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Sound72
00giovedì 14 ottobre 2010 11:51
Storie dal campionato italiano
Serie B: Torri e il gol per il fratello scomparso


A 24 ore dal funerale di Juri, morto in un incidente stradale, il bomber dell'AlbinoLeffe gioca e segna .

E' in una notte “cadetta” di ottobre, che Omar Torri decide di scrivere la sua risposta al destino nel modo che più gli appartiene. Una rete contro l’ingiustizia e quel fato crudele che ti strappa via un fratello di soli 25 anni (Juri), mentre sta tornando a casa con la sua Ford Fiesta. Un gol contro quelle “maledette strade”, che lo avevano privato già alcuni anni fa dei suoi genitori.
Da allora Omar, che nella vita fa il centravanti dell’AlbinoLeffe, aveva vissuto a casa con Juri e la nonna.

L’8 ottobre il tragico incidente: la macchina dove viaggiava il fratello si schianta contro un tir in galleria a Lovere, lungo la statale del Tonale. Solo ieri l’ultimo saluto, con la chiesa di Ranzanico (dove risiedevano) in un silenzio assordante tra il rispetto e lo sconforto.
Dopo 24 ore Omar è sceso in campo - come voluto da mister Mondonico - contro il Frosinone. Ha giocato 59’ minuti ma ne sono bastati 42’ per fare la cosa per cui è nato. Una rete contro tutto, certo, e quanti motivi avrebbe questo ragazzo di 28 anni per essere furioso col mondo. Eppure negli occhi non c’è rabbia ma lacrime. Ecco allora che forse il destinatario di quel gol, di quella lettera, è un altro. Non un destino incomprensibile e cinico, ma il fratello che mai potrà dimenticare.
L’ultimo saluto, firmato Omar Torri. ( datasport.it )


Sound72
00venerdì 15 ottobre 2010 12:13
Camorra: 25 fermi, c'è anche un calciatore dell'Avellino
Praticati usura, estorsioni e scommesse clandestine

AVELLINO - Operazione dei carabinieri contro i clan camorristici della zona di Castellammare di Stabia: 25 le persone per cui e' scattato il decreto di fermo emesso dalla direzione distrettuale antimafia di Napoli.

Tra questi anche l'attaccante dell'Avellino Cristian Biancone, 33 anni, prima al Sorrento: è accusato di aver truccato la partita Sorrento-Juve Stabia del 5 aprile 2009 per agevolare il clan camorristico dei D'Alessandro, che gestiva un giro di scommesse clandestine.

Nel corso dell'operazione fermate anche un'avvocatessa e la moglie di un finanziere.

...........

Biancone ..me lo ricordavo alla Lodigiani con Stellone anni fa [SM=g27993]
Sound72
00martedì 9 novembre 2010 12:18
A proposito di laziali perdenti volevo segnalare l'esordio di Paolo Negro come regista del Cerveteri in Promozione..ovviamente hanno perso 2-0..
Sound72
00mercoledì 17 novembre 2010 10:09
A proposito di Sergio Vatta...


Torna in campo la Fiumana?
" Sono piu' di sessanta anni che gli esuli aspettano gli indennizzi dallo Stato Italiano per i beni abbandonati in Istria, Fiume, Dalmazia. Non ci sono i soldi? Aspetteremo ancora. Ma per rifondare l'U.S. Fiumana non ci fate aspettare altri sessanta anni, non vi costa un soldo. Gli esuli hanno diritto di avere la loro squadra di calcio in 1a Divisione ( ex Serie C ), categoria in cui militava nel 1943, prima della sospensione dei campionati. Dopo la guerra tutte le squadre hanno ripreso l'attività nelle categorie loro spettanti, l'U.S. Fiumana come poteva farlo se mezza squadra fu assassinata in un agguato vicino a Fiume? Se gli esuli erano sparsi su cinque continenti? Se eravamo senza casa, eravamo figli di nessuno e se eravamo accolti con diffidenza? Invece eravamo e lo siamo tuttora , Italiani, come dice una canzone " Italiano vero ". Noi siamo coloro che hanno pagato piu' di tutti in Italia, la guerra maledetta. Per questi motivi patriottici e per i meriti sportivi delle nostre genti istriane, fiumane e dalmate, reclamiamo il diritto che ci spetta. L'iscrizione dell'U.S. Fiumana in 1 Divisione Pro. ".
Questo appello firmato da Antonio e Sergio Vatta, quest'ultimo figura storica del settore giovanile italiano e per quattordici anni alla guida del vivaio del Torino, è arrivato afino al presidente della FIGC , Giancarlo Abete, per rilanciare il progetto di rifondazione della gloriosa Fiumana con l'iscrizione alla serie C ( oggi Prima Divisione ) già dal prossimo campionato. Naturalmente non a Fiume, che adesso si chiama Rijeka ed è parte della Croazia: la nuova sede sarà a Torino e le maglie avranno lo stesso colore amaranto, i pantaloncini saranno gialli e blu per riassumere in una divisa i tre colori della città. La Fiumana nell'anteguerra aveva sfiorato la promozione in Serie A ( partecipando l'anno prima della fondazione del massimo torneo italiano al campionato di Divisione Nazionale ) ed era stata una fucina di campioni: Loik, la mezzala del Toro di Superga, i fratelli Varglien, ed il primo centravanti del sodalizio risultato dalla fusione di tre squadre capitoline, la Roma, ovvero Rodolfo Volk.
Chissà che con la riforma dei campionati di Lega Pro, il progetto non possa diventare realtà . ( corrierelaziale.it )

lucaDM82
00mercoledì 17 novembre 2010 10:54
Di Loik ho letto qualcosa sul manuale del gol.
Sound72
00mercoledì 17 novembre 2010 12:23
Beatrice, giallo nel calcio
"Ucciso da troppi raggi X"


La vedova del calciatore della Fiorentina, morto di leucemia nel 1987 a 39 anni, fa causa a tecnico e medici. Nel '76 lo bombardarono per tre mesi di radiazioni per curare una pubalgia. Richiesta di risarcimento per 10 milioni: "Li daremo in beneficenza"

Il male bussò a tradimento il 23 agosto 1985. Dolori atroci agli arti superiori. "Un reumatismo", constatò il medico. Poi comparvero i puntini rossi in faccia, le gengive iniziarono a sanguinare, Bruno Beatrice smise di avere fame. Era piena estate, ma i brividi di freddo lo facevano sussultare. "Leucemia linfoblastica acuta", fu il responso di un luminare.
Bruno Beatrice, polmone della Fiorentina degli anni Settanta, se ne andò due anni dopo. Aveva 39 anni, due figli piccoli. Nella primavera del '76 - si ricordò tempo dopo la moglie - gli avevano fatto curare la pubalgia con un bombardamento di raggi X: a cadenza quasi quotidiana, per tre mesi. E Beatrice, pur di tornare in campo per la fase finale di Coppa Italia, aveva obbedito. Forte di una perizia di due consulenti della Procura di Firenze - Giuseppe D'Onofrio e Giuseppina Fortuna, per la quale sussiste certamente una compatibilità tra la somministrazione massiccia di terapia Roentgen e la leucemia", la famiglia Beatrice sta per depositare al tribunale di Firenze una richiesta di risarcimento danni di 10 milioni in solido nei confronti dell'allora allenatore dei viola Carlo Mazzone; il primario Bruno Calandriello, il radiologo Renzo Berzi, i vertici dell'ex Fiorentina (poi fallita), la Federazione Gioco Calcio, l'Asl. Indussero, a vario titolo, Beatrice a sottoporsi alla terapia di raggi X, disattendendo le indicazioni di un illustre ortopedico, Lamberto Perugia. "Io dissi a Beatrice che era troppo pericolosa".

"Questi soldi li daremo in beneficenza" ha detto la vedova Beatrice, Gabriella Bernardini, all'avvocato Odo Lombardo, il dominus del pool di legali che ha redatto la citazione civile. Nel gennaio 2009, grazie anche alla ex Cirielli che aveva accorciato i tempi di prescrizione, l'inchiesta penale era stata ammazzata nella culla. E le accuse a Mazzone e soci - indagati di omicidio preterintenzionale - finirono in archivio, nonostante "i seri indizi" giustificassero almeno un processo. A leggere i verbali dell'inchiesta si è presi dallo sgomento. Beatrice temeva di essere ceduto (e a fine stagione lo fu davvero, al Cesena), avvertiva la sfiducia di Mazzone e quindi fece di tutto per tornare in campo prima il possibile. Il doping dilagava. I giocatori ingerivano compresse di Micoren come caramelle. "Era disponibile per tutta la squadra su un piattino, ricolmo di pasticche rosse. Ci dicevano: "Queste vi aiutano a rompere il fiato"" ricordava il portiere Massimo Mattolini, che nel 2000 subì un trapianto di rene dopo otto anni di dialisi. È morto nel 2009. Giancarlo Galdiolo, altro grande malato di quella Fiorentina, ingeriva due compresse per volta. "Il venerdì sera dopo l'allenamento assumevo una flebo di Esafosfina e d'inverno mi veniva praticata dal massaggiatore un'iniezione intramuscolare di Supracortes, per mantenere la pressione arteriosa a livelli normali". L'antidoping dormiva? Mattolini: "Dopo le partite avevamo tutti una fretta matta di rientrare a casa. Era possibile aggiungere acqua alla provetta, il controllo degli incaricati non era proprio pressante".

Mimmo Caso una mattina scoprì di avere il Linfoma di Hodgkin. Ai magistrati ha detto di "essere stato sottoposto regolarmente a terapie a base di iniezioni di Cromatom, Cortex e Neoton, a volte direttamente in vena. Né io né i miei compagni ci siamo mai preoccupati di verificare quello che ci veniva dato: ci fidavamo ciecamente dei medici". Giancarlo Antognoni, bandiera di Firenze, ha ammesso l'uso di Cortex, Micoren e di "flebo che il medico ci diceva contenere zuccheri o integratori". Nel 2004 ebbe uno strano infarto. "I medici rimasero molto sorpresi del mio caso, lo trovarono anomalo".
Non sarà una causa facile. Da un lato c'è la parola della vedova di Beatrice, di un amico che lo accompagnò regolarmente in ospedale, Aldo Sammicheli, i ricordi nitidi di alcuni compagni di squadra: Moreno Roggi, Walter Speggiorin, Mauro Della Martira. "Beatrice curò la pubalgia con i raggi Roentgen". Dall'altro i medici dell'ex ospedale della Camerata, ben undici, non ricordano nulla. Ma tutti rammentano che all'epoca la clinica non disponeva affatto di un'apparecchiatura di radioterapia. La documentazione medica non è mai stata trovata. Né negli ospedali, né alle Asl, né nelle sedi della Fiorentina. Tutto sparito. Su questo si appunta la difesa di Calandriello ("Mancano le prove documentali") e di Mazzone ("Quando arrivai a Firenze avevo 38 anni, venivo dalla provincia, ero timido ed introverso e non sapevo neanche cosa fosse la Roentgen"). Ma c'è una testimonianza che può fare la differenza: quella di Silvano Flaborea, ex giocatore di Como, Reggiana e Arezzo, il talent scout che ha scoperto Del Piero. L'unico a presentarsi spontaneamente dai magistrati. Per anni, rivelò, era stato curato con i raggi Roentgen. Grazie a macchinari portatili. (17 novembre 2010)
Sound72
00giovedì 25 novembre 2010 12:16
Zamparini in tv: Impegno coi Tea party

Palermo, Zamparini: 'Rimarrò nel cda' ll nome c'è già. È quello dei Tea Party italiani. È questo il movimento al quale Maurizio Zamparini ha deciso di dedicare energie e risorse economiche per 'una giusta causa - per usare le sua parole - per cercare di dare una scossa a questa Italia che si deve svegliare'. Nel prossimo futuro però non ci sarà un onorevole Zamparini o un senatore Zamparini. L'impegno del presidente del Palermo sarà di supporto e di aggregazione, ma nessuna discesa in campo in prima persona. 'Se mi chiedessero di dare una mano a titolo gratuito potrei anche farlo. Però non m'interessa entrare in politica - dice -. Non ho alcuna intenzione di farlo. Quello che m'interessa è dare una mano a quei giovani che mi hanno contattato, che mi hanno manifestato le loro esigenze e che vogliono rappresentare l'Italia delle cose da fare'.

Così il movimento Tea Party italiani è pronto a fare sentire la sua voce in tutte le sedi possibili. 'Negli Stati Uniti i Tea party hanno una connotazione di destra. La nostra, invece, vuole essere una voce - tiene a precisare Zamparini - che non è né di destra né di sinistra. A noi interessano le esigenze della gente, non quelle della politica che è sempre più distante dai problemi dei singoli cittadini. Il nostro obiettivo è quello di cercare di dare quelle risposte che la politica non riesce più a dare. Vogliamo riprenderci quella torta che i politici ormai da troppo tempo pensano sia soltanto loro'.

Niente partiti, ma solo gente di buona volontà che voglia spendersi per un'Italia diversa. 'L'Italia del fare, quella sganciata dalla burocrazia, che affronti i problemi della quotidianità. Nessuno di noi vuole dare vita a un partito. Il giorno che ci fossero delle elezioni potremmo dare il nostro sostegno a partiti che già esistono e che la pensano come noi. Lo schieramento non c'interessa. Ci interessano le idee'. Idee che Zamparini andrà a esporre in televisione: ogni martedì, il presidente del Palermo sarà in diretta a Telelombardia. 'Parlerò dei problemi degli operai, ma anche degli imprenditori, dei contadini, dei giovani, degli studenti, dei commercianti. Insomma di tutte quelle categorie ormai dimenticate dai nostri politici'.

Sound72
00domenica 28 novembre 2010 18:52


bellissima azione con gol del pareggio al 93' del Novara ieri pomeriggio contro il Siena secondo in classifica.
Notevole, perchè la palla nn tocca mai terra e perchè era appunto l'ultimo minuto di gioco.
lucaDM82
00domenica 28 novembre 2010 19:43
Bella azione! [SM=g28002]
Novara rivelazione inaspettata.
Tra l'altro il Novara adotta il sintetico.E loro in casa sono avvantaggiati perchè sono abituati alla velocità del pallone,maggiore rispetto a quella che si ha quando si gioca su un campo normale.

edit-personaggi? [SM=g27993] [SM=g27985]
Sound72
00lunedì 29 novembre 2010 10:15
Re:
lucaDM82, 28/11/2010 19.43:

Bella azione! [SM=g28002]
Novara rivelazione inaspettata.
Tra l'altro il Novara adotta il sintetico.E loro in casa sono avvantaggiati perchè sono abituati alla velocità del pallone,maggiore rispetto a quella che si ha quando si gioca su un campo normale.

edit-personaggi? [SM=g27993] [SM=g27985]



scusa..hai ragione !era x il campionato italiano..


Sound72
00venerdì 3 dicembre 2010 11:59
Gianni Mura: Cassano, il Barcellona, la pittura e infine il Tour


Gianni, visto Garrone imbacuccato e triste, dopo la sconfitta di Marassi. Ma hanno ancora senso le questioni di principio?
"Ti riferisci a Cassano?".

Ci voleva una sporca mediazione. E invece la Samp esce dall'Europa, lui dà via il giocatore quasi gratis.
"Perdi tutto, ma magari non perdi la faccia con la squadra, la società, la città. Garrone avrà calcolato anche questo. E secondo me, alla fine ci rimette anche chi si compra Cassano".

E' l'irrazionalità del calcio.
"Mi sono stufato anche di sentir parlare del ragazzo di Bari Vecchia, a quanti anni si diventa maggiorenni? Poi fra poco sarà padre, dai. Gestisca come crede il suo irreprimibile desiderio di mandare "affa..." i suoi datori di lavoro, pazienza".

A proposito di Genova. Ti sapevo esperto di pittura, ma non di Tour. Leggo che hai condotto una serata su impressionismo e Gran Boucle.
"Spiritoso. La tua è solo un'impressione. Ho semplicemente parlato dei colori della Provenza, della drammaticità del mare di Bretagna".

Poco mare, nel ciclismo.
"Diciamo che il mare è sempre sullo sfondo. A meno che non ci siano quei passaggi in giorni di bassa marea, il vento che sferza il gruppo. E anche le tappe sono strane, quelle che partono dal blu e finiscono in montagna hanno una storia. Come la Cannes-Briançon del '48, l'anno della vittoria di Bartali e dell'attentato a Togliatti. O la Marsiglia-Carpentras del '67, la tragedia di Simpson sul Ventoux".

Continua così, non mi muovo.
"Diciamo che le tappe dalla montagna al mare sono invece delle gite, tranne quella del '71. 252 chilometri di fuga, tutta la tappa, di Merckx e altri 9. La Orcières-Merlette- Marsiglia. Arrivarono un'ora e mezza prima del previsto".

Quindi è ancora possibile parlare di sport vero.
"Ma non ti dico dove ho recitato poesie, altrimenti metti il video".

I nostri lettori bravi su Google ci sanno arrivare. In piena confusione mentale passo dalla maglia gialla al sindacato giallo.
"Uhm, vedo che l'argomento è sulle prime dei giornali: il Corsera dedica anche un commento di prima all'argomento. Intanto dico: io non firmerei mai un contratto dove c'è scritto che io non posso esprimere una mia opinione personale".

E questo contratto si incrocia con lo sciopero dei calciatori. Nababbi condannati su tutti i giornali, meno Repubblica. E s'avanza un altro sindacato, con Feltri garante e il dottor Chiellini testimonial.
"Sullo sciopero ha scritto bene Sconcerti l'altro giorno, Fabrizio Bocca oggi ha fatto un discorso serio. Che poi torni il leit-motiv dello sciopero dei miliardari, un po' mi allarma. Se posso permettermi, la differenza fra i commentatori è fra chi sta dentro e chi sta fuori lo sport".

E non puo' essere tutta colpa della sentenza Bosman.
"Che c'entra fino a un certo punto. Nessuno infatti obbliga i presidenti a riempirsi di stranieri, di argentini con il doppio passaporto. Ci sono ancora squadre molto italiane, come Sampdoria e Chievo"

Ammetterai che parlare di sciopero dei calciatori è impopolare.
"Intanto, nessuna legge dice che i miliardari non possono avere diritti. Secondo, in questa vertenza non esistono rivendicazioni di carattere economico. Terzo: avete presente la controparte?".

Il bravo (non scherzo) presidente Lotito, quello che mise fuori rosa Pandev e Ledesma.
"E scusa se mi ripeto, non dimenticare il mobbing in atto su Marchetti, un nazionale, al Cagliari".

E quindi?
"Noto una gran voglia dei presidenti di riprendersi quello che hanno perso in questi anni, in termini di potere. Signori, chiaritevi. Semmai rifiutatevi di pagare il procuratore, quello -come succede per gli scrittori- dovrebbe essere a carico del giocatore".

Ma fra procuratori e presidenti, ogni tanto...
"Il solito dietrologo. Ma non parliamo per niente di calcio?"

Sì, mi sono fissato su Pazzini. Hai visto il gol? E' bravo di testa, di piede, in area è una calamita, ha un bel tiro. perché non sfonda? Lo dico anche in chiave azzurra.
"Semplicemente non deve avere nessuno davanti, specialmente se il nessuno si chiama Gilardino".

E come ottimizzare allora la sua prestazione, scusa se uso un termine aziendale.
"Ti proibisco di dirlo o scriverlo ancora. Diciamo che Pazzini deve giocare sempre da prima punta, con tre che gli girano intorno. Il famoso 4-2-3-1 molto di moda, per lui va benone".

Chiudiamo con il tuo sondaggio, visti i risultati sul sito?
"Sì, ci siamo anche su Sacchi. La Juve di Platini ha vinto tutto sommato poco, in mezzo c'è stato il trauma dell'Heysel e la sconfitta con l'Amburgo. Ero sicuro dello scarso gradimento per la Honved, in pochi l'hanno vista giocare. Io modestamente sì, e c'era Orrico che me ne parlava sempre".

Ma perché sette? Dammene altre tre.
"Il Bayern di Beckenbauer e Mueller, la Roma di Liedholm, la Samp di Boskov con Vialli-Mancini, il Bologna del '63, perfino la Fiorentina di Bernardini, Il Cagliari di Scopigno".

Ammetterai che l'innamoramento collettivo di questa settimana per il Barcellona è dovuto anche all'allenatore sconfitto.
"Non solo per quello: nel Barcellona ritrovo la bellezza del vivaio, il calcio in cui tutti possono giocare".

E anche quella scritta Unicef sulla maglia, gratis.
"Se è per questo anche la Fiorentina ha Save the Children, ma nessuno ne parla".

Lo facciamo noi. Così, ti piace la squadra dei normolinei.
"O di quelli come Messi".

Che poi hanno fatto gol sempre allo stesso modo. Segno che il Real era proprio nel pallone.
"E' una squadra senza punte tradizionali, che si muove rapidamente, feroce nelle conclusioni".

Non a caso Ibra se n'è andato.
"Ma non perché la sua stagione sia stata un flop. Semplicemente il Barcellona parla una lingua che non è la sua. Erano 15 contro 1, e infatti è partito lui".

Abbiamo ancora bisogno di bellezza.
"Non basta vincere, non conta solo la posta in palio. Specialmente se ti fai cacciare in Europa".
Sound72
00venerdì 20 aprile 2012 12:35


Il racconto di Noviello: “Altro che suicidio, ero solo nervoso per l’espulsione”

Niente tentato suicidio in Lega Pro
Il giocatore dell'Alma Juve Fano Giorgio Noviello ha smentito di aver tentato di tagliarsi le vene dei polsi con una lametta: "Solo un incidente


Su tutte le riviste sportive la vittoria del Fano contro la Neapolis è finita in secondo piano, oscurata dal caso creato da Giorgio Noviello. L'attaccante marchigiano, espulso durante la prima frazione di gara, è stato trovato esanime all'interno degli spogliatoi al rientro delle squadre dopo i primi quarantacinque minuti, con una vasta ferita al polso. Da lì la corsa in ambulanza al vicino ospedale di San Giuliano dove è stato dimesso poche ore dopo e con una semplice medicazione. Due le versioni sull'accaduto, quella dei carabinieri che parlano di tentato suicidio e quella del calciatore che invoca l'assoluta causalità degli eventi. Tuttolegapro.com ha intervistato in esclusiva Noviello per chiarire gli ultimi lati oscuri di questa vicenda.

Buongiorno Noviello, s'è parlato tanto di questo episodio, ci può spiegare realmente cosa è accaduto?

"Al mio rientro negli spogliatoi, come penso sia logico dopo un'espulsione, ero alquanto adirato e con un gesto di stizza ho colpito una vetrata provocandomi un taglio al polso. Io poi non sopporto la vista del sangue, anche quando vado a fare dei semplici prelievi, e sono caduto a terra perdendo i sensi per qualche istante".

L'analisi dei carabinieri però è diversa, si parla di tentato suicidio....

"Credo che sia una cosa assurda, non sarei mai riuscito a pensare ad una cosa del genere. Come si fa a credere di provare un suicidio per una gara di calcio, tra l' altro nemmeno così importante, considerato che siamo già salvi. Inoltre tra poco diventerò padre e questo non fa altro che aumentare l'assurdità su quanto accaduto".

L'entità del taglio poi è anche esigua, non ha avuto nemmeno bisogno di applicare dei punti...

"Sì, mi hanno fatto una semplice medicazione e poi sono tornato allo stadio, dove ho saputo che avevamo vinto. Credo che abbiano montato una grande storia su qualcosa di relativamente piccolo, io amo la vita e non mi sognerei mai di togliermela".

( www.tuttolegapro.com )

certo che i CC..[SM=g27993]
Sound72
00giovedì 15 novembre 2012 12:00
Atalanta: da Conte ad Agostinelli
tutti ai piedi del Bocia




Chiusa l'inchiesta, 147 gli indagati: ci sono anche due politici leghisti. Telefonate e sms dell'attuale allenatore della Juve a Galimberti, capo ultrà nerazzurro


Facevano la fila davanti al Bocia per parlargli, adularlo, prendere ordini, scusarsi, incassare minacce con le orecchie basse. Il Bocia è Claudio Galimberti, 39 anni, capo ultrà dell'Atalanta con una lista di precedenti penali lunga un chilometro (oltre 30 procedimenti, tra aperti e chiusi). In pellegrinaggio andavano in tanti: dirigenti, giocatori, allenatori, massaggiatori, politici. Persino tra le forze dell'ordine c'era chi chiudeva un occhio, e alcune volte entrambi. E' il quadro desolante che esce dalla maxi-inchiesta sugli ultrà che il pm Carmen Pugliese ha chiuso nei giorni scorsi. Gli indagati sono 147, 56 dei quali tifosi del Catania per gli scontri del settembre 2009. Ci sono anche due politici leghisti: Daniele Belotti, ex assessore regionale, e Alberto Maffi, sindaco di Gandosso. Per il primo l'accusa è di concorso esterno in associazione per delinquere; l'associazione è contestata a Galimberti e ad altri cinque atalantini. Gli episodi di violenza analizzati vanno dal 2006 al maggio 2012, quando un tifoso della Juve che stava festeggiando lo scudetto venne derubato della sciarpa e picchiato sotto gli occhi del Bocia che, secondo la testimonianza dell'aggredito, gridava "Copèl de bòte", ammazzalo di botte.

CHIAMA CONTE — Quello che emerge dalle intercettazioni telefoniche, scriveva già due anni fa il pm nella richiesta per l'applicazione di misure cautelari, "è un panorama strano e complesso fatto di scontri programmati, di violenze annunciate e di strane commistioni con l'ambiente societario e calcistico col supporto ideologico di un esponente politico". Persino Antonio Conte, a Bergamo pochi mesi e protagonista di un duro litigio proprio con Galimberti, rimane coinvolto in questo malcostume. L'1 febbraio 2010, a meno di un mese dalle dimissioni, "inspiegabilmente sente la necessità di chiamare" il Bocia. "Il contenuto delle parole del Conte - si legge nel rapporto della Squadra Mobile - consiste nell'elogiare il capo ultrà e tutta la sua tifoseria e nello "sputtanamento" della società dell'Atalanta e dei giocatori. (...) Nello specifico il Conte esordisce dicendo che voleva salutare il Galimberti perché ha un gran rispetto per lui (...) poi prosegue riferendo che lui è diventato un capro espiatorio in quanto la stampa, i tifosi, l'ambiente proteggevano il marcio della società; attacca i giocatori più vecchi che non lo hanno aiutato e la società che non lo ha mai tutelato". Dodici giorni più tardi, Conte manda al Bocia - condannato per violazione del Daspo - un sms di solidarietà: "Ho letto sul giornale che ti hanno dato 5 mesi. Mi dispiace molto, spero che tu stia bene. Un abbraccio. Antonio C.".

SPONSOR — Chiamano altri allenatori: Andrea Agostinelli chiede al capo ultrà "di "sponsorizzare" la sua assunzione facendo giungere il messaggio al presidente" Alessandro Ruggeri. Poi chiama Angelo Gregucci, esonerato in avvio di stagione, che "dopo aver fortemente criticato l'allenatore Conte definendolo "presuntuoso seduto in panchina" e aver detto che "certa gente non vi merita", saluta il Galimberti con il seguente sms: "non si molla forza Claudio raduna gli uomini si va a lottare con onore e dignità". L'attaccante Zampagna chiede una mano per tornare all'Atalanta, l'ex dg Giacomo Randazzo invita Galimberti, appena scoperto a violare il Daspo per una partita dell'AlbinoLeffe, alla prudenza: "Purtroppo bisogna stare attenti, la legge è fatta così, poi qualcuno la applica alla sua maniera". Infine, Daniele Belotti, politico e, per chi indaga, anche ideologo della curva. E' lui, infatti, a scrivere il testo di un volantino contro l'allora questore Matteo Turillo, considerato nemico degli ultrà, mirato a delegittimarne l'operato, ed è a lui che il Bocia si rivolge quando ci sono da fare "pressioni" negli ambienti istituzionali e politici.

gazzetta.it
lucaDM82
00venerdì 16 novembre 2012 13:58
Ah,se non sbaglio me lo ricordo in un servizio delle iene dove intervistavano gli ultrà dell'atalanta quando non volevano il ritorno di vieri...

capotifoso,modalità accento bergamasco

"noi vieri non lo vogliamo perchè quello viene a svernare a bergamo perchè è vicino milano cosi' può farsi i comodi suoi,a quello dell'atalanta non frega nulla"

ultras:

"si',è vero..buuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuu,beeeeeeeeeeeeeeeeeeeee"
"vieri non ti vogliamo"
"buuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuu"
"l'atalanta è una cosa seria,buffone"
"buuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuu
"beeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeee"
jandileida23
00venerdì 16 novembre 2012 14:51
ao appena c'è qualcosa di molto pulito, ecco che spunta fuori il parrucchino di Conte...tutte coincidenze ovviamente

BeautifulLoser
00venerdì 16 novembre 2012 16:36
Re:
jandileida23, 11/16/2012 2:51 PM:

ao appena c'è qualcosa di molto pulito, ecco che spunta fuori il parrucchino di Conte...tutte coincidenze ovviamente





già, che caso!
ma cosa bisogna aspettarsi da uno che scrive frasi di questo genere: "in primo luogo, non ho mai proferito il termine moralità, della quale, tra l'altro, sono molto dotato, nonostante la squalifica per omessa denuncia sulla quale ho già espresso le mie opinioni in passato."
infima retorica da azzeccagarbugli da quattro soldi come, purtroppo, li sfornano in massa gli atenei nostrani.
lucaDM82
00venerdì 16 novembre 2012 18:07
Re:
jandileida23, 16/11/2012 14:51:

ao appena c'è qualcosa di molto pulito, ecco che spunta fuori il parrucchino di Conte...tutte coincidenze ovviamente




...e spuntano fuori i laziali,vedi gregucci e agostinelli. [SM=g8147]


lucaDM82
00venerdì 15 febbraio 2013 18:41
PERUGIA - E' morto alle 6.45 l'ex calciatore del Napoli, Carmelo Imbriani in conseguenza di una grave leucemia. Al suo fianco la moglie Valeria, il fratello Giampaolo ed i genitori. Lo rende noto il portavoce dell'azienda ospedaliera di Perugia, Imbriani era ricoverato all'ospedale di Santa Maria Misericordia.

"Imbriani non era più cosciente, ed il quadro clinico era complesso e delicato" spiega a LaPresse il professor Brunello Falini, direttore della clinica di ematologia che ha avuto in cura Imbriani. Il decesso è avvenuto per un deterioramento del quadro clinico complessivo, cui si è aggiunta una pressione molto bassa. Il primo ad essere avvertito è stato il prfessor Stelvio Ballanti. In segno di lutto è stato annullato il carnevale presso il residence Chianelli, struttura a fianco del nosocomio, dove sono ricoverati i genitori di Imbriani.

Carmelo Imbriani aveva compiuto 37 anni lo scorso febbraio, nato a Benevento esordì nel Napoli tra 1993 e 1996, poi una carriera passata tra Pistoiese, Casarano, Genoa, Cosenza, Benevento, Salernitana, Foggia e Catanzaro. Nel 2009 inizia la carriera da allenatore nella sua città con gli allievi nazionali, prima di passare alla prima squadra del Benevento nella scorsa stagione. Ad ottobre i primi sintomi del male, che velocissimamente l'ha portato alla morte di questa mattina.
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poraccio,che destino sfortunato [SM=g27992]
RIP

Ricordo che era una promessa del Napoli,aveva qualità e i primi tempi fece pure qualche gol.Tra l'altro lo voleva anche il Milan.Poi non ne ho più sentito parlare.
All'epoca avevo un inserto del corriere dello sport (quando il giornale era diretto da Sconcerti,c'erano buone penne e gli allegati erano di alta qualità) dove Vatta elencava tutti i giovanissimi che secondo lui avrebbero avuto un futuro da campioni e fece anche il nome di imbriani.Fu l'unico nome che sbagliò.
lucaDM82
00martedì 14 maggio 2013 17:18
loria sbrocca
Loria, 7 giornate di squalifica all'ex giallorosso per spinte e offese all'arbitro
lucaDM82
00martedì 1 ottobre 2013 19:39
Morto Gaetano Musella,
ex calciatore e «talentino» del Napoli
Cadavere scoperto da un turista tedesco a Finale Ligure
Gaetano Musella con la maglia del NapoliGaetano Musella con la maglia del Napoli

NAPOLI - Gaetano Musella, detto Nino, ex calciatore del Napoli anni 80, è stato trovato morto a Finale Ligure, in provincia di Savona. Il cadavere di quello che è stato per molti anni un «talentino» amatissimo dai tifosi azzurri, è stato scoperto da un turista tedesco nella zona della Caprazoppa non lontano dalla fabbrica della Piaggio Aero Industries, tra Finale e Borgio Verezzi, ai margini dell’Aurelia. Musella, che recentemente era stato allenatore della Sanremese, aveva i pantaloni calati (potrebbe essere andato a fare un bagno in quella zona).

Il punto in cui è stato trovato il corpo di Nino Musella Il punto in cui è stato trovato il corpo di Nino Musella
LE IPOTESI - Il cadavere è stato trasportato al cimitero di Zinola per l'autopsia, ma per ora non sono sarebbero stati riscontrati segni di colluttazione sul corpo. L'ipotesi più accredita è quella di un malore, ma gli inquirenti non escludono che l'ex calciatore possa essere stato ucciso. Ritrovata, poco distante dal cadavere, l'auto che appartiene a un amico, una Seicento blu vecchio modello targata Genova, con il quale Musella avrebbe raggiunto Finale Ligure.

TESTIMONI - Secondo alcuni testimoni, Musella domenica sera si trovava nel Finalese mentre la moglie ha detto agli inquirenti di aver sentito al telefono il marito nella mattinata di ieri, poche ore prima della sua morte. Sul corpo il medico legale non ha rilevato tracce di colluttazione, segni di strangolamento, colpi inferti da un oggetto contundente, ferite da arma da fuoco o da taglio. Non sarebbero neppure emersi elementi circa la presenza di altre persone nel luogo dove è stato scoperto il cadavere. Il medico legale però ha chiesto altre 24 ore di tempo perchè in quel lasso di tempo potrebbero emergere ecchimosi o altri segni sfuggiti al primo esame necroscopico.

Nino Musella quando allenava la Sanremese Nino Musella quando allenava la Sanremese
LA CARRIERA - I tifosi azzurri se lo ricordano bene Nino Musella. Uno scugnizzo nato a Napoli il 22 gennaio 1960, era giocatore di gran classe ma che non espresse mai realmente tutto il suo talento. Cresciuto nelle giovanili del Napoli, esordì in maglia azzurra a gennaio 1978, e poi fu mandato a farsi le ossa in Serie C a Padova nel 1978-1979. La stagione seguente, tornato alla casa madre, entrò stabilmente nel giro della prima squadra e conquistò anche una maglia da titolare nella Nazionale Under-21. L'anno migliore per lui fu quello del 1980-1981, quando il Napoli arrivò a giocarsi lo scudetto, perdendolo alle ultime giornate. Giocò in azzurro anche la stagione seguente, conquistando un quarto posto in classifica. Memorabile fu un suo gol di testa al Torino nonostante non avesse un fisico statuario. Nel Napoli giocò 67 partire siglando 13 reti. Passò poi alla Sampdoria e al Catanzaro, che fu l'ultima sua squadra in Serie A. Poi il Palermo: ci arrivò alla soglia dei 30 anni. Era la stella di una squadra che fece a lungo sognare i tifosi. Con Franco Liguori in panchina, i rosa arrivarono a un passo dalla B. Musella fu il grande protagonista: 11 gol e miglior marcatore della squadra. In Coppa Italia di Serie C il Palermo perse la finale contro la Lucchese, nel giorno della riapertura della Favorita.Qualche anno dopo iniziò una carriera di allenatore, allenando anche il figlio Alessandro nella Sanremese.

IL CORDOGLIO DEL CALCIO NAPOLI - Il Presidente Aurelio De Laurentiis, i dirigenti, lo staff tecnico, la squadra e tutta la SSC Napoli esprimono profondo dolore per la prematura scomparsa di Gaetano Musella, attaccante azzurro degli Anni 80. «Nino come era affettosamente chiamato dagli amici - si legge sul sito internet della società azzurra - è stato un enfant prodige del calcio italiano. E' cresciuto nelle giovanili del Napoli ed ha esordito in maglia azzurra in Serie A ad appena 17 anni. Ha sfiorato lo scudetto in azzurro nella stagione 1980/81 nel Napoli di Krol e di Marchesi allenatore. Per lui si aprirono anche le porte della Nazionale Under 21. Ancora nel cuore dei tifosi un suo storico gol contro il Torino al Comunale con uno stacco di testa dal limite dell'area».
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non me lo ricordo
Sound72
00martedì 1 ottobre 2013 19:43
io me lo ricordo piu' sulle figurine che in campo..Catanzaro..Napoli..prima in rosa c'erano 16-18 calciatori al max e lui tutto sommato era uno di categoria..
Sound72
00martedì 15 ottobre 2013 10:42
Maurizio Schillaci: "Totò, potevi aiutarmi prima"


Il cugino, senzatetto, rifiuta l'appoggio dell'ex attaccante: "Mi dava solo 300mila lire al mese. Zeman mi augura una ripartenza? Sì, chiedo solo di lavorare e vedere le mie figlie"


La sua vita aveva fatto lo stesso percorso dei treni sui quali trascorre la notte: arrivata a un binario morto. Due arresti, 4 volte in fin di vita per overdose. Abbandonato da tutti, dimenticato persino dalla figlie che lui comunque giustifica come solo l’amore di un padre può fare. Ma forse a Maurizio Schillaci, cugino del Totò nazionale, può ancora riuscire un dribbling vincente. in campo erano la sua specialità, fuori dal calcio è stata la vita a dribblarlo.

Maurizio, cominciamo dal suo gol più bello?
"Giocavo nel Licata di Zeman e vincemmo 2-1 a Siracusa, Coppa Italia: dribblai 4 giocatori, portiere compreso, e arrivai in porta con la palla"

Zeman, che l’aveva allenata nelle giovanili del Palermo, la voleva portare a Foggia, invece arrivò la Lazio.
"Avevo già firmato con la società pugliese, ma poi il presidente Casillo non si presentò all’appuntamento decisivo col Licata e s’inserì la Lazio per volontà di Fascetti. Da lì cominciarono tutti i miei guai, dopo un infortunio alla gamba non diagnosticato: scambiarono una lesione al tendine per uno stiramento. Mi credevano un debole e dentro di me montava la rabbia. Tornai in Sicilia, al Messina, ancora con Zeman dove finalmente capirono il mio vero problema e dovetti operarmi a Barcellona, ma ormai era cominciata la parabola discendente".

E da lì la droga?
"Non ho smesso di giocare per la droga. Quella è stata la conseguenza di una carriera bruciata in fretta. Prima la cocaina, poi l’eroina. Il divorzio dalla prima moglie, Rossana, una palermitana che non si comportava bene con me".

Lei aveva comprato casa a Palermo, come mai oggi è costretto a dormire sui treni?
"Perché l’appartamento di piazza Europa, acquistato per 200 milioni di lire in contanti a 24 anni, l'ho lasciato a mia figlia Giada che ha quasi 29 anni. Poi c’è Alessia di 21, nata dal secondo matrimonio, che oggi vive fuori".

Vede ancora le sue figlie?
"No, diciamo che sono anche io ad evitare, perché non posso neanche invitarle a pranzo. In realtà poi c’è stata anche un’altra donna con cui ho avuto un rapporto bellissimo di 5 anni, Francesca, ma è finita a gennaio perché i suoi hanno fatto di tutto perché ci lasciassimo".


Ha mai temuto di morire?
"Altro che, credo di essere un miracolato, una volta mi sono iniettato un grammo di cocaina in vena e sono andato in overdose. Pensavo di non farcela. Ho conosciuto anche la galera, due volte, a metà degli Anni 90, per pochi giorni".

La notte sui treni e di giorno?
"Vivo nelle strade di Palermo, per lavarmi e mangiare vado alla Casa dei Giovani dove ci sono una tv e 5 angeli (psicologi, ndr) che si prendono cura di noi. Con la droga ho smesso da un pezzo, prendo il metadone da 9 anni e quello che ora desidero è trovare un’occupazione".

Suo cugino Totò si è detto disponibile a darle una mano.
"Grazie, preferisco fare da solo, poteva pensarci 10 anni fa quando lavoravo nella sua scuola calcio e mi dava 300 mila lire al mese che non bastavano nemmeno a coprire le spese".

Zeman sulla Gazzetta le augurava una ripartenza: è pronto?
"Sì, chiedo solo di lavorare, di avere uno stipendio per affittare una stanza ma decorosa dove poter invitare a cena le mie figlie".

gazzetta.it

Beh..prendersela col cugino che pure una mano gliela aveva data non mi sembra il modo migliore per farsi un esame di coscienza e ripartire.
lucaDM82
00martedì 15 ottobre 2013 18:49
mi sfugge proprio schillaci 2.
lucaDM82
00lunedì 27 ottobre 2014 21:16
CHE TRISTEZZA,MA SPARATE OH!!!! [SM=g9597]


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La Lupa con l'Aquila, il giallorosso col biancoceleste: ecco la favola della Lupa Roma

NON SOLO ROMA - Lupa e Aquila insieme, unite in un solo abbraccio. Stessa cosa per i colori giallorossi e biancoceleste. In pratica una fusione tra LAZIO e ROMA, in parole povere un'autentica utopia. Almeno in un contesto come quello della Capitale, ma Alberto Cerrai, 54 anni, imprenditore nel ramo informatico, ha voluto correre questo azzardo quando ha fondato la Lupa Roma, squadra del Girone C di Lega Pro che al suo primo anno tra i professionisti si sta comportando con il piglio dei veterani. Il presidente della terza squadra capitolina ha rilasciato un'intervista al sito di Sky Sport per spiegare i motivi che lo hanno spinto a scegliere un tale abbinamento cromatico:

Partiamo da qui. Perché simbolo e colori che richiamano a Roma e Lazio? Non è come mettere insieme il diavolo e l’acqua santa?

"Non volevamo e non vogliamo cancellare una rivalità, anzi. Abbiamo fatto questa scelta per tentare di raccogliere l’intera città intorno al nostro progetto. Vogliamo che guardino a noi sia i laziali che i romanisti".

Ma lei è laziale o romanista?

"Sono della Roma".

Da neo arrivato, che idea si è fatto di questa Lega Pro ?

"Da quello che ho visto finora, è molto affascinante. Per noi è la prima volta e non abbiamo termini di paragone con le stagioni passate. Ancora adesso capita di rendersi conto di dove siamo arrivati e rimaniamo un po' a bocca aperta. La Lega Pro è come un città d’arte. È tutto bello, nuovo: nel giro di poco tempo siamo passati dal giocare nei campi di calcio, come quelli dell’Eccellenza o della Serie D, a giocare negli stadi, in impianti che prima avevo visto solo in tv. Già questo è un bel colpo d’occhio. E poi noi abbiamo la fortuna di stare nel girone C, quello che in tanti hanno definito un girone infernale, con tifoserie calde e società che, in passato, hanno fatto la serie A e la B. Difficile, ma anche molto stimolante".

Ha comprato la Lupa, che allora si chiamava Frascati (cittadina sui Castelli, a pochi passi da Roma), nel 2011. Perché questo passo?

"Sono cresciuto nello sport. Sono stato pilota automobilistico. Poi ho dovuto lasciare a causa di un incidente e anche per l’età che avanzava. E siccome non volevo uscire dal mondo sportivo, con degli amici abbiamo deciso di formare una società e abbiamo rilevato l’allora Lupa Frascati, che militava in Eccellenza. E così è cominciato tutto".

In tre anni è passato dall’Eccellenza alla Lega Pro: non male per essere la sua prima volta nel calcio…

"Avevamo programmato tutto. Quando sono diventato presidente avevo promesso che entro pochi anni saremmo arrivati tra i professionisti, così è stato".

Roma è l’unica città ad avere tre squadre tra i professionisti. Prima della Lupa ci sono state la Lodigiani e l'Atletico Roma: tutte esperienze andate male. Qual è la difficoltà di essere la terza squadra in un contesto come Capitale?

"Secondo molti la colpa è di Roma e Lazio, ma io non sono d’accordo. Il vero problema, semmai, è trovare delle infrastrutture adatte. Una realtà come la nostra non può giocare all’Olimpico, ovvio. E nemmeno al Flaminio, che ha dei costi altissimi. Sembra strano, ma a Roma non c’è un impianto a norma per fare la Lega Pro. Al punto che noi siamo costretti a giocare ad Aprilia (provincia di Latina, ndr). Questo non ci consente il radicamento con il territorio ed è un handicap per i nostri tifosi che, per venirci a vedere, devono fare un sacco di chilometri. Una situazione inaccettabile".

A maggio la vittoria della Serie D. All’esordio con i Pro avete battuto il Lecce. Meglio la prima o la seconda soddisfazione?

"Se proprio devo scegliere, dico la promozione della stagione scorsa, perché è stato il coronamento di un percorso lungo e faticoso".

Per quest'anno l’obiettivo dichiarato è la salvezza. Ma ha cominciato a fare anche un pensierino alla Serie B?

"Noi vogliamo crescere. Nei prossimi tre, quattro anni voglio prima consolidare la società dal punto di vista finanziario. E poi si potranno fare altri ragionamenti, come quello di puntare alla promozione. Non sono un “decubertiano”, a me piace vincere. Abbiamo una rosa con un’età media bassissima. Sono sicuro che stiamo costruendo qualcosa di importante. Per ora va bene così. Poi chissà".
lucaDM82
00mercoledì 29 ottobre 2014 23:15
Klas Ingesson: morto il calciatore, resta l’esempio. Società e tifosi italiani in lutto

A Bari, Bologna e Lecce piangono il centrocampista tutto cuore e muscoli. In maglia biancorossa la parte più importante della sua carriera: "E' lì che sono diventato un giocatore vero"
di Lorenzo Vendemiale | 29 ottobre 2014


La morte di Klas Ingesson non è un lutto qualsiasi per il mondo del calcio. Perché il “guerriero biondo” era un giocatore speciale, pur non essendo mai stato un campione. Il dio del pallone non lo aveva dotato di un talento da fuoriclasse: grandi qualità fisiche (190 centimetri per 86 chilogrammi), corsa infaticabile, un destro beneducato. Ma non certo un fenomeno. Eppure ovunque sia passato è sempre stato amato alla follia dai suoi tifosi. Che oggi sui social network piangono in massa la scomparsa di un calciatore entrato di diritto nei loro cuori non tanto (o non solo) per le imprese in campo, quanto per come quelle imprese sono state vissute. Il comunicato del Bari (la squadra di cui ha indossato più a lungo la maglia in Italia), prova a spiegare il perché, ricordandone “la serietà, l’impegno, la tenacia”. Ma è difficile con qualche parola descrivere l’esempio che ha rappresentato lo svedese.
Bari, Fascetti lo nominò capitano. Lui: “Mister, non parlo italiano”. L’allenatore: “Fa niente, fallo col cuore”

Non solo mediano di successo: nel corso della sua carriera Ingesson era stato capitano coraggioso. La fascia l’ha indossata a lungo a Bari. “È lì che sono diventato un calciatore vero”, aveva ricordato anni dopo in un’intervista. “Il momento migliore fu quando Fascetti mi diede la fascia di capitano. Io gli dissi: mister, ma non parlo l’italiano. Fa niente, mi rispose: fallo col cuore”. È quello che ha fatto: in Puglia lo ricordano ancora protagonista di mille battaglie, e in particolare di uno storico derby nel 1997 contro il Lecce (di cui pure avrebbe poi vestito la maglia), vinto grazie a una sua doppietta. Parte della spedizione di “eroi” della Svezia che arrivò terza ai Mondiali di Usa ’94, in biancorosso era stato ribattezzato “il gigante buono”, per quel fisico da vichingo abbinato a piedi non da medianaccio: il piatto forte della casa erano la corsa ma anche le geometrie in mezzo al campo. E i calci di rigore, come dimostrano gli oltre cinquanta gol messi a segno in 370 presenze in giro per l’Europa. Gelido dal dischetto e appassionato nello spogliatoio, Ingesson era nato per essere leader: lo è stato sempre in carriera, in qualsiasi squadra abbia giocato. E pure dopo, una volta appese le scarpette al chiodo a soli 33 anni (già troppi per quella struttura da corazziere, acciaccata dal tempo che passa).

Così si era trasformato in qualcosa più di un semplice idolo calcistico: un simbolo, un ricordo caro, anche un modello di vita. Quell’immagine di lui, di nuovo felice in carrozzina sotto la curva dell’Elfsborg dopo aver sconfitto il mieloma, aveva dato una speranza a chi lotta contro una grave malattia. Il tutto, grazie a quella che è sempre stata la sua qualità principale: non mollare mai. È rimasto sul campo fino all’ultimo: non lo avevano sconfitto la carrozzina su cui era costretto da tempo; né le tante fratture (si era rotto in rapida successione un braccio e un femore) riportate di recente per quelle ossa divenute sempre più fragili. Ha ceduto solo al riacutizzarsi estremo di quel male incurabile, e solo dieci giorni fa, quando ha lasciato il suo ruolo di allenatore dell’Elfsborg. “Sto troppo male, è la decisione migliore per tutti”, aveva detto. Giusto in tempo per spegnersi lontano dalle luci dei riflettori, nel cuore della notte, fra le mura della sua casa a Odeshog.

Per questo, per quanto fatto dentro e fuori dal campo, Ingesson era un esempio per tutti. Dell’Elfsborg e della sua Svezia, di cui ha portato la maglia come una seconda pelle. Del Bologna, che rimpiange il “suo guerriero” su Twitter. Dei tifosi del Bari e pure di quelli del Lecce, sua prima e sua ultima formazione italiana: squadre rivali come poche, unite nell’affetto per questo gigante dal cuore enorme venuto dalla Scandinavia. O semplicemente di chiunque amasse il calcio.
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[SM=g28000] quanta amarezza,pensavo fosse guarito definitivamente invece il male è tornato.
Comunque è stato eroico,è resistito tutti questi anni e ha affrontato la malattia con dignità continuando anche a stare nel calcio.
RIP Klas...che tristezza... [SM=g27992]
Sound72
00lunedì 17 novembre 2014 22:38
Marco Amelia torna in campo con il Rocca Priora in Promozione e vince contro il Lepanto Marino [SM=x2478856]


www.gazzettaregionale.it/notizie/colpaccio-esterno-del-rocca-priora-battuta-la...

lucaDM82
00lunedì 17 novembre 2014 23:09
avevo letto che infatti non gli erano andate giù certe cose legate ai procuratori (oltre alla lite con bonera) ed aveva deciso di uscire dal giro (non so se per sempre o se sono mesi di attesa).
A me Amelia piaceva,anche se penso che forse questo desiderio di tornare a Roma gli si è ritorto contro.A volte ha preso dei gol assurdi,aveva proprio la testa altrove,era come se volesse dare il 10% perchè tanto sapeva che ormai era cmq un portiere nel giro buono.Forse con un altro impegno oggi davvero la Roma lo avrebbe preso.
lucaDM82
00lunedì 1 dicembre 2014 20:52
Ancelotti,la rivedremo mai al Milan, magari in un'altra veste?
"Se prima o poi tornassi in Italia, sarebbe solo al Milan. Ma per allenarlo".
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ecco,conferma quello che avevo detto già qualche anno fa;non capisco come molti potessero ancora credere nel carletto giallorosso.Carletto non è nè romano nè romanista,è milanista.
lucaDM82
00martedì 2 dicembre 2014 11:28
NOTIZIE AS ROMA - "Mi scuso se ho offeso qualcuno, il mio post voleva essere antirazzista, con umorismo. Solo ora mi rendo conto che ho ottenuto l'effetto contrario. Non tutti i messicani hanno i baffi, non tutti gli uomini di colore possono saltare in alto e non tutti gli ebrei amano i soldi. Ho usato un cartone animato di qualcun altro, perché c'era l'immagine di Super Mario e perché pensavo fosse divertente, non offensivo. Mi scuso ancora". Così Mario Balotelli, sulla propria pagina Facebook, spegne le polemiche per il post pubblicato su Instagram che conteneva una frase giudicata offensiva nei confronti degli ebrei. Si tratta di un'immagine del personaggio dei videogiochi Super Mario Bros, con la scritta "Non essere razzista! Sii come Mario. E' un idraulico italiano, creato dal popolo giapponese, che parla inglese e sembra un messicano.Salta come un nero e arraffa soldi come un ebreo". Quest'ultima frase ha indotto la federcalcio inglese ad aprire un'inchiesta per razzismo e antisemitismo.
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stavolta sono solidale con balotelli.
lucaDM82
00venerdì 10 aprile 2015 13:19
Bovo: "Roma sarai seconda"
10/04/2015 alle 07:54.

IL MESSAGGERO (L. PASQUARETTA) - Romano e romanista. Per Cesare Bovo quella di domenica non sarà una partita come le altre. «Roma è una seconda casa, dai 9 ai 20 anni vivevo a Trigoria. In famiglia sono tutti giallorossi sfegatati, poi facendo questo mestiere, diventi tifoso della squadra per cui giochi».

Lei ha fatto tutta la trafila delle giovanili, con chi si sente?
«Con De Rossi, siamo cresciuti insieme anche fuori dal campo. Lui è di Ostia, io di Fiumicino. Siamo sempre in contatto».

Parlate di calcio?
«Mai, l’ultima volta ci siamo scambiati le foto delle nostre bambine».

Chi è stato il suo guru?
«Mauro Bencivenga. Il mio secondo padre e tecnico nelle giovanili della Roma. Mi ha cambiato ruolo, ero centrocampista, poi mi ha reso difensore».

Il suo rapporto con la Roma?
«Ero l’unico giovane aggregato alla squadra di Capello, è stata un’esperienza fantastica. Poi ho vissuto il primo Spalletti, ho fatto spesso il terzino».

A Roma c’è la sensazione che l’ultimo miglio, quello che porta al successo, sia quasi impossibile da percorrere. Colpa di chi?
«(risata, ndr). Non lo dirò neanche sotto tortura. Mi vuole male?»

Un commento sull’ultimo striscione in curva Sud contro la mamma di Ciro
«Vogliamo parlare dei cori al Franchi sull’Heysel, Pessotto e Scirea o nel derby quando hanno insultato la memoria di Superga? Certa gente non dovrebbe entrare negli stadi».

Questo Totti è un valore aggiunto o un peso per la Roma?
«Non scherziamo, un valore aggiunto. Come persona e come giocatore è da 10. E’ tutto il contrario di come lo dipingono. Francesco è educato, semplice. Gli anni per lui non passano mai».

Le chiedo un pronostico sulla finale di Coppa Italia Juve-Lazio.
«Chiunque vinca, non mi interessa».

Chi arriva secondo?
«La Roma».

E il Toro?
«Era impensabile aspettarci un campionato così, con il doppio impegno si poteva rischiare la retrocessione, ci stiamo mantenendo sui livelli dell’anno scorso, non abbiamo nulla da perdere, giocheremo per vincere come sempre».

Il segreto?
«Il gruppo. Ci vogliamo bene. L’impronta dell’allenatore si vede. Noi lo seguiamo».

Un aggettivo per Ventura?
«E’ il miglior insegnante di calcio che ho avuto in tutta la carriera, in campo è fantastico».

Obiettivi personali?
«Sto bene a Torino, il contratto scade nel 2016, spero di rimanere e sistemarmi qui. Mi piacerebbe giocare un po’ di più, non lo dico per fare polemica, è solo un’aspirazione».

Un rammarico?
«Non essere stato più chiamato in nazionale e non aver sfruttato al massimo l’occasione di giocare in una grandissima squadra. Ero al top, l’ultimo anno al Palermo nel 2011, c’era stato qualcosa con la Juve, ma a Del Neri non piacevo e hanno preso Barzagli, il miglior difensore italiano. C’era stata la possibilità di tornare a Roma o alla Fiorentina, non se ne fece nulla. Non mi posso lamentare».

L’attaccante più forte che ha marcato?
«Tanti, purtroppo nel 2007 quando ero al Genoa per colpa di squalifica ed infortunio non ho giocato contro Ronaldo, quello vero, il più grande di tutti, secondo solo a Maradona».

Da grande cosa farà?
«Spero l’allenatore, ho preso il patentino Uefa B».

Qual è il consiglio ad un ragazzino che vuole fare il calciatore
«Di pensare a giocare, a divertirsi e non ai soldi o alla fama. A me non piace il contorno, il casino, le polemiche, le cavolate che fanno quelli che hanno cambiato 10 squadre e baciano 10 maglie. A me interessa l’allenamento, la preparazione e la partita».
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