Lo yak si adatta in Appennino e può salvare le aree marginali

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speedy13
00mercoledì 13 febbraio 2008 12:11
Presentati in Abruzzo, a Roiano, i primi risultati di un progetto, nato nel 2005 per l’inserimento del bovino asiatico, a vantaggio dell’economia locale



Un nuovo “abitante” della montagna appenninica arriva dall’Estremo Oriente. Si tratta dello lo yak, che sembra possa diventare una risorsa adatta a salvare dalla marginalità e povertà le montagne dell’Appennino. L’enorme bue tibetano, che per le popolazione dell’Asia rurale rappresenta la ricchezza di avere sempre latte fresco, lana calda, un aiuto indispensabile per arare i campi ed all’occorrenza carne particolarmente nutriente, si è ben adattato alle condizioni climatiche dei nostri Appennini e c’è chi ha pensato di utilizzarlo per la salvaguardia delle aree di montagna.

Già Reinhold Messner ne allevava alcuni capi nella sua casa di Solda, in Alto Adige. Ma questa volta si tratta di un progetto mirato. L’iniziativa è partita nel 2005 quando l’allora Ministro dell’Agricoltura Gianni Alemanno introdusse nella montagna italiana un gruppo di yak. L’obiettivo era duplice: verificare se questi potessero rappresentare un’ulteriore opportunità per la montagna e favorire l’accumulo di conoscenze da mettere a disposizione dei Paesi d’origine. Il primo passo fu l’implementazione del Progetto «Allevamento dello yak per il recupero delle aree marginali: studio dell’adattamento e valutazione delle caratteristiche dei prodotti» che fu affidato al CRA di Monterotondo. Furono acquistati in Europa centrale 25 capi che furono localizzati in Abruzzo a circa 1600 m di altitudine.

Ed ecco in soli due anni lo yak ha mostrato una notevole capacità di adattamento tanto che il nucleo originario si è riprodotto e ora il numero del gruppo è raddoppiato. Sono state effettuate anche delle prove di macellazione, che hanno dimostrato come la carne di yak sia di ottima qualità soprattutto in termini di acidi grassi insaturi e di presenza di quantità notevoli di ferro, rame e zinco. I buoni risultati del progetto sono stati presentati a Roiano (Teramo), dove si sono ascoltate alcune testimonianze di persone che hanno contatti quotidiani con questo animale. Ora l’obiettivo è realizzare un network europeo sulla filiera dello yak.

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