Prediche ambientali e appelli al governo

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liama
00lunedì 30 aprile 2007 08:16
Si estingue il tradizionale linguaggio scientifico, monologhi su effetto serra e attualità: lo show di Fazio lancia il climatologo Mercalli Prediche ambientali e appelli al governo
In tv la svolta delle previsioni del tempo Notizie su pioggia e nubi trasformate in genere televisivo STRUMENTIVERSIONE STAMPABILEI PIU' LETTIINVIA QUESTO ARTICOLO
È vero, non ci sono più le stagioni di una volta. Ma non ci sono neanche più i meteorologi di una volta, quelli che si limitavano alle isobare, alla nebbia in Val Padana, alla bora di Trieste. Adesso i meteorologi si atteggiano a guru della pioggia, a ideologi dell'alta pressione, a esegeti delle nubi sparse sul versante tirrenico. Sempre più spesso i meteorologi la buttano in politica, fanno prediche, offrono consigli più che previsioni. Insomma dal clima siamo passati al clima politico. Una volta si diceva: «Altri contributi di instabilità derivano dalla presenza del sistema pirenaico che concorre a esaltare i sistemi nuvolosi... ». Ora si dice: «Se non piove è colpa dell'effetto serra».
Il fenomeno della politicizzazione delle previsioni del tempo trova la sua consacrazione nello strepitoso successo di «Che tempo che fa» di Fabio Fazio. Nata come occasione per occuparsi del tempo di fine settimana, a poco a poco la trasmissione è diventata uno dei talk più ambiti e ossequiati. Così il metereologo Luca Mercalli ha preso coraggio e invece di informarci sui venti deboli o moderati sui quadranti orientali ha cominciato a tenere omelie sul tempo, a diventare un leader anti-Tav, ad ammonire il governo sulle politiche ambientali: più fonti energetiche rinnovabili, meno sprechi, rispetto del protocollo di Kyoto. Certe sere Mercalli pare un invasato, un profeta di sventure.
Al contrario, le splendide meteorine di Emilio Fede sembrano solo preoccupate del cattivo tempo, dell' ingrata pioggia capace di rovinare l'abbronzatura del week-end. E «Studio aperto» ha promosso il meteo a notizia del tg, dentro il tg, come elemento di drammatizzazione, al pari di un'ossessione edonistica. Qualcuno sostiene che anche questa è politica, perché il meteo è quasi sempre un invito a visitare località turistiche, a girare l'Italia, a spendere, a consumare. C'è enfasi, c'è esagerazione, c'è pathos nei bollettini meteo. La retorica della meteorologia segue alcune regole, la principale delle quali è, come al solito, che una cattiva notizia fa più notizia di una buona.
In più, il meteo è stretto fra l'angoscia del tempo che cambia (l'effetto serra, la scomparsa delle mezze stagioni, i ghiacciai che si sciolgono, i fiumi in secca) e la convinzione diffusa che solo il Bel Tempo abbia diritto di cittadinanza nel nostro Bel Paese. Ma come si è giunti al clima politico? La meteorologia televisiva conosce tre età. La prima è il «ciclo Bernacca», dal nome del primo e più celebre previsore del tempo, il colonnello Edmondo Bernacca. Dagli albori della tv, il meteo Rai è saldamento in mano all'Istituzione. L'oracolo viene generalmente scelto fra gli ufficiali dell'Aeronautica, fra gente cresciuta nell'ossequio del bollettino di guerra.
E qui già si annida un grimaldello ermeneutico di fondamentale importanza: per il militare il sole è una vittoria, la pioggia una sconfitta. Così la pensa anche chi vive in città, chi deve prendere l'aereo, chi non desidera l'imprevisto. Nel tempo e sul tempo, la Rai ha tentato anche qualche digressione. Ricordate Liliano Frattini che cercava per Raitre di saldare la tradizione popolare (calli, reumatismi, incupimenti, Frate Indovino, proverbi) con la lettura delle carte inviate dai satelliti? O Fulvio Grimaldi, l'Hemingway del mare leggermente mosso? La concezione eroica e vitalistica di Grimaldi aveva reso il vaticinio sul tempo un teatrino dei pupi, una battaglia dell'Iliade rivissuta da una marionetta impazzita. La seconda è il «ciclo Giuliacci».
Dopo vari tentativi (Enzo Braschi, travestito da aviatore, saltellava dentro una realtà virtuale per informarci sul tempo maanche per creare nuovi spazi pubblicitari) ecco l'arrivo di un altro colonnello prestato al video, Mario Giuliacci. Abbandonata la divisa e i modi militareschi dei suoi colleghi Rai, Giuliacci s'inventa una sorta di sigla, storcendo la testa a mo' di saluto e finendo regolarmente su «Striscia». La meteorologia diventa così spettacolo, cerca di trasformarsi in un genere televisivo. Le strategie discorsive delle notizie sul tempo si fondano su questo semplice maefficace meccanismo: tutto ciò che scalfisce l'immagine del Bel Tempo (pioggia, vento, nuvole) diventa eccezionale: il carattere straordinario della notizia sta dunque nella rottura, come se il Bel Tempo fosse una realtà immutabile, il Buono molestato proditoriamente dal Cattivo.
Con l'emergenza idrica, con lo spettro della siccità, con i palesi e sconcertanti mutamenti del clima, coi gas serra esplode la terza e, per ora ultima, fase. Il «ciclo Mercalli» è il più ideologico e incattivito: ogni mancata pioggia ha la sua spiegazione politica, ogni alluvione la sua «sragione» di stato. Torinese, classe 1966, Luca Mercalli è un climatologo che si occupa principalmente di ricerca sulla storia dei ghiacciai delle Alpi occidentali. E' responsabile dell'Osservatorio Meteorologico del Real Collegio Carlo Alberto di Moncalieri, fondato nel 1865. Abita in Val di Susa, si scalda con legna e pannelli solari, coltiva l'orto e ama leggere. Detto così, sembra un personaggio creato da Fruttero & Lucentini. Sta di fatto che con lui le previsioni del tempo non sono più semplici previsioni, sono comizi e quello che pareva solo un frusto sfogo popolaresco, «piove, governo ladro!» è diventato un programma politico molto ambizioso: ricollegare laicamente i destini del cielo al faticoso cammino della storia quotidiana.
Aldo Grasso
30 aprile 2007

corriere.it
Asgeir Mickelson
00mercoledì 2 maggio 2007 14:54
Parole parole paroleee
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