biografia da Wikipedia
Mauro Rostagno (Torino, 6 marzo 1942 – Lenzi di Valderice, 26 settembre 1988) è stato un sociologo e giornalista italiano. È stato uno dei fondatori del movimento politico Lotta Continua. Ucciso dalla mafia.
Figlio di genitori piemontesi, entrambi dipendenti Fiat. Cresciuto a Torino, in una casa popolare nella zona di corso Dante, nel 1960, a diciott'anni, si sposa con una ragazza di poco più giovane di lui, dalla quale ha una bambina. Stava per conseguire la maturità scientifica.
Dopo pochi mesi lascia la moglie e si allontana dall'Italia. Si reca prima in Germania, poi in Inghilterra, dove svolge mestieri umili. Tornato in Italia con il proposito di fare il giornalista, a Milano è coinvolto in un clamoroso gesto di protesta, rischiando di essere investito da un tram mentre protestava sotto il consolato spagnolo per la morte di un ragazzo ucciso in Spagna dal regime franchista.
Emigra nuovamente, questa volta in Francia, e si stabilisce a Parigi, dove convive con una ragazza. L'esperienza transalpina, tuttavia, dura poco. Nel corso di una manifestazione giovanile, infatti, viene fermato dalla Polizia e successivamente espulso dalla Francia. A Trento si iscrive alla neonata facoltà di Sociologia, divenendo ben presto uno dei leader di punta del movimento degli studenti attivi a Trento.
Insieme a molti altri studenti come Marco Boato, Renato Curcio, Mara Cagol, Marianella Pirzio Biroli, dal 1966 anima il movimento degli studenti, una stagione di contestazioni che, se da un lato costituirà una esperienza irripetibile nel panorama accademico italiano, determinando una clamorosa rottura dei vecchi schemi didattici, d'altro lato condurrà molti dei suoi protagonisti all'estremismo ed alla drammatica esperienza della lotta armata.
A confrontarsi con gli studenti del Movimento sono professori come Francesco Alberoni, Giorgio Galli, Beniamino Andreatta. Non mancano i momenti di tensione, le occupazioni della Facoltà, gli scontri con i missini e le Forze dell'ordine. La fase più creativa della contestazione lascia dunque ben presto il posto a momenti molto aspri.
Marxista libertario, fu tra i fondatori del movimento Lotta Continua insieme ad Adriano Sofri, Guido Viale, Marco Boato, Giorgio Pietrostefani e Paolo Brogi nel 1969. Nel 1970 Rostagno si laurea in sociologia con una tesi di gruppo su Rapporto tra partiti, sindacati e movimenti di massa in Germania, con una provocatoria discussione nonostante la quale consegue il massimo dei voti e la lode. Dopo l'arresto di Marco Boato in seguito ad alcuni scontri con la Polizia (successivamente verrà assolto con formula piena), Rostagno intensifica la propria attività di leader politico di estrema sinistra. Dopo lo scioglimento di Lotta Continua alla fine del 1976, che fu da lui fortemente voluto, a Milano è fra i fondatori del locale Macondo, un centro culturale che fu un punto di riferimento per la sinistra alternativa in quegli anni, fino a quando non venne chiuso dalla polizia, nel febbraio 1978, per attività legate allo spaccio di sostanze stupefacenti che vi si svolgevano.
Chiuso Macondo, si reca in India con la compagna Chicca Roveri. A Poona si unisce agli "arancioni di Bhagwan Shree Rajneesh (Osho)", prendendo, nel 1979, dal suo Maestro il nome di Swami Anand Sanatano. Nel 1981 fonda vicino a Trapani la comunità “Saman”, con Francesco Cardella e la Roveri; all'inizio è una comune arancione, Centro di Meditazione di Osho, e successivamente diviene comunità terapeutica che si occupa tra l'altro del recupero dei tossicodipendenti. Durante questo periodo si avvicina al leader socialista Bettino Craxi, che sostiene le attività di “Saman” e degli amici di Rostagno e Cardella.
A meta degli anni '80 inizia a lavorare come giornalista e conduttore anche per l'emittente televisiva locale Radio Tele Cine (RTC), dove inserisce anche alcuni ragazzi della Saman. Attraverso la tv denuncia con forza le collusioni tra mafia e politica locale. Il 26 settembre 1988 paga la sua passione sociale e il suo coraggio con la vita: viene infatti assassinato una sera in un agguato in contrada Lenzi, a poche centinaia di metri da Saman, all'interno della sua auto, una Fiat Duna DS bianca: aveva 46 anni. Il delitto è rimasto impunito fino al maggio 2009, quando Vincenzo Virga, boss di secondo piano del trapanese, è stato arrestato con l'accusa di esserne il mandante. Bettino Craxi e Claudio Martelli, quest'ultimo presente al funerale di Rostagno, avevano indicato da subito la responsabilità della mafia nell'omicidio, ma nel 1996 la procura di Trapani reagì all'indicazione della pista mafiosa accusando i due esponenti socialisti di voler depistare le indagini.
Il delitto mafioso fu la pista percorsa immediatamente dagli inquirenti (carabinieri e polizia) e dal magistrato Franco Messina. Sembrò suffragata dal ritrovamento, otto mesi dopo, del cadavere di un tecnico dell’Enel, Vincenzo Mastrantoni: costui era l’autista del boss mafioso Vincenzo Virga. Mastrantoni aveva tolto l'energia elettrica nella zona, la notte del delitto. Dopo anni, però, non essendoci stati riscontri attendibili, Messina ed il suo successore all'inchiesta, Massimo Palmeri, abbandonarono la pista mafiosa.
Fu percorsa una nuova strada e formulata una nuova ipotesi connessa al delitto del commissario Luigi Calabresi (vedi "Il perché dell'ipotesi Calabresi").
Anche in questo caso non si raccolsero prove certe.
La procura di Trapani, nel 1996 ipotizzò ancora che il delitto potesse essere maturato all'interno di Saman, per traffico di stupefacenti nella comunità, suscitando forti polemiche. Inviò mandati di cattura ad alcuni ospiti della comunità, individuati come esecutori materiali del delitto, a Cardella come mandante (che si rifugiò in Nicaragua) e alla Roveri, accusata di favoreggiamento. Anche questa pista fu poi abbandonata.
Francesco Cardella in seguito, fu indicato come trafficante di armi. Una inquietante teoria, che vedrebbe la morte di Rostagno legata alla scoperta di un traffico d'armi con la Somalia, attraverso due ex dragamine della marina svedese acquistati dal Cardella per la Saman come sede "marina" della comunità, ma che spesso furono visti a Malta e, sembra, nel corno d'Africa. A Pizzolungo, a pochi chilometri da Trapani, nel 1985, tre anni prima della morte di Rostagno, il giudice Carlo Palermo, da pochi mesi in quella procura, dopo essere stato trasferito da Trento, dove indagava su un traffico d'armi, sfuggì a un attentato dinamitardo dove morirono una donna e i suoi due gemellini. Una pista che porta anche alla guerriglia Somala, ad Ilaria Alpi e all'agente del SISMI (i Servizi segreti militari italiani), il maresciallo Vincenzo Li Causi. Quest'ultimo operò in quegli anni per l'organizzazione Gladio a Trapani. Nel 1991 il Sismi lo aveva poi inviato ripetutamente in Somalia dove il 12 novembre 1993 morì in un agguato compiuto da banditi, come successe anche alla Alpi il 20 marzo 1994. In sintesi l'ipotesi suggerisce che Rostagno avesse scoperto un traffico di armi in cui fosse coinvolto Cardella ed i Servizi deviati e volesse farne pubblica denuncia. Non furono mai trovate prove e si tornò nel 1998 ad indagare su Cosa nostra siciliana, ma non più al Palazzo di Giustizia trapanese, bensì alla Dda della Procura antimafia di Palermo, che iscrisse nel registro degli indagati l'allora latitante Vincenzo Virga.
Nel gennaio 2007 il giudice Antonio Ingroia ha chiesto l'archiviazione dell'inchiesta inerente alla pista mafiosa.
A fine 2007, appena trascorso il diciannovesimo anniversario dalla sua uccisione, uno spiraglio di luce iniziò a riflettere sull'oscurità di un omicidio. Infatti, varie associazioni promossero una raccolta di firme da inviare al Presidente della Repubblica per chiedere la riapertura delle indagini. Sono state raccolte 10000 firme.
Il delitto è rimasto impunito fino al maggio 2009, quando Vincenzo Virga, boss di secondo piano del trapanese, è stato arrestato con l'accusa di esserne il mandante