MICHELANGELO BUONARROTI

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ariadipoesia
00giovedì 11 settembre 2008 20:42
presa dal web
Nel 1547 Paolo III (1534‑1549) affidò a Michelangelo l’incarico di sovrintendere alla fabbrica di S. Pietro, cioè alla prosecuzione e al compimento della nuova basilica.
 «L’impresa che, ormai vecchio, ha affrontato e diretto ha del sovrumano, e solo il suo elevato idealismo, nutrito del più autentico sentimento religioso e sostenuto da un non meno forte senso di responsabilità, gli permise di far fronte a questo grave impegno» (DUSSLER ‑ GIRARDI, Buonarroti, Michelangelo, DBI 15, p. 171).
Michelangelo risolse il problema della cupola, di cui, morto il Bramante (1514), erano in discussione diversi progetti. Il costo annuo dei lavori ammontava a circa 30.000 ducati; si calcola che dall’ 1 gennaio 1547 all’8 maggio 1551 siano stati spesi 121.544 ducati.





La lettera di Michelangelo del gennaio 1550 qui riprodotta, indirizzata al vescovo di Cesena, fa riferimento ai problemi di ordine economico che l’artista dovette affrontare dopo la morte di Paolo III, avvenuta il 10 novembre 1549.

Il destinatario, Cristoforo Spiriti, resse la cattedra di Cesena dal 1510 al 1556 (nel 1550 ebbe anche il titolo di patriarca di Gerusalemme); nel 1545, tuttavia, il governo della diocesi era stato affidato al giovane nipote Giovanni Battista Spiriti (a. 24), in qualità di coadiutore con diritto di successione, il quale al momento della nomina stava ancora compiendo gli studi a Perugia.

L’anziano Cristoforo faceva parte della schiera di amici e protettori che furono di grande aiuto spirituale e anche materiale a Michelangelo. Con lui l’artista aveva grande familiarità, perché di animo semplice e generoso: Mons(ignio)re, io mi rachomando a Vostra S(ignio)ria e priego quella che mi dia aiuto e consiglio, come Suo Gratia à facto infinite volte, benché io nol meriti.
E questo è che, esendo dopo la morte di Paolo restati i soprastanti della fabrica di Santo Pietro in decta fabrica a guardarla e a difender l’ammunitione
[= materiali per i lavori di architettura] e l’altre cose da’soldati, con pericolo della vita, circa tre mesi senza provigione nessuna, e per essere bisogniosi e non potere più star così, mi fanno intendere che, se io non proveggo a casi loro, che gli è lor forza abandon[ar] decta fabrica, onde ne potre<bbe> seguir danno di parechi migliara di scudi.
Io non ò il modo a dar loro l’usata provvisione, né vorrei che eseguissi anche tale scandolo; però io priego Vostra S(ignio)ria che per amor di Santo Pietro mi consigli quello che ò a fare e perdoni a mia troppa prosuntione.
Servidore di Vostra S(ignio)ria Michelagniolo.

   L’artista, dopo breve malattia, morì a Roma il 18 febbraio 1564; le sue spoglie furono trasportate a Firenze e tumulate in S. Croce.

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