Obblighi verso i resti umani nelle Università e nei Musei.

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-Kiya-
00giovedì 13 maggio 2010 19:44
Considerazioni generali e personali
Resti umani, quali mummie, scheletri o parti di essi, sono conservati presso Università e Musei, ovunque nel mondo.
Alcuni di questi giacciono dimenticati, altri sono ridotti alla stregua di attrazione. Quelli appartenenti a personaggi storici noti del passato spesso vengono sottoposti ad indagini ed analisi non sempre superficialmente invasivi.

Un recente esempio di test genetico condotto su resti umani lo abbiamo ben chiaro, se abbiamo seguito le vicende relative alla mummia di Tutankhamon e a quelle della sua famiglia.
Per accertare la presenza di specifiche patologie o per confermare l’identità di una persona, sia anche essa defunta da parecchio tempo, millenni, sono sufficienti piccole quantità di DNA. Nel caso di Tutankhamon e della sua parentela, i ricercatori hanno dichiarato d’essere stati in grado di rivelare le identità di mummie fino ad ora sconosciute e di individuare la probabile causa di morte del giovane Re. Ma proprio il fatto che analisi di questo tipo possano essere condotte su personaggi appartenenti alla sfera storica ha sollevato non poche questioni.

Prendendo spunto proprio dalle analisi condotte per stabilire la paternità e le cause di morte del Faraone Fanciullo, Malin Masterton, studentessa di Bioetica e collaboratrice del Centro per la Ricerca Etica e Bioetica Svedese, il prossimo 29 maggio discuterà la sua Tesi di Dottorato affrontando la questione relativa allo stato morale di coloro che ci hanno preceduti nel passato e alla protezione dei loro resti.
“In Svezia, quanto meno le persone in vita sono protette da leggi specifiche in materia di integrità genetica. Ma non abbiamo alcun dovere nei riguardi di Tutankhamon o di altre persone decedute nell’antichità, eppure forse valrebbe la pena di valutare se quell’obbligo sussiste ancora”, afferma la dottoranda.

Ma quale integrità e quali interessi sussistono a morte sopraggiunta?
Malin Masterton sostiene che alcuni elementi dell’identità di una persona sopravvivono alla sua morte. E guardare all’identità individuale è come assistere a un racconto – la storia di una vita – tanto indipendente, quanto convergente all’esistenza di altre persone. Analizzando l’aspetto da questo punto di vista, è quindi facile concordare nell’affermare che anche i defunti hanno un nome e una reputazione da proteggere.

Se anche i morti, alla stregua dei vivi, hanno in certa misura integrità e reputazione, occorre riconoscere loro di possedere anche uno status morale a pieno diritto e quindi ammettere il possibile rischio di recargli offesa. La Masterton ritiene che si abbiano tre doveri nei confronti dei defunti. Innanzitutto il dovere di verità, quando ci accingiamo a descriverne la fama. Quindi quello di rispettare la loro integrità personale, nei contesti di ricerca. E, infine, abbiamo il dovere di ammettere quali ingiustizie abbiamo commesso e danni loro arrecato eseguendo, ad esempio, scavi archeologici clandestini.

Malin Masterton sostanzialmente avanza la proposta di riconoscere definitivamente ai defunti uno status morale basato sul rispetto per la vita umana.
I contenuti della sua Tesi si rivelano significativi per la gestione dei resti umani nel caso di personaggi storicamente noti, nonché in riferimento a tutti quelli rimasti nell’anonimato, conservati presso le Università, le Istituzioni e i Musei del mondo intero. Occorre, in tal senso, ricordare gli innumerevoli casi in cui intere popolazioni indigene hanno mal reagito apprendendo dei trattamenti riservati ai resti dei loro antenati.
Eventuali richieste di rimpatrio e di sepoltura non devono, quindi, essere ignorate, bensì tenute in strettissima considerazione, sia da parte degli Archeologi che da parte delle Istituzioni Museali coinvolte.

Nella sua Tesi, la Masterton discute orientamenti etici per la gestione dei resti umani e formula proposte in merito alle revisioni. Alla base di queste revisioni vi è un dato di fatto: i defunti continuano a preservare la loro identità, che perviene a noi come narrazione.
“Occorre riflettere - afferma ancora Malin Masterton - sull’approccio da adottare nei riguardi di tutti quei resti umani che non possono più essere favoriti da rappresentanti ancora in vita che ne possano sostenere la causa.”




Considerazioni personali

Una storia narrata è pur sempre una storia vissuta.
Possiamo forse negarlo? E possiamo forse negare che, trovandoci ad ammirare di una mummia chiusa in una teca di vetro, quello che stiamo osservando non è un oggetto o un reperto qualsiasi, ma ci troviamo al cospetto di una persona?
Un individuo che è nato, è cresciuto e ha vissuto. Che possedeva emozioni, ragione, sentimenti, proprio come noi.

Prendendo spunto da quanto riportato qui sopra e dall’aver, in più di un’occasione, accennato alla questione qui su EgiTToPhiLìa, vorrei affrontare con voi la questione della conservazione e dell’esposizione delle mummie, presso i Musei o altre Istituzioni. Mummie che in molti casi giacciono abbandonate, dimenticate, sconosciute nei magazzini o sono malamente esposte, a soddisfazione della pubblica curiosità.

Ho già chiarito come la penso in proposito e su quale fronte mi schiero. Ma non ho mai avuto occasione di approfondire il mio punto di vista.
Non mi garba immaginare che un giorno i cimiteri moderni possano essere convertiti in esposizioni a cielo aperto. Tanto meno concordo con il trattenere i corpi dei defunti provenienti dall’antichità e/o da altre culture (o i loro resti in genere), per soddisfare la curiosità di un pubblico che, con sempre maggior frequenza, le trasforma in “oggetti” di scherno e che sovente ne ignora significato e valore intrinseco.
Non trovo alcuna ragione valida nell’assimilare un corpo ad un vaso, a un sarcofago, una statua o qualsiasi altro oggetto inanimato e privarlo così di quel rispetto che è condizione fondamentale di diritto.

Comprendo le necessità dello studio e ne condivido le finalità, quando a beneficiarne è la Conoscenza. Necessità che, tuttavia, dovrebbero essere a loro volta più severamente regolate e sottoposte a limiti oggettivi evitando che la ricerca scientifica lasci il posto al mero interesse commerciale, che il metodo scientifico venga meno e la Conoscenza non registri più alcun accrescimento.

Esiste un’etica, la quale consente di gestire la propria individuale libertà, ma pur sempre limitatamente, e con il dovuto riguardo, all’altrui rispetto.

Esiste una moralità. Un insieme di comportamenti a cui occorre attenersi e valori che ogni singolo individuo ha il diritto di preservare.
Principi su cui abbiamo basato la nostra vita, nel personale e nel sociale. Principi che sono il risultato di aspre lotte, come è storicamente ampiamente documentato.

Di tutti, il valore più grande è la dignità. E per preservare la dignità individuale deve esserne garantito il rispetto.

La dignità è forse soggetta a termini di scadenza?
E’ lecito affermare che questa venga meno con la morte?

Qual’è la funzione della memoria e quale scopo ha l’alimentare il ricordo di coloro che furono, narrarne le gesta?
In termini attuali, risponderemmo che tutto questo è fatto in funzione della Storia, della conoscenza collettiva. Ma non è così da sempre. Gli antichi Egizi, ad esempio, ignoravano il concetto di storicità.

“Pronuncia il suo nome ed egli vivrà in eterno”.

E’ questo che ci hanno tramandato. Principio in cui credevano fermamente.

Ci hanno riferito del ba (essenza, personalità) garante della rinascita.
Ci hanno narrato del ka, custode di ricordi e sentimenti della vita terrena.
Ci hanno suggerito di conoscere il significato di “moralità”: per loro era ib, “cuore”, indispensabile per la vita oltre la morte.
Hanno perfezionato all'estremo le tecniche di imbalsamazione e hanno costruito tombe monumentali, rispettando regole ferree, affinchè a un corpo fosse garantita conservazione il più a lungo possibile.

Abbiamo noi il diritto di ignorare tutto questo o di relegarlo alla stregua di “superstizione”, ormai decaduta e superata?
Ricostruire ciò che è andato distrutto non è in nostro potere. Ma possiamo ancora limitare i danni.
La morte pone un limite alla durata della vita, ma non ne cancella l’esistenza e un corpo preservato è lo scrigno di quell’essenza.


Infine, accolgo con piacere l’apprendere che negli ambienti Accademici ci si affacci in questa direzione, cominciando forse ad alimentare una campagna di sensibilizzazione a mio avviso necessaria e dovuta.
Concordo pienamente con Malin Masterton quando afferma che un defunto conserva pur sempre una personale identità e che il suo diritto e il suo status morale non viene meno al sopraggiungere della morte. Ancor di più condivido la sua opinione in riferimento al rimpatrio dei resti umani nel loro luogo d’origine. E’ lì che dovrebbero stare, opportunamente conservati, preservati e avvolti nella quiete a cui aspirarono in vita e di cui noi, esseri moderni e civilizzati oltre misura (da leggere con la dovuta ironia…) non abbiamo alcun diritto di privarli nella morte.

Maria Sansalone (-Kiya-)

Merytaton62
00giovedì 13 maggio 2010 22:50
Innanzitutto farei una distinzione tra mummie sbendate e non :sull'opportunità di esporre le prime nutro anch'io forti dubbi, mentre trovo accettabile vedere un corpo avvolto nelle bende e magari conservato in un sarcofago (esempio:Kha e Merit).

Sono estranea all'ambiente accademico, ma penso che i ricercatori moderni non usino tecniche particolarmente invasive, e la paleopatologia è una branca a mio avviso interessantissima.Ciò che mi lascia perplessa è il fatto che vengano dissotterrate numerose mummie che poi giacciono abbandonate nei magazzini:perchè turbare il loro sonno, se non servono alla scienza?

Sinceramente non vedo la necessità di rimpatriare le mummie attualmente presenti nei musei, perchè non credo che per l'egiziano medio questa sia una priorità.Secondo me è sufficiente lasciare in loco le mummie che ancora giacciono sotto la sabbia d'Egitto. Ovvero:visto che non c'è modo di rimediare ai danni fatti in passato, cerchiamo di non farne altri.
Credo, infatti, che il vero scempio di mummie sia stato fatto nei secoli scorsi, in cui si è giunti addirittura ad usarle come combustibile...meglio non pensarci.
roberta.maat
00giovedì 13 maggio 2010 22:53
Apprendo con soddisfazione che qualcuno finalmente volge la sua attenzione di studio all'aspetto etico che riguarda la "profanazione" dei defunti.
Ho virgolettato la parola profanazione per sottolineare che ci stiamo occupando della manomissione concreta di persone vissute prima di noi.
Questo oltraggio cui sottoponiamo quei corpi, secondo me, non può prescindere dalla considerazione che esiste un alibi.
Questo alibi, cioè la maggiore conoscenza della persona per ciò che riguarda quello che caratterizzava lo svolgimento della sua vita, ha una sua nobiltà perchè ci avvicina all'essenza vitale di colui che attualmente mostra esclusivamente il deteriorato contenitore del suo essere.
Io penso che cercare in un corpo quanto possibile per individuare elementi utili a costruire l'uomo che lo possedeva non sia poi tanto esecrabile, la conoscenza completa della identità di un defunto, a mio parere, gli rende omaggio poichè ne prolunga la vita e permette che egli sia ancora attore di rapporti umani.
L'oblio cui molti sono destinati fà tacere per sempre quelle anime e forse non è giusto lasciare che il tempo e il disinteresse cancelli le emozioni di chi non c'è più solo perchè non esiste in vita chi le condivideva.

Altre profanazioni, tipo la polvere di mummia, non meritano nemmeno il nostro giudizio, come non meritano giudizio gli abbandoni negli ammuffiti depositi dei musei di innumerevoli corpi di sconosciuti ai quali invece sarebbe dovuta una pia sepoltura che lasci a noi solo l'immaginazione della loro esistenza.
Sapere che esistono corpi accatastati come "baccalà", nascosti nei magazzini mi fà orrore mentre mi piace pensare che, per esempio, quello sconosciuto del predinastico a Torino viene tuttora onorato. Nonostante qualcuno, tra coloro che lo guardano, non abbia grande interesse per lui altri invece si soffermano e portano il proprio pensiero indietro nel tempo per incontrare la sua vera vita.

NEFERNEFERURE
00giovedì 13 maggio 2010 23:21
Con me sfondate una porta aperta, ritengo che il rispetto per la dignità della persona debba essere il principio ispiratore di ogni azione umana.
Concordo sul fatto che si possa e debba studiare - con le dovute cautele e senza devastazioni - i poveri resti che emergono dal passato, giusto per saperne di più e forse poterne scrivere (e in taluni casi, riscrivere) la storia, ma non si deve mai dimenticare che sono PERSONE e come tali vanno trattate.
Ho visto come sono ben tenute le mummie reali nel Museo del Cairo, ma per quelle poche mummie
quante altre non sono state assunte a pari dignità? Abbiamo ancora molto da imparare da Kemet...
Mi rendo conto che in un mondo dove si calpestano i diritti dei viventi, quelli dei defunti possano contare ancora meno...ma forse è ora che qualche voce si levi in loro difesa.





-Kiya-
00giovedì 13 maggio 2010 23:23
Re:
Grazie per aver espresso il tuo pensiero, Meryt.
Ho trattato l'argomento nella speranza di accendere un dibattito che potrebbe rivelarsi interessante e meritevole di approfondimenti e per poter apprendere le vostre posizioni in proposito.
Non ho nulla da eccepire sulle condizioni in cui vertono le mummie esposte al Museo di Torino, fatta eccezione per quella appartenente al Predinastico che mostra, a mio avviso, alcuni segni di sofferenza.
Tuttavia, non essendo specializzata in materia non posso giudicare tecnicamente se le sue condizioni di conservazione sono ottimali, oppure no.
E' fatto noto, però, che quelle esposte, a Torino come altrove, non sono le uniche in nostro possesso. Ce ne sono altre e sono in numero consistente.
Non resta che sperare che queste trovino la dovuta collocazione in tempi accettabili, se proprio non potranno essere rimpatriate.
Su quest'ultimo punto vorrei specificare che, esprimendo il mio desiderio che le mummie possano essere restituite all'Egitto, non ho minimamente tenuto in considerazione eventuali priorità degli attuali abitanti del Paese. Quello che dico non è: dobbiamo restituire le mummie all'Egitto, affinchè possano esporle nei loro Musei. Auspicherei piuttosto (per quanto io stessa ne riconosca la difficoltà di realizzazione) che vengano create aree da destinare alla sepoltura, opportunamente controllate, dove quei poveri resti possano riposare in pace.

Conosco Egiziani che condividono la mia posizione, ma sono in numero relativamente basso, rispetto alla totalità.
Mi astengo volutamente dal giudicare.
Le mie considerazioni sono totalmente improntate verso il rispetto dell'antica civiltà Egizia, verso l'importanza che questi riconoscevano alla loro Terra e al loro bisogno di credere di potervi giacere, a morte terrena sopraggiunta.

Volendo riflettere tutto questo nello specchio della modernità, sostanzialmente è la medesima "condanna" che faccio a chi espone (e lucra) su reliquie santificate.
-Kiya-
00giovedì 13 maggio 2010 23:25
Noto solo ora, ma con vivo piacere, gli interventi di Roberta e Anna. Me li leggerò con attenzione, prima di procedere con eventuali repliche ;)
NEFERNEFERURE
00giovedì 13 maggio 2010 23:30
Re: Re:
-Kiya-, 13/05/2010 23.23:

Le mie considerazioni sono totalmente improntate verso il rispetto dell'antica civiltà Egizia, verso l'importanza che questi riconoscevano alla loro Terra e al loro bisogno di credere di potervi giacere, a morte terrena sopraggiunta.




A questo mi ispiravo quando dicevo che abbiamo ancora molto da imparare da Kemet...
-Kiya-
00giovedì 13 maggio 2010 23:51
Re:
roberta.maat, 13/05/2010 22.53:


Altre profanazioni, tipo la polvere di mummia, non meritano nemmeno il nostro giudizio.....




Sono scempi che ci paiono distanti anni luce, eppure ancora terribilmente e tristemente attuali. Senza toccare in modo specifico l'ambito medico o la credenza del potere guaritore della polvere di mummia, basta pensare che tutt'oggi si registrano episodi di commercio sul mercato nero di parti di corpi umani mummificati. Accade, ad esempio, in Perù, nella zona funeraria di Chaucillay (nei pressi di Nazca), in cui si trovano numerose mummie ivi rinvenute e conservate in loco insieme ai loro corredi, con tutti gli accorgimenti necessari. O almeno così dovrebbe essere....
Lì il mestiere di tombarolo è tuttora praticato, tant'è che gli operatori turistici consigliano spassionatamente, ai loro clienti che si aggingono a visitare l'area, di astenersi dall'incentivare i commerci illeciti, evitando di acquistare i reperti proposti loro dai ladri.








-Kiya-
00venerdì 14 maggio 2010 00:04
Re:
NEFERNEFERURE, 13/05/2010 23.21:

Con me sfondate una porta aperta, ritengo che il rispetto per la dignità della persona debba essere il principio ispiratore di ogni azione umana.
Concordo sul fatto che si possa e debba studiare - con le dovute cautele e senza devastazioni - i poveri resti che emergono dal passato, giusto per saperne di più e forse poterne scrivere (e in taluni casi, riscrivere) la storia, ma non si deve mai dimenticare che sono PERSONE e come tali vanno trattate.
Ho visto come sono ben tenute le mummie reali nel Museo del Cairo, ma per quelle poche mummie
quante altre non sono state assunte a pari dignità? Abbiamo ancora molto da imparare da Kemet...
Mi rendo conto che in un mondo dove si calpestano i diritti dei viventi, quelli dei defunti possano contare ancora meno...ma forse è ora che qualche voce si levi in loro difesa.




Ci troviamo sullo stesso ordine di idee.
Aggiungerei che studi e indagini storiche non necessariamente presuppongono l'esposizione. Si può portare avanti la ricerca senza che le mummie siano poi trattate come "specchietti per le allodole" all'interno di mostre ed esposizioni.
Pensiamo, ad esempio, all'affluenza registrata dalla KV62 nella Valle dei Re, nettamente superiore rispetto a quella registrata dalle altre tombe visitabili.
Onestamente dubito che ogni visitatore si sia detto: "voglio rendere omaggio a un sovrano d'Egitto". Ma non dovrebbe essere questo, eventualmente, lo spirito che anima chi si reca al cospetto di Tutankhamon?
Come ho più volte ribadito, sono stata in Egitto una sola volta, finora.
In quell'occasione mi rammarico di non essere riuscita ad accedere alla Sua tomba. Ma la motivazione che alimentava, e tuttora alimenta, questo desiderio, concedetemelo, è ben altra che non la curiosità di vedere il corpo del "faraone della maledizione"..... In tutta onestà, non ho visitato nemmeno la Sala delle Mummie al Museo del Cairo. Questo non per impossibilità organizzativa, ma proprio perchè già allora non riuscivo ad ammettere un gesto che aveva un forte sapore di empietà.

Tutt'oggi, quando torno a Torino, scelgo giorni tranquilli (nei limiti del possibile) per recarmi al Museo, per poter evitare di assistere a scene che mi muovono a rabbia davanti alla teca che espone le Tre Sorelle, presso le quali resto sempre qualche minuto, in rispettoso silenzio.



roberta.maat
00venerdì 14 maggio 2010 09:27
Non vorrei essere giudicata dissacrante e trovo complesso organizzare a parole il mio pensiero.
Il corpo ci appartiene, esso è l'immagine esteriore di ciò che siamo, merita rispetto ed è lo strumento per cui riusciamo a comprendere il diritto alla individualità conferendo i diritti che sono propri degli uomini.
Deve essere questo un punto fermo per allontanarsi dal materialismo più estremo che sovente spinge a confondere membra essiccate con vasi di coccio.
Vorrei aggiungere però che anche un coccio riprende a vivere se collocato nel tempo e nello spazio là dove, pure inerte, partecipava alla vita. Il cercare di riportare un corpo nella dimensione che frequentava da vivo restitusce l'essenza che il tempo e l'oblio vogliono cancellare.
Nessuno di noi butterebbe una scatola di ricordi cari ma se questa finisse in mani estranee perderebbe il suo valore e la sua fine sarebbe inevitabile. Ancora più facile sembrerebbe disfarsi di quel corpo secco e fasciato, testimone della caducità della carne, seppellendolo lontano dalla vista dei simili che nulla sanno di lui. Un atto di pietas che riteniamo tutti un dovere......tuttavia obblighiamoci a pensare talvolta che se guardiamo una bacheca stiamo permettendo a quel defunto di essere ancora QUALCUNO.
-Kiya-
00venerdì 14 maggio 2010 13:32
Re:

Il tuo precedente intervento non ha minimamente dato adito a un giudizio negativo, per quel che mi riguarda ;)

roberta.maat, 14/05/2010 9.27:

....tuttavia obblighiamoci a pensare talvolta che se guardiamo una bacheca stiamo permettendo a quel defunto di essere ancora QUALCUNO.



E' esattamente questo ciò su cui vorrei far riflettere e su cui, più di una volta, ho riflettuto io stessa.
Riflessioni, le mie, che tirando le somme mi hanno condotta a pormi una domanda insistente:
prendendo atto di un errato approccio da parte della maggioranza del pubblico, quale e quanta responsabilità ha il pubblico medesimo in questa conclusione e quale e quanta responsabilità, invece, ricade sul "sistema"?

Che messaggio trasmette una mummia esposta presso un Museo e quale controllo si opera in tal senso?


Hotepibre
00venerdì 14 maggio 2010 14:37
Nessun controllo cara Kiya, poichè nessun controllo sarebbe fattibile là dove, con tale termine, intenderemmo un controllo sulla mente di coloro che quel/i corpo/i guardano; "davanti alle tre sorelle mi soffermo per qualche minuto", hai scritto più sopra, ed in quei minuti sono certo che il tuo pensiero non vada all'"oggetto" mummia, bensì, giustamente, al "corpo" ed a ciò che rappresenta o che ha rappresentato, ma altri (purtroppo la maggioranza) di certo sono più morbosamente attratti dal gusto del macabro in ciò, fuori dai denti, aiutati anche da ambientazioni museali che talvolta sono al limite del "noir".
Sale buie, spot stretigicamente disposti, bacheche che offrono un colpo d'occhio improvviso sul loro contenuto così da aumentare il "pathos", sono cose ormai note a tutti e che tutti (o almeno chi è appassinato seriamente) abbiamo stigmatizzato.

Ma torniamo al discorso generale, motivo di questo 3D.

Vorrei tralasciare il discorso etico/religioso/filosofico, per attestarmi su quello più propriamente di opportunità ad esporre mummie, o alla ventilata ipotesi di "restituire" i corpi alle rispettive Terre per una più degna seplotura.

Credo che una prima distinzione vada fatta tra il "prima" ed il "dopo", con ciò ointendendo quelle che ormai sono mummie "patrimonio" consolidato dei musei e quelle che dovessero essere, e che vengono, rinvenute oggi.

Escludiamo subito queste ultime poichè una ben diversa sensibilità, e strumenti oltremodo sofisticati, ci consente oggi di "vederle", "studiarle", senza minimamente "invaderle" con il nostro mondo moderno: che si chiami TAC, o radiografia, resta il fatto che quel corpo continua a dormire il suo sonno pur appagando il desiderio, ed il bisogno, di saperne di più.

Di quale sia, o meglio quale dovrebbe essere, poi la destinazione finale di quei corpi ne parlerò in seguito.

Passiamo perciò alle "mummie" di "prima", ovvero a quelle che ormai conosciamo dalle nostre visite ai Musei o dai libri che così avidamente consumiamo.

Come ben sappiamo, una volta archoelogia era sinonimo di ricerca di tesori nascosti, o comunque motivo per soddisfare la curiosità tanto che lo sbendaggio delle mumie diventava un vero e proprio spettacolo, con tanto di inviti o di pagamento di biglietti.

Increscioso, oggi di certo obrobrioso, ma ormai altrettanto certamente già accaduto.

E' il caso di esporre queste mummie nei musei? Per istinto sarei portato, come voi del resto, a dire no, esattamente come è ormai acclarato che gli zoo siano istituzioni negative per la buona vita degli animali però... però ormai sono ancora tanti gli animali negli zoo che non possono materialmente essere rimessi in natura poichè, essendo spesso nati in cattività, non saprebbero come comportarsi o difendersi.

Ecco, io credo che (senza con questo voler creare alcun parallelismo tra le mummie e gli animali degli zoo, si intende) per quei poveri resti delle mummia del "prima", ci si trovi dinanzi non al "SE" esporle, chè ormai appartengono davvero al patrimonio dell'umanità, ma semmai al "COME" esporle, come dar loro, pur nella cornice di un Museo, la dignità che competeva, e tutt'oggi compete, ad un essere che una volta è stato vivente, e che ancora oggi DEVE mantenere la propria dignità.
Sia perciò bandito ogni sensazionalismo nell'esposizione, si dia a quei poveri corpi una sistemazione decorosa, non li si mostri nudi, si faccia comprendere a chi accede che quella, per quanto all'interno di un Mesuo, è una tomba a tutti gli effetti, si bandiscano macchine fotografiche, si costringa il pubblico a parlare sotto voce, a non schiamazzare, a mostrare rispetto per quei defunti che, con il loro non vluto sacrificio, sono stati comunque utili alla scienza, all'archeologia e, in qualche modo, al benessere di noi uomini "moderni".

Converrete che questo comporterebbe una "cultura" di base che difficilmente si può insegnare, ma che potrebbe essere adeguatamente "imposta" in occasio di visite ai Musei ed alle aree destinate alla conservazione delle mummie.

Quanto alla restituzione alle Terre d'origine, sarebbe un'ottima idea, ma temo, piuttosto, che andrebbero (specie in paesi in cui ce n'è in abbondanza) ad ingrossare il già enorme numero di quelle che giacciono insepolte e maltrattate su chissà quale scaffale di magazzino.

Potrebbe accadere inoltre, anzi accadrebbe senz'altro, che "quella" mummia di una ignota suonatrice di sistro, che ha una sua enorme dignità presso lo sconosciuto Museo di provincia dove, essendo l'unico reperto egizio, è la "star" , divenga davvero poco più che un numero negli elenchi di magazzino facendo così perdere al personaggio anche quella dignità che le era stata tributata nononstante i suoi oscuri natali.
Merytaton62
00venerdì 14 maggio 2010 16:35
Ad onor del vero, non ho visto scene disdicevoli al cospetto delle mummie, nè al Cairo (dove, peraltro, la sala era semivuota)nè a Torino ,nè a Trieste .Sono stata fortunata? Forse.

Personalmente, non mi sembra neppure che le medesime riscuotano questo grande interesse: la gente è maggiormente attratta dai sarcofagi, dalle decorazioni , tuttalpiù dai referti delle analisi radiologiche (che possono rivelare molti particolari interessanti).Idem per i visitatori della KV62, che di solito ricordano la storia romanzesca della sua scoperta, ed hanno negli occhi le immagini del tesoro conservato al museo del Cairo ,di cui immaginano che il sepolcro sia l'indispensabile complemento ( io non l'ho visitata per mancanza di tempo).

A Trieste , per le due mummie parzialmente sbendate, si è optato per una via di mezzo:i corpi giacciono nei sarcofagi, ed il coperchio è appena sollevato, in modo da poterci al massimo sbirciare (ma quasi nessuno lo fa).

Condivido appieno il pensiero di Hotepibre sulla non-necessità di rimpatriare le mummie egizie sparse per il mondo, proprio in considerazione del fatto che,molto probabilmente, nella loro terra d'origine non verrebbe loro riservato un trattamento migliore e verrebbero condannate all'anonimato.

Inoltre, se vogliamo essere coerenti fino in fondo, bisognerebbe vietarne anche la riproduzione fotografica e la diffusione tramite internet;ma noi stessi su questo forum abbiamo dato spazio alle foto della mummia di Tutankhamen ed a quella di Hatshepsut...
emilioraffaele
00venerdì 14 maggio 2010 21:07

Vorrei dare il mio piccolo contributo alla discussione, sperando di non ripetere le cose che sono state già dette.

Credo che sia basilare lo studio di spoglie umane ai fini scientifici, specie per  cercare di capire il più possibile sulla vita di persone vissute migliaia di anni fa, sia nel caso che queste siano le spoglie di un faraone, sia che siano poveri resti mummificati di “esseri” sfortunati vissuti nel lontano Perù e sacrificati a chissà quale dio di quei tempi, o che sia il corpo nudo dell’Uomo di Similaun, (lui addirittura conservato in frigorifero). E finché è ai fini di studio…tutto bene.

Effettuati però questi esami, più rapidi possibile, per me il problema che si pone è soltanto di tipo morale. Premetto che religiosamente mi definisco un “agnostico” e pertanto non mi sento condizionato nel dover rispettare certi “canoni” prescritti dalle diverse “confessioni”. Sperando che non facciate troppi scongiuri nei miei confronti, vi confesso di avere dato istruzioni chiare affinché, dopo la mia dipartita, il mio involucro terreno sia distrutto (così tra 5000 anni non potranno studiarmi!! he, he).

Ora, nel mio caso, il mio volere sarà sicuramente rispettato. Il problema è proprio questo: sono convinto che il nostro comportamento nei confronti degli altri, dovrebbe essere sempre improntato al “rispetto” della persona, in vita o in morte; purtroppo il rispetto è un termine che sta diventando sempre più privo di significato. Per me non ci dovrebbero essere vie di mezzo.

Intendo dire che se la fede Egiziana prescriveva la conservazione del corpo e la custodia dello stesso in luoghi edificati per questo scopo, la loro fede e la loro speranza di vita dopo la loro morte, vanno rispettate sempre e comunque. Le volte che mi sono trovato di fronte a mummie, vestite o no, importanti o no, mi sono sentito triste e turbato, perché quelle persone, quando erano in vita, non avrebbero mai immaginato di finire in una bacheca di vetro, per il piacere, la curiosità e lo stupore dei visitatori di un museo e questo vale per tutte le mummie, anche per quelle prelevate dalla loro tomba in tempi più antichi. Ma non credo che la nostra discussione possa essere condivisa più di tanto dagli ambienti specializzati, tant’è che sta nascendo una nuova arte, quella della “replicazione” perfetta delle mummie…..da esposizione.

Merytaton62
00venerdì 14 maggio 2010 21:24
Credo che il fenomeno delle mummie-doppione non prenderà piede, proprio perchè secondo me la gente non è interessata, in quanto non aggiunge nulla alle conoscenze in materia.

A scanso di equivoci, tengo a precisare che sarei favorevole al "rimpatrio" delle mummie qualora , a livello di popolo, se ne sentisse il bisogno.
roberta.maat
00venerdì 14 maggio 2010 23:07
Visto che, ahimè, il banale invito " la custodia dei giardini è affidata alla educazione dei cittadini" è spesso disatteso, ci resta una flebile speranza che il passato con le sue testimonianze abbia ancora molto da vivere.
La sensibilità non è di tutti e probabilmente l'accanimento scientfico su certi corpi o l'esposizione di altri nei musei non deve essere ritenuto un oltraggio bensì l'espressione del rispetto ed il riconoscimento della uguaglianza tra gli uomini siano essi vivi o morti.
Per quel che riguarda il rientro di tutte le mummie egizie nella loro terra, non sono d'accordo e il motivo è sempre lo stesso : riaccendere la memoria del passato dovunque e comunque.
Merytaton62
00venerdì 14 maggio 2010 23:35
Totò diceva: "la morte è una livella...". Infatti la sensazione più viva riportata dalla mia fugace visita alla "stanza delle mummie" è stata proprio sensazione di quanto siano effimeri onore e gloria: sono passata accanto a ciò che rimane di Hatshepsut e solo all'ultimo momento, con la coda dell'occhio, ho fatto caso alla targhetta che ne indicava il nome. Ho rischiato di passare accanto ad una delle donne più notevoli della storia senza quasi accorgermene.

Non c'era neppure alcun segno che desse particolare risalto alla mummia di Ramses II;eppure, molti anni fa, quando è stata traslata a Parigi per un'esposizione (oltre che per un restauro), le sono stati resi gli onori militari, in quanto trattavasi pur sempre di un capo di stato...

Se ci rendessimo veramente conto di quanto la vita sia fugace (ancorchè meravigliosa) saremmo certamente meno malvagi.
pizia.
00sabato 15 maggio 2010 01:28
Sono d'accordo con quanto espresso nel post iniziale, mi trovo in sintonia con il pensiero della studentessa Malin Masterton e con tutte le considerazioni espresse in modo generale.
Ma su questo mi sembra concordiamo tutti.
Diversamente, nel momento in cui dall'argomento generale si passa a quello particolare, le opinioni si differenziano e cominciano a divergere, dapprima leggermente, poi in maniera evidente, quando ci si avvicina ad un epilogo.

Sul rimpatrio c'è il maggiore accordo: siamo tutti contrari.
Il nostro pensiero va in particolare ai corpi di antichi egizi morti, quindi non possiamo ignorare quanto il sentimento religioso, la pietas dovuta al defunto, gli spazi e le risorse dedicate al culto, siano elementi così mutati ai tempi attuali rispetto a quando vissero gli interessati, tutti motivi sufficienti per rendere impossibile un rientro.

Si tratta allora di trovare un corretto metodo di conservazione.
Questo argomento è più personale e probabilmente risente del singolo modo di vedere la vita e la morte di ognuno di noi.
Sinceramente a me non sembrerebbe di essere "qualcuno" ossia "meno dimenticata" se più guardata dopo morta, cioé se il mio cadavere fosse esposto come mummia di punta nel piccolo museo, piuttosto che chiusa nella mia cassa appoggiata su uno scaffale polveroso nel sotterraneo del museo cairota.
Anzi, quasi preferirei la seconda ipotesi davvero!
La sensazione di essere più importanti e quindi più contenti, quando siamo "protagonisti", immagino sia legata al nostro modo di vedere "occidentale" e "classico", ma forse altri popoli, estranei a queste culture, non percepiscono questa importanza del mettersi in mostra.

Secondo me i morti dovrebbero riposare in pace, come e dove hanno preferito loro.
Da questo punto di vista fu esemplare il comportamento di Petrie e Quibell quando, scavate le tombe delle necropoli di Naqada e Ballas le ricolmavano di sabbia, dopo aver misurato, rilevato, disegnato l'interno e il suo contenuto.
Però non sempre si può fare così: non si poteva lasciare nella cachette di Deir el-Bahari tutte quelle mummie di re del Nuovo Regno, né si poteva lasciare Oetzi sul sentiero scongelato in cima alle montagne.

Tanto per non fare nomi... si poteva lasciare Tut chiuso nel suo sarcofago bellissimo, brillante come solo l'oro può essere, invece di mettere in mostra la mummia, corpo conservato per ben altri scopi che l'essere guardato con curiosità morbosa.
E dico curiosità morbosa perché questo si vuole cercare, attraverso questo si vuole incrementare l'afflusso di turisti alla tomba; se così non fosse, non ci sarebbe stata ragione di modificare un allestimento apprezzabile, come quello precedente, e di pubblicizzarlo a gran voce attraverso i media.
roberta.maat
00sabato 15 maggio 2010 08:03
Rispondo a Pizia che dopo aver saggiamente raccolto le opinioni ha trovato i denominatori comuni cercando di fare ordine nella discussione. Bene !
Dissento però sull'accezione che ha voluto rilevare riguardo la parola QUALCUNO da me usata in uno dei post precedenti. Assolutamente non era mia intenzione identificare con quella parola uno status sociale, nè un rango. Sono stata fraintesa, per me QUALCUNO stava ad indicare l'essenza vitale, cioè quanto abbandonò quel corpo al momento della morte. Nulla a che fare dunque con il verso celebre de " i sepolcri", piuttosto invece riconoscere ad un cadavere la dignità della identità come persona.
Mi ero dilungata abbastanza su questo concetto ma evidentemente non ho saputo essere chiara sufficientemente.
Merytaton62
00sabato 15 maggio 2010 11:56
Rispondo a Pizia: essendo una neofita posso sbagliarmi, ma mi pare di aver capito che gli egizi temessero l'oblio sopra ogni cosa...quindi,paradossalmente, uno di loro avrebbe preferito essere "una star" in un museo di provincia che giacere dimenticato in uno scaffale (fermo restando che le mummie che ancora giacciono sotto la sabbia è meglio che rimangano lì).
Merytaton62
00sabato 15 maggio 2010 12:00
Secondo me,in definitiva, le mummie già presenti nei musei, se avvolte nelle bende possono essere esposte, quelle sbendate sarebbe meglio di no.
roberta.maat
00sabato 15 maggio 2010 16:04
Ho riletto attentamente i vostri interventi e mi accorgo che anche Meryt ha frainteso il mio "QUALCUNO".
Ripeto che in quel contesto intendevo "qualcuno" come antitesi a "qualcosa", pure se sensibilità e cultura possono animare nel nostro immaginario anche le cose............ma anche questo lo avevo già scritto !

Non saprei dire se faccia differenza mummia sbendata o no perchè aldilà dell'osservanza delle comuni regole di pudicizia suggerite dai nostri attuali costumi, non mi sembra importante che un lino indurito celi un volto, anzi secondo me l'austerità che la morte conferisce incute maggiore rispetto in chi guarda.
Merytaton62
00sabato 15 maggio 2010 16:31
No, secondo me sei stata CHIARISSIMA. Ho capito benissimo che "qualcuno" andava inteso come antitesi di "qualcosa". Semmai, forse, qualcuno può non essere d'accordo con Hotep che trova la condizione di mummia "valorizzata" preferibile a quella di mummia "misconosciuta".

Secondo me, invece, la distinzione tra mummia "sbendata" e "non" è essenziale:nel primo caso si avverte solo una "presenza", nel secondo caso le fattezze distorte del defunto sono crudelmente messe a nudo, il che non è un bello spettacolo .
roberta.maat
00sabato 15 maggio 2010 22:01
Grazie Meryt per aver precisato.
In ogni caso potrei essere d'accordo con te sull'estetica dei volti sbendati........tuttavia insisto nel sostenenere che dal viso traspare molto......basta non aver orrore dello spettacolo.
Trovo meraviglioso il volto di Tuia e non mi spaventa nè Yuia nè Unown man E, aggiungo che l'austera espressione di Seti I trasmette tuttora il suo carisma. Ho citato questi perchè sono noti nel nome ma ritengo che anche gli anonimi possano susciare in noi i ricordi della loro vita.
pizia.
00lunedì 17 maggio 2010 11:32
Re:
roberta.maat, 15/05/2010 8.03:


Dissento però sull'accezione che ha voluto rilevare riguardo la parola QUALCUNO da me usata in uno dei post precedenti. Assolutamente non era mia intenzione identificare con quella parola uno status sociale, nè un rango. Sono stata fraintesa, per me QUALCUNO stava ad indicare l'essenza vitale, cioè quanto abbandonò quel corpo al momento della morte.


Roby il mio commento non era una risposta al tuo in particolare, ma in generale, al sentimento, più che legittimo del resto, in effetti un po' foscoliano, per cui una persona abbia valore se ricordata, anche dopo la morte, in un certo modo, per le sue imprese o per la sua importanza sociale.
Anche se nessuno in questo forum fosse d'accordo su questa posizione, immagino che invece nella società nostra contemporanea, su questo scorcio di nuovo millennio, sia un modo di vedere molto comune, sempre presente in una certa percentuale di esseri umani.
Ben venga per loro l'esposizione della salma intera e nuda, o vestita come preferiscono, ma per chi non ha questa aspirazione spero sia possibile il dimenticatoio ... ecco, in questo credo consistesse una delle motivazioni per cui la studentessa laureanda in bioetica chiedeva rispetto e giustizia per quei defunti che non hanno più, qui sulla terra, un "avvocato" che difenda i loro umani diritti.



pizia.
00lunedì 17 maggio 2010 11:49
Re:
Merytaton62, 15/05/2010 11.56:

Rispondo a Pizia: essendo una neofita posso sbagliarmi, ma mi pare di aver capito che gli egizi temessero l'oblio sopra ogni cosa...


Giusto, temevano l'oblio, ma per contrastarne gli effetti è sufficiente dire il nome... e lasciare riposare il corpo dov'è.
Ora iniziamo ad addentrarci nella metafisica egizia...
Del periodo antico sappiamo abbastanza poco anche sulla metafisica, oltre a tutto il resto.
Dell'epoca imperiale sappiamo qualcosa di più, e forse anche loro stessi si erano fatti un'idea più precisa di cosa fosse l'essere umano, delle parti corporee ed incorporee di cui è costituito e di cosa avrebbero voluto succedesse a queste dopo la morte.
Prima esigenza la conservazione del corpo: esso serve per continuare ad ospitare variamente le parti impalpabili, quelle volatili, estremamente labili se non supporate dalla loro parte materiale, il "luogo" in cui esse si ritrovano unite.
La materia però è destinata a degradarsi, prima o dopo, e questo lo sapevano pure loro; ma anche noi non possiamo ignorare che un corpo sepolto sotto la sabbia del deserto occidentale si deteriora anche meno di uno portato nella bacheca climatizzata di un museo, là trova un ambiente stabile di cui diventa quasi parte, qui, per quanto la tecnologia aiuti, ci sono sempre maggiori possibilità di degrado, contagio, innesco e persino eventi imponderabili.
Quindi, ogni volta in cui non ci limitiamo a dire il nome, ma trasportiamo un cadavere in un museo, già acceleriamo il processo di dissolvimento a cui è destinato...


-Kiya-
00lunedì 21 febbraio 2011 02:24
Sembra che, in proposito, effettivamente qualcosa cominci a muoversi....

I Musei stanno nascondendo inestimabili collezioni di resti umani, per motivi ideologici.

I visitatori dei Musei, quelli prevalentemente interessati alle mummie, quale attrazione, sembra debbano mettersi il cuore in pace, poichè la loro soddisfazione avrà i giorni contati. Finora le mummie egizie hanno rappresentato il principale polo di attrazione di molte collezioni, ma già in questo momento i Curatori di alcune esposizioni inglesi hanno preso la decisione di ritirarle dall'area espositiva, senza alcuna consultazione preliminare.

Durante l'anno in corso il Bristol City Museum & Art Gallery pubblicherà le prime norme specifiche sull'uso e l'esposizione di resti umani. Dalla bozza è già chiaro che lo staff che se ne sta occupando risulta essersi preso particolarmente a cuore gli antichi resti.

Le opzioni possibili, in prima istanza, saranno essenzialmente due:

- l'introduzione di apposite "segnalazioni" per i visitatori, in cui verrà specificato che tale materiale è esposto (pur con le dovute attenzioni);
- la possibilità di scegliere non mostrarlo affatto.

Intanto, l'esposizione del British Museum è stata già "drasticamente" modificata.
Se fino a poco tempo fa la celebrata collezione di mummie era abitualmente mostrata nei relativi sarcofagi aperti, ora gli stessi hanno i coperchi parzialmente chiusi, in quanto secondo il Curatore, così è molto più rispettoso.
Ai visitatori sarà concesso esclusivamente di ammirare le foto delle mummie sbendate, ma saranno loro a dover acconsentire, premendo il pulsante che illuminerà gli scatti.
Allo stesso modo non sarà più concesso fotografarli o videoriprenderli, salvo in presenza di licenze specifiche (riprese televisive autorizzate).

Questo tipo di "cautele" non rappresentano affatto un caso isolato. Negli ultimi 5 anni, ben 17 Musei in Gran Bretagna hanno applicato regole precise in riferimento ai resti umani. Alcuni, come il Manchester Museum, avevano già avvolto le mummie esposte in lenzuola bianchema hanno dovuto nuovamente scoprirle, a causa delle proteste del pubblico.

Dal momento in cui i Codici su cui si sta lavorando entreranno in vigore, non ci sarà più alcuna possibilità di appello o di protesta.
Merytaton62
00martedì 22 febbraio 2011 08:38
Tutto ok, ma abbastanza inutile visto che su Internet circolano immagini impietose di resti umani. Tempo fa, nella vetrina di una libreria, ho visto persino un libro fotografico in formato gigante (di quelli che costano una botta) intitolato, per l'appunto, "mummie reali", sulla cui copertina troneggiava un'immagine a dir poco racapricciante.
-Kiya-
00martedì 22 febbraio 2011 08:39
E' il volume pubblicato da Hawass.
pizia.
00mercoledì 23 febbraio 2011 01:56
Già, anche qui, controcorrente!
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