NON SIAMO MATTI!!!!!!!!!!!!!!!!

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sibilla522
00sabato 24 maggio 2008 05:28
“Non sarai mai solo con la schizofrenia” diceva Woody Allen. E qualcuno deve aver preso la battuta alla lettera, visto che migliaia di persone con disturbi mentali si sono messe in rete e hanno deciso di scendere in piazza per fare coming out. Succede in America, Australia, Sud Africa e anche in Europa, dove si stanno moltiplicando i Mad pride: i festival dell’Orgoglio pazzo per combattere lo stigma, l’etichetta negativa che bolla chiunque sia affetto da una malattia della psiche e lo mette ai margini della vita sociale.
Le immagini sono già su Youtube. Al Mad pride di Toronto (Canada) un uomo di colore sui 200 chili si avvicina faticosamente al palco, altri due uomini lo aiutano a salire, lui prende il microfono e ancora col fiatone si mette a urlare: “Sono schizofrenico e non voglio più nascondermi. Ho il diritto a una vita sociale”. Poi indica la propria stazza e sbotta: “Guardate come mi hanno ridotto gli psicofarmaci. Diciamo basta! Chiediamo cure migliori!”. Applausi. Urla di incoraggiamento.
È il modello Gay pride. Come gli omosessuali rivendicano con orgoglio la parola gay, così le persone con disturbi della psiche hanno deciso di uscire allo scoperto. Forse il paragone non è congruo, visto che chi è schizofrenico spera ardentemente di superare il proprio disagio mentre l’omosessualità non è certo una malattia. Identico è però il concetto di base: un individuo può essere incluso nella società soltanto se l’etichetta che gli è stata appiccicata smette di essere un tabù culturale. Tutti d’accordo con Roland Barthes, insomma: “Il mito è una parola “, e se questa parola è una diagnosi, deve abbandonare i freddi corridoi degli ospedali psichiatrici, raccontare storie personali, indicare identità condivise e liberarsi del pregiudizio.
“Solo la depressione è accettata socialmente, le altre malattie mentali fanno ancora molta paura” ha ricordato sul New York Times Charles Barbe, professore di psichiatria all’Università di Yale “ma grazie ai blog e Youtube, la nuova generazione ha cominciato a raccontare la propria storia e pretende di meritare attenzione”.
Così, dal web alle piazze rimbalza la nuova ondata di rivendicazioni con un meccanismo simile a quello del blog di Beppe Grillo e dei suoi meet up. Dall’antipolitica all’antipsichiatria. Con un guru dei folli americani che si chiama David W. Oaks e che dal suo frequentatissimo portale Mindfreedom.org stila il calendario dei prossimi Mad pride.
Ex schizofrenico e maniaco depressivo, Oaks lancia invettive contro le case produttrici di psicofarmaci, accusate di essere il vero nemico della salute mentale. E sostiene di essere guarito grazie all’esercizio fisico, una dieta particolare e distensive passeggiate nella natura. Però non tutti la pensano come lui. Ai Mad pride prende il microfono anche chi vuole denunciare che i malati di mente possono lavorare, assumersi responsabilità ed essere utili a coloro che hanno un disturbo analogo.
Il tamtam attraverso il web funziona. Negli ultimi mesi, si sono svolti Mad pride a New York, Chicago, Vancouver, Accra (Ghana) e Londra. Con migliaia di partecipanti ansiosi di urlare al mondo la propria diagnosi, mentre altri incontri sono già fissati per le prossime settimane in diversi Paesi.
E in Italia? A sentir parlare di David W. Oaks inorridisce Nora Kaufman, creatrice del Caffè dell’arte, un centro milanese di riabilitazione per giovani con disturbo bipolare. “Un nostro associato ci ha proposto di aderire al movimento e per poco non lo cacciavo dalla mia stanza” dice Kaufman. “Anche noi combattiamo lo stigma” continua “ma per fare coming out bisogna essere molto cauti. In Italia, oggi, un bipolare in fase maniacale rischia il licenziamento in tronco. Non basta andare in piazza per risolvere il problema, anzi c’è il pericolo di ottenere il risultato opposto e di apparire macchiette da compatire”.
È critico anche Stefano Benzoni, neuropsichiatra infantile e autore con Pietro Adamo di Psychofarmers (Isbn), una storia dello psicofarmaco con tanto di visite negli armadietti del bagno di notabili del Novecento, a cominciare da Kurt Cobain. “Andando su Mindfreedom.org” spiega Benzoni “in due o tre link si finisce su siti che propongono una retorica dell’antipsichiatria ormai tramontata in Italia, secondo cui i farmaci farebbero male a prescindere e la follia sarebbe un costrutto culturale. Niente di piu dannoso per impostare un serio dibattito sulla salute mentale”.
Ma anche in Italia sta nascendo qualcosa. Da noi non si chiamano Mad pride ma non mancano gli appuntamenti in cui sono i malati a essere protagonisti. Una di queste nuove realtà è nata dal lavoro di Maria Grazia Bertelloni. Per curare il proprio disturbo bipolare si era rivolta a un gruppo di auto mutuo aiuto. Da lì è nata in breve tempo l’associazione Rete Toscana utenti salute mentale, che ogni anno riunisce anche altre associazioni da tutta l’Italia per un convegno con una formula inedita: i relatori sono le persone con disturbi mentali mentre gli psichiatri sono invitati ad ascoltare e imparare, ma senza diritto di parola.
Bertelloni non ha dubbi sull’utilità del protagonismo: “Chi meglio di noi puo spiegare la nostra malattia agli specialisti?”. Restano le perplessità sul coming out. “Il disturbo mentale non va nascosto, ma il problema è come dirlo” avverte Bertelloni. L’opinione pubblica è cosi condizionabile che basta il titolo di un articolo per assimilare ogni schizofrenico a un potenziale violento criminale”.
All’ultimo incontro della rete nazionale seduto in platea ad ascoltare c’era anche lo psichiatra Marco D’Alema, gia consigliere di Livia Turco per la Salute mentale durante lo scorso governo. “Purtroppo” ammette il fratello dell’ex ministro degli Esteri “in Italia lo stigma esiste. Ma il coming out è un approdo inevitabile, se vogliamo pensare all’integrazione sociale e avere la possibilità di fare interventi nei tempi giusti. Quello del Mad pride però mi sembra un urlo disperato” conclude D’Alema “meglio lavorare con meno chiasso, coinvolgendo le famiglie, le regioni, lo Stato, le aziende”.
Che gli specialisti italiani storcano il naso di fronte ai Mad pride non è un caso: “Siamo l’unico Paese al mondo che da trent’anni assiste la malattia mentale senza manicomi per effetto della legge 180″ ricorda Vito D’Anza, direttore del dipartimento di salute mentale dell’ospedale di Pistoia e uno dei pochi primari in Italia ad avere un reparto ‘aperto’. “Il nostro approccio è senz’altro piu avanzato di quello americano, perché mette al centro del discorso la persona e non il tipo di malattia”.
Ma allora chi soffre di un disagio mentale deve dirlo o no? “All’inizio io parlavo molto della mia storia, dicevo che non dovevo vergognarmene” scrive Giusy sul forum del sito Bipolaristica. “Solo ora, a mie spese, do ragione al mio psichiatra quando mi dice che la gente ha paura di quello che non conosce e il malato mentale è un rebus terrificante”.
Per farsi un’idea basta andare in rete. I messaggi di italiani con disturbi mentali sono decine di migliaia: confessioni, richieste di aiuto, stralci di vita, dibattiti sull’opportunità di fare figli o meno, discorsi sul suicidio. Sono testi in cui non c’è mai una traccia di orgoglio. Spesso emerge la disperazione. Ma è sempre, prudentemente, anonima.

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blog.panorama.it/culturaesocieta/2008/05/23/mad-pride-il-coraggio-di-urlare-al-mondo-no...


sibilla522
00domenica 25 maggio 2008 09:48
Leggere questo articolo..........mi fa star male........
.perlanera.
00domenica 25 maggio 2008 23:25
Ma quant'è lungooooooooo, vabb lo leggerò alla fine del film!!! :-)
sibilla522
00lunedì 26 maggio 2008 05:50
Lo so che è lungo, ma non mi andava di tagliarlo. comunque vale a pena per entrare in drammi forti e capire.
.perlanera.
00lunedì 26 maggio 2008 17:46
Beh... in questi casi lo sfogo è importante come lo è l'approccio della conoscenza da parte di tutti.
sibilla522
00martedì 27 maggio 2008 06:02
E' un urlo grande anche di disperazione. Purtroppo pochi capiamo anche questi drammi.
faustomen
00giovedì 11 dicembre 2008 15:10
cià vero
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