Detto degli inglesi, è arrivato il momento di parlare dei cugini d’oltreoceano.
Ho già accennato ai compiti che erano stati affidati all’RRC e quali fossero le grandi industrie americane investite della produzione delle gomme sulle quali far marciare quel colosso della motorizzazione che erano le forze armate USA.
La standardizzazione quasi perfetta raggiunta nella fabbricazione e nella distribuzione ai reparti combattenti dei veicoli loro necessari ebbe, come corollario, l’adozione di pochi modelli diversi di pneumatici, prodotti in quantità molto elevate.
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Nelle foto relative al periodo prebellico si nota come vi fosse una certa varietà nell’approvvigionamento dei pneumatici. Questo soprattutto in riferimento ai veicoli tattici, poiché halftrack, scout cars e le prime jeep, montavano gomme con disegni dei battistrada di vario genere, ciò perchè gli acquisti venivano effettuti sul mercato libero, al prezzo più conveniente e quindi, venivano montate delle cross country prodotte e vendute anche per uso civile.
Quando, però, il complesso produttivo industriale venne mobilitato fu il governo federale a stabilire cosa e come si dovesse produrre.
Ecco che allora, anche per i pneumatici USA, possiamo procedere con buona precisione all’indicazione dei modelli adottati.
1) Truck and Bus Tires;
2) Passenger Cars Tires;
Non tutti i veicoli impiegati dalle forze armate erano destinati al fronte e non tutti necessitavano di pneumatici speciali, quindi, autovetture, autobus, autocarri e rimorchi, destinati ad operare su strada montavano copertoni di genere civile detti anche
regular o
highway, secondo la definizione ufficiale.
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Esplicativo al riguardo è questo autocarro International nuovo di zecca, probabilmente ritratto all’uscita dalla catena di montaggio, con ancora addosso delle inopportune cromature.
3) Tactical Tires;
È il tipo di pneumatico militare probabilmente più conosciuto al mondo. Con disegno del battistrada non direzionale era disponibile in due versioni,
Cross-Country e
Mud-and-Snow, distinguibili, non troppo facilmente a prima vista, per l’andamento più arrotondato dei fianchi del primo tipo.
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Due immagini ci aiutano a riconoscere la differenza tra i due.
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La prima jeep, quella più in alto, monta i Cross-Country mentre la seconda, con i colori canadesi ed utilizzata come frontline ambulance, monta dei Mud-and-Snow. Se fate caso il battistrada della seconda termina con un angolo più pronunciato ed anche il fianco del pneumatico ha una diversa forma.
4) Combat Tires.
Esteticamente identico al precedente era costituito da una struttura più spessa, e rigida, destinato ai veicoli da combattimento, consentiva di proseguire la marcia anche in condizioni di perdita completa della tenuta d’aria.
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I pneumatici Combat oltre che, naturalmente, sulle autoblindo e sugli Halftrack erano montati anche sul grande complesso
trattore/semirimorchio M26, visto che il suo impiego era previsto anche in prima linea.
Esistevano poi diversi altri tipi di pneumatici impiegati sui veicoli speciali tipo grader, pale meccaniche, trattori low speed e simili con caratteristiche e battistrada specifici dei quali è impossibile occuparci ora.
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Ogni regola ha le sue eccezioni, un esempio significativo è dato da questo Brockway pontiere che non monta dei pneumatici tattici conformi al suo “libretto”.
Ma come erano fatti i pneumatici di quel tempo?
I copertoni, e questa descrizione si adatta alla maggior parte di quelli prodotti dai vari belligeranti, erano costituiti dalla carcassa, dal battistrada e dai talloni.
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La carcassa era costituita da un numero variabile di tele (
plies) sovrapposte ed intercalate da strati più o meno sottili gomma. Dapprima solo di cotone, con il perfezionamento delle tecniche costruttive per le tele venne impiegato il rayon, che garantiva una maggiore uniformità e resistenza dati dalla struttura della sua fibra.
In corrispondenza della giunzione con il battistrada la carcassa base era irrobustita da ulteriori strati di gomma e tessuto (
cushion e
breaker) destinati ad assorbire le asperità del terreno distribuendole sull’intera struttura oltre a mantenere battistrada e carcassa saldamente uniti.
Il battistrada (
tread) era uno spesso strato anulare di gomma che rivestiva la carcassa lungo la fascia di appoggio al terreno ed era attraversato da solcature e rilievi con lo scopo di migliorare l’aderenza delle ruote.
La struttura della carcassa, oltre che la forma, la larghezza e la profondità delle solcature sul battistrada, variava a seconda dell’impiego cui il pneumatico era destinato.
I talloni (
bead), infine, avevano il compito di delimitare i fianchi del copertone consentendo una perfetta adesione dello stesso al cerchio della ruota.
A quel tempo erano ormai scomparsi i talloni estensibili, tipici dei vecchi cerchi a raggi della prima motorizzazione, rimpiazzati dai talloni rigidi, resi tali dalla presenza di due cerchietti metallici per lato (
bead wires).
All’interno del copertone, poi, era contenuta la camera d’aria, munita di un’apposita valvola, per l’introduzione dell’aria sotto pressione.
Il panorama non sarebbe completo senza un rapido sguardo alle diciture riportate sui fianchi delle coperture.
Relativamente a quelle di produzione americana compariva il nome del produttore e, a volte, anche una designazione commerciale del pneumatico.
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L’indicazione più importante era quella relativa alle dimensioni. Nell’illustrazione è raffigurata una 7.50-20, la prima cifra indicava, in pollici, la larghezza della sezione del pneumatico, montato sul cerchio, gonfio e senza carico. La seconda cifra, sempre in pollici, indicava il diametro interno del pneumatico che doveva combaciare, ovviamente, con il diametro del cerchio sul quale doveva montarsi.
Le misure, in Europa, potevano essere espresse anche in centimetri e millimetri, ci avrebbe aiutato a capirlo il separatore che, in questo caso, sarebbe stato il segno x (per) mentre per le indicazioni in pollici il separatore sarebbe stato, come in questo caso, un trattino o una barra (/).
Il
Ply Rating originariamente indicava il numero delle tele incrociate costituenti la carcassa, da un minimo di 6 per le gomme della Jeep ad un massimo di 20 per quelle del portacarri M26, in seguito, con il progredire della tecnica costruttiva, indicò la robustezza del pneumatico (rating) slegando l’indicazione dall’effettivo numero delle tele impiegate.
La lettera
S, o la sigla GR-S (Government Rubber-Synthetic) indicava l’impiego di gomma sintetica nella fabbricazione della copertura, la lettera poteva essere seguita da un numero (da 2 ad 8) indicante la percentuale di gomma sintetica impiegata.
Parimenti gli inglesi indicavano, in un cerchietto stampato sul fianco della copertura, con due numeri la percentuale di gomma sintetica impiegata sia nella carcassa che nel battistrada.
I pneumatici sintetici italiani erano identificati da una lettera F o riportavano la dicitura “Velocità ridotta” o “Sovraccarico vietato” e, per finire, quelli tedeschi si riconoscevano per la presenza delle lettere AB in un disco rosso o nero.
Altre specifiche diciture indicavano se il pneumatico fosse del genere Combat, e quindi utilizzabile solo nei casi previsti, o se fosse del genere Beadlocks (sigla BL o BLX). Su questi ultimi era possibile impiegare delle clip che univano ancor più saldamente il copertone al cerchio in previsione di impieghi particolarmente gravosi.
Immancabile, infine, un numero di serie che identificava la fornitura di appartenenza ed anche il singolo macchinario che l’aveva prodotta.
I cerchi sui quali i pneumatici erano montati potevano essere di vario tipo. Dal più semplice, quello in un sol pezzo, del genere impiegato sulle jeep, a quelli scomponibili, destinati ai veicoli più pesanti.
Quella rappresentata di seguito è la sequenza delle operazioni da compiersi per la sostituzione del pneumatico su di un cerchio scomponibile ed è tratta dal manuale uso e manutenzione dell’Halftrack M5.
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Una volta mollati i dadi e separate le due flange costituenti il cerchio era possibile rimuovere il copertone e provvedere alla sua sostituzione.
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Il pneumatico montato sugli Haftrack era del tipo combat, è ben visibile il distanziale metallico (
beadlock) che manteneva in posizione, contro i bordi del cerchio, i due talloni, scongiurando, anche in caso di completa fuoriuscita dell’aria, il distacco della gomma dal cerchio.
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Sostituito il pneumatico e rimontato il cerchio, la ruota completa era pronta per il gonfiaggio e per l’uso.
Volendo era certo possibile rinunciare all’uso delle ruote pneumatiche…….
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……..o, addirittura delle ruote tout court.
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Il tentativo, per quanto perseguito con tenacia, non ebbe però grande seguito.
Fosse per me in un prossimo post direi qualcosa anche sulle catene, da montare sulle ruote, non quelle di Nazzari e Sanson, però il rischio che l’argomento sia, per dire, troppo di nicchia mi trattiene non poco.
Magari consulterò il nostro WM.
Saluti