Martin Luter King

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sergio.T
00lunedì 1 febbraio 2010 08:54
Martin Luther King Jr. nacque il 15 gennaio 1929, ad Atlanta, in Georgia. Il padre era il reverendo Martin Luther King, Sr., e Alberta Williams King. In realtà il nome del padre era "Michael King", e lo stesso Luther King, Jr., alla nascita aveva preso il nome di "Michael King, Jr.". Quando però la famiglia, nel 1934, compie un viaggio in Europa (visitando tra l'altro la Germania), il reverendo King Senior rimane affascinato dalla figura di Martin Lutero e decide così di cambiare il suo nome e quello del figlio. La famiglia King era inoltre composta dalla sorella Willie Christine, più vecchia di Martin, e dal più giovane fratello Alfred Daniel Williams King. Il piccolo Martin faceva anche parte del coro che cantò alla premiere (di Atlanta) di Via col Vento, nel 1939.

King crebbe ad Atlanta, dove frequentò la Booker T. Washington High School; King si iscrive a quindici anni al collegio per neri Morehouse College di Atlanta, formalmente senza aver concluso gli studi precedenti. Nel 1948 conclude gli studi al Morehouse, e si guarda intorno sulla scelta da fare per il futuro. Venuto a contatto, durante l'adolescenza, con i soprusi a cui doveva sottostare la comunità afroamericana, il giovane King desidera dedicarsi al riscatto dei suoi fratelli: pensa di diventare medico o avvocato[2].

La scelta religiosa [modifica]
Il padre, il reverendo Marthin Luther King Senior, consiglia al figlio di diventare pastore battista come lui: inizialmente scettico sulla scelta di dedicarsi alla vita religiosa, King è poi definitivamente convinto della bontà della scelta fatta dalla lettura dei grandi pensatori religiosi.[2] Martin inizia così il suo percorso di studi religiosi: prima a Crozer Theological Seminary di Chester, in Pennsylvania, dove nel 1951 riceve il baccalaureato in teologia, e poi all'università di Boston, dove consegue il Dottorato in Filosofia il 5 giugno 1955. Negli anni ottanta varie indagini dimostrarono che alcune porzioni della tesi di laurea di King furono copiate, sebbene rimanesse indiscusso il valore politico del lavoro.

Per approfondire, vedi la voce Il caso della tesi di laurea.

Nel 1954, mentre si apprestava a conseguire il dottorato King ha la possibilità di scegliere tra varie parrocchie degli Stati Uniti dove fare il pastore, e infine decide per la chiesa battista di Dexter Avenue a Montgomery, in Alabama. A venticinque anni Martin Luther King Jr. diventa così il pastore in una delle città nel profondo Sud dell'America dove la situazione razziale era tra le più dure.

Il caso di Rosa Parks [modifica]
La situazione di segregazione e negazione dei più elementari diritti civili alla comunità nera, a Montgomery come in molte altre parti degli USA, aveva già portato la tensione in seno alla comunità afroamericana ad altissimi livelli, e non erano mancate già diverse iniziative di protesta, spesso violente. Nel marzo del 1955 Claudette Colvin, una studentessa quindicenne, si rifiuta di cedere il proprio posto a sedere (nel settore riservato ai bianchi sui bus) ad un uomo bianco. Il caso viene messo al vaglio di una commissione della comunità afroamericana, in cui siede anche King il quale, assieme agli attivisti Edgar Nixon e Clifford Durr, decide di non prendere iniziative, al momento.

Nemmeno 9 mesi dopo il caso si ripete, in modalità assai simili, ma stavolta l'arresto di Rosa Parks,accusata di aver violato le leggi sulla segregazione fa scaturire la rivolta dei neri. L'impegno politico vero e proprio di King inizia così la notte del 1º dicembre 1955: Rosa Parks (già appartenente al Movimento per i Diritti Civili americano e del NAACP) si rifiuta di abbandonare il proprio posto, destinato ai soli passeggeri bianchi ma l'unico rimasto libero, sull'autobus che la riporta a casa. Il conducente dell'autobus di fronte al rifiuto della donna ferma l'autobus e chiama la polizia. Rosa viene arrestata e incarcerata .

L'autobus dove la Parks fu arrestataIn un primo momento la notizia del sopruso scatenò una reazione violenta da parte della comunità nera di Montgomery, e la polizia reagì agli incendi degli autobus e alle vetrine fracassate sparando.[2] Ma quella stessa notte cinquanta leader della comunità afro-americana, guidati dall'allora sconosciuto Martin Luther King, si riunirono per decidere le azioni da intraprendere per reagire all'accaduto. King propone di affrontare la situazione in modo radicalmente diverso: attuare un sistema di protesta non violento, basato sulla resistenza passiva e sul boicottaggio. Viene così indetta per il 5 dicembre una riunione di massa, mentre si invita la comunità nera al boicottaggio dei mezzi di trasporto in risposta ai soprusi bianchi. La riunione serale del 5 dicembre alla chiesa battista di Holt Street fu un successo, così come il boicottaggio dei mezzi pubblici, che assunse proporzioni sempre più vaste man mano la notizia si diffuse: la comunità afromaericana si spostava come poteva, a piedi o con l'aiuto di tassisti e liberi cittadini che si prestavano volentieri alla protesta.

La rabbia della comunità bianca montò sempre di più, fino a sfociare nella violenza (in buona parte dal Ku Klux Klan), al punto che viene scagliata una bomba nella casa di King: tempo dopo con il pretesto di eccesso di velocità viene addirittura arrestato e incarcerato. Intanto la notizia della protesta comincia a riscuotere consensi anche fuori dall'Alabama, e il movimento afroamericano riceve fondi e sostengo morale perfino da paesi lontani come il Giappone e la Svizzera.[2]

La decisione della Corte Suprema [modifica]
La campagna si conclude dopo un lungo strascico nei tribunali: il 19 giugno 1956, la Corte Distrettuale degli Stati Uniti stabilì (caso Browder v. Gayle) che la segregazione forzata di passeggeri neri e bianchi sugli autobus operanti a Montgomery violava la Costituzione Americana (in particolare contrastando con quanto stabilito dal XIV emendamento).

Il 13 novembre 1956, la Corte Suprema degli Stati Uniti dichiarò fuorilegge (con approvazione unanime[2]) la segregazione razziale sui mezzi di trasporto pubblici in quanto incostituzionale. L'ordine della Corte suprema arrivò a Montgomery il 20 dicembre 1956, ed il boicottaggio dei bus finì il giorno successivo, dopo ben 385 giorni.

La decisione dei tribunali, accolta con entusiasmo dalla comunità nera, provoca rabbia e sgomento in parte degli attivisti bianchi più estremisti, tanto che si verificano molte violenze, tra le quali si ricordano i lanci di bombe nelle chiese e nelle case di molti pastori, tra cui l'amico di Luther King Ralph Abernathy.

Leader per i diritti civili [modifica]
Nel 1957, King, assieme a Ralph Abernathy ad altri attivisti per i diritti civili della comunità afroamericana, fondano la Southern Christian Leadership Conference (SCLC). L'obiettivo di questa associazione era di organizzare in modo chiaro e dare un'autorità di riferimento al movimento per i diritti. La SCLC riesce così a riunire e dare una forma precisa al movimento dei vari gruppi di neri che in precedenza avevano come unico riferimento le singole parrocchie della città. King guiderà la SCLC dalla sua nascita fino al suo assassinio, 11 anni più tardi. In particolare le prime campagne di King era incentrate sull'abolizione di quel sistema di norme segregazioniste vigenti in particolare negli stati del Sud (in primis l'Alabama) degli USA, note informalmente come "leggi di Jim Crow". Jim Crow era un personaggio di una notissima coon song di fine Ottocento, un nero sciancato, derelitto, emblema della discriminazione razziale. Infatti uno dei motti tipici della lotta all'emancipazione era "Stop Jim Crow".

Sulla scia dei primi successi della SCLC King diventò il leader del movimento per i diritti civili dei neri americani: la sua linea politica nonviolenta, soprattutto nei primi anni di protesta, ottiene ottimi risultati e il consenso di gran parte degli attivisti e dei membri della comunità afroamericana.

Nel 1958, mentre firmava alcune copie del suo libro Stride toward freedom in un negozio di Harlem, fu gravemente pugnalato al petto, con un tagliacarte, da Izola Curry, una squilibrata donna di colore.

Non si deve confondere la militanza di King nei diritti civili con una militanza politica o di partito. Inoltre non si possono comprendere il pensiero e la vita di Martin Luther King se non si pensa al fatto che era un repubblicano, come il padre. La cosa non deve affatto sorprendere. Dovrebbe invece sorprendere il fatto che -in Italia- questo semplice dato sia stato offuscato anche dai protestanti italiani, che almeno in questo caso hanno seguito la chiesa cattolica nel politicizzare la religione, pur predicando il contrario. Del resto anche il presidente Lincoln -abolizionista della schiavitù- era un repubblicano. Inoltre i democratici erano segregazionisti fino a tempi recentissimi (li si accusa di essere stati parte predominante del Ku Klux Klan, a partire dal sen. Robert Byrd). Si veda a questo proposito un articolo di Frances Rice, presidente della Nation Black Republican Association (NBRA). Si veda inoltre la discussione che ne è seguita, ad esempio in questo articolo del Washington Post, nel quale giustamente si sottolinea che King non fu eminentemente un politico legato ai partiti, ma piuttosto un uomo di chiesa (e in quanto tale più legato a Cristo che a Gandhi).

Tuttavia il contesto dei partiti era diverso da quello attuale: è stato il presidente repubblicano Dwight Eisenhower, ad aver imposto il Civil Rights Act del 1957 e ad aver inviato l'esercito nell'Arkansas, per presidiare le scuole che volevano mantenere la segregazione degli studenti neri. Bisogna essere molto attenti alla falsificazione politica della vita e degli eventi che hanno ruotato attorno a Martin Luther King. Per esempio, il presidente democratico John F. Kennedy in Italia è lodato come un fautore dei diritti civili. Tuttavia Kennedy ha votato contro il Civil Rights Act del 1957, mentre era un senatore, così come fece il senatore democratico Al Gore Sr. E c'è da aggiungere che Robert Kennedy aveva posto King sotto controllo della FBI sospettandolo di essere un comunista.

Il partito repubblicano ha chiesto l'abolizione della schiavitù e ha modificato la Costituzione per concedere cittadinanza ai neri (Emendamento 13) e il diritto di voto (15a modifica). Richard Nixon con il Piano Filadelfia del 1969 (realizzato dal repubblicano afroamericano Art Fletcher). La Affirmative action è stata avviata sempre da Nixon e trasformata dai democratici in un sistema di quote. La Affirmative Action rimediò alla "cacciata dei neri" dai posti di lavoro pubblici, attuata nel 1912 dal presidente democratico Woodrow Wilson. Il quadro politico, nonostante il miglioramento dei rapporti di King coi Kennedy, non cambiò per molti decenni ancora. Nel citato articolo di Frances Rice si ricorda che un dixiecrat democratico, il senatore Ernest Hollings, piazzò la bandiera dei Confederati sopra quella a stelle e strisce, quando diventò governatore della South Carolina.

I problemi al Sud e i Kennedy [modifica]
Nel luglio del 1960 John F. Kennedy ottiene la nomination per la casa bianca: inizialmente King non ha fiducia nel politico democratico.[2] Si deve parzialmente ricredere quando durante le agitazioni in Georgia viene arrestato e poco tempo dopo rilasciato grazie alle pressioni di John e Robert Kennedy.[2] Alle elezioni presidenziali Kennedy riceve circa il settanta percento dei voti della comunità nera: nell'agenda del nuovo presidente degli Stati Uniti entrano così di prepotenza i temi dei diritti civili (voto, lavoro, elezione...) per i neri.

Grazie anche all'appoggio della Casa Bianca King e gli altri leader della SCLC proseguono le loro campagne nel Sud degli States, soprattutto nel Mississippi e nella Georgia.

La campagna in Albany [modifica]
Nel novembre del 1961 ad Albany, in Georgia, si forma un movimento di lotta anti-segregazionista, entro il quale a dicembre si inserisce anche il movimento di lotta non-violenta di King e della SCLC. Il movimento mobilita centinaia di cittadini e la campagna, mirata a far emergere, attraverso tecniche di nonviolenza, l'attenzione della cittadinanza e dell'opinione pubblica statunitense e mondiale. Il 16 dicembre 1961 King, recatosi in città solo il giorno prima, viene incarcerato nel corso di un arresto di massa dei manifestanti: di fronte a tale ingiustizia decide di lasciare Albany. Al suo ritorno, nel giugno del 1962, è costretto a scontare la sua pena, e, di fronte all'opportunità di un'ammenda pecuniaria o della prigione, sceglie la seconda, anche se tre giorni dopo la sentenza verrà rilasciato.

Purtroppo con il passare del tempo, dopo un anno intero di intenso attivismo, il fronte del movimento per i diritti civili di Albany cominciò a mostrare delle spaccature, e ben presto si deteriorò irrimediabilmente, nonostante gli sforzi di King, anche a causa dell'atteggiamento troppo circospetto di molte autorità governative locali. Sebbene non avesse raggiunto l'obiettivo prefissato, la campagna di Albany mostrò per la prima volta il supporto che una ben organizzata lotta non-violenta poteva fornire alla lotta del movimento nazionale per i diritti civili.

Il lunghissimo 1963 [modifica]
La campagna di Birmingham [modifica]
Sotto la guida del reverendo Wyatt Tee Walker, direttore esecutivo della SCLC nel periodo 1960-1964, inizia a Birmingham, in Alabama, una campagna per la promozione dei diritti civili degli afroamericani, per eliminare le politiche sociali, civili ed economiche segregazioniste del paese. Il culmine della lotta si ha nella primavera del 1963, in particolare nei mesi di aprile e maggio. L'arma principale che il movimento utilizzò fu quella della cosiddetta disobbedienza civile: disobbedire alle leggi che si ritenevano ingiuste, e subirne le conseguenze penali. Questa tattica aveva due finalità: da una parte far risaltare la violazione della legge, pubblicamente, in modo da rendere evidenti a tutti la protesta e le sanzioni; dall'altra costringere la polizia, con gli arresti di massa, a riempire oltremodo le prigioni della città.

Le tattiche nonviolente mirate alla lotta contro leggi considerate ingiuste non si limitarono solo alla disobbedienza civile, ma anche al boicottaggio di molte attività commerciali. La pressione dei boicottaggi degli attivisti però non smosse le posizioni dei grandi leader economici di Birmingham, e così la SCLC dovette cambiare strategia. King lanciò così quello che Tee Walker aveva chiamato Project C: una serie di sit-in e marce per costringere la polizia all'arresto dei manifestanti. Un tipico sit-in consisteva in entrare in un locale "proibito" ai neri, sedersi sul pavimento finché la polizia non interveniva per sgombrare: gli attivisti non reagivano alle violenze verbali e fisiche della polizia, ma si lasciavano trascinare fuori dai locali fino alle prigioni.[2]

Il 13 aprile King è arrestato; appena uscito di prigione la campagna riprende con ulteriore ardore. Vista la mancanza, causa arresto, di molti attivisti, la campagna si avvale anche di bambini (la cosiddetta "Crociata dei bambini"). In questo contesto di proteste, pur con la presenza di donne e bambini tra i manifestanti, il Dipartimento di Polizia di Birmingham, guidato da Eugene "Bull" Connor, si lascia andare ad episodi di violenza.[2] In questo senso bisogna dire che non sempre tutti i manifestanti si comportavano in maniera pacifica, e spesso gli attacchi di pochi scalmanati verso le forze dell'ordine provocavano una reazione generale contro tutti. Momento chiave in questo senso è il 2 maggio: la polizia reagisce in maniera violenta alle proteste lanciando i cani sulla pacifica folla e utilizzando le pompe antincendio contro i neri. Nel contempo mentre molti bianchi segregazionisti gli lanciano contro mattoni e bottiglie. Il corteo diventa improvvisamente una terribile battaglia, e sotto gli occhi di tutto il mondo gli Stati Uniti danno un terribile spettacolo di razzismo e violenza.[2]

Nonostante gli episodi di scontro tra polizia e manifestanti, e nonostante le accuse verso King e la SCLC di utilizzare i bambini nelle proteste, esponendoli a gravi pericoli, alla fine della campagna di Birmingham la reputazione di Martin Luther King e del movimento dei diritti civili cresce notevolmente. Lo stesso Connor perde il lavoro e, cosa più importante le "leggi di Jim Crow" vigenti nella città vengono eliminate, aprendo molti posti pubblici alla presenza dei neri.

La marcia su Washington [modifica]
La genesi della marcia [modifica]
Sull'onda dell'indignazione per i fatti di Birmingham il presidente Kennedy ha intanto presentato al Congresso un provvedimento che sancisca pari diritti per bianchi e neri d'America: l'idea del presidente viene fortemente osteggiata dagli stati del Sud.

Per dare ulteriore forza all'iniziativa di Kennedy King, insieme a molti altri leader delle principali organizzazioni per la lotta per i diritti civili dei neri, guida verso Washington la celeberrima "marcia per il lavoro e la libertà (28 agosto 1963), il cui organizzatore strategico e logistico fu Bayard Rustin. Si parlò in questo senso di partecipazione delle "Sei Grandi" organizzazioni, riunite in un'unica manifestazione; assieme a King (SCLC) c'erano: Roy Wilkins (National Association for the Advancement of Colored People), Whitney Young (National Urban League), A. Philip Randolph (Brotherhood of Sleeping Car Porters), John Lewis (SNCC) e James L. Farmer Junior (Congress of Racial Equality).

Le perplessità di Kennedy [modifica]
In realtà l'idea originale della manifestazione, così com'era stata pensata all'inizio, era quella di una marcia che facesse risaltare tutte le ingiustizie e le disperate condizioni in cui erano costretti a vivere gli afroamericani degli stati del Sud degli Stati Uniti. Perfino l'idea di recarsi a Washington era un chiaro segnale di come si chiedesse di risolvere la situazione al potere in se, recandosi nella capitale della nazione e facendo sentire la voce del movimento. Gli organizzatori intendevano rendere pubblico il fallimento delle politiche del governo federale in materia di salvaguardia dei diritti civili nel Sud degli States e di sicurezza fisica dei manifestanti neri. Appariva chiaro quindi come il presidente Kennedy non fosse assolutamente d'accordo con l'idea dalla marcia, vedendovi un attacco politico non troppo indiretto alla sua amministrazione; inoltre la Casa Bianca temeva che la marcia potesse influire negativamente sul provvedimento sui diritti civili che sarebbe stato esaminato dal Congresso.

Di fronte all'irremovibilità degli organizzatori John F. Kennedy cercò di esercitare delle pressioni su di essi in modo che fosse cambiato lo scopo della protesta. In questo senso Martin Luther King si trovò a dover mediare tra le idee di Kennedy, a cui si stava sempre più avvicinando, e le intenzioni degli altri leader afroamericani. Alla fine l'influenza di Kennedy ebbe ragione, e l'evento acquisì un tono meno stridente e meno drammatico. Questo fatto causò non pochi attriti tra molti attivisti del movimento, che accusarono la manifestazione di non avere quel tono di scontro che si era auspicato, bensì di cercare di rendere il più possibile palese un'armonia nel rapporto tra la comunità bianca e nera che soprattutto nel Sud non era tale. Tra le voci più critiche vi fu quella di Malcolm X, che epitetò l'evento come la "Farsa su Washington" ("Farce on Washington"), mentre a molti membri della Nation of Islam non fu permesso di partecipare alla marcia.

Il successo dell'evento [modifica]
Nonostante le tensioni interne la partecipazione all'evento fu notevolissima e la marcia risultò un grande successo per il movimento. Più di duecentocinquantamila persone i affollarono al Lincoln Memorial di Washington l'enorme folla poté assistere alla stretta di mano tra Kennedy e i leader della SCLC e al celebre discorso "I have a dream" di King, che divenne il discorso-simbolo della marcia ed uno dei più famosi della storia oratoria americana (paragonabile ad esempio coll'"Infamy Speech" di Roosevelt'). Al tempo quella straordinaria partecipazione era la più grande che Washington avesse mai avuto nella sua secolare storia.

La "marcia per il lavoro e la libertà" non si limitò solo a questo, ma fece precise richieste: fine della segregazione razziale nelle scuole, una efficace legiferazione sul tema dei diritti civili, la protezione dalle brutalità della polizia per gli attivisti, uno stipendio minimo di 2 dollari per tutti i lavoratori ed un organo di auto-governo per Washington D.C., a quel tempo governata da un comitato.

La morte di Kennedy [modifica]
Il 22 novembre 1963 l'America è sconvolta dall'omicidio di John Fitzgerald Kennedy a Dallas: colui che più di ogni altro politico recente aveva rappresentato la grande speranza per i neri di riscattarsi dalla loro posizione di segregazione. King, superato il momento di sconforto per la morte del presidente Kennedy, continuò a intavolare trattative e a sottoporre richieste da parte del movimento alla nuova amministrazione Johnson, sia nel periodo in cui prese il posto di Kennedy sia successivamente quando ottenne il mandato definitivo (1964).

Augustine (1964), Selma (1965) e i primi dissensi [modifica]
Altre importanti occasioni di protesta avvennero a St. Augustine, in Florida, nel 1964: Martin Luther King e la SCLC furono attaccati da segregazionisti bianchi durante le marce notturne, con il conseguente arresto e imprigionamento di molti degli attivisti.

Sul finire del '64 la SCLC unì le proprie forze con un'altra grande organizzazione per i diriti civili dei neri, la SNCC (Student Nonviolent Coordinating Committee), per organizzare manifestazioni a Selma, in Alabama, dove già da tempo la SNCC stava dando da fare per incentivare la partecipazione al voto dei membri della comunità nera. La campagna di protesta congiunta di SCLC e SNCC fu drasticamente colpita da un'ordinanza di un giudice locale, che impedì ogni riunione di tre o più individui sotto le sigle di SNCC, SCLC o DCVL; erano inoltre proibiti gli incontri a cui partecipasse anche uno solo di 41 leader afroamericani bollati dall'ingiunzione. La situazione si risolse quando King, sfidando apertamente l'ordine del tribunale, tenne un discorso pubblico alla Brown Chapel il 2 gennaio 1965

Grazie a queste e altre importanti proteste la figura di King assunse grande rilevanza a livello mondiale come leader riconosciuto e rispettato del movimento per i diritti della comunità afroamericana. Questo suo ruolo fu suggellato da due importanti eventi accaduti nel 1964: l'assegnazione del premio Nobel per la pace e l'incontro con il papa Paolo VI, che gli dà pieno appoggio nella sua azione[2].

Infatti in quel periodo comincia a riscuotere grande successo, nei "ghetti" neri delle grandi città e non solo, una linea politica violenta e aggressiva, ben rappresentata dal pensiero di Malcolm X. In realtà soprattutto all'inizio della sua ascesa nel movimento per i diritti degli afroamericani il conflitto tra King e Malcolm X non appariva insanabile, anche se il secondo aveva più di una volta duramente contestato il pastore. Ma man mano che Malcolm X acquisiva sempre più potere all'interno della Nation of Islam (NOI) l'inconciliabilità tra le idee dei due appariva di giorno in giorno maggiore. La NOI era una setta islamica nazionalista, e le sue posizioni, sia religiose sia politiche (auspicava la creazione di una grande nazione nera e considerava con disprezzo i non-neri) erano in aperto contrasto con quelle della SCLC e di King.

Inoltre mentre le posizioni di Martin Luther King si erano progressivamente avvicinate a quelle di John Kennedy, Malcolm nutriva per il presidente degli USA un profondo disprezzo, arrivando a dichiararsi felice per il suo assassinio (dichiarazione che destò enorme scalpore e critiche anche dall'interno della NOI) e, in precedenza, criticando la marcia della libertà a Washington. La divisione tra i due grandi leader afroamericani non cessò neppure quando Malcolm X venne assassinato (21 febbraio 1965): Stokely Carmichael emerse ben presto come attivista di punta del movimento che inneggiava al black power, contrapposto al white power[2].

Il "Bloody Sunday" e la marcia su Montgomery [modifica]
Per approfondire, vedi la voce Bloody Sunday (1965).

Sempre nell'ottica della lotta per i diritti civili nella città di Selma King e la SCLC, con la parziale collaborazione della SNCC, cercarono di organizzare una marcia da Selma fino a Montgomery, capitale dello stato dell'Alabama, il 7 marzo 1965, di domenica. Il primo tentativo in questa data fu sospeso a causa degli attacchi ricevuti dai manifestanti da parte di bande di bianchi e della polizia. I terribili scontro di quel 7 marzo 1965 fecero sì che in seguito quella data venisse ricordata come il "Bloody Sunday": nonostante King non fosse presente alla marcia essa costituì una delle tappe più importanti della lotta nonviolenta del movimento per i diritti civili. Le immagini e le testimonianze delle brutalità della polizia verso i manifestanti fecero il giro degli Stati Uniti, rendendo partecipe gran parte dell'opinione pubblica dell'entità della questione sollevata dal movimento.

King cercò di organizzare una nuova marcia due giorni, dopo, il 9 marzo: la SCLC presentò una petizione contro lo stato dell'Alabama, ma la corte federale la respinse e il giudice ordinò che la marcia fosse bloccata. Ciò nonostante King guidò la marcia fino al ponte di Edmund Pettus, dove tenne una breve preghiera assieme alla folla. In seguito a ciò decise di terminare la marcia, facendo disperdere i manifestanti per non violare l'ordine del tribunale. Questo comportamento fu visto da molti esponenti delle organizzazioni locali come una "cessione" di fronte ai soprusi del tribunale e dell'Alabama, e alimentò il consenso delle parti meno moderata del fronte per i diritti civili, che si stringeva perlopiù attorno alla NOI e a Stokely Carmichael.

Al terzo tentativo, in data 25 marzo, la marcia si tenne.

Chicago (1966) [modifica]
Nel 1966, sull'onda dei grandi successi ottenuti dal movimento per i diritti civili nel Sud degli Stati Uniti, Martin Luther King, come presidente della SCLC, assieme a molte altre organizzazioni, cercò di far espandere il movimento di protesta anche agli altri Stati della nazione americana. La prima città coinvolta nella nuova campagna fu Chicago: King e Abernathy, provenienti entrambi dalla media borghesia, si recarono nei quartieri più poveri della "città del vento", in particolare nel North Lawndale per dare il loro supporto alla lotta dei disagiati cittadini che risiedevano in queste zone.

La SCLC formò una coalizione con la CCCO (Coordinating Council of Community Organizations) e, a partire dalla primavera del 1966, condusse una serie di grandi marce per la lotta contro la discriminazione nella città di Chicago, che toccarono molti quartieri come Bogan, Belmont, Cragin e Jefferson Park. In particolare la campagna denunciò la gravissima situazione in cui versava il sistema immobiliare. Era infatti abitudine consolidata che le agenzie immobiliari della città assegnassero, a parità di requisiti quali il numero di figli ed il reddito, le case alle coppie bianche piuttosto che a quelle di colore.

I leader afroamericani si resero ben presto conto che la situazione razziale a Chicago, città del Nord degli USA, non era assolutamente migliore rispetto a quanto avevano trovato al Sud. Spesso infatti le marce di protesta erano accolte nei rioni con il lancio di bottiglie e con pesantissime offese verso i manifestanti: lo stesso King fu colpito da un mattone durante una marcia, ma proseguì a tenere testa al corteo nonostante i rischi. Il clima di tensione costrinse lo stesso King ad accordarsi con il sindaco Richard J. Daley per cancellare una marcia al fine di evitare eventuali episodi di violenza.

Quando King e gli altri membri delle organizzazioni ritornarono al Sud, essi lasciarono la situazione in mano ad un giovane studente di un seminario: Jesse Jackson. Jackson era entrato a far parte della SCLC a Selma, in poco tempo la collaborazione e l'intesa con King erano diventati tali che quest'ultimo non esitò ad affidargli la direzione organizzativa per l'SCLC di Chicago. L'anno successivo Jackson viene promosso direttore nazionale, iniziando il cammino che lo porterà, negli anni ottanta, a raggiungere la grande notorietà imponendosi come leader degli afro-americani e come politico del Partito Democratico.

La "Poor People's Campaign" [modifica]
Nel 1968 King e la SCLC organizzarono la "Poor People's Campaign", incentrata sui temi della giustizia sociale. La campagna culminò nel marzo di quell'anno quando a Washington, D.C. il movimento fece sentire la sua voce, domandando aiuti economici per le fasce sociali più povere degli Stati Uniti. King e la SCLC chiedevano al governo americano di investire nel ricostruire le zone più disagiate delle città americane. Denunciò inoltre, in piena Guerra Fredda e con la corsa agli armamenti in atto, l'ostilità verso i poveri che il governo dimostrava spendendo ingenti quantità di fondi per gli armamenti e per la Guerra nel Vietnam (a cui King era assolutamente contrario).

King attraversò molti stati, cercando di raccogliere attorno a sé una grande quantità di povera gente: questa massa si concentrò poi a Washington, dando inizio ad una campagna di disobbedienza civile finché il Congresso non approvò un progetto di legge per tutelare i diritti dei poveri americani.

Anche dopo questo atto del Congresso King non smise di denunciare la situazione in cui versavano le fasce povere degli Stati Uniti, osservando come le misure prese erano certamente apprezzabili, ma non fossero niente di più che una misera elemosina verso le fasce più disagiate. La visione di King spingeva verso una rivoluzione di quel sistema in cui viveva la società americana, fatto di "razzismo, povertà, militarismo e materialismo".

I dissidi interni al movimento [modifica]
Se la "Poor People's Campaign" aveva comunque ottenuto una certa quantità, seppur piccola, di garanzie per i poveri degli USA, dal punto di vista politico non ottenne però quel largo seguito che da un po' di tempo mancava al movimento per i diritti degli afroamericani. Molti leader non furono d'accordo con le mosse di King, giudicando che gli obiettivi della protesta erano troppo generici e comunque irrealizzabili, sostenendo che essa avrebbe solamente accelerato il divario tra la classe di potere bianca e la comunità nera unita e dei poveri. Come detto in questa fase la stella di Martin Luther King è appannata: pur non essendoci più la grande figura carismatica di Malcolm X il movimento per i diritti della comunità nera si presenta come composto da sempre più numerose frange che tendono a distaccarsi dalla posizioni moderate e nonviolente di King.

Stokely Carmichael è uno di questi "separatisti": influenzato dalle idee di Malcolm X e Kwame Nkrumah nel 1966 Carmichael aveva costituito la Lowndes County Freedom Organization (LCFO), che per la stampa divenne conosciuta come "Black Panther Party" , nome che successivamente sarebbe stato di ispirazione per il più conosciuto Black Panther Party. Il movimento del "black power" di Carmichael attaccò duramente King, rifiutando l'idea dell'integrazione razziale, considerandola un insulto alla cultura Afro-americana, ma spingendo per l'indipendenza della classe nera. Un altro leader, Omali Yeshitela, in nome delle violenze perpetrate dalla colonizzazione europea dell'Africa e dallo schiavismo incitava non al dialogo con la comunità bianca ma allo scontro violento con essa.

Il clima di tensione e violenza che si registra in seno al movimento per i diritti delle comunità nere sfocia negli scontri nel ghetto nero di Los Angeles, nell'estate del 1966: 35 morti, 1033 feriti e decine di milioni di dollari di danni.[2] La reazione della polizia e di molti bianchi è spietata e terribile: molti leader sono picchiati e alcuni uccisi, perfino al Nord degli USA l'atteggiamento verso il movimento nero si fa più critico.[2]

L'assassinio [modifica]
King, perseguitato dagli ambienti segregazionisti del sud degli Stati Uniti, aveva ricevuto diverse minacce di morte, ad esempio a Chicago.

Il 29 marzo 1968 a Memphis, nel Tennessee, gli operatori ecologici neri rappresentati dalla AFSCME Local 1733, che erano in sciopero dal 12 marzo per il riconoscimento del loro sindacato e l'aumento della paghe (al livello dei bianchi) ricevono l'appoggio diretto di King.

Egli scende dal Nord degli States, arrivando a Memphis il 3 aprile, dopo che il suo volo era stato ritardato per un allarme bomba. King si mette alla testa del corteo degli spazzini: la marcia pacifica viene interrotta a causa dei sobillatori del gruppo di Stokely Carmichael.[2] In pochi minuti il corteo si trasforma in una battaglia urbana: centinaia di neri escono dal corteo e cominciano a fracassare vetrine e tirare pietre contro la polizia, che reagisce caricando la folla. Negli scontri si registra anche una vittima, il sedicenne Larry Paine, ucciso da un colpo di fucile.[2]

King, afflitto, rientra al Lorraine Motel, di proprietà di Walter Bailey, sempre a Memphis. Nella sua stanza, la 306, assieme ai suoi collaboratori (tra cui il reverendo Ralph Abernathy e Jesse Jackson) cerca di organizzare una nuovo corteo per uno dei giorni successivi. Alle 18:01 King esce sul balcone del secondo piano del motel, dove viene colpito da un colpo di fucile di precisione alla testa. Come testimoniato da Jesse Jackson, presente al momento dello sparo, le ultime parole di King furono rivolte al musicista Ben Branch, che avrebbe dovuto suonare quella sera ad un incontro locale in una chiesa dove era programmato un culto. King gli chiese di intonare, e bene, il suo inno preferito Take my hand, my precious Lord (prendimi per mano, mio prezioso Signore), poi intonato davvero dalla celebre Mahalia Jackson, cara amica di King, nel corso dei suoi funerali. Gli eventi che si susseguirono allo sparo sono molto contestati: in particolare alcuni accusarono Jesse Jackson di aver esagerato le risposte ai successivi interrogatori.[senza fonte]

Portato al St. Joseph's Hospital, Martin Luther King muore un'ora dopo lo sparo, alle 19.05 del 4 aprile 1968.

Eventi successivi alla morte [modifica]
La notizia dell'assassinio di King portò ad un'ondata di violenze in tutta l'America: si registrarono rivolte in più di 100 città. Il candidato democratico per la casa bianca Robert Kennedy fu informato dell'omicidio mentre si stava dirigendo a Indianapolis, per fare campagna elettorale. Nel suo breve ma concitato discorso a coloro che gli stavano intorno, Kennedy espresse il desiderio che gli attivisti legati a King continuassero sulla strada della non-violenza. Il presidente Lyndon B. Johnson dichiarò il 7 aprile come giorno di lutto nazionale in onore del grande leader per i diritti civili. Johnson non fu però presente ai funerali di King, dove mandò il vicepresidente Hubert Humphrey, in quanto c'era la paura che la sua presenza potesse causare proteste e violenze. In generale l'opinione pubblica americana e mondiale fu molto scossa dall'assassinio di Martin Luther King, a soli 5 anni di distanza dalla morte violenta di John Fitzgerald Kennedy.

Su richiesta della vedova Coretta King al funerale del marito fu letto l'ultimo sermone che il defunto aveva pronunciato il 4 febbraio di quell'anno. Nel sermone King chiese che il funerale si svolgesse con grande semplicità: la sua bara fu trascinata da un carro con due asinelli, così come espressamente richiesto da lui quando era ancora in vita. King non volle che fossero menzionati i suoi premi o altri onori che aveva ricevuto; chiese solamente che fosse ricordato come chi avesse cercato di dare da mangiare agli affamati, coprire coloro che non avevano i vestiti, essere chiaro e duro sulla questione della guerra in Vietnam e infine "amare e servire l'umanità".

Poco tempo dopo la morte di King la città di Memphis provvide a accettare le richieste degli spazzini neri, che interruppero così lo sciopero.

Indagini sull'omicidio [modifica]
Il suo assassino, James Earl Ray dapprima confessò l'omicidio.

Il Lorraine motelDue mesi dopo la morte di King l'evaso James Earl Ray venne catturato all'aeroporto Heathrow di Londra, mentre cercava di lasciare il Regno Unito con un falso passaporto canadese, intestato a "Ramon George Sneyd". Ray fu velocemente estradato in Tennessee e accusato dell'omicidio di King; egli dapprima (10 marzo 1969) confessò di essere l'assassino, ma tre giorni dopo ritrattò. Secondo il legale di Ray, Percy Foreman (che poco tempo dopo lo stesso Ray licenziò), il suo assistito si sarebbe professato innocente per evitare la pena di morte. Ray verrà poi condannato a 99 anni di prigione.

Ray sostenne di aver incontrato, in Québec, un uomo che si faceva chiamare "Raoul" e che sarebbe stato coinvolto nella cospirazione per uccidere M.L. King. Ray passò il resto della sua vita tentando, senza successo, di ritrattare la sua iniziale dichiarazione di colpevolezza per ottenere il processo che non ebbe mai. Il 10 giugno 1977, poco tempo dopo aver testimoniato davanti alla commissione investigativa sull'omicidio di King di non essere stato lui a sparare al leader afroamericano, Ray e altri 6 carcerati evasero dal penitenziario di stato Brushy Mountain (a Petros, in Tennessee). I sette furono ritrovati tre giorni dopo e ricondotti in prigione.

Gli atti dell'indagine sull'assassinio di Martin Luther King jr. sono stati secretati fino al 2002 dall'amministrazione americana.

sergio.T
00lunedì 1 febbraio 2010 08:55
sto leggendo l'autobiografia di questo uomo che difese i diritti civili e lotto' contro la segregazione dei negri d'America.
Interessante.
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