Per voi.... con tanto amore...!!!!

Calogero Santapasqua
00mercoledì 22 luglio 2009 22:40
Vergogna!
da www.dongiorgio.it
http://www.dongiorgio.it/pagine.php?id=1738&nome=politica

Siamo in mano ai barbari: xenofobi, rozzi, puzzolenti, duri di cervello…


Non c’è una faccia da leghista che mi sia simpatica. O meglio: che la possa sopportare senza provare una certa repulsione. (ed io, Calogero, mi associo).

Sul momento cerco di appellarmi con tutte le forze al mio sentirmi figlio di quel Padre che usa benevolenza verso tutti. Poi penso che anche il Padre celeste provi una certa difficoltà nel riconoscersi in certi suoi figli che tutto possono sembrare tranne che essere “a immagine e a somiglianza di Dio”.

Se è vero che Dio è la Bellezza in persona e se è vero che, come ha scritto un noto scrittore russo, sarà la “Bellezza a salvare il mondo”, allora aspetta e spera: in Italia con questo governo di leghisti fondamentalisti passerà un secolo prima che la bruttezza potrà essere lavata del tutto da una generazione nuova e “bella”.

Non so da che parte salta fuori questa razza, rozza e analfabeta. Sembrano provenire dai fondali marini. Come mostri truculenti. Oppure appaiono tanto insulsi da chiedermi: come sono arrivati ad essere “qualcuno”? Difatti, eccoli lì, in parlamento, a lordare un luogo che dovrebbe odorare solo di democrazia e dei diritti civili. Quando sento puzza, mi guardo attorno, e istintivamente cerco un leghista.

A parte l’elemento fisico che ha una sua importanza, ciò che è osceno è il modo d’essere di un leghista. Talora è un tutt’uno: faccia e culo. Non sai distinguerli. Ma il problema è che non trovi una benché minima ruga di umanità. Parlano, e ti viene da pensare che a parlare non sia il culo. Vedi Maroni, e pensi a uno scherzo della politica che talora si diverte a mostrarsi al rovescio. Che dire di Castelli, di Calderoli, per non parlare di Borghezio? Non ci sono parole con cui classificarli. Dico solo che mi fanno pena. Idioti a tal punto da far impallidire anche il sole. Non parliamo di Bossi: poveretto!, a furia di dire che ce l’ha duro si è rovinato proprio con il suo coso, e poi quasi quasi ci commuoviamo per la sua malattia, conseguenza di quel coso troppo duro.

Il problema non è questo o quell’individuo, che sia simpatico o no, che ispiri fiducia o meno, ma il vero problema è ciò che sta dietro, ovvero la cultura, diciamo pure l’ideologia o la fede in un qualcosa per cui il leghista dice di lottare e darsi da fare. Mi sto chiedendo da tempo che cosa in realtà fa della Lega quel partito di successo che tutti constatiamo. Ma la domanda riguarda gli attivisti. (Il popolo bue è un altro discorso). Credono in che cosa? Non s’accorgono che non hanno speranza? Non importa se il fenomeno Lega sembra sfidare qualsiasi previsione. Forse, proprio per questo, fa ancora più paura: la Lega non fa che fermare il tempo, rallentare il futuro, ridurre le speranze a un mucchio di ridicole garanzie da un nemico inventato quando fa comodo e nascosto quando fa comodo.

La Lega, se è vero che rappresenta e soddisfa gli umori della pancia della gente, è anche vero che non vede al di là, non eleva mai lo sguardo al sopra della cintola dei pantaloni, non capisce nulla di una Storia che è per natura profetica. So di usare una parola - profezia - che è sconosciuta al linguaggio leghista, il quale gode nel nutrirsi di latrina. Parlate di infinito, e loro ci fanno un campo di patate. Parlate di fratellanza universale, e loro pensano ai loro cavoli. Parlate di amore, e loro si toccano per vedere se è ancora duro. Parlate di giustizia, e loro dicono di avere un solo idolo, il capobanda che ha stravolto ogni diritto. Parlate di bene comune, e loro si sono chiusi in val padana, dove vige la legge del più furbo.

Mangiano, bevono, defecano, pisciano, cantano al pensiero di vedere finalmente i barbari sprofondati nel profondo del mare. Ma non sanno che i barbari sono loro: certo, barbari “democratici”, votati dal popolo deluso, frastornato, pronto a prendersi qualche rivincita al grido: Fuori gli stranieri!

Ma noi italiani chi siamo?

Approvo al 1000 per 100.... anzi!...
Calogero Santapasqua
00mercoledì 22 luglio 2009 22:43
L'odio
Movimento Antilega

Oggi alle 9.03
RispondiDal nostro blog:


http://blog.libero.it/Antilega/7419550.html


L'ODIO


Antonio ha dodici anni e le spalle piccole da adolescente. Quei suoni e quei profumi lasciati anni fa insieme alle facce amiche ritornano ogni giorno, ogni volta che sperimenta il disprezzo di chi lo incontra ogni volta che gli “altri” lo fanno sentire estraneo. A dodici anni non hai il concetto del tempo e delle distanze, ma il rifiuto lo senti come una frustata nell’anima. Ci sono uomini cattivi che parlano di supremazia, di razze, di salvaguardia delle tradizioni, e i loro figli sanno essere crudeli con i loro coetanei che sono ritenuti diversi. La diversità viene usata come un’arma per giustificare l’odio, per alimentare le divisioni e questo Antonio con le sue spalle piccole da adolescente non può capire. Lo comprende nelle parole sferzanti che sente a scuola per strada mentre cammina. Lo sente nell’odio degli altri che rifiutano ciò che lui tocca perché contaminato, nei richiami alla puzza, al fetore della povertà che viene evocata anche quando non si sente. Antonio non sa che un giorno quegli uomini potranno ammazzare, bruciare e scarnificare altri esseri perché ritenuti immondi in quanto inferiori. Antonio ha dodici anni e con le sue spalle piccole da adolescente è arrivato con la madre dal Veneto alla fine del diciannovesimo secolo nella terra della speranza. Ora pensate agli Italiani veneti, siciliani, lombardi e napoletani linciati, ammazzati in America durante la grande immigrazione da gente incappucciata per il solo fatto di essere stranieri. Riportate il vostro pensiero ad oggi ed immaginate i pronipoti di Antonio, cresciuti nell’opulenza e nella ricchezza, pensate a degli adolescenti a cui è stata tolta la memoria della loro storia. Bambini a cui nessuno ha mai raccontato le storie dei loro nonni, bambini cresciuti nell’illusione che la ricchezza come la povertà appartenga ad ognuno di noi per diritto e che gli “altri”, quelli che parlano un’altra lingua o un altro dialetto sono sporchi brutti e cattivi.
Immaginate Treviso e Antonio un bambino napoletano con le spalle piccole da adolescente, i suoi profumi, i suoi suoni, la gente che lo amava, lasciati oltre quella pianura a cui volge lo sguardo ogni volta che gli “altri” lo fanno sentire estraneo.
La mamma dice che Antonio è un bambino timido, che adora leggere nella sua stanzetta con i peluches. I compagni di classe hanno i loro bravi “maestri”. E’ la terra di Gentilini quello che vorrebbe “eliminare” i bambini Rom, quello che invitava i cacciatori a sparare agli extracomunitari travestiti da conigli. E poi ci sono i nuovi modelli quelli che fanno sorridere tanto la mamma ed il papà, quelli che con il bicchiere di birra cantano il loro odio contro i napoletani. Napoletani come Antonio.
E i bambini sanno essere cattivi quando il cuore è stato svuotato dalla memoria del sacrificio, quando nessun nonno ha raccontato loro chi era la loro gente. E così Antonio si ritrova offeso, prova l’odio degli altri che rifiutano ciò che lui tocca perché contaminato, i richiami alla puzza, al fetore della povertà che viene evocata anche quando non si sente.
Antonio è stato bocciato in seconda media, ma i professori parlano di un “bambino problematico”, le sue spalle piccolo da adolescente cominciano a portare il peso della vergogna di una società che ha dimenticato l’amore.
Ed ora immaginate che tutto questo sia vero.


DIFFONDETE.
GRAZIE A TUTTI!!!
Calogero Santapasqua
00mercoledì 22 luglio 2009 22:45
Divieto di pace
DAl nostro blog:
http://blog.libero.it/Antilega/7414402.html

Divieto di... pace.

Chi non ricorda Otello Celletti il vigile urbano romano magistralmente interpretato da Alberto Sordi? Il personaggio interpretato dall’Albertone nazionale era costretto a prostrarsi al potere del sindaco dopo essersi illuso che la divisa da lui indossata dovesse esprimere l'intransigenza dell'onestà. Era una macchietta amara e grottesca che rappresentava perfettamente l'Italia degli anni sessanta, dibattuta fra la ricerca di una nuova etica e l'arroganza del potere che vanificava ogni tentativo di normalizzazione. Non è molto diversa l'Italia di questi anni tra nani ballerine e sceriffi. È come se il filo conduttore della prepotenza, dell'arroganza e della prevaricazione avesse riportato indietro la nostra Italia di 50 anni: i potenti rimangono sempre potenti, mostrano i muscoli con i più deboli e i subalterni si sforzano di compiacere ai loro capi, dimenticando il “buon senso” che spesso riesce ad umanizzare una burocrazia, un'applicazione della legge troppo intransigente. Non conosco il nome del vigile che ha multato una “troppo ingombrante” bandiera della pace a Chiari (Bs), non so se abbia le fattezze di Otello Celletti e mi interessa poco se lo stesso provvedimento sia legittimo o meno. Fa in ogni caso riflettere come questa multa comminata a un gruppo di pacifisti, perlopiù bambini, donne e uomini che manifestavano liberamente e democraticamente per i diritti calpestati, sia il frutto della stessa logica: la compiacenza. Non va sottovalutato che il sindaco del comune di Chiari sia il senatore leghista Sandro Mazzatorta, già famoso per avere negato la residenza ad una famiglia Sinti con cinque bambini. Non è un fatto marginale proprio perché la negazione dei diritti legittima gli atti di forza nei confronti di quelle persone che per i diritti combattono. C'è da ricordare che la marcia della pace era stata autorizzata dalla questura di Brescia dopo che immotivatamente lo stesso comune di Chieri aveva rifiutato l'autorizzazione. L'Otello Celletti della bassa ha pensato bene di non notificare immediatamente il provvedimento nei confronti dei manifestanti. Il fatto risale alla fine dello scorso marzo e la notifica è arrivata agli organizzatori in questi giorni. È risaputo che i leghisti non amino i colori. Prediligono un mondo monocromo, monoculturale e richiuso su se stesso.
Multano i simboli della pace, forse un giorno multeranno i nostri tricolori gettati in faccia alla loro arroganza e forse sperano prima o poi di ridurci al silenzio. E se i kapò non avranno il coraggio di farlo troveranno i nuovi Otello Celletti che, rasseganti alla sconfitta del “buon senso” saranno pronti a genuflettersi ai piedi del potente di turno.

Calogero Santapasqua
00mercoledì 29 luglio 2009 18:54
Attacchi a Don Giorgio
Oggetto: attacchi a Don Giorgio

"Don Giorgio incomincia a diventare scomodo. Nella messa di Domenica il medico personale di Belrusconi durante la Comunione gli ha dato del "terrorista" e in questo momento ho assistito ad un servizio fascistoide su "Studio aperto" (il tg del papi per intenderci) in cui Don Giorgio veniva attaccato per le sue prese di posizioni antileghiste e antiberlusconiane. VERGOGNOSO!!! Cercano di zittirlo.
Piena solidarietà dal nostro Movimento. Diffonderemo il più possibile questo attacco del potere contro chi vuole far sentire la propria voce."


Ora sono io, Calogero, che parlo:
se riuscissimo ognuno ad esprimere le nostre opinioni sulla vicenda di Don Giorgio, e su quanto ho riportato circa i suoi discorsi, penso verrebbe una discussione interessante.

Sanza impegno.
Calogero

Calogero Santapasqua
00venerdì 31 luglio 2009 20:47
Ancora sulla questione della Lega
Dal nostro blog:
http://blog.libero.it/Antilega/7459823.html

Solidarietà a Don Giorgio: chi ha paura della verita?

Don Giorgio ha la faccia mite da prete di campagna, quelli che nel nostro immaginario ci riportano alla memoria i nostri nonni che raccontavano di una religiosità popolare ormai persa fra lussi e tradimenti. Come direbbe Guccini, Don Giorgio sembra appartenere ad un mondo di gente tirata su “a castagne ed ad erba spagna”, gente vera di quella che riserva le parole per le cose serie.

Ma ve lo vedete voi il nostro bravo Don Giorgio come “terrorista”? Ormai per i fascisti sono terroristi tutti quelli che hanno il coraggio di dissentire. I ragazzi che manifestano per il diritto allo studio come gli operai che rivendicato i loro diritti calpestati. Anche io in questo momento mentre scrivo sono un terrorista, termine nel senso lato che la destra attribuisce a quelle persone che hanno il coraggio delle proprie idee a chi non si appiattisce sul conformismo imperante.

Mi chiedo cosa abbia spinto uno stimato professionista, un medico di valore provato a recarsi l’altra domenica nella chiesa di Don Giorgio durante la messa. Mi chiedo cosa abbia spinto il dott. Alberto Zangrillo medico personale di Berlusconi ad alzarsi durante l’Eucarestia andare verso Don Giorgio e a dargli del “Terrorista”. Qual è la molla che spinge un ricco, un rappresentante del potere abituato a viaggiare con il Presidente del Consiglio a rivolgere ad un povero prete di campagna tutto il proprio odio ed il proprio disprezzo? La risposta è semplice: la paura. Il potere ha sempre avuto paura della verità.

Verrebbe da ridere a pensare ad un brillante medico che o per spirito servile o come “fidato sicario” si avvicina ad un anziano prete di campagna per dargli la “scomunica”.

E cosa preoccuperebbe così tanto i potenti, di cosa dovrebbero avere paura questi ricconi che si muovono in elicottero, auto di lusso e hanno a disposizione giornali e televisioni per potere pilotare le coscienze? Non certo qualche omelia particolarmente polemica a qualche centinaio di fedeli la domenica, né le forti dichiarazioni che Don Giorgio rilascia sulla rete. Fa paura quello che Don Giorgio rappresenta: un prete che non ha paura di apparire scomodo alla gerarchia ecclesiastica. Un uomo semplice tirato su “a castagne ed ad erba spagna”, che ha fatto della libertà il suo credo ed è alla continua ricerca dei valori originali ormai traditi del Vangelo.

Don Giorgio fa paura ai “papi boys” e ai legaioli perché incarna la semplicità della gente comune, e i suoi messaggi diretti senza fronzoli sono facilmente comprensibili. Fa paura perché è lontano anni luce da quei politici ingessati che parlano un politichese incomprensibile dove sembra che tutti sono amici, dove si è perso il senso del “nemico”. Fa paura perché è lontano anni luce da quei preti imborghesiti che hanno perso di vista il senso della loro missione, hanno perso di vista gli ultimi, i derelitti, e che si sono supinamente accontentati di compiacere ai potenti di turno.

Don Giorgio non conosce il “politically correct”, un delinquente è e rimane un delinquente, un ladro un ladro un razzista un razzista. E questa immediatezza fa più paura anche perché questo prete un po’ all’antica, da un paesino del lecchese ha scoperto che la lotta per un mondo più giusto, la difesa dei più deboli può passare attraverso nuovi mezzi, si può ampliare il proprio spazio, si può togliere il bavaglio, che ci è stato imposto, attraverso la rete. Don Giorgio non è diverso da altri preti coraggiosi come Don Vitaliano, Don Farinella, ma Don Giorgio può arrivare là dove gli altri non hanno tentato. Può raccogliere i consensi, può far sentire la propria voce lontano dal pulpito domenicale. Don Giorgio ha scelto la rete, la condivisione con i giovani che sono al momento i maggiori fruitori del web. I social network sono la nuova frontiera del confronto, la politica incomincia a fare i conti con questa nuova realtà e per Don Giorgio Facebook e youtube sono un’estensione della sua parrocchia. Ci vuole coraggio perché non sono vetrine asettiche e patinate come le poltrone di Vespa o l’intervita del pennivendolo di turno. In rete ci si incontra, ci si scontra senza filtri o compiacenze. Per Don Giorgio è un modo di scendere in mezzo alla sua gente, che non sempre è la stessa gente degli altri preti: atei, anticlericali, comunisti e mangiapreti. Il gruppo “amici di don Giorgio Decapitani” su Facebook in due mesi ha raggiunto già gli 800 membri. E da qui nasce la paura. La paura che una nuova frontiera di libertà si stia delineando, che il muro fatto di paura, rincoglionimenti televisivi dal potere stia lentamente scricchiolando.

Il re è nudo. Il re ha paura che questo si sappia. Don Giorgio non lesina critiche al vetriolo a Berlusconi e alla rozzezza e alla pericolosità della lega. Don Giorgio non si nasconde nel colpire duro una parte della sinistra, silenziosa complice della deriva di questa Italia. E questo lo fa per difendere gli ultimi, per dare un senso al suo abito e alla sua vocazione.

Il potere ha paura e incarica i “sicari”, mette in moto i pennivendoli per offendere, “scomunicare” e cercare di imbavagliare la voce del dissenso.

Ma noi non ci stiamo e ci poniamo al fianco di Don Giorgio, noi con tutti gli “amici di Don Giorgio Decapitani”, non lasceremo che una voce libera sia intimidita dalla potere perché se questo dovesse accadere ognuno di noi sarà meno libero. E questo non possiamo permetterlo.


DIFFONDETE!!!
GRAZIE A TUTTI

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