Re: Re: Re:
Zeranzo, 1/29/2009 7:07 PM:
Come ha fatto?
Si chiama antropologia. Stessi risultati ci pervengono dalla psicologia sociale.
Si studiano le reazioni in base a dati eventi.
In pratica, si fa vedere a una persona un evento assolutamente casuale, e si vedono le conseguenze che essa ne trae.
Ovviamente, non solo in un ambiente controllato (laboratorio) ma nella vita di tutti i giorni. Spesso attraverso fatti di storia o di cronaca.
Ti faccio qualche esempio piuttosto banale:
il cartomante:
Essenzialmente, mischia le carte e le tira fuori una per volta in ordine assolutamente casuale.
Chi si rivolge al cartomante, è però portato a credere che l'ordine in cui escono le carte voglia significare qualcosa.
Altro esempio: il fulmine o altri eventi atmosferici, che sono stati da sempre ricollegati a segnali mistici o religiosi, perlomeno fino al 1800.
Anche adesso, numerosissimi uomini di scienza cercano di comprendere l'inizio e la fine dell'universo, sebbene questi due momenti non siano assolutamente interessanti come quello che avviene "in mezzo"
Lo stesso concetto di "destino" o di "divinità" affascina da così lungo tempo l'umanità proprio perchè si adatta molto bene al modo di pensare dell'uomo.
Altro esempio: supponi di avere di fronte a te due scatole, una è vuota, l'altra è piena di soldi, e ne devi scegliere una. su una c'è un numero assolutamente casuale, sull'altra, guarda caso, la tua data di nascita (o il tuo numero di telefono, o il tuo numero preferito... insomma, un numero con un significato particolare).
Statisticamente, la maggior parte delle persone, sceglierà la scatola con la propria data di nascita, pur essendo le probabilità assolutamente equivalenti.
L'uomo ragiona in termini del tipo "il fatto che ci sia quel numero, è un diretto messaggio per me", quando in realtà, è una cosa assolutamente casuale.
Un po' come il programma televisivo "affari tuoi", che (credo, non guardo la TV) funzioni circa in questa maniera.
La spiegazione di questo modo di pensare, è puramente darwiniana: chi si pone degli scopi sopravvive molto più facilmente ci chi non se li pone, perchè più determinato, dunque, un sistema di pensiero che veda finalità in ogni azione è molto avvantaggiato, ai fini della sopravvivenza.
Poi, io non sono un sociologo ne un antropologo, quindi non saprei dirti, di preciso, come si è arrivati a questi risultati.
Avevo letto qualcosa di preciso non più di qualche giorno fa. Dovrebbe esserci una pubblicazione divulgativa a riguardo, ma, sfortunatamente, non ricordo ne titolo ne autori.
Era un libro a "sei mani", comunque, scritto da uno psicologo, un antropologo ed un filosofo della scienza, tutti e tre italiani.
Sono uno studente di fisica: se vuoi ti spiego Newton^^.
E' interessante, ad ogni modo, quello che mi hai detto: la scienza ha dimostrato che l'uomo tende, di suo, ad abbracciare idee/mentalità finalistiche - e, di fatto, nella natura non c'è altro che Caos -. Questa analisi, che non posso non condividere, presuppone che ci sia un qualcosa di innato nell'uomo che lo porta a voler spiegare ogni evento in base al "progetto Divino", o quello che sia - anche una persona non religiosa può credere, in effetti, che tutto abbia un significato -.
E quindi, per te, non è un fatto emotivo ma intellettuale, questa Noia - il che è molto anti-romantico^^ -. Capisco!
Esattamente, hai capito in pieno.
In ogni modo, fra emotivo ed intellettuale la differenza è a mio parere estremamente labile^^...
In fin dei conti, ho detto in maniera un po' più "scientifica" (o pseudo tale) ciò che i romantici dicevano duecento anni fa, ossia lo spleen è una vaga ma al contempo sostanziale sensazione di "disarmonia" tra il proprio modo di pensare ed il mondo esterno.
Quella da me indicata è solo quella che mi è parsa l'ipotesi più plausibile, ma sarebbe stupido porla come unica causa. Il problema è sicuramente più complesso