Manifesto del liberalismo

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-Kaname-chan
00venerdì 15 luglio 2005 12:42
Inserisco qui la prima parte del "manifesto" della sezione liberale. Esso è ripreso da "Conoscenza, competizione e libertà", un'antologia di testi di F. A. von Hayek, filosofo, giurista, psicologo e premio nobel per l'economia nel 1974. Eventuali repliche devono farsi in altro topic di questa sezione.

Buona lettura


1- NON ESISTE NÉ LA “CLASSE” NÉ LA “SOCIETÀ”: ESISTONO SOLO INDIVIDUI

Le scienze sociali hanno continuamente a che fare con concetti collettivi: stato, nazione, partito, ecc. I collettivisti sostengono che ai concetti collettivi corrispondono effettive realtà sostanziali, autonome e indipendenti dagli individui i quali, verrebbero plasmati, quasi costruiti, da realtà collettive. Gli individualisti metodologici affermano che ai concetti collettivi non corrisponde nessuna specifica realtà. Esistono soltanto gli individui. Solo gli individui pensano ed agiscono

2- I COLLETTIVISTI FANNO DIVENTARE COSE QUELLI CHE SONO DEI CONCETTI

Il fatto che tutti parlino di “nazione” o di “capitalismo” porta a credere che il primo passo debba consistere nell’andarne a verificare l’aspetto. << L’errore consiste nel considerare alla stregua dei fatti quelle che non sono altro che teorie provvisorie>>. I collettivisti deificano, fanno diventare cose, quelli che sono solo concetti

3- I “DATI” DELLE SCIENZE SOCIALI: LE AZIONI COSCIENTI DEGLI INDIVIDUI

Esistono solo individui, i quali hanno idee e agiscono in base a queste loro idee. Credenze ed azioni degli individui rappresentano i “dati” delle scienze sociali. Qui troviamo una prima ragione di distinzione tra scienze sociali e psicologia: quello che per lo scienziato sono dati, costituiscono per lo psicologo oggetti di indagine. Ciò sta a significare che le scienze sociali non hanno per compito la spiegazione dell’azione cosciente: questa spiegazione "rappresenta il compito proprio della psicologia. Il compito dello scienziato sociale non può consistere nella descrizione della natura e nella spiegazione della genesi e dei mutamenti di quelle entità collettive di cui i collettivisti suppongono un’ esistenza autonoma dagli individui: non si può indagare ciò che non esiste"

4- NATURA E ORIGINE DEL COSTRUTTIVISMO

Il costruttivismo è la teoria stando alla quale "l’uomo, dato che ha creato egli stesso le istituzioni della società e civiltà, deve anche potere alterarle a suo piacimento in modo che soddisfino i suoi desideri e le sue aspirazioni"

5- IL COMPITO ESCLUSIVO DELLE SCIENZE SOCIALI

Il costruttivismo è una teoria errata per la precisa ragione che le azioni umane intenzionali comportano necessariamente conseguenze inintenzionali. Carl Menger aveva mostrato come istituzioni di fondamentale importanza quali il linguaggio, la moneta, lo stato, i mercati ecc. , fossero sorti in modo inintenzionale, “cresciute su” al di fuori di progetti umani pensati e poi realizzati. Hayek afferma che l’analisi delle conseguenze inintenzionali delle azioni umane intenzionali è il compito tipico ed esclusivo delle scienze sociali. Precisa poi che è su questa linea che le scienze sociali trovano la loro autonomia. Infatti se tutti gli eventi e tutte le istituzioni sociali fossero risultati di progetti intenzionali, le scienze sociali non avrebbero nessun problema da risolvere e si ridurrebbero a psicologia, considerata come lo studio delle intenzioni degli individui

6- LE NOSTRE CONOSCENZE RESTANO “SMENTIBILI” E “PARZIALI”

Ad agire non sono, pertanto, le istituzioni, sono gli individui e costoro agiscono in base alle loro conoscenze. Però le conoscenze umane sono e restano smentibili, falsificabili e sono sempre parziali

7- IL GRANDE TEMA DELLA DISPERSIONE DELLE CONOSCENZE DI CIRCOSTANZE PARTICOLARI DI TEMPO E DI LUOGO

Il sostenitore della pianificazione centralizzata suppone che l’economia di una nazione possa venir pianificata, diretta dall’alto di un unico centro e suppone ciò partendo dalla presunzione che le conoscenze adatte allo scopo possano essere possesso dell’autorità preposta alla pianificazione. La pianificazione è una conseguenza dell’errato atteggiamento costruttivistico – scientistico. La nostra conoscenza è fallibile e parziale; le conoscenze oggi a disposizione non prevedono le conoscenze future; le nostre azioni, i nostri piani portano quindi a conseguenze inintenzionali. Ma c’è di più: esiste infatti un gigantesco insieme di conoscenze che non vengono considerate scientifiche. Si tratta di “conoscenze all’istante”, di conoscenze di circostanze particolari di tempo e di luogo, le quali sono necessarie alla soluzione dei più svariati problemi e che sono diffuse tra milioni e milioni di uomini

8- CONOSCENZE “NON SCIENTIFICHE” NECESSARIE PER LA SOLUZIONE DI PROBLEMI CONCRETI

Rispetto a questo tipo di conoscenze praticamente ogni individuo si trova in vantaggio rispetto a tutti gli altri, dal momento che possiede informazioni uniche che possono essere utilizzate con profitto, ma solo se le decisioni che dipendono da queste vengono lasciate a lui o sono prese con la sua attiva collaborazione. Qui è sufficiente ricordare quanto ci resta da imparare in ogni occupazione dopo che abbiamo completato l’addestramento teorico, quanta parte della nostra vita lavorativa è dedicata ad imparare lavori specifici e quale preziosa risorsa sia la conoscenza delle persone, delle condizioni locali e delle circostanze particolari

9- QUANDO L’IGNORANZA È A FONDAMENTO DELLA NOSTRA LIBERTÀ

La soluzione dei problemi concreti necessità della conoscenza di circostanze particolari di tempo e di luogo, conoscenze che non sono centralizzabili. Dice Hayek: << il problema economico della società consiste principalmente nel rapido adattamento ai cambiamenti che intervengono nelle particolari circostanze di tempo e di luogo (e allora) le decisioni finali devono essere lasciate alle persone che conoscono queste circostanze, che hanno conoscenza diretta dei cambiamenti rilevanti e delle circostanze immediatamente disponibili per farvi fronte>>. Cola nostra libertà si fonda sulla nostra ignoranza. Noi siamo fallibili quando e là dove conosciamo. Ma, oltre che fallibili, siamo ignoranti. Ognuno di noi non conosce un’infinità di cose che sono conosciute da uno o dall’altro tra milioni e milioni di individui. Talché, se vogliamo che una sterminata serie di problemi concreti possa venire risolta, è necessario che siano effettivamente utilizzate quelle “conoscenze all’istante” disperse tra milioni e milioni di uomini: il buon funzionamento del sistema esige, come necessaria, la libertà dei singoli individui. Il valore della libertà individuale "poggia soprattutto sul riconoscimento dell’inevitabile ignoranza di tutti nei confronti di un gran numero di fattori da cui dipende la realizzazione dei nostri scopi.La libertà è essenziale per far posto all’imprevedibile e all’impredicibile, ne abbiamo bisogno perché da essa nascono le occasioni per raggiungere molti dei nostri obiettivi. Siccome ogni individuo sa poco e raramente sa chi di noi sa fare meglio, ci affidiamo agli sforzi individuali di molti, per propiziare la nascita di quel che desideriamo quando lo vedremo: la concorrenza è un procedimento di scoperta





[Modificato da -Kaname-chan 15/07/2005 12.46]

[Modificato da -Kaname-chan 19/07/2005 12.50]

-Kaname-chan
00martedì 19 luglio 2005 21:47
Eccoci all'ultima parte.

10- PERCHÉ IL LIBERALE NON PUÒ ESSERE CONSERVATORE

Il liberale non può essere conservatore. Il conservatore nutre sfiducia nei confronti del nuovo in quanto nuovo, mentre la posizione liberale si basa sul coraggio e la fiducia, sull’esser pronti a lasciar andare le cose per il loro verso. È nella prospettiva liberale pensare che le forze autoregolatrici del mercato riusciranno ad ottenere gli equilibri richiesti dalle nuove condizioni. Diversamente, il conservatore si sente sicuro e soddisfatto solo se è certo che una saggezza superiore vigili sui cambiamenti, solo se sa che qualche autorità ha il compito di mantenere “disciplinato” il cambiamento. Da qui la passione per l’autorità e l’incomprensione per le forze economiche del conservatorismo. Il conservatore non riconosce quelle forze spontanee cui una politica di libertà si affida e l’ordine appare come il risultato della costante vigilanza dell’autorità che deve poter fare quanto è richiesto dalle particolari circostanze e non essere vincolata da norme rigide. Come il socialista, il conservatore si preoccupa meno del come limitare i poteri dello stato che di chi ne ha il controllo e, sempre come il socialista, egli si sente autorizzato ad imporre agli altri quel che per lui ha valore. Così il conservatore si trasforma in un pericolo per la società aperta. Accettare i principi su cui si basa la società aperta equivale ad accettare di tollerare molto di ciò che non ci piace. Per un liberale l’importanza che egli annette a certe specifiche finalità non costituisce minimamente una giustificazione per obbligare gli altri a seguirle e le convinzioni morali connesse a questioni di comportamento non direttamente interferenti con la sfera privata altrui non giustificano la coercizione. Ostile ai cambiamenti, il conservatore avverte d’istinto che sono le nuove idee a provocare siffatti cambiamenti e di conseguenza egli le avversa. La sfiducia del conservatore nei confronti del nuovo e dell’ignoto, nei confronti di idee che fanno evolvere la nostra civiltà e che non rispettano nessun confine, è all’origine della sua ostilità verso l’internazionalismo e della sua propensione verso un nazionalismo esasperato. D’altro canto, non dovrà apparire strano che l’anti internazionalismo del conservatore vada tranquillamente d’accordo con l’imperialismo: “quanto più una persona non ama il nuovo e pensa che i propri metodi siano superiori, tanto più tende a credere di avere la missione di “civilizzare” gli altri, non con quei rapporti volontari e liberi preferiti del liberale, ma procurando loro la benedizione di un governo efficiente”

11- LA TOLLERANZA NON È ASSENZA DI FEDE RELIGIOSA

Il conservatore si aggrappa all’esistente e teme il nuovo, il liberale vede nel progresso della scienza una fondamentale finalità degli sforzi umani e si aspetta dalla scienza una soluzione graduale di tanti problemi. Il conservatore si affida alla vigilanza di autorità non vincolate da norme rigide per bloccare le novità; il liberale difende invece la concorrenza come un procedimento per scoprire fatti che, senza ricorrere ad essa, nessuno conoscerebbe o almeno non utilizzerebbe. A differenza del conservatore che si affida ad uomini che reputa superiori, il liberale è consapevole non solo della nostra fallibilità, ma anche della nostra ignoranza. Il conservatore assume atteggiamenti antidemocratici, il liberale invece è schierato a difesa della tolleranza. Una precisazione: la tolleranza non equivale, per il liberale, ad assenza di fede religiosa. Quel che in ciò distingue il liberale dal conservatore è che, per quanto profondi siano i suoi convincimenti spirituali, egli non si riterrà mai autorizzato a imporli ad altri e lo spirituale e il temporale sono sfere diverse da non confondere

12- IL SISTEMA DEI PREZZI QUALE SISTEMA DI COMUNICAZIONE DI INFORMAZIONI

In un sistema in cui la conoscenza di fatti rilevanti si trova dispersa tra molte persone, i prezzi possono servire a coordinare le azioni separate di persone differenti. Il sistema dei prezzi comunica agli individui che quello che fanno è diventato più o meno richiesto. Il meccanismo di mercato induce questo o quell’individuo ad intervenire per soddisfare quelle aspettative dei suoi simili che altri non è riuscito a soddisfare. Quali beni siano scarsi, quali cose siano beni e quanto essi siano scarsi o di valore. Questo è ciò che la concorrenza deve scoprire

13- CHI POSSIEDE TUTTI I MEZZI STABILISCE TUTTI I FINI

L’economia di mercato crea il più diffuso benessere ed è fondamento delle libertà politiche: difatti chi possiede tutti i mezzi stabilisce tutti i fini. Solo perché il controllo di tutti i mezzi di produzione è diviso fra molte persone agenti indipendentemente l’una dall’altra, nessuno ha completo potere su di noi e possiamo individualmente decidere che cosa fare. Se tutti i mezzi di produzione fossero riuniti in una sola mano, chiunque esercitasse tale controllo avrebbe completo potere su di noi

14- ECONOMIA DI MERCATO E STATO DI DIRITTO VIVONO E MUOIONO INSIEME

Economia di mercato e stato di diritto vivono e muoiono insieme. Risiede qui la ragione per cui i totalitari –fascisti, nazisti e comunisti- danno subito e con violenza l’assalto alla proprietà privata in modo da ottenere il controllo totale sui cittadini. La verità è che la nostra civiltà dipende da quello che può essere esattamente descritto come “ordine esteso” della cooperazione umana, un ordine conosciuto come capitalismo. I principi morali del capitalismo, cioè stabilità del possesso, suo trasferimento per consenso e mantenimento delle promesse o anche il principio della concorrenza come alta forma di collaborazione intesa alla scoperta del nuovo, sono principi che si sono diffusi per la ragione che hanno permesso l’aumento relativo di popolazione e di ricchezza di quei gruppi che li avevano di fatto – magari inconsapevolmente- abbracciati e seguiti

15- I SOCIALISTI SONO VITTIME DELLA PRESUNZIONE FATALE: CREDONO DI SAPERE PIÙ DI QUANTO SIA POSSIBILE SAPERE

Se è così allora il socialismo con il suo odio della proprietà privata vista come sorgente di tutti i mali è stato un tragico errore. I socialisti hanno torto sui fatti: nel socialismo il calcolo economico è impossibile e la pianificazione centralizzata non è praticabile, se non altro, a motivo dell’impossibilità di centralizzare le necessarie conoscenze particolari di tempo e di luogo. Mentre seguendo le tradizione morali sorte spontaneamente e sottostanti all’ordine concorrenziale del mercato, noi possiamo generare e raccogliere una quantità di conoscenza e di ricchezza più grande di quella che potrebbe essere ottenuta e utilizzata in un’economia diretta centralisticamente. Un’economia questa, i cui aderenti presumono di procedere secondo i dettami della ragione

16- SONO REGOLE DI CONDOTTA ASTRATTE, SORTE PER VIA SPONTANEA, QUELLE CHE SOSTENGONO LA “GRANDE SOCIETÀ”

Il genere umano è passato all’attuale ordine sociale ad opera di regole di condotta astratte, sorte per via spontanea e relative alla proprietà individuale, all’onestà, al contratto, allo scambio, al commercio, alla concorrenza, al guadagno, alla privacy. Sono regole che sostengono la grande società, dove sono venuti meno i rapporti face – to face tipici del piccolo gruppo; di regole che hanno soppiantato l’etica tribale. Siffatte regole si sono diffuse non perché gli uomini avessero compreso che erano più efficaci ma semplicemente perché esse hanno reso possibile ai gruppi che le praticavano di procreare con maggior successo e di assimilare gli estranei

17- POSSIAMO AVERE O UN PARLAMENTO LIBERO O UN POPOLO LIBERO

Schiacciata dalle dittature di destra e di sinistra, la libertà è messa in pericolo anche nelle moderne democrazie dove si è persa la distinzione tra legge e legislazione, cioè tra un ordine che “si è formato per evoluzione” (cosmos) e “un ordine costruito” (taxis). La sovranità della legge e la sovranità di un parlamento illimitato sono inconciliabili. Un parlamento onnipotente significa la morte della libertà individuale. Un popolo sarà libero se il governo sarà un governo sotto l’imperio della legge, cioè norme di condotta astratte, frutto di un processo spontaneo, le quali non mirano ad un qualche scopo particolare, si applicano a un numero sconosciuto di casi possibili e formano un ordine in cui gli individui possono realizzare i loro scopi. L’istituto della proprietà – intendendo con Locke anche la vita, la libertà e i possessi di ogni individuo – costituisce la sola soluzione finora scoperta dagli uomini per risolvere il problema di conciliare la libertà individuale con l’assenza di conflitti

18- FUNZIONI DELLO STATO E SOLIDARIETÀ CON I PIÙ DEBOLI

Se il concetto di “giustizia sociale” viene inteso come sinonimo di “giustizia distributiva”, tale concetto non ha senso in un’economia di mercato, non potendo esserci nessuna giustizia distributiva dove nessuno distribuisce. Ma molte delle comodità capaci di rendere tollerabili la vita in una città moderna vengono fornite dal settore pubblico. È chiaro poi che esigere il rispetto della legge, la difesa dei confini, le relazioni estere, sono attività dello stato. Vi è ancora tutta un’altra classe di rischi rispetto ai quali è stata riconosciuta solo recentemente la necessità di azioni governative, dovuta al fatto che, come risultato della dissoluzione dei legami della comunità locale e degli sviluppi di una società aperta e mobile, un numero crescente di persone non è più strettamente legato a gruppi particolari su cui contare in caso di disgrazia. Si tratta del problema di chi non può guadagnarsi da vivere in un’economia di mercato. Una società che abbia abbracciato la “logica di mercato” può permettersi il conseguimento di fini umanitari perché è ricca e può farlo tramite operazioni fuori mercato e non con manovre che siano correzioni del mercato medesimo

(Ska)
00giovedì 25 agosto 2005 10:36
scusa eh...ma il manifesto liberale di oxford?...non l'hai messo?
-Kaname-chan
00martedì 30 agosto 2005 13:00
Re:

Scritto da: (Ska) 25/08/2005 10.36
scusa eh...ma il manifesto liberale di oxford?...non l'hai messo?



Mi basta questo
Pertinax
00sabato 3 settembre 2005 15:49
sul punto 13

i fatti odierni dimostrano che questa regola è inaplicabile. il mercato libero non esiste in quanto mega corporazioni dettano legge, inglobano i concorrenti e diventano predominanti in tutti i campi di prodizione. dove finisce questo cardine del liberismo? poi chiami utopico mè! [SM=x751578] [SM=x751578] [SM=x751578]
monsterjoe
00sabato 3 settembre 2005 17:50
Prima di tutto questo non è il manifesto del liberalismo ma del liberismo, ovvero il liberalismo anglosassone. Vi sono molte visioni teoriche accomunate da alcuni principi che si collocano nell'ampio contenitore del liberalismo: una di queste è il liberismo, un'altra può essere definito il liberalismo costruttivistico o alla europea. La pretesa del liberismo di essere l'unica teoria che può concretamente portare al liberalismo non autorizza ad estromettere dalla definizione o da un manifesto del liberalismo teorie diverse che qui si collocano, anche se, alla resa dei conti, risultassero errate. E' un atteggiamento arrogante che tenta di appropriarsi del concetto di liberalismo estromettendo dallo stesso un'enorme gamma di pensieri che al liberalismo invece dovrebbero essere ricondotti.

In secondo luogo la critica al costruttivismo è un esempio classico di un sistema dialettico che viene superbamente illustrato da Schopenhauer in "L'arte di ottenere ragione": si estremizza un aspetto della teoria contendente mettendolo in risalto in modo semplicistico e confutando questo aspetto "non vero", si confuta tutta la teoria avversa. Ottimo sistema per avere ragione in un dibattito, ma totalmente inutile quando si vuole discutere per cercare la verità.


Non mancherò ovviamente, in futuro, di spiegare quali sono le contraddizioni del liberismo e per quali motivi ritengo debole la critica al costruttivismo. Ma ora non ho tempo.

[Modificato da monsterjoe 03/09/2005 17.51]

Phate23
00domenica 22 luglio 2007 14:05
[SM=x751547] Kaname tu si ke sei bella e intelligente [SM=x751532]
Vota DC
00mercoledì 25 luglio 2007 21:44
Re:

Scritto da: Phate23 22/07/2007 14.05
[SM=x751547] Kaname tu si ke sei bella e intelligente [SM=x751532]



Concordo,soprattutto se la foto che aveva postato tempo fa è la sua!


Tornando in topic.Il problema su liberali/conservatori è che molti che si definiscono conservatori fanno leggi per conservare,ma io credo che un conservatore può benissimo essere liberale se non pone nessuna costrizione ma riesce ugualmente a conservare nella società i valori in cui crede mediante una lotta culturale.Da questo punto di vista la filosofia dei liberali non dovrebbe essere "lascio fare" ma "non costringo".
-Kaname-chan
00mercoledì 25 luglio 2007 22:36
Re: Re:

Scritto da: Vota DC 25/07/2007 21.44


Concordo,soprattutto se la foto che aveva postato tempo fa è la sua!


Tornando in topic.Il problema su liberali/conservatori è che molti che si definiscono conservatori fanno leggi per conservare,ma io credo che un conservatore può benissimo essere liberale se non pone nessuna costrizione ma riesce ugualmente a conservare nella società i valori in cui crede mediante una lotta culturale.Da questo punto di vista la filosofia dei liberali non dovrebbe essere "lascio fare" ma "non costringo".



Ma il tizio lassu la mia foto nn l'ha mai vista, mi sa di spammone [SM=x751545] E certo che è la mia, se nn ti fidi ti posto l'album a partire dai 0 anni [SM=x751545] Cmq basta spammarmi nel topic. Nel caso che dici tu non è più conservatore
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