Quaranta anni fa moriva il "Che"

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Hareios
00martedì 9 ottobre 2007 14:00
CHE GUEVARA, ICONA SENZA TEMPO
ROMA - E' anche grazie ad una foto scattata da Alberto Korda e riprodotta nel corso degli anni su milioni di magliette, poster e oggetti kitsch, che la figura di Ernesto Che Guevara, a 40 anni dalla morte, continua a vivere nelle nuove generazioni. Quell'immagine, intitolata Guerrillero Heroico, fu scattata nel 1960 da Korda, alias Alberto Diaz Gutierrez, divenuto fotografo personale di Fidel Castro dopo aver lavorato nel mondo della moda. Korda scattò due foto mentre Guevara saliva sul podio durante il funerale di 140 cubani uccisi da un'esplosione.

Il comandante si trovava tra un uomo e delle foglie di palma, ma Korda, impressionato dall'intensità dell'espressione del Che, decise di isolarne il volto "encabronado y dolente" (corrucciato e triste) e nacque quel primo piano, destinato a diventare un'icona. Praticamente sconosciuta prima di essere riprodotta in Italia in occasione della morte di Guevara, l'immagine divenne rapidamente in tutto il mondo il simbolo della rivolta studentesca del '68. Comparve su poster, magliette, murales e fu usata in una miriade di dimostrazioni negli anni che seguirono.

Ma e' anche vero che da allora l'immagine di Korda vive di luce propria e se continua a rappresentare in America Latina, Medio Oriente e Asia lo spirito rivoluzionario e indomito contro oppressione e tirannia, resta un fenomeno contemporaneo, entrato di prepotenza nel mondo della cultura popolare, della moda, delle celebrità. A questa foto la Triennale Bovisa di Milano ha dedicato una mostra nei mesi scorsi, The Legacy of Korda Portrait, con l'intento di spiegare perché lo scatto di Korda continua ad essere, a distanza di quasi 50 anni, il simbolo della rivoluzione e della contestazione giovanile. In copertina per l'album American Life di Madonna o nell'opera di Pedro Meyer American Five Dollar Bill (in cui il viso di Abraham Lincoln è sostituito da quello del Che), l'immagine di Guevara continua ad avere una natura sia populista che controculturale. Anche oggi che è oggetto di caricature e parodie, è al tempo stesso utilizzata come grido di protesta politica da parte dei movimenti più disparati, che si battono per la cancellazione del debito, per l'anti-americanismo, per l'identità latino-americana, per i diritti degli omosessuali e delle popolazioni indigene.

LE RAGIONI DI UN MITO

(di Martino Rigacci)
BUENOS AIRES - Il calendario 'Che - 2008' è in questi giorni appeso in bella mostra alle edicole di Buenos Aires e delle altre città dell'Argentina, patria del celebre Ernesto Guevara, ucciso 40 anni fa in Bolivia e ancora oggi un mito rivoluzionario inossidabile: più passa il tempo, più pare rafforzarsi. Non solo in Argentina e a Cuba, ma in molti paesi latinoamericani, il 40mo anniversario di quel 9 ottobre 1967, quando il medico nato a Rosario nel 1928 venne crivellato a colpi di mitragliatrice, sarà ricordato con commemorazioni ed eventi. Ormai da giorni, quotidiani e settimanali pubblicano articoli in cui le analisi sul Che (il quale se fosse vivo avrebbe ora 79 anni) affiorano un po' in tutte le salse. Oltre alle vecchie, e nuove, biografie, e ai saggi sulla vita militare e sulle idee politiche - la lotta armata, l'internazionalismo - del 'comandante' molti sono i ricordi, con gli inevitabili aneddoti, di chi l'ha conosciuto. Sul guerrigliero più fotogenico del pianeta in questi giorni non mancano d'altra parte i siti web oppure le immagini, fra le quali quelle celebri di Alberto Korda, che lo ritrasse col basco e la stella a cinque punte, e di Freddy Alborta, autore delle foto con l'espressione di Cristo che il volto del Che assunse da morto. Fotografie che, tramite mille strade, hanno contribuito a far uscire Guevara dai limiti della storia latinoamericana, per farlo diventare un'icona internazionale.

Fra i media che questa settimana hanno scelto di mettere in copertina il bel profilo di Guevara c'é per esempio il settimanale brasiliano Veja, che indaga le ragioni per le quali "l'uomo era diverso dal mitò, oppure la rivista argentina N, che si chiede perché egli sia ormai "il santo di una religione laica". E in fondo, quello che un po' tutti gli analisti cercano di capire è proprio perché, 40 anni dopo, la figura del Che sia rimasta intatta nella memoria di due-tre generazioni, e quali siano gli ingredienti del mito. Per il messicano Jorge Castaneda, autore di una delle biografie ('Companerò) più note, "Guevara è entrato a far parte delle utopie sociali e dei sogni di un'intera generazione a causa di un'affinità quasi mistica con il suo tempo. Ha avuto un'identificazione pressoché perfetta con il periodo storico in cui visse". Tesi non molto diversa da quella dello scrittore inglese John Berger, per il quale Guevara viene ancora oggi ricordato "non tanto per le sue azioni - del tutto fallimentari sia in Bolivia sia in Africa - ma per il modo in cui, ricorrendo per esempio all'utopia e al martirio, le intraprese".

In mezzo a tanta ammirazione, non manca qualche valutazione decisamente negativa. In un articolo in cui descrive il Che come "una fredda macchina omicida", Alvaro Vargas Llosa (figlio del più noto Mario) afferma: "forse il 'Che' era innamorato della propria morte, di certo lo era di più della morte degli altri". E d'altra parte, in un sondaggio realizzato questa settimana tra gli adolescenti ed i giovanissimi di Buenos Aires ci sono commenti positivi, ma anche valutazioni d'indifferenza o negative: Matias, 17 anni, pensa per esempio che "non ci debba essere un modello da seguire, e d'altra parte il 'Che' era un uomo violento", mentre Estefania (17) dice di "non sapere nulla su Guevara, per me non è un simbolo". Sempre in Argentina, Guevara continua comunque a battere gli altri due grandi miti nazionali, lo scrittore Jorge Luis Borges ed Evita Peron. Qualche settimana fa, migliaia di telespettatori hanno votato proprio a favore del Che quale politico argentino più popolare del XX secolo. In quell'occasione, Guevara è riuscito a stracciare persino Evita.

UNA VITA FRA ARGENTINA, CUBA E BOLIVIA
BUENOS AIRES - Ernesto Guevara de la Serna, detto 'El Che' dal suo tipico intercalare, nacque il 14 giugno 1928 a Rosario, in Argentina. Ecco le tappe principali della sua vita.

- 1950: si iscrive alla facoltà di Medicina a Buenos Aires. Visita il nordovest dell'Argentina.

- 1952: è l'anno del viaggio in motocicletta in diversi paesi latinoamericani insieme all'amico Alberto Granado.

- 1953-54: si laurea in medicina, con una tesi in allergologia (soffre di asma dall'età di due anni). Primi impegni politici a La Paz, poi in Guatemala, dove nel '54 conosce quella che sara' la sua prima moglie, l'esule peruviana Hilda Gadea, dalla quale avrà una figlia.

- 1955-56: dopo il colpo di Stato in Guatemala, ripara a Città del Messico, dove conosce Fidel Castro. Il 2 dicembre 1956 sbarca a Cuba con Castro a bordo del Granma.

- 1957: Fidel lo nomina comandante di una 'colonna' di 75 uomini.

- 1958. S'installa nella regione di Escambray, dove aggrega diversi gruppi oppositori al dittatore Fulgencio Batista. S'innamora della guerrigliera Aleida March, che diventerà la sua seconda moglie. Avranno quattro figli. A dicembre guida fino alla battaglia finale, a Santa Clara, la rivoluzione.

- 1959-65: divenuto cittadino cubano, dirige il Ministero dell'industria, durante i quali andrà per tre volte in Urss. Nel dicembre '64 pronuncia un discorso all'Assemblea dell'Onu, a New York. Viaggia in Tanzania e in Congo, dove appoggia i ribelli di Laurent Kabila. La missione è un fallimento.

- 1966-67. Rientra all'Avana, per preparare la campagna in Bolivia, dove arriva nel novembre del '67 sotto falso nome. Prende la guida di una cinquantina di guerriglieri. L'8 ottobre, nello scontro di Quebrada de Yuro, ferito, è catturato dagli uomini dell'esercito. Viene ucciso il mattino del 9 ottobre a La Higuera. Trasportato a Vallegrande, il suo corpo, sarà ritrovato solo 30 anni dopo e traslato a Cuba.

LE ULTIME ORE A LA HIGUERA
BUENOS AIRES - Ernesto Che Guevara morì a 39 anni crivellato di pallottole su una panca di una scuola di La Higuera (Bolivia) la mattina del 9 ottobre 1967. La 'campagna boliviana' cominciò nel novembre 1966 quando, sotto falso nome e senza barba, Guevara entrò in Bolivia con un gruppo di rivoluzionari.

Un anno prima il Che aveva rinunciato alla carica di ministro e 'comandante' nonché alla cittadinanza cubana, per portare il messaggio rivoluzionario nel mondo. A La Higuera Guevara arrivò dopo aver vinto nella giungla alcuni scontri con l'esercito boliviano, nel marzo '67. I problemi cominciarono quando la colonna lascio' la giungla, il 26 settembre e cadde in un'imboscata a Vallegrande. I guerriglieri decimati e incalzati dai soldati furono infine accerchiati a Quebrada del Yuro.

All'alba dell'8 ottobre si cominciò a combattere. In serata, il Che, ferito ad una gamba, venne rinchiuso con gli altri prigionieri nella vicina scuola di La Higuera. Durante la notte Guevara non ebbe cure mediche mentre a La Paz, il presidente boliviano, il generale René Barrientos, decideva di farlo giustiziare. L'esecuzione avvenne alle 13.00. Gli sparò un sergente, volontario, dopo che il 'Che' gli aveva detto: spara codardo (secondo un'altra versione: stai tranquillo.. stai per uccidere un uomo). Dopo le foto, il suo corpo, con le mani mozze, fu sepolto a 30 km da lì, a Vallegrande, in una fossa comune non segnata.

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Red Night Seer
00martedì 9 ottobre 2007 14:03
Guevara? Un rivoluzionario sanguinario, ribelle e banditesco. Questa mitizzazione non ha il benchè minimo senso.
Lpoz
00martedì 9 ottobre 2007 14:10
una cosa un pò contro corrente...



Lotta e vittoria, comandante!

Quarant'anni fa veniva ucciso Che Guevara. Perchè da fascista lo onoro.




Quarant'anni fa veniva ucciso Che Guevara. Il comandante guerrigliero aveva cercato di esportare il fenomeno rivoluzionario cubano sia in Africa che in America Latina che, essendo egli argentino, considerava nella sua interezza un po' come la sua patria. I fuochi di guerriglia dovevano accendere la rivoluzione: è quel “fuochismo” che avrebbe affascinato Giangiacomo Feltrinelli, molto poco leninista ma romantico e garibaldino assai.

Il Che e i fascisti


In quarant'anni il Che è stato oggetto di tutte le svalutazioni possibili, è stato ridotto a logo pubblicitario, a simbolo di riconoscimento di tribu urbane ultracapitaliste. Allora, quando morì, ma anche prima, quando abbracciò il suo sogno rivoluzionario abbandonando un ministero a Cuba, Ernesto Guevara poteva contare su tante antipatie, molte delle quali tra i farisei del suo campo, ma anche di tante simpatie tra coloro che la stupida logica degli schemi vedeva come suoi avversari. Allora quando la demenza e la sclerosi del dogmatismo alla Tartuffe non era di moda tra gli eredi delle rivoluzioni nazionali, furono in molti a sostenere il Che. Da Jean Thiriart, il fondatore di Jeune Europe e del partito nazionale europeo che avrebbe schierato volontari in Palestina a Juan Peron. Costui, fascista tra i fascisti, esule in Spagna dopo esser stato rovesciato dall'oligarchia clerico/militare legata a Washington, aveva stretto un patto strategico con Fidel Castro ed elogiava particolarmente il Che la cui lotta, secondo il suo parere ufficiale, utilizzava il marxismo come puro e semplice strumento per un ideale superiore. Fu proprio Peron, l'ultimo degli statisti fascisti, ad accogliere il Che nella Spagna franchista – con il beneplacito del Caudillo – e a metterlo in contatto in Algeria con Boumedienne. Del resto Guevara aveva sostenuto Peron contro i comunisti pochi anni prima in Argentina e uno dei suoi fuochi guerriglieri, appunto nel paese natio soggetto a dittatura, fu opera dei peronisti. Il Che vivo, la crème del fascismo post-bellico era con lui, il Che morto gli vennero dedicate molte riflessioni e qualche agiografia come “Une passion pour El Che ” di Jean Cau di sensibilità nazionalsocialista.


Bianchi o neri?

Potrei quindi onorare Che Guevara sulla base dei miei illustri predecessori e sentirmi per questo molto più fascista dei fascisti che lo denigrano. Ma non sarebbe sufficiente né corretto. Non lo voglio onorare solo perché i migliori fascisti lo onorarono ma perché lo merita di per sé. Conosco le obiezioni, ne sento di continuo: da quando il neofascismo è scaduto nell'ombra reazionaria del codinismo borghese e ha smarrito la sua anima – e il suo più profondo significato esistenziale e sacro – le banalità sminunenti si susseguono. Una di esse è che non si può onorare il Che, non si può non essere contenti della morte del Che, perché egli si batteva per distruggere i nostri valori. Nostri? Valori? Suvvia: scherziamo? Il Che si batteva per liberare il suo continente dall'occupazione americana, dall'oppressione oligarchica e dalle ingiustizie. Possiamo non condividere l'indirizzo dato dal Che alla sua lotta, il suo impianto ideologico e programmatico, ma non possiamo non sentire nostra la sua lotta; e se non la sentiamo tale delle due l'una: o di quella lotta non sappiamo niente o abbiamo sbagliato proprio campo, siamo guardie bianche e non camicie nere!


Lotta e Vittoria


Infine non si può non onorare il Che perché un uomo che abbandona cariche, onori, denari e privilegi per andarsene a vivere nelle selve, tra i monti, con un pugno di compagni di lotta, passando giornate intere con qualche goccio d'acqua e, se dice bene, una galletta, un uomo che sogna e che resta fedele al suo sogno mettendo carne, muscoli, nervi al suo servizio, non può non essere onorato. Lo detta chiaramente quel sentimento della vita, dell'onore e del sacro che è alla base dell'Idea del mondo che fece grande la nostra antichità e la nostra più recente primavera. Quell'Idea del mondo che – dalla Bhagavad Gita tramite i Luperci le Legioni mithraiche, la Cavalleria fino ai Werwolf – ha significato tutto il meglio che memoria d'uomo ricordi e che si condensa nella “Dottrina di Lotta e Vittoria” (che non coincide con il successo tangibile ma con il trionfo su di sé).

Chi non ha perso il bandolo di quel filo non può non rispettare e non onorare l'eroe di Santa Clara. Onore al Che: lotta e vittoria Comandante!

Gabriele Adinolfi.

noreporter.org



chi è Adinolfi: www.gabrieleadinolfi.it/
Pius Augustus
00martedì 9 ottobre 2007 14:15
Re:
Red Night Seer, 09/10/2007 14.03:

Guevara? Un rivoluzionario sanguinario, ribelle e banditesco. Questa mitizzazione non ha il benchè minimo senso.




a parte l'ultima frase (ha fatto abbastanza per essere mitizzato,come molti altri sanguinari prima e dopo di lui) sono daccordo.E questo spiega anche l'affinità con altre parti politiche esposte dal post di lpoz.
Red Night Seer
00martedì 9 ottobre 2007 14:54
Re: Re:
Pius Augustus, 09/10/2007 14.15:




a parte l'ultima frase (ha fatto abbastanza per essere mitizzato,come molti altri sanguinari prima e dopo di lui) sono daccordo.E questo spiega anche l'affinità con altre parti politiche esposte dal post di lpoz.




pazzesco, per una volta concordiamo.
-Giona-
00martedì 9 ottobre 2007 14:58
È morto giovane, combattendo, era bello e "virile", prima di fare il rivoluzionario aveva avuto degli interessi umanitari. Tutto questo ha contribuito al suo mito.
Piovra38
00martedì 9 ottobre 2007 14:58
Questo messaggio può essere visualizzato solo da utenti con un Rank Utente superiore
Red Night Seer
00martedì 9 ottobre 2007 17:34
Potrei sapere, per pura curiosità, cos'ha detto Piovra tanto da essere censurato? Io volevo continuare la discussione...
-Giona-
00martedì 9 ottobre 2007 17:38
Re:
Red Night Seer, 09/10/2007 17.34:

Potrei sapere, per pura curiosità, cos'ha detto Piovra tanto da essere censurato? Io volevo continuare la discussione...


Piovra38 ha fatto un intervento peregrino e inutile: "Meno male che è morto". Per me la censura gli sta bene.


Red Night Seer
00martedì 9 ottobre 2007 17:58
Sì, era a discrezione del mod. Giusto così.
luc@s87
00martedì 9 ottobre 2007 19:07
Uno che lottava per degli ideali, forse sbagliati, ma era sempre in prima linea e ne ha pagato le conseguenze a differenza dell'amichetto castro.
Poi lottava contro l'imperialismo americano, e questa è una buona cosa.
Lux-86
00martedì 9 ottobre 2007 20:43
Aveva il grande progetto di unificare il sud america e di proteggere gli oppressi.
Arvedui
00martedì 9 ottobre 2007 22:05
Era un ottimo guerrigliero, molto coraggioso, un tizio che aveva buone (e sincere, a mio avviso) intenzioni, anche se alla fine non ha combinato quasi nulla di buono. Tutta questa mitizzazione per me non ha molto senso (anche perchè odiava il denaro, cosa che lo portò a commettere grossi disastri quando era ministro a cuba) molti altri guerriglieri se la meriterebbero più di lui, come ad esempio il comandante Massud, che però non era bello, era musulmano, combatteva in un paese semisconosciuto e l'anno dopo la sua morte non ha avuto un sessantotto che lo mitizasse.
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