News del 12.04.07
L’aviaria vuole tutto il mondo
Ilaria Capua: c’è una sola strategia per poterla battere ed è la mia
L’influenza aviaria, chi se la ricorda? Nessuno, eppure sta accelerando la sua avanzata globale. E proprio adesso che imperversa nel Sud-est asiatico e colpisce una decina di nazioni africane, facendo strage di polli, cibo-base per milioni di poveri, è calato il silenzio mediatico.
Nessuno è in grado di dire se L’H5N1 diventerà il temuto (e fotogenico) virus pandemico. Quello che si sa è che una pandemia influenzale prima o poi arriverà: il virus avrà quasi certamente una componente aviaria, ma a diffonderla non saranno i migratori o i volatili domestici. Saranno gli umani, spostandosi su jet, navi, treni. Ed è impossibile prevedere se l’epidemia gobale sarà catastrofica, replica della «Spagnola» del 1917-1918, o un evento quasi impercettibile, come nel 1968.
Padova, ore 12. E’ passata un’ora e mezza e l’affresco che Ilaria Capua traccia all’«Istituto Zooprofilattico Sperimentale delle Venezie» non smette di espandersi: per la comunità degli scienziati è uno dei massimi esperti di influenza aviaria. E infatti a lei - l’eroina raccontata da «Science» e «Nature» - è stato affidato il coordinamento dell’Offlu, il centro per combattere la malattia di Fao e Oie, le istituzioni che si occupano di alimentazione umana e animali da allevamento.
Dottoressa, e in Italia? Neanche una carica, o sbaglio?
«Non me lo spiego: “Nemo propheta in patria”».
Di recente, comunque, ha avuto due importanti riconoscimenti.
«Il profilo su “Science” e la richiesta di operare nel gruppo di sostegno al Commissario europeo alla Ricerca».
Mi spiega meglio?
«Sono l’unica italiana nel team di consulenti del Commissario per l’area “Food, Agriculture&Biotechnology” del 7° Programma Quadro di Ricerca».
Lei sta per festeggiare: ha sfidato l’Oms con la richiesta di una rivoluzione etica che permetta la condivisione dei dati genetici sul virus e, dopo aver raccolto consensi in tutto il mondo, è sul punto di trasformare in realtà un progetto che rivoluzionerà le ricerche.
«Ho applicato il buon senso, che a volte nel mondo scientifico è carente. Ciascuno insegue un pezzo di ricerca e si perde l’obiettivo strategico: tutelare la salute pubblica».
E così parte il suo database GISAID, acronimo di Global Initiative on Sharing Avian Influenza Data, sottoscritto da 70 ricercatori e 6 Premi Nobel: come condividerete le informazioni?
«E’ un database gratuito, accessibile a tutti i ricercatori, che permette e promuove la condivisione delle sequenze geniche dei virus e tutela la proprietà intellettuale, in particolare nel Terzo Mondo».
Perché è così importante?
«I virus influenzali aviari infettano molti animali e l’uomo. Quando passano la barriera di specie, modificano il loro genoma per adattarsi all’ospite. I cambiamenti sono alla base delle loro caratteristiche di aggressività e patogenicità. Allora, che senso ha tenere le sequenze in database ad accesso limitato? La contraddizione che mi ha spinto ad agire è evidente: se l’Oms ammonisce che l’H5N1 scatenerà una pandemia gravissima, com’è possibile che solo un gruppo ristretto analizzi i dati, escludendo gli altri? Come ci si può permettere di aspettare mesi o anni per diffondere informazioni che potrebbero essere cruciali nella comprensione dell’epidemiologia della malattia? E così ho lanciato un appello e con me si sono schierati in tanti, compresa Nancy Cox, capo della Divisione Influenza del “Center for Disease Control” di Atlanta: abbiamo lavorato per un anno e ora ci siamo quasi».
Chi gestirà il database? E dove?
«La Svizzera ha messo a disposizione i fondi al “Swiss Institute for Bioinformatics”, che ha sviluppato un software specifico: non solo raccoglie, ma analizza le sequenze con strumenti straordinari. E c’è di più: abbiamo coinvolto i Paesi musulmani, la Cina e altri, che erano riluttanti a depositare le sequenze. Ora sanno che dopo sei mesi le informazioni nel GISAID saranno disponibili nelle principali banche dati: sono informazioni che, altrimenti, non sarebbero mai state analizzabili nel contesto globale».
Ci sono già dei risultati?
«Sì. E’ uscito un lavoro su “Emerging Infectious Diseases”, reso possibile grazie a contatti con studiosi dall’Afghanistan alla Croazia e dall’Egitto alla Nigeria, in cui si delineano tre sottopopolazioni virali in Africa e mutazioni che facilitano il salto di specie».
Dove trova i soldi per la ricerca?
«Attualmente attraverso bandi europei e del ministero della Salute. Per esempio con il mio team siamo coordinatori dei progetti Flu-Aid e Flu-Train e siamo coinvolti in altre sei iniziative dell’Ue».
Allora, nonostante tutto, in Italia si può fare ricerca?
«Anche nella criticata Sanità si possono raggiungere risultati eccellenti ed essere riconosciuti per ciò che valiamo. Sono orgogliosa che la mia iniziativa abbia fatto il giro del pianeta. Sono anche orgogliosa che sia stata concepita nel mondo veterinario e da una donna».
CHI E'
Ilaria Capua, Virologa
RUOLO: E’ ricercatrice all’«Istituto Zooprofilattico Sperimentale delle Venezie» di Padova e coordina l’Offlu il centro di ricerca per combattere l’influenza aviaria creato dalla Fao di Roma e dall’Oie di Parigi.
GABRIELE BECCARIA