PASTIERA NAPOLETANA

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ariadipoesia
00venerdì 12 novembre 2004 10:57
Per il ritorno della primavera le sacerdotesse di Cerere portavano in processione l'uovo, simbolo di vita nascente.

La pastiera risale all'epoca di Costantino il Grande, durante la quale si diffusero focacce rituali al latte e miele, che i catecumeni ricevevano nella notte di Pasqua al termine della cerimonia battesimale.

La ricetta attuale sarebbe opera di una ignota suora che volle, in questo dolce, simboleggiare la Resurrezione, unita al profumo d'arancio del giardino conventuale.

Alla ricotta immacolata la religiosa unì una manciata di grano, che risorge dorato dalla terra, e aggiunse le uova, classico simbolo di nuova vita; il cedro, gli aromi orientali e l'acqua "mille fiori" ricreavano il profumo di primavera.

Pasticcere particolarmente quotate sulle tavole patrizie erano le suore del convento di San Gregorio Armeno, che confezionavano le migliori pastiere per gli abitanti più influenti delle città vicine.



PASTIERA NAPOLETANA

Ingredienti
Pasta frolla:
300 g di farina
150 g di gradina
100 g di zucchero
1 cucchiaio di marsala
buccia di 1 limone grattugiata, sale

Ripieno:
500 g di ricotta
250 g di grano in barattoli
350 g di zucchero
100 g di cedro e arancia conditi
50 g di burro
1 bicchiere di latte
6 uova intere e 2 albumi
cannella, 1/2 cucchiaio di acqua di fiori

Crema:
2 tuorli
2 cucchiai di zucchero
1/4 di latte
1 cucchiaio di farina
vaniglia, buccia di limone


Preparazione [SM=x557386]

Preparate la pasta, ponendo la farina a fontana sulla spianatoia e amalgamando bene tutti gli ingredienti, fino ad ottenere un impasto omogeneo.

Mettete la pasta in frigo avvolta nella pellicola, per almeno 30 minuti. Per la crema, mettete il latte in un tegame, aggiungete i due tuorli, lo zucchero ed un pezzo di buccia di limone (che toglierete alla fine); passate nel colino e mettete sul fuoco, mescolando, fino a quando non si sarà addensata (non deve raggiungere il bollore).

A parte, cuocete il grano con circa 50 g di latte, 30 g di gradina e la buccia grattugiata del limone. Mescolate fino a quando il composto diventerà cremoso e omogeneo.

Sbattete con la frusta elettrica i 6 tuorli con lo zucchero, aggiungendo la ricotta passata al setaccio, la crema , i canditi a pezzetti, l'acqua di fiori e, per ultimi, gli albumi (6+2) montati a neve, mescolando dolcemente. Togliete la pasta dal frigo, imburrate ed infarinate leggermente una teglia e foderata con la pasta fin sopra i bordi.

Versatevi il composto, decorate con strisce che otterrete dalla pasta e ponete in forno già caldo a 180°C per circa 2 ore.

Controllate con uno stecchino di legno che l'interno sia asciutto, prima di sfornare.



[Modificato da ariadipoesia 12/11/2004 11.02]

ariadipoesia
00venerdì 12 novembre 2004 11:24
Si narra che la sirena Partenope incantata dalla bellezza del golfo, disteso tra Posillipo ed il Vesuvio, avesse fissato lì la sua dimora. Ogni primavera la bella sirena emergeva dalle acque per salutare le genti felici che popolavano il golfo, allietandole con canti d'amore e di gioia.
Una volta la sua voce fu così melodiosa e soave che tutti gli abitanti ne rimasero affascinati e rapiti: accorsero verso il mare commossi dalla dolcezza del canto e delle parole d'amore che la sirena aveva loro dedicato. Per ringraziarla di un così grande diletto, decisero di offrirle quanto di più prezioso avessero.
Sette fra le più belle fanciulle dei villaggi furono incaricate di consegnare i doni alla bella Partenope: la farina, forza e ricchezza della campagna; la ricotta, omaggio di pastori e pecorelle; le uova, simbolo della vita che sempre si rinnova; il grano tenero, bollito nel latte, a prova dei due regni della natura; l'acqua di fiori d'arancio, perché anche i profumi della terra solevano rendere omaggio; le spezie, in rappresentanza dei popoli più lontani del mondo; infine lo zucchero, per esprimere l'ineffabile dolcezza profusa dal canto di Partenope in cielo, in terra, ed in tutto l'universo.
La sirena, felice per tanti doni, si inabissò per fare ritorno alla sua dimora cristallina e depose le offerte preziose ai piedi degli dei. Questi, inebriati anche essi dal soavissimo canto, riunirono e mescolarono con arti divine tutti gli ingredienti, trasformandoli nella prima Pastiera che superava in dolcezza il canto della stessa sirena.
Si racconta che Mariateresa D'Austria, consorte del re Ferdinando II° di Borbone, soprannominata dai soldati "la Regina che non sorride mai", cedendo alle insistenze del marito buontempone, famoso per la sua ghiottoneria, accondiscese ad assaggiare una fetta di Pastiera e non poté far a meno di sorridere, compiaciuta alla bonaria canzonatura del Re che sottolineava la sua evidente soddisfazione, nel gustare la specialità napoletana. Pare che a questo punto il Re esclamasse: "Per far sorridere mia moglie ci voleva la Pastiera, ora dovrò aspettare la prossima Pasqua per vederla sorridere di nuovo".
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