Lo Spirito di vita

pedrodiaz
00domenica 6 marzo 2011 18:25
di Luis A. Gallo

 

 

 

 

 

 


Un cammino verso la profondità ultima della storia

Finora abbiamo percorso il cammino che da Gesù di Nazaret porta alla scoperta dello suo Spirito, che è anche quello di Dio, il Padre (1 Cor 2,11-14.16; 6,11; Rom 3,16; Fil 3,3; ecc.). L’abbiamo colto nei suoi modi di essere e di operare, negli atteggiamenti più intimi da lui manifestati durante la sua attività appassionata per il regno di Dio, e nei suoi interventi verso gli altri attraverso questa sua attività. Lo Spirito ci è apparso poi come la Potenza con cui Dio l’ha strappato della morte nella risurrezione e mediante la quale egli stesso, una volta risuscitato, porta avanti insieme al Padre la storia umana fino al suo compimento.

Scandagliando in profondità tale manifestazione storica dello Spirito, la fede cristiana è arrivata a intravedere, nella misura in cui ciò è possibile, la sua identità da sempre. È stata proprio la professione di fede nello Spirito come «Signore che dà la vita» e come Colui che, «insieme con il Padre e con il Figlio è adorato e glorificato», come dice il Credo niceno-costantinopolitano che viene recitato nella celebrazione dell’Eucaristia, ciò che ha conferito al cristianesimo la sua impronta trinitaria definitiva, per la quale si distingue da ogni altra fede. Anche da quella nel cui seno è nata, la fede ebraica. Tale professione è venuta alla luce nei primi secoli, facendo propria una formulazione dogmatica elaborata dietro la spinta delle eresie, e arrivando ad acquistare rango di simbolo della fede. Così, lo Spirito cominciò ad essere confessato esplicitamente dai cristiani come «la Terza Persona della Trinità», da sempre uguale al Padre e al Figlio pur avendo una sua propria originalità nei loro confronti.

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Quale identità per la «Terza Persona»?

Si sono dette molte cose sull’identità propria dello Spirito in seno al Mistero ineffabile della Trinità. Forse una delle più belle è quella che l’ha identificato come l’Amore personale tra l’Eterno Amante, il Padre, e l’Eterno Amato, il Figlio. Oppure quell’altra che l’ha pensato come il vincolo di comunione che unisce tutti e due, il Padre e il Figlio, sin dall’eternità, in un’unità senza limiti.

Queste maniere di pensare la sua «personalità» hanno nutrito la fede e la devozione di tanti cristiani e cristiane attraverso i secoli, fomentando in essi stupende avventure mistiche. Anche nel nostro secolo una giovane carmelitana vissuta per pochi anni in un convento, la Beata Elisabetta della Trinità, scrisse delle cose ammirevoli in questo senso. Ma prima di lei fecero altrettanto S. Giovanni della Croce, S. Bernardo, e molti altri che trovarono in detto modo di vedere lo Spirito nell’eterna intimità di Dio una fonte inesauribile di ispirazione e di vita.

Oggi ci sono dei nuovi tentativi in questo ambito, i quali, pur non rifiutando i precedenti, si aprono a prospettive nuove. Uno di essi sembra essere molto carico di conseguenze in tutti gli aspetti e dimensioni della vita umana. È quello che vede nello Spirito colui che, nell’intimità divina, spezza il cerchio della solidarietà chiusa e sollecita perciò a superare tale logica nei rapporti umani. Ci spieghiamo brevemente.

Parlare del dogma trinitario equivale a produrre in molti, credenti o non, l’impressione di far riferimento a qualcosa di estremamente astratto e lontano. Diceva già Kant al suo tempo che dal dogma trinitario non se ne può ricavare niente di pratico. Eppure, nonostante la sua apparente astrusità, questo dogma, secondo il quale il Dio che si è rivelato definitivamente attraverso Gesù Cristo è da sempre e immutabilmente uno nella diversità e diverso nell'unità, se viene preso, secondo la proposta del teologo ortodosso P. Evdokimov, come «immagine conduttrice», ossia come guida ispiratrice per la costruzione di una convivenza vivificante tra gli esseri umani, può diventare qualcosa di sommamente fecondo.

Anzitutto, perché il dogma, parlando dell’eterna unità del Padre, del Figlio e dello Spirito nella totale condivisione della Vita, parla del superamento della logica dell’accaparramento che genera esclusione e quindi morte; e parlando dell’eterna diversità del Padre, del Figlio e dello Spirito tra di loro all’interno dell’unità parla del superamento della logica dell’omologazione che sopprime l’alterità dell’altro e quindi lo elimina in quanto tale negando la sua originalità.

Ma poi, e più specificamente, perché il dogma trinitario dice anche che questa unità e questa diversità si verificano concretamente fra tre: il Padre, il Figlio e lo Spirito. Già l’affermazione dell’esistenza eterna dell’alterità in Dio rompe, nell’intimità divina, il cerchio chiuso della ripetizione dell’identico e lascia spazio all’originalità dell’altro in quanto altro; ma l’affermazione dell’esistenza di tre, nel seno dell’infinita pienezza di Vita che è Dio, e non di solo due, offre un ulteriore spunto d’ispirazione per una convivenza umana positiva, ad ogni livello. Lo Spirito, infatti, che è il Terzo divino, infrange la chiusura della solidarietà tra il Padre e il Figlio, e la rende aperta. Egli è da sempre il superamento della logica della solidarietà chiusa.

Ora, l’esperienza dimostra che nel nostro mondo esistono degli stili di convivenza che sono organizzati all’insegna di tale logica. Essi generano morte. Ci sono infatti dei gruppi, piccoli o grandi, che condividono al loro interno ciò che hanno e alle volte perfino ciò che sono, ma poi si chiudono nel loro cerchio bloccando la circolazione dei beni al di là delle frontiere che li separano dagli altri. Succede effettivamente più di una volta che, nell’ambito familiare, marito e moglie vivono un intenso rapporto coniugale reciproco, rispettando anche la identità l’uno dell’altro, ma poi non vogliono aprirsi alla possibilità di un terzo o di terzi - i figli - che condividano la loro felicità; oppure succede che un’intera famiglia vive al suo interno una dinamica e arricchente situazione di condivisione di affetto e di beni materiali e culturali e di rispetto vicendevole, ma poi non si apre verso i bisogni degli altri non appartenenti al loro ambito familiare. Ci sono pure delle associazioni o dei gruppi a carattere culturale, sociale, economico e perfino i cui membri condividono largamente alcuni beni che costituiscono il loro patrimonio comune, ma che non sono disposti ad aprirsi ad altri che non ne sono membri. Essi custodiscono gelosamente ciò che è loro, e magari sviluppano al loro interno degli atteggiamenti fortemente altruisti e solidali, ma tutto finisce nel cerchio limitato della loro appartenenza.

L’intera umanità è oggi fortemente segnata nella sua globalità da una tale logica, se si tiene presente la breccia esistente tra una piccola parte dell’umanità sempre più ricca e benestante, e un’altra larga parte sempre più povera e indigente. Coloro che stanno bene tendono a creare una forte solidarietà tra di loro e ad appoggiarsi e difendersi a vicenda, ma lasciano gli altri ad aspettare invano, come il povero Lazzaro della parabola, «le briciole che cadono dalla loro mensa» (Lc 16,21). È facile constatare che si tratta di situazioni concrete le quali incidono intensamente sulla vita e sulla morte di milioni di esseri umani.

In rapporto a questa variegata realtà, la fede nello Spirito come il Terzo divino che spezza la logica della solidarietà chiusa, diventa una formidabile spinta all’impegno nella trasformazione della convivenza umana. Così si vede che veramente lo Spirito opera nel mondo ciò che gli è proprio nell’intimità della Vita divina: mediante l’agire degli uomini che si lasciano muovere dal suo impulso, come Gesù, va aprendo la solidarietà fino a includere in essa tutti ed ognuno, senza eccezione di sorta; va smontando cioè ad ogni livello le barriere che l’egoismo e la solidarietà chiusa, individuali e collettivi, creano nel mondo, facendo possibile in questo modo il trionfo della vita sulla morte. Egli è davvero «Signore che dà la vita».

Per il lavoro personale e di gruppo

  1. Guardati attorno e vedi quante forme di solidarietà chiusa esistono nel mondo. In quello piccolo dell’amicizia, del gruppo, della famiglia, del lavoro, e in quello grande della società nazionale e planetaria.
  2. Fermati un momento a pensare al mistero ineffabile di Dio. Della sua eterna vita intima intravvediamo solo quello che Egli stesso ha voluto svelarci. E lo possiamo esprimere solo balbettando, perché sappiamo che non c’è parola umana che possa ingabbiarlo. In questo senso noi diciamo, nella fede, che Egli è un Dio uno e trino.
  3. Pensa alla potenziale fecondità pratica che ha la rivelazione della presenza del Terzo Divino, lo Spirito, nel grembo eterno della Vita, che è solidarietà senza limiti. La Sua presenza la rende aperta e non ripiegata su se stessa. Inspirandoci a questo modello possiamo anche noi costruire una solidarietà umana aperta all’altro, al «terzo», in tutti i livelli della nostra esistenza. Sarà davvero una solidarietà vivificante!

Preghiera

Sei un Mistero insondabile, o Dio!

Mi sento così piccolo davanti a Te!

Ho capito però che, nella tua eterna Intimità,

lo Spirito è fonte di apertura senza limiti.

Dammi il tuo Spirito.

Per mezzo di Gesù,

che visse sempre mosso da Lui,

in un atteggiamento di inesauribile donazione,

arrivi anche al mio cuore il suo fuoco divorante.

Stabilisca in me la sua dimora,

e mi sospinga costantemente dal di dentro

verso una solidarietà aperta a tutti.

Amen.









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