Nicholas Reeves: La maschera di Tutankhamon

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Hotepibre
00lunedì 14 novembre 2016 11:44
BES = Bulletin of the Egyptological Seminar - vol. 19 - 2015
Sul bollettino annuale BES n. 19 del 2015, è apparso un articolo di Nicholas Reeves che riprende l'ipotesi (risalente al 2009 durante il simposio "Valley of the King since Howard Carter" tenutosi a Luxor) che la maschera d'oro di Tut fosse stata, in origine, predisposta per un altro personaggio e, segnatamente, Ankhkheprure Nefernefruaten.
Qui di seguito vi riporto, per riassunto, le parti essenziali dello studio particolarmente lungo ed articolato.

Descrizione Generale
La maschera porta il numero 256a nella catalogazione di Carter; è registrata presso il Museo del Cairo con il numero d'entrata 60672 e, come sottonumero del corredo di Tut, il 220.
Misura circa 54 cm in altezza, 39.3 in larghezza e 49 in profondità; lo spessore medio della lamina è stato stimato in 0.15 cm che diventano 0.30 nei bordi; il peso oscilla (a seconda delle pesature) tra i 9,2 e i 10,2 Kg.
Il materiale principale è oro di elevata caratura ma due sfumature sono riscontrabili ad occhio nudo: argento-azzurrognolo per il viso ed il collo ed un colore più scuro per il resto.
Analisi al XRDF (diffrattometro equipaggiato di spettrometro) hanno rivelato che si tratta di differenti leghe: 18.4 carati, rilevati per le labbra, e 22.5 carati nella treccia del nemes.
Il viso è una versione della realtà idealizzata nei ritratti noti del faraone all'interno ed esternamente alla tomba e segnatamente nelle due statue di guardiani.
La parte posteriore della maschera reca 10 colonne verticali e 2 orizzontali di geroglifici, derivanti dal capitolo 151 del Libro dei Morti; il testo è dedicato specificamente al benessere di Tut e i cartigli non mostrano segni di alterazione.
Parte integrante della maschera è la barba in pasta vitrea, oggi scolorata in grigio, che molte foto di Burton mostrano distaccata dal mento cui è applicata, a pressione, mediante una fascia d'oro.

Condizioni della maschera
Sorprende la gran quantità di danni subiti dalla maschera di Tut: perdita di estese parti della pasta vitrea blu dalla fronte e dal retro del nemes, specie dalla treccia; gran parte di questi danni furono causati da Carter nel tentativo di "scollare" la maschera dalle resine di imbalsamazione.
Un secondo gruppo di danni è visibile sulla fronte e sulla falda esterna, a destra, della maschera: due fori brutalmente eseguiti in antico per fissare fermamente in posizione il flagello al corpo. Non è ovviamente noto perché tali fori siano stati realizzati in maniera così cruda. Durante la cerimonia di apertura degli occhi e della bocca era prevista la posizione verticale della mummia regale e, forse, in tale posizione il flagello non restava ben fermo rischiando di cadere; ciò potrebbe aver comportato la necessità di risolvere il problema estemporaneamente.
Una terza area di danni è riscontrabile nella parte sporgente a destra del nemes: sembra infatti che questa sia stata sottoposta ad un urto molto violento. La posizione ed il tipo di danno, suggerisce che la maschera (e forse il completo abbellimento funerario) possa essere caduta dalla posizione verticale già all'interno della tomba. Tale ipotesi viene suffragata dalle stesse annotazioni di Carter [note per l'oggetto 256(b)4] che indica un certo numero di pezzi d'oro sparsi sul pavimento dell'entrata e dell'anticamera. Carter identificò successivamente tali frammenti come parte del fianco della maschera.
Interessante notare che nulla fa supporre che la maschera sia mai stata usata prima della sepoltura di Tut, nonostante le evidenze che dimostrerebbero che era stata preparata per qualcun altro.

(fine 1ª parte)

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