La
Civitella di
Chieti, Abruzzo
La grotta della Dea
Lo scavo nella grotta del colle Rapino è iniziato negli anni '40 e ripreso recentemente.
La cavità naturale, che si apre sul versante nord-occidentale della Majella, fu occupata sin dal paleolitico superiore dai cacciatori. Fu utilizzata fino all'età del bronzo, come testimoniano i ritrovamentti di scodelle, vasi e contenitori in terracotta.
Ma un collare in bronzo, il calderone in lamina bronzea e alcuni frammenti ceramici sono invece riferibili all'età arcaica (VI secolo a.C.), quando la grotta mostra chiaramente la sua valenza di luogo di culto.
A questo periodo gli studiosi fanno risalire la statuetta di divinità femminile in bronzo, la cosiddetta
"dea di Rapino", che indossa una lunga veste coperta da un mantello con i capelli raccolti in una lunga treccia.
Si tratta forse di una piccola riproduzione della Grande Madre, dea legata ai cicli naturali della terra, come indica anche la focaccia con la spiga che la statuetta regge nella mano sinistra.
La documentazione si fa poi via via più labile.
In età ellenistica il luogo sacro divenne sacro a Giove. Testimone di questo passaggio è una tavoletta di bronzo, un'epigrafe, redatta in dialetto marrucino, dove si menziona la Touta Marouca, cioè il popolo dei Marrucini, e dove compare un riferimento alla prostituzione sacra, pratica già diffusa in epoca precedente.
Il luogo di culto mantenne le sue funzioni religiose fino all'età medievale.