Libri, le biblioteche italiane contrarie alle scelte di quelle Usa

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bentoribeiro
00giovedì 4 gennaio 2007 09:25
In America i testi, se non richiesti dagli utenti, entro 24 mesi spariscono dalla circolazione anche se sono classici

Roma, 3 gen. (Adnkronos Cultura) - Se le biblioteche pubbliche statunitensi si adeguano alla logica commerciale del best seller, facendo spazio ai titoli più in voga e ai supporti elettronici a discapito dei titoli meno richiesti (anche se i loro autori si chiamano Hemingway o Williams), il rischio non sembra riguardare l’Italia: le biblioteche nazionali, infatti, considerano ancora il libro “esattamente come un’opera d’arte: se una mostra è meno visitata di un’altra, non per questo le sue opere vanno mandate al macero”, ha dichiarato all’ADNKRONOS CULTURA Mauro Giancaspro, direttore della Biblioteca Centrale Nazionale “Vittorio Emanuele III” di Napoli.

Infatti, secondo un articolo apparso su Repubblica di oggi, nelle biblioteche statunitensi si sta realizzando un rivoluzione: i libri, se non richiesti dagli utenti entro 24 mesi spariscono dalla circolazione, anche se sono classici. E’ un pericolo che l’Italia non corre. Infatti, “in Italia, i libri sono considerati beni immobili per destinazione d’uso e, quindi, non possono essere dimessi – ha spiegato Giancaspro - ma se anche non vi fosse questo vincolo di legge, eliminare dei titoli sarebbe comunque una follia. Anche l’Arcadia rifiutò e criticò gli eccessi del Barocco, ma non per questo bruciò le opere del periodo. Il ruolo della biblioteca è di essere custode della memoria, non ci si può arrogare il diritto di scegliere al posto del lettore di domani: se questo fosse accaduto in passato, oggi non avremmo i grandi titoli che hanno segnato la storia della letteratura”. Per le biblioteche pubbliche statunitensi, eliminare titoli poco richiesti rappresenta anche la soluzione a un problema di costi, ma il direttore Mauro Giancaspro ha le idee chiare anche su questo punto: “Una soluzione potrebbe essere quella di fare in modo che le biblioteche si accordino sulle acquisizioni, evitando di acquistare gli stessi titoli e cooperando affinché si sappia che presso una biblioteca o l’altra il determinato libro è disponibile”.

Un consiglio, per concludere, da parte del direttore della Biblioteca Centrale Nazionale di Napoli, leggere “Parigi del XX secolo” di Jules Verne: lo scrittore immagina un futuro in cui un lettore si reca in una biblioteca alla ricerca di libri di Baudelaire e Hugo, ma trova solo un’infinità di manuali pratici. “Quello che non viene letto oggi, potrebbe essere oggetto di ricerca da parte dei lettori di domani – ha concluso Mauro Giancaspro – custodire la memoria è un compito che non si assolve basandosi solo sulla letteratura più frequentata al momento, ma proiettandosi nel futuro”.

Della stessa opinione, Osvaldo Avallone, direttore della Biblioteca Nazionale Centrale di Roma, che spiega all’ADNKRONOS CULTURA i due motivi principali per cui in Italia sarebbe impensabile trovarsi di fronte a un atteggiamento come quello statunitense: “Innanzi tutto perché noi dobbiamo conservare tutta la produzione libraria per renderla fruibile alle generazioni future, mentre negli Stati Uniti possono scegliere di eliminare i titoli meno richiesti; in secondo luogo perché non ci appartiene la logica commerciale da biblioteca-libreria, ma la nostra funzione resta quella della trasmissione della conoscenza. Questo significa anche che il nostro patrimonio è in continua espansione, ma per risparmiare sui costi e sugli spazi che questo comporta, basta portare avanti un’attività di tutela e prevenzione, di digitalizzazione o di trasferimento su altri supporti di materiali deperibili o non aggiornati che vengono comunque conservati nei magazzini”.

Non è, dunque, il modello statunitense quello a cui guardano le biblioteche italiane: “La mia biblioteca ideale? Un nucleo centrale con tanti satelliti – ha spiegato il direttore Avallone – al nucleo centrale, sul modello delle biblioteche nazionali, il compito di accumulare e conservare il patrimonio librario nel tempo e trasferire il patrimonio alle generazioni future; ai suoi satelliti, sul modello delle biblioteche statunitensi, il compito di offrire un servizio aggiornato, una vetrina sulle novità che più attraggono il pubblico dei lettori”.

Una testimonianza importante arriva anche dalla Biblioteca Nazionale Centrale di Firenze: Rosaria Di Loreto, della segreteria di direzione, lavora nella biblioteca fiorentina dal 1966, anno della tragica alluvione che ricorda ancora con commozione pensando al patrimonio andato disperso. “Ancora oggi – ha spiegato all’ADNKRONOS CULTURA – quando mi capita di cercare un volume che, poi, risulta ‘alluvionato’, mi si stringe il cuore: questo deve essere un monito a tutte le biblioteche del mondo perché conservino gelosamente il proprio patrimonio, perché perdere un libro significa creare un vuoto incolmabile. Per trenta anni ho lavorato nella sezione manoscritti – ha aggiunto Rosaria Di Loreto commentando il fatto che le biblioteche, sempre più spesso, lascino il posto ai supporti elettronici e ai computer – e non sostituirei mai i tradizionali volumi cartacei che amo profondamente. In più, i supporti digitali presentano grandi difficoltà di conservazione: da noi, invece, c’è voluta un’alluvione per distruggere i libri del Cinquecento che, altrimenti, esisterebbero ancora. Niente si può sostituire al libro e non mi riferisco solo ai testi antichi, ma anche ai romanzi moderni che a volte vengono giudicati banali: anche in quel caso si tratta di testimonianze preziose e insostituibile della storia dell’uomo”.

Anche Donata Falchetti, vice direttore della Biblioteca Nazionale Centrale Braidense di Milano, si schiera dalla parte della conservazione e della trasmissione di tutto il patrimonio librario alle generazioni future: “Una biblioteca non può e non deve basare la propria offerta sulle mode del momento, così si rischia di eliminare titoli che in futuro possono essere richiesti – ha spiegato – il compito di una biblioteca non è di accontentare richieste volubili, ma di assicurare, anche all’utenza sporadica, del materiale di valore”. Secondo il vicedirettore della Braidense, la biblioteca del futuro deve fare i conti con i tempi che corrono, ma questo significa far convivere “i tradizionali volumi cartacei, indispensabili quando si vuole leggere un libro nella sua interezza, ai supporti elettronici che rendono più facili e veloci le ricerche. Due realtà – ha aggiunto la Falchetti – che non sono in contrasto tra loro, ma che contribuiscono a dare forma alla biblioteca del futuro in cui libro e computer coesisteranno, senza escludersi a vicenda”.

Giustissimo così: rilevante soprattutto qs osservazione

"Quello che non viene letto oggi, potrebbe essere oggetto di ricerca da parte dei lettori di domani custodire la memoria è un compito che non si assolve basandosi solo sulla letteratura più frequentata al momento, ma proiettandosi nel futuro”.
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