Minori in carcere. Oltre un milione nel mondo. E spesso è negato il «riscatto»

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vanni-merlin
00lunedì 21 agosto 2006 00:26
In aperta violazione delle convenzioni internazionali, molti governi non tentano il reinserimento sociale dei giovani che hanno commesso reati

Minori in carcere. Oltre un milione nel mondo. E spesso è negato il «riscatto»


In numerosi Paesi la detenzione avviene in strutture che ospitano anche adulti. In alcuni casi si applica la custodia preventiva senza garanzie, fino ad arrivare a ergastolo e pena di morte



Di Daniele Zappalà

Ogni minuto di quel giorno Peter lo ricorderà bene per il resto della sua vita. Dietro le sbarre di una prigione. All'epoca, aveva 15 anni e viveva a Chicago assieme al fratello minore e alla madre divorziata. Frequentava la scuola ed era definito come uno "studente medio" dagli insegnanti. Suo fratello maggiore, invece, viveva già per conto suo ed era stato coinvolto in affari di cocaina.
Quel giorno, Peter accettò la proposta di due persone in contatto col fratello maggiore. Gli avevano detto che c'era da commettere un "colpo", come quelli di certi telefilm dove qualche volta anche i cattivi finiscono per farsi una "fama". Lui fu incaricato di rubare la camionetta per il furto e di tutto il resto si sarebbero dovuti occupare gli altri. In effetti, quando questi entrarono per eseguire il "colpo", Peter rimase ad attenderli.
Ciò resta ancor oggi scritto anche negli atti del successivo processo. C'è stato infatti un processo, dato che le cose non andarono affatto come Peter aveva immaginato. Nell'edificio dove i suoi sodali d'un giorno si erano intrufolati, ci furono degli spari. Peter capì presto che l'avevano fatta grossa. Uccisero due persone.
Il verdetto del processo ha scaricato su Peter una pena enorme, schiacciante. Un ergastolo senza alcuna possibilità di tornare in libertà. Non fu lui a sparare e i suoi sodali non li conosceva neppure così bene. Ma il giudice gli ha attribuito lo stesso la responsabilità dell'omicidio per via del furto della camionetta. Oggi, Peter ha appena trent'anni e ha già passato quasi metà della sua vita dietro le sbarre, accanto a gente molto più adulta di lui.
Nel verdetto, il giudice scrisse: «Questa è la sentenza che ho ordinato basandomi sulla legge. Se avessi della discrezionalità, imporrei un'altra sentenza, ma sono gli ordini della legge».
Si tratta proprio della legge statunitense che molte organizzazioni per i diritti umani cercano di far evolvere. Anche tenendo conto che il suo effetto deterrente, secondo molti esperti, non è mai stato dimostrato. Le statistiche indicano inoltre che gran parte dei minorenni condannati all'ergastolo senza possibilità di sconti appartengono a comunità sfavorite. Soprattutto quella afro-americana, come nel caso di Peter. In California, ad esempio, il rischio per i minorenni afro-americani di essere condannati a tale pena è 22 volte superiore a quello dei bianchi. In 10 Stati americani, secondo un rapporto pubblicato da Amnesty international e Human Rights Watch, non è stata fissata un'età minima per questa pena e 6 condannati avevano appena 13 anni al momento del reato.




da. www.avvenire.it/

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