Problemi cardiaci nei diabetici e farmaci ipoglicemizzanti

Versione Completa   Stampa   Cerca   Utenti   Iscriviti     Condividi : FacebookTwitter
Infermieri Online
00giovedì 1 novembre 2001 12:19
Problemi cardiaci nei diabetici e farmaci ipoglicemizzanti

E’ noto come i soggetti diabetici presentino un’ aumentata prevalenza di malattie cardiovascolari e una maggiore mortalita’, rispetto ai soggetti non diabetici.
Ci si e’ chisto se tale condizione possa essere influenzata, in senso positivo o negativo, dalle diverse terapie farmacologiche.
Nel 1969 lo studio UGDP (University Group Diabetes Program) confronto’ diabetici trattati con sola dieta, con tolbutamide (a dosaggio fisso), con insulina (a dosaggio variabile). Lo studio sembro’ evidenziare un’ aumentata mortalita’ cardiovascolare nei pazienti trattati con tolbutamide, per cui si ipotizzo’ un’ influenza negativa di tale farmaco (aggravamento del danno ischemico ed effetto aritmogeno) mediante un’ aumentata eccitabilita’ miocitica e un effetto inotropo positivo.
Diversi autori contestarono tali conclusioni evidenziando alcune debolezze dello studio: veniva preso, come criterio di compenso, la sola glicemia a digiuno, il periodo di osservazione era relativamente breve, il dosaggio fisso di tolbutamide non sembrava adeguato per tutti i soggetti. Solo diversi anni dopo, allorche’ furono finalmente resi pubblici i dati grezzi dello studio, venne evidenziato ul ulteriore importante elemento di debolezza, consistente nel mancato aggiustamento statistico per i fattori confondenti, soprattutto perche’ si evidenzio’ una particolare concentrazione, non corretta in fase di calcolo, di pazienti cardiopatici nel gruppo trattato con tolbutamide.
Gli studi successivi, finalizzati a confermare o smentire definitivamente le conclusioni dell’ UGDP non diedero risultati definitivi: uno studio di Soler (Lancet 1, 475 - 477, 1974) evidenziava una piu' elevata mortalita' tra i diabetici trattati con insulina e sulfaniluree rispetto a quelli trattati con sola dieta, mentre un altro studio (Diabetologia 222,79-84,1982) non riscontrava differenze tra i soggetti trattati con sola dieta e quelli trattati con aggiunta di sulfaniluree.
Alcuni studi clinici piu’ recenti hanno poi riscontrato come siano possibili, in casi particolari, delle effettive interferenze delle sulfaniluree nel metabolismo cardiaco: la mortalita’ nell’ immediato periodo post-operatorio nei diabetici sottoposti ad angioplastica coronarica risulta superiore nei soggetti trattati con sulfaniluree rispetto a quelli trattati con insulina (J.M.Coll.Cardiol. 33,119-124,1999), mentre nei pazienti sottoposti a trombolisi intracoronarica si assiste al fenomeno inverso di una superiore mortalita' in terapia insulinica rispetto a quella con le sulfaniluree (J. AM. Coll. Cardiol. 26,57-65, 1995).
Trattando con diverse sulfaniluree somministrate per via endovenosa dei pazienti non diabetici sottoposti ad angioplastica coronarica, e' stato osservato, in condizioni sperimentali, un influsso potenzialmente dannoso di questi farmaci sul metabolismo coronarico (Eur. Heart J. 20, 439-446, 1999). L'importanza di questa osservazione sperimentale nella casistica clinica rimane assolutamente indefinita. Le sulfaniluree inoltre non sembrano essere tutte uguali tra di loro in quanto agiscono con meccanismo leggermente diverso e con diversa influenza sul metabolismo cardiaco.
E' stato effettuato recentemente un grosso studio (UKPDS: Lancet 352,837-853,199[SM=g27792] che ha studiato oltre 3000 pazienti diabetici di tipo 2, senza patologie cardiovascolari in atto e con basso profilo di rischio. Questo studio non ha riscontrato differenze significative di morbilita' e mortalita' cardiovascolare tra i vari gruppi trattati con insulina o con i vari ipoglicemizzanti orali.
Lo studio DIGAMI, che ha indagato pazienti diabetici con cardiopatia ischemica postinfartuati, trattati con terapia insulinica intensiva o terapia tradizionale, ha riscontrato una inferiore mortalita' nel gruppo a terapia insulinica intensiva pur non potendosene chiarire esattamente le cause in quanto, ipotizzano gli autori, potrebbe essere dovuta anche a un miglior compenso glicemico dato da questa terapia particolarmente mirata e aggressiva.
Non tutte le sulfaniluree , considerate nel loro intimo meccanismo biochimico, sono uguali tra di loro. La loro azione fondamentale si esplica con una chiusura dei canali del potassio ATP dipendenti, presenti a livello delle beta cellule pancreatiche ma anche a livello di altri organi tra cui il cuore, con diversi effetti metabolici ( modulazione insulinemia, contrazione cellule muscolari lisce ecc.).
L’ interferenza di tali farmaci con i canali del potassio ATP dipendenti avviene a livello di due siti: un sito ad elevata affinita' (SUR) distinto in tre tipologie, pancreatico, cardiaco, vascolare; e un sito a bassa affinita' denominato KIR6.2
Alcuni ipoglicemizzanti orali come la tolbutamide e la glicazide, inibiscono i canali di tipo pancreatico (KIR6.2 e SUR1) ma non inibiscono i canali di tipo cardiaco.
La glibencamide invece non e' pancres-specifica e blocca con alta affinita' sia i canali beta cellulari pancreatici che quelli cardiaci, pur con diversa cinetica in quanto il blocco dei canali beta cellulari e' irreversibile mentre quello a livello cardiaco e' rapidamente reversibile.
I canali del potassio ATP dipendenti a livello cardiaco e vascolare si presentano chiusi in situazioni fisiologiche, mentre si verifica una apertura in condizione di ipossia o di ischemia, con fuoriuscita extracellulare di ioni K e accorciamento del potenziale d'azione del miocita. Tale complesso di azioni comporta un prolungamento della sopravvivenza dei miociti cardiaci per ridotta contrattilita' e ridotto consumo energetico, nonche' il rilasciamento della muscolatura liscia vasale. Lo stesso meccanismo, d'altronde, puo' facilitare l'insorgenza di aritmia.
In conclusione non e' stata detta ancora detta una parola definitiva sulla possibile influenza che i farmaci ipoglicemizzanti orali possano avere sul metabolismo cardiaco e in corso di evento cardiovascolare acuto. Gli studi sull'argomento sono contraddittori: mentre gli studi biochimici e sperimentali mettono in evidenza alcune possibili potenziali influenze delle sulfaniluree sul metabolismo del miocardio anossico, di grado differente tra le varie molecole e di incerto significato clinico, gli studi clinici, anche molto estesi, sono invece complessivamente rassicuranti e non hanno presentato finora prove convincenti di peggioramento dell’ ischemia o di effetto proaritmico durante terapia cronica con sulfaniluree rispetto alla somministrazione di insulina.
Potrebbe essere opportuno e ragionevole, comunque, proprio a causa della persistente incertezza, preferire ove possibile la somministrazione di insulina rispetto a quella di sulfaniluree nei pazienti diabetici in occasione di un episodio di ischemia acuta o nelle sue immediate vicinanze.
Tra le sulfaniluree, qualora indispensabile in tale occasione, sarebbero preferibili le sulfaniluree di terza generazione (come la glimepiride) il cui meccanismo non coinvolgerebbe i canali del potassio cardiaci e quindi non interferirebbe con i fenomeni fisiologici difensivi dell'ischemia miocardica.
D.Z.: Fonte: G.I.D.M. Editoriale 21,3-7,2001.

Questa è la versione 'lo-fi' del Forum Per visualizzare la versione completa clicca qui
Tutti gli orari sono GMT+01:00. Adesso sono le 20:36.
Copyright © 2000-2024 FFZ srl - www.freeforumzone.com