



Domanda:

Premetto i miei complimenti a tutti i collaboratori che operano all'interno del sito, per la loro disponibilità e professionalità nella risposta alle molteplici domande.
Salve a tutti, sono un installatore termoidraulico. Alcuni clienti mi domandano per quale motivo sono obbligati ad installare una porta tagliafuoco REI120 tra il locale autorimessa ed il locale di installazione
della caldaia a gas individuale di potenza termica <35kw. Sinceramente non ho trovato traccia di queste disposizioni nella legge 46/90. Chiedo gentilmente eventuali pareri e/o riferimenti a leggi o normative in merito.


Risponde il Direttore Regionale dei Vigili del Fuoco del Lazio, dott. Ing. Luigi Abate:

TRATTANDOSI DI UNA CALDAIA CON POTENZIALITA' INFERIORE A 35KW (NON SOGGETTA ALLA PREVENZIONE INCENDI ) LA COMUNICAZIONE PUO' AVVENIRE TRAMITE PORTA REI 120 COSI' COME PREVISTO DAL DM 1-2-86 CHE SI RIPORTA.

3.5. Comunicazioni.

3.5.1. Le autorimesse e simili non possono avere comunicazioni con locali destinati ad attività di cui al punto 77 del decreto ministeriale 16 febbraio 1982.

3.5.2. Le autorimesse fino a quaranta autovetture e non oltre il secondo interrato possono comunicare con locali di attività ad altra destinazione non elencate nel decreto ministeriale 16 febbraio 1982 e/o fabbricati di civile abitazione e di altezza antincendi non superiore a 32 m a mezzo di aperture con porte di tipo almeno RE 120 munite di congegno di autochiusura.

Le autorimesse private fino a quindici autovetture possono comunicare con locali di abitazione di edifici di altezza inferiore a 24 m a mezzo aperture di porte metalliche piene dotate di congegno di autochiusura.
Le autorimesse fino a quaranta autovetture e non oltre il secondo interrato possono comunicare con locali destinati ad altra attività attraverso disimpegno, anche non aerato, avente porte di tipo almeno RE 60 munite di congegno di autochiusura con esclusione dei locali destinati ad attività di cui ai punti 1, 2, 3, 4, 5, 7, 10, 12, 13, 14, 15, 16, 18, 19, 20, 21, 22, 23, 24, 25, 26, 27, 28, 29, 30, 31, 32, 33, 34, 41, 45, 51, 75, 76, 78, 79, 80, 83, 84, 86, 87, 89, 90 e 91 del decreto ministeriale 16 febbraio 1982.

Le autorimesse fino a quaranta autovetture e non oltre il secondo interrato possono comunicare attraverso filtri, come definiti dal decreto ministeriale 30 novembre 1983, con locali destinati a tutte le altre attività con l'esclusione di quelle di cui ai punti 1, 2, 3, 4, 5, 7, 10, 12, 13, 14, 15, 16, 18, 19, 20, 21, 22, 23, 24, 25, 26, 27, 28, 29, 30, 31, 32, 33, 34, 41, 45, 75, 76, 78, 79, e 80.

3.5.3. Le autorimesse possono comunicare attraverso filtri come definito dal decreto ministeriale 30 novembre 1983 con locali destinati ad attività di cui al decreto ministeriale 16 febbraio 1982 con l'esclusione delle attività di cui ai punti 1, 2, 3, 4, 5, 7, 10, 12, 13, 14, 15, 16, 18, 19, 20, 21, 22, 23, 24, 25, 26, 27, 28, 29, 30, 31, 32, 33, 34, 35, 41, 45, 75, 76, 78, 79, 80, e 83.



Domanda:

Dovendo procedere alla messa a norma di un autorimessa esistente con 39 autoveicoli di tipo misto, interrata a spazio aperto, sottostante per una parte della sua superficie all'edificio servito, Le chiedo come mi devo comportare con il solaio di copertura dell'autorimessa. Infatti si tratta di un solaio prefabbricato a lastre di 25 cm di spessore di cui non conosco il produttore, dovendo avere una resistenza REI 90, posso riferirmi alla Circolare 91 del 14/09/61 relativamente alla tabella 4 per la valutazione della sua resistenza, e se si a quale tipo di solaio?


Risponde l’Ing. Antonio Albanese, Comandante Provinciale dei Vigili del Fuoco di Rieti:

La Circolare n. 91 del 14.09.61 non pone limitazioni su tipo di solaio (realizzato in opera o prefabbricato) e, pertanto, risulta applicabile.
Trattandosi di un solaio in calcestruzzo, il riferimento è costituito dalla Tabella 3 della circolare, utilizzando i valori previsti a seconda della specifica tipologia (soletta in c.a. con intonaco normale, soletta in c.a. con intonaco isolante, ecc.), che non risulta specificata nel quesito.



Domanda:

La Circolare n.73 del 29/7/71 NORME DI SICUREZZA DA APPLICARSI NELLA PROGETTAZIONE, INSTALLAZIONE ED ESERCIZIO DI IMPIANTI TERMICI AD OLIO COMBUSTIBILE OD A GASOLIO nel CAMPO DI APPLICAZIONE cita"....Gli impianti di potenzialità fino a 30.000 kcal/h comprese, sono soggetti alle presenti norme solo per quanto concerne i serbatoi di combustibili liquidi, i quali debbono rispondere ai requisitidi cui ai punti 2.1. - 2.2. - 2.3. - 2.4. - 2.5. - 2.6. - 3.1, se di capacità superiore ai 500 litri."
Ora, visto che il Decreto 28 aprile 2005 all'art. 7 ha abrogato tutte leprecedenti disposizioni di prevenzione incendi e quindi anche la Circolare n.73 del 29/7/71, come ci si deve attenere nel caso di installazione di un serbatoio per gasolio se di capacità superiore ai 500 litri (per es. 1500 litri)in un impianto di potenzialità fino a 30.000 kcal/h comprese (per es. con caldaia avente potenza al focolare 34,8 kW) ?


Risponde l’Ing. Antonio Albanese, Comandante Provinciale dei Vigili del Fuoco di Rieti:

In assenza di specifiche indicazioni al riguardo nel D.M. 28.04.05, non sussiste l’obbligo di osservarlo.
Ciò nonostante, in armonia con gli obiettivi di sicurezza indicati all’art. 3 del decreto citato, si ritiene necessario attuare idonee misure di prevenzione incendi, facendo riferimento a quelle previste al Titolo VI del decreto stesso.



Domanda:

Buon giorno a tutto lo staff, anzitutto mi preme ringraziarvi anticipatamente e complimentarmi con voi per il servizio che offrite alla collettività.
Il quesito che vi pongo è relativo alla gestione dei presidi antincendio in piazzali. Mi riferisco all'attività di un mio cliente il quale si occupa di riparazione e vendita di macchine agricole. Per essere precisi, l'officina non ricade nell'obbligo del CPI in quanto vi si possono ricoverare automezzi in numero inferiore alle 9 unità; l'area espositiva è identificabile da un piazzale dove sono parcheggiati i mezzi in esposizione (numero variabile tra 10 e 20 unità). Attualmente la stuttura è protetta da estintori portatili ubicati nell'officina mentre il piazzale ne è sprovvisto. Essendo in corso la sostituzione degli estintori obsoleti, mi chiedo se per il piazzale è necessario:

1) applicare il DM 10-3-98,
2) altra normativa (se si quale?)
3) non sono necessari estintori portatili e/o carrellati

Grazie per la vostra risposta.


Risponde il Direttore Regionale dei Vigili del Fuoco del Lazio, dott. Ing. Luigi Abate:

IL PIAZZALE DEVE ESSERE CONSIDERATO COME UN LUOGO DI LAVORO ALL'APERTO, PERTANTO SI DEVE APPLICARE CONGRUAMENTE CON IL REALE RISCHIO INCENDIO IL DM. 10-3-98.
SONO NECESSARI GLI ESTINTORI PORTATILI IN FUNZIONE DELLA VALUTAZIONE EFFETTUATA.
LA NORMA CHE CONSIDERA I PARCHEGGI ALL'ESTERNO E' IL DM. 1-2-86 CHE IN MERITO DICE:

7. AUTORIMESSE SULLE TERRAZZE E ALL'APERTO SU SUOLI PRIVATI.

7.1. Devono essere isolate mediante interposizione di spazi scoperti di larghezza non inferiore a 1,5 m lungo i lati ove affacciano le aperture dei fabbricati perimetrali.

7.2. Pavimenti.

7.2.0. Pendenza. Per le autorimesse ubicate sulle terrazze i pavimenti devono avere le caratteristiche di cui al punto 3.8.0.

7.2.1. Pavimentazione. Per le autorimesse ubicate sulle terrazze la pavimentazione deve essere realizzata con materiali antisdrucciolevoli e impermeabili.

7.3. Misure per lo sfollamento in caso di emergenza.

Le autorimesse ubicate sulle terrazze devono essere provviste di scale raggiungibili con percorsi inferiori a 80 m, atte ad assicurare il deflusso delle persone verso luoghi sicuri in caso di incendio o di pericolo di altra natura.

7.4. Impianti idrici antincendio.

Per le autorimesse sulle terrazze deve essere installato come minimo un idrante ogni cento autoveicoli o frazione.

LA STESSA NORMA PER GLI ESTINTORI RICORDA CHE:

6.2. Mezzi di estinzione portatili.

Deve essere prevista l'installazione di estintori portatili di "tipo approvato" per fuochi delle classi "A", "B" e "C" con capacità estinguente non inferiore a "21 A" e "89 B".
Il numero degli estintori deve essere il seguente: uno ogni cinque autoveicoli per i primi venti autoveicoli; per i rimanenti, fino a duecento autoveicoli, uno ogni dieci autoveicoli; oltre duecento, uno ogni venti autoveicoli.
Gli estintori devono essere disposti presso gli ingressi o comunque in posizione ben visibile e di facile accesso.
ale3000
00mercoledì 3 marzo 2010 22:27
Domanda:

Esistono circolari o normative specifiche per l'installazione di silos per combustibili solidi tipo biomassa per l'alimentazione automatica di caldaie maggiori 35 kW di potenza? Trattasi di sistemi di alimentazione a coclea.
Ho trovato un circolare (lettera ministeriale n° 16250 del 27-11-2000) che specifica i dispotivi di sicurezza per silos non inferiori a 50 mc, esiste qualcosa per silos più piccoli?


Risponde il Vice Comandante dei Vigili del Fuoco di Latina, Dr. Ing. Piero Simonetti:

Per i silos per combustibili solidi tipo biomassa dedicati all’alimentazione automatica di caldaie superiori a 35 kw di potenza non esistono riferimenti specifici dal punto di vista della prevenzione incendi.

Esistono riferimenti normativi di prevenzione incendi che riguardano gli impianti termici alimentati a combustibili solidi nel loro complesso; tali riferimenti sono la Circolare del M.I. n° 52 del 20/11/82 ed il D.P.R. 22/12/1970 n° 1391.

La Circolare n° 52 del 20/11/82, al punto 5.0, recita quanto segue:
“… omissis …Per gli impianti termici alimentati con combustibili solidi in attesa della emanazione dell'apposita normativa secondo le modalità previste dal D.P.R. 29 luglio 1982, n. 577, potranno essere applicati criteri di sicurezza analoghi a quelli previsti per gli impianti alimentati a combustibili liquido (Circolare n. 73 del 29 luglio 1971) per quanto concerne l'ubicazione, le caratteristiche costruttive, le dimensioni, gli accessi e le comunicazioni, le aperture di ventilazione. Restano inoltre valide e applicabili le norme contenute nella "Legge antismog" n. 615/66 per gli impianti esistenti alla data dell'8 luglio 1968 i cui locali devono essere adeguati soltanto in occasione di trasformazioni, di ampliamenti o di rifacimenti dei fabbricati o degli impianti (tabella annessa al Capo V del D.P.R. 24 ottobre 1967, n. 1288 valida ai sensi di quanto previsto al punto 17.1 del D.P.R. 22 dicembre 1970, n. 1391). In tali casi è pertanto consentita la coesistenza del deposito del combustibile solido nel locale del focolare con gli opportuni accorgimenti…omissis ..”

E’ appena il caso di ricordare che gli impianti di potenzialità inferiore a 100.000 kcal/h, qualunque sia la capacità del relativo serbatoio, non sono soggetti al rilascio del Certificato di Prevenzione Incendi. Dovranno comunque essere osservate le norme tecniche vigenti, sotto la responsabilità del titolare dell’attività, sia per il serbatoio che per il generatore di calore.



Domanda:

Vorrei sottoporre un caso relativo alla richiesta o meno del certificato prevenzione incendi.

1° Quesito
Una azienda di Autodemolizione, possiede un capannone pavimentato di oltre 1000mq per deposito di materiale ferroso di vario genere, ma è completamente aperto su due lati e chiuso sugli altri due.
La mia domanda è, questo capannone rientra sotto l'attività n.88 "Locali adibiti a depositi di merci e materiali vari con superficie lorda superiore a 1000 mq" ??

2°Quesito
Nella stessa Autodemolizione, occorre tener conto del quantitativo di plastica, gomma, gasolio o benzina, nel conteggio dei relativi quintali presenti in azienda, e dunque conteggiabili per verificare se l'azienda rientra nelle attività

n.55
"Depositi di prodotti della gomma, pneumatici e simili con oltre 100 q.li"

n.58
"Depositi di manufatti in plastica con oltre 50 q.li"

n.15
Depositi di liquidi infiammabili e/o combustibili (*):
a) per uso industriale o artigianale con capacità geometrica
complessiva da 0,5 a 25 mc
b) per uso industriale o artigianale o agricolo e privato, per
capacità geometrica complessiva superiore a 25 mc

La ringrazio molto per l'interessamento,
inoltre le faccio i miei complimenti per il servizio che date.


Risponde l’Ing. Giulio Bendetti del Comando Provinciale dei Vigili del Fuoco di Latina:

E' parere del sottosritto che il capannone sopra rappresentato è da considerarsi a tutti gli effetti un LOCALE è pertanto in quanto avente superficie superiore a 1000 mq rientrate nell'attività 88 .
Oltre a questo occorre verificare se non vengono espletate altre attività soggette al rilascio del Certificato di prevenzione incendi valutando in particolare le tipologie e la quantita dei materiali in deposito c( att. 55,58,15).
Inoltre si suggerisce di verificare la presenza e la quantità di olii lubrificanti in deposito poichè, se superiore a 1 mc, rientra nell'attività 17.
A tal proposito si precisa che nella quantificazione del materiale in deposito, si deve conteggiare il materiale eccedente a quello che viene giornalmente lavorato.
Con la speranza di essere stato utile si saluta cordialmente.



Domanda:

Buon giorno, mi piacerebbe sapere quali norme devono essere soddisfatte per lo stoccaggio di bombole di Ossigeno sanitario presso una residenza per anziani. Attualmente la struttura oggetto del mio interesse mantiene in deposito un numero compreso di bombole tra 5 e 20 unità. Pertanto vorrei sapere se:
E' obbligatorio un deposito esterno?
Se si, quali caratteristiche deve avere il deposito?
Essendo la struttura in possesso di CPI (luogo di lavoro classificabile a rischio di incendio elevato come da Allegato IX punto l-) lo stesso dovrà essere aggiornato?
E' necessario separare le bombole piene dalle vuote?
Grazie anticipatamente per l'attenzione che presterete al quesito.


Risponde l’ing. Bernardo Lanzillotta, Dirigente Sezione Caricamento e Colonna Mobile del Comando Provinciale di Roma:

Deposito bombole di ossigeno presso una residenza per anziani

La risposta ai quesiti posti può essere data sulla base di quanto previsto da:
• D.M. 18 settembre 2002 “Approvazione della regola tecnica di prevenzione incendi per la progettazione, la costruzione e l'esercizio delle strutture sanitarie pubbliche e private”;
• Lettera Circolare Prot. N. P805/4122 del 9 giugno 2005 “D.M. 18 settembre 2002 – Uso di bombole di ossigeno per necessità terapeutiche”.

Il decreto prevede:
• per le attività nuove (punto 5.3.2) la distribuzione dei gas a mezzo di impianti centralizzati;
• per le attività esistenti (punto 17-comma 2) “su specifica autorizzazione dell'autorità sanitaria competente, è consentito che la distribuzione dei gas medicali avvenga mediante singole bombole” sotto l'osservanza di una serie di prescrizioni.

La Lettera Circolare di cui sopra ha esteso anche alle strutture nuove l’uso delle bombole “per contingenti necessità terapeutiche il tutto previa l’adozione di opportune misure cautelative in relazione alle specifiche circostanze di impiego delle bombole stesse”.

In base a quanto sopra detto ubicazione, caratteristiche del deposito e relativa gestione dovranno essere oggetto “di specifica trattazione nel documento di cui all'art. 4 del decreto legislativo 626/94 (valutazione dei rischi).
Per quanto riguarda l’aggiornamento del Certificato di Prevenzione Incendi, ciò è previsto solo nei casi contemplati dall’articolo 4 del D.M. 18 settembre 2002.



Domanda:

Sono un termotecnico, mi trovo costretto a installare due caldaie di potenzialità inferiore ai 35 Kw all'interno di una singola unità abitativa. Una caldaia è installata a piano terra, l'altra al piano primo. Quindi mi trovo ad avere due impianti distinti, le caldaie sono posizionate in ambienti non attigui, ma l'unità immobiliare è unica. Leggendo il DM 12-04-96 articolo 1 mi è sorto il dubbio di non poter fare questo tipo di installazione. Vi ringrazio per il servizio e attendo un vostro chiarimento.


Risponde l’Ing. Antonio Albanese, Comandante Provinciale dei Vigili del Fuoco di Rieti:

Il punto 2 dell’art. 1 del D.M. 12.04.96 prevede che più apparecchi termici alimentati a gas di rete sono considerati come facenti parte di un unico impianto (di portata termica pari alla somma delle portate termiche dei singoli apparecchi) nel caso in cui siano installati nello stesso locale o in locali direttamente comunicanti (a parte i casi di esclusione previsti nel successivo periodo).
Nel caso in questione, poiché le due caldaiette verrebbero installate in due differenti piani di una unità abitativa, se ne può dedurre che non risulterebbero situate né nello stesso locale, né in locali direttamente comunicanti e, quindi, le portate termiche non si sommano.
F


Domanda:

Ho realizzato un capannone industriale di circa 1650 mq. di superficie destinato alla lavorazione, trasformazione e commercializzazione di prodotti ortofrutticoli.
La struttura è realizzata con pilastri in acciaio zincato annegati nella muratura e in copertura ci sono delle capriate in acciaio zincato.Il capannone inoltre è diviso, per una parte, in due piani comunicanti con una scala e attraverso un montacarichi. Il solaio di divisione è in latero cemento (pignatte, caldane, e cemento spessore circa 50 cm.).
L'altezza complessiva del capannone è circa 10metri.
Come può essere considerata tale attività ai fini della prevenzione incendi?
Se rientrasse in una qualche attività le strutture portanti in accaio (pilastri e capriate) sono da verniciare con vernici intuminescenti?
Complimentandomi per la Vs. bella iniziativa volta a divulgare pillole di conoscenza in un mare di leggi e normative non sempre facilmente interpretabili, attendo fiducioso Vs. cortese riscontro.


Risponde il Funzionario Luigi Liolli del Comando Provinciale dei Vigili del Fuoco di Roma:

Per prima cosa bisogna capire se la sua attività è soggetta all’obbligo di richiesta del certificato di prevenzione incendi (CPI).
Infatti il regolamento di prevenzione incendi, pubblicato con DPR 12 gennaio 1998, n° 37, sancisce l’obbligo di richiesta del CPI solo per le 97 tipologie di attività elencate nel DM 16.2.1982.
Orbene, dalla sua breve esposizione non ci è consentito capire con esattezza se ed a quale tipologia di attività soggetta a tale obbligo il suo esercizio sia assimilabile. Provo a fare delle ipotesi per giungere comunque ad una risposta al quesito iniziale circa il grado di resistenza al fuoco che devono possedere le strutture.

In nessuna delle 97 attività di cui al DM 16.2.1982 compare quella della lavorazione e della trasformazione di prodotti ortofrutticoli eccezione fatta per quella elencata al n° 9:
“9) impianti per il trattamento di prodotti ortofrutticoli e cereali utilizzanti gas combustibili. Da quello che ci è dato capire appare abbastanza improbabile che nel suo capannone si eseguano trattamenti di questo tipo (essiccazione, accelerazione della maturazione con C2H2 ecc).

Invece non è escluso che nel suo immobile si detengano quantitativi di legname superiore a 50 q.li (per esempio cassette per il contenimento della frutta ). In tal caso potrebbe prefigurarsi l’esercizio dell’attività di cui al n° 46 del sopra citato DM. In merito a ciò la invitiamo comunque ad effettuare una attenta valutazione sui quantitativi di legname eventualmente depositato e/o detenuto.

Sicuramente l’esercizio di vendita (all’ingrosso e/o al dettaglio) svolta in locali aventi superficie lorda superiore ai 400 mq, comprensiva dei depositi, fa ricadere l’attività tra quelle di cui al n° 87 del DM 16.2.1982.

Tra tutte le attività citate, l’unica per cui esiste una specifica norma di prevenzione incendi è quella di vendita, disciplinata dalla circolare n° 75 del 3.7.1967. Giova rammentare che tale disposizione nasce pensando più che altro ad unità di vendita quali supermercati, empori, grandi negozi ecc. Tant’è che nel corso degli anni i vari Comandi provinciali VVF (tra cui quello di Roma) hanno emanato disposizioni integrative a tali dettami.
A tal fine La invito a contattare il Comando provinciale nel cui territorio di competenza è insediato il capannone in questione.
Personalmente posso portare l’esempio del Comando VVF in cui opero (Roma) che ha emanato linee guida integrative. Tali linee impongono che le strutture portanti e di separazione debbano presentare caratteristiche di resistenza al fuoco commisurate alla classe dell’edificio e/o del compartimento.
La classe deve essere determinata con le modalità specificate nella Circolare del Ministero dell’Interno n. 91 del 14 sett. 1961 attraverso una valutazione reale del carico d’incendio q

n
ågi x Hi
i=1
q =-----------------
18,48 x A


dove:

• q è il carico d’incendio espresso kg legna standard per mq di superficie
• gi il peso in kg del generico tra gli n combustibili che si prevedono presenti nel locale o nel piano nelle condizioni più gravose di carico d’incendio
• Hi l potere calorifico superiore espresso in MJ/kg del generico degli n combustibili di peso gi
• A superficie orizzontale in mq del locale o del piano del fabbricato considerato
• 18,48 è il potere calorifico superiore della legna standard espresso in MJ/kg

Qualora la classe C = q x k (determinata dal prodotto del valore di q per un coefficiente riduttivo k da calcolare caso per caso) sia inferiore al valore di 15’, per edifici di tipo isolato e con altezza antincendi inferiore a 12,00 m non viene richiesto nessun grado di protezione per le strutture di tipo metallico.

Se invece la classe fosse superiore a tale valore (30’,45’, 60’, 90’, 120’, 180’), al fine di raggiungere alcuni degli obiettivi primari della prevenzione incendi (garantire la stabilità delle strutture, assicurare la possibilità che gli occupanti lascino il locale indenni, garantire la possibilità per le squadre di soccorso di operare in condizioni di sicurezza) le strutture dovranno essere protette dall’azione del fuoco.
In questo caso le cose potrebbero complicarsi per la tipologia delle strutture da lei descritta.
Innanzitutto si precisa che la citata circ. 91/61, unico riferimento normativo esistente, non prevede la possibilità di proteggere le strutture di edifici di classe superiore a 45’ mediante la semplice applicazione di vernici intumescenti.
Inoltre le vernici devono essere provviste di un certificato di prova della resistenza al fuoco emesso da un laboratorio a tal fine autorizzato. Nell’applicare vernici intumescenti a strutture metalliche bisogna fare attenzione ad alcuni particolari:

1) il profilo e/o i profili trattati devono possedere un coefficiente di massività non inferiore a quello dell’elemento sottoposto a prova di laboratorio (perimetro della sezione/area della sezione espresso in m¹);
2) l’elemento da proteggere deve essere sottoposto a sollecitazioni non superiori rispetto a quelle dell’elemento sottoposto a prova di laboratorio;
3) le modalità di posa devono essere identiche a quelle dell’elemento provato (preparazione, spessori in μm).



Domanda:

Mi è capitato di dover fare la consulenza per un altro professionista e non sempre si riesce avere lo stesso punto di vista. E, vengo all’antefatto.
In un albergo alcune stanze sono arredata con un letto matrimoniale, un solo cuscino, un solo comodino. Per cui se dorme una sola persona si deve considerare le stanze con il letto matrimoniale come fosse un solo posto letto. La proposta di questa scelta, per il mio collega, è quello di far scendere sotto i 25 posti letto l’attività alberghiera e non rientrare nell’elenco delle attività di cui al dm.16.2.82 per il cui esercizio è richiesto il rilascio del C.P.I.
L’altro punto di vista, il mio, i letti matrimoniali, per le consuetudini e per i modelli culturali della nostra società, sono fatti per alloggiare due persone e, pertanto, non possiamo declassare l’albergo sotto i 25 posti letto se non eliminando i letti matrimoniali sostituendoli con letti singoli.


Risponde l’Ing. Antonio Albanese, Comandante Provinciale dei Vigili del Fuoco di Rieti:

Indipendentemente da ogni considerazione, ognuno può decidere di dormire o far dormire nel letto ritenuto più idoneo. C’è chi ritiene che più il letto è largo e più è comodo: spesso, infatti, si utilizzano letti singoli da una “piazza e mezza”. Ritengo, pertanto, legittima (e quindi non contestabile) la volontà di utilizzare letti a “due piazze” per una sola persona.
Qualora l’utilizzo di letti matrimoniali per una persona fosse, invece, solo un artificio per “nascondere” l’effettivo numero di posti letto (nel senso che poi, in pratica, vengono usati per due persone), si tratterebbe non solo di un fatto illecito (non soltanto dal punto di vista antincendio), ma anche di un escamotage che definirei “puerile”.
Si evidenzia, infatti, che per esercire un’attività ricettiva occorre l’ottenimento di una licenza, nella quale viene indicato il numero di posti letto, che deve corrispondere a quello riportato nel C.P.I.
Se poi anche nella richiesta della licenza si “nasconde” una parte dei posti letto, allora entriamo in un’area di illegalità che non richiede ulteriori commenti.
Vorrei, però, evidenziare che, trattandosi di un pubblico esercizio, tali fatti illeciti sono facilmente verificabili da parte di tutti gli organi di controllo (Forze dell’Ordine, Polizia Municipale, A.S.L., ecc.), compresi i Vigili del Fuoco, che spesso effettuano verifiche (per svariati motivi) anche in attività non soggette al rilascio del C.P.I.
Da ultimo, vorrei ricordare che anche le attività ricettive con capacità non superiore a 25 posti letto sono soggette all’osservanza delle norme contenute nel D.M. 9.04.94 (Titolo III).



Domanda:

Vorrei sottoporvi il seguente quesito: si tratta di un autorimessa situata al primo piano interrato di un edificio destinato a civile abitazione di tre piani fuori terra.
L’autorimessa risulta soggetta a controllo di Prevenzione Incendi in quanto la capacità di parcamento è pari a 85 posti auto.
L’edificio soprastante ha invece un altezza in gronda inferiore a 24 metri e pertanto non è soggetto.
Esistono delle comunicazioni tra l’autorimessa e l’edificio soprastante costituite da tre vani ascensori e scale che dalla parte più alta dell’edificio arrivano fino al piano interrato adibito ad autorimessa.
Si chiede se, ai fini della protezione antincendio, è corretto far riferimento all’art. 3.10.7 del D.M. 01/02/1986, che riporto:

3.10.7. Scale Ascensori.
Per le autorimesse situate in edifici aventi altezza antincendi maggiore di 32 m le scale e gli ascensori devono essere a prova di fumo, mentre per le autorimesse situate in edifici di altezza antincendi inferiore a 32 m sono ammesse scale ed ascensori di tipo protetto.

Oppure all’art. 3.5.3, che riporta:

3.5.3. Le autorimesse possono comunicare attraverso filtri come definito dal decreto ministeriale 30 novembre 1983 con locali destinati ad attività di cui al decreto ministeriale 16 febbraio 1982 con l'esclusione delle attività di cui ai punti 1, 2, 3, 4, 5, 7, 10, 12, 13, 14, 15, 16, 18, 19, 20, 21, 22, 23, 24, 25, 26, 27, 28, 29, 30, 31, 32, 33, 34, 35, 41, 45, 75, 76, 78, 79, 80 e 83.

Secondo me non si tratta infatti di comunicazione con l’attività 94 di cui al D.M. 16/02/82 in quanto l’edificio sovrastante non risulta soggetto a controllo di Prevenzione Incendi.
Sono invece ammesse scale e ascensori di tipo protetto in quanto l’autorimessa è situata in un edificio avente altezza antincendi inferiore a 32 metri.
Se fosse possibile avrei bisogno di una risposta urgente dal momento che ci troviamo nella situazione di aver fermato i lavori prescritti in attesa di un chiarimento.
Vi ringrazio Anticipatamente e Vi porgo i più cordiali saluti .


Risponde il Direttore Regionale dei Vigili del Fuoco del Lazio, dott. Ing. Luigi Abate:

CARO COLLEGA
IL PUNTO 3.10.7 SI RIFERISCE ALLE SCALE ED ASCENSORI INSERITI NELL'AUTORIMESSA AI FINI DELL'ESODO.
IL PUNTO 3.5.3 FA RIFERIMENTO ALLE POSSIBILE COMUNICAZIONI TRA AUTORIMESSE ED ALTRI LOCALI.
NEL SUO CASO POICHE' LA CAPACITA' DI PARCAMENTO SUPERA I 40 AUTOMEZZI E L'AUTORIMESSA E' COMUNICANTE CON UN EDIFICIO CON ALTEZZA INFERIORE A 24 MT PUO' ESSERE ACCETTATO IL FILTRO IN CONSIDERAZIONE CHE IL PUNTO 3.5.3 LO CONSENTE PER ATTIVITA' ELENCATE NEL DM 16-2-82 (TRA CUI GLI EDIFICI PER CIVILE ABITAZIONE CON ALTEZZA MAGGIORE A 24 MT.).
CONSIDERI CHE SE IL FUNZIONARIO CHE ESAMINERA' LA PRATICA VUOLE ESSERE "PIGNOLO" POTREBBE RICHIEDERLE DI INOLTRARE UNA DEROGA IN QUANTO TALE POSSIBILITA' NON E' ESPLICITATA NEL DM. SALUTI



Domanda:

DESIDERO CONOSCERE IL VOSTRO PARERE CIRCA LA POSSIBILITA? DI CONSIDERARE QUALE "LUOGO SICURO STATICO" UN TERRAZZO POSTO A QUOTA + 8 METRI RISPETTO ALLA STRADA PUBBLICA. IL TERRAZZO E? FACILMENTE RAGGIUNGIBILE DAI SOCCORRITORI ATTESO CHE E? PROSPICIENTE UNA STRADA PUBBLICA PER CUI DI FACILE RAGGIUNGIMENTO DALL?AUTOSCALA DEI VIGILI DEL FUOCO INOLTRE LO STESSO TERRAZZO HA DIMENSIONI IN PIANTA TALI DA CONSENTIRE L'AFFOLLAMENTO DI UN DETERMINATO NUMERO DI PERSONE. SI RAPPRESENTA INFINE CHE LA PARETE ESTERNA SU CUI E’ COLLOCATO IL TERRAZZO COMPRESI TUTTI GLI INFISSI SONO RESISTENTI AL FUOCO REI 60 ED IL TERRAZZO INSISTE SU UN SOLAIO RESISTENTE AL FUOCO REI 120. RINGRAZIO ANTICIPATAMENTE UN VOSTRO LETTORE


Risponde l’Ing. Alessandro Paola, Funzionario del Comando Provinciale dei Vigili del Fuoco di Roma:

La definizione di luogo sicuro statico, ai fini antincendio, viene fornita nell'ambito del punto 3.4 del DM 30/11/1983 che recita: "Luogo sicuro: Spazio scoperto ovvero compartimento antincendio - separato da altri compartimenti mediante spazio scoperto o filtri a prova di fumo - avente caratteristiche idonee a ricevere e contenere un predeterminato numero di persone (luoco sicuro statico), ovvero a consentirne il movimento ordinato (luogo sicuro dinamico)".
L'applicazione di tale misura di prevenzione incendi è applicabile, in base alle norme verticali vigenti, solo per la realizzazione dei cosiddetti "spazi calmi", che devono essere previsti nell'ambito della progettazione antincendio di luoghi con presenza di persone diversamente abili.
Lo spazio calmo (richiamato dai DM 09/04/1994, DM 18/09/1996, DM 14/06/1989 e DM 18/03/1996) viene definito come "un luogo sicuro statico contiguo e comunicante con una via di esodo verticale od in essa inserito. Tale spazio non dovrà costituire intralcio alla fruibilità delle vie di esodo ed avere caratteristiche tali da garantire la permanenza di persone con ridotte o impedite capacità motorie in attesa dei soccorsi."
Poichè dalle argomentazioni evidenziate nel quesito, il terrazzo non possiede alcuna comunicazione diretta con una via di esodo verticale e/o di accesso per le squadre di soccorso, ma solo la "possibilità" di accostamento dell'autoscala dei Vigili del Fuoco, si ritiene che la soluzione proposta non possa essere prevista nella progettazione antincendio di una attività soggetta al rilascio del Certificato di Prevenzione Incendi.



Domanda:

Ho da poco acquistato un appartamento nuovo con un posto auto coperto al piano piloti (non in un garage). Mi è stato detto che per questa tipologia di posto auto è necessario avere una certificazione dei Vigili del Fuoco denominata PMI (o PDI, mi dispiace non ricordo bene la sigla). Le sarei grato se potesse darmi delle delucitazione anche in considerazione del fatto che gli stabili interessati dalla questione sono forniti della necessaria Abitabilita' rilasciata dalle autorita' competenti.


Risponde l’Ing. Giovanni Rezoagli, Comando Provinciale Vigili del Fuoco di Frosinone:

Con riferimento al quesito posto , si evidenzia:
i posti auto ubicati ai piani piloties di fabbricati costituiscono a tutti gli effetti delle autorimesse;
tali autorimesse si definiscono di tipo "aperto", secondo la definizione data dalla specifica normativa di prevenzione incendi (D.M.I. 01.02.1986, G.U. n.38 del 15 febbraio 1986);
se il numero di posti auto eccede le 9 (nove) unità, ovvero se la superficie lorda del piano supera i 180 mq. (considerando una superficie di 20 mq. a macchina, comprensiva della quota parte di rampe e passaggi), l'autorimessa rientra tra le attività soggette a controllo di prevenzione incendi da parte dei vigili del fuoco, che sono elencate nel D.M.I. 16 febbraio 1982 (G.U. n. G.U. n. 56 del 26 febbraio 1982), - 97 tipologie di attività - in particolare vedasi punto 92 del decreto per quanto riguarda le autorimesse con più di nove autoveicoli;
le attività soggette a controllo di prevenzione incendi devono essere autorizzate ai fini antincendio dal Comando Provinciale dei VV.F. competente per territorio, con il "Certificato di Prevenzione Incendi" (CPI), che i titolari delle attività devono richiedere nei modi e con le forme previste dal dpr 12 gennaio 1998, n.37 (G.U. n. 57 del 10-3-1998) e dal D.M.I. 4 maggio 1998 (G.U. n. 104 del 7/5/1998). Gli obblighi si riassumono brevemente nella presentazione del progetto al Comando VV.F., a firma di professionista abilitato, sul quale viene espresso dallo stesso un "parere di conformità antincendio", a cui fa seguito, dopo gli eventuali lavori di adeguamento, una richiesta di sopralluogo, in esito alla quale, se l'attività viene trovata conforme alle norme di prevenzione incendi ed al progetto approvato, sarà rilasciato il CPI.



Domanda:

Sto valutando un progetto per un edificio da destinare ad attività commerciali ai fini della richiesta del parere di conformità ai Vigili del Fuoco.
L'edificio è composto da un piano fuori terra ed un piano interrato. Al piano fuori terra sono identificate due attività di cui al punto 87 del D.M. 16/02/1982.
Una di queste attività è un supermercato. Al piano seminterrato sotto una porzione dell'area supermercato è stata ricavata un area di parcheggio con la capienza di 28 automezzi. L'area di parcheggio, con accesso dedicato centrale dalla larghezza di 7,10 mt, è libera su due lati (non posso uscire sui lati perchè c'è una ringhiera, ma ho "aria" (3,5 mtX17mt per lato)). Gli altri due lati confinano l'uno con un altra attività 87 (senza comunicazione) e l'altro con un attività commerciale che non ricade nell ambito di applicazione del D.M. 16/02/1982.

Domanda: L'area di parcheggio è una autorimessa ? (..mi risulta difficile identificarla come una "tettoia").


Risponde il Direttore Regionale dei Vigili del Fuoco del Lazio, dott. Ing. Luigi Abate:

LA SUA AREA DI PARCHEGGIO E' UNA AUTORIMESSA DEL TIPO APERTA SE SODDISFA QUESTO REQUISITO:

- 1.1.2. In relazione alla configurazione delle pareti perimetrali, le autorimesse e simili possono essere:

a) aperte: autorimesse munite di aperture perimetrali su spazio a cielo libero che realizzano una percentuale di aerazione permanente non inferiore al 60% della superficie delle pareti stesse e comunque superiore al 15% della superficie in pianta;

b) chiuse: tutte le altre.



Domanda:

Gli asili nido rientrano nel campo di applicazione del D.M. 26.08.1992 sull'edilizia scolastica? Se no c'è un riferimento normativo specifico che li riguarda?


Risponde l’Ing. Antonio Albanese, Comandante Provinciale dei Vigili del Fuoco di Rieti:

Gli asili nido non mi risultano essere un’attività scolastica e, pertanto, non rientrano nel campo di applicazione del D.M. 26.08.92.
Per tale tipo di attività non esistono norme di prevenzione incendi specifiche.
In ogni caso, trattandosi di luogo di lavoro, trova applicazione quanto previsto dal D.M. 10.03.98 (Criteri generali di sicurezza antincendio e per la gestione dell’emergenza nei luoghi di lavoro).



Domanda:

Tra le attività soggette ai controlli di cui al DM 16.02.82 vi è l'attività n°88 (locali adibiti a depositi di merci e materiali vari con superficie lorda superiore a 1000 mq). Chiedo di aiutarmi a interpretare lo spirito del legislatore nei due seguenti casi emblematici e molto frequenti :
Stabilimento ove sono svolte lavorazioni non rientranti tra quelle soggette ai controlli, con area di produzione avente superficie lorda superiore a mq 1000. Nell'area di produzione sono presenti depositi di materiali accanto alle macchine (materia prima, semilavorati e prodotti finiti). Il magazzino è in edificio isolato. Si chiede di chiarire se l'area di produzione è da considerarsi come attività n°88 sei seguenti sottocasi:
materiali in deposito in area di produzione rientranti per tipologia e quantitativi complessivi tra le attività soggette ai controlli (per es: industria alimentare che utilizza carte e cartoni per confezionamento e imballaggio, pallet in legno e sim. con depositi complessivi in area di produzione maggiori di 50 q.li).
materiali in deposito in area di produzione non rientranti tra le attività soggette ai controlli.
Stabilimento costituito da area di produzione ( maggiore di 1000 mq) comunicante con il magazzino (minore di 1000 mq). La separazione tra produzione e magazzino non è ottenuta mediante strutture aventi certificazione di resistenza al fuoco. I materiali complessivamente contenuti all'interno dell'area di lavorazione+magazzino non rientrano per tipologia e quantitativi tra le attività soggette ai controlli. Si chiede di chiarire se l'area di produzione e/o di magazzino siano da considerare come attività n°88.


Risponde il Funzionario Gianluca Graniero del Comando Provinciale dei Vigili del Fuoco di Roma:

Risposta 1.1)
Considerando come il legislatore ha impostato l’elenco allegato al D.M. 16/02/82, lo stabilimento non rientra nella attività n. 88, in quanto l’attività, non soggetta ai controlli dei VV.F. per il rilascio del Certificato di Prevenzione Incendi (C.P.I.),non è un “deposito”, ma uno “stabilimento di produzione e/o lavorazione” e nell’elenco delle attività soggette esiste una discreta diversificazione degli stabilimenti di lavorazione, soggetti al C.P.I.
Tale elenco prevede, nella maggior parte dei casi, gli stabilimenti comprensivi dei materiali in deposito o lavorazione, questo quantitativo è il limite minimo affinché siano soggette ai controlli VV.F. semprechè sia soddisfatta la condizione principale di “Stabilimento” soggetto a C.P.I. (ad es. si vedano le n. 41-42-44-45), pertanto la tipologia di specie non soddisfa contemporaneamente i due requisiti (tipologia di stabilimento e materiali in lavorazione/deposito) bensì uno solo e di secondaria importanza rispetto all’attività principale “Stabilimento” (A conforto di tale tesi resta il fatto che il deposito non è isolato, ma distribuito nell’area di lavorazione, con il controllo, ai fini antincendi, dei lavoratori informati e formati come da D.L.vo 626/94)
Risposta 1.2)
Considerata la risposta 1.1) l’area di produzione non è attività n.88 e l’attività non è ricompresa tra quelle soggette a C.P.I., le due condizioni citate sono entrambe non soddisfatte
Stabilimento costituito da area di produzione (maggiore di 1000 mq) comunicante con il magazzino (minore di 1000 mq). La separazione tra produzione e magazzino non è ottenuta mediante strutture aventi certificazione di resistenza al fuoco. I materiali complessivamente contenuti all'interno dell'area di lavorazione + magazzino non rientrano per tipologia e quantitativi tra le attività soggette ai controlli. Si chiede di chiarire se l'area di produzione e/o di magazzino siano da considerare come attività n° 88.
Risposta 2) Vale il discorso fatto al punto 1.1) in quanto l’attività principale non corrisponde ad un deposito realizzato in locale isolato di superficie maggiore di 1000 mq. L’area di produzione ed il magazzino non sono da considerarsi attività n° 88.



Domanda:

Buongiorno
Vi sottopongo il seguente quesito in merito all'attività punto 88 del DM 16.2.82
Mi trovo a dover stabilire se un capannone per deposito di tubi in ferro con superficie complessiva in pianta di 1030 mq (nel computo totale della superficie rientrano deposito, servizi e un ufficio) rientra nel punto 88.
Nel dettaglio:
I servizi e l'ufficio hanno superficie complessiva di 40 mq. sono fisicamente annessi al deposito ma in essi non si svolge nessuna attività soggetta alla Prevenzione incendi.
Quindi l'area destinata al deposito (scorporando servizi e ufficio) è di 990 mq inferiore ai 1000 mq stabiliti dalla normativa.
Considerato quanto detto
Il capannone formato da deposito+servizi+ufficio con superficie in pianta di 1030 mq, ma a tutti gli effetti il deposito interessa solo 990 mq è da considerarsi rientrante della Prevenzione Incendi al punto 88 del DM 16.2.82?
Vi ringrazio per la disponibilità e con l'occasione porgo distinti saluti.


Risponde il Direttore Regionale dei Vigili del Fuoco del Lazio, dott. Ing. Luigi Abate:

87) Locali adibiti ad esposizione e/o vendita all'ingrosso o al dettaglio con superficie lorda superiore a 400 mq comprensiva dei servizi e depositi 6

88) Locali adibiti a depositi di merci e materiali vari con superficie lorda superiore a 1.000 mq 6

CARO COLLEGA
SE CONFRONTIAMO LE ATTIVITA' 87 E 88 NOTIAMO CHE NELLA PRIMA IL NORMATORE HA INSERITO PER L'ASSOGGETTIBILITA' DELLA ATTIVITA' ALLA PREVENZIONE INCENDI "....I SERVIZI E DEPOSITI ... " , CONTRARIAMENTE A QUANTO E' DETTO PER L'ATTIVITA' 88.
NE DISCENDE, A GIUDIZIO DI CHI RISPONDE, CHE LA SUA ATTIVITA' DI DEPOSITO (990MQ.) NON E' SOGGETTA.
ale3000
00mercoledì 3 marzo 2010 22:28
Domanda:

Le chiedo gentilmente un risposta in merito alla seguente situazione che provo a spiegare:
Ho una parte di interrato soggetta ai vigili del fuoco che è chiusa in tre lati ed è larga mt.5,1 e lunga circa 14 mt. Secondo le norme vigenti abbiamo chiuso con un basculante fino a circa mt.7,69 per realizzare un garage con una superficie non superiore a mq.40 e la restante parte davanti è esclusiva dello stesso garage.

Chiedo:

E’ possibile chiudere la restante superficie esclusiva con un cancello con grata, oppure quale soluzione potrei avere per chiudere la restante superficie in maniera tale che nessuno possa entrare senza violare le vigenti norme.


Risponde l’Ing. Giovanni Rezoagli, Comando Provinciale Vigili del Fuoco di Frosinone:

Il quesito non riporta elementi sufficienti a dare una compiuta risposta. Ipotizzando che il locale si trovi dentro un'autorimessa, costituente attività soggetta a controllo vv.f., e che solo da questa ne sia possibile l'accesso, la risposta al quesito formulato è negativa.

Infatti, il dm 1° febbraio 1986, norma di prevenzione incendi per le autorimesse e simili, prevede che i posti auto possano essere:

- a box, oppure
- a spazio aperto.

Gli spazi che entro l'autorimessa disimpegnano l'accesso e l'uscita dai posti auto sono le corsie di manovra.

La chiusura dello spazio antistante al box, equivale alla chiusura del tratto di corsia di manovra per l'accesso allo stesso, che non è ammessa dalla norma.

D'altra parte, anche per ragioni di sicurezza connesse alla possibilità d'intervento in caso d'incendio all'interno del box, l'accesso a questo non può essere sbarrato nel modo formulato nel quesito.



Domanda:

Di recente ho acquisito un'immobile con sottostante autorimessa (1° piano interrato) di circa 1400 mq (attività esercitata fino a 5-6 anni fa).
L'autorimessa ha un'unica rampa di accesso di circa 3m di ampiezza e un'altra uscita di sicurezza.
Vorrei trasformare tale autorimessa in box separati. Ferma restando la necessità di verificare nel dettaglio tutte le prescrizioni previste dalla normativa antincendio, e fare i necessari adeguamenti richiesti, quali potrebbero essere, a suo parere, i principali ostacoli normativi a tale trasformazione?


Risponde il Funzionario Luigi Liolli del Comando Provinciale dei Vigili del Fuoco di Roma:

Per quanto concerne la prevenzione incendi, le autorimesse sono disciplinate dalla norma pubblicata con DM 1.2.1986.
Tale norma, al punto 1.2.0. co. 2, stabilisce che per le autorimesse preesistenti o in fase di costruzione alla data di emanazione della norma medesima qualora non si realizzino ampliamenti di superficie e/o cambi di classificazione, possono essere applicate le disposizioni di prevenzione incendi in vigore alla data del provvedimento amministrativo comunale di autorizzazione a costruire.
La tua intenzione di realizzare box in luogo dei posti auto costituisce un cambio di classificazione e pertanto nell’adeguamento dovranno applicarsi integralmente le norme di cui al citato DM 1.2.1986.
I principali parametri di cui dovrai tenere conto nella applicazione di tale norma sono relativi a:
 isolamento
 altezza dei piani
 strutture dei locali
 comunicazioni
 compartimentazioni
 corsie di manovra
 accessi
 RAMPE
 pavimenti
 ventilazione naturale
 misure per l’affollamento di emergenza
 numero e larghezza delle uscite
 lunghezza percorsi di esodo
 impianti tecnologiciimpianti elettrici
 impianti idrici antincendio
 estintori portatili.

Per quanto concerne il tuo specifico quesito inerente le rampe, il punto 3.7.2 del DM stabilisce alcuni standard che di seguito ti riepilogo
Senso di circolazione Pendenza massima Larghezza minima Raggio di curvatura sul filo esterno
Unico 20% 3,00 m 7,00 m
Doppio 20% 4,50 m 8,25 m


Per via del cambio di classificazione non possono essere applicate le norme transitorie previste dal DM in questione (punto 11) le quali consentono che le autorimesse preesistenti possano essere servite da una unica rampa a doppio senso di circolazione di ampiezza non inferiore a 3,00 m con circolazione veicolare disciplinata a senso unico alternato mediante un semaforo.
Qualora la capacità di parcamento della tua autorimessa non superi i 40 veicoli potranno però essere applicate le disposizioni contenute nella lettera circolare emanata dal Ministero dell’Interno n° P1563/4108 sott.28 del 29 agosto 1995 riportate di seguito:


Decreto Ministeriale 1 febbraio 1986 - Criteri per la concessione di deroghe in via generale ai punti 3.2, 3.6.3 e 3.7.2
[…] Punto 3.7.2. – Ampiezza delle rampe.
Per le autorimesse oltre 15 e sino a 40 autovetture è consentita la realizzazione di una sola rampa di ampezza non inferiore a 3,00 m, a condizione che venga installato un impianto semaforico idoneo a regolare il transito sulla rampa medesima a senso unico alternato. […]


Se la capacità di parcamento della tua autorimessa dovesse essere superiore a 40 veicoli e non fosse possibile l’ampliamento della rampa, potrai avviare una procedura di deroga ai sensi dell’art. 6 del DPR 12.1.1998 n° 37, proponendo misure di sicurezza alternative atte a garantire un equivalente grado di sicurezza. Saluti.


Domanda:

Si chiede di conoscere quali norme ed obblighi ai fini della sicurezza antincendio (distanze da fabbricati e da confini, tipi di impianti antincendio ecc. ) bisogna osservare per la realizzazione di una tettoia
chiusa su tre lati per deposito di motociclette in attesa della loro commercializzazione in apposito locale di vendita distante dal deposito circa 40 m.
Si precisa che l'area scoperta su cui dovrebbe sorgere il deposito è di circa 200 mq ed è ubicata all'interno di un casamento urbano condominiale. Nell'attesa si ringrazia e saluta.


Risponde l’Ing. Antonio Albanese, Comandante Provinciale dei Vigili del Fuoco di Rieti:

Si premette che quando non viene posto un quesito di carattere generale, ma si cercano soluzioni per un caso specifico, è difficile fornire una risposta corretta ed esaustiva, in assenza di alcune informazioni e senza poter esaminare i relativi elaborati grafici. In tali casi sarebbe opportuno recarsi al Comando Provinciale dei Vigili del Fuoco competente per territorio, dove sono presenti Funzionari Tecnici in grado di fornire tutti i chiarimenti necessari, tenuto conto anche della documentazione tecnica esibita.
Ciò premesso, la risposta al quesito formulato non può che essere di carattere generale.
Con riferimento al punto 0 del D.M. 1.02.86 (“Norme di sicurezza antincendi per la costruzione e l’esercizio di autorimesse e simili”), si definisce “autosalone” un’area coperta destinata all’esposizione e alla vendita di autoveicoli. Per “autoveicolo” s’intende qualsiasi veicolo o macchina munito di motore a combustione interna e, pertanto, rientrano in tale definizione anche i motocicli ed i ciclomotori.
Pertanto, nel caso in argomento, l’attività di che trattasi è, molto probabilmente, un autosalone.
Gli autosaloni rientrano tra le attività di cui al punto 87 dell’elenco allegato al D.M. 16.02.82, qualora la superficie lorda, comprensiva di depositi e servizi, sia superiore a 400 mq.
Premesso che, con Lettera Circolare prot. n. P713/4108 del 25.07.00, il Ministero dell’Interno ha introdotto un parametro di equivalenza tra autovetture e motocicli o ciclomotori nella misura di 1 a 4, la normativa tecnica di riferimento per gli autosaloni con un numero complessivo di autoveicoli superiore a 30 è costituita da quella contenuta nel D.M. 1.02.86, come previsto al punto 9 del decreto ministeriale stesso.
Per gli autosaloni fino a 30 autoveicoli, come precisato in più occasioni dal Ministero dell’Interno, vanno applicati i normali criteri di prevenzione incendi. In particolare, in questi casi il riferimento è costituito dalla Circolare n. 75 del 3.07.67 e dalla Lettera Circolare prot. n. 5210/4118/4 del 17.02.75.
Si soggiunge che, poiché per alcuni argomenti (come ad esempio l’impianto di rivelazione incendi e gli impianti di spegnimento) la Circolare n. 75/67 rimanda ai singoli Comandi la definizione delle specifiche disposizioni da attuare, si ribadisce quanto premesso sulla necessità di fare riferimento al Comando competente per territorio.



Domanda:

Se ci troviamo in un laboratorio di produzione in cui risulta installato un generatore di calore di circa 500 kw non utilizzato ai fini del riscaldamento dell’ambiente ma asservito al ciclo di produzione (ad es: per generare aria calda per l’asciugatura di pezzi o macchine lavabiancheria industriali) e alimentato a gas metano è sempre necessario rispettare quel punto del decreto specifico che prevede che il 15% del perimetro del locale sia attestato verso spazio a cielo aperto e se si quale pensate che sia la finalità?
Inoltre vi vorrei chiedere, perché spesso ci capita di doverlo applicare:
Quando ci troviamo nel caso di grandi potenze installate, come nel caso sopra descritto, si deve procedere sempre allo stesso modo per il calcolo delle aperture di aerazione permanente? Perché molto spesso ci si trova a dover mantenere aperte delle superfici enormi che causano, all’interno degli ambienti di lavoro, situazioni di forte disagio termico per i lavoratori . Andiamo spesso in contrasto con il Decreto L.vo 626/94.
Cosa ne pensate?


Risponde Luigi Liolli, Funzionario del Comando Provinciale dei Vigili del Fuoco di Roma:

Per prima cosa bisogna capire se gli impianti cui Lei fa riferimento sono inseriti in un ciclo di lavorazione industriale
L’art. 1 del DM 12 aprile 1996 (SOGU n° 103 del 5 maggio 1996) individua gli impianti che sono disciplinati dalla regola tecnica approvata con il DM medesimo e più precisamente:
Art. 1
Campo di applicazione
1 - Il presente decreto ha per scopo l'emanazione di disposizioni riguardanti la progettazione, la costruzione e l'esercizio dei sottoelencati impianti termici di portata termica complessiva maggiore di 35 kW (convenzionalmente tale valore è assunto corrispondente al valore di 30.000 kCal/h indicato nelle precedenti disposizioni), alimentati da combustibili gassosi alla pressione massima di 0,5 bar ed individua le misure di sicurezza per il raggiungimento degli obiettivi descritti nell'articolo 2:
a) climatizzazione di edifici e ambienti;
b) produzione centralizzata di acqua calda, acqua surriscaldata e/o vapore;
c) forni da pane e altri laboratori artigiani;
d) lavaggio biancheria e sterilizzazione;
e) cucine e lavaggio stoviglie.
[…]
E’ chiaro che i laboratori artigiani (lett c) e gli impianti per il lavaggio della biancheria (lett. d) rientrano nel campo di applicazione di tale norma.
Pertanto devono essere rispettati sia i parametri relativi alle caratteristiche della parete da attestarsi su spazio scoperto e/o intercapedine sia le caratteristiche delle aperture di aerazione permanente.
In questo caso, nella valutazione dei rischi per la salute dei lavoratori, poiché la riduzione del rischio d’incendio è disciplinato da una regola tecnica cogente, per quanto concerne il microclima dovranno essere individuate delle misure tecniche che consentano il mantenimento degli standard minimi previsti dalla vigente normativa.
Il disporre di una parete di sviluppo lineare non inferiore al 15% (ma in alcuni casi può essere necessario almeno il 20%) concorre al raggiungimento degli obiettivi primari della norma in questione che sono “relativi alla salvaguardia delle persone, degli edifici e dei soccorritori” . In particolare tale parete e la relativa superficie di aerazione servono per:
- evitare accumuli pericolosi di combustibile gassoso nei luoghi di installazione e nei locali direttamente comunicanti con essi, nel caso di fuoriuscite accidentali del combustibile medesimo;
- limitare, in caso di evento incidentale, danni alle persone;
- limitare, in caso di evento incidentale, danni ai locali vicini a quelli contenenti gli impianti.
Per i grandi impianti cui Lei fa riferimento, sempre all’art. 1 del citato DM, viene inequivocabilmente chiarito che
[…]. Non sono oggetto del presente decreto gli impianti realizzati specificatamente per essere inseriti in cicli di lavorazione industriale, gli apparecchi di tipo A, le stufe catalitiche, i nastri radianti e gli inceneritori. […].
In questo caso dovrà essere effettuata una attenta analisi del rischio che consentirà di individuare accorgimenti e soluzioni in grado di far conseguire gli obiettivi di cui sopra.
Non essendo questi casi disciplinati da una norma cogente, le innovazioni tecnologiche, le nuove frontiere del “fire engineering”, i modelli di calcolo validati da organismi riconosciuti anche a livello comunitario, consentono al professionista della sicurezza di sbizzarrirsi con analisi appropriate permettendogli di individuare (anche analiticamente) quelle misure che a parità di costo garantiscano un livello accettabile di rischio residuo. E’ chiaro che in mancanza di tali analisi i parametri dettati da una norma, pur se non direttamente applicabile, costituiscono comunque un valido riferimento.
Buon lavoro.


Domanda:

Buongiorno, volevo sottoporvi il seguente quesito:
Nel calcolo dei posti auto di un'autorimessa suddivisa in box, un box profondo 10 metri e largo 3 metri in cui verosimilmente andranno 2 autoveicoli uno in fila all'altro, conta come uno o due posti auto?


Risponde il Direttore Regionale dei Vigili del Fuoco del Lazio, dott. Ing. Luigi Abate:

IL TUO BOX SVILUPPA 30 MQ. PERTANTO CON VETTURE PARCHEGGIATE IN PIANO DEVI CONSIDERARE NON PIU' DI UNA UNITA'. SE LA CUBATURA DEL TUO BOX SUPERA I 40 MC. (COME IO PENSO) PUOI PARCHEGGIARE ANCHE DUE AUTO A CONDIZIONE CHE UNA DI QUESTI SIA POSTA , CON DISPOSITIVO DI SOLLEVAMENTO , SOPRA L'ALTRA.
TI RIPORTO I RIFERIMENTI NORMATIVI:
3.3 Superficie specifica di parcamento.

La superficie specifica di parcamento non può essere inferiore a:

20 m² per autorimesse non sorvegliate;

10 m² per autorimesse sorvegliate e autosilo.

Nelle autorimesse a box purché di volume netto, per ogni box, non inferiore a 40 m³ é consentito l'utilizzo di dispositivi di sollevamento per il ricovero di non più di due autoveicoli. Saluti.



Domanda:

Premessa: In una struttura alberghiera con capacità massima di posti letto pari a 80 unità, si stanno realizzando dei lavori di adeguamento in riferimento alla normativa DM 09/04/94. La struttura è composta da un piano scantinato e da quattro piani fuori terra (in buona sostanza è uno delle ex strutture Motel Agip riconvertite circa dieci anni fa a nuovi proprietari).
Al piano scantinato è esistente in locale a se stante la Centrale Termica con potenzialità massima di kW 120 che da qualche anno è stata alimentata a gas metano, con accesso indipendente dall’esterno, tramite parete di intercapedine da mt 1,00.
Fra gli altri interventi previsti si dovranno ultimare i lavori di adeguamento dell’impianto elettrico alla L. 168 del 1° Marzo 1968.
Al piano scantinato in un vano tecnico si vuole posizionare il quadro elettrico generale che al fine di evitare pericoli di sorta sarà possibile in qualsiasi momento disabilitarlo (staccare l’energia elettrica generale) tramite pulsante di emergenza posizionato vicino alla zona reception che risulta sempre presieduta.
L’interruttore magnetotermico differenziale generale a monte di tutto il quadro è di 4x125 A. Tale quadro tramite linee dedicate alimenterà i quadri dei diversi piani e delle diverse zone della struttura.
Il vano tecnico dove sarà posizionato il quadro elettrico generale risulta comunicante da un lato direttamente con l’esterno tramite finestre poste nella parte alta di una parete con intercapedine superiore a mt 0,6 che si attesta superiormente su spazio scoperto (sopra vi è posizionata la griglia di aerazione permanente). Tale griglia di aerazione risulta a circa 40 cm sopra il livello del calpestio della quota zero del piano terra.
Nel vano tecnico sarà installato un impianto di rivelazione incendi ed inoltre lo stesso locale è fornito di un impianto di scarico acque reflue naturale che nel malaugurato caso di ipotetiche perdite di acque bianche o nere è in grado di far defluire in modo naturale l’acqua impedendo l’allagamento dei locali. Da precisare che la riserva idrica dell’impianto idrico antincendio non si trova nei locali del piano scantinato, ma è stata costruita una vasca a se stante nello spiazzale della struttura.

Si desidera conoscere:
1) è possibile mantenere la CENTRALE TERMICA alimentata a gas metano al piano seminterrato come previsto al TITOLO IV punto 4.1.1 e succ. della norma DM 12/04/1996 Approvazione della regola tecnica di Prevenzione incendi per la?.. degli impianti termici alimentati da combustibili gassosi ?
2) è possibile installare il QUADRO ELETTRICO GENERALE, con gli accorgimenti sopra descritti, al piano scantinato in virtù del fatto che al punto 9 Impianti Elettrici della norma DM 09 Aprile 1994 ?Approvazione della regola tecnica di prevenzione incendi per a costruzione e l’esercizio delle attività ricettive turistico-alberghiere? le indicazioni dettate sono à Il quadro elettrico generale deve essere ubicato in posizione facilmente accessibile, segnalata e protetta dall’incendio ?


Risponde l’Ing. Antonio Albanese, Comandante Provinciale dei Vigili del Fuoco di Rieti:

Per quanto attiene il primo quesito, dalla sommaria descrizione fornita non si comprendono i dubbi avanzati. Qualora il locale in cui è ubicato l’impianto di produzione di calore risponda ai requisiti prescritti dal D.M. 12.04.96 nei punti 4.1.1 e 4.2.1 (ubicazione), 4.1.2 e 4.2.3 (aperture di aerazione), 4.2.2 (altezza del locale) e 4.2.5 (accesso), non vi sono motivi ostativi a mantenere l’impianto dove si trova.
Anche per il secondo quesito, non si comprendono le perplessità. Al punto 9 del D.M. 9.04.94 viene prescritto che il quadro elettrico generale sia ubicato in posizione facilmente accessibile, segnalata e protetta dall’incendio e questo significa che:
a) in posizione facilmente accessibile = il locale d’installazione non deve presentare particolari problemi di accessibilità (ciò non vuol dire che non possa essere installato al piano interrato, se questo era il dubbio);
b) in posizione segnalata = apposita cartellonistica ne deve indicare l’ubicazione;
c) in posizione protetta dall’incendio = il quadro elettrico generale deve essere posizionato in apposito vano costituente compartimento antincendio, nel quale non sussista un particolare rischio d’incendio per materiali presenti, utilizzazione, accessibilità anche a terzi non autorizzati, ecc.
Se tali requisiti sono rispettati, il quadro elettrico generale può essere ubicato dove previsto.
Si soggiunge che quando non vengono posti quesiti di carattere generale, ma si cercano soluzioni per casi specifici, è difficile fornire risposte corrette ed esaustive, in assenza di alcune informazioni e senza poter esaminare i relativi elaborati grafici. In tali casi sarebbe opportuno recarsi al Comando Provinciale dei Vigili del Fuoco competente per territorio, dove sono presenti Funzionari Tecnici in grado di fornire tutti i chiarimenti necessari, tenuto conto anche della documentazione tecnica.



Domanda:

Occupandomi spesso di prevenzione incendi Le chiedo:

“In fase di rinnovo del C.P.I. è necessario, ai sensi dell’art. 4 del DPR 37/98, redigere una perizia giurata in modo da certificare l’efficienza e la funzionalità dei presidi di protezione attiva esistenti nell’attività in questione. Supponiamo, nella fattispecie, di avere a che fare con uno stabile ad uso civile nel quale risulta installata una rete di idranti.
La norma che regola la progettazione delle reti idranti è la UNI 10779, la quale, a seconda del tipo di impianto impone per ognuno di essi una serie di prestazioni in termini di portate e pressioni. Le domande che pongo sono le seguenti:
Il dichiarare, in fase di rinnovo, che l’impianto è efficiente e funzionante, equivale a verificare le prestazioni sopra citate, e cioè le portate e le pressioni per un certo tempo?
Se l’impianto è stato realizzato prima del 2001 (epoca in cui è stata pubblicata la UNI 10779) potrebbe accedere che lo stesso non rispetta i requisiti prestazionali citati dalla norma UNI 10779. In questo caso a quali prestazioni ci si deve riferire?


Risponde Antonio Pirri, Funzionario del Comando Provinciale dei Vigili del Fuoco di Frosinone:

Alla domanda di rinnovo del certificato di prevenzione incendi deve essere allegata oltre la copia del certificato di prevenzione incendi, la dichiarazione del responsabile dell'attività, redatta secondo il modello allegato decreto 04 maggio 1998 e resa, secondo le forme di legge, come atto notorio o dichiarazione sostitutiva dell'atto di notorietà, e l’attestato del versamento, una perizia giurata attestante l'efficienza dei dispositivi, dei sistemi e degli impianti finalizzati alla protezione attiva antincendi, con esclusione delle attrezzature mobili di estinzione, resa da professionista abilitato ed iscritto negli elenchi del Ministero dell'interno, ai sensi della legge 7 dicembre 1984, n. 818.

Tale perizia è redatta secondo il modello riportato in allegato 5 del decreto 04 maggio 1998 la quale prevede un sopralluogo tecnico per verificare la funzionalità e l’efficienza degli impianti di protezione antincendio; compreso le prestazioni idrauliche dell’impianto.

Se l’impianto è stato realizzato prima del settembre 1998 (data di prima emanazione delle Norme UNI 10779) si deve far riferimento alle caratteristiche idrauliche indicate nella documentazione tecnica ed alle eventuali prescrizioni del Comando VV.F. che ha approvato il progetto e che ha poi dato luogo, a seguito di sopralluogo, al rilascio del Certificato di Prevenzione Incendi che si intende rinnovare.

Se l’impianto è stato realizzato dopo ago
Si allega uno stralcio del punto 9 delle Norme UNI10779.

Esecuzione del collaudo

Devono essere eseguite le seguenti operazioni minime:

- esame generale dell'intero impianto comprese le alimentazioni, avente come particolare oggetto la capacità e tipologia delle alimentazioni, le caratteristiche delle pompe (se previste), i diametri delle tubazioni, la spaziatura degli idranti/naspi, i sostegni delle tubazioni;

- prova idrostatica delle tubazioni ad una pressione di almeno 1,5 volte la pressione di esercizio dell'impianto con un minimo di 1,4 MPa per 2 h;

- collaudo delle alimentazioni;

- verifica del regolare flusso nei collettori di alimentazione, aprendo completamente un idrante/naspo terminale per ogni ramo principale della rete a servizio di due o più idranti/naspi;

- verifica delle prestazioni di progetto con riferimento alle portate e pressioni minime da garantire, alla contemporaneità delle erogazioni, e alla durata delle alimentazioni.

Per l’esecuzione dei suddetti accertamenti il progetto deve individuare i punti di misurazione che devono essere opportunamente predisposti ed indicati.

9.2.3 Collaudo delle alimentazioni

Il collaudo delle alimentazioni deve essere eseguito in conformità a quanto specificato dalla UNI 9490 tenendo conto delle indicazioni riportate nell’appendice A.

9.3 Esercizio e verifica dell'impianto

L'utente è responsabile del mantenimento delle condizioni di efficienza dell'impianto, che rimangono sotto la sua responsabilità anche esistendo il servizio di ispezione periodica da parte della ditta installatrice o di altro organismo autorizzato.
L’utente deve pertanto provvedere a quanto segue:

- sorveglianza dell'impianto;

- manutenzione dell'impianto in accordo alla UNI EN 671-3 e attenendosi alle istruzioni fornite dalla ditta installatrice;

- verifica periodica dell'impianto, almeno due volte all'anno, da parte di ditta o personale specializzato, allo scopo di accertare la funzionalità dell'impianto e la sua conformità alla presente norma.

L’utente deve tenere un apposito registro, firmato dai responsabili, costantemente aggiornato, cui annotare:

- i lavori svolti sull’impianto o le modifiche apportate alle aree protette (ristrutturazioni, variazioni di attività, modifiche strutturali, ecc.) qualora questi possano influire sulla efficacia della protezione;

le prove eseguite; i guasti e, se possibile, le relative cause; l’esito delle verifiche periodiche dell’impianto.



Domanda:

L'utilizzo di un impianto di riscaldamento per capannone, costituito da tubi radianti con bruciatori stagni con aspirazione dell'aria comburente e scarico dei gas combusti all'esterno, della potenzialità complessiva di circa 300.000 Kcal/h, prevede richiesta di parere preventivo e di successivo C.P.I. o non è soggetto?


Risponde il Vice Comandante dei Vigili del Fuoco di Latina, dott. Ing. Piero Simonetti:

Trattandosi di impianto con bruciatori interni al capannone di potenzialità complessiva superiore a 100.000 kCal/h (300.000 kCal/h) esiste l’obbligo da parte del titolare dell’attività di richiedere al Comando provinciale dei Vigili del Fuoco, competente per territorio, il rilascio del certificato di prevenzione incendi, ai sensi del D.P.R. 37/1998 e del D.M. 16/02/82, allegato, punto 91.
Per l’installazione in esame, tubi radianti, occorrerà far riferimento al D.M. 23/07/2001 modifiche ed integrazioni al decreto del Ministro dell’Interno 12 aprile 1996, relativamente ai nastri radianti ed ai moduli a tubi radianti alimentati da combustibili gassosi.



Domanda:

Vi scrivo per un chiarimento in merito alla circolare 91/’61 volevo avere un chiarimento sul copriferro di protezione delle armature e più precisamente: da dove si misura dall'asse delle barre d'armatura come previsto nell'eurocodice e nella norma UNI 9502-2001.


Risponde il Direttore Regionale dei Vigili del Fuoco del Lazio, dott. Ing. Luigi Abate:

OVVIAMENTE LA CIRCOLARE 91, ESSENDO STATA SCRITTA NEL 1961 NON ENTRAVA NEI PARTICOLARI IN MERITO ALLA MISURAZIONE DELLO SPESSORE DEL MATERIALE PROTETTIVO.
RITENGO CHE IN PRESENZA DI NORME RECENTI (EUROCODICI E UNI ) CI SI DEVE RIFERIRE A QUEST' ULTIME.



Domanda:

Possiedo ed utilizzo un posto auto all'interno di un'area privata, costituita in parte da box (posti sotto un fabbricato di civile abitazione), in parte da posti auto scoperti (all'interno di un'area privata antistante il suddetto fabbricato).

Questa area, oltre a contenere i posti auto (di propietà e segnalati con striscie a terra), costituisce via di accesso ai box e posti auto tramite due "stradine" con in testa due cancelli automatici su pubblica via.

Il fatto: almeno due condomini, da qualche tempo, senza rispetto innanzi tutto del loro prossimo, hanno preso l'abitudine di parcheggiare sovente le loro auto sui vialetti di accesso, limitando fortemente le possibilità di manovra e di accesso. Personalmente, non conoscendoli di persona, ho lasciato loro parecchi biglietti per richiamerli ad un comportamento consono ed affitto un cartello di Divieto di Sosta con un richiamo esplicito al DM 1/2/86, punto 3.6.3 (corsie di manovra) e 3.7.2 (raggio min. di curvatura rampe di accesso) ma pare questo non abbia sortito effetto!

La domanda: a chi mi posso rivolgere per, eventualmente, far sanzionare queste persone? L'Amministratore, oltre evidentemente a disinteressarsi del problema, non verrebbe certamente ascoltato.


Risponde il Direttore Regionale dei Vigili del Fuoco del Lazio, dott. Ing. Luigi Abate:

SE L'ATTIVITA' E' SOGGETTA AI CONTROLLI DA PARTE DEI VVF DEL LUOGO (AUTORIMESSA CON PIU' DI 9 AUTOVETTURE AL COPERTO) A QUEST'ULTIMI SI PUO' RIVOLGERE. CON CORDIALITA'



Domanda:

Abito in un condominio di 4 piani ed ho il garage sotto il condominio stesso (parcamento inferiore a 40 mezzi) nel mio garage ho posizionato un compressore d'aria per gonfiare le ruote di biciclette e per pulizie varie. Il compressoire è da 25 litri potenza 1 cv, acquistato recentemente in un centro commerciale e con regolare scontrino, marchio CE e certificati vari. Il condominio mi ha scritto di togliere il compressore medesimo dal garage perché può essere pericoloso. Cosa devo fare?


Risponde il Direttore Regionale dei Vigili del Fuoco del Lazio, dott. Ing. Luigi Abate:

MANTENGA IL SUO COMPRESSORE PERCHE' LE E' CONSENTITO E PERCHE' LO STESSO NON PUO' COSTITUIRE PERICOLO ALCUNO SE UTILIZZATO CORRETTAMENTE. CERCHI DI TRANQUILLIZZARE I SUOI CONDOMINI MA RIVENDICHI UN SUO DIRITTO. CON CORDIALITA'



Domanda:

Relativamente ad uno stabilimento industriale di costruzioni meccaniche, che impiega oli minerali aventi capacità geometrica complessiva da 0,5 a 25 mc:
- sarebbe possibile stoccare i fusti di tali oli minerali (da 200 l/ cad),
inclusi quelli esausti, al di sotto di una tettoia esterna agli edifici in cui vengono utilizzati? (La distanza tre tale tettoia e l'edificio più vicino è pari a 8 metri).
- se sì, trattandosi di tettoia larga 2 m e lunga 48 m, sarebbe possibile collocare al di sotto di essa anche eventuali macchinari di riserva?


Risponde l’Ing. Alessandro Paola, funzionario del Comando Provinciale dei Vigili del Fuoco di Roma:

Con riferimento al quesito sottoposto, si comunica che i depositi di oli minerali sono disciplinati dal Decreto Ministeriale 31/07/1934 e successive integrazioni e modificazioni.
In particolare, relativamente alla questione evidenziata, si fa osservare che gli articoli 20-21 e 22 del citato decreto disciplinano la modalità costruttiva dei fabbricati ove è possibile installare un deposito di oli minerali che indicano l'impossibilità di installazione di un deposito di oli minerali sotto una semplice tettoia.
Tale modalità di installazione viene comunque riservata ai depositi di fusti in ambito portuale, secondo quanto indicato all'art. 47 del predetto decreto.
Va infine rappresentato e messo in evidenza che la manipolazione degli oli minerali all'interno degli stabilimenti va effettuata in conformità all'art. 75.
Rimane evidente, alla luce di quanto sopra specificato, che, nello stesso locale ove sono depositati oli minerali, non potranno essere parcheggiati altri automezzi, a meno che gli ambienti destinati al deposito degli oli minerali ed al parcheggio dei mezzi stessi non siano compartimentati con strutture tagliafuoco, come previste dall'art. 22.



Domanda:

Sono un termotecnico, e mi è sorto un dubbio sull' interpretazione del DM 12-4-96-. Dovendo dimensionare l' impianto del gas in un chiosco di piedine, con all' interno solo attrezzature di cottura con potenzialità 40 kW, mi è sorto un dubbio sulla superficie di aerazione .
Leggeddo il decreto ritengo che si debba adottare il criterio di S=10xQ quindi una superficie di 400 cmq, essendo il chiosco un locale fuori terra.
Chiedrei cortesememte un chiarimento a riguardo. Distinti saluti


Risponde l’Ing. Bernardo Lanzillotta, funzionario del Comando Provinciale dei Vigili del Fuoco di Roma:

L’aerazione dei locali di installazione di impianti cucina e lavaggio stoviglie è determinata dal punto 4.1.2 del D.M. 12/4/1996 e quindi dovrà risultare, nel caso descritto, non inferiore a:

S=Qx10=400 cmq



Domanda:

Ho acquistato un immobile in costruzione nel quale ho intenzione di realizzare un impianto di riscaldamento misto, a termocamino ad acqua e a caldaia GPL.
La caldaia verrebbe installata in un locale realizzato nella parte terminale di un'intercapedine. Il locale sarà separato dal resto dell'intercapedine da un muro (attraverso il quale passeranno le condutture idiriche di collegamento al termocamino) e comunicherà con l'esterno attraverso una porta a NORMA.
Devo seguire particolari accorgimenti per il rispetto delle norme in tema di sicurezza?


Risponde Antonio Pirri, Funzionario del Comando Provinciale dei Vigili del Fuoco di Frosinone:

Gli impianti termici, per quanto concerne l’aspetto antincendio, devono rispettare le regole tecniche contenute nelle normative specifiche qualora la potenzialità termica complessiva sia superiore a 30.000 Kcal/h (35 kw) :

D.M. 12/04/1996 Impianti termici alimentati a gas ( g.p.l. e gas metano)

D.M.28.04.2005 Impianti termici alimentati a combustibile liquido.

Per impianti alimentati a gas aventi potenzialità termica complessiva fino a 30.000 Kcal/h (35 kw) si applicano le specifiche norme UNI CIG.



Domanda:

Complimenti per la rubrica, scoperta per caso navigando.
Vorrei conoscere quando è necessario installare una rete idranti o naspi, in una attività soggetta al controllo dei Vigili del Fuoco.


Risponde il Direttore Regionale dei Vigili del Fuoco del Lazio, dott. Ing. Luigi Abate:

LA INSTALLAZIONE DEGLI IDRANTI O NASPI SI RENDE NECESSARIA IN TUTTE QUELLE ATTIVITA', SOGGETTE AL RILASCIO DEL CPI, IN CUI UNA SPECIFICA NORMATIVA LO PREVEDE ( COME PER ESEMPIO LE SCUOLE, GLI ALBERGHI, GLI OSPEDALI , ECC) OVVERO PER QUELLE ATTIVITA', QUANTUNQUE SOGGETTE AL CPI E NON NORMATE, DOVE UNA VALUTAZIONE DEL RISCHIO INCENDIO NE SUGGERISCE L'INSTALLEZIONE (AD ESEMPIO UNA FARMACEUTICA, UN DEPOSITO DI 5000MQ. CON MATERIALE COMBUSTIBILE SUPERIORE A 50KG. LEGNA STANDART/MQ). CON CORDIALITA'.



Domanda:

Sto acquistando un nuovo appartamento con box di pertinenza; l'edificio è addossato ad una collina con a monte l'ingresso degli appartamenti e a valle l'ingresso ai box, sottostanti agli appartamenti, che quindi non risultano interrati ma a livello stradale.

Ho notato che le serrande dei box non hanno aperture di ventilazione, sono pannelli completamente chiusi (almeno all'apparenza!) e, siccome i box non hanno finestre, mi chiedevo se questi box risultano a norma o meno, visto che dalla lettura del D.M. 01/02/1986 mi pareva che l'areazione fosse obbligatoria.

Può aiutarmi a sciogliere questo dubbio? Devo pretendere un serramento con aperture di areazione o questo potrebbe andare bene?


Risponde il Direttore Regionale dei Vigili del Fuoco del Lazio, dott. Ing. Luigi Abate:

LA NORMA RIPORTATA PREVEDE L'AEREAZIONE ANCHE PER I BOX ANCHE TRAMITE LA SERRANDA DI ACCESSO.
CON CORDIALITA' ING. LUIGI ABATE

3.9. Ventilazione.

3.9.0. Ventilazione naturale.

Le autorimesse devono essere munite di un sistema di aerazione naturale costituito DA aperture ricavate nelle pareti e/o nei soffitti e disposte in modo DA consentire un efficace ricambio dell'aria ambiente, nonché lo smaltimento del calore e dei fumi di un eventuale incendio.
Al fine di assicurare una uniforme ventilazione dei locali, Le aperture di aerazione devono essere distribuite IL più possibile uniformemente e a distanza reciproca non superiore a 40 m.

3.9.1. Superficie di ventilazione.

Le aperture di aerazione naturale devono avere una superficie non inferire a 1/25 Della superficie in pianta del compartimento. Nei casi nei quali non é previsto l'impianto di ventilazione meccanica di cui al successivo punto, una frazione di tale superficie -non inferiore a 0,003 m² per metro quadrato di pavimento - deve essere completamente priva di serramenti.
Il sistema di ventilazione deve essere indipendente per ogni piano.
Per autorimesse sotterranee la ventilazione può avvenire tramite intercapedini e/o camini; se utilizza la stessa intercapedine, per consentire l'indipendenza Della ventilazione per piano, is può ricorrere al sezionamento verticale o all'uso di canalizzazione di tipo "shunt".

Per Le autorimesse suddivise in box l'aerazione naturale deve essere realizzata per ciascun box. Tale aerazione può essere ottenuta con canalizzazioni verso l'esterno o con aperture anche sulla corsia di manovra, prive di serramenti e di superficie non inferiore ad 1/100 di quella in pianta del box stesso.



Domanda:

Sono cortesemente a richiederle un chiarimento relativo alla richiesta del certificato di prevenzione incendio.Abito in una pallezzina con 10 unita’ abitative,nel piano semi interrato abbiamo 12 box x ricovero auto con accesso diretto da spazio a cielo aperto,in riferimento al Decreto ministeriale 01/02/1986 ricadiamo nelle norme di sicurezza del punto 2 o al punto 3?(in poche parole dobbiamo dotarci di un impianto per la separazione di liquidi infiammabili dalle acque residue?tengo a precisare che all’interno dei box non viene svolta nessun’altra attivita’ se non quella di ricovero auto)iRingraziando x l’attenzione, certo di una Sua risposta porgo cordiali saluti.


Risponde il Direttore Regionale dei Vigili del Fuoco del Lazio, dott. Ing. Luigi Abate:

IL MINISTERO INTERNO HA CHIARITO, CON APPOSITA NOTA, CHE SE ALL'INTERNO DELLA AUTORIMESSA NON SI SVOLGONO ATTIVITA' DI LAVAGGIO - AUTOVETTURE NON OCCORRE L'IMPIANTO DI SEPARAZIONE DELLE ACQUE REFLUE. SALUTI.



Domanda:

In alcune camere di un albergo preesistente alla data del 9 aprile 1994 ho constatato che i materassi dei letti non sono di classe 1 IM come previsto nel decreto 9 aprile 1994 “Approvazione della regola tecnica di prevenzione incendi per la costruzione e l’esercizio delle attività ricettive turistico-alberghiere” all’art. 6.2 “reazione al fuoco dei materiali” lettera e), ed art.19.2. “Reazione al fuoco dei materiali” che testualmente cita : È richiesto il rispetto del punto 6.2 con esclusione della lettera e) relativamente ai mobili imbottiti.
Per mobili si intendono tutti quegli oggetti che sono elementi di arredamento dell’abitazione. I materassi, a mio avviso, non sono elementi di arredo.
Per quanto su esposto, per una attività alberghiera preesistente alla data del decreto sopra citato i vecchi materassi devono essere sostituiti con quelli certificati 1 IM di reazione al fuoco?


Risponde l’Ing. Antonio Albanese, Comandante Provinciale dei Vigili del Fuoco di Rieti:

Per le attività ricettive esistenti alla data di entrata in vigore del D.M. 09.04.94 è previsto, al punto 19.2, il rispetto del punto 6.2, con l’esclusione della lettera e) relativamente ai mobili imbottiti.
Poiché il punto 6.2, lettera e), prescrive che “i mobili imbottiti ed i materassi devono essere di classe 1 IM”, l’esclusione prevista al punto 19.2 si riferisce ai soli mobili imbottiti, rimanendo invece l’obbligo per i materassi.



Domanda:

Ho un sito produttivo dove svolgo il trattamento del carbone (antracite e coke metallurgico). Le attività sono quelle di macinazione, vagliatura, essiccazione, separazione in polveri di diversa pezzatura. Il materiale arriva normalmente in pezzature da 30-40 mm, con umidità relativa del 10-12%. A seguito di trattamenti di macinazione, essiccazione e vagliatura si raggiungono pezzature fino da 90 micron a 250 micron con stoccaggio in silos.
La mia domanda è, dovendo adeguare gli impianti alle regole di prevenzione incendi, come devo intervenire sui classici silos verticali?
La mia preoccupazione sta nel fatto che, dall'esperienza questo tipo di polveri non si incendia direttamente se esposto ad una fiamma (premesso che non vi siano frazioni in nube o strati) , ma in alcuni casi (carbone fossile) si può ossidare e dare fenomeni di autocombustione.
Per arrestare l'ossidazione l'unico metodo che ho sperimentato è lo spandimento in starti sottili su terreno libero ai fini di raffreddarlo ed arrestare il fenomeno di autocombustione.
Alcuni "tecnici antincendio", o presunti tali, mi dicono di realizzare un impianto a doccia all'interno del silo che se ho un fenomeno di autocombustione possa essere fatto intervenire così da bagnare il materiale, ma io temo che l'immissione nel silo di acqua mi comporti una produzione violenta di vapore con un rischio di esplosione.
Alcuni mi chiedono di istallare degli impianti di spegnimento a co2, "senza però considerare" che per i grossi volumi in gioco essi vengono a costare un patrimonio senza probabilmente garantire un risultato sicuro.
Io pensavo di dotare il silo di un portello inferiore con comando di apertura a distanza che una volta azionato mi consentiva di scaricare il materiale per poi poterlo trattare con lo spandimento. Come misura cautelativa inoltre avrei disposto un attacco per immissione a doccia di acqua o altro estinguente da parte dei vigili del fuoco in prossimità degli impianti nel punto di estrazione.
Naturalmente i silos sono dotati di adeguato impianto di messa a terra e protezione contro le scariche atmosferiche (silos all'aperto).
Cosa pensate in proposito?


Risponde l’Ing. Antonio Albanese, Comandante Provinciale dei Vigili del Fuoco di Rieti:

Si premette che, poiché per tale tipo di attività non esistono norme di prevenzione incendi specifiche, non è possibile individuare una soluzione univoca, ma è necessario studiare il problema caso per caso, confrontandosi con i Funzionari Tecnici del Comando Provinciale dei Vigili del Fuoco competente per territorio.
Ciò premesso, mi permetto di esprimere qualche perplessità sulla soluzione proposta. Trattandosi di materiale pulverulento, non credo sia difficile immaginare cosa possa accadere una volta aperto il portello del silo, oltre alla maggiore pericolosità conseguente alla miscelazione con l’aria.
Personalmente continuo a preferire un impianto di spegnimento ad acqua ad azionamento manuale all’interno del silo, non preoccupandomi l’eventuale produzione di vapore, la cui pressione può essere tenuta sotto controllo tramite appositi ed appropriati dispositivi di sicurezza.
Questa è la versione 'lo-fi' del Forum Per visualizzare la versione completa clicca qui
Tutti gli orari sono GMT+01:00. Adesso sono le 20:41.
Copyright © 2000-2024 FFZ srl - www.freeforumzone.com