Lavoro... che incertezza

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nisi corvonero
00mercoledì 5 ottobre 2005 11:23
Oggi ho ricevuto la mail di un’amica che probabilmente verrà licenziata. E’ già la seconda notizia del genere che ricevo in pochi giorni.
In entrambi i casi, si trattava di aziende sane, vittime di incuria e di cattiva gestione da parte della proprietà.
Anche mio marito si trova in una situazione del genere: azienda florida… lasciata andare a sé stessa, nessun investimento, nessuna responsabilità presa da chi di dovere. Si è beccato anche una lettera di richiamo perchè aveva obbedito agli ordini di un superiore
Non è un topic politico, il mio. Vorrei solo cercare di capire. Va bene la crisi, va bene l’euro… ma non c’è anche del menefreghismo da parte di coloro che queste aziende le gestiscono?
Io mi sento come se stessi camminando su un terreno franoso... che potrebbe non dare più sostegno da un momento all'altro.
egoio
00mercoledì 5 ottobre 2005 11:37
In Italia la gestione delle aziende non è votata all'efficienza al livello di quanto avviene altrove.
Soprattutto se si tratta di imprese a conduzione familiare il rischio di un fallimento o di una crisi esiste, perchè non sempre coloro che assumono la direzione, in quanto parte della famiglia, sono davvero preparati a un ruolo del genere.
In generale il sistema finora è stato poco mobile, poco abituato a una concorrenza forte ... e quando la concorrenza aumenta o vi è una crisi, l'azienda solitamente non è pronta a fronteggiarla in modo adeguato.
L'unica rimane tagliare i cosidetti 'costi operativi' ... i più grossi (anche se il discorso vale un po' meno per imprese industriali) sono quelli del personale (nel settore terziario è chiaro che il personale rappresenta il costo maggiore).
Tomislav
00mercoledì 5 ottobre 2005 13:25
Una considerazione che sento ripetere spesso nel mio settore è che il clima creato dall'attuale congiuntura economica non consente di investire con fiducia. Cercando di andare oltre la trita formuletta, è vero che il "fare impresa" si scontra, oggi, con problemi tanto annosi quanto di difficile soluzione: il costo del lavoro, l'eccessiva imposizione fiscale, la carenza di infrastrutture, la scarsa preparazione scolastica - a quasi tutti i livelli - dei lavoratori che iniziano la loro vita produttiva, un diritto del lavoro che non è nè carne nè pesce, la sofferenza costante nel confrontarsi con realtà economiche che giocano secondo un altro regolamento, e via discorrendo.

Il dramma è che cercando di porre rimedio ad una qualunque di queste problematiche è quasi inevitabile assistere all'aggravarsi di un'altra - e non sono questioni per mettere mano alle quali una singola impresa ha sufficiente forza.

Tutto questo si riflette sul lato umano ed emotivo - si, anche gli imprenditori sono umani [SM=g27775] - per cui, se negli anni dalla metà degli anni 80 alla metà degli anni 90 una buona parte degli utili era reinvestita nell'impresa stessa, oggi quegli stessi utili sono il costo della sfiducia, ovvero la ricchezza che viene accumulata in previsione di congiunture ancora più sfavorevoli.

Il lavoratore come si pone di fronte a tutto questo? Parole come precarizzazione, costo della vita, diminuzione del potere d'acquisto sono l'incubo di tutti. Strutturalmente, c'è poco da fare per il singolo. Noi, od i nostri genitori, facciamo la nostra parte creando ricchezza e reimmettendola nel circolo produttivo, ovvero guadagnando e spendendo. Il dramma è che le proporzioni tra ciò che si guadagna e ciò che si spende è in un loop insano... ma questo è un altro discorso.

Invece, il singolo lavoratore che cosa può fare per *se medesimo*? La risposta è, ahimè, banale quanto ovvia. Deve essere bravo. Deve essere altamente professionalizzato. Deve avere un vantaggio competitivo sugli *altri lavoratori* che lo renda prezioso e quindi relativamente ben pagato. Questo non risolve nulla, dal punto di vista strutturale, ma aiuta a tirare a fine mese. E non è poco.

La stessa sfiducia che è percepita diffusamente da tutti è percepita anche dalle imprese. Il sistema oggi premia le aziende che fanno altà qualità, per i prodotti delle quali la domanda - ad oggi - non sembra subire flessioni. Premia le aziende efficienti, per le quali è sempre possibile fare ricorso al credito, precluso invece alla minima difficoltà. Premia le aziende che abbandonano il mercato del lavoro interno, rivolgendosi ai mercati esteri che garantiscono un costo del lavoro sensibilmente ridotto che si ripercuote in maniera apprezzabile sui prezzi di vendita.

A prescindere da ogni considerazione etica e politica sia sul rapporto banca-impresa che sull'esterofilia dell'imprenditoria nostrana, mi pare indiscutibile che *anche* le imprese abbiano i loro problemi. Ora, cercare di stabilire se i problemi dell'impresa creino i problemi dei lavoratori o viceversa è un pò come cercare di stabilire se è venuto prima l'uovo o la gallina... un'esercizio di stile che, in quanto tale, non porta da nessuna parte.

Resta da chiedersi che cosa si può fare, ciò che esercizio di stile non è per niente. Qualcuno giderà... "Lo so io, cambiare il governo". Da elettore (sic!) del centrodestra, dico che sono assolutamente d'accordo. Ma da operatore economico ritengo - ma spero di sbagliarmi - che non basti. Ciò che serve, ciò che ci serve, è ritrovare la sensazione di giocare secondo regole chiare, precise ed uguali per tutti. E necessario avere fiducia negli arbitri (vedete il caso Fazio...), per dirne una.

Io oggi non aprirei mai un'attività mia, per dire. Non me la sentirei proprio. Quindi da un certo punto di vista mi sento di comprendere gli imprenditori che si tirano indietro, non assumono e non "imprendono", ma fanno catenaccio cercando di portare a casa un pareggio a reti inviolate. Credo che sia la mentalità del momento. E quella non la cambiano nè le leggi, nè i governi, nè l'Unione Europea, ma solo la percezione - o meno - di uno spiraglio.
augure
00mercoledì 5 ottobre 2005 13:28
Re:

Scritto da: Tomislav 05/10/2005 13.25
Una considerazione che sento ripetere spesso nel mio settore è che il clima creato dall'attuale congiuntura economica non consente di investire con fiducia. Cercando di andare oltre la trita formuletta, è vero che il "fare impresa" si scontra, oggi, con problemi tanto annosi quanto di difficile soluzione: il costo del lavoro, l'eccessiva imposizione fiscale, la carenza di infrastrutture, la scarsa preparazione scolastica - a quasi tutti i livelli - dei lavoratori che iniziano la loro vita produttiva, un diritto del lavoro che non è nè carne nè pesce, la sofferenza costante nel confrontarsi con realtà economiche che giocano secondo un altro regolamento, e via discorrendo.

Il dramma è che cercando di porre rimedio ad una qualunque di queste problematiche è quasi inevitabile assistere all'aggravarsi di un'altra - e non sono questioni per mettere mano alle quali una singola impresa ha sufficiente forza.

Tutto questo si riflette sul lato umano ed emotivo - si, anche gli imprenditori sono umani [SM=g27775] - per cui, se negli anni dalla metà degli anni 80 alla metà degli anni 90 una buona parte degli utili era reinvestita nell'impresa stessa, oggi quegli stessi utili sono il costo della sfiducia, ovvero la ricchezza che viene accumulata in previsione di congiunture ancora più sfavorevoli.

Il lavoratore come si pone di fronte a tutto questo? Parole come precarizzazione, costo della vita, diminuzione del potere d'acquisto sono l'incubo di tutti. Strutturalmente, c'è poco da fare per il singolo. Noi, od i nostri genitori, facciamo la nostra parte creando ricchezza e reimmettendola nel circolo produttivo, ovvero guadagnando e spendendo. Il dramma è che le proporzioni tra ciò che si guadagna e ciò che si spende è in un loop insano... ma questo è un altro discorso.

Invece, il singolo lavoratore che cosa può fare per *se medesimo*? La risposta è, ahimè, banale quanto ovvia. Deve essere bravo. Deve essere altamente professionalizzato. Deve avere un vantaggio competitivo sugli *altri lavoratori* che lo renda prezioso e quindi relativamente ben pagato. Questo non risolve nulla, dal punto di vista strutturale, ma aiuta a tirare a fine mese. E non è poco.

La stessa sfiducia che è percepita diffusamente da tutti è percepita anche dalle imprese. Il sistema oggi premia le aziende che fanno altà qualità, per i prodotti delle quali la domanda - ad oggi - non sembra subire flessioni. Premia le aziende efficienti, per le quali è sempre possibile fare ricorso al credito, precluso invece alla minima difficoltà. Premia le aziende che abbandonano il mercato del lavoro interno, rivolgendosi ai mercati esteri che garantiscono un costo del lavoro sensibilmente ridotto che si ripercuote in maniera apprezzabile sui prezzi di vendita.

A prescindere da ogni considerazione etica e politica sia sul rapporto banca-impresa che sull'esterofilia dell'imprenditoria nostrana, mi pare indiscutibile che *anche* le imprese abbiano i loro problemi. Ora, cercare di stabilire se i problemi dell'impresa creino i problemi dei lavoratori o viceversa è un pò come cercare di stabilire se è venuto prima l'uovo o la gallina... un'esercizio di stile che, in quanto tale, non porta da nessuna parte.

Resta da chiedersi che cosa si può fare, ciò che esercizio di stile non è per niente. Qualcuno giderà... "Lo so io, cambiare il governo". Da elettore (sic!) del centrodestra, dico che sono assolutamente d'accordo. Ma da operatore economico ritengo - ma spero di sbagliarmi - che non basti. Ciò che serve, ciò che ci serve, è ritrovare la sensazione di giocare secondo regole chiare, precise ed uguali per tutti. E necessario avere fiducia negli arbitri (vedete il caso Fazio...), per dirne una.

Io oggi non aprirei mai un'attività mia, per dire. Non me la sentirei proprio. Quindi da un certo punto di vista mi sento di comprendere gli imprenditori che si tirano indietro, non assumono e non "imprendono", ma fanno catenaccio cercando di portare a casa un pareggio a reti inviolate. Credo che sia la mentalità del momento. E quella non la cambiano nè le leggi, nè i governi, nè l'Unione Europea, ma solo la percezione - o meno - di uno spiraglio.



Splendida osservazione! [SM=g27768]
nisi corvonero
00mercoledì 5 ottobre 2005 13:37
Tomislav, in linea di massima sarei d'accordo con te.
Il condizionale è d'obbligo, in quanto la percezione che ho, che abbiamo in tanti è che non è più sufficiente essere bravi per tenerti un lavoro, nè per venire pagati bene, mi spiego? Non so che in settore lavori tu, ma io sono inquadrata nella categoria del commercio, come queste amiche e mio marito.
E poi, ci sono in giro tanti laureati che sono a spasso. Magari non sono stati ben formati, ma, sinceramente, è colpa loro?
Sono con te che quello che lavora meglio deve essere remunerato di più, ma l'impressione che ho è che si sta giocando mortalmente al ribasso.
Certo è che se si mettessero le persone giuste nei posti giusti per il loro merito (e non per le loro frequentazioni), già qualche miglioramento ci sarebbe.
ciao

Nisi
Tomislav
00mercoledì 5 ottobre 2005 14:04
Re:

Scritto da: nisi corvonero 05/10/2005 13.37
Tomislav, in linea di massima sarei d'accordo con te.
Il condizionale è d'obbligo, in quanto la percezione che ho, che abbiamo in tanti è che non è più sufficiente essere bravi per tenerti un lavoro, nè per venire pagati bene, mi spiego? Non so che in settore lavori tu, ma io sono inquadrata nella categoria del commercio, come queste amiche e mio marito.
E poi, ci sono in giro tanti laureati che sono a spasso. Magari non sono stati ben formati, ma, sinceramente, è colpa loro?
Sono con te che quello che lavora meglio deve essere remunerato di più, ma l'impressione che ho è che si sta giocando mortalmente al ribasso.
Certo è che se si mettessero le persone giuste nei posti giusti per il loro merito (e non per le loro frequentazioni), già qualche miglioramento ci sarebbe.
ciao

Nisi



Guarda, sono io a non essere d'accordo con me [SM=g27775]

L'idea era di formulare una paginetta di teoria cercando di lasciare fuori il più possibile il tessuto sociale nostrano. Ma tu ce lo tiri dentro, e non posso fare a meno di confermarti che anche nel mio settore - enogastronomia - conoscere la persona giusta nel posto giusto ha un peso mostruoso.

Ma detto questo, ciò che vorrei sottolineare è che non è corretto pretendere di vivere e lavorare sotto una campana di vetro. Una abilità da coltivare è anche quella di avere un giro di amicizie. Giusto per prevenire i complottisti, non alludo a fare cose come "bussare all'oriente" di una loggia massonica. I ben meno esoterici Rotary Club funzionano, da questo punto di vista, nella stessa maniera.

Mi pare evidente che se tu cerchi un agente di commercio e tra i candidati ce n'è uno che conosci o che ti viene raccomandato da qualcuno, lo preferisci perchè se le doti professionali le puoi provare e dimostrare o, al limite, insegnare in tempi anche sufficientemente rapidi, quelle umane vengono fuori durante una lunga frequentazione. Io non vorrei mai lavorare con una persona con cui non ho un rapporto di fiducia, che posso si costruire con uno sconosciuto ma che posso ottimizzare con una persona che conosco... perchè già ce l'ho.

In Italia tutto questo è esacerbato dal nostro diritto del lavoro per cui, una volta assunta una persona a tempo indeterminato, è praticamente impossibile che tu, impresa, riesca a liberartene. Questo protegge i lavoratori da ricatti e pressioni in maniera sacrosanta: ma non consente di rimediare quando il neoassunto "non c'azzecca". Non chiedermi che cosa è meglio, perchè non lo so.

Le proporzioni bibliche del clientelismo made in Italy sono uno scempio terrificante. Ma clientelismo è una parola romana... sono 2000 e più anni che le cose vanno così perciò è buona cosa *prenderne atto*. Non è giusto ma non so che farci, se non ricordare come in Italia "avere amicizie" è una cosa più o meno negativa, mentre negli States avere un "social network" è cosa ovvia e naturale.

Poi - purtroppo - c'è un lembo della questione che sprofonda nella più bieca illegalità: concorsi truccati, liste di collocamento addomesticate, e via dicendo. Ma il diritto penale, quando ne viene a capo, punisce tutte queste situazioni in maniera anche piuttosto pesante. Ma non c'è il reato di "conoscere qualcuno". E' una cosa che, stranamente, ho messo un sacco di tempo ad accettare, ma ora vivo senza dubbio più sereno.
Jack8321
00mercoledì 5 ottobre 2005 14:56
Io sono quasi nella stesa situazione, gli investimenti si sono ma la dirigenza fa schifo
nisi corvonero
00mercoledì 5 ottobre 2005 15:10
Oddio, non so, sai… Non è così difficile licenziare un dipendente, se sei sotto le famose quindici persone. O comunque, possono farti desiderare intensamente di cambiare aria.
A me è capitato di venire licenziata (brutta roba). In effetti, non avevano poi tanto bisogno di una persona in più (ero un esperimento..) ed onestamente per quel lavoro non ci ero proprio tagliata. Ma non è stato tanto difficile, farmi andare via e poi ora è più facile perché ti assumono con un contratto interinale, per cui il periodo di prova viene prolungato utilizzando questo tipo di contratto.
A parte tutto, parlando degli Stati Uniti (ed in questo dovremo copiare), là c’è più flessibilità sia in uscita che in entrata. Ciò vuol dire che puoi perdere il lavoro, ma non è poi così difficile trovarne un altro. E chi è bravo, ha comunque delle possibilità concrete di riuscire senza “conoscere” nessuno.
Non mi da fastidio il fatto di conoscere qualcuno e la rete di relazioni mi va benissimo se rimane sul tono seguente: Cerco un dipendente. Non hai qualcuno di fiducia da presentarmi?
Questo qualcuno viene assunto per le sue doti morali e professionali. E di questo ne sono molto lieta.
Scusa, forse non mi ero spiegata bene, ma è sul clientelismo che ho moooolto da obiettare.
Questi atti vengono pesantemente puniti, come giustamente dici tu, ma saranno 1 su non so quanti ad essere scoperti.
Io sono orientata sul centro sinistra come opinioni, ma sono dell’idea che non si debba difendere l’indifendibile. Il lavoratore fancazzista e poco onesto non è degno di tutela, mentre bisogna tutelare il lavoratore onesto e coscienzioso che si impegna sul serio.
E bisogna dare le possibilità a chi realmente se le merita.
Poi, purtroppo, con questo sistema si deve vivere, però secondo me se fossimo stati diversi, forse uno come Fazio ai vertici della Banca d’Italia non ci sarebbe mai arrivato.
§yumeko§
00mercoledì 5 ottobre 2005 15:19
Nisi, ti capisco benissimo. Anche mio padre è quasi nella stessa situazione della tua amica. L'azienda era floridissima (30 dipendenti continuamente a fare straordinati per riuscire a supplire all'enorme mole di lavoro) e stimata ma la dirigenza ha sperperato tutti i soldi non si sa ancora come (ma una mezza idea pare che i sindacati se la siano fatta e, se realmente è così, c'è da sputare in faccia al proprietario).
Risultato? Tutti in cassa-intergrazione a turno con una previsione di fallimento dell'azienda entro Natale. E chi assume un uomo di 50 anni al giorno d'oggi?

Per i giovani la situazione è diversa e, direi, disastrosa. Lavoro precario in tutti i settori.
Se si ha voglia di lavorare e si è disposti a fare di tutto (e parlo dei ragazzi di 18-20 anni come me, che vorrebbero lavorare mentre frequentano l'università) un posto lo si trova, peccato che si finisce sottopagati e sfruttati e quasi sempre "in nero".
E parlo per esperienza personale, visto che da 1 mesetto cerco lavoro a Milano e hinterland. Ogni curriculum che ho inviato (e non sono certo pochi) ha trovato risposta ma al momento dei colloqui saltava fuori la magagna: lavoro in nero. Beh, allora no, grazie e tanti saluti...
Cercano solo di sfruttare la situazione di un ragazzo giovane che ha bisogno di soldi e si adatta praticamente a tutto.

Per la storia dei laureati senza lavoro, vorrei solo portare la mia esperienza: il primo giorno di università, corso di laurea in biotecnologie mediche, facoltà di medicina (è un settore che in GB e USA fa soldi a palate. Per intenderci chi si laurea in biotecnologie, ad esempio, fa ricerca scientifica su vaccini, farmaci, virus, eccetera, per aziende famaceutiche e ospedaliere...) siamo stati accolti con un "Ragazzi, c' solo una cosa che dovete sempre tenere a mente: non c'è la minima speranza che troviate lavoro in Italia. Sono contrario alla fuga di cervelli, ma se potete andate all'estero." Discroso fatto come introduzione all'anno ma poi ripetutoci più volte da quasi tutti i professori.
Ok, la ricerca è un settore morto in Italia, ma anche in molte altre facoltà, sia di indirizzo scientifico che non, si inizia a sentire di questi discorsi...
Direi che sarebbe il caso di preoccuparsi.
nisi corvonero
00mercoledì 5 ottobre 2005 15:28
Re:

Scritto da: §yumeko§ 05/10/2005 15.19
Nisi, ti capisco benissimo. Anche mio padre è quasi nella stessa situazione della tua amica. L'azienda era floridissima (30 dipendenti continuamente a fare straordinati per riuscire a supplire all'enorme mole di lavoro) e stimata ma la dirigenza ha sperperato tutti i soldi non si sa ancora come (ma una mezza idea pare che i sindacati se la siano fatta e, se realmente è così, c'è da sputare in faccia al proprietario).
Risultato? Tutti in cassa-intergrazione a turno con una previsione di fallimento dell'azienda entro Natale. E chi assume un uomo di 50 anni al giorno d'oggi?

Per i giovani la situazione è diversa e, direi, disastrosa. Lavoro precario in tutti i settori.
Se si ha voglia di lavorare e si è disposti a fare di tutto (e parlo dei ragazzi di 18-20 anni come me, che vorrebbero lavorare mentre frequentano l'università) un posto lo si trova, peccato che si finisce sottopagati e sfruttati e quasi sempre "in nero".
E parlo per esperienza personale, visto che da 1 mesetto cerco lavoro a Milano e hinterland. Ogni curriculum che ho inviato (e non sono certo pochi) ha trovato risposta ma al momento dei colloqui saltava fuori la magagna: lavoro in nero. Beh, allora no, grazie e tanti saluti...
Cercano solo di sfruttare la situazione di un ragazzo giovane che ha bisogno di soldi e si adatta praticamente a tutto.

Per la storia dei laureati senza lavoro, vorrei solo portare la mia esperienza: il primo giorno di università, corso di laurea in biotecnologie mediche, facoltà di medicina (è un settore che in GB e USA fa soldi a palate. Per intenderci chi si laurea in biotecnologie, ad esempio, fa ricerca scientifica su vaccini, farmaci, virus, eccetera, per aziende famaceutiche e ospedaliere...) siamo stati accolti con un "Ragazzi, c' solo una cosa che dovete sempre tenere a mente: non c'è la minima speranza che troviate lavoro in Italia. Sono contrario alla fuga di cervelli, ma se potete andate all'estero." Discroso fatto come introduzione all'anno ma poi ripetutoci più volte da quasi tutti i professori.
Ok, la ricerca è un settore morto in Italia, ma anche in molte altre facoltà, sia di indirizzo scientifico che non, si inizia a sentire di questi discorsi...
Direi che sarebbe il caso di preoccuparsi.



Non ho parole [SM=g27783]
faith81b
00mercoledì 5 ottobre 2005 15:32
ed eccomi qua!
disoccupata che non sa più dove fare domanda!
la ditta più grossa del paese, invece di assumere i nostri cittadini, non vuole perchè non vuole i parenti.. ma è l'unica grande che c'è qua e se non ci favorisce lei chi dovrebbe farlo?
nei dintorni non lo fanno perchè, prima assumono i parenti dei lavoratori, poi quelli del loro paese.. ed infine.. se rimane qualcosa, quelli del mio!

Ho fatto domande a società tipo Adecco e Manpower ma mi sa che più di sfruttamenti non si trovano..
e quindi.. disoccupata.. almeno aiuto mio padre nel suo lavoro però.. vorrei anche uno mio!
Tomislav
00giovedì 6 ottobre 2005 12:39
Re:

Scritto da: nisi corvonero 05/10/2005 15.10
Oddio, non so, sai… Non è così difficile licenziare un dipendente, se sei sotto le famose quindici persone. O comunque, possono farti desiderare intensamente di cambiare aria.
A me è capitato di venire licenziata (brutta roba). In effetti, non avevano poi tanto bisogno di una persona in più (ero un esperimento..) ed onestamente per quel lavoro non ci ero proprio tagliata. Ma non è stato tanto difficile, farmi andare via e poi ora è più facile perché ti assumono con un contratto interinale, per cui il periodo di prova viene prolungato utilizzando questo tipo di contratto.
A parte tutto, parlando degli Stati Uniti (ed in questo dovremo copiare), là c’è più flessibilità sia in uscita che in entrata. Ciò vuol dire che puoi perdere il lavoro, ma non è poi così difficile trovarne un altro. E chi è bravo, ha comunque delle possibilità concrete di riuscire senza “conoscere” nessuno.
Non mi da fastidio il fatto di conoscere qualcuno e la rete di relazioni mi va benissimo se rimane sul tono seguente: Cerco un dipendente. Non hai qualcuno di fiducia da presentarmi?
Questo qualcuno viene assunto per le sue doti morali e professionali. E di questo ne sono molto lieta.
Scusa, forse non mi ero spiegata bene, ma è sul clientelismo che ho moooolto da obiettare.
Questi atti vengono pesantemente puniti, come giustamente dici tu, ma saranno 1 su non so quanti ad essere scoperti.
Io sono orientata sul centro sinistra come opinioni, ma sono dell’idea che non si debba difendere l’indifendibile. Il lavoratore fancazzista e poco onesto non è degno di tutela, mentre bisogna tutelare il lavoratore onesto e coscienzioso che si impegna sul serio.
E bisogna dare le possibilità a chi realmente se le merita.
Poi, purtroppo, con questo sistema si deve vivere, però secondo me se fossimo stati diversi, forse uno come Fazio ai vertici della Banca d’Italia non ci sarebbe mai arrivato.



Parto dal fondo, cioè dal governatore Fazio. Anche se ci penso con attenzione, non mi viene in mente che ci sia mai stata una sostanziosa campagna contro di lui prima di quest'estate. Talvolta veniva criticato per certe sue prese di posizione contro la politica finanziaria di questo o di quel governo, ma la cosa rientrava nel diritto/dovere di critica politica tra le istituzioni dello stato. Storicamente numero 3 di Palazzo Koch, fu nominato governatore dopo l'abbandono di Ciampi, a scapito di Lamberto Dini, all'epoca numero due più accreditato ma mai nelle simpatie dell'attuale Presidente della Repubblica - che infatti esercitò più di una semplice pressione per vedere eletto Fazio e non Dini.

Poi, quest'estate, i fattacci che più o meno tutti conosciamo, che hanno fatto salire il Governatore in cima alla lista degli Antipatici d'Italia. Io, che adoro l'attuale Presidente della Repubblica, mi domando se sia stato un Governatore diverso. Se cioè certe cose lui non le abbia mai fatte. E non so darmi risposta senza scendere nella calunnia, sinceramente. Ciò mi suggerisce che la grande colpa di Fazio sia stata quella di non essere abbastanza furbo da non farsi beccare. E la cosa non mi consola per nulla. In più, un'altra sua grande colpa è stata quella di non farsi da parte: la moneta che si spende sui mercati internazionali è la credibilità, e Fazio oggi non ne ha. Giusto sarebbe stato quindi farsi da parte, a prescindere dall'effettiva colpevolezze o meno. La quasi totale indipendenza delle autorità di vigilanza del mercato finanziario (Bankitalia, Consob, Isvap) è il valore della loro credibilità: e questo ha sempre funzionato benissimo ovunque nel mondo. Meno che da noi, ahimè. In tempi non sospetti, ad esempio con i Tango Bond, ci sarebbe già dovuto essere un bel giro di dimissioni. Lo stesso dopo, con Cirio e Parmalat. Nessuno pensò che il Governatore - come i vertici Consob - si sarebbe dovuto dimettere immediatamente. E quello fu l'inizio della fine. Ora si ipotizzano riforme: ma il governatorato della Banca d'Italia è una di quelle cariche che "canta" a seconda di chi è il professionista che la impersona. Solo che le persone non si possono riformare, e allora via all'idea di nomina congiunta parlamento/presidente della repubblica o simili.

L'ovvio e naturale contraltare di tutto questo è pensare alla Federal Reserve americana ed al suo presidente Alan Greenspam... ma quella è un'altra storia.

E comunque tutto torna... si difende l'indifendibile, si cerca di formulare una spiegazione all'inspiegabile... si fanno le cose all'Italiana insomma, quando basterebbe sinceramente che Fazio dicesse "Ok, ho fatto una puttanata" per ridare fiducia all'economia. Sarebbe una occasione da sfruttare. E invece noi pensiamo a riformare la Banca d'Italia. Proprio come quel tipo che se sente rumore di zoccoli pensa alle zebre od alle giraffe... senza pensare ai cavalli.
nisi corvonero
00giovedì 6 ottobre 2005 12:57
Niente da eccepire, Tomislav.

Mi spiace tanto che ti trovi in una simile situazione, Faith.
Lady Butterfly
00lunedì 10 ottobre 2005 11:22

Scritto da: §yumeko§ 05/10/2005 15.19
Risultato? Tutti in cassa-intergrazione a turno con una previsione di fallimento dell'azienda entro Natale. E chi assume un uomo di 50 anni al giorno d'oggi?


Mia madre è nella stessa situazione, su per giù.
Solo che il proprietario non chiede la cassa integrazione e semplicemente il lavoro è diminuito. E' un'azienda che ha sempre puntato sull'esportazione soprattutto in Germania ma i prezzi si son fatti troppo, troppo alti. Chi comprerebbe un paio di collant massaggianti al prezzo di 30 euro?
Eppure è il prezzo minimo per starci dentro con le spese.

Sta di fatto che mia madre è preoccupata, ritira oggi lo stipendio di agosto (e chissà quando prenderà settembre...), le mancan 5 anni alla pensione e non è pensabile che riusciamo a pagare dei contributi volontari per permetterle di maturare gli anni per la pensione. E chi la assume a quasi 50 anni, una donna che ha lavorato sempre e solo in calzificio?

Scritto da: §yumeko§ 05/10/2005 15.19
Per i giovani la situazione è diversa e, direi, disastrosa. Lavoro precario in tutti i settori.
Se si ha voglia di lavorare e si è disposti a fare di tutto (e parlo dei ragazzi di 18-20 anni come me, che vorrebbero lavorare mentre frequentano l'università) un posto lo si trova, peccato che si finisce sottopagati e sfruttati e quasi sempre "in nero".


Esperienza personale: trovo lavoro in una sorta di call-center, di quelli che chiamano a casa proponendo spettacoli teatrali a favore di alcuni enti benefici, spesso onlus.
Mi promette un fisso mensile di 200 euro -avevo scelto il part time- e le provvigioni sulle vendite.
Ok, accetto.
In un mese ho guadagnato a malapena quanto riusciva a coprirmi le spese di abbonamento del treno (ho preso 50 euro e ne ho spesi 44. Ho 6 euro, uao). Perchè la signora ha casualmente dimenticato di dirmi che il fisso è solo per chi è sotto contratto e a me e un'altra ragazza non aveva intenzione di farlo fino a gennaio, forse.
Forse O_O?
Io dovevo insomma lavorare per la strabiliante cifra di 1 euro l'ora. Venivamo pagate una volta a settimana e non si arrivava mai a fare qualcosa di buono, a meno che si avesse già una clientela -che chiaramente veniva riservata alle persone che lavoravano là da tempo.
In una settimana, quella in cui ho preso di più, ho preso 29 euro: dividetelo per le 20 ore settimanali che facevo e vedete che bella cifra.

La scena più triste che ricordo era una donna tutta felice perchè aveva preso 84 euro. "Sono tanti", diceva. Tanti? faceva 30 ore la settimana. Calcolate quanto ha preso l'ora.

Alla fine me ne sono andata. Va bene farsi esperienza, ma lì si era ai limiti dello schiavismo ò_o

Scritto da: faith81b 05/10/2005 15.32
la ditta più grossa del paese, invece di assumere i nostri cittadini, non vuole perchè non vuole i parenti..


Lo fanno anche da me. Solitamente è per evitare le raccomandazioni interne.

[Modificato da Lady Butterfly 10/10/2005 11.23]

§yumeko§
00lunedì 10 ottobre 2005 18:10
Oh, i call-center... non parliamone! Ci sono stata oggi per un colloquio e mi hanno proposto 5 euro lorde all'ora. E ovviamente orari assurdi (viaggiate in metropolitana dopo le 21 e prendete i pulman dell'atm alle 22, poi ditemi voi...).

Tutto sommato sto rivalutando il posto di cameriera serale (io direi notturna) in un pub vicino a casa mia: pagano 4,80 netti all'ora e nel giro di 6 mesi se si viene assunte si può arrivare a 6 euro netti. L'unico problema sono gli orari: fino all'1,30 durante la settimana, fino alle 4/4,30 nei weekend. considerato che mi devo alzare alle 6 per andare in uni non so se ce la potrei fare...
E' triste la cosa... e con i nuovi contatti a progetto, alias gli ex co.co.co si finisce sfruttati e sottopagati.

EDIT: ne call-center dove ho fatto il colloquio io mi è stato detto che lo stipendio è mensile, ma lo si prende 35 giorni dopo. Per la serie, se lavoro tutto il mese di novembre lo stipendio di quel mese non lo vedo fino al 5 gennaio. Gran bella pensata, vero?

[Modificato da §yumeko§ 10/10/2005 18.13]

Lady Butterfly
00lunedì 10 ottobre 2005 21:12

Scritto da: §yumeko§ 10/10/2005 18.10
EDIT: ne call-center dove ho fatto il colloquio io mi è stato detto che lo stipendio è mensile, ma lo si prende 35 giorni dopo. Per la serie, se lavoro tutto il mese di novembre lo stipendio di quel mese non lo vedo fino al 5 gennaio. Gran bella pensata, vero?


Oh, ma questo è niente.
Io ho fatto alcune promozioni nei supermercati (sapete, quelle ragazza che vi offrono caffè/mele/shampoo e via discorrendo?), e lì si lavora per un'agenzia che viene contattata dal negozio e/o supermercato perchè mandi qualcuno a promuovere un determinato prodotto.
L'agenzia paga a 60 giorni fine mese.

Ossia tu lavori il 10 agosto, ma i 60 giorni decorrono dal 31 e tu, se tutto va bene, vedi i soldi in novembre. Bello eh?
egoio
00lunedì 10 ottobre 2005 21:24
Cavoli ... non ho mai fatto di questi lavori (cioè, ho fatto un po' di tutto: babysitter, insegnante di ripetizione, traduttrice, recentemente segretaria ... ma spessissimo ho fatto lavori di pulizia).
Però so che se per un qualche motivo dovessi aver bisogno di guadagnare assolutamente dei soldi per mantenermi probabilmente mi rivolgerei a una cooperativa e mi direi disposta a fare di tutto.
Cioè persino con lavori più umili si guadagna più di quel che avete dichiarato qui voi.
Per quanto riguarda un lavoro diverso da quelli umili ... la soluzione è specializzarsi al massimo purtroppo, e cercare di differenziarsi dalle altre persone che cercano lavoro.
Il settore terziario attira sempre più gente e attualmente è saturo.
Garrick
00lunedì 10 ottobre 2005 22:56
sò che è brutto, però sto pensando, se ci sono situazioni simili nell'esercito (ufficiali) di prendermi una laurea civile e di espatriare da qualche altra parte nell'UE

[Modificato da Garrick 10/10/2005 22.57]

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