Lo strumento di Bob Burns

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giacomo415
00martedì 4 luglio 2006 19:18
In un paio di filoni di discussione, già apparsi su queste pagine, ci siamo occupati di diversi sistemi anticarro in dotazione alla nostra fanteria nel corso degli anni della guerra fredda.

Il panorama già disegnato, riguardante i missili filoguidati e i cannoni senza rinculo, non sarebbe davvero completo se ora non prendessimo in considerazione il lanciarazzi anticarro meglio noto con il nomignolo di Bazooka, designazione, questa, che comprende armi di calibro e prestazioni diverse ma che pur nella sua vaghezza consente di comprendere al volo ciò di cui parliamo e che per tale motivo continueremo ad usare, accanto alle designazioni ufficiali dei singoli modelli.

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Il comandante supremo delle forze alleate e futuro trentaquattresimo presidente degli Stati Uniti Dwight D. Eisenhower ebbe a dire che il bazooka, insieme alla jeep, al C47 e all’atomica fu uno dei pilastri essenziali della vittoria contro le forze dell’asse.

Sulla scorta di questo autorevole riconoscimento, guadagnato con pieno merito, non ritenendo plausibile l’ipotesi che il fratello di Ike fosse un venditore di bazooka, vediamo di conoscere meglio la famiglia dei lanciarazzi anticarro che presero il nome da un buffo strumento musicale autocostruito ed impiegato nelle sue trasmissioni, da Bob Burns un conduttore radiofonico molto in voga negli States durante gli anni trenta.

Quando l’US Army venne chiamata ad affrontare una guerra apra e sanguinosa contro un avversario che faceva dei mezzi corazzati il perno di tutta la sua azione, nelle alte sfere ci si accorse che in arsenale non c’era nulla che il fante potesse tirare contro un carro avversario avanzante, conservando una qualche speranza di sopravvivere allo scontro.

Anche se utili e ampiamente utilizzate le granate da fucile non erano all’altezza della situazione quando si trattava di arrestare un carro armato, per non parlare poi delle granate anticarro a mano.

Fu così che sfruttando le esperienze maturate in diversi ambienti della ricerca universitaria/militare venne messo a punto e prodotto a tempo di record il nostro primo lanciarazzi a tubo aperto calibro 2.36-inch.

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Talmente rapido lo sviluppo e urgente la distribuzione che al primo impiego del bazooka, (operazione Torch), le cronache narrano, si arrivò con l’istruzione all’uso e al tiro effettuata sulle navi che facevano rotta verso le spiagge dello sbarco studiando manuali tecnici stesi e stampati nell’arco di venti giorni.

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L’arma venne accolta con consenso unanime e largamente utilizzata oltre che contro veicoli e fortificazioni anche in funzione antiuomo. Il generale Patton ne parlava come di un arma essenziale nella lotta contro i bunker e nei combattimenti urbani.

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Nontante il successo riscosso, però, apparve chiaro quanto fossero indispensabili e urgenti alcune migliorie ed al primo modello distribuito ai reparti (M1), nel 1942, fece seguito in tempi brevi il suo successore M1A1 apparso nel 1943.

I due modelli erano distinguibili per la soppressione, sull’M1A1, dell’impugnatura a pistola anteriore e per la presenza, sempre sullo stesso modello, di uno schermo protettivo sulla volata atto ad impedire che il tiratore fosse investito dalla fiammata della carica propellente del razzo.

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L’arma era di una semplicità disarmante, si riduceva ad un tubo di acciaio liscio dotato di due impugnature ed un calcio di legno, un circuito elettrico alimentato da una batteria a secco atto ad iniziare la combustione della carica di lancio del razzo ed un sistema di mira rustico ed intuitivo tarato per una distanza massima, ottimistica, di trecento yarde.

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Nel calcio di legno era contenuta una batteria di ricambio.

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Diciamo che il vero punto di forza non era il lanciatore ma il suo munizionamento.

Un proiettile a razzo munito di testa a carica cava del costo di pochi dollari, utilizzato da personale addestrato sommariamente era in grado di mettere fuori uso i veicoli più costosi presenti sul campo di battaglia.

Aggiungerei che dopo più di mezzo secolo la situazione odierna non è poi cambiata di molto.

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Per chi fosse interessato all’argomento ecco il link ad un interessante documento che riporta gli esiti di una serie di tiri effettuati con munizionamento M6 contro un Panther catturato dal 5th Tank Destroyer Group.

Fu poi nel 1944 che apparve l’M9, in effetti un’arma nuova, che con la famiglia M1 aveva in comune solo il calibro.

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Il modello M9 fu il primo impiegato dal neonato Esercito Italiano negli anni della rinascita, ma di questo parleremo più approfonditamente nella prossima parte. [SM=x75468]

Saluti [SM=x75448]
onesto46
00martedì 4 luglio 2006 21:51
Hai la possibilità di elencare tutti i calibri??
gabri.22
00giovedì 6 luglio 2006 16:26
Bel lavoro giacomo415! Sei un grande istruttore!
gabri.22
00giovedì 6 luglio 2006 18:26
Nel libro intitolato "Solo per la bandiera" l'autore ( Cap. Giovanni Buttazzoni) narra di essersi interessato ai sistemi d'arma c/c italiani nel 1941. In quel periodo egli studiava armi portatili con le quali equipaggiare i suoi incursori ( NP).

Presso la sede del Genio del Regio Esercito a Pavia, dove erano catalogate le iniziative di costruttori privati, trovò lo studio di un arma c/c portatile "tipo bazooka".

Le caratteristiche erano:

- struttura in lega d'alluminio.

- alimentazione mediante " proiettili a razzo"

- Costruttore: ing.Belmondo di Torino.

Il buttazzoni, dopo aver sottoposto l'arma a numerosi test, organizzò una dimostrazione in presenza di alti esponenti del nostro esercito per sollecitare l'adozione della nuova arma. Come tante altre volte nella storia italiana accadde che gli alti ufficiali si dimostrarono scettici verso questo sistema d'arma poco convenzionale e decisero di "bocciarla".

Pongo dunque due domande:

Quale fu la prima arma della "famiglia Burns"?

Con che armi c/c era equipaggiata la fanteria italiana durante la II guerra mondiale ( a parte i "Panzerfaust" della Rep.Sociale) ? [SM=x75467] [SM=x75467] [SM=x75467]

Barone.Rosso
00giovedì 6 luglio 2006 22:29
Sicuramente col cannone da 47/32, che fu l'arma c/c principe almeno fino all'armistizio.
Ma l'italica "arte di arrangiarsi" non venne meno nemmeno in questo campo, anzi.
gabri.22
00giovedì 6 luglio 2006 23:36
Grazie Barone, mi scuso per non essere stato più preciso.

Mi riferivo in particolare ad armi portatili, in grado di essere adoperate dal singolo fante.

Una volta un documentario dedicato alla sconfitta italiana in nord-africa ha mostrato alcuni fotogrammi che ritraevano un bersagliere nell'atto di far fuoco con un'arma che non avevo mai visto. Forte era la somiglianza ad un minuscolo mortaio montato su di un affusto a 4 gambe. L'inclinazione della bocca da fuoco, nonostante l'alzo estremamente basso, suggeriva un tiro a parabola ( cosa che mi confonde abbastanza se contestualizzata alla lotta c/c).

Per quanto riguarda le armi "fai da te" potete trovare una commovente testimonianza citata nel libro "Lo squadrone bianco" dedicato alle truppe coloniali italiane. Durante la battaglia di Cheren (1941) uno squadrone di cavalleria indigena (Penne di falco) attaccò una batteria inglese protetta da una sezione mitragliatrici. L'irruenza e la compostezza della manovra ( che terminò in un massacro) colpirono a tal punto i soldati anglosassoni da indurre uno dei loro ufficiali a scrivere una lettera di elogio verso i nemici i quali, secondo lui, avevano mostrato un valore ed un eroismo d'altri tempi. Tra le armi usate da questi cavalieri c'erano delle bottiglie incendiarie spolettate con SRCM e ritratte in primo piano in una foto.
giacomo415
00venerdì 7 luglio 2006 14:12
Gli italiani, nel corso della seconda guerra mondiale, non ebbero mai niente di paragonabile al bazooka e simili. [SM=x75467]

La lotta anticarro era affidata ai fucili Solothurn e ai cannoni 47/32 che, evidentemente, appartengono a categorie diverse.

Il mortaio Brixia da 45mm non poteva essere considerata un'arma anticarro,anzi, dubito che potesse essere considerata un'arma tout court. [SM=x75445]

Negli Stati Uniti il prototipo, egregiamente funzionante, del bazooka era pronto fin dal 1918, quando Robert Goddard e Clarence Hickman, due luminari nel campo della propulsione a razzo, lo collaudarono all'Aberdeen Proving Ground dopo aver studiato e collaudato il sistema con fondi messi a disposizione dal Signal Corps.

Nel 1941 al Capitano Leslie Skinner dell'Us Army venne in mente di ripescare il marchingegno (il cui brevetto era militare) utilizzando munizionamento a carica cava.

Il gioco era fatto. [SM=x75463]

Saluti in attesa di sviluppi (stiamo lavorando per voi) [SM=x75448]
gabri.22
00domenica 9 luglio 2006 13:09
grazie Giacomo!

Pensa che nel libro di Buttazzoni si narra che i tedeschi, catturando negli ultimi mesi del 1943 tutto il materiale italiano di interesse bellico, vennero a conoscenza degli esperimenti dell'ing.Belmondo e lo fecero partecipare attivamente ai loro studi in materia di artiglieria leggera c/c.

Va beh....

spero che in 50 anni i nostri abbiano almeno imparato a non farsi scappare da sotto il naso le buone occasioni....


Ti ringrazio ancora per la parentesi "preistorica" e ti faccio i complimenti per la qualità del materiale che ci proponi, non solo dal punto di vista tecnico ma anche dal punto di vista espositivo.
giacomo415
00martedì 11 luglio 2006 13:31
Seconda parte
Riprendiamo il discorso.

L’M1 e l’M1A1 era stati un successo ma, comunque, dal 1944 vennero sostituiti dal loro successore, l’M9, e se il calibro, 2.36 inch, era lo stesso, molte erano le novità.

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Intanto l’M9 era scomponibile in due pezzi, cosa che ne facilitava di molto il trasporto in ambiente ostile, il sistema di accensione della carica di lancio non era più alimentato da una batteria (quando ti serve non ne trovi mai una carica) ma da un sistema piezoelettrico molto più efficiente, e infine, anche il congegno di mira era stato perfezionato.

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Quasi contemporaneamente venne distribuito un munizionamento anch’esso molto migliorato, con un impennaggio cilindrico più efficiente di quello ad alette ed una ogiva non più appuntita ma con andamento tondeggiante, meno propensa a rimbalzare via nell’impiego contro corazze inclinate.

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All’M9 fece seguito l’M9A1 modificato nel sistema di giunzione dei due tubi di volata e di culatta.

Il bazooka venne impiegato fino al termine del conflitto su tutti i fronti, conquistando la fama di cui abbiamo parlato nel post precedente.

A guerra finita anche per i nostri venne il momento di utilizzare il bazooka.

Nel plotone fucilieri, oltre alle tre squadre fucilieri, era prevista una squadra armi leggere, agli ordini del vicecomandante di plotone, al cui interno agiva un gruppo arma controcarri, composto da un capoarma e da un portamunizioni. All’inizio l’arma in dotazione era il disgustoso lanciabombe PIAT, in seguito, diciamo 1949/50, questo complicato quanto inutile pezzo di ferro venne sostituito con il più efficace bazooka.

A leggere le caratteristiche tecniche si potrà obiettare che il PIAT poteva essere utilizzato, senza restrizioni, da ambienti chiusi e che la stessa postazione poteva essere utilizzata per più lanci, vista la mancanza della vampata rivelatrice, nella realtà il proiettore anticarro era detestato dagli stessi inglesi, che lo mandarono al ferrovecchio il giorno stesso della fine delle ostilità, tanto basta per classificarlo a dovere.

Di seguito lo schema delle formazioni del nostro plotone fucilieri di quegli anni …….

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……. ed il suo organigramma con la dotazione di armi e uomini.

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Dicevamo che il primo a servire sotto i nostri colori fu, appunto, il modello M9 da 60mm (da noi i bazooka di tutti i modelli vennero sempre indicati con il calibro in millimetri), uscito promosso a pieni voti dalla guerra, era stato affiancato dai cannoni s.r. nel compito di fornire la difesa anticarro alle distanze più brevi.

Nel nostro esercito era prassi riferirsi a tale arma semplicemente come “lanciarazzi da 60mm Bazooka” più raramente si indica il modello: M9, M9A1 o M18 (versione alleggerita in alluminio). Questa è una di quelle rare volte.

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Ecco come ci viene descritto:

arma del tipo a tubo aperto azionata elettricamente da un magnete, atta a lanciare proiettili a razzo ad alto esplosivo, nebbiogeni o a gas;
distanza di impiego massima m. 550, utile m. 150/200;
diametro interno (calibro) mm 60,2;
velocità iniziale (dipende dal tipo di proietto a razzo) da m. 79,50 a m. 82,50 al secondo a 21° centigradi;
celerità di tiro 10 colpi al 1’;


Nota: tale velocità è puramente teorica, vista la necessità di effettuare ad ogni tiro un nuovo puntamento.

materiale costitutivo del tubo: acciaio o lega di alluminio;
raffreddamento ad aria;
peso dell’arma: Kg. 7,150 per i modelli in acciaio e Kg. 4,670 per quelli in alluminio;


Nota: acciaio = M9; alluminio = M18.

è impiegata contro veicoli corazzati, entro i 200 metri, contro ridottini e anche contro uomini;
è servita da due uomini: il tiratore ed il caricatore (se necessario da uno solo).


Nota: quando si usano proiettili a razzo la temperatura gioca sempre un ruolo importante, (ricorderete senz’altro la coperta termica indispensabile per far funzionare a dovere l’Honest John) tanto che i tedeschi per il loro panzershreck prevedevano due mirini, uno per climi temperati ed uno per temperature rigide.

Noi non vogliamo certo esser da meno:

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L’arma è costituita da:
tubo di volata – ad anima liscia con sul vivo di volata un parafiamma a trombone e posteriormente tre risalti sagomati per l’unione al tubo di culatta durante il tiro;
tubo di culatta – ad anima liscia con gli organi essenziali per il funzionamento dell’arma, partendo dalla parte anteriore:
alloggiamento a tre talloni e chiavistello di fissaggio per l’unione al tubo di volata;
una impugnatura a pistola sulla cui costa anteriore è inserita la leva di sparo, che provoca, una volta tirata all’indietro o rilasciata, un flusso di corrente elettrica, all’interno delle guance è allogato il sistema di sparo, sulla guancia sinistra è presente l’indice di sicurezza che può assumere due posizioni (“safe” e “fire” rispettivamente “sicurezza” e “fuoco”);
il dente elastico di accoppiamento per l’unione dei due tubi nella fase di trasporto;
la piastra di supporto del congegno di puntamento;
il calcio costituito da una lamina metallica sagomata;
un contatto a molla che serve per l’attacco del filo conduttore portato dal proietto a razzo;
una leva di contatto e di ritegno che impedisce la fuoriuscita del proietto a razzo una volta in sito, la leva agisce, inoltre, come elemento di collegamento a massa del circuito elettrico;
due anelli per l’applicazione della cinghia di spalleggio.
Il meccanismo di sparo consta di diverse calamite contenenti una bobina di filo elettrico che, a sua volta, contiene un nucleo di ferro dolce, quando la leva viene premuta o rilasciata il movimento del nucleo di ferro dolce genera un flusso di corrente sufficiente a dare l’accensione della sostanza propellente del proietto a razzo, qualora esso sia in sito e i collegamenti elettrici siano effettuati.


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Il congegno di puntamento può essere:

- ad asta pieghevole con tacca di mira circolare e mirino, ripiegabile per il trasporto, con lastrina graduata in yarde.


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- con ottica a cannocchiale, in luogo dell’asta ha un sistema ottico a riflessione, sulla lente obiettivo è inciso un reticolo costituito da due linee, una orizzontale e una verticale, circoscritti rispetto al centro del reticolo sono incisi degli anelli spaziati tra loro in modo da rappresentare aggiustamenti regolari di angolazione per un bersaglio in moto fino alla velocità di 40 miglia orarie con graduazione di 10 miglia in 10 miglia.

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Il reticolo come appariva all'occhio del tiratore.

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Nota: in entrambe i casi la distanza era stimata dal tiratore che la impostava facendo scorrere verticalmente l’ottica lungo una piastrina graduata modificando, così, l’alzo.

L’arma viene normalmente impiegata da due uomini, uno ha la funzione di porta arma, puntatore e tiratore, l’altro quella di caricatore e porta munizioni.

Il caricatore introduce con la destra il proietto nel tubo di culatta mantenendo con la sinistra la pressione sulla leva di contatto e ritegno. Quando la testa è introdotta toglie il collare di sicurezza sfilando il relativo spillo. Ciò fatto completa l’introduzione del proietto fino a quando la leva di ritegno non si alloga nel corrispondente intaglio presente sul codolo, in tal modo il proietto viene mantenuto a sito ed il lanciarazzi può essere trasportato anche carico nonché assumere una qualsiasi inclinazione senza che il proietto a razzo esca fuori.

Messo il proietto a razzo in sito il caricatore connette il filo a spirale al contatto a molla del tubo di culatta.


Il lanciarazzi è pronto per il tiro.

Il tiratore dispone l’appoggio sulla sua spalla destra, con la mano sinistra sostiene il tubo davanti all’impugnatura a pistola, che tiene con la destra, il gomito destro sottende la cinghia di trasporto (la cui lunghezza è stata opportunamente regolata).
Per il tiro è possibile assumere la posizione in piedi, in ginocchio, seduto o a terra, a seconda delle circostanze, per la posizione a terra il tiratore deve formare un angolo di 45° per evitare che le gambe siano investite dalla fiammata di partenza del colpo.

Stimata la distanza ed effettuato il puntamento, il tiratore, spostato l’indice di sicurezza su “fire”, preme e rilascia immediatamente il grilletto.


E poi, aggiungo io, gambe in spalla! [SM=x75466]

Ci sentiamo a breve per parlare dell’M20, il superbazooka. [SM=x75444]

Saluti [SM=x75448]
LucaJJ
00mercoledì 12 luglio 2006 09:16
1. Ottimi post; veramente molto, molto interessanti.
2. Qualcuno mi sa dire come si sarebbe comportanto il 'pezzo'
da 60 mm contro i T34-85? Immagino che contro T-55 poco
avrebbero potuto, giusto?
giacomo415
00giovedì 13 luglio 2006 13:56
terza parte
Esattamente in concomitanza con la distribuzione ai nostri reparti del bazooka da 60mm, sulle scrivanie degli alti comandi americani, arrivavano sempre più numerosi i preoccupanti rapporti inviati dalle truppe combattenti sul fronte coreano.

In parole povere e molto chiare veniva detto che il 2.36 inch (da noi 60mm) non valeva più nemmeno la fatica di portarselo appresso, in un dettagliato resoconto si narrava di un coraggioso ufficiale di fanteria che pur avendo messo a segno 22 colpi 22 da distanze inferiori ai 20 metri non era riuscito ad arrestare la marcia di un solo carro nordcoreano (!). [SM=x75454]

Fu così, la storia si ripete, che venne introdotto in servizio in fretta e furia il “superbazooka” da 3.5-inch designato M20, poi prodotto in diverse varianti.

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Questo modello era già bello e pronto alla fine del conflitto mondiale ma tagli di bilancio, miraggi di superiorità aerea garantita e scenari di conflitto atomico avevano indotto i soliti politici a non autorizzarne la produzione.

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Questo errore costò molto caro in termini di perdite umane sul fronte coreano e costrinse, ancora una volta, a correre ai ripari con procedure che definire sbrigative è poco.

Si decise di produrre e distribuire con la massima celerità l’M20, in coincidenza dell’arrivo ai reparti della nuova arma sarebbero stati ritirati dal servizio di prima linea sia il rocket launcher 2.36 inch M9/M18 che il recoilless rifle 75mm M20.
Il passo avanti in termini di potenza di fuoco, praticità di dispiegamento, approvvigionamento di munizioni e facilità di manutenzione risultò evidente.

Le nuove armi vennero distribuite a livello di Rifle Company ed andarono all’Headquarter Platoon.

Per l’istruzione del personale non si trovò di meglio che prendere da Fort Benning il sottufficiale anziano che aveva seguito lo sviluppo dell’arma, caricarlo su un aereo insieme a due suoi soldati e portarlo in Corea. Il Master Sergeant William M. Tillman raggiunse la prima linea e, percorrendola avanti e indietro senza risparmio, al termine della sua missione aveva istruito 1800 tiratori. Questo valse a lui la Bronze Star Medal e ai nordcoreani l’amara sorpresa di vedere i propri carri messi KO dopo mesi di virtuale impunità. Risulta che la baldanzosa sicurezza degli equipaggi dei T34/85 sia costata loro 8 carri solo nel primo giorno di impiego del nuovo lanciarazzi.

A parte la maggiorazione nelle dimensioni, nel peso e nel calibro il nuovo bazooka ricalcava esattamente le caratteristiche e le modalità operative dell’arma che era chiamato a sostituire.
Il munizionamento M28 era, naturalmente, molto più potente ed efficace del vecchio M6.

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L’M 20 fu prodotto in quattro modelli (M20-M20A1-M20A1B1-M20B1) che differivano tra loro per i materiali e i metodi di costruzione impiegati, si tenga presente, però, che si aveva piena compatibilità tra pezzi di modelli diversi con nessuna variazione nelle qualità balistiche, nel prosieguo del discorso, quindi, non baderemo più di tanto all’indicazione di un modello specifico.

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Il lanciarazzi ora, visto il maggior peso, era dotato di un bipede anteriore e di un monopiede posteriore, capaci di ampie regolazioni, da impiegarsi per il tiro dalla posizione “a terra” contro bersagli fissi.
Altre posizioni possibili: in piedi, seduto, in ginocchio, queste ultime due da preferirsi nel tiro controcarro da prevedersi alla distanza massima di 400 yarde con la maggiore efficacia entro le 200 yarde.

La procedura di caricamento è praticamente identica a quella descritta nel mio post precedente alla lettura del quale vi rimando.
Di seguito le immagini del caricamento. La differente “consistenza” del razzo è ben evidente.

La prima fase di inserimento……

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la rimozione della sicura, il bloccaggio del proiettile e la messa a massa….

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……leggera rotazione del colpo per assicurare l’incastro e collegamento del filo al contatto sul tubo di culatta.

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Nota, le illustrazioni che precedono sono tratte da un’istruzione dell’USMC datata 1956 e sono le uniche in mio possesso che ritraggano il personale addetto all’arma munito delle prescritte mascherine di protezione, l’impiego delle quali era rigidamente imposto da tutta la manualistica, italiana compresa, impiego del quale non è facile, però, trovare traccia fotografica.

L’M20 poteva montare tre differenti ottiche di mira.
Di seguito è illustrato il modello più diffuso ripiegato in posizione di trasporto.

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La prima era simile a quella già descritta per l’M9/M18.

La seconda aveva un reticolo ovale per bersagli in movimento fino alle trenta miglia orarie (48Kmh) con l’alzo regolabile come la precedente.

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L’ultimo tipo era quello “ladder type” stessa previsione di velocità massima per il bersaglio in movimento e con, incorporata nell’ottica, la possibilità di graduare l’alzo fino a 400 yarde, per le distanze maggiori era impiegato un sistema a scorrimento simile alle due precedenti. Ben si comprende come quest’ultima fosse l’ottica più efficiente essendo la gran parte dei tiri prevista al di sotto del limite d’alzo incorporato.

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il lanciarazzi bazooka da 88mm venne ben presto distribuito anche ai nostri reparti dove, ben lungi dal sostituire il modello da 60mm, giacché i due convissero a lungo, ebbe una carriera operativa interminabile, la più recente pubblicazione ufficiale in mio possesso che lo riguarda è datata 1986 e niente mi dice che sia stata l’ultima…… [SM=x75460]

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La carriera nelle file dell’US Army fu decisamente più breve, la famiglia dell’M20 venne sostituita nel 1963 dall’M72, ma questa è un’altra storia……..

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Buone ferie [SM=x75448]
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