Matthias Sindelar. un calciatore contro il nazismo

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zeman!
00sabato 27 gennaio 2007 15:42
un articolo di Alessio Calfapietra da tuttomercatoweb mi ha ricordato la storia di Matthias Sindelar, la ricordavo solo un po' ...

Matthias Sindelar
Quel 3 aprile 1938 Vienna è imbandierata, apparentemente in festa.
Ma le bandiere che ornano tutti gli edifici pubblici, che sventolano ad una brezza fredda dai balconi delle case del centro, non sono austriache.
Con teutonica precisione quelle bandiere con la croce uncinata hanno tappezzato Vienna.
I nuovi padroni sono quelli che i nazisti austriaci definiscono i “fratelli tedeschi”, coloro che in nome del pangermanesimo hanno “liberato” l’Austria da sé stessa.
Con quell’invasione, mascherata da annessione pacifica e che passerà alla storia come “Anschluss”, è iniziata una tragedia che diverrà immane.
I tedeschi non brillano per iniziative che non siano industriali o militari, ma stavolta hanno deciso di suggellare la “riunificazione dei popoli germanici sotto la bandiera tedesca” con una partita di calcio che opporrà la Germania all’Austria.
Questa partita avrà una particolarità: sarà l’ultima volta che in campo scenderà la nazionale austriaca.
E’ tutto deciso : dopo quest’ultima partita i migliori calciatori austriaci indosseranno in blocco la divisa della nazionale tedesca, sul petto della quale spicca la svastica, e insieme ai “fratelli tedeschi” conquisteranno il titolo mondiale, a Parigi, il giugno seguente.
L’organizzazione tedesca ha previsto tutto: la Germania e l’Austria sono arrivate, rispettivamente, terza e quarta ai Mondiali di quattro anni prima, la selezione tedesca è fortissima, ma manca di esperienza e fantasia, patrimonio dei calciatori danubiani, e di un trainer esperto come l’austriaco Hugo Meisl, l’uomo che ha inventato il “Wunderteam”.
Purtroppo Meisl è morto l’anno prima, ed i tedeschi non rimpiangono quel signore elegante che, anni una volta, dopo aver presentato i migliori calciatori del Wunderteam in una gara amichevole contro la Germania, sottolineò che erano “Lauter Eschechen” , “tutti Boemi”.
Con l’inserimento dei migliori austriaci, tuttavia, la conquista della Coppa Rimet è possibile.
Per essere precisi, la macchina organizzativa del Ministero della Propaganda ha previsto “quasi” tutto.
I burocrati tedeschi non hanno per esempio tenuto conto che il più dotato calciatore austriaco di tutti i tempi, Matthias Sindelar, fosse ebreo, ma questa, pensano, è una cosa che verrà risolta.
Il Prater quel giorno è pieno all’inverosimile.
Le divise tedesche si mescolano con la fine eleganza dei viennesi; le cronache dell’epoca raccontano che addirittura 60.000 spettatori si assiepino sulle tribune dello stadio al fischio d’inizio di una partita cui parte del popolo austriaco affida le proprie speranze di mantenere un’identità nazionale.
Il “Wunderteam” non tradisce i viennesi.
Non li tradisce soprattutto Matthias Sindelar, autore di una delle sue più belle prestazioni in una carriera che ne ha conosciute di indimenticabili.
La sua classe brilla di luce purissima, abbagliando i rudi tedeschi.
L’Austria vince, contro ogni pronostico e soprattutto ogni programma, per 2-1 e Sindelar segna il gol decisivo.
Il pubblico austriaco impazzisce letteralmente sotto gli sguardi, prima severi e rabbiosi, poi solo imbarazzati dei “fratelli tedeschi”.
Alla fine della partita, i calciatori, secondo il curatissimo protocollo degli organizzatori, sono chiamati a salutare i gerarchi nazisti presenti in tribuna.
Tutti i calciatori, compresi gli austriaci più giovani e meno coinvolti, fanno il saluto nazista: solo Sindelar ed il suo fedele compagno Karl Sesta si rifiutano.
Il Wunderteam pagherà cara questa commovente prova d’orgoglio.
Benché qualificata per la fase finale dei Mondiali, cui in un primo tempo sembrava avrebbe dovuto partecipare con una squadra di secondo piano e con il nome offensivo di “Ostmark” (letteralmente “provincia orientale”), la nazionale bianca viene improvvisamente sciolta.
Ma chi era Matthias Sindelar, l’uomo che aveva prima sconfitto i tedeschi sul campo di calcio e poi li aveva sfidati pubblicamente con un gesto di forte contenuto politico ?
Difficile ricostruire la sua vicenda sportiva senza cadere nella vicenda umana e rischiare che la sua storia non lo faccia passare per un eroe romantico facendo trascurare la sua figura di campione assoluto.
Matthias Sindelar nasce a Kozlov, nella Moravia austriaca ai confini con l’odierna Slovacchia, il 10 febbraio del 1903.
La sua famiglia, ebrea, si trasferisce a Vienna, in un quartiere povero della zona industriale di Vienna.
Il padre muore nel 1917 sull’Isonzo, durante la Grande Guerra, e la famiglia vive in ristrettezze.
La madre apre una lavanderia con la quale mantiene Matthias e le tre sorelle che crescono rapidamente.
Il giovane Matthias, quando non aiuta la madre, gioca per le strade con una palla di stracci, su terreni sabbiosi strappati al degrado, fra le mura delle fabbriche di mattoni del “Favoriten”, e la sua abilità non passa a lungo inosservata.
Il suo dribbling è ubriacante, la palla viene letteralmente nascosta ai malcapitati avversari, è facile notarlo anche per il fisico filiforme ed un’innata eleganza.
Passa prima nella squadra dell’Herta, il club del quartiere, poi, a soli ventuno anni, entra a far parte del Wiener Amateure, la prestigiosa squadra che due anni dopo diverrà l’Austria Vienna.
La carriera di Matthias Sindelar decolla.
Alto, ben proporzionato, il suo viso sottile con gli zigomi alti lo fa sembrare molto più magro di quanto sia in realtà; a questi deve il suo primo soprannome, “Der papiereine” (carta velina) che gli resterà addosso per tutta la carriera, divenendo la sua “griffe”.
Il suo stile è particolare, di più, inimitabile.
Calcia con naturalezza, il suo controllo di palla, affinatosi sui terreni sassosi di “Favoriten”, non teme confronti, la sua abilità nello smarcarsi sembra farlo sgusciare attraverso le maglie delle difese più agguerrite, proprio come fosse un pezzetto di “carta velina” spinto dal vento.
La sua classe, decisamente superiore, lo porta a evitare il clima di battaglia, soprattutto perché, fin dall’inizio della avventura, Matthias, ha problemi al ginocchio destro.
La sua brillante carriera sembra destinata a concludersi prestissimo, ma il carattere è un’altra dote di questo campione.
Su consiglio di un celebre chirurgo dell’epoca si sottopone ad un intervento chirurgico al menisco dal quale si riprende con la feroce applicazione in una terapia di rieducazione che per l’epoca è una autentica novità.
Il suo nome è addirittura ancora oggi citato accanto a quello del celebre chirurgo in qualche articolo specializzato in medicina della rieducazione sportiva, come uno dei primi pazienti di quella che allora era una nuova scienza della quale si intravedevano interessanti applicazioni.
Da allora Sindelar non si toglierà più la pesante fasciatura protettiva sul ginocchio destro, destinata a diventare la sua compagna più fedele difendendo la preziosa e delicata articolazione da possibili nuovi traumi che avrebbero decretato definitivamente la fine della sua carriera agonistica.
Questa attenzione unita ad una grande applicazione nella preparazione atletica, in particolare col nuoto, gli avrebbero consentito ugualmente di calcare a lungo le scene calcistiche internazionali.
Con l’Austria Vienna, il suo club, domina il campionato e vince due volte la Coppa Europa, antenata della Coppa dei Campioni.
Un simile talento non è certo sfuggito al fiuto leggendario di Hugo Meisl, l’uomo che sta costruendo la migliore rappresentativa nazionale che l’Austria abbia mai avuto.
Con l’innesto di Sindelar nasce il “Wunderteam”, una squadra destinata a segnare un’epoca : dal maggio del 1931 all’aprile del 1933 l’Austria guidata da “cartavelina” mette in fila una serie eccezionale di risultati, numeri che ancora oggi impressionano : 16 partite, 12 vittorie 2 pareggi e 2 sconfitte, 63 reti segnate (una media di quasi quattro a partita) e solo 20 subite.
Un rullo compressore.
Naturalmente Matthias Sindelar brilla di luce propria : in queste sedici partite gli vengono attribuite ventisette segnature .
Come spesso accadeva all’epoca, la partita più gloriosa di quella grande squadra coincide con una sconfitta contro l’Inghilterra.
E’ il dicembre del 1932, l’Austria gioca a Londra contro la nazionale inglese un’amichevole il cui prestigio all’epoca è paragonabile, se non superiore, a quello di una finale mondiale.
I “maestri del calcio” non si misurano con squadre del continente e non partecipano a competizioni internazionali che non siano l’ “Home Championship”; essere invitati per una sfida è un grande onore, uscirne a testa alta è già un successo.
L’Austria ci riesce: perde per 4-3, ma, per la prima volta, fa letteralmente tremare gli inglesi che rimangono strabiliati dalle giocate di un Sindelar letteralmente incontenibile, autore di una rete che oggi sarebbe definita “alla Maradona” .
John Langenus l’arbitro belga che aveva diretto la prima finale della storia dei Mondiali e che diresse anche quell’incontro storico, racconta: - “Zischek, segnò due volte, ma il gol di Sindelar fu un autentico capolavoro, qualcosa che non era mai stato realizzato avendo gli inglesi come avversari.
Non prima di lui e neppure dopo.
Sindelar partì dalla linea di metà campo e con il suo, inimitabile, stile superò semplicemente chiunque gli si parasse davanti, alla fine fece due dribbling tornando indietro e depose la palla in rete.”
Si parla apertamente di offerte da parte dei più prestigiosi club professionistici inglesi per quello che ormai è il più famoso attaccante d’Europa, quello dotato del gioco più affascinante, l’uomo di maggior classe.
Sindelar tuttavia è una sorta di “Schonbrunn” in carne ed ossa, un monumento nazionale, non si parla neppure di una sua partenza dall’Austria nella quale è diventato un idolo e dove, dopo i durissimi anni di “Favoriten” adesso vive una vita agiata, ma tranquilla.
La sua modestia e la sua riservatezza sono leggendarie, potrebbe vivere da nababbo, invece continua ad occupare, assieme alla madre, un semplice appartamento al numero 75 di Quellenstrasse, lontano dai quartieri alti.
Nello stesso edificio continua a funzionare la lavanderia che ai tempi di “Favoriten” li ha salvati dalla fame.
Intanto la sua leggenda è alimentata da un’impresa dietro l’altra.
Segna due reti all’Italia, uno dei quali è descritto come un’autentica stregoneria :
- “Sugli sviluppi di un corner, la palla finisce all’ala sinistra Vogl il quale la passa a Gschweidl, che, colpendola di testa supera un difensore azzurro e la lancia verso Sindelar.
Sindelar, toccandola ancora di testa, la fa passare oltre un altro terzino, che poi aggira passandogli a fianco, quindi, prima che la palla tocchi terra, la colpisce nuovamente insaccandola nell’angolo della porta difesa dall’esterefatto portiere italiano.”-
Quando il Wunderteam batte per 8-2 l’Ungheria, Sindelar supera sé stesso.
Le cronache dell’epoca, infatti, riferiscono che non solo ha segnato una tripletta, ma ha anche fornito gli assist per tutte le altre segnature austriache !
Ormai è all’apice del successo, guida il “Wunderteam” attraverso l’Europa di vittoria in vittoria, la sua fama è ormai senza confini, il suo nome viene accostato alle grandi glorie dell’Austria.
Hugo Meisl lo definisce addirittura il “Mozart del football”, un onore senza paragoni.
Purtroppo per “cartavelina” la sua vicenda sportiva è destinata ad intrecciarsi tragicamente con la storia del suo Paese.
Quando il Wunderteam sembra destinato a trionfare nella prima edizione del Mondiale che si disputa in Europa (siamo nel 1934), in Austria scoppia una terribile crisi economica.
La situazione diventa rapidamente drammatica.
La speculazione internazionale mette in ginocchio il Paese: la disoccupazione raggiunge livelli che secondo alcune fonti sfiorano il 40% della forza lavoro.
Nel febbraio la crisi sfocia nella guerra civile che lascia strascichi gravissimi nel paese e prepara l’Anschluss che avverrà qualche anno dopo
Ovviamente la situazione ha pesanti ricadute anche sullo sport, soprattutto sul calcio.
Le società lottano per la sopravvivenza, Sindelar accetta una fortissima riduzione del suo stipendio pur di restare all’Austria Vienna e potersi preparare ai Mondiali.
Purtroppo la squadra austriaca che partecipa al Mondiale non è che una lontana parente del “Wunderteam”.
La Federazione austriaca, sull’orlo della bancarotta, non paga la trasferta neppure all’allenatore della nazionale, né al suo assistente ed il campionato, dopo molti rinvii, non si conclude che a ridosso della rassegna mondiale.
Ciò nonostante l’Austria arriva alle semifinali dove viene sconfitta, con onore e non senza pesanti dubbi sulla regolarità del gol azzurro, dall’Italia di Vittorio Pozzo.
Sindelar è l’incubo degli azzurri, Pozzo per lui ha un’autentica venerazione.
Gli azzurri, che in passato hanno imparato a conoscerlo, temono i suoi spunti imprevedibili.
Luisito Monti, cui viene affidato, lo ferma con le buone e con le cattive.
Infortunato, Sindelar, non può disputare la finale di consolazione che sarà vinta dalla Germania.
Matthias ha trentuno anni, è nel pieno della sua parabola sportiva, ma la situazione politica che si va determinando condizionerà pesantemente la sua vita assieme a quella di milioni di altri esseri umani.
La sua condizione di cittadino di origine ebrea, nonostante la sua fama ed il prestigio, anche internazionale, di cui gode, comincia a procurargli fastidi.
L’antisemitismo nell’Austria di quegli anni è una marea che monta inesorabile dopo la crisi .
L’intolleranza verso gli ebrei, indicati dalla attivissima minoranza filonazista come i responsabili del disastro economico, prende campo.
Colpisce parenti, amici, semplici conoscenti di Sindelar, che ne rimane profondamente impressionato.
Le camicie brune austriache preparano il terreno creando un clima intimidatorio, e soprattutto propagandando l’antisemitismo come soluzione di tutti i problemi.
La vita, tuttavia, nell’Austria del “dopo crisi economica”, sembra scorrere normale.
Si gioca a calcio.
Gioca anche la nazionale austriaca, che tuttavia, è in decadenza.
Sulla scena si affacciano nuovi campioni come Franz “Bimbo” Binder, che sembra l’erede designato di “cartavelina”, il campione attorno al quale costruire un nuovo “Wunderteam”.
Sindelar, invece, comincia a risentire degli acciacchi fisici, ma soprattutto è a disagio per la situazione difficile nella quale si trovano molti amici.
Nel 1937 muore Hugo Meisl, il maestro e mentore di “cartavelina”, colui che lo aveva battezzato “il Mozart del football”; per Matthias è un brutto colpo, un dolore che lo prostra addirittura.
Quando l’ “Anschluss” si consuma, la vita di Sindelar ha un ulteriore scossone.
L’Austria Vienna, la società cui è legato da sempre, è una squadra nella quale molti dirigenti sono di origine ebrea che immediatamente vengono rimossi dai loro incarichi e sostituiti da fedelissimi.
I giocatori, per motivi di opportunità restano al loro posto, ma Sindelar non perde occasione per mostrare il suo coraggioso dissenso.
In un’occasione, incontrando il vecchio presidente Michl Schwarz, epurato perché ebreo, lo saluta a voce alta dicendo :-“Il nuovo ‘fuhrer’ dell’Austria Vienna, ci ha proibito di salutarla, ma io vorrò sempre dirle buongiorno, signor Schwarz, ogni volta che avrò la fortuna di incontrarla.”
La sua avversione verso il nazismo suscita imbarazzo, mentre la situazione politica interna precipita e sono sempre in meno quelli disposti a difenderlo per il suo valore di calciatore prezioso alla causa tedesca.
Ai Mondiali, che si disputano quell’anno in Francia, la Germania è affidata ad un allenatore giovane, Sepp Herberger, che conquisterà il Mondiale nel 1954.
Herberger è un tecnico serio e preparato, non un nazista fanatico, conosce il valore di Sindelar e sa quanto sarebbe importante poter contare su di lui come guida della sua squadra.
Matthias, tuttavia, si rifiuta di giocare, il giovane tecnico cerca inutilmente di convincerlo.
Per evitare guai, Sindelar, prima dice di sentire dolore al ginocchio infortunato ed operato anni prima, poi, imparando a conoscere il suo interlocutore chiede, educatamente, di essere lasciato fuori, di non indossare quella maglia che non è la sua.
”Mi accorsi”- racconterà anni dopo Herberger- “che c’erano altri motivi per cui non voleva giocare, ed io decisi di lasciarlo in pace, anche se sapevo che era ancora il più forte.”
Il forfait di Sindelar viene ufficializzato e d’improvviso gli viene a mancare quello schermo protettivo che fino a quel punto gli era stato garantito dalla sua fama di campione.
Altri calciatori di origine ebrea, come Camillo Jerusalem e Karl Zischek, più giovani di Sindelar, accettano di giocare con la maglia tedesca, ma quando, dopo l’imprevista eliminazione per mano della Svizzera, le cose si mettono male emigrano all’estero.
Intanto attorno a Sindelar si è creato il vuoto.
La brusca fine della carriera internazionale, ma soprattutto la preoccupazione per la sorte dei suoi cari lo fa cadere in uno stato di depressione.
Il 26 dicembre 1938, a Berlino, gioca la sua ultima partita: un incontro amichevole fra l’Austria Wien e l’Herta Berlino.
Segna anche un gol, l’ultimo.
Quando muore, meno di un mese dopo, il 23 gennaio 1939, non ha ancora compiuto i 36 anni.
Viene trovato morto, nel suo letto.
Accanto a lui una giovane ebrea italiana, Camilla Castagnola, che ha incontrato qualche giorno prima, che morirà dopo pochi giorni di coma senza poter dare utili spiegazioni.
La spiegazione ufficiale è “avvelenamento da monossido di carbonio”.
Un incidente dovuto ad una stufa difettosa.
La Polizia austriaca, di solito meticolosa, mostra un’insolita fretta nell’archiviare il caso.
Attorno a questa morte misteriosa nascono le più svariate ipotesi.
C’è chi parla di suicidio dei due amanti, chi ipotizza che la ragazza fosse un esponente dell’Agenzia ebraica che aveva il compito di arruolare Sindelar in una organizzazione che avrebbe dovuto favorire l’espatrio degli ebrei austriaci e pensa ad un omicidio brillantemente organizzato dalla Gestapo.
Dopo la guerra il rapporto sulla sua morte non si trova più.
Svanito.
La sua morte, misteriosa, contribuisce così a proiettarlo nel mito.
I tedeschi hanno fretta di chiudere il caso, preferirebbero esequie in forma privata, quasi clandestine.
Invece la sede dell’Austria Vienna è tempestata di telegrammi da tutta l’Europa: alla fine se ne conteranno oltre 15.000 ed il suo funerale sarà seguito da non meno di 40.000 austriaci pronti a sfidare i divieti, più o meno palesi, dei nazisti.
Matthias Sindelar, “il Mozart del football”, “cartavelina” fa il suo ingresso nella leggenda, diventa un eroe popolare, per diventare poi, alla fine della guerra, anche un eroe nazionale.
Quando l’Austria riacquista la propria sovranità nazionale la stella del “Wunderteam” viene sepolta nel “Cimitero centrale di Vienna” in un mausoleo messo a disposizione della famiglia dall’autorità cittadina.
Da allora, il 23 gennaio di ogni anno, una data che cade a pochi giorni dal “Giorno della Memoria”, la giornata dedicata alla commemorazione della Shoa, sulla tomba di Matthias Sindelar si tiene una semplice cerimonia cui partecipano i dirigenti della Federazione Austriaca, dell’Austria Vienna, ed i sempre meno numerosi compagni di squadra dei tempi del “Wunderteam”.
Alla fine viene deposta sulla lapide una corona di alloro e dei fiori bianchi e viola, i colori del “Wiener Amateure” , diventato poi Austria Vienna.
Fra coloro che non mancavano mai alla cerimonia c’era il Dr Schwarz, il vecchio presidente del club viennese.
Schwarz, epurato perché ebreo e scampato ai lager nazisti, non aveva mai dimenticato che Matthias Sindelar un giorno l’aveva salutato facendogli capire che c’era ancora una speranza.

“Dicono che la sua modestia fosse altrettanto leggendaria della sua abilità.
Patrimonio dei Grandi.”
[Ràul Woscoff – Centro Raoul Wallemberg ]-
"Aveva, sì, struttura atletica, nel senso che era alto, slanciato e che i suoi lineamenti esprimevano energia e decisione. Ma era magro, secco, asciutto in modo impressionante. Di muscoli non ne aveva, di consistenza non ne mostrava. Di profilo pareva piatto, sottile, trasparente, come se – scusate la frase alpina un po’ irriverente che viene in mente – la madre ci si fosse, per errore, seduta su appena nato. A vederlo giuocare, si trasformava. Era il padrone della palla, l’artista della finta. Alla mancanza di fisico sopperiva subito con l’intelligenza. Aveva appreso a smarcarsi in modo magistrale. Lasciato libero distribuiva, smistava, dettava temi di attacco, diventava la vera intelligenza della prima linea. Monti odiava tutti i danubiani, li metteva in un mucchio solo, ma chi aveva particolarmente in uggia era Sindelar: vedeva rosso, e contro di lui e contro le danze a base di finte che gli faceva davanti e le continue richieste di penalty, aveva una paura matta di perdere le staffe”
[Vittorio Pozzo]


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www.wizo-osfa.org.ar/prueba/informes/sindelar.htm
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00domenica 15 giugno 2008 07:04
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