Piero della Francesca

Versione Completa   Stampa   Cerca   Utenti   Iscriviti     Condividi : FacebookTwitter
"Palantir"
00sabato 18 ottobre 2003 02:26
Piero della Francesca


Nonostante i documenti attestino una prima attività a Sansepolcro, la formazione di Piero si inquadra pienamente nell’ambiente fiorentino, forse all’interno della bottega di Domenico Veneziano, con il quale lavora dal 1439 ai perduti affreschi del coro di Sant’Egidio a Firenze. La datazione delle opere di Piero della Francesca è particolarmente problematica, e molte sue opere sono collocate dai vari studiosi in periodi anche molto distanti tra loro: il Battesimo di Cristo (Londra, National Gallery) per la badia Camaldolese di Sansepolcro è per esempio collocato nei primi anni Quaranta o alla fine degli anni Cinquanta. Nella stessa Sansepolcro, nel gennaio 1445 Piero riceve dalla confraternita della Misericordia la commissione del Polittico della misericordia (Sansepolcro, Museo civico) complesso di grande impegno, licenziato solo nel 1460-1462, nei cui scomparti emerge un’acutissima sensibilità per la resa dei dati luministici e naturalistici. Compie viaggi a Ferrara, ove lascia opere, perdute, che segnano fortemente gli sviluppi della pittura locale, e a Rimini, dove nel Tempio malatestiano firma l’affresco raffigurante Sigismondo Malatesta che venera il santo patrono. Nel 1452 è chiamato ad affrescare il coro di San Francesco ad Arezzo con la Leggenda della vera croce, un ciclo capitale del Rinascimento italiano, in cui il racconto è informato a un rigoroso controllo formale e prospettico e al contempo intriso di un colorismo luminoso. In questi anni la sua pittura mostra evidenti tracce della cultura fiamminga, in particolare nella trattazione lenticolare del paesaggio. Vicina stilisticamente agli affreschi di Arezzo è la Madonna del parto nella cappella del cimitero di Monterchi. Per Federico da Montefeltro Piero dipinge la Flagellazione di Urbino (collocata nel 1453, o nel 1459-1460 circa), il Dittico dei duchi di Urbino degli Uffizi (1465-1473 circa), la Pala di Brera (1472-1474), la Madonna di Senigallia (1474), opere che testimoniano l’approfondimento dei legami con la cultura nordica e il perfezionamento delle sue conoscenze matematico-prospettiche, poi teorizzate nel trattato De prospectiva pingendi. In questi anni Piero è estremamente impegnato e solo nel 1469 riesce a licenziare il polittico per la chiesa di Sant’Agostino in Sansepolcro commissionato nel 1454. Dal 1475 si rarefanno le notizie sulla sua attività pittorica, rallentata forse per un problema alla vista che lo porterà, secondo Vasari, alla totale cecità. Documentato a Rimini nel 1482, Piero fa testamento nel 1487, dichiarandosi ancora vigorosamente in salute.









"Palantir"
00sabato 18 ottobre 2003 02:38
Leggenda della Vera Croce


Leggenda della vera croce

Una fonte letteraria del secolo V, il vangelo di Nicodemo, cercò di stabilire la provenienza del legno della croce di Cristo: si sviluppò da questo testo la cosiddetta Leggenda della vera croce, in cui si attribuisce il ritrovamento della croce all'imperatrice Elena, madre di Costantino. Secondo la vicenda narrata nella Legenda aurea, che raccoglie tutti i racconti sviluppatisi intorno a questo soggetto, il vecchio e malato Adamo cercò di ottenere nel Paradiso il miracoloso olio dell'albero della pietà. Suo figlio Set, ottenuto invece un ramo dell'albero della conoscenza, lo piantò sulla tomba del padre morto. Più tardi, da quell'albero cresciuto fu tratto il palo con cui Mosè portò il "serpente di bronzo" durante la traversata del deserto. Il legno finì poi a Gerusalemme, dove fu impiegato per la costruzione di un ponte sul fiume Siloe, e qui la regina di Saba, venuta in visita da Salomone, ebbe una visione sul futuro impiego del legno per la croce del Redentore. Tre secoli dopo la crocifissione, l'imperatrice Elena si recò a Gerusalemme in pellegrinaggio per ritrovare la croce sotto il cui segno suo figlio Costantino aveva sconfitto Massenzio. Le vennero mostrate tre croci: per riconoscere quella vera, si pose a turno su di esse un cadavere, il quale tornò in vita al contatto con la croce di Gesù. Nel VII secolo, infine, una parte della croce venne ritrovata dall'imperatore Eraclio, vincitore della campagna militare contro il musulmano Cosroe, re di Persia.











Battaglia di Eraclio e Cosroe


1452-1466 circa
affresco; 392 x 742
Arezzo, Chiesa di S. Francesco, cappella Bacci
In questa scena affollata e concitata Piero raffigura un episodio della Leggenda della vera croce tratto dalla Legenda Aurea di Jacopo da Varagine: l’imperatore cristiano Eraclio recupera la croce della quale il re persiano Cosroe si era impadronito. Si trova nel registro inferiore sinistro della cappella e fronteggia la Vittoria di Costantino su Massenzio. Se nel precedente iconografico degli affreschi di Agnolo Gaddi in Santa Croce a Firenze, cui Piero si ispira, si era pedissequamente seguito il testo di Jacopo da Varagine, nel ciclo di Arezzo il pittore fa una scelta tematica dei soggetti da rappresentare cercando di sottolineare gli elementi salienti della narrazione: questa scelta è finalizzata anche a sostenere la riconciliazione tra la chiesa cattolica romana e quella greca, con precisi riferimenti a eventi storici contemporanei, in particolare alla guerra contro i Turchi dopo la caduta di Costantinopoli. In questo affresco, realizzato cronologicamente per ultimo, è evidente l’intervento degli aiuti di Piero, dovuto all’imminente partenza per Roma del maestro.


P.S.: se vi va di perderci un po' di tempo, guardate con attenzione una curiosità: come viene risolto il problema della moltitudine dei cavalieri e dei soldati...
Ci sono diverse figure in primo piano che occupano tutto l'affresco, alcune a cavallo, altre no. ma se guardate sia in alto che in basso troverete moltissime zampe di cavallo(in basso) e moltissime teste e lance (in alto). Questa è appunto una tecnica per dare il senso della presenza di un esercito alle spalle e qusi interamente coperto dalle figure in primo piano, ed è uno tra i primi inizi della realizzazione della prospettiva!.[SM=g27827]


Palantir Amministratore de'[COLORE]
I Cavalier, l'arme e l'amore[COLORE]

"Siamo dovuti andare in cerca d'avventure
perché non riuscivamo più a viverle nei nostri cuori"[COLORE]

[Modificato da "Palantir" 18/10/2003 14.19]

"Palantir"
00sabato 18 ottobre 2003 02:59



Sogno di Costantino


1452-1466 circa
affresco; 329 x 190
Arezzo, Chiesa di San francesco, cappella Bacci
Non conosciamo le date precise di esecuzione degli affreschi della cappella maggiore della chiesa di San Francesco, commissionati dall’umanista e funzionario della Curia romana Giovanni Bacci, ma soltanto dei riferimenti che permettono di circoscriverne la realizzazione tra gli anni 1452 e 1466. Vi sono raffigurati gli episodi salienti della Leggenda della vera croce, tratta dalla Legenda Aurea di Jacopo da Varagine. Qui è raffigurato l’episodio del sogno di Costantino prima della battaglia con Massenzio: un angelo gli appare e gli predice la vittoria purché egli combatta nel segno della croce. Il dipinto è un bellissimo e precoce esempio di notturno con suggestivi effetti di luce artificiale che Piero desume dalla conoscenza di certa pittura tardogotica nordica, e che rimarrà di esempio per lo stesso Raffaello nella scena della Liberazione di san Pietro dal carcere nell’appartamento di Giulio II in Vaticano.


-----------------------------------------------------------------






Federico da Montefeltro

1465-1473 circa
olio su tavola; 47 x 33
Firenze, Uffizi

Nel realizzare questo ritratto Piero si ispira alla ritrattistica delle medaglie, con il personaggio ritratto di profilo, posa che conferisce una maggiore astrazione e di conseguenza un tono più ufficiale. Vi è ritratto il duca di Urbino Federico da Montefeltro e a tergo il suo Trionfo, ossia un carro allegorico guidato dalle Virtù cardinali - Prudenza, Temperanza, Fortezza e Giustizia - sul quale siede il duca in armatura incoronato da un angelo. Sia il ritratto che il Trionfo si aprono sullo sfondo di magnifici paesaggi ripresi a “volo d’uccello” con una minutezza e naturalezza che derivano a Piero dalla conoscenza della pittura fiamminga, della quale lo stesso Federico era un appassionato collezionista. Una grande naturalezza è presente anche nel volto, ritratto da questo lato per motivi di decoro: egli infatti aveva perduto l’occhio destro nel 1450 in un incidente di torneo. Il dipinto costituiva un dittico con quello raffigurante il ritratto della moglie del duca, Battista Sforza, con il quale si chiudeva lasciando all’esterno i due rispettivi Trionfi.


-----------------------------------------------------------------








Madonna del Parto


post 1459
affresco staccato; 260 x 203
Monterchi (Arezzo), cappella del cimitero
L’affresco si trova nella cappella del cimitero di Monterchi, in passato chiesa dedicata a Santa Maria a Momentana. Il forte deterioramento della parete sulla quale si trovava il dipinto indusse, nel 1911, a staccarlo e riportarlo su un altro supporto. Malgrado ciò, la parte superiore dell’affresco, raffigurante la calotta del padiglione, è interamente perduta e ridipinta. All’interno di un cortinaggio aperto da due angeli, perfettamente speculari, è rappresentata la Madonna gravida, secondo una iconografia insolita per la pittura italiana. Nel soggetto sono state riconosciute interpretazioni teologiche molto complesse: il padiglione rappresenta la chiesa e la Madonna, nel suo particolare stato, simboleggia il tabernacolo eucaristico in quanto contiene il corpo di Cristo. La tradizione vasariana vuole che il dipinto sia stato eseguito da Piero nel 1459, anno nel quale il pittore si trovava a Sansepolcro per la morte della madre.





-----------------------------------------------------------------







Battesimo di Cristo

1459-1460 circa
tempera su tavola; 167 x 116
Londra, National Gallery
È stato recentemente accertato che il dipinto proviene dalla Badia camaldolese di Sansepolcro, dalla cappella di San Giovanni Battista, di patronato della famiglia Graziani. Dopo diversi passaggi, nel 1861 il dipinto è entrato nel museo londinese. Come la maggior parte dei dipinti di Piero, anche il Battesimo presenta delle difficoltà interpretative del soggetto. L’ipotesi più avvalorata sembra essere quella della tematica del dogma trinitario in un probabile collegamento tra il Vecchio e il Nuovo testamento: i tre angeli visibili sulla sinistra, prefigurazione della Trinità, apparvero ad Abramo, mentre il battesimo di Cristo è la manifestazione evangelica del medesimo dogma. La luce zenitale nella quale è immersa la scena allude alla rigenerazione dell’anima attuata dal sacramento del battesimo. Secondo un’altra interpretazione i tre angeli che si tengono per mano sarebbero simbolo di concordia tra la chiesa romana e la chiesa greca, rappresentate dal catecumeno e dai personaggi in abiti orientali sul fondo: unità sostenuta dall’attività di Ambrogio Traversari, che fu abate dell’ordine camaldolese, per una chiesa del quale fu realizzato il dipinto.










Questa è la versione 'lo-fi' del Forum Per visualizzare la versione completa clicca qui
Tutti gli orari sono GMT+01:00. Adesso sono le 07:35.
Copyright © 2000-2024 FFZ srl - www.freeforumzone.com