PARIGI BRUCIA

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antobrun
00mercoledì 9 novembre 2005 20:33
In questi giorni in molti stanno cercando di capire cosa stia succedendo in Francia; allo stesso tempo molti altri stanno cercando invece di imporre le loro spiegazioni sui media.



Finora le spiegazioni provenienti da destra sono state principalmente due: - quello che succede è il risultato della –troppa- differenza culturale tra i cattivi rivoltosi immigrati e la civile Europa, leggasi la loro presunta origine islamica - quello che succede è il risultato del fallimento del –melting pot- l’incubo di ogni razzista che si rispetti.
Le cose non stanno così, e la cronaca si premura di smentire queste interpretazioni avventurose; gli Imam che sono intervenuti sbraitando fatwe sono stati mandati a scopare il mare, e il melting-pot si è rivelato compatto accanto a chi protestava, rifiutando la criminalizzazione offerta dai politici in generale, e di quelli di destra in particolare.
Chi vede nei fatti di Clichy una rivolta di classe, è probabilmente chi si avvicina di più alla realtà. La storia di questi anni non fa che confermare l’avanzamento delle politiche liberiste, e la creazione di una classe sempre più vasta di diseredati e di gente senza futuro.

Tutto l’armamentario politico delle destre liberiste, ora assunto anche da vasti settori dei professionisti politici della sinistra internazionale, è fondato su un paradigma che prevede l’abolizione delle leggi a tutela dei soggetti deboli, e la “liberazione” della forza del capitale transnazionale o locale dai limiti precedentemente impostigli da poteri sicuramente più democratici.

Questo procedimento dovrebbe permettere a chi ne ha la forza di farsi lupo tra gli agnelli, arricchirsi, e “creare” quindi ricchezza destinata a cascata su tutti. In realtà la demolizione delle regole che limitano l’avidità capitalistica da luogo a vere e proprie rapine ai danni dei soggetti deboli. Tutto viene poi peggiorato dalla teoria che vuole ridurre la spesa sociale per “liberare” (anche qui) risorse destinate ad arricchire ancora una volta gli accedenti ai circoli elitari.



Si crea così un mondo nel quale popolazioni sterminate appoggiano unicamente le loro speranze future, sulla voglia o l’interesse che può avere una multinazionale allo sfruttamento di un territorio e della sua popolazione.

Se non arriva il capitalismo "liberato" ad offrire posti di lavoro sottopagati, le persone non hanno che da rassegnarsi ad una vita fatta di nulla in un deserto sociale assoluto.

La politica diventa luogo di mediazione degli interessi delle elite, e la gran massa della popolazione non ha più voce in capitolo sul proprio destino; le decisioni che impattano sulle vite dei popoli vengono prese lontano da qualsiasi controllo popolare; in sedi non-elettive alle quali accedono solo i cooptati: il controllo dei media chiude il cerchio e restituisce solo interpretazioni convenienti al sistema.

Qui interviene la fase 2, quella mai dichiarata, del sistema di dominio del liberismo elitarista. Come si gestisce la massa derubata e abbandonata a se stessa, quando comincia a dare segni di irrequietudine?

Verrebbe da dire alla maniera di Maria Antonietta, come se la storia del ‘900 fosse passata invano con il suo carico di tragedie.
Il liberismo elitarista gestisce le crisi sociali devastanti che procura in due maniere: con la violenza e con la manipolazione dell’immaginario volta a criminalizzare la protesta.

Se la violenza contro le proteste è spesso assolutamente ingiustificata, ma raramente è ancora trascesa alla macelleria, la violenza mediatica e la manipolazione dell’immagine di chi protesta sono invece assolute.

Parecchi casi di violenza poliziesca, in Europa, hanno trasceso i limiti costituzionali che le stesse forze dell’ordine sarebbero chiamate a far rispettare. Forse solo il governo fascista italiano, in occasione del G8 genovese, ha clamorosamente stracciato la legalità costituzionale per punire con la violenza chi protestava, facendo inorridire tutti gli altri paesi; ma sicuramente tutti i governi dei maggiori paesi europei sono colpevoli di offendere illegalmente e quotidianamente i loro cittadini. In questo coadiuvati da una propaganda mediatica ossessiva.

A Clichy la gente ha sfilato perché non succedesse più che due ragazzini dovessero morire per niente. “Morti per niente” era lo slogan della marcia silenziosa all’indomani delle due morti provocate dalla paura della polizia. “Vivere per niente” è l’altra faccia della medaglia di chi è escluso ed abbandonato dallo stato sociale, parcheggiato nel nulla a guardare in TV il mondo degli –have- dall’abisso degli –have not-.

Vivere non avendo alcun controllo sul proprio destino, ma neanche sul proprio territorio, o sulle condizioni del proprio lavoro o dell’ambiente che li circonda; questo è il destino di chi ha subito in questi anni le politiche decise in consessi sempre più lontani dalla democrazia e dalla partecipazione.

Una vita ancora più buia quando non puoi nemmeno protestare.
Da molto prima di Genova G8 si è affermato uno schema immutabile, alle proteste si reagisce con fermezza, ma, soprattutto, chi protesta è un delinquente, infrange la “legalità” e ha sicuramente criminali motivi nascosti e/o è sobillato da “criminali”.



E’ andata così a Genova, e basti pensare ai milioni di parole spese sul famigerato “black block” (dov’è il black block? Dove è svaporata quella “organizzazione criminal-terroristica in quasi sicura combutta con islamici e Br?), dove la sospensione dei diritti ed il massacro degli innocenti sono stati descritti come la conseguenza della calata dei barbari; ed è così a Clichy e ovunque, in Francia, come in Cina, negli Stati Uniti come in Italia.

La gente di Clichy chiede di poter vivere per qualcosa, di avere una speranza, una possibilità, uno scopo, i servizi minimi necessari alla sopravvivenza.

Le elite che da tempo sono impegnate a fornire solo “sicurezza” ai propri interessi, hanno organizzato la solita recita a beneficio dei benpensanti, ben pasciuti, o almeno di quelli che sono sopravvivono alla trasformazione in poveri, quindi barbari.

Ecco allora che a fomentare le proteste di Clichy prima c’erano i musulmani cattivi, e ora c’è il “crimine organizzato”.
Nessuno parla delle richieste degli abitanti di Clichy e delle altre periferie, nessuno ha visto le loro magliette, i loro volti; tutti invece hanno visto benissimo i fuochi, i volti coperti dei ragazzi sfogano il loro malessere nell’unico confronto offerto loro dallo Stato, quello con le forze dell’ordine, o nella gara con i pompieri.
Nessuno ripete la loro richiesta di dimissioni del Ministro dell’Interno Francese; non è sufficientemente “barbara” e potrebbe creare imbarazzi.

Anche da noi funziona così; negli ultimi anni tutti fenomeni di protesta sono stati criminalizzati sistematicamente, e un po’ di botte le hanno prese un po’ tutte le categorie sociali o tutti i movimenti di protesta.
Criminale, una classe politica apertamente criminale e che se ne frega platealmente di qualsiasi ostacolo posto dalla “legalità”, definisce la quasi totalità della popolazione “criminale”; e la tratta di conseguenza.

Sono stati criminalizzati tutti, dai tranvieri milanesi, agli operai di Melfi, e poi via per una lista infinita, dalle proteste locali a quelle dei lavoratori di mille realtà, denunce come se piovesse e qualche manganellata per trasformare le legittime richieste in una discussione sulla “violenza”, dei manifestanti, mica di chi li picchiava.

Criminali a Scanzano, davanti ai Cpt, davanti agli allevamenti-lager, ad Acerra. "Eversori" quelli che chiedevano riduzioni dei prezzi degli articoli di prima necessità nei supermarket, o l'accesso scontato agli spettacoli.
Siamo un paese di criminali percorso da orde di barbari criminali che sfilano per le strade.

Esemplare il caso delle proteste per la Tav in Val di Susa; la popolazione si schiera compatta in mezzo alle strade per impedire il lavoro di chi deve prendere le misure ai cantieri. Si schiera tutta, con i gonfaloni e le autorità in prima fila.
Il governo, poiché l’ordine pubblico è faccenda governativa, decide il ricorso alla forza e mena i manifestanti assolutamente pacifici, sindaci compresi.

Il giorno dopo li ricopre di denunce lunari, addebitando loro capi d’imputazione gravissimi.

Perché chi gestiva l’ordine pubblico non ha semplicemente deciso di rinviare le operazioni? Cosa impediva di effettuare i rilevamenti previsti tornando in un giorno a caso, senza dare preavviso a nessuno e senza ricorrere a violenze e denunce?

Lo impedivano le regole secondo le quali i politici che sostengo il disegno liberista reagiscono alle proteste che loro stessi generano; cioè quelle per le quali alle proteste, alla ribellione ai disegni delle elite, si risponde con la violenza e la menzogna. Cosa possono dare questi governi alla gente che hanno deciso di spogliare?
Nulla, perché per questa gente nel modello liberista non è previsto nulla.

E’ per quello che il governo francese ha definito canaglia chi protestava, è per quello che ora si risponde con il coprifuoco al dilagare della rivolta, paradossalmente amplificata dallo stesso meccanismo messo in piedi per stigmatizzarla; nel tentativo di fornire un’immagine negativa e di generare paura, l’apparato mediatico, in realtà contribuisce anche a diffondere la collera e l'esempio, che si diffonde da Clichy ad altri luoghi simili.

Barbari; chiamano barbari persone che hanno chiesto le dimissioni di un ministro impresentabile che ha offeso i propri cittadini; chiamano barbari persone che si ribellano alla prepotenza e ad una vita indegna di essere vissuta in luoghi che ormai sono serbatoi di disperazione a perdere.

Anche negli Stati Uniti gestirono la crisi di New Orleans così; alle prime proteste per l'assenza di soccorsi il governo rispose inventandosi episodi di “barbarie” a tutto spiano; si parlò di barbarie e il governo distolse l’attenzione pubblica dalle proprie inefficienze scatenando le truppe a caccia di sciacalli, assassini e stupratori che non esistevano.
Le barbarie di New Orleans, tutte quelle che vi hanno raccontato, non sono mai esistite; mentre esisteva l'abbandono dei poveri neri e il crimine dell'indifferenza governativa.

Anche in Italia c’è un ministro (fosse solo uno) che chiama “fannulloni” gli abitanti della Val di Susa, e ci sono giornali che inventano storie di oscuri “lupi grigi” della valle, costruendo sulla figura di un anarchico perseguitato, quella dell’entità malvagia che complotta dal buio dei boschi. Si deve creaare il cattivo per poterlo combattere, per arruolare a proprio favore le mandrie che ancora hanno un prato da brucare; e quando l’islamico proprio non si può infilare in Val di Susa, ecco allora l’anarchico.
O le “infiltrazioni” oscure nelle proteste. Oggi Pisanu parla di "estremisti" che hanno infiltrato le proteste per la Tav e anche quelle degli studenti. Tutto il mondo della scuola protesta, dai rettori ai bidelli agli studenti, ma lo fanno perchè sono "infiltrati", figurarsi. Sono gli "infiltrati" che avrebbero "provocato scontri di fronte alle sedi del Governo"; tanto tutti hanno dimenticato che gli unici "scontri" con gli studenti sono stati provocati da alcuni poliziotti, e non erano davanti alle sedi del Governo, e nemmeno sono stati "provocati dagli infiltrati", non fanno più fede nemmeno le scuse delle forze dell'ordine per il comportamento indegno dei poliziotti coinvolti in quello che in realtà è stato un estemporaneo pestaggio a freddo.

Le manifestazioni finiscono in televisione solo se ai manifestanti possono essere attribuite "violenze", solo se si prestano in qualche maniera ad essere criminalizzate. Tutto pur che non si parli dei motivi delle proteste, di solito molto condivisibili da chiunque sia dotato di media intelligenza.

La realtà è fatta diversamente; il liberismo ha di fatto provocato la demolizione delle politiche sociali in tutto il mondo; la legalità per le elite non esiste, per loro non ci sono limiti, non ci sono responsabilità delle quali rendere conto; mai, e in nessun paese.

In questo clima il “mercato” è sempre di più un luogo dove il più grande, il più ricco, il più potente fa quello che vuole. Quasi ovunque la classe politica si occupa ormai esclusivamente di far concludere a questa gente ottimi affari sulla pelle degli amministrati. I governi che in apparenza riducono le tasse, in realtà ne istituiscono di carissime a vantaggio delle grandi concentrazioni di capitale; creano flussi di rendita che come un tubo per i salassi succhiano il sangue dei tanti e lo conducono a rafforzare le concentrazioni.

Svendono il patrimonio pubblico, ed i beni comuni, a beneficio dei furbetti del quartierino; sia il patrimonio immobiliare pubblico o l’acqua.

Nel nostro paese molti mercati, da quello delle banche a quelli delle assicurazioni, delle telecomunicazioni, dell’energia hanno realizzato, grazie alla complicità dei politici, un regime di monopoli estorsivi che costa ai cittadini più delle tasse.

Un regime fatto di guadagni illeciti, protetto dall’omertà dei media sempre pronti a criminalizzare i cittadini con immagini granguignolesche, e a trattare con algida tecnicalità le rapine della grande finanza.

Nella storia di questi anni, come sempre nella storia, le persone che scendono in piazza lo fanno perché si sentono vittime di una ingiustizia.
Perché si oppongono ad un modello sociale, ma prima ancora perché spinte da condizioni di vita insopportabili. Sono manifestazioni scatenate dalla necessità, spesso pre-politiche, di certo non ideologizzate.
Sono le proteste di chi è derubato del proprio futuro, e anche delle poche speranze.

Non a caso quest'anno, in Italia, hanno scioperato tutte le categorie sociali senza esclusione alcuna; barbari? Bolscevichi? Teppa?

Quelli che hanno determinato la rovina di chi protesta, gente che non è stata scelta democraticamente, ma cooptata in una oligarchia elitarista, reagiscono con protervia, violenza e bugie. Non devono rendere conto a nessuno. Loro non sono barbari.

Sempre più gente è stanca di questo andazzo, di queste bugie, delle truffe, della banalità di un sogno di plastica, di comprare perline in cambio di sangue sputato in vite durissime. Stanca di non contare niente, di decisioni che sfuggono ad ogni controllo democratico e che possono solo subire.

E si ribellano, e a volte vincono; spesso vincono quando decidono di non mollare; vincono perché sono di più, sono quei popoli che si sono dimenticati di essere, una massa educata all’individualismo e alla rincorsa dell’effimero acquisto, che però è sempre una massa.

E quando si muove perché derubata, oppressa, derisa, la massa travolge facilmente la risposta securitaria organizzata a beneficio dei media.

Per ogni ricco creato dalla redistribuzione liberista sono stati creati moltissimi poveri, più di quanti i ricchi possano assumere a difesa dei propri averi; un numero sterminato che continua a crescere. I cittadini in tutto il mondo chiedono pane, vengono loro offerte ingiustizie e una marea di balle più che manifeste.

La corda della storia appare molto tirata, il coprifuoco in Francia non è solo la spia della ottusa reazione di un governo di aristocratici burocrati fuori dal mondo, ma è anche un evento epocale che segna il nuovo secolo in Europa, che come il precedente pare aprirsi con l’esplosione di una ribellione popolare contro un sistema che ha rimesso insieme gli stessi difetti di quello retto una volta dai padroni delle ferriere.

Il coprifuoco contro i propri cittadini può essere superato solo dagli spari sulla folla.

I grandi ladri invocano la “legalità”, e chiamano la polizia quando i derubati alzano la voce, e tra la gente che si sente impotente, quella che sa di non contare nulla, cresce sempre di più la rabbia.

Parole come quelle di Sarkozy o come quelle di Pisanu sono criminali; chi sostiene le loro palle è un criminale.
La responsabilità delle proteste non può essere sempre fatta risalire ad oscuri complotti; le responsabilità risiedono ove risiede il potere dei vero criminali che hanno svuotato del tutto il significato della parola democrazia.

Chi ancora è preoccupato per la democrazia è accanto a chi marcia nelle strade e nelle piazze; chi ha altri interessi è schierato compatto dietro le elite, protetto solo dalla polizia e dai media.

Sono sempre di più quelli che dicono di no all'immaginario spacciato da questi venditori di fumo, e il pericolo che gli assediati vogliano alzare il livello dello scontro è reale ed attuale; tutto ci dice che di fronte al montare delle proteste si sceglie di reagire alzando il livello dello scontro, producendo altre ingiustizie, altre rabbie, altre delusioni.

Quelli pericolosi stanno nei palazzi, non per le strade; quelli pericolosi non si espongono, vivono in un mondo invisibile e sottratto ad ogni controllo, non nelle periferie, non nelle baracche.
I criminali non sono i poveri ed i disperati, ma siedono alla tavola del potere.
Hanno devastato il nostro passato, il nostro presente ed ipotecato il nostro futuro, e ora sono pronti a difendere i frutti delle loro rapine con la forza.
Questi sono i veri barbari.
uovokinder
00giovedì 10 novembre 2005 10:39
Chissa' quanti leggeranno questo topic e lo capiranno... [SM=x751554]
-Giona-
00giovedì 10 novembre 2005 10:44
Molto bene. Se la democrazia è un'illusione, qual è l'alternativa? La legge del piú forte? Ha ragione chi picchia piú forte o uccide piú nemici? Siamo sicuri che sia questo l'interesse dei piú deboli?
[SM=x751579]
antobrun
00giovedì 10 novembre 2005 15:35

Nel chiamarle “rivolte”, l’ immaginazione popolare le associa ad incendi ed altri tipo di disastri incontrollabili. E’ come se i francesi siano semplicemente messi di fronte allo scoppio di un’agitazione civile, e qualcuno dei ranghi del governo sapra’ esattamente come domare la tempesta entro i prossimi giorni.
Queste non sono “rivolte”. Questa e’ una ribellione sociale, concentrata in decenni di regole dell’ imperialismo francese, ultra-capitalista e di politica razzista nel proprio paese. Dopo il processo di “ deconolizzazione” terminato in Africa ( stranamente lasciando le ex colonie dipendenti dalla Banca di Francia per la politica monetaria ed alla autonomia decisionale dell’esercito Francese), ai colonizzati doveva essere offerta la possibilita’ di vivere in Francia come compensazione per la distruzione che ando’ avanti per tutto il periodo dell’ era imperialista.

Questo, inevitabilmente, si e’ rivelato niente piu’ che un osso che la Francia ha tirato ai loro dipendenti per farli stare tranquilli. L’ idea e’ questa: diamogli delle case scadenti e merdose lontano dalla metropoli di Parigi, diamogli un salario di lavoro minimo, e speriamo che si zittiscano.

Ovviamente, “loro”[i colonizzati NdT] non si sono zittiti. La consistente popolazione immigratoria del nord delle Banlieu e’ cresciuta stanca di essere messa a tacere. Cosa volete ancora, non c’e’ niente di nuovo in tutto questo. Durante lo scorso decennio, la rivolta urbana e’ stata un regolare, se non comune accadimento. Incendi, macchine esplose, indiscriminati atti di violenza, e vandalismo sono tutti parte della vita del quartiere piu’ trascurato di Parigi.


Tutte le case con il codice postale che inzia con il “93 “ nei sobborghi del nord sono sempre state la destinazione degli individui piu’ poveri che non dovevano essere sistemati all’ interno della citta’ o negli aristocratici sobborghi occidentali e meridionali. Inoltre questo tipo di distretti in ognuna delle maggiori citta’ del mondo, sono sempre stati oggetto da parte del governo di un tentativo di cancellazione dalla mappa. Essendo di Chicago, mi e’ abbastanza familiare questa tecnica, adottata dal totalitarista sindaco Richard Daley, per ripulire le palazzine pubbliche, rimpiazzarle con una tediosa fila di condomini costosi, costruire intrattenimenti pubblici per attrarre abitanti snob, e poi pubblicizzare al mondo che avete aiutato a ricostruire la citta’. A nord di Parigi, il copione e’ stato seguito quasi alla lettera. La costruzione di megamagazzini come Ikea e The Gap tra il “93” e l’ aereoporto Charles de Gaulle dette il via all’ usurpazione di queste povere comunita’. Poi venne la costruzione dello Stade de France in tempo per il Campionato del Mondo del 1998 a Saint-Denis ( proprio al confine della regione piu’ a rischio). Le ultime sarebbero state le Olimpiadi Estive del 2012 per alcune aree, che sarebbero state cementificate a completamento del grande progetto di “ rivitalizzazione urbana “ del problematico distretto.



Sfortunatamente per Chirac e Co., le cose non sono andate secondo i piani. Forse l’inattesa sconfitta a Londra nella gara di assegnazione delle Olimpiadi [ la cui organizzazione e poi stata aggiudicata alla citta’ di Londra il giorno prima degli attentati alla metropolitana del 7 Luglio ’05 NdT] puo’ essere vista come una sottile metafora per il fallimento dell’ amministrazione governativa nell’ uccidere le povere comunita’.
Comunque, la frustrazione della Francia per aver perso la possibilita’ di ospitare i giochi olimpici non e’ niente paragonata alla frustrazione di chi discende da tre generazioni di residenti francesi, solo per il fatto di essere stati esclusi dalla principale struttura della societa’ e del governo. Gran parte della frustrazione dei rivoltosi e’ stata diretta contro il Ministro delle Finanze Nicolas Sarkozy, spesso chiamato "Sarko" dalla disaffezionata gioventu’. Egli e’ colui che rilascio’ un aspra dichiarazione pubblica che accese i fuochi della rabbia dietro l’attuale rivolta. Tra le altre cose, Sarko e’ noto per esserci spesso riferito ai residenti del 93 come racaille (plebaglia), o feccia. Minaccio’ di ripulire le strade del quartiere con gli idranti incolpando i residenti di aver istituito una cultura depravata fatta di crimini di strada e pesante uso di droga. Egli e’ il secondo uomo nel governo dopo il Primo Ministro Dominique de Villepin, e cosi’ la sua dichiarazione ha avuto un grande impatto.

La stampa di governo, sia essa di “destra” o “sinistra”, ha fatto del suo meglio per trasformare falsamente questa storia in un altro frammento dello “ scontro tra civilita’ ”.
Senza dire quanto, tendono a intervistare persone con ovvi nomi arabi sul posto, per continuare poi a parlare della storia dell’ immigrazione Algerina e Tunisina in quell’ area. Basta leggere quello che dicono gli intervistati per rendersi conto che questo non ha niente a che fare con il controverso dilemma dello scontro di civiltà . Gli intervistati non parlano della morte dell’Occidente, e del loro disgusto per le regole liberal democratiche giudeo-cristiane. Parlano della loro ripugnanza per l’ esclusione socio-economica.
Questo non ha niente a che fare con la civilizzazione: questo ha a che fare con la corsa selvaggia del capitalismo che calpesta i diritti umani di migliaia di membri della societa’ francese.

Ascoltate le voci della rivolta. Zaid, 20 anni, riporta L’ Indipendentit di Londra del 4 Novembre, dichiara: “ E’ difficile sedersi qui e guardar passare i ricchi a bordo dei loro costosi veicoli. Loro hanno tutto e noi assolutamente niente.”

Nell’ edizione del 5 Novembre dell’ Indipendent, Kamel, 16 anni, dice:” Anche da quando Sarko e’ entrato al governo, la vita e’ stata di merde. Ci ha trattato come cani – Bene, gli faremo vedere quanto i cani possono reagire!”.

Potrei riportare una dozzina di questo tipo di citazioni, nessuno di loro usa una metafora culturale o religiosa per indicare uno scontro di civiltà.

Sebbene gran parte della popolazione di quel sobborgo sia composta da arabi nord africani, essi non rappresentano l’intera storia. L’altra meta’ della popolazione a nord di Banlieu e’ costituita da Neri, immigrati da diverse parti del mondo, e da sporadiche famiglie povere francesi. Questo e’ un ampio spettro della popolazione che si sta sentendo esclusa.
Non c’e’ bisogno di tirar fuori le argomentazioni di Samuel Huntington* per capire perche’ il sentimento di disperazione e’ cosi’ forte in queste aree. Basta usare il buon senso: la grande popolazione povera ed immigrata in queste aree e’ fatta per vivere nel pericolo, in condizioni disagiate , non gli e’ permesso di praticare le proprie tradizioni culturali d’appartenenza grazie alla dominante cultura sciovinista della societa’ francese, e non gli e’ neppure concessa una piccola rappresentanza nel Congresso prevista invece per le minoranze americane e britanniche. Appare abbastanza chiaro che se tratti una significativa parte della tua popolazione in questo modo così discrminatorio per lungo tempo, essi si ribelleranno.

Cio’ che e’ iniziato come un apparente disordine sociale contenibile nel breve periodo in risposta alla morte di due giovani ragazzi mentre erano inseguiti dalla polizia la scorsa settimana si e’ trasformato in una rivolta nazionale. Le aree problematiche si sono estese a Tolosa, Marsiglia, Strasburgo, Nantes, ed altri luoghi del paese, adattati a contenere la demografia ultra-esclusa del nord di Banlieu.
La piu’ comune forma di rivolta si e’ manifestata con auto date alle fiammme, ed il danno piu’ grosso ha coinvolto un rivenditore della Renault a Aulnay-Sous-Bois. Le scuole, i grandi magazzini, gli edifici del governo sono stati presi di mira. La stampa fiancheggiatrice del governo ha fedelmente enfatizzato la giovane eta’ dei ribelli, cosi’ da delegittimarne gli eventi. Ogni nuova violenza e’ stata paragonata a “ rivolte fotocopia “, come se questi responsabili non stiano pensando a nient’ altro se non ad imitare coloro che gli hanno preceduti. Questo e’ un punto totalmente irrilevante fino ad adesso perche’ la caratteristica della “ rivolta fotocopia “ non necessariamente cambia il quadro predominante: rabbia, alienazione, ed un cospicuo segmento della popolazione giovane che niente di meglio ha da fare che dichiarare guerra alla Francia.

La guerra si e’ sviluppata sugli evidenti contrasti della societa’ francese. Il centro della citta’ di Parigi e’ uno dei piu’ ricchi del mondo, con l’esclusiva zona Ovest dagli Champs Elysées, giu’ per il distretto della Torre Eiffel, fino all’ ultra aristocratico 16th Arrondissement (distretto). Mentre Parigi riposa felicemente nella ricchezza, costruita sul turismo e dinastie familiari, i sobborghi lavorano duramente per ogni pasto. Se sono abbastanza fortunati da trovare lavoro( qualche volta nei sobborghi la disoccupazione arriva fino al 50%), allora spesso lavorano 12 ore al giorno, sette giorni a settimana, solo per mantenersi una vita decente. Mantengono la Francia gestendo negozi all’ angolo o facendo i turni nel settore industriale, e ricevono soltanto odio in cambio. I loro genitori e nonni riuscirono a sopravvivere al frequente assalto imperialista francese in Africa, ed adesso sono fatti per sopravvivere all’ immorale assalto del rude capitalismo.

La Francia ha sempre catturato l’immaginazione dei ribelli. Molti credono che la Rivoluzione francese sia stata il primo esempio di rivoluzione social-popolare. Fu seguita a Parigi dalla ribellione sociale del 1848, la sommossa dei lavoratori del 1871, e la rivolta studentesca del 1968. Nel 2005, Parigi sta bruciando per mano della popolazione proletaria dei tempi moderni. Non chiamtele rivolte! Questi non sono boschi in fiamme.
Questa e’ una ribellione in diretta.
Granduca di Milano
00sabato 12 novembre 2005 09:05
Ma veramente questi idioti piromani e assassini distruggono oltre ai simboli dello stato anche proprietà di persone che vivono nella loro stessa situazione.
Perchè se è vero che sia una rivolta sociale covata in decenni di soprusi ( quali me li devono spiegare ) non sono andati a bruciare l'Eliseo?
Questa è gente che non si inserirà mai in una società di qualsiasi colore perchè vogliono tutto e non si accontentano della vita che fanno milioni di persone, io pure sono nato e vissuto per parecchio tempo in una periferia ma non mi sono mai sentito emarginato. [SM=x751531]
antobrun
00lunedì 14 novembre 2005 09:36
chiunque abbia a cuore la rivoluzione e la ribellione al sistema capitalistico dovrebbe andare a Parigi.
rex ussaro sestilius
00lunedì 14 novembre 2005 18:53
e chiunque abbia a cuore la storia e la cultura europea dovrebbe spazzare via quella feccia!


balmungx
00lunedì 14 novembre 2005 21:19
Re:

Scritto da: antobrun 14/11/2005 9.36
chiunque abbia a cuore la rivoluzione e la ribellione al sistema capitalistico dovrebbe andare a Parigi.


ahimè ho un cervello e me ne sto in italia [SM=x751526]
La francia sta pagando il fatto di aver condotto una sorta di nuova schiavitu negli anni 50-60, quando andavano con le navi cargo a prelevare la gente per portarla a lavorare. Sta pagando il fatto di essersi limitata ad ammassare la gente come merce nella periferia ecc, i francesi pagano il fatto di essersi sempre chiusi alla comunità internazionale, vedi uscita dalla nato e spirito anti europeo.
Il porco di chirac ci ha definiti "cugini poveri", beh vediamo adesso come se la cava [SM=x751526]
Non vedo alcuna lotta di classe o altro, vedo solo gente che da fuoco a tutto e crea disordine.
Il resto del post non lo commento neppure, perchè è solamente una triste speculazione a sfondo politico su una situazione che invece dovrebbe far riflettere.

[Modificato da balmungx 14/11/2005 21.25]

antobrun
00martedì 15 novembre 2005 10:49
e intanto l'EU da 50 milioni di euro in aiuti per le periferie alla francia.
rex ussaro sestilius
00martedì 15 novembre 2005 17:58
e infatti è una sconfitta , l'europa poteva risorgere ma aiheme si autoffonda da sola...invece di punizioni cadono i baiocchi, cosi chiunque vuole qualcosa dall'europa dei capitali bastera che bruci qualche centinaio di macchine...

occhi tra un po tocchera ai cinesi.


mammamia che triste mondo questo!
Riccardo.cuordileone
00martedì 15 novembre 2005 19:15
Re:

Scritto da: antobrun 14/11/2005 9.36
chiunque abbia a cuore la rivoluzione e la ribellione al sistema capitalistico dovrebbe andare a Parigi.


Questo è l'errore che commette la sinistra, vede gli immigrati come ponteziali elettori e si sbaglia, gli immigrati, sopratutto quelli islamici, non voteranno Unione perchè sono proletari, perchè sono il popolo povero e sfruttato dai capitalisti, a loro non gli interessa quello, hanno già fondato dei loro sindacati e presto fonderanno i loro partiti islamici.
Le rivolte di Parigi non sono contro il sistema capitalistico, guarda caso sono tutti islamici i rivoltosi, come mai? Può darsi che i musulmani abbiano a cuore la rivoluzione proletaria... [SM=x751525]
Pertinax
00martedì 15 novembre 2005 20:27
tutti islamici [SM=x751578] [SM=x751578] [SM=x751578] ma che cosa guardi? telepadania? [SM=x751605]
balmungx
00martedì 15 novembre 2005 22:33
Re:

Scritto da: Pertinax 15/11/2005 20.27
tutti islamici [SM=x751578] [SM=x751578] [SM=x751578] ma che cosa guardi? telepadania? [SM=x751605]


io l'ho sentito al tg1 di stasera [SM=x751541]
Ma non credo nel tentativo della rivoluzione islamica [SM=x751549]
Già ho scritto su come la penso, credo si ribellino perchè la francia li ha sfruttati fino ad ora, e non per la guerra proletaria o altre menate politiche varie [SM=x751537]
Kijo
00mercoledì 16 novembre 2005 10:13
Secondo te, gli sfruttati non sono al livello di proletari?
Oggi il "proletario" come lo si intendeva 20 anni fa non esiste piu'. Anche i poveracci hanno telefonini e tv, ma non si misura in questo la ricchezza e il benessere. Che te ne fai del telefonino se sei ai margini della societa'? Nessuno puo' negare che la forbice tra ricchi e poveri sia aumentata parecchio negli ultimi tempi.
La vita delle periferie tempo fa era brutta. Oggi e' ancora peggio. Se si viene esclusi dalla societa' e si vive forzatamente ai margini, e' normale sentire il bisogno di ribellione. Il divario tra ricchi e poveri non era così ampio come "anta" anni fa come oggi. Oggi sentiamo di ragazzi che dalle periferie invadono i luoghi "bene" e sfogano la propria rabbia di esclusi su coloro che sono piu' agiati. Questo accade a Napoli, dove da Secondigliano, Scampia, ecc... le bande si spostano al Vomero e si scatena ogni sabato sera almeno una rissa, ma anche a Milano, a Roma...

Capisco, ma non condivido le azioni violente.
Cosa avrebbero potuto fare gli abitanti delle banlieue? Avrebbero potuto pacificamente invadere le strade del centro? Così sarebbe stata solo una manifestazione prolungata, magari sarebbero stati sgomberati a manganellate e zitti. Invece hanno scelto di "combattere" sul territorio che conoscono, le strade dove vivono, e in modo violento, perche' e' l'unico modo che hanno per far sentire la loro voce in una societa' narcotizzata da reality e pettegolezzi sui VIP.
Chi vive in una maniera appena appena agiata, rischierebbe di perdere quel poco che ha per fare delle azioni violente? Non credo...

Ovviamente i deficienti vorrebbero un bel manganellamento di massa e via.
Non risolvi così i problemi. Se una persona e' in una condizione di disagio e in piu' la riempi di mazzate, puoi star certo che covera' ancora piu' rancore e il problema viene solo spostato nel tempo. Se invece intervieni economicamente per migliorare la sua situazione, quella persona si sentira' meno disposta a andare contro una societa' che la sostiene.

Non e' un problema di destra o sinistra, o meglio, e' un problema di entrambi, perche' entrambi hanno da fronteggiare la sfida del disagio. E' estremamente imbecille liquidare la faccenda pensado al "serbatoio" di voti o agli islamici (che tra l'altro sono occidentalizzati). Significa non riuscire a vedere la vera prospettiva del problema.
Breznev
00mercoledì 16 novembre 2005 16:41
Non è di certo una rivolta di "islamici", anche se può darsi che qualche estremista abbia cercato di cavalcare la protesta o gettare benzina sul fuoco.


Riccardo.cuordileone
00mercoledì 16 novembre 2005 17:15
Re:

Scritto da: Breznev 16/11/2005 16.41
Non è di certo una rivolta di "islamici", anche se può darsi che qualche estremista abbia cercato di cavalcare la protesta o gettare benzina sul fuoco.


Se uno non si rivolta per motivi religiosi non darebbe alle fiamme le sinagoghe e le chiese, loro l'han fatto, sono tutti musulmani e lo potete sentire e leggere ovunque, al di la di tele Padania che tra l'altro non guardo, quindi qualche dubbio mi viene...
rex ussaro sestilius
00mercoledì 16 novembre 2005 18:02
bhe se e per questo danno fuoco anche al primo bianco che hanno davanti come la poverina in carrozzella..quindi andate pure a prtestare con loro ma occhio ha darvi una bella pittata di marrone..
Pertinax
00mercoledì 16 novembre 2005 19:59
Re: Re:

Scritto da: balmungx 15/11/2005 22.33

io l'ho sentito al tg1 di stasera [SM=x751541]
Ma non credo nel tentativo della rivoluzione islamica [SM=x751549]
Già ho scritto su come la penso, credo si ribellino perchè la francia li ha sfruttati fino ad ora, e non per la guerra proletaria o altre menate politiche varie [SM=x751537]



vorrei ribadire un concetto: SONO TUTTI FRANCESI [SM=x751529]
Riccardo.cuordileone
00mercoledì 16 novembre 2005 20:19
Re:

Scritto da: Pertinax 16/11/2005 19.59
vorrei ribadire un concetto: SONO TUTTI FRANCESI [SM=x751529]


Non basta nascere in un altro paese o aquisire la nazionalità per cambiare etnia, restano sempre nord africani e le rivolte lo dimostrano.

PS: Le macellerie islamiche e i negozi di kebab non gli hanno distrutti, chissà perchè...
Pertinax
00mercoledì 16 novembre 2005 20:36
si forse nei tuoi sogni [SM=x751530] [SM=x751530] [SM=x751530] vallo a dire a chi è nato in una nazione, è cresciuto in una nazione, si sente cittadino di una nazione...
Santelia.
00mercoledì 16 novembre 2005 21:01
In termini esclusivamente storici, e nel massimo rispetto della libertà di ciascuno di credere o di non credere, è risaputo che l'Islam è contraddistinto da due grandi momenti ben distinti e tra loro ideologicamente antitetici.

Il primo è il momento in cui è nato. Quello in cui esso ha accompagnato, essendone al tempo stesso strumento e fine, la salita al potere di un leader epocale proclamatosi Profeta ispirato da Dio, facendo leva attraverso una teoria religiosa (debitrice di molti elementi alle due religioni monoteistiche preesistenti) proprio sulle masse più incolte considerate ai margini delle civiltà mediorientali. I beduini arabi erano infatti i paria del medioriente, non perché emarginati da chicchessia bensì perché espressione di una civiltà arretrata con un'economia di sussistenza ed una pressoché totale assenza di apparato culturale salvo la legge del clan. Erano chiamati non a caso dispregiativamente "mangialucertole" dai Persiani e dagli Egiziani, le due popolazioni più colte dell'area mediorientale dal sesto all'ottavo secolo. E proprio i beduini arabi erano quindi la materia prima ideale per far lievitare una fanatizzazione espansionistica.
L'impressionante spinta espansionistica dell'Islam non si è espressa difatti attraverso la gemmazione di centri di cultura, né attraverso il confronto vincente con altre scuole di pensiero, né ancora per contaminazione progressiva delle culture limitrofe. Essa è nata ed è cresciuta come guerra assoluta, pervasa dal dogma indiscutibile, ammantata di sacralità trascendente ma fondata sull'assolutismo terreno legittimato dalla dichiarata illuminazione divina del suo Profeta. Si tratta in realtà di un esempio eccezionale di visione strategica di potere sulla terra attraverso l'autorità derivante dalla codificazione religiosa, che infatti ha scelto di esprimersi inizialmente nella forma della guerra e non della predicazione proselitistica, quindi come aggressione totale a ciò che le si opponeva, e non come confronto.
In questo l'Islam non è orientale, non ha nulla della disponibilità all'ascolto e della vocazione all'argomentazione che è tipica delle culture persiane, mediterranee, centroasiatiche, o del buddismo, o del Confucianesimo.

Esso è molto più simile, nella sua assoluta durezza come dura era la vita dei beduini ove è nato, ad una fase fanatica di una religione occidentale. Esso è molto più vicino alla religione di quel Jahvé vendicatore di parte dell'Antico Testamento, o di quel Cristo castigatore delle persecuzioni cattoliche sugli eretici europei (Catari, etc.) o sui selvaggi di ogni nuovo mondo (Indios, Negritos, Maori, nativi nordamericani, etc).

Il secondo momento storico dell'Islam, secoli dopo, è quello in cui, esauritasi la spinta espansionistica, esauritasi la guerra santa - la jihad - stabilizzati i confini di influenza, esso è stato digerito culturalmente, assimilato, metabolizzato dalle culture - immensamente più ricche di quella beduina - delle grandi popolazioni che aveva sottomesso, e che nel lungo processo ciclico della storia tornavano a far prevalere la profondità dei propri apparati culturali e la ricchezza intellettuale delle proprie società. E' il momento in cui la leadership ritorna alle grandi dinastie che riassumono in sé le identità colme di valori e conoscenze di intere nazioni, sia pure accomunate dalla religione islamica. E' il momento dei grandi signori di Cordoba, di Bagdad, di Isfahan, di Alessandria. E' il momento in cui le nazioni, divenute islamiche, si riaffermano come culture e arricchiscono l'Islam con le loro capacità di speculazione filosofica, di ricerca scientifica, di pianificazione economica e sociale.

Questa fase è finita da tempo. E dopo il buio di prospettive e di capacità in cui l'Islam è purtroppo piombato nei secoli che vanno dal 1700 al 'novecento, la storia sta probabilmente ritornando al punto di partenza. Ed una nuova fase di aggressione, culturalmente basata sulle masse che meno hanno da perdere, è ormai al suo inizio. Certo, non v'è più un Profeta a guidarla direttamente, ed essa si esprime attraverso le più varie forme di aggressione alle altre culture e civiltà: dalla cosiddetta guerra santa dei fanatici terroristi, strumento di ben meno religiosi e ben più terreni obiettivi di chi la istiga, all'isolazionismo di alcune nazioni che si rinchiudono in un assolutismo implosivo riportando le lancette del tempo indietro di mille anni, all'ira devastante delle masse di immigrati la cui povertà culturale li tiene ai margini della società occidentale che pure avevano sognato di penetrare così come erano abituati a penetrare un mercato primitivo in un villaggio del Senegal o in un'oasi del Marocco.

I grandi pensatori, i politici eccellenti, gli intellettuali, gli scienziati, gli uomini di economia, insomma le migliori e grandi risorse culturali di cui l'Islam può anche oggi andare fiero, disperse come semi isolati nell'immensa geografia islamica, sono in realtà vicine alle grandi, illuminate e colte civiltà del suo preziosissimo secondo momento storico a Cordoba, Alessandria, Bagdad, Isfahan. Essi parlano il linguaggio della conoscenza e della saggezza, nel rispetto della loro fede religiosa, ma arricchita da un grande amore per l'uomo.

Le masse che rumoreggiano, che si virulentano, che scandiscono eterne grida d'odio verso l'occidente, che lapidano le donne in Afganistan, che straziano i corpi dei poliziotti in Palestina o in Iraq, o che distruggono quel che trovano per le strade delle periferie francesi, sono vicinissime alle moltitudini di beduini arretrati, incolti e primitivi sui quali la fenomenale espansione sanguinosa dell'Islam basò la sua prima violentissima fase.

E' possibile far prevalere la saggezza e la ricchezza del grande Islam sulla povertà e la violenza dell'Islam fanatico e barbaro?

A molti, a troppi, fa comodo che questo obiettivo non sia raggiungibile.

Sta soprattutto a noi tutti, in mille modi, con la fermezza o con la disponibilità, con il pugno di ferro o con la dolcezza di un sorriso, opporre un muro invalicabile alla violenza, anche con la forza, e dare però voce, con tutto lo spazio possibile e con tutta l'autorevolezza riconoscibile, ai grandi alleati del miglior pensiero islamico che anche oggi non mancano. Purtroppo è molto più facile spargere il seme della violenza tra masse di emarginati che illuminarle con la saggezza dei loro migliori compagni di fede.

E' un compito difficile, ed è facile farsi prendere dallo scoramento e dalla paura, dalla voglia di violenta rivalsa, come pure dal giustificazionismo più ingenuo e pericoloso.

La strada maestra sta nel mezzo, e come sempre è la più difficile.

E non sta nel non scegliere, bensì nel saper scegliere le giuste leve per le giuste azioni. Che non saranno mai di un tipo solo.
Riccardo.cuordileone
00giovedì 17 novembre 2005 11:05
Re:

Scritto da: Pertinax 16/11/2005 20.36
si forse nei tuoi sogni [SM=x751530] [SM=x751530] [SM=x751530] vallo a dire a chi è nato in una nazione, è cresciuto in una nazione, si sente cittadino di una nazione...


Questi che si rivoltano non sono francesi, ne si sentono tali, non gli importa niente della Francia e dei grandi ideali che ha portato la rivoluzione francese, questi “meteque” rivendicano la storia delle loro origine e rifiutano la cultura europea e occidentale.
“Meteque”, in francese, designa lo “straniero” levantino, africano, che non cambia la sua natura estranea anche se in possesso di passaporto francese.
Non li puoi cacciare e non li puoi “assorbire”, li devi sopportare, con aggravio del bilancio pubblico pagato dai francesi veri.
Così l'ondata di “uguaglianza” ha portato all’assimilazione dei vecchi sudditi delle colonie africane e ha trasformato la Francia in due nazioni avverse, una dentro l’altra, e il preteso egualitarismo ha creato una classe di cittadini che sono francesi naturalizzati di seconda e terza generazione ma restano “meteque”, ossia cittadini di serie B.
Questi meteque non sono grati alla Francia, non la considerano una patria, ma una matrigna, ancora la vecchia dominatrice.
Mezzo secolo dopo la decolonizzazione, gli ex colonizzati, hanno preso atto della loro “diseguaglianza” che il mito giacobino pretendeva di aver cancellato. Emarginati dalla Francia bianca, europea e cattolica si sono rinchiusi volontariamente nei ghetti riscoprendo ed esaltando l’identità africana, tornando alla lingua, alle tradizioni e alla religione che gli stessi padri avevano abbandonato.
Mireyka
00venerdì 18 novembre 2005 11:08

Scritto da: Riccardo.cuordileone 17/11/2005 11.05
Così l'ondata di “uguaglianza” ha portato all’assimilazione dei vecchi sudditi delle colonie africane e ha trasformato la Francia in due nazioni avverse, una dentro l’altra, e il preteso egualitarismo ha creato una classe di cittadini che sono francesi naturalizzati di seconda e terza generazione ma restano “meteque”, ossia cittadini di serie B.



terza generazione...
hmmm

Ma non ho sentito parlare di "identita' africana" o "identita' islamica".
Questi vogliono essere considerati cittadini e basta, senza serie A e serie B.

Riccardo.cuordileone
00venerdì 18 novembre 2005 13:48
Re:

Scritto da: Mireyka 18/11/2005 11.08
Questi vogliono essere considerati cittadini e basta, senza serie A e serie B.


Ma lo sono già considerati, la pure detto Chirac, il fatto è che sono loro che non si sentono francesi e si chiudono nei ghetti.
Staib
00venerdì 18 novembre 2005 15:32
Re: Re:

Scritto da: Riccardo.cuordileone 18/11/2005 13.48

il fatto è che sono loro che non si sentono francesi e si chiudono nei ghetti.



[SM=x751541]
cointreau il possente
00venerdì 18 novembre 2005 16:30
Re:

Scritto da: Santelia. 16/11/2005 21.01
In termini esclusivamente storici, e nel massimo rispetto della libertà di ciascuno di credere o di non credere, è risaputo che l'Islam è contraddistinto da due grandi momenti ben distinti e tra loro ideologicamente antitetici.

Il primo è il momento in cui è nato. Quello in cui esso ha accompagnato, essendone al tempo stesso strumento e fine, la salita al potere di un leader epocale proclamatosi Profeta ispirato da Dio, facendo leva attraverso una teoria religiosa (debitrice di molti elementi alle due religioni monoteistiche preesistenti) proprio sulle masse più incolte considerate ai margini delle civiltà mediorientali. I beduini arabi erano infatti i paria del medioriente, non perché emarginati da chicchessia bensì perché espressione di una civiltà arretrata con un'economia di sussistenza ed una pressoché totale assenza di apparato culturale salvo la legge del clan. Erano chiamati non a caso dispregiativamente "mangialucertole" dai Persiani e dagli Egiziani, le due popolazioni più colte dell'area mediorientale dal sesto all'ottavo secolo. E proprio i beduini arabi erano quindi la materia prima ideale per far lievitare una fanatizzazione espansionistica.
L'impressionante spinta espansionistica dell'Islam non si è espressa difatti attraverso la gemmazione di centri di cultura, né attraverso il confronto vincente con altre scuole di pensiero, né ancora per contaminazione progressiva delle culture limitrofe. Essa è nata ed è cresciuta come guerra assoluta, pervasa dal dogma indiscutibile, ammantata di sacralità trascendente ma fondata sull'assolutismo terreno legittimato dalla dichiarata illuminazione divina del suo Profeta. Si tratta in realtà di un esempio eccezionale di visione strategica di potere sulla terra attraverso l'autorità derivante dalla codificazione religiosa, che infatti ha scelto di esprimersi inizialmente nella forma della guerra e non della predicazione proselitistica, quindi come aggressione totale a ciò che le si opponeva, e non come confronto.
In questo l'Islam non è orientale, non ha nulla della disponibilità all'ascolto e della vocazione all'argomentazione che è tipica delle culture persiane, mediterranee, centroasiatiche, o del buddismo, o del Confucianesimo.

Esso è molto più simile, nella sua assoluta durezza come dura era la vita dei beduini ove è nato, ad una fase fanatica di una religione occidentale. Esso è molto più vicino alla religione di quel Jahvé vendicatore di parte dell'Antico Testamento, o di quel Cristo castigatore delle persecuzioni cattoliche sugli eretici europei (Catari, etc.) o sui selvaggi di ogni nuovo mondo (Indios, Negritos, Maori, nativi nordamericani, etc).

Il secondo momento storico dell'Islam, secoli dopo, è quello in cui, esauritasi la spinta espansionistica, esauritasi la guerra santa - la jihad - stabilizzati i confini di influenza, esso è stato digerito culturalmente, assimilato, metabolizzato dalle culture - immensamente più ricche di quella beduina - delle grandi popolazioni che aveva sottomesso, e che nel lungo processo ciclico della storia tornavano a far prevalere la profondità dei propri apparati culturali e la ricchezza intellettuale delle proprie società. E' il momento in cui la leadership ritorna alle grandi dinastie che riassumono in sé le identità colme di valori e conoscenze di intere nazioni, sia pure accomunate dalla religione islamica. E' il momento dei grandi signori di Cordoba, di Bagdad, di Isfahan, di Alessandria. E' il momento in cui le nazioni, divenute islamiche, si riaffermano come culture e arricchiscono l'Islam con le loro capacità di speculazione filosofica, di ricerca scientifica, di pianificazione economica e sociale..



fin qui interessante (son d'accordo quasi su tutto)...da qui in poi...


Scritto da: Santelia. 16/11/2005 21.01
Questa fase è finita da tempo. E dopo il buio di prospettive e di capacità in cui l'Islam è purtroppo piombato nei secoli che vanno dal 1700 al 'novecento, la storia sta probabilmente ritornando al punto di partenza. Ed una nuova fase di aggressione, culturalmente basata sulle masse che meno hanno da perdere, è ormai al suo inizio. Certo, non v'è più un Profeta a guidarla direttamente, ed essa si esprime attraverso le più varie forme di aggressione alle altre culture e civiltà: dalla cosiddetta guerra santa dei fanatici terroristi, strumento di ben meno religiosi e ben più terreni obiettivi di chi la istiga, all'isolazionismo di alcune nazioni che si rinchiudono in un assolutismo implosivo riportando le lancette del tempo indietro di mille anni, all'ira devastante delle masse di immigrati la cui povertà culturale li tiene ai margini della società occidentale che pure avevano sognato di penetrare così come erano abituati a penetrare un mercato primitivo in un villaggio del Senegal o in un'oasi del Marocco.

I grandi pensatori, i politici eccellenti, gli intellettuali, gli scienziati, gli uomini di economia, insomma le migliori e grandi risorse culturali di cui l'Islam può anche oggi andare fiero, disperse come semi isolati nell'immensa geografia islamica, sono in realtà vicine alle grandi, illuminate e colte civiltà del suo preziosissimo secondo momento storico a Cordoba, Alessandria, Bagdad, Isfahan. Essi parlano il linguaggio della conoscenza e della saggezza, nel rispetto della loro fede religiosa, ma arricchita da un grande amore per l'uomo.

Le masse che rumoreggiano, che si virulentano, che scandiscono eterne grida d'odio verso l'occidente, che lapidano le donne in Afganistan, che straziano i corpi dei poliziotti in Palestina o in Iraq, o che distruggono quel che trovano per le strade delle periferie francesi, sono vicinissime alle moltitudini di beduini arretrati, incolti e primitivi sui quali la fenomenale espansione sanguinosa dell'Islam basò la sua prima violentissima fase.

E' possibile far prevalere la saggezza e la ricchezza del grande Islam sulla povertà e la violenza dell'Islam fanatico e barbaro?

A molti, a troppi, fa comodo che questo obiettivo non sia raggiungibile.

Sta soprattutto a noi tutti, in mille modi, con la fermezza o con la disponibilità, con il pugno di ferro o con la dolcezza di un sorriso, opporre un muro invalicabile alla violenza, anche con la forza, e dare però voce, con tutto lo spazio possibile e con tutta l'autorevolezza riconoscibile, ai grandi alleati del miglior pensiero islamico che anche oggi non mancano. Purtroppo è molto più facile spargere il seme della violenza tra masse di emarginati che illuminarle con la saggezza dei loro migliori compagni di fede.

E' un compito difficile, ed è facile farsi prendere dallo scoramento e dalla paura, dalla voglia di violenta rivalsa, come pure dal giustificazionismo più ingenuo e pericoloso.

La strada maestra sta nel mezzo, e come sempre è la più difficile.

E non sta nel non scegliere, bensì nel saper scegliere le giuste leve per le giuste azioni. Che non saranno mai di un tipo solo.



...forse ho compreso male, ma...mi sa anche che hai saltato "piè pari" i vari processi storici, le scelte politiche, le responsabilità di chi ha contribuito a far germogliare e ha nutrito lungo tutto il '900 la pianta dell'integralismo islamico (vorrei nomi e cognomi, please). alla tua frase "sta a noi cercare di aiutare il mondo islamico moderato", ci avrei aggiunto "starebbe sempre a noi riconscere che li abbiamo aiutati ben bene, e per fini non molto nobili, a sprofondare in un nuovo Medioevo e a gettare le nuove generazioni islamiche in braccio ai fondamentalisti". La tua visione, messa così, è un po' troppo ciclica per i miei gusti, direi quasi di vichiana memoria con i suoi corsi e ricorsi. Sembra quasi poi, accomunando in questo post i talebani e gli aspetti peggiori dell'Islam ai riot in Francia, che tu sostenga la tesi per la quale le rivolte sono scoppiate per motivi di fondamentalismo religioso, tesi alquanto dubbia...
cointreau il possente
00venerdì 18 novembre 2005 16:35
Dimenticavo
@riccardo

fai prendere una boccata d'ossigeno al cervello tra un complotto giudaico-massonico e uno scontro di civiltà...perchè il thread inizia a puzzare di chiuso, come ha già fatto notare Staib

[SM=x751559] [SM=x751559] [SM=x751559] [SM=x751559]
Santelia.
00mercoledì 23 novembre 2005 19:33
Re: Re:

Scritto da: cointreau il possente 18/11/2005 16.30


...forse ho compreso male, ma...mi sa anche che hai saltato "piè pari" i vari processi storici, le scelte politiche, le responsabilità di chi ha contribuito a far germogliare e ha nutrito lungo tutto il '900 la pianta dell'integralismo islamico (vorrei nomi e cognomi, please). alla tua frase "sta a noi cercare di aiutare il mondo islamico moderato", ci avrei aggiunto "starebbe sempre a noi riconscere che li abbiamo aiutati ben bene, e per fini non molto nobili, a sprofondare in un nuovo Medioevo e a gettare le nuove generazioni islamiche in braccio ai fondamentalisti".
(..)



Mi par proprio un'analisi un po' ingenua.
Questa concezione secondo la quale l'Occidente (di volta in volta imperialista, colonialista, capitalista, oggi consumista, globalizzatore, etc. etc.) sarebbe responsabile di tutto ciò che fanno gli altri, è da tempo destituita di dignità storica.
E' nella logica e nella lezione plurimillenaria della storia che ogni nazione, ogni stato, ogni potentato sfrutti, o cerchi di sfruttare, a proprio vantaggio le debolezze degli altri.
La storia è fatta di forze che si espandono a spese di altre, siano esse militari, economiche, politiche, sociali.
Ciò non ha impedito ad alcune civiltà di seguire un percorso di crescita economica, di arricchimento culturale, di progresso sociale, di speculazione scientifica, di libertà intellettuale.
Nulla di strano quindi, storicamente, che dalle capitali dell'Occidente il colonialismo prima, l'imperialismo e il capitalismo poi, abbiano sfruttato ogni possibile spunto in Africa ed in Medio Oriente.
Nell'Africa sudequatoriale possiamo in verità fischiare il fallo per l'evidente immaturità evolutiva della sua civiltà, poiché quella autoctona era sostanzialmente ferma all'età del neolitico nel momento in cui venne a contatto con l'espansione coloniale europea.
Ma nell'Africa mediterranea, ed in Medio Oriente, non si può chiamare in causa alcun fallo contro civiltà mai giunte alla maggior età.
Nell'Africa mediterranea ed in Medio Oriente, ovvero nel nucleo centrale del mondo islamico, semplicemente è invece accaduto che la civiltà islamica, a fronte dei molti cambiamenti critici connaturati al passare dei secoli, non ha saputo restare alla pari con l'Occidente, non ha più prodotto pensatori, scienziati, economisti, artisti, mercanti, artigiani (addirittura non possiamo nemmeno parlare di "industriali") in quantità o con qualità nemmeno lontanamente paragonabile a ciò che invece ha saputo fare l'Occidente. Insomma, si è esaurita in una perpetuazione di se stessa in parte fossile in parte sempre più stracciona, con tutto ciò che tale tendenza ha comportato, a partire dalla scomparsa di una classe intellettuale e di statisti, sostituiti da religiosi ora modesti ora fanatici, e da politici corrotti. La corruzione dell'apparato statale islamico è già conclamata in tutto il mediterraneo alla fine del seicento. Il centralismo turco ottomano le ha poi dato un'accelerata nefasta ed irrecuperabile. Ancora oggi, dopo 400 anni di apparati politici e funzionariali diffusamente corrotti, le nazioni del sud e dell'est del Mediterraneo non riescono a scrollarsi di dosso la piaga di una corruzione pervasiva e mefitica.
Noi (l'Occidente, immagino tu intenda), non abbiamo aiutato nessuno a sprofondare in un nuovo Medioevo. Abbiamo osservato le condizioni da souk arretrato e straccione in cui l'Islam ha ridotto sé stesso quando le grandi culture di Cordoba, Alessandria, Bagdad, Isfahan (e molte altre, s'intende) si sono via via spente, non sostituite da nulla. La ragione di questa sterilità evoluzionistica, di questa deriva autodistruttiva, sta in larga parte nell'Islam stesso.
Così ora, esauritasi la fase di crescita di civiltà, ritornati alle masse di barbari senza nulla da perdere, poco conta se essi sono beduini in un deserto di pietre all'epoca di Maometto, o se invece sono palestinesi allevati nella miseria dei campi profughi, tribù premoderne in mezzo alle macerie di Bagdad, masse di disoccupati e derelitti nelle (orride) periferie francesi, studenti cresciuti a suon di propaganda antisemita per le vie del Cairo. Conta il fatto che queste masse sono perfette per essere manovrate ai fini di una nuova Jihad. E siccome oggi si alzano le bestemmie di dieci, cento, mille falsi profeti che si dichiarano epigoni di Maometto, queste masse pronte a prender fuoco si accenderanno, e stanno infatti infiammandosi una dopo l'altra.
cointreau il possente
00mercoledì 23 novembre 2005 21:02
Re: Re: Re:

Scritto da: Santelia. 23/11/2005 19.33


Mi par proprio un'analisi un po' ingenua.
Questa concezione secondo la quale l'Occidente (di volta in volta imperialista, colonialista, capitalista, oggi consumista, globalizzatore, etc. etc.) sarebbe responsabile di tutto ciò che fanno gli altri, è da tempo destituita di dignità storica.
E' nella logica e nella lezione plurimillenaria della storia che ogni nazione, ogni stato, ogni potentato sfrutti, o cerchi di sfruttare, a proprio vantaggio le debolezze degli altri.
La storia è fatta di forze che si espandono a spese di altre, siano esse militari, economiche, politiche, sociali.
Ciò non ha impedito ad alcune civiltà di seguire un percorso di crescita economica, di arricchimento culturale, di progresso sociale, di speculazione scientifica, di libertà intellettuale.
Nulla di strano quindi, storicamente, che dalle capitali dell'Occidente il colonialismo prima, l'imperialismo e il capitalismo poi, abbiano sfruttato ogni possibile spunto in Africa ed in Medio Oriente.
Nell'Africa sudequatoriale possiamo in verità fischiare il fallo per l'evidente immaturità evolutiva della sua civiltà, poiché quella autoctona era sostanzialmente ferma all'età del neolitico nel momento in cui venne a contatto con l'espansione coloniale europea.
Ma nell'Africa mediterranea, ed in Medio Oriente, non si può chiamare in causa alcun fallo contro civiltà mai giunte alla maggior età.
Nell'Africa mediterranea ed in Medio Oriente, ovvero nel nucleo centrale del mondo islamico, semplicemente è invece accaduto che la civiltà islamica, a fronte dei molti cambiamenti critici connaturati al passare dei secoli, non ha saputo restare alla pari con l'Occidente, non ha più prodotto pensatori, scienziati, economisti, artisti, mercanti, artigiani (addirittura non possiamo nemmeno parlare di "industriali") in quantità o con qualità nemmeno lontanamente paragonabile a ciò che invece ha saputo fare l'Occidente. Insomma, si è esaurita in una perpetuazione di se stessa in parte fossile in parte sempre più stracciona, con tutto ciò che tale tendenza ha comportato, a partire dalla scomparsa di una classe intellettuale e di statisti, sostituiti da religiosi ora modesti ora fanatici, e da politici corrotti. La corruzione dell'apparato statale islamico è già conclamata in tutto il mediterraneo alla fine del seicento. Il centralismo turco ottomano le ha poi dato un'accelerata nefasta ed irrecuperabile. Ancora oggi, dopo 400 anni di apparati politici e funzionariali diffusamente corrotti, le nazioni del sud e dell'est del Mediterraneo non riescono a scrollarsi di dosso la piaga di una corruzione pervasiva e mefitica.
Noi (l'Occidente, immagino tu intenda), non abbiamo aiutato nessuno a sprofondare in un nuovo Medioevo. Abbiamo osservato le condizioni da souk arretrato e straccione in cui l'Islam ha ridotto sé stesso quando le grandi culture di Cordoba, Alessandria, Bagdad, Isfahan (e molte altre, s'intende) si sono via via spente, non sostituite da nulla. La ragione di questa sterilità evoluzionistica, di questa deriva autodistruttiva, sta in larga parte nell'Islam stesso.
Così ora, esauritasi la fase di crescita di civiltà, ritornati alle masse di barbari senza nulla da perdere, poco conta se essi sono beduini in un deserto di pietre all'epoca di Maometto, o se invece sono palestinesi allevati nella miseria dei campi profughi, tribù premoderne in mezzo alle macerie di Bagdad, masse di disoccupati e derelitti nelle (orride) periferie francesi, studenti cresciuti a suon di propaganda antisemita per le vie del Cairo. Conta il fatto che queste masse sono perfette per essere manovrate ai fini di una nuova Jihad. E siccome oggi si alzano le bestemmie di dieci, cento, mille falsi profeti che si dichiarano epigoni di Maometto, queste masse pronte a prender fuoco si accenderanno, e stanno infatti infiammandosi una dopo l'altra.



lungi da me, santelia, voler dire che l'Islam è ripiombato nel medioevo a causa dell'Occidente: la sua crisi viene da lontano, molto lontano. Ma se leggevi bene, io avevo scritto "l'Occidente li ha aiutati ben bene a ricadere nel medioevo". L'aiuto indica una corresponsabilità, non una causalità diretta. E questo "aiuto" è stato dato per motivi geopolitici - attraverso finanziamenti e sostegno politico - proprio a quelle correnti dell'Islam più fondamentaliste e\o integraliste. Dato che sei un esperto (un po' troppo vichiano e con le idee staccate dai processi storici, se posso permettermi) dell'Islam, saprai sicuramente un po' di storia dei Fratelli Islamici, dei salafiti e di tutte quelle belle organizzazioni che hanno aiutato prima a sconfiggere il socialismo arabo e i vari nazionalismi arabi, fino a dare il colpo di grazia ai rossi in Afganistan. Correnti che sono nate e sono cresciute internamente al mondo islamico a partire dalla crisi che lo pervade, sicuramente, ma che hanno raggiunto il "successo" grazie ai finanziamenti e ai mezzi materiali messi a disposizione da poco lungimiranti politici occidentali e loro alleati nel mondo islamico. E poco importa se in altri casi (l'Algeria) e in altri periodi (il tardo colonialismo) i nostri "eroi" si erano comportati diversamente o in maniera diametralmente opposta, perchè diverse erano le condizioni in cui operavano ma lo stesso il fine: l'accesso al petrolio e alle risorse naturali.
Quando si parla di storia, santelia, invece di portare belle frasi e un qualche concetto astratto ma vagamente filosofico, sarebbe meglio dare un po' di dati e cercare di inanellarli in una visione il più possibile coerente e verosimile, incastrandoli nel proprio contesto...e un po' di studio di storia contemporanea non farebbe male...naturalmente non considero la discussione chiusa qui, ci mancherebbe...[SM=x751530]
Santelia.
00giovedì 24 novembre 2005 21:34
Re: Cointreau
Ma per carità!
Non intendevo mettermi a discutere.
Sono solo passato per caso di qui ed ho lasciato due appunti.
Se tuttavia ci tieni tanto...
Premesso che detesto il gusto del liquore all'arancio francese, ed assodato il fatto che in qualche libro hai incrociato Giambattista Vico, cui peraltro non intendevo per nulla rifarmi (ma forse per te un ciclo è per forza vichiano...), constato che della Storia hai una visione molto centrata sulle dinamiche post WWII. Diciamo quindi che ti manca il respiro un po' più lungo.
Non interessandomi poi alla tua non sublime vena polemica, che per dirla in toscano "non mi garba punto", ti segnalo che la tua prosa si è alla fine colorata di supponenza senza che qui alcuno, e certo non io, ti abbia riconosciuto alcuna cattedra, e ti invito cionondimeno a recuperare l'analisi di... diciamo 1400 anni di storia precedenti la WWWII, così da arricchire la tua visione storica di qualche fatterello e di qualche scenario non precisamente marginale. Tranquillo, se di dati sei in cerca, che ce ne sono da riempire biblioteche, ma, perdonerai, forse non avrebbero portato nulla al merito dell'analisi.
Ed infine vedi... dal 1948 ad oggi c'è una crescente piena di saggi che si piccano di fare analisi storica, ma non mi sentirei di tenerne più di 10 (per lo scenario in questione) la cui penna si possa definire di veri "storici".
E ricorda (se me lo consenti) che se il tuo avversario (giacché sembra tu mi prenda per tale) non ti ha ancora mostrato armi, non significa per questo che non ne abbia in serbo una buona panoplia.
Salut...
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