"Il diavolo in cattedra"
La sfida dell'autore consiste nel proporre un libro che sia allo stesso tempo un testo di divulgazione e un manuale di studio. I curiosi e gli appassionati vi troveranno aneddoti filologici, racconti storici e metafore letterarie dei principali risultati ottenuti dalla logica, dai tempi di Aristotele fino a Gödel, esposti nello stile brillante e inventivo tipici di Piergiorgio Odifreddi. I professionisti troveranno gli inquadramenti filosofici e le dimostrazioni matematiche necessarie ai propri studi. Gli uni e gli altri scopriranno come la conoscenza della logica di oggi permetta di intendere una buona parte della filosofia di ieri, e come forse solo una tale conoscenza permetta di non fraintenderla.
Introduzione
Sin darme cuenta, me estuve preparando para este libro toda mi vida.
Jorge Luis Borges, Borges Profesor
Nel titolo di un quadro del 1897 esposto al Museo delle Belle Arti di Boston, Paul Gauguin si domandava: Da dove veniamo? Che cosa siamo? Verso dove andiamo? Sono domande che probabilmente affiorano alla mente di chiunque, raggiunto un certo grado di maturità (o di senilità), si interroghi sul senso della propria vita e del proprio lavoro. E sono domande affiorate alla mia mente di logico quando, risvegliato dal mio «sonno dogmatico» dall'opera di un amico (Luigi Borzacchini) sulla genesi del pensiero formale nell'antica Grecia, ho cominciato a interessarmi alle origini della disciplina che avevo praticato e insegnato per trent'anni a Matematica, Informatica e Psicologia, in Italia e negli Stati Uniti.
Questo libro è il risultato di quell'interesse e delle mie progressive reazioni a varie letture storiche e filosofiche: a partire, nell'estate del 1999, dalla Storia della logica di William e Martha Kneale in un ufficio di Cornell, e dai Dialoghi di Platone sulle spiagge di Mykonos. Spero che il libro riesca a comunicare al lettore il mio sorpreso entusiasmo, o la mia entusiasta sorpresa, alla scoperta che una buona parte delle nozioni, degli argomenti e dei risultati della logica contemporanea si trovano già nel pensiero greco e si ritrovano poi in quello scolastico. E che, viceversa, una conoscenza della logica matematica di oggi permette di intendere una buona parte della filosofia occidentale di ieri; e, forse, solo una tale conoscenza permette di non fraintenderla.
Probabilmente la stessa cosa vale anche per la filosofia e la logica orientali (indiane, cinesi e arabe), ma la mia ignoranza di entrambe non mi ha permesso che pochi accenni fugaci e marginali. Se i deva vorranno e mi aiuteranno, magari un giorno potrò rimediare scrivendo Gli asura in cattedra. Per ora, a Dio piacendo, incomincio a mettere in cattedra il Diavolo, con un titolo giustificato nel Preludio e, nonostante le maliziose insinuazioni di qualche collega, privo di riferimenti autobiografici.
A proposito di colleghi, ringrazio Claudio Bartocci, Gabriele Lolli, Diego Marconi e Massimo Mugnai per aver letto e commentato l'intero manoscritto, e Carola Barbero, Federico Boem, Luigi Borzacchini, Carlo Cellucci, Anna Carla de Simone, Maurizio Ferraris, Pietro Kobau, Giovanni Mion, Andrea Moro, Enrico Mossio, Paolo Passarini, Anna Vicari e Margherita Zorzi per correzioni e suggerimenti vari. Un ringraziamento speciale a Giulio Giorello e Alberto Sinigaglia per il loro incitamento e incoraggiamento, e a Michele Luzzatto per l'ormai consueto aiuto editoriale.
Quanto ai potenziali lettori della logica, o di una qualunque disciplina scientifica, essi si dividono, come la Gallia, in partes tres: spettatori, dilettanti e professionisti. Il libro intende, salomonicamente, dare a Cesare quel che è di Cesare; o, se si preferisce, qualcosa a ciascuno: aneddoti e racconti storici ai primi, inquadramenti filosofici ai secondi, teoremi e dimostrazioni agli ultimi. Per la comodità di tutti, i capitoli più tecnici sono segnalati con un asterisco, e possono (anzi, devono!) essere tralasciati a una prima lettura.
Ho tentato un'impossibile quadratura del cerchio, cercando di scrivere un testo di divulgazione che sia anche un manuale di studio, nel quale i matematici possano scoprire la filosofia che ignorano e i filosofi trovare la matematica che non conoscono? Forse, ma certamente ho provato. E se non fossi riuscito, «credete che non s'è fatto apposta».
Piergiorgio Odifreddi
Preludio all'inferno
Poiché, come avremo modo di vedere, la logica si interessa dei principî, ci sembra appropriato incominciare risalendo veramente al principio, cioè all'istante della creazione del mondo. Il quale, a seconda che si utilizzi l'imprecisa cosmologia moderna inaugurata dal fisico Einstein, oppure la precisa cronologia biblica calcolata dal vescovo Ussher, si situa una dozzina di miliardi di anni fa, oppure alle 9 di mattina di venerdí 23 marzo 4004 a. C.
L'inizio del Genesi ci racconta che la creazione avvenne in sei giorni: nel primo Dio creò la luce e la separò dalle tenebre, nel secondo separò le acque inferiori da quelle superiori, nel terzo creò la vegetazione, nel quarto il Sole e la Luna, nel quinto i pesci e gli uccelli e nel sesto gli animali e l'uomo. Negli ultimi quattro giorni Dio fu soddisfatto della propria opera e si congratulò con se stesso osservando ogni volta che ciò che aveva fatto era buono. Nei primi due giorni, invece, l'unico motivo di apprezzamento lo trovò per la luce e in nessun'altra occasione osservò che ciò che aveva fatto era buono.
L'insoddisfazione divina era pienamente giustificata, visto che nei primi due giorni Dio si era comportato in maniera letteralmente diabolica. Il responsabile istituzionale delle separazioni di ogni genere è infatti il Diavolo, il cui nome deriva appunto dal greco diabolé, «divisione» o «disunione».
La concreta contrapposizione fra luce e tenebra è, o può essere considerata, una metafora di altre piú astratte e profonde: prima fra tutte l'opposizione fra vero e falso, che costituisce il dominio della logica e dunque il soggetto di questo libro. Se la logica nasce quando il pensiero cessa di essere unitario e olistico per divenire diviso e dualistico, il Genesi (III, 1-5) ci informa anche sulla sua data e luogo di nascita: il momento della caduta, nel Paradiso Terrestre.
La tentazione del serpente è esplicita: se Adamo ed Eva mangeranno il frutto dell'albero proibito non solo non moriranno, ma conosceranno il bene e il male. Oltre alla contrapposizione fra bene e male, il diabolico si manifesta qui anche nelle affermazioni del serpente, il quale nega che chi mangi il frutto dell'albero proibito morirà: poiché i fatti gli daranno ragione, l'episodio mostra che il Diavolo dice il vero, e dunque che Dio aveva mentito. La situazione è inaspettata e paradossale, perché molti ritengono ingenuamente che la verità sia divina e la falsità diabolica, non viceversa.
Anche il Corano (XV, 28-43, e XXXVIII, 71-85) presenta una situazione logicamente paradossale, quando Dio chiede agli angeli di prostrarsi in adorazione di fronte all'uomo che ha appena creato. L'angelo ribelle, che nella mitologia islamica si chiama Iblis, rifiuta di farlo perché ritiene che si possa adorare soltanto Dio. Per punizione viene maledetto e cacciato dal Paradiso, benché ciò appaia francamente ingiusto: disobbedire a Dio e adorare altri da lui sono entrambe azioni riprovevoli, e non è stato onesto porre Iblis in una situazione senza uscita, che nel seguito chiameremo di doppio vincolo.
L'impressione che si ricava da questi episodi è non solo che Dio non desiderasse affatto rendere l'uomo partecipe della distinzione fra vero e falso, ma anche che lui stesso avesse problemi al riguardo: il suo pensiero olistico, basato sull'identità, è infatti l'esatto contrario di quello logico, fondato sulla differenza. Poiché conoscere la logica permette di cogliere persino Dio in fallo, non c'è da stupirsi che l'insegnamento di questa disciplina sia stato spesso ritenuto un'opera del Demonio, e due citazioni classiche saranno sufficienti a confermarlo.
La prima è l'episodio dell'Inferno di Dante (XXVII, 61-129), in cui l'anima del frate Guido da Montefeltro viene reclamata da San Francesco e dal Diavolo. Il caso è controverso, perché in vita Guido ha sí ucciso un uomo su mandato papale, ma ha anche ricevuto da Bonifacio VIII un'assoluzione preventiva. Il Diavolo ha la meglio perché offre una vera e propria dimostrazione basata sul principio di non contraddizione, sul quale avremo molto da dire: per essere valida un'assoluzione richiede il pentimento, e non si può essere veramente pentiti di un fatto che si vuole comunque commettere. Mentre se ne va vittorioso, trascinando con sé l'anima di Guido, il Diavolo esclama gongolante: "Tu non pensavi ch'io loico fossi", dichiarando esplicitamente la sua natura.
La seconda citazione è un episodio del Faust di Goethe (I, 1910-1911), in cui Mefistofele si trova nell'ufficio all'università durante l'orario di ricevimento, in un momento in cui Faust è uscito. Sopraggiunge una matricola a chiedere consigli per il suo piano di studi, e il Diavolo decide di giocarle uno scherzetto. Prese le sembianze del professore, suggerisce perversamente allo studente: «Ti consiglio anzitutto di iscriverti a un corso di logica».
Poiché il lettore che ha iniziato questo libro sta appunto per seguire il consiglio del Diavolo, ci è sembrato onesto metterlo in guardia sulla natura del percorso. Se era la parola di Dio che desiderava udire, temiamo che dovrà ricercarla altrove, e possiamo solo augurargli pace e bene. Se invece è ai frutti degli alberi della conoscenza e della vita che è rivolto il suo desiderio, nel giardino della logica li potrà certamente trovare e gustare.
--------------------------------------------------------------------------------
http://www.scform.unifi.it/docenti/peruzzi/collaboratori/maionchi.diaboluscathedra.htm