Memorie

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Telumendil
00giovedì 18 settembre 2008 08:50
Ieri, tornando a casa, sull’autobus ho ripensato alla discussione sull’11 settembre fatta nel forum, così ho ripensato a tutte le guerre e a quello che hanno rappresentato per me.
Cos’è per me la guerra?
Me la ricordo da piccolino io la guerra, di quella che mi raccontavano i miei cari, che la guerra, loro, l’hanno vista davvero, che è passata scura sopra le loro teste e li hanno cambiati, lascia a tutti una di quelle cicatrici come di quando ti fai un taglio sul viso e ti vergogni a farlo vedere, loro così si vergognavano della guerra.
Da piccolo sedevo sulle gambe di zio Natale, si, si chiamava Natale e lui la guerra l’ha fatta lassù nell’ultima parte dell’Italia dei primi del ‘900, l’hanno chiamata la Grande Guerra, è stato tanti anni seduto dentro ad una trincea nel fango, nella neve, in mezzo a tanti topi, i topi, pure loro l’hanno fatta la guerra, zio ha detto che se li mangiavano tanta era la fame e raccontava di tutti quei ragazzi che più sfortunati di lui hanno dato la vita in quella Guerra che tutti si ostinano a chiamare Grande, tanto grande perché era mondiale, tanto grande perché la gente moriva a mucchi, e non c’era neanche il tempo di dire una preghiera di dare una sepoltura perché di là, i “crucchi”, così zio Natale Chiamava gli austriaci, sparavano sempre, raccontava le storie della Grande Guerra e i suoi occhi si riempivano di lacrime che brillavano come due diamanti.
Ma le guerre si sa non finiscono mai, “Racconta Zio Ernesto, tu la guerra l’hai fatta per davvero?” si, anche lui la guerra l’ha fatta per davvero, la seconda guerra mondiale, era carabiniere ma l’hanno mandato nel deserto a fare il suo mestiere, tra la sabbia e le rocce con il caldo che ti levava il fiato, nella disperazione del nulla, solo sabbia e cielo, ma gli inglesi se lo sono portato via zio Ernesto, l’hanno fatto prigioniero e mandato in Inghilterra a mangiare le patate per otto anni, tante di quelle patate gli han fatto mangiare che non ne voleva più sapere, ma era sempre felice perché lui era tornato.
“E nonno? Tu come hai vissuto la guerra” Nonno, il padre di mio padre è stato più fortunato, lui era nel reggimento del Re, stava a Susa vicino a Torino, gran bella Città, ma nonno era contadino e Mussolini il duce che era tanto cattivo ma rispettava i contadini gli ha detto “Torna a casa” e nonno a casa c’è tornato credendo di non vederla la guerra ed è rimasto nella sua convinzione fino al giorno che i tedeschi non sono passati da casa sua e si sono fermati li, ma nonno era contadino pensava ai campi e alla famiglia, mica ci voleva pensare alla guerra, alla fine anche lui la guerra se l’è dovuta sorbire.
L’altro nonno, il padre di mia madre la guerra se la ricordava bene perché lui con Mussolini ci aveva litigato e l’aveva mandato in Sicilia per fargli cambiare idea, nonno non tifava la squadra del duce e questo dispiaceva a molti, ma tanto in mezzo agli aranceti nonno continuava a tifare la squadra sua.
E papà io non me lo ricordo bene se la guerra l’ha fatta, perché il prete a me che avevo cinque anni mi disse che Gesù gli voleva tanto bene e se lo era portato via, ma mamma m’ha raccontato di quando papà era piccolo e la guerra l’aveva vista con gli con gli occhi innocenti di ragazzino che la guerra proprio non la capisce, però anche lui alla fine ‘sta benedetta guerra se l’è ricordata, il giorno che per gioco ha fatto scoppiare una bomba che aveva trovata nei campi, s’era salvato, per miracolo hanno detto, ma alla fine un segno glielo aveva lasciato.
“Mamma la guerra te la ricordi?” mamma si che la guerra se la ricorda, era andata via dall’Istria perché li sparavano troppo, magari in Italia vicino a Verona, dai parenti, la guerra non viene dentro le case, a rompere i tetti e a portarsi via la gente, invece le bombe sono arrivate anche li e tante pure che ora se gli parli troppo forte, ancora salta per aria dalla paura, la guerra è entrata nelle sue ossa il giorno che i tedeschi se la stavano portando in vacanza in Germania insieme al fratellino più piccolo, fortuna nonna che il tedesco lo paralava bene, li ha tirati giù dal camion abbaiando in lingua teutonica ai soldati sbalorditi.
E io che poi non sono vecchio la guerra me la ricordo? Un po’ si, mi ricordo dei carabinieri, quelli con i baffi neri, che fanno paura, alle scuole elementari, impacciati e tutti seri ci facevano vedere le foto delle mine e delle bombe a mano e ci pregavano di non toccarle e di scappare, di chiamare loro che le bombe se le portavano via.
Un po’ me la ricordo la guerra, nelle tante schegge che ho trovato nei campi assieme ai bossoli e bottoni di ottone di divise che già al quel tempo non c’erano più.
Me la ricordo la guerra, nei racconti dei miei cari che loro, l’hanno vista per davvero e ora che lo racconto io, anche i miei occhi si bagnano di lacrime che sembrano diamanti.
La guera è finita, se ne è andata da un’altra parte a fa la guera, ma io lo dico a tutti dde stà attenti “perché ce po’ sempre repensà”.
Nina§
00giovedì 18 settembre 2008 19:27
Mauro torno a dirti che mi piace molto il tuo racconto, per la sua fluidità nel gettare sul lettore emozioni su emozioni. Uno squarcio nella tela della storia, fatto di sentimenti e realità. Hai un grande dono. Mi piacerebbe leggere altre cose tue...
Telumendil
00venerdì 19 settembre 2008 10:47
Ti ringrazio Isa, mi imbarazza un po’ ‘sta cosa.

E’ come la racconto a mio figlio, perché la mia storia un giorno arricchisca la sua, come io l’ho avuta in dono dai miei cari che oggi in tanti non ci sono più, ma sono vivi nei miei ricordi.
Piccino meravigliato, in silenzio ascoltavo i racconti in un linguaggio semplice, diretto, aiutato dai gesti semplici, dai sorrisi, dalle smorfie di dolore, soprattutto dalla luce degli occhi, che la storia, loro, l’hanno anche vissuta soffrendo.
Memorie, trasmesse per amore, da persone inconsapevoli, nella loro semplicità, di vivere la storia, perché la storia l’hanno fatta pure loro, la storia la facciamo anche noi, piccoli pezzetti di memorie, tasselli di un mosaico di cui non vedremo la fine, perché le nostre storie non finiscono mai.
E’ la storia più vera del vero, perché chi te la racconta lui l’ha vissuta per davvero, lui c’era, e te la racconta senza pregiudizi, senza opinioni, non ci sono professori né politicanti, non c’è deformazione, non c’è menzogna.
Perché non ci sono solo le storie dei libri, quelli grandi, quelli con le copertine di cartone duro e spigoloso, ci sono le storie di Isa e di Mauro, ci sono le storie della gente comune che è importante ascoltare.
E se devo dire la verità, questa è la prima volta che scrivo qualcosa, quando torno a casa la sera, sull’autobus, spesso, mentre guardo fuori dal finestrino, tra muri di verde dei boschi e il tetto di cielo azzurro, mi tornano in mente le storie che ho vissuto o che ho ascoltato e mi perdo in quelle storie perché sono belle, perché sono vere, immagine e pensiero che si fondono, una emozione intensa che oramai provo tanti anni, è un momento di riflessione che nonostante gli scossoni dei “torpedoni” non saprei rinunciare.
Ringrazio tutti voi del forum per aver condiviso con me le vostre storie, ho imparato molto in questi mesi di solitarie letture, piccole storie, meravigliose come le piccole stelle che illuminano il cielo e ne fanno uno spettacolo che mozza il fiato e ferma il cuore, piccole storie, piccole sospensioni temporali su vite che scorrono frenetiche lasciandosi tutto alle spalle e che tutto vogliono dimenticare.

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