Moria di api

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-Giona-
00mercoledì 30 gennaio 2008 08:57
www.corriere.it/cronache/08_gennaio_30/api_clima_veleni_a544a9fe-cefc-11dc-8e3f-0003ba99c6...

Danni per 250 milioni di euro. Celli: vietare i pesticidi tossici
In Italia scompaiono le api
«Colpa di clima e veleni»

Già persi 200 mila alveari Per il ministero dell'Ambiente può venir alterato l'equilibrio di tutto l'ecosistema

(Ansa)
MILANO — Leggi api e pensi miele. Ingenerosamente. Perché queste piccole operaie dorate concorrono in maniera determinante nella produzione di pere, mandorle, agrumi, pesche, kiwi, ciliegie, cocomeri, zucchine, pomodori, soia, colza. Per non parlare del contributo che danno alla filiera della carne, impollinando i prati di erba medica e trifoglio destinati agli animali da allevamento. Oggi, però, leggi api e pensi estinzione.

L'allarme lo lancia l'Agenzia per la protezione dell'ambiente e i servizi tecnici (Apat): nel 2007 l'Italia ha perso duecentomila alveari, con un danno stimato in 250 milioni di euro. Al Nord la moria delle api ha toccato il 50%. E le perdite si contano anche in Europa e negli Stati Uniti. Qui, in particolare, il Colony Collapse Disorder, il tremendo fenomeno dello spopolamento, ha raggiunto punte del 70%. «I cambiamenti climatici, l'inasprimento delle infezioni da virus e l'inquinamento da fitofarmaci sono gli imputati principali», risponde Francesco Panella, presidente dell'Unione apicoltori (Unaapi).

L'anno scorso, nel periodo delle semine nella pianura lombarda, è scomparso il 20% delle sue bottinatrici, cioè le api che portano nell'arnia il bottino: nettare, polline, acqua e
melata. Coldiretti e Confederazione italiana agricoltori sono in allerta. «L'apporto economico di questi imenotteri al comparto agricolo è di circa 1.600 milioni di euro l'anno», spiega l'Apat. Ma il problema non è soltanto finanziario. «L'ape è un bioindicatore, ai primi sintomi che qualcosa non va muore», aggiunge Isidoro Furlan, del Corpo forestale dello Stato. E infatti il ministro dell'Ambiente parla di allarme «che riguarda l'agricoltura, ma anche l'equilibrio del nostro ecosistema, e conferma tutte le preoccupazioni emerse dalla Conferenza nazionale sui cambiamenti climatici di settembre».

Il presidente onorario di Legambiente Ermete Realacci (Pd) è pratico: «In Italia ci sono circa 50 mila apicoltori, un milione e 100 mila alveari, si producono oltre 10 mila tonnellate all'anno di miele e 20 mila vengono consumate. È urgente adottare ogni misura necessaria». Come vietare l'uso dei pesticidi nicotinoidi. «La Francia lo ha già fatto — dice l'entomologo Giorgio Celli, autore de La mente dell'ape —. Hanno un effetto tossico simile a quello della nicotina, straordinariamente distruttivo per le api, che perdono l'olfatto e il senso di orientamento, e in queste condizioni muoiono». L'intuizione di Albert Einstein non è incoraggiante: «Se l'ape scomparisse dalla faccia della terra, all'uomo non resterebbero che quattro anni di vita».

Elvira Serra
30 gennaio 2008
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Il titolo potrebbe far pensare che la moria di api sia confinata all'Italia. In realtà pare che stiano morendo in tutto il mondo.
-Giona-
00mercoledì 20 febbraio 2008 16:36
www.repubblica.it/2008/02/sezioni/ambiente/api-scompaiono/api-scompaiono/api-scompai...

Grave moria di insetti in tutto il mondo. Allarme degli agricoltori
"Raccolti a rischio, bisogna introdurre un altro insetto impollinatore"
Dimezzata popolazione delle api
E l'Italia vuol lanciare il bombo

di ANTONIO CIANCIULLO

ROMA - La popolazione di api si è dimezzata in un anno. Morie gravi si erano già registrate in passato (in particolare nel 1830, nel 1910, nel 1964 e nel 1980) ma non avevano mai assunto un'estensione così larga. Questa volta la crisi ha un carattere mondiale - nel 2007 si è perso tra il 30 e il 50 per cento delle api in Europa, in alcune aree degli Stati Uniti si sono raggiunte punte del 60-70 per cento - e non riguarda solo la produzione del miele, che pure in Italia ha una dimensione rilevante visto che ci sono circa 50 mila apicoltori, più di un milione di alveari, una produzione di oltre 10 mila tonnellate. Il problema centrale è il crollo della capacità di impollinazione che sta mettendo a rischio alcuni raccolti.

Per tamponare il danno la Cia (Confederazione italiana agricoltori) ha lanciato la proposta di diffondere nei campi un altro insetto impollinatore: il bombo. Si tratta di un animale che si trova facilmente trovare nelle zone temperate e, essendo un eccellente bottinatore, è già usato per l'impollinazione di coltivazioni in serra, come pomodoro, peperone, melanzana, fragola, melone, e colture da frutto come pero, kiwi, ciliegio, lampone.

"Siamo di fronte alla possibilità concreta di perdere un miliardo di euro di raccolti a causa del dimezzamento delle api", ricorda Matteo Ansanelli, agronomo della Cia. "In particolare sono a rischio meloni, cocomeri, melanzane, peperoni, mele, ciliegie e pesche. E non parliamo di ipotesi teoriche perché il ruolo delle api si può misurare con precisione. Da alcuni studi, ad esempio, risulta che se un melo è a una distanza massima di 300 metri da un alveare produce 26 chili di mele all'anno, se è invece in un raggio di 1,5 chilometri dall'alveare produce solo 9 chili di mele all'anno".

Per produrre quantità sufficienti di insetti impollinatori alternativi alle api ci sono due strade. Si possono importare dall'Olanda, che è uno dei paesi più attrezzati in questo genere di produzione. Oppure si può creare in Italia una rete di laboratori come il Biolab di Cesena, uno dei più efficienti e avanzati su scala europea. "La crisi è strutturale: faremmo bene ad attrezzarci facendo nascere delle fabbriche di insetti utili anche in Italia", propone Ansanelli.

(20 febbraio 2008)
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Dal punto di vista dell'impollinazione potrà anche andare, ma come la mettiamo col miele?
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