La liturgia papale al tempo di Benedetto XVI

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S_Daniele
00martedì 24 novembre 2009 19:01
Frutto della riforma voluta dal concilio Vaticano II

La liturgia papale al tempo di Benedetto XVI


La facoltà di teologia dell'università di Friburgo ha conferito il titolo di dottore "honoris causa" all'arcivescovo presidente del Pontificio Comitato per i Congressi Eucaristici Internazionali come riconoscimento per il contributo decisivo dato all'attuazione della riforma liturgica del concilio Vaticano II nel corso del suo servizio di responsabile delle celebrazioni liturgiche papali. Pubblichiamo il testo dell'intervento tenuto a Friburgo dall'arcivescovo sul tema "La liturgia papale al tempo di Benedetto XVI".

di Piero Marini

Fin dai primi anni del mio servizio nella curia romana ho imparato a considerare l'attività degli uffici della Santa Sede come la capacità di tradurre in pratica l'azione indicata da due verbi: custodire e promuovere. Si trattava del principio posto dal concilio Vaticano II alla base della riforma liturgica: "Conservare la sana tradizione e aprire nondimeno la via ad un legittimo progresso" (Sacrosanctum concilium, 23). La riforma liturgica è il fondamento delle altre riforme. La riforma della Chiesa, l'ecumenismo, la missione, il dialogo con il mondo contemporaneo dipendono cioè dalla riforma liturgica. Si può dunque a ragione affermare che la Sacrosanctum concilium è stata la prima costituzione conciliare non solo in senso temporale ma anche come fons e matrice delle altre costituzioni e di tutte le riforme promosse dal concilio.
Responsabile delle celebrazioni liturgiche papali sin dal febbraio 1987, il mio servizio a Benedetto XVI è durato dal 19 aprile 2005 al 16 ottobre 2007. Di tale esperienza - breve nel tempo ma ricca di tante celebrazioni a Roma, di cinque viaggi in Italia e di sette viaggi internazionali - desidero accennare solamente a due riforme approvate dal Papa che hanno un grande impatto nella vita ecclesiale e che riguardano i riti propri della liturgia papale: la celebrazione del rito di beatificazione nelle Chiese particolari e l'approvazione del nuovo Ordo rituum pro ministerii Petrini initio Romae episcopi.
A tutti è nota infatti la sensibilità e la preparazione del Papa in materia liturgica. Benedetto XVI appena eletto ha voluto che i riti di beatificazione si svolgessero, non più a Roma, ma nelle Chiese particolari. La decisione comportò alcuni importanti cambiamenti: i riti e la messa di beatificazione non vengono più presieduti dal Papa; nei riti di beatificazione sono coinvolte più visibilmente le Chiese particolari; con la nuova prassi viene evidenziata la differenza sostanziale tra beatificazione e canonizzazione.
Il testo delle Nuove procedure della Congregazione delle Cause dei Santi prevedeva anche la realizzazione di un nuovo Ordo, come sottolineava il cardinale Saraiva Martins su "L'Osservatore Romano" del 29 settembre 2005: "Si auspica, pertanto, che quanto prima venga preparato un Ordo beatificationis et canonizationis a cura dell'Ufficio delle Celebrazioni liturgiche del Sommo Pontefice d'intesa con la Congregazione delle Cause dei Santi e la Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti".
A seguito di tale indicazione l'Ufficio delle Celebrazioni Liturgiche Pontificie nel corso del 2006-2007 ha provveduto a elaborare, con la collaborazione d'alcuni esperti e dei consultori, uno schema completo di celebrazione. L'aver affidato a questo ufficio il compito di redigere un testo liturgico ufficiale da utilizzare nelle Chiese particolari costituiva un'ulteriore conferma del riconoscimento ufficiale della sua autonomia all'interno della curia romana.
L'Ordo rituum pro ministerii Petrini initio Romae episcopi è stato il primo documento ufficiale approvato da Benedetto XVI. L'Ordo infatti venne approvato il giorno dopo l'elezione del Papa alla cattedra di Pietro, come attestato dal rescritto ex audientia Summi Pontificis, datato il 20 aprile 2005. "Ricordo con emozione - ho scritto nel volume Inizio del ministero petrino del Vescovo di Roma Benedetto XVI (Città del Vaticano, Libreria Editrice Vaticana, 2006, pagine 565, euro 40) - quella prima udienza accordatami da Sua Santità nella quale sottoposi alla Sua attenzione il nuovo rito. Il Papa volle scorrere l'intera liturgia, apprezzando e confermando le singole scelte del nuovo Ordo. Anzi, nell'esaminare il documento il Papa ha ripetutamente sottolineato la bellezza dei testi, dei segni proposti e delle sequenze rituali e ha molto apprezzato il lavoro compiuto in un periodo di tempo così breve. Egli stesso costatò la forte ispirazione biblica del rito, l'ininterrotta continuità con la grande tradizione della Chiesa cattolica, identificando in particolare le singole citazioni patristiche contenute nei testi, riconoscendo espressioni di Ignazio d'Antiochia, di Gregorio Magno e Leone Magno. Sua Santità espresse il desiderio di conservare il volume per prepararsi alla liturgia, meditando i testi eucologici e i segni dell'imposizione del pallio del pastore e della consegna dell'anello del pescatore. Frutto di tale meditazione è stato il suggestivo commento mistagogico del pallio e dell'anello da lui proposto nel corso dell'omelia della celebrazione dell'inizio del suo ministero". L'approvazione dell'Ordo è stata dunque anzitutto la testimonianza della sensibilità liturgica di Benedetto XVI.
Il nuovo Ordo inizia con il solenne annunzio dell'elezione del Romano Pontefice e la sua prima benedizione Urbi et Orbi. Tale rito "trae la sua origine dalla prassi della Chiesa antica di eleggere il vescovo con il concorso di popolo e clero" (Prænotanda, n. 3). Segue la celebrazione eucaristica "per l'inizio del ministero petrino del vescovo di Roma" in cui si sottolinea lo stretto legame del vescovo di Roma con l'apostolo Pietro (sosta alla Confessione apostolica) e l'ufficio petrino di pastore della Chiesa cattolica (consegna del pallio del pastore e dell'anello del pescatore: cfr. Prænotanda, n. 4).
"Per esprimere fisicamente il legame inseparabile della Chiesa di Roma con l'apostolo delle genti insieme al pescatore di Galilea" l'Ordo prevede che il nuovo Papa si rechi appena possibile nella basilica di San Paolo per venerare il "trofeo" dell'apostolo (cfr. Ibidem, n. 17). Poi la "presa di possesso" della cattedra nella basilica lateranense, con la quale viene sottolineato l'aspetto primaziale del vescovo di Roma con potestà pastorale su tutti i fedeli (cfr. Ibidem, n. 20). Come ultimo atto dell'itinerarium e delle diverse stationes che costituiscono i riti d'inizio del ministero petrino l'Ordo prevede, subito dopo la presa di possesso della cattedra, la visita alla basilica di Santa Maria Maggiore per rendere omaggio all'icona di Santa Maria Salus populi romani (cfr. Ibidem, nn. 27, 28).
In tal modo oltre al contributo che i luoghi e i movimenti celebrativi offrono al senso del ministero petrino, si aggiungono anche i segni maggiori della liturgia d'inizio del ministero petrino e cioè il pallio del pastore, l'anello del pescatore e la cattedra lateranense.
L'Ordo nei testi e nei riti è espressione chiara e qualificata della ecclesiologia conciliare. Già nella stesura dei riti per l'inizio del pontificato di Giovanni Paolo i e Giovanni Paolo II si era avvertita l'incongruenza di un rito di "incoronazione". Allora tuttavia ci si era limitati all'imposizione del pallio, senza arrivare ancora a maturare gesti e segni adeguati alla ecclesiologia post-conciliare. L'Ordo invece nei riti e nei testi è un "documento testimoniale della recezione liturgica del Vaticano II, e dunque della comprensione che il concilio ha dato della liturgia, della Chiesa e in essa del ministero petrino. I criteri osservati per la revisione sono gli stessi che furono seguiti per la revisione del Missale Romanum di Paolo VI e che l'Institutio Generalis così enumera: "testimonianza d'una fede immutata, prova di una tradizione ininterrotta e adattamento alle nuove condizioni" (ivi, pp. 8-9). L'Ordo infine ha un particolare valore ecumenico e può essere "luogo di incontro e punto di partenza per un rinnovato dialogo tra Chiese sorelle, nella ricerca della comunione visibile e nel riconoscimento di quel ministero posto dal Signore a servizio di tale comunione" (ivi, p. 10). Sono questi alcuni motivi per i quali posso affermare che tra le tante esperienze liturgiche avute durante il mio lungo servizio al successore di Pietro, quella vissuta nella preparazione e soprattutto nella celebrazione dell'Ordo è stata una delle più belle e gratificanti.
Volentieri concludo questi accenni al rinnovamento delle celebrazioni liturgiche pontificie, di cui ho vissuto l'esperienza durante il servizio ai Sommi Pontefici Giovanni Paolo II e Benedetto XVI, rinnovando la mia gratitudine già espressa ai due Pontefici nel volume Cérémoniaire des papes (Paris, Bayard, 2007, pagine 199, euro 22): "Desidero ringraziare i due Sommi Pontefici che ho avuto la grazia di servire come Maestro delle celebrazioni liturgiche pontificie. Anzitutto il Servo di Dio Giovanni Paolo II, il quale mi ha nominato a 43 anni sottosegretario della Congregazione per il Culto Divino, due anni dopo mi ha affidato la responsabilità delle celebrazioni liturgiche pontificie e nel 1998 mi ha imposto le mani nella ordinazione episcopale. Lo ringrazio per aver sempre favorito lo sviluppo dell'Ufficio delle celebrazioni liturgiche: ne ha stabilito l'autonomia giuridica, ha promosso e dato la sua approvazione all'aggiornamento delle celebrazioni della liturgia papale, e infine, a Roma, e soprattutto nelle innumerevoli comunità visitate in tutto il mondo, ha accolto e approvato con convinzione le proposte di adattamento alle diverse culture nello spirito del concilio Vaticano II. Durante il suo Pontificato le celebrazioni papali sono così diventate per le Chiese particolari un punto di riferimento sicuro per riconoscere il volto della liturgia quale l'ha voluta il Concilio. In realtà Giovanni Paolo II non era un esperto di liturgia in senso tecnico, ma si è affidato al suo Maestro e con il suo entusiasmo pastorale per l'evangelizzazione è diventato nella Chiesa l'interprete più autorevole e l'esecutore più tenace della liturgia del Vaticano II. Per questo sento il dovere di dire grazie a lui che celebra ora nella comunione dei santi la liturgia della Gerusalemme celeste. Un filiale e particolare ringraziamento rivolgo anche a Papa Benedetto XVI che, appena eletto, mi ha voluto confermare come Maestro delle celebrazioni liturgiche pontificie. In verità per me non è stata una esperienza del tutto nuova perché ero già stato suo cerimoniere agli inizi del cardinalato. Anche per questo fin dal primo momento mi sono sentito accolto da Papa Benedetto come un figlio. In lui ho potuto conoscere, con mia viva soddisfazione, non solo un professore ma un Papa esperto in liturgia. Non potrò mai dimenticare l'emozione avuta nel trovarmi solo con lui nella Cappella Sistina subito dopo la sua elezione, l'emozione provata durante lo svolgimento dei riti di inizio del suo ministero petrino. Essi mi rimangono fissati nella memoria e nel cuore perché ritengo siano l'icona più completa e più riuscita che la liturgia ha dato della Chiesa dopo il concilio Vaticano ii. Grazie, Papa Benedetto, per aver approvato tali riti e per averli celebrati con il popolo santo di Dio".

(©L'Osservatore Romano - 25 novembre 2009)
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