La Chiesa perseguitata

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Cattolico_Romano
00giovedì 4 giugno 2009 09:03
Il Nepal Defence Army ha diffuso volantini chiedendo a un milione di fedeli di lasciare il Paese




In Nepal indù estremisti minacciano la comunità cristiana


Kathmandu, 3. Cresce il clima di tensione in Nepal dove la comunità cristiana è oggetto di attacchi da parte di alcuni gruppi estremisti indù. Dopo il recente attentato alla cattedrale dell'Assunzione a Kathmandu che ha provocato due morti e decine di feriti, ora gli estremisti vogliono che i cristiani abbandonino addirittura il Paese. L'intimidazione è giunta forte e chiara con un messaggio contenuto nei volantini fatti circolare dal Nepal Defence Army (Nda), un movimento fondamentalista formato da ex militari e poliziotti, fautori di un Nepal teocratico, che nei giorni scorsi aveva rivendicato l'attentato alla chiesa:  "Vogliamo - è scritto - che un milione di cristiani residenti in Nepal lascino il Paese. Altrimenti pianteremo un milione di bombe in tutte le loro case". C'è dunque paura tra i cristiani che vivono nella nazione asiatica e i leader religiosi hanno chiesto al Governo di aumentare le misure di sicurezza e protezione.

I volantini, contenenti la minaccia, hanno iniziato a circolare in occasione di una manifestazione pubblica organizzata dalla Chiesa cattolica il 31 maggio, a Kathmandu, per sensibilizzare tutta la popolazione sulla questione della libertà religiosa e sui diritti di ogni cittadino di professare la propria fede. Circa 7.000 persone hanno partecipato alla manifestazione, protestando contro l'attentato alla cattedrale e chiedendo pace e rispetto per tutti. Il vicario apostolico in Nepal, il vescovo Anthony Francis Sharma, per l'occasione, ha ribadito che "la pace deve prevalere nella nazione". Il presule ha ricordato che "la comunità cristiana svolge attività a favore dei poveri e di tutti coloro che versano in difficoltà e, per tale motivo, non sono giustificabili gli attacchi". Monsignor Sharma ha altresì sottolineato che la manifestazione ha costituito un segno tangibile dell'unità dei cristiani in Nepal. Al termine della manifestazione, i leader religiosi presenti hanno chiesto nuovamente al Governo di garantire la sicurezza della comunità.

In Nepal si contano circa un milione e mezzo di cristiani, dei quali 7.500 sono cattolici. Quasi l'80 per cento della popolazione è formata da indù e buddisti, mentre il quattro per cento è rappresentata dai musulmani. Nel 2006 il Parlamento ha approvato la legge che ha reso il Nepal una nazione secolare. Fra l'altro, la cattedrale dell'Assunzione, a Kathmandu, è stata la prima chiesa cattolica costruita nel Paese, dopo la promulgazione, nel 1991, della nuova Costituzione che ha introdotto il diritto di praticare qualsiasi religione nei luoghi pubblici. Prima, infatti, la pratica cattolica si svolgeva soltanto nelle cappelle delle scuole cattoliche, dei conventi o delle strutture sociali.

Il sorgere dei gruppi estremisti è quindi legato proprio alla volontà di ostacolare le aperture democratiche delle istituzioni. Il Nepal Defence Army si è formato in seguito alle dimissioni del re Gyanendra, il quale ha aperto una nuova stagione nella storia della nazione:  il passaggio dalla monarchia confessionale indù a un sistema democratico e laico. Questa trasformazione ha quindi creato malcontento in alcuni gruppi indù fondamentalisti. Il Nda si è caratterizzato fin dall'inizio come gruppo di combattenti nostalgici della monarchia di matrice indù, con il preciso intento di combattere le minoranze religiose con qualsiasi mezzo. Alcuni volantini del Nepal Defence Army erano stati trovati anche accanto al corpo del salesiano padre John Prakash, ucciso circa un anno fa da membri dello stesso movimento fondamentalista indù.

La comunità cristiana, con l'appoggio della autorità locali, ha disposto per ora misure di vigilanza nei pressi delle chiese e ha provveduto a diramare "un'allerta" a tutte le strutture. Comunque, i leader religiosi cristiani sottolineano che, nonostante il clima di tensione, "la missione in Nepal non cambierà".


(©L'Osservatore Romano - 4 giugno 2009)
Cattolico_Romano
00martedì 9 giugno 2009 16:33
In India, ferve la lotta per la libertà di coscienza

Intervista al Cardinale Telesphore Toppo


di Alessandra Nucci
KKOTTONGNAE, lunedì, 8 giugno 2009 (ZENIT.org).- Alla Conferenza internazionale “Amore in azione” organizzata in questi giorni dall’ICCRS (International Catholic Charismatic Renewal Services) a Kkottongnae, in Corea del Sud, ha partecipato anche il Cardinale Telesphore Toppo, Arcivescovo di Ranchi e Presidente della Conferenza Episcopale Indiana.
ZENIT lo ha intervistato.

Qual è lo stato della fede in India?

Toppo: Risponderò con una frase del padre della patria, il Pandit Nehru: “In India, il cristianesimo è antico quanto il cristianesimo stesso”. Il popolo indiano è un popolo religioso, tanto più lo sono i cristiani che conoscono Gesù: non c’è nessuno come lui.

Quanti sono oggi i cattolici?

Toppo: L’India è un paese immenso, difficile fotografarlo per intero. La fede è arrivata con l’Apostolo Tommaso, ma nel mio Stato, ad esempio, nel 1885, quando arrivò dal Belgio il missionario Constant Lievens, di cattolici ce n’erano solo 56. Sette anni dopo, quando Lievens dovette ripartire, lasciò 80mila battezzati e oltre 20mila catecumeni, un’esplosione di fede incredibile, nota come “il miracolo di Chotanagpur”.

Qual è la consistenza e il ruolo del Rinnovamento carismatico?

Toppo: E’ dappertutto, a livello diocesano e regionale, e hanno anche dei centri per i ritiri. Uno dei frutti più apprezzabili di questa presenza è che ha portato fra i fedeli l’amore per la Parola di Dio, che prima non era molto sentita dai cattolici.

Cosa pensa dell’esito delle ultime elezioni nazionali?

Toppo: E’ stato un successo fenomenale, che ha segnato la sconfitta dei fondamentalisti. Il nuovo governo è formato da persone che seguono i principi del Mahatma Gandhi, che incarnava la parte migliore dell’induismo. Se l’India oggi può vantare la più grande democrazia del mondo è grazie alla fede della sua gente, un popolo composito che ha in comune la fiducia in Dio e nel prossimo.

Potranno mettere fine alla persecuzione dei cristiani?

Toppo: La persecuzione è difficile da contenere, è come un cancro. Temo anzi che potrà anche aumentare, perché adesso che i fondamentalisti non possono più infiltrare la burocrazia e i posti di comando, studieranno ogni modo di mettere in imbarazzo il governo. Quando fui fatto Cardinale, nel 2003, il leader di uno di questi gruppi fondamentalisti disse “perché dovremmo accettare questa laurea straniera? I cristiani devono andarsene dall’India”. Io vengo da un paese tribale, il Jharkhand, per cui risposi: “Se ne vada prima lui. Io vengo da una delle prime tribù dell’India, quindi sono più indiano io di lui”.
 
Aboliranno le leggi anti-conversione?

Toppo: A dire il vero anche il Partito del Congresso approvò delle leggi anti-conversione - si sa, in politica si deve accontentare un po’ tutti - ma non erano così rigide. Che facciano pure le leggi, i cristiani sono i più obbedienti e ligi di tutti.

Perché i cristiani sono presi di mira?

Toppo: Agli occhi dei fondamentalisti anche i musulmani sono nemici dell’India, ma i musulmani contrattaccano, per cui oggi li lasciano in pace. I cristiani li sentono invece come una minaccia eliminabile. A essere presi di mira sono in particolare i membri di tribù, perché il maggior numero di conversioni avvengono fra di loro, e fra i dalit, o “intoccabili”. I popoli tribali infatti, nonostante le molte persecuzioni della storia, hanno conservato la propria lingua e il proprio sistema sociale, per cui se si convertono possono formare un ceto medio, catalizzatore fra i dalit e i ceti superiori.

E’ chiaro che se si convertissero i 100milioni di dalit e i 70 milioni di tribali, si produrrebbe uno spostamento sociale e politico immenso.

Eppure l’induismo è considerato la religione della tolleranza e della pace…

Toppo: Ci può essere pace con il sistema delle caste? Quando non si attribuisce pari dignità al proprio simile? Il Mahatma Gandhi liberò l’India dall’imperialismo britannico, ma quella liberazione non è stata completata. Lui rappresentava l’universalità, un’idea assolutamente cristiana. Se fosse vissuto più a lungo avrebbe abolito le caste, il matrimonio minorile, il sistema della dote, la messa a morte delle spose. L’India deve liberarsi da tutti questi mali e anche dai fondamentalisti, una piccola parte del paese, appena l’11 per cento, ma che ha le stesse idee che avevano Hitler e Mussolini. Insomma, c’è ancora molto da fare, la lotta condotta da Gandhi per la liberazione continua. E’ in questo contesto che va vista la persecuzione. Fa parte della lotta per la libertà: la libertà di coscienza.
Cattolico_Romano
00mercoledì 10 giugno 2009 16:43


O
dio contro i cristiani anche in Occidente

L'allarme dell'Ocse sull'intolleranza sempre più diffusa nell'Europa laica. Casi anche in Gran Bretagna e Usa.

di M.Antonietta Calabrò, Corriere della sera, 9 marzo 2009

Cristiani «vittime di crimini di odio», non in Africa, in Medio Oriente, o in Asia, ma nel Nord del mondo, sviluppato e industria-lizzato, con al centro la vecchia e nuova Europa.

Sarebbe stato impensabile anche solo dieci anni fa, una tavola rotonda in sede Osce a Vienna per accendere, ed è la prima volta, un faro su questo fenomeno nuovo e preoccupante: l'«intolleranza e la discriminazione contro i cristiani », l'«esclusione, marginalizzazione e negazione dei diritti» nei loro confronti, nei 56 Paesi che fanno parte dell'organizzazione che si estende dal Nord Atlantico agli Urali (dal Canada, passando per gli Usa, fino alla Turchia e alla Federazione Russa).

Rapporto Ocse 2008: violenze contro cristiani

I lavori sono stati organizzati a Vienna dall'Odhir (l'ufficio per i diritti umani dell'Osce), e per due giorni vi hanno partecipato cinquanta tra esperti, ricercatori, membri di comunità religiose e associazioni cristiane, oltre a rappresentanti di organizzazioni internazionali, sotto la presidenza del vicepresidente del Parlamento europeo Mario Mauro, incaricato personale del presidente dell'Ocse per la lotta al razzismo e alla xenofobia. La necessità di mettere a tema il problema della discriminazione dei cristiani è nata dalla valutazione del Rapporto Osce 2008 sui «crimini d'odio» in cui molte pagine raccolgono purtroppo le notizie di violenze e assassinii di cui sono stati vittime appartenenti alle varie confessioni cristiane (non solo cattolici, quindi).

Tre direttrici: Est ex-sovietico, Europa "laicizzata" e paesi penetrati dall'islam

Ma le testimonianze raccolte la scorsa settimana a Vienna (sotto la clausola diplomatica della garanzia di riservatezza nei confronti dei governi coinvolti) sono state addirittura più allarmanti, secondo tre direttrici: una più evidente nell'Est ex sovietico, la seconda nell'Europa «laicizzata », la terza infine nei Paesi sempre più penetrati (anche per motivi demografici e non solo migratori) dalla avanzata islamica. Eccone alcuni esempi. Il vescovo greco-ortodosso di Cipro, Porfirios, ha lamentato ad esempio la distruzione o la riconversione in moschee o locali pubblici di 550 chiese ortodosse nella parte turca dell'isola. Il patriarcato di Costantinopoli ha sottolineato inoltre che in Turchia vige ancora la legge di Maometto III per cui non ci possono essere sulla pubblica via altri luoghi di culto se non moschee: alla basilica del Patriarcato si accede tramite un ristorante.

Gran Bretagna

Ma se passiamo in Gran Bretagna, l'avvocato Paul Diamond, ha reso noti tutti i dettagli del clamoroso caso dell'infermiera inglese di 45 anni, Caroline Petrie licenziata all'inizio del mese scorso (ma poi reintegrata) per aver consegnato un'immaginetta sacra ad una paziente ammalata.

Spagna

Andrea Morigi, dell'Associazione «Aiuto alla Chiesa che soffre», da parte sua, ha messo in evidenza alcune conseguenze «discriminatorie » della legislazione spagnola, nell'era Zapatero: impossibilità dell'obiezione di coscienza per i medici obbligati alla prescrizione di contraccettivi e abortivi e impossibilità per i genitori di esonerare i figli dalle lezioni di educazione sessuale. In Romania vige l'esproprio per legge dei beni delle confessioni greco- cattoliche in favore della chiesa ortodossa. Mentre nelle ex repubbliche sovietiche, è ancor oggi richiesto ai cristiani, per compiere atti di proprietà o di credito, una dichiarazione scritta che espliciti la fede religiosa professata.

Libertà religiosa come cartina di tornasole delle libertà

«L'iniziativa dell'Osce - afferma Mauro - ha il pregio di rompere un tabù tipico del politicamente corretto: questo fenomeno è riuscito finalmente ad emergere ». Aggiunge però subito dopo: «Non si tratta di una esibizione identitaria dei cristiani, come contraltare a quanto emerso in questi anni con l'islamofobia o con il risorgente antisemitismo. La mancanza di libertà religiosa, come diceva Giovanni Paolo II è la cartina al tornasole delle altre libertà».

www.sentinelledelmattino.org

Cattolico_Romano
00mercoledì 17 giugno 2009 12:46
Jorge Humberto Echeverri Garro era impegnato nel distretto di Arauca

Catechista assassinato in Colombia


Bogotà, 16. La Chiesa in Colombia esprime preoccupazione per il crescente clima di violenza nel Paese, in seguito all'assassinio di un docente e catechista, Jorge Humberto Echeverri Garro, avvenuto nei giorni scorsi nel distretto di Arauca. Il Segretariato nazionale di pastorale sociale, a firma del suo direttore, monsignor Héctor Fabio Henao Gaviria, ha diffuso un comunicato nel quale condanna l'omicidio e sottolinea i rischi "per il persistente coinvolgimento della società civile nel conflitto armato, a scapito degli spazi umanitari e neutrali che la Chiesa cattolica apre in questa terra e in ogni Paese".
 
Come riferisce il comunicato, il catechista era impegnato in una riunione di pastorale sociale che verteva sui progetti della Chiesa nel distretto, promossi in collaborazione, fra l'altro, con la Caritas in Germania. Nel corso dell'incontro, improvvisamente si è presentato un gruppo di guerriglieri, che hanno colpito a morte l'uomo.
Il comunicato spiega inoltre che l'operatore pastorale "era membro della rete di docenti nell'ambito di un'altra proposta di pastorale sociale che coinvolge i centri educativi gestori di pace e convivenza".

L'assassinio di Echeverri Garro non è un gesto solitario:  lo stesso Segretariato ricorda infatti che quest'anno sono stati uccisi altri tre docenti provenienti da zone considerate "di difficile accesso".
Il testo prosegue rinnovando "il sostegno e la solidarietà della Chiesa nei confronti della popolazione che vive nel distretto di Arauca, esortandola a non cedere alla disperazione". In particolare, la comunità ecclesiale rivolge un appello ai guerriglieri "affinché i civili non vengano coinvolti negli scontri, garantendo così il rispetto dei diritti umani".

"Con fede rinnovata - conclude quindi il comunicato - la Chiesa continuerà nel suo impegno per la costruzione della pace in Colombia, accompagnando e rafforzando le persone più vulnerabili e colpite dal conflitto armato in corso nel Paese, lottando inoltre per la dignità di ogni essere umano e per fare della Colombia una terra di pace".
I vescovi della Colombia sono intervenuti in più riprese per condannare le violenze, stigmatizzando fra l'altro la pratica dei rapimenti adottata dai guerriglieri delle Farc. "La Chiesa - è evidenziato in uno dei comunicati - è stata e sarà sempre disposta a promuovere, facilitare e accompagnare tutti quei processi orientati alla costruzione di una Colombia riconciliata, dove vi sia pace e giustizia sociale". Si tratta - è specificato - di una volontà "motivata dalla nostra fede e dal nostro impegno di credenti. Ciò che ci spinge ad agire a sostegno dei fratelli sofferenti è il valore della vita, il rispetto della dignità umana e dei diritti, le esigenze evangeliche di perdono e riconciliazione e, soprattutto, la carità".

In Colombia sono diverse decine le persone tenute ancora in ostaggio dai guerriglieri. A tale proposito, i presuli "si dicono addolorati per i tanti fratelli vittime dei rapimenti, i quali, oltre a essere privati ingiustamente della libertà, sono sottomessi a trattamenti inumani e condizioni di vita che vanno contro il rispetto dei diritti umani".


(©L'Osservatore Romano - 17 giugno 2009)
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00mercoledì 17 giugno 2009 12:50

In Messico uccisi un sacerdote e due seminaristi


Città del Messico, 16. Anche in Messico si registra un altro grave atto contro religiosi:  un sacerdote, Habacuc Oregon, e due seminaristi sono stati assassinati da alcuni uomini armati. Il sacerdote e i seminaristi viaggiavano su un'auto lungo una strada di Arcelia, nel sud del Paese, quando sono stati bloccati e colpiti da pallottole. L'arcivescovo di Acapulco, Felipe Aguirre Franco, ha affermato che "i sacerdoti si stanno trasformando in ostaggi di un violento confronto".


(©L'Osservatore Romano - 17 giugno 2009)
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00giovedì 18 giugno 2009 10:01
  I vescovi rendono nota l'uccisione di un sacerdote impegnato fra i giovani

La Chiesa in Brasile colpita
dalla violenza criminale

Brasilia, 17. La Conferenza nazionale dei vescovi del Brasile (Cnbb), ha dato notizia della brutale uccisione di Padre Gisley Azevedo Gomes, della congregazione della Sacre Stimmate e consulente della pastorale giovanile nella Conferenza episcopale. Il corpo del sacerdote è stato rinvenuto nel pomeriggio di martedì 16, in prossimità Brazlândia, città satellite del Distretto Federale.
Ordinato il 29 maggio 2005, padre Gisley si è dedicato alla pastorale della gioventù con numerose e fruttuose attività, tra le quali spicca la campagna nazionale contro lo sterminio della gioventù, che ha il motto "Gioventù in marcia contro la violenza". "Purtroppo - sottolineano i presuli - è stato vittima proprio della violenza che intendeva combattere".

Il vescovi della Conferenza episcopale brasiliana, nel confidare che i responsabili del crimine siano smascherati e puniti con giustizia, ribadiscono l'urgenza che la società, in tutti i livelli di competenza, si mobiliti "per porre fine alla violenza che sta falciando tante giovani vite innocenti".
Con la preghiera i presuli esprimono il loro cordoglio e la loro solidarietà ai parenti e agli amici di Padre Gisley, "un sacerdote di frontiera, un servitore fedele alla causa del Vangelo". Così pure partecipano al dolore della Congregazione degli Estigmatinos, dei componenti della pastorale della gioventù del Brasile, della Conferenza episcopale, dei movimenti ecclesiali presenti nel Paese. "Confidando nel Vangelo che ci annuncia la resurrezione - sottolineano i presuli - crediamo fermamente che Gisley sia nella vita eterna, ospite di Nostra Signora di Aparecida nel regno del suo Figlio Gesù".

Anche i responsabili della pastorale della gioventù del Brasile hanno espresso, in una nota, il profondo dolore per la morte di padre Gisley:  "Insieme con la Conferenza nazionale dei vescovi del Brasile ribadiamo - si legge nella nota - che, purtroppo, padre Gisley è stato vittima di quella violenza che sempre ha voluto combattere e con forza e coraggio. È più che mai urgente allora affrontare con determinazione i grandi dibattiti sulla sicurezza pubblica, sollecitando le istituzioni ad interventi più efficaci e attivando un processo di sensibilizzazione in tutte le componenti sociali".

La tragedia che ha colpito la comunità ecclesiale brasiliana "ci sfida - si legge ancora nella nota - a combattere con forza e determinazione la violenza che sta costando la vita a migliaia di giovani in tutto il Paese".
L'esempio di padre Gisley, la memoria del suo impegno diventino intelligente dinamismo - evidenzia la nota - "contro le molte forme della violenza e in favore della gioventù tanto fragile e minacciata nel mondo attuale in rapida trasformazione. Le sue coraggiose parole in difesa della vita e il suo impegno per la bandiera della giustizia e della pace dovranno costituire la prassi di vita cristiana, sia pur difficile, per ognuno dei suoi figli spirituali".

L'ispirazione profetica di padre Gisley ha lasciato nella comunità cattolica del Brasile un "solco indelebile che deve poter divenire coraggioso cammino verso un futuro migliore. "Ci auguriamo - sottolinea uno dei responsabili della pastorale giovanile brasiliana - che la memoria di questo uomo coraggioso, che ha dedicato la sua vita all'evangelizzazione e alla promozione umana dei giovani, continua a tradursi in un impegno contagiante al servizio della Chiesa, della città e della società. Che il grido e l'eco del suo messaggio non sia dimenticato".


(©L'Osservatore Romano - 18 giugno 2009)
Cattolico_Romano
00sabato 4 luglio 2009 06:48
Nella provincia del Punjab a fuoco molte abitazioni

Violenze in Pakistan colpiscono i cristiani


Kasur, 3. Ancora violenze in Pakistan in un orizzonte, purtroppo, di intolleranza religiosa. Circa seicento musulmani hanno preso d'assalto, appiccando il fuoco a un centinaio di abitazioni di cristiani, il villaggio di Bahmani nel distretto di Kasur nella provincia del Punjab.
Il folto gruppo ha bruciato numerosi veicoli nelle strade, macchine e moto, e distrutto gran parte della rete elettrica del villaggio.
Dei gravi incidenti, avvenuti martedì scorso, ne riferisce la Commissione nazionale di giustizia e pace (Ncjp), organismo della Chiesa cattolica pakistana, affermando che gli attacchi hanno causato gravi danni specialmente alle abitazioni dei cristiani da cui sono stati anche rubati oggetti di valore e soldi.
Sembra che proprio i religiosi della moschea locale abbiano incitato alla violenza gli abitanti musulmani del villaggio accusando i cristiani di blasfemia.
La Commissione nazionale di giustizia e pace adombra però un disegno di conflittualità radicato e strategico che attiene a posizioni di intolleranza. Anche se non esclude possibilità di dialogo e di riconciliazione sociale.
Irfan Barkat, membro della Commissione, spiega che i disordini sono iniziati lunedì 29 giugno dopo una zuffa tra un ragazzo cristiano e uno musulmano. Quest'ultimo, Muhammad Riaz, viaggiava a bordo di una bicicletta quando ha incontrato Sardar Mashi, un cristiano di trentotto anni, il quale era alla guida di un trattore. Riaz ha intralciato il percorso al mezzo di Mashi il quale ha chiesto strada suscitando la reazione risentita del giovane musulmano.
La zuffa scoppiata tra i due è divenuta pretesto per i primi disordini dopo che Riaz, secondo fonti locali, si è rivolto a un religioso islamico del villaggio di Bahmani, il quale gli avrebbe suggerito di accusare Mashi di blasfemia.
Nella notte del 30 giugno i fedeli musulmani hanno preso d'assalto la zona del villaggio in cui vivono i cristiani.
Nell'attacco hanno preso di mira un centinaio di abitazioni appiccandovi il fuoco con il lancio di bombe molotov.
Irfan Barkat afferma che il 1° luglio un comitato composto da sei cristiani e sei musulmani della zona si è incontrato per affrontare la vicenda e negoziare la rappacificazione tra le due comunità, proponendosi di trovare, entro pochi giorni, una soluzione che possa ricomporre il tessuto della convivenza sociale.


(©L'Osservatore Romano - 4 luglio 2009)
83pico@live.it
00domenica 5 luglio 2009 00:02
A me preoccupa la persecuzione contro i cristiani presente nel bel mezzo dell'occidente, che sembra tanto "evoluto ed educato". Non si tratta di persecuzioni estreme come può succedere nei paesi meno abbienti, ma di persecuzioni soft che comunque colpiscono negativamente la psiche dei religiosi.
Ad esempio, una volta stavo seduto su una panchina con un mio amico, parlando del più e del meno. Su di un'altra panchina una ragazza ci ascoltava. Appeno ho detto che studio teologia, quella ragazza si è alzata e se n'è andata. Questa è intolleranza religiosa. Non deve essere presente in uno stato serio e sviluppato come l'Italia.
Cattolico_Romano
00domenica 5 luglio 2009 10:56
Questa intolleranza a volte è dovuta a un laicismo esasperato che vorrebbe la libertà di opinione da parte di tutti, cosa giusta, ma che alla fine per un esasperato spirito anticlericale nega questa libertà alla Chiesa e i cristiani.
Cattolico_Romano
00lunedì 6 luglio 2009 06:49
A proposito di intolleranza leggete le ultime sparate della FIFA:
www.ilgiornale.it/a.pic1?ID=363999
Cattolico_Romano
00martedì 7 luglio 2009 17:31

In Indonesia vietata alle suore l'assistenza a bimbi disabili


Jakarta, 6. La costruzione di una casa per bambini disabili è stata fermata con la forza da gruppi musulmani perché temono che essa serva per il proselitismo cristiano. La struttura, che stava sorgendo a Junrejo nella periferia di Batu, doveva accogliere bambini autistici, ritardo mentale e disabilità. La casa è stata progettata dalla Bakti luhur foundation (Blf), un'organizzazione non profit gestita da un istituto secolare femminile denominato Institut Sekulir Alma. La costruzione aveva ricevuto tutti i permessi ed era iniziata, ma i lavori sono stati fermati perché il sindaco della città, Eddy Rumpoko, ha revocato il permesso. Il giorno prima almeno mille musulmani hanno inscenato una protesta accusando l'istituto e la costruzione di essere il "fronte" di un'ondata di proselitismo.
Suor Chatarina Sulasti, dell'istituto Alma, ha negato tutte le accuse di proselitismo. "Come è possibile? La nostra presenza serve a facilitare i bambini in difficoltà e a far loro riacquistare una migliore qualità della vita. Nel curare i nostri pazienti - ha spiegato la religiosa - non facciamo alcuna preferenza, qualunque sia la loro religione. Il nostro istituto serve la gente solo per motivi umanitari e di carità".


(©L'Osservatore Romano - 6-7 luglio 2009)
Cattolico_Romano
00giovedì 9 luglio 2009 18:35
Nuovo attacco di fanatici induisti a una scuola cattolica nel Gujarat orientale

Rimborsi del Governo indiano

alle vittime di violenze anticristiane


New Delhi, 9. Il Governo federale di New Delhi ha stanziato oltre dieci milioni di dollari per risarcire le famiglie cristiane che lo scorso anno in Orissa hanno sofferto violenze e ricevuto danni per le ripetute sommosse da parte di gruppi di estremisti induisti.

L'annuncio dell'inizio della campagna governativa per i rimborsi alle vittime delle violenze è stato dato a New Delhi dal ministro degli Interni Palaniappan Chidambaram. Il piano, denominato "Central Scheme of Assistence to Victims of Terrorist and Communal Violence", prevede di fornire assistenza anche ai consanguinei delle vittime del terrorismo e della violenza



Ulteriori fondi, pari a oltre 65 milioni di dollari, sono stati invece stanziati dal fondo per gli aiuti d'emergenza di competenza del primo ministro. Parte di questa cifra verrà usata per riparare i danni provocati dagli estremisti che hanno distrutto case, chiese ed edifici d'istituzioni religiose.
L'annuncio dell'inizio della campagna per i rimborsi alle vittime è stato dato pochi giorni dopo la visita del ministro Chidambaram a diversi campi di sfollati. Durante le soste nei campi, il ministro ha avuto colloqui con alcune delle vittime di violenze a cui ha assicurato compensazioni eque. Chidambaran ha anche espresso le profonde condoglianze ai congiunti di chi è stato ucciso rassicurandoli sulla sicurezza e sulla protezione finora non sempre garantite ai familiari dagli organismi del Governo federale.

Nell'agosto del 2008 i cristiani di Kandhamal vennero attaccati da bande di estremisti indù dopo l'uccisione di un loro leader religioso fondamentalista. Nonostante che l'esecuzione dell'attentato fosse stata rivendicata da un gruppo della sinistra maoista, la violenza degli induisti provocò decine di vittime, la distruzioni di abitazioni e di chiese e la fuga di migliaia di sfollati nei campi sotto la protezione delle autorità federali. Nel corso del periodo di più intenso terrore furono attaccati conventi e anche istituti scolastici gestiti da gruppi di cristiani appartenenti a diverse confessioni.

Oltre alle cifre fornite da fonti ufficiali non sempre attendibili, un bilancio realistico degli avvenimenti mostra che nella prima fase degli attacchi ci furono più di settanta vittime, diciottomila feriti e oltre 54.000 sfollati. Alcuni leader religiosi cristiani hanno ripetutamente criticato la lentezza degli aiuti forniti delle autorità federali di New Delhi a seguito delle persecuzioni in Orissa.

La violenza integralista in India non si è ancora definitivamente esaurita anche se gli episodi di persecuzione sono diventati più sporadici. Una scuola superiore cattolica del Gujarat orientale è stata attaccata il 6 luglio da gruppi di estremisti induisti che hanno anche ferito il direttore, padre Rayappan. Il pretesto dei disordini è stato la richiesta di un'insegnante verso alcune studentesse di rimuovere dalle loro braccia una sostanza, l'henna, usata dagli induisti nel corso delle cerimonie religiose. Con questo pretesto i fanatici hanno invaso l'edificio provocando gravi danni.


(©L'Osservatore Romano - 10 luglio 2009)
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00venerdì 10 luglio 2009 14:52
In Pakistan si spera di salvare un cristiano accusato di blasfemia
KÖNIGSTEIN, giovedì, 9 luglio 2009 (ZENIT.org).- Un Vescovo pakistano spera che un comitato interreligioso risolva il caso di un giovane cristiano arrestato per blasfemia.
Il Vescovo Joseph Coutts di Faisalabad ha riferito all'associazione caritativa cattolica "Aiuto alla Chiesa che Soffre" (ACS) che un comitato composto da cristiani e musulmani sta indagando sull'accusa di aver bruciato delle pagine del Corano rivolta contro Imran Masih, di Hajwery, nella provincia del Punjab.
L'iniziativa interreligiosa segue i disordini avvenuti quando una folla di 1.000 persone, che bruciava pneumatici e chiedeva la morte di Masih, si è radunata fuori dalla prigione del distretto di Faisalabad, dove il 26enne cristiano era detenuto.
Il 3 luglio, meno di 48 ore dopo che Masih era stato accusato, la Chiesa cattolica locale ha organizzato un incontro tra esperti musulmani e cristiani a Hajwery.
Vi hanno partecipato circa 60 persone della comunità locale, inclusi presbiteri, avvocati, laici e parenti dell'accusato.
In un rapporto al Vescovo Coutts, il sacerdote locale p. Yaqub Yousaf ha scritto: "In questo incontro è stato formato un comitato per studiare il caso, preparare un resoconto affidabile e informare la polizia e il tribunale".
Il Vescovo ha espresso la propria soddisfazione per il fatto che si stiano usando questi canali per risolvere le tensioni a Hajwery.
"Sono lieto di sapere che i leader cristiani e musulmani stanno affrontando il problema insieme", ha detto ad ACS. "Questa è la strategia a cui avevo pensato per far fronte a questioni di questo tipo, che hanno un impatto emotivo".
Il Vescovo Coutts ha espresso un interesse personale per la situazione fin dall'inizio, chiedendo a p. Yousaf di tenerlo aggiorna to sugli sviluppi e supplicando di "pregare perché il problema si risolva".
Secondo p. Yousaf, da quando è avvenuto l'incidente vari giovani musulmani che vivono nella stessa strada di Masih si sono fatti avanti per confermare la sua innocenza.
Le accuse sono state lanciate il 1° luglio dopo che il giovane cristiano aveva raccolto dei fogli mentre puliva il suo negozio di frutta e verdura.
Preoccupato per l'accusa di blasfemia, ha chiesto a un negoziante vicino, musulmano, di che fogli si trattasse prima di bruciarli, visto che erano scritti in caratteri arabi.
Il vicino ha detto a Masih di bruciarli perché non erano importanti, ma non appena l'ha fatto è stato accusato di aver dato fuoco al sacro Corano.
Secondo alcune fonti è stato torturato dai membri della folla che si era riunita dopo le accuse.
P. Nisar Barkat, direttore della commissione Giustizia e Pace di Faisalabad, ha f atto visita a Masih in prigione e ha riferito che è stato picchiato anche dai poliziotti dopo il suo arresto.
Nel suo resoconto al Vescovo Coutts, p. Yousaf ha scritto che "la situazione è ora sotto controllo, ma i cristiani della zona sono ancora molto spaventati".
Il Pakistan ha subito attacchi di violenza anticristiana anche in altre zone del Punjab a giugno, quando una cinquantina di persone ha dato fuoco ad abitazioni e chiese nel villaggio di Bahmani Wala, lasciando senza casa 112 famiglie.

83pico@live.it
00sabato 11 luglio 2009 22:09
Re:
Cattolico_Romano, 06/07/2009 6.49:

A proposito di intolleranza leggete le ultime sparate della FIFA:
www.ilgiornale.it/a.pic1?ID=363999


[SM=g7550]
Non sono d'accordo. La gente deve avere la libertà di esprimere la propria religiosità, Che siamo nell'ex Unione Sovietica?!?
83pico@live.it
00sabato 11 luglio 2009 22:11
Re:
Cattolico_Romano, 07/07/2009 17.31:

In Indonesia vietata alle suore l'assistenza a bimbi disabili


Jakarta, 6. La costruzione di una casa per bambini disabili è stata fermata con la forza da gruppi musulmani perché temono che essa serva per il proselitismo cristiano. La struttura, che stava sorgendo a Junrejo nella periferia di Batu, doveva accogliere bambini autistici, ritardo mentale e disabilità. La casa è stata progettata dalla Bakti luhur foundation (Blf), un'organizzazione non profit gestita da un istituto secolare femminile denominato Institut Sekulir Alma. La costruzione aveva ricevuto tutti i permessi ed era iniziata, ma i lavori sono stati fermati perché il sindaco della città, Eddy Rumpoko, ha revocato il permesso. Il giorno prima almeno mille musulmani hanno inscenato una protesta accusando l'istituto e la costruzione di essere il "fronte" di un'ondata di proselitismo.
Suor Chatarina Sulasti, dell'istituto Alma, ha negato tutte le accuse di proselitismo. "Come è possibile? La nostra presenza serve a facilitare i bambini in difficoltà e a far loro riacquistare una migliore qualità della vita. Nel curare i nostri pazienti - ha spiegato la religiosa - non facciamo alcuna preferenza, qualunque sia la loro religione. Il nostro istituto serve la gente solo per motivi umanitari e di carità".


(©L'Osservatore Romano - 6-7 luglio 2009)


Anche qua non ci siamo...non si può fare proselitismo? Il proselitismo è lecitissimo, basta non offendere l'altrui religiosità!
Jon Konneri
00lunedì 13 luglio 2009 15:56
Re: Re:
83pico@live.it, 11/07/2009 22.09:


[SM=g7550]
Non sono d'accordo. La gente deve avere la libertà di esprimere la propria religiosità, Che siamo nell'ex Unione Sovietica?!?



Se non sbaglio il compito che ci ha lasciato Gesù era quello di predicare il suo vangelo ? carrissimo non lasciarti trasportare dalle idee di questo mondo , il nostro compito è quello di portare la buona novella a tutti anche se loro sono contrari è non ci ascoltano , l'importante è che abbiamo svolto il nostro compito d'avanti a Dio .
Cattolico_Romano
00martedì 14 luglio 2009 12:50
La vicinanza del Papa alle comunità colpite

Morti e feriti a Baghdad in una serie di attacchi a chiese cristiane




Baghdad, 13. La violenza è tornata a colpire le chiese cristiane in Iraq. In una serie di attentati, compiuti fra sabato e domenica a Baghdad, sono morte quattro persone che si trovavano nelle vicinanze dei luoghi di culto e altre trentadue sono rimaste ferite, alcune in modo grave. Otto - secondo fonti ecclesiastiche - le chiese davanti alle quali sono stati fatti esplodere gli ordigni. Gli attentatori hanno agito con l'intenzione di colpire i fedeli:  quasi tutte le deflagrazioni si sono infatti verificate in coincidenza con la fine delle funzioni religiose. L'episodio più grave - riferito dall'agenzia France Presse - è avvenuto domenica pomeriggio nei pressi della chiesa caldea di Notre-Dame, in Palestine Street, a Baghdad est:  lo scoppio di un'autobomba ha provocato quattro morti - due dei quali certamente cristiani - e ventuno feriti, tra i quali quindici fedeli.
In un messaggio, a firma del cardinale Tarcisio Bertone, segretario di Stato, inviato al cardinale Emmanuel iii Delly, Patriarca di Babilonia dei Caldei, Benedetto XVI assicura la sua preghiera e la sua vicinanza spirituale alle comunità cattolica e ortodossa della capitale irachena. Il Papa - si legge nel messaggio - "prega per una conversione del cuore degli autori della violenza e incoraggia le autorità a fare tutto il possibile per promuovere una coesistenza giusta e pacifica di tutti i settori della popolazione irachena".

Domenica alcuni ordigni sono esplosi davanti ad altre tre chiese cristiane della capitale, due nel quartiere di al-Karrada, il terzo in quello di al-Ghadeer. Una delle bombe ha causato il ferimento di almeno undici persone. Gli ordigni erano stati collocati in scatole di cartone e lasciati davanti ai cancelli di ingresso delle chiese. L'emittente televisiva "Cnn" ha riferito di un altro attentato, sabato sera, sempre a Baghdad, contro la chiesa caldea di Saint Joseph, a Nafak, che non ha provocato alcuna vittima. Oltre a Notre-Dame e a Saint Joseph, sono state colpite - secondo l'agenzia AsiaNews - le chiese di San Giorgio, del Sacro Cuore, di San Giacomo, di San Pietro e Paolo (siro-ortodossa) e di Santa Maria (assira).
Nelle prime ore di oggi, al centro di Mossul, l'ennesima esplosione:  tre bambini - riferisce l'agenzia Efe - sono stati feriti dallo scoppio di una bomba collocata tra una chiesa e una moschea.

Questa serie di attacchi sopraggiunge meno di due settimane dopo il ritiro delle forze statunitensi dalle città del Paese. Il numero delle violenze, negli ultimi mesi, ha fatto registrare una sensibile diminuzione ma gli attentati restano un dramma quotidiano, soprattutto a Baghdad, a Mossul e a Kirkuk, dove è ancora concentrata gran parte dei cristiani. Dalla caduta del regime di Saddam Hussein le comunità cristiane dell'Iraq sono state oggetto di una serie numerosa di attacchi. I più gravi hanno avuto luogo nell'agosto del 2004, con quattro attentati a Baghdad e due a Mossul (nel nord del Paese):  ci furono dieci morti e cinquanta feriti. Tra le chiese colpite, anche quella di Saint Joseph. Il 16 ottobre dello stesso anno, nell'arco di due ore, vennero messi a segno cinque attacchi contro altrettanti luoghi di culto nell'area di Baghdad. Gli attentati non provocarono vittime ma danneggiarono gravemente alcuni degli edifici.

Negli anni del regime di Saddam Hussein, i cristiani in Iraq godevano di sicurezza e di una relativa libertà, tanto che alcuni di loro arrivarono anche ad avere incarichi importanti, come il vicepremier Tareq Aziz. Prima dell'invasione americana dell'aprile 2003 si stimava che fossero circa ottocentomila, sparsi in tutto il Paese. Oggi, secondo varie stime, sarebbero circa cinquecentomila. Molti di essi, per sfuggire alle persecuzioni, sono stati costretti ad abbandonare l'Iraq trovando rifugio nelle nazioni vicine o in altri continenti. Città-simbolo di questa persecuzione è Mossul, nell'Iraq settentrionale, dove, finita la guerra, sono cominciati gli attacchi indiscriminati. Vittima dell'odio anche l'arcivescovo di Mossul dei Caldei, Paulos Faraj Rahho, trovato morto il 12 marzo 2008 dopo essere stato rapito, giorni prima, da un commando di uomini armati mentre usciva dalla chiesa di Santo Spirito.

L'anno scorso sono state migliaia le famiglie cristiane costrette ad andarsene da Mossul. Una fuga per la quale Benedetto XVI ha espresso più volte "allarme e grande sofferenza". E durante il suo recente pellegrinaggio in Terra Santa, il Papa è tornato a sostenere il riconoscimento dei "diritti fondamentali a una coesistenza pacifica" dei cristiani in Iraq.

Le autorità irachene e i rappresentanti religiosi - che pure, nei giorni scorsi, avevano sottolineato con gioia il ritorno a un clima apparentemente più sereno - temono che gli attentati delle ultime ore possano scatenare una nuova ondata di violenza settaria nel Paese. "Siamo dispiaciuti per ciò che sta accadendo in Iraq - ha affermato, in una dichiarazione diffusa nella notte dalla televisione irachena, il cardinale Delly - perché sono oggi obiettivo degli attentati luoghi che, in passato, come durante la guerra, servivano da rifugio per cristiani e musulmani". Il porporato ha condannato gli attacchi contro le chiese cristiane e le moschee e ha lanciato un appello a mantenere lo "spirito di tolleranza".


(©L'Osservatore Romano - 13-14 luglio 2009)
Cattolico_Romano
00lunedì 27 luglio 2009 06:48
La richiesta per il 23 agosto avanzata da un forum ecumenico presieduto dall'arcivescovo Cheenath

In Orissa una giornata per la pace e l'armonia


Bhubaneswar, 25. Una festa non solo per l'Orissa ma per tutta l'India, nonostante le sofferenze inferte alla comunità cristiana, nonostante le continue provocazioni, nonostante talvolta lo scoramento. Nonostante tutto. A un anno dall'avvio dell'ultima cruenta ondata di violenza, coincisa con l'uccisione dello swami Laxamananda Saraswati, un leader indù, i cristiani chiedono che il 23 agosto sia celebrata in Orissa la giornata per la pace e l'armonia. La proposta, avanzata alle autorità civili, è il frutto dell'impegno di un forum ecumenico presieduto dall'arcivescovo di Cuttack-Bhubaneswar, Raphael Cheenath. In un comunicato dell'organismo si afferma che "la pace e l'armonia sono state spezzate dall'orribile omicidio dello swami, in seguito al quale sono esplose le violenze contro uomini, donne e bambini nel distretto di Kandhamal e in tutta l'Orissa. I criminali hanno macchiato l'immagine dell'Orissa e dell'India agli occhi della comunità internazionale".



Il comunicato sottolinea altresí che "i cristiani aspettano con pazienza che i veri colpevoli siano puniti in base alla legge" ma che è altrettanto importante che "simili eventi non abbiano a ripetersi" e, per questo, è aggiunto "è necessario indire il 23 agosto come giorno di pace e armonia, affinché i piani diabolici dei criminali di dividere la società su basi religiose siano fermati". "Dobbiamo - è aggiunto - perdonare e dimenticare il passato e costruire una forte e integrata società civile che non sia devastata dai piani dei criminali".

Il forum, cui aderiscono anche il leader delle minoranze in Orissa, Swarupananda Patra e il portavoce dell'Utkal Christian Council, Bibhudata Das, ha peraltro proposto un piano che tocca vari punti per "sradicare la campagna di odio e violenza dalla pacifica Orissa". Oltre all'indizione della giornata di pace, per la quale si chiede il sostegno del Governo e della comunità internazionale e, in particolare, delle Nazioni Unite, si richiama la società civile al valore dell'unità, per combattere i piani che promuovono discordia e divisioni. Inoltre si sollecita il Governo a garantire la necessaria sicurezza alle minoranze e a estendere la protezione anche agli swami, ai loro seguaci e agli ashram, perché le violenze contro i leader indù sono utilizzare come pretesto dai criminali per colpire le minoranze.

Il forum non manca poi di evidenziare la drammatica condizione dei numerosi rifugiati che vivono ancora nei campi di soccorso allestiti dal Governo, soprattutto nella zona di Kandhamal. L'arcivescovo Cheenath esorta dunque l'autorità statale a intraprendere le necessarie misure per assistere in maniera adeguata i rifugiati che hanno paura di tornare nei loro villaggi a causa del persistere delle minacce da parte degli estremisti indù.

"Vogliamo dare a tutti gli uomini di buona volontà - afferma l'arcivescovo - un messaggio positivo, di perdono e riconciliazione, per costruire insieme una società pacifica, giusta e fraterna". "Uniamoci - è l'invito conclusivo del presule - per la pace e l'armonia nello Stato dell'Orissa e in tutta l'India".
In Orissa, come in altri Stati dell'India, pur non essendosi più manifestate ondate di violenza a danno dei cristiani, si registrano tuttavia isolati ma ripetuti episodi di aggressioni e minacce. La tensione quindi non si è affievolita ed è accompagnata dallo sconforto soprattutto in coloro che ancora vivono nei campi per i rifugiati. Il recente report provvisorio della commissione investigativa del Governo dell'Orissa sulle violenze è stato accolto con delusione da parte della comunità cristiana. L'arcivescovo Cheenath per l'occasione aveva dichiarato che "non serve un'indagine per conoscere meglio la verità, ma serve l'intenzione politica di attuare ciò che dice la Costituzione indiana e la legge". Il presule ha ricordato che "la Chiesa è una vittima delle violenze" e che né lui né la comunità cristiana sono stati consultati per la pubblicazione del rapporto provvisorio. Per l'arcivescovo "le indagini svolte in questo modo rischiano di tramutarsi in una perdita di tempo e di giustificare la penosa tendenza a evitare di fare i nomi dei colpevoli e arrestarli subito".

Intanto, come riferito nell'edizione di ieri de "L'Osservatore Romano", altre due persone, un giovane e sua moglie, entrambi seguaci del partito comunista-maoista, si sono costituti alla polizia ammettendo il coinvolgimento nell'assassinio dello swami Laxamananda Saraswati, della cui morte sono ancora falsamente accusati i cristiani. Precedentemente tre persone, due uomini e una donna, sempre seguaci del partito, si erano presentati spontaneamente alla polizia ammettendo anche loro il coinvolgimento nell'omicidio. Ora  però la comunità cristiana attende che questo capitolo che la vede implicata ingiustamente nell'uccisione dello swami sia chiuso in maniera definitiva.


(©L'Osservatore Romano - 26 luglio 2009)
Cattolico_Romano
00lunedì 27 luglio 2009 07:01
Distribuiva Bibbie

Distribuiva Bibbie. Giustiziata in Nord Corea

Internati in un lager il marito e i tre figli. Il regime: «Spia al soldo di Usa e Seul»
DAL NOSTRO INVIATO Paolo Salom

PECHINO — La legge appli­cata in Corea del Nord: una donna, madre di famiglia, è sta­ta giustiziata pubblicamente per avere «distribuito Bibbie», libri tabù nell’ultimo regno co­munista del pianeta. La notizia è stata diffusa da attivisti su­dcoreani che hanno spiegato come Ri Hyon-ok, 33 anni, sia stata anche accusata di essere una spia «al soldo degli Usa e della Corea del Sud» e di aver incitato il «popolo alla sovver­sione ». Suo marito e i tre figli, il giorno dopo l’esecuzione, av­venuta il 16 giugno, sarebbero stati spediti in un campo di de­tenzione vicino alla città di Ho­eryong, presso la frontiera con la Cina. Difficile che riescano a ritornare a casa loro: le condi­zioni di vita in questi lager so­no spaventose. In Corea del Nord, quando qualcuno viene accusato di misfatti «controri­voluzionari », tutti i familiari più stretti in qualche modo ne condividono la sorte, secondo il principio che è il clan colpe­vole del comportamento sba­gliato del singolo. La relazione degli attivisti pubblicata a Seul cita documen­ti non identificati ottenuti dal­la Corea del Nord, nei quali compare anche la foto della car­ta d’identità di Ri emessa dal governo nordcoreano. È impos­sibile verificare la notizia, dal momento che nessuno ha ac­cesso diretto a informazioni in Nord Corea. Ma non deve sor­prendere la severità della con­danna: il regime punisce con la morte una grande varietà di «reati», dall’omicidio alla distri­buzione di film stranieri. Per quanto ufficialmente la profes­sione della fede cristiana non sia vietata dalla legge, e Pyong­yang abbia autorizzato l’apertu­ra di tre chiese «statali» (una cattolica e due protestanti), di fatto nessun suddito del Caro Leader può pensare di entrare in un simile luogo di culto, ri­servato in realtà alla striminzi­ta comunità straniera.

Ciononostante, in Corea del Nord pare si trovino almeno 30 mila cristiani «occulti», che praticano la loro fede segreta­mente, nelle nuove «catacom­be » del Ventunesimo secolo. Tuttavia, ogni tanto qualche «li­gio cittadino» si insospettisce. E allora gli sgherri di Kim Jong-il colpiscono: basta il pos­sesso di una Bibbia per affron­tare una sicura condanna alla pena capitale. «La Corea del Nord — spiega l’attivista Do Hee-youn — considera che i cristiani siano una minaccia po­tenziale per il regime». La Com­missione d’inchiesta sui crimi­ni contro l’umanità, con sede a Seul, ha raccontato anche un al­tro episodio raccapricciante. Gli agenti della polizia politica, di recente, hanno arrestato una cristiana, Seo Kum-ok, 30 anni in una città vicino a Ryon­gchon. Dopo averla torturata, l’hanno accusata di essere una spia pronta a rivelare i segreti nucleari della Corea del Nord. A chi? È chiaro: agli Usa e alla Corea del Sud. Suo marito è sta­to ugualmente arrestato, men­tre i due figli sono scomparsi: nessuno sa dove si trovino.

La Commissione sta cercan­do di redigere un rapporto da sottoporre alla Corte penale in­ternazionale per chiedere «l’in­criminazione di Kim Jong-il». Per l’Ong sudcoreana, il Caro Leader «non può essere al­l’oscuro di tutti gli omicidi, gli arresti e le condanne ai lavori forzati» commessi in suo no­me: il suo potere, a Pyongyang, è assoluto.

Tratto da Il Corriere 25-07-2009
Cattolico_Romano
00mercoledì 29 luglio 2009 07:59
Nel nord del Paese riprendono gli attacchi di matrice fondamentalista islamica

Una chiesa data alle fiamme nei nuovi scontri in Nigeria




Bauchi, 28. Anche una chiesa è stata data alle fiamme nei disordini di matrice fondamentalista islamica riesplosa nelle ultime ore nel nord della Nigeria. A meno di otto mesi dalle violenze che provocarono centinaia di morti a Jos, sono almeno altre centocinquanta le vittime registrate tra sabato e ieri negli Stati settentrionali nigeriani di Yono, Kano, Bauchi e Borno. In quest'ultimo è stata appunto incendiata una chiesa a Gamboru-Ngala.
Le tensioni non hanno abbandonato dunque il nord della Nigeria. Riportiamo di seguito un elenco in ordine cronologico dei principali episodi di violenza religiosa ed etnica in Nigeria, Paese costituito da almeno duecento gruppi etnici e diviso circa a metà tra musulmani e cristiani.
Nel 2000 migliaia di persone sono state uccise nel nord della Nigeria quando non musulmani, contrari all'introduzione della legge della sharia islamica, combattevano contro i musulmani che ne chiedono l'applicazione nello Stato settentrionale di Kaduna.
Nel settembre 2001, la violenza divampò dopo le preghiere dei musulmani a Jos. Vennero incendiate chiese e moschee. Secondo la relazione presentata nel 2002 da una commissione istituita dal Governo dello Stato di Plateau, negli scontri rimasero uccise almeno 915 persone.
Nel novembre 2002 almeno 215 persone morirono nei disordini scoppiati nella città settentrionale di Kaduna in seguito a un articolo che scherniva il profeta Maometto.
Nel maggio 2004 centinaia di persone, per la maggior parte Fulani musulmani, furono uccisi dalla milizia Tarok nella città di Yelwa, nella Nigeria centrale. I sopravvissuti raccontarono di aver seppellito 630 cadaveri. La polizia parlò di "centinaia di persone" uccise.
Più tardi, in questo stesso mese, alcuni militanti musulmani e cristiani si confrontarono in maniera cruenta nelle strade della città settentrionale di Kano. I leader della comunità cristiana affermarono che vennero uccise circa seicento persone, per la maggior parte cristiani, nei due giorni di sommosse da parte dei musulmani.
Nel febbraio 2006 ci furono 157 morti in una settimana di sommosse. Le violenze iniziarono nella città nord-orientale di Maiduguri, quando la protesta musulmana contro alcune vignette satiriche sul profeta Maometto sfuggì di mano. Seguirono al sud diversi attacchi per vendetta.
Nel novembre 2008 scontri tra bande scatenate da una contestata elezione alla presidenza del Governo locale, provocarono la morte di almeno 400 persone nella città centrale di Jos. In quella circostanza alcune chiese e moschee vennero date alla fiamme.
Il 22 febbraio 2009, un giorno dopo gli scontri nei quali rimasero uccise 11 persone, il governatore dello Stato di Bauchi impose il coprifuoco notturno alla città. Negli scontri almeno 28 persone rimasero gravemente ferite e molte abitazioni , chiese e moschee vennero date alle fiamme.
Nel luglio 2009 Boko haram, che significa "educazione illegale", dopo l'arresto di alcuni suoi membri, perpetrò degli attacchi nella città nord-orientale di Bauchi. Vennero uccise oltre cinquanta persone e compiuti più di 100 arresti, il che spinse il governatore dello Stato di Bauchi a imporre il coprifuoco notturno nella capitale della regione. Boko haram, che si oppone all'educazione occidentale ed esige che venga adottata la sharia in tutta la Nigeria, minacciò di compiere ulteriori attacchi contro le forze di sicurezza.
Nel  febbraio  di  quest'anno  Benedetto XVI aveva ricevuto i presuli della Conferenza episcopale della Nigeria in visita ad limina.
"L'immagine meravigliosa - sono parole del Papa - della Gerusalemme Celeste, la riunione di innumerevoli uomini e donne di ogni tribù, lingua, popolo e nazione redenti dal Sangue di Cristo, vi incoraggi ad affrontare la sfida del conflitto etnico laddove è presente, anche in seno alla Chiesa! Esprimo il mio apprezzamento per quanti di voi hanno accettato una missione pastorale al di fuori dei confini del proprio gruppo linguistico o regionale e ringrazio i sacerdoti e le persone che vi hanno accolto e sostenuto. La vostra disponibilità ad adattarvi agli altri è un segno eloquente del fatto che, quale nuova famiglia di tutti coloro che credono in Cristo nella Chiesa non c'è posto per alcun tipo di divisione".
Benedetto XVI sottolineò l'importante servizio reso alla Nazione dai presuli nigeriani:  "Avete mostrato - disse - impegno nel dialogo fra le religioni, in particolare con l'islam. Con pazienza e perseveranza si instaurano forti rapporti di rispetto, amicizia e cooperazione concreta con i membri di altre religioni. Grazie ai vostri sforzi di promotori di buona volontà intelligenti e instancabili, la Chiesa diverrà un segno e uno strumento più chiari di comunione con Dio e dell' unità con l'intera razza umana".
Il Papa rivolse altresì parole di apprezzamento per l'impegno dei vescovi nigeriani a trarre dai principi cattolici analisi illuminanti e anche prassi per tentare di risolvere gli attuali, difficili problemi nazionali.
"La legge naturale - sottolineò - inscritta dal Creatore nel cuore di ogni essere umano e il Vangelo, correttamente compreso e applicato alle realtà politiche e civili, non riducono in alcun modo la gamma di valide opzioni politiche. Al contrario, costituiscono una garanzia per tutti i cittadini di una vita di libertà, con rispetto per la loro dignità di persone e tutela dalla manipolazione ideologica e dall'abuso basati sulla legge del più forte".
"Con fiducia nel Signore, continuate - sono queste le parole conclusive del discorso del Papa ai vescovi nigeriani - a esercitare la vostra autorità episcopale nella lotta contro la corruzione e le pratiche ingiuste e contro tutte le cause e le forme di discriminazione e di criminalità, in particolare il trattamento degradante delle donne e il deplorevole fenomeno dei rapimenti. Promuovendo la dottrina sociale cattolica offrite un contributo leale al vostro Paese e promuovete il consolidamento di un ordine nazionale basato sulla solidarietà e su una cultura dei diritti umani".
Intanto il presidente della Conferenza episcopale tedesca (Dbk), monsignor Robert Zollitsch, arcivescovo di Freiburg im Breisgau, sarà in Nigeria dal 26 agosto al 5 settembre per "rafforzare l'impegno nell'ambito della Chiesa universale e per sostenere la Chiesa locale".
Nel comunicato diffuso dai vescovi tedeschi sono stati annunciati i colloqui con rappresentanti della Chiesa nigeriana, politici e rappresentanti di altre religioni, in cui verranno discusse le sfide che la Chiesa deve affrontare a causa del crescente fondamentalismo religioso, per superare l'ingiustizia sociale e valutare l'impegno della Chiesa per la pace. I vescovi tedeschi vogliono cogliere l'occasione per approfondire le buone relazioni con la Chiesa nigeriana e sostenere l'impegno ecclesiale per la costruzione di una società senza violenza. L'ultimo presidente della Conferenza episcopale tedesca a visitare l'Africa, nel 1995, fu il cardinale Karl Lehmann.



(©L'Osservatore Romano - 29 luglio 2009)
Cattolico_Romano
00sabato 1 agosto 2009 07:54
  Nello Stato dell'India agiscono da tempo estremisti indù

Sacerdote morto nel Karnataka

Si teme la violenza anticristiana


                                                                       

Bangalore, 31. Un sacerdote cattolico, padre James Mukalel, è stato trovato morto lungo una strada, ieri, nei pressi della città di Bangalore, capoluogo dello Stato del Karnataka, in India. Ancora non chiare restano, per il momento, le dinamiche del fatto, anche se si teme che il religioso possa essere stato ucciso. Il Karnataka è infatti, assieme all'Orissa, una delle aree del Paese asiatico dove maggiormente si scatenano le violenze anticristiane.

Il corpo del religioso, che comunque non presenta ferite ma reca segni visibili di soffocamento, è stato trovato lungo una strada del villaggio di Thottathady, accanto al motociclo che utilizzava per i suoi spostamenti. Secondo una prima ricostruzione, padre Mukalel, sarebbe morto mentre stava tornando nella sua parrocchia, dopo aver celebrato un rito funebre e visitato un gruppo di famiglie.

Il religioso operava nella diocesi siro-malabarese di Belthangady. Il vescovo Lawrence Mukkuzhy ha affermato che padre Mukalel "era molto amato dai parrocchiani e dalla popolazione della zona. Era una persona buona e non aveva nemici. Era inoltre un missionario zelante e altruista, serviva persone di qualsiasi religione". Il presule ha anche aggiunto che per ora esclude che il sacerdote possa essere stato ucciso a scopo di rapina:  "Non possiamo capire il perché qualcuno lo possa aver ucciso - ha spiegato - ma una cosa è sicura, certamente non si tratta di una rapina". "La polizia sta indagando sulla vicenda - specifica il direttore dell'ufficio diocesano per la pastorale sociale, padre Thomas Kannankal - perché lo scorso anno sono state registrate nelle diocesi di Belthangady alcune violenze contro i cristiani".

La comunità ecclesiale ha detto "di sentirsi scioccata per quanto avvenuto". Il 3 agosto nella diocesi di Belthangady si aprirà fra l'altro un congresso missionario. "Il sangue di padre Mukalel - ha affermato il vescovo - non sarà versato invano. Il suo sangue servirà alla Chiesa e alla missione in India. Noi preghiamo per la giustizia e la sua protezione".

Il Global Council of Indian Christians (Gcic) ha chiesto di aprire un'inchiesta sulla morte del sacerdote e sugli attacchi ai cristiani nel Karnataka.

Lo Stato del Karnataka ha una forte presenza cristiana tra la popolazione. I religiosi sono presi di mira dagli estremisti indù i quali li accusano di fare proselitismo. Nel passato si sono verificati diversi episodi di oltraggi nei confronti dei missionari. Un gruppo di fanatici indù, per esempio, alcuni anni fa colpirono, ferendolo, un sacerdote carmelitano, padre Sylvester Pereira e altri quattro cristiani che erano assieme a lui, mentre si trovavano all'interno di un ospedale in attesa di una visita medica.

Diversi, inoltre, sono stati gli attacchi ai luoghi di culto. Nel 2008, per esempio, in Karnataka, una ventina tra chiese e abitazioni di cristiani, tra cui un monastero di suore, sono stati attaccati da un gruppo di militanti indù del movimento fondamentalista Bajrang Dal.

Da tempo il Global Council of Indian Christians (Gcic) denuncia la preoccupante violenza anticristiana nello Stato. In un rapporto dell'organizzazione si rileva fra l'altro che "si è diffuso un clima di impunità verso ogni atto compiuto in nome dell'ideologia dell'hindutva". La comunità cristiana chiede dunque alle autorità di essere adeguatamente protetta. Il vescovo di Shimoga, Gerald Isaac Lobo, ha rilevato che "è tragico che non si faccia nulla per la sicurezza dei cittadini cristiani. Gli estremisti indù ci rivolgono continuamente false accuse di voler convertire la gente meno colta". "In alcuni villaggi rurali - aggiunge - gli estremisti indù vanno di casa in casa avvertendo le persone contro i missionari, dicendo che il nostro lavoro sociale è solo un modo per ingannarli e convertirli". "Al contrario - conclude il presule - il censimento pubblico del 2001 mostra che i cristiani sono diminuiti".

I cristiani sono scesi anche nelle strade e nelle piazze per manifestare contro le violenze. In una nota del Gcic si denuncia che "in molte aree agricole i missionari sono percossi con regolarità,  gli  incontri  di  preghiera sono interrotti e i manufatti danneggiati".



(©L'Osservatore Romano - 1 agosto 2009)
Cattolico_Romano
00domenica 2 agosto 2009 07:29
Folla di musulmani ha distrutto case e chiese con l'accusa di blasfemia

Nuove violenze in Pakistan

Attaccato un villaggio di cristiani


                                                      

Islamabad, 1. L'accusa di blasfemia nei confronti di una famiglia ha scatenato in Pakistan un violento attacco nei confronti della comunità cristiana. È accaduto nella provincia del Punjab, dove un intero villaggio, quello di Korian, è stato devastato dopo un raid condotto da migliaia di musulmani:  una sessantina di abitazioni e due chiese sono state distrutte, mentre un centinaio di famiglie sono state costrette alla fuga. Durante l'attacco al villaggio, fortunatamente, non ci sono stati morti.

La folla inferocita degli assalitori ha fra l'altro bloccato le strade d'ingresso al villaggio per diverse ore, impedendo in tal modo alla polizia e ai mezzi di soccorso dei pompieri di accedere in zona.

Il pretesto per l'attacco è stato il ritrovamento nei pressi di una casa di alcune pagine di un testo contenenti iscrizioni islamiche. I cristiani che abitavano nella dimora sono stati accusati di dissacrazione. A nulla sono servite le spiegazioni e le scuse della famiglia che ha escluso qualsiasi volontà di offendere l'altrui religione. Successivamente, la comunità musulmana riunitasi ha decretato l'accusa di blasfemia nei confronti di Maometto che comporta in Pakistan la sentenza di morte e di blasfemia nei confronti del Corano che, invece, è punibile con il carcere a vita. Mosse dal furore, migliaia di persone si sono quindi dirette verso il villaggio con l'obiettivo di cancellare ogni traccia della presenza cristiana. Oltre ad aver devastato le case e le chiese, i musulmani hanno fatto razzia di ogni bene appartenente alle famiglie, compresi i capi di bestiame.

La Chiesa cattolica chiede alle autorità di investigare. "Non si può che piangere dopo la scia di distruzione. L'attacco - afferma padre Aftab James Paul, responsabile dell'ufficio per il dialogo interreligioso della diocesi di Faisalabad - è un altro esempio di ostilità a cui è stato dato un colore religioso. Domanderemo alla polizia di arrestare i colpevoli".
Il governatore del Punjab, Shahbaz Sharif, ha condannato l'episodio e ha espresso altresì dispiacere per la distruzione delle abitazioni e il furto del bestiame. Il governatore ha anche sollecitato le autorità di sicurezza a garantire il controllo del territorio.

Il Pakistan è una delle nazioni dove si concentra maggiormente l'estremismo islamico e dove la sopravvivenza dei cristiani è resa difficile da continue violenze. I cristiani sono poco più di tre milioni su una popolazione di oltre centosessanta e rappresentano la minoranza religiosa più numerosa nel Paese. Dopo l'11 settembre 2001, data del crollo delle Torri gemelle a New York, l'intolleranza nei confronti della comunità cristiana è andata via via aumentando, provocando una lunga serie di episodi di violenza. Alla fine di giugno per esempio, sempre nel Punjab, una folla di circa seicento musulmani ha preso d'assalto le case di cristiani nel villaggio di Bahmani. Anche in quel caso, i leader della moschea locale hanno incitato alla violenza gli abitanti musulmani del villaggio accusando i cristiani di blasfemia.

La Commissione nazionale di giustizia e pace (Ncjp) della Chiesa cattolica in Pakistan rileva che è in atto un disegno di conflittualità radicato e strategico che attiene a posizioni d'intolleranza, anche se non si esclude la possibilità del dialogo e della riconciliazione. L'organismo ha peraltro ribadito al Governo pakistano la richiesta di tutelare e proteggere le minoranze religiose, che non possono - si specifica - essere terrorizzate, minacciate e assalite senza che l'autorità governativa intervenga. La Commissione ha fra l'altro posto l'accento sulle legge sulla blasfemia che viene spesso strumentalizzata per colpire le minoranze.

Nonostante la forte tensione che si vive nel Paese, le organizzazioni di soccorso in Pakistan, soprattutto per l'assistenza ai rifugiati della valle dello Swat, mantengono il loro impegno. Il segretario esecutivo della Ncjp, Peter Jacob, sottolinea che "c'è una situazione generale che desta preoccupazione. Il Pakistan sta vivendo una fase di transizione nel processo di democratizzazione.  Ma  questa  situazione  non ci impedisce di proseguire la nostra opera".



(©L'Osservatore Romano - 2 agosto 2009)
Cattolico_Romano
00domenica 2 agosto 2009 07:30
Una nota sui sanguinosi disordini provocati da un gruppo islamico nel nord-est del Paese

La Chiesa cattolica in Nigeria contro il fondamentalismo religioso


                                                                    

Abuja, 1. Il Segretariato cattolico della Nigeria condanna "qualsiasi movimento religioso che sovverta il progresso compiuto nell'educazione e nella tecnologia" nel Paese e che "si opponga alla legge e all'ordine". Perché una "caduta nel fanatismo religioso distruggerebbe la nostra pace e stabilità nazionale". In una dichiarazione a firma di padre Louis Odudu, vicesegretario generale dell'organismo in seno alla Conferenza dei vescovi cattolici della Nigeria, si sottolinea che il dialogo è "una componente fondamentale della pratica religiosa" e si esortano i leader del gruppo fondamentalista islamico Boko Haram - responsabile dei gravi disordini nel nord-est del Paese che in pochi giorni hanno provocato seicento morti - ad "adottare un approccio produttivo alla loro pratica religiosa per dare onore e gloria a Dio onnipotente".
Nel documento - del quale l'agenzia Zenit pubblica una sintesi - il Segretariato cattolico auspica, dopo la strage, "un nuovo inizio privo di odio e di ogni forma di fondamentalismo religioso"; questo è "un imperativo per la ripresa sociale ed economica della Nigeria". I religiosi - spiega Odudu - devono "sostenersi a vicenda e contribuire alla crescita e allo sviluppo della nazione basandosi sul rispetto reciproco e sull'interesse per il futuro"; inoltre hanno il dovere di modellare la propria vita quotidiana "per riflettere il grande insegnamento di Cristo che è venuto perché gli esseri umani avessero la vita e l'avessero in abbondanza. Le nostre tradizioni religiose - si legge ancora nel documento - ci chiedono di abbracciare i valori moderni e di fare nostri quelli che contribuiscono a servire meglio l'Onnipotente e ad assicurare una migliore qualità di vita per gli esseri umani".
Padre Odudu, rivolgendosi ai membri del movimento Boko Haram (letteralmente "l'istruzione è peccato"), insiste sull'importanza del dialogo:  "Bisognerebbe sottolineare - scrive il sacerdote - che i pilastri fondamentali di qualsiasi religione includono i principi di giustizia e progresso, tolleranza e dignità per tutti gli esseri umani. Ciò obbliga gli aderenti alle confessioni religiose a essere sufficientemente aperti e ad adottare un atteggiamento di rispetto nei confronti delle culture, arricchendo allo stesso tempo le proprie tradizioni con i valori e i progressi sociali contemporanei". Del resto, l'educazione e le moderne civiltà "non precludono un'ardente devozione religiosa", e lo stesso islam - afferma Odudu - "ha spianato la strada al Rinascimento e all'Illuminismo in Europa".
L'insurrezione nel nord-est della Nigeria, che si è conclusa con l'uccisione del capo del Boko Haram, Mohammed Yussuf, non è nuova in un Paese dove i musulmani sono la maggioranza (circa il 43 per cento della popolazione), con sacche radicate di estremismo islamico. Soprattutto a partire dal 1960, anno dell'indipendenza, la Nigeria ha conosciuto numerose rivolte organizzate da gruppi fondamentalisti, sempre soffocate dall'esercito. In particolare il Boko Haram - composto essenzialmente da giovani che hanno abbandonato gli studi - esisterebbe dal 1995, anche se il movimento avrebbe assunto questo nome e cominciato a operare nel 2002 a Maiduguri, capoluogo del Borno, Stato considerato la culla della dottrina islamica in Nigeria e teatro dei sanguinosi scontri dei giorni scorsi.
Il Segretariato cattolico della Nigeria esorta lo Stato a prendere misure urgenti per porre sotto stretto controllo questa pericolosa militanza religiosa:  "Chiediamo al Governo e a ogni cittadino nigeriano - è scritto nella dichiarazione resa nota da Zenit - di assumersi la responsabilità della pace e della riconciliazione nel Paese. Le cause della nascita del Boko Haram, come di altre manifestazioni di violenza e ostilità in Nigeria, possono essere trovate nella crescente povertà", la quale va sconfitta per "superare le frustrazioni personali e comunitarie e la disoccupazione giovanile che minano la maggior parte degli sforzi per la pace, la giustizia e la riconciliazione nel nostro Paese".
Il documento si conclude con un appello ai nigeriani, a "continuare a fare propria la cultura della pace e della tolleranza", a "impedire che individui avidi li usino per minare l'unità nazionale promuovendo ideali egoistici", a "non smettere di pregare per la pace e per la ripresa sociale ed economica del nostro amato Paese". Con l'invocazione a Dio affinché garantisca ai rappresentanti delle istituzioni "la grazia della visione per la pace e i principi della leadership basata sul servizio".



(©L'Osservatore Romano - 2 agosto 2009)
Cattolico_Romano
00venerdì 7 agosto 2009 13:46
Gruppi islamici continuano a lanciare accuse di blasfemia

Non si placa la tensione in Pakistan

Altre minacce ai cristiani




Islamabad, 6. Non si placa la tensione in Pakistan dopo gli attacchi dello scorso fine settimana nei villaggi di Korian e Gojra:  i rappresentanti di alcuni gruppi islamici, ieri, durante una conferenza stampa, hanno lanciato nuove minacce contro la comunità cristiana. I membri dello Jamiyat Islami Group (un gruppo religioso) e dello Anjman-e-Tajran (un'organizzazione sindacale)  hanno  dapprima  chiesto al Governo di non perseguire le persone indagate per gli attacchi ai villaggi di Korian e Gojra, poi hanno minacciato di morte i cristiani accusati di blasfemia.
Secondo quanto riferito dalle autorità, finora sarebbero almeno 200 le persone arrestate e altre centinaia quelle denunciate in relazione agli attacchi.
Le dichiarazioni dei rappresentanti dei gruppi islamici sono state colte come un segnale preoccupante del perdurante clima di insicurezza nella regione del Punjab, l'epicentro delle tensioni tra cristiani e musulmani, e del rischio quindi di nuovi atti di intolleranza se il Governo pachistano non reagirà in maniera adeguata.
L'arcivescovo di Lahore, Lawrence John Saldanha, ha spiegato:  "Nonostante molti musulmani siano moderati per loro stessa natura, ci sono però estremisti che insistono sul fatto che l'Islam debba essere predominante nell'intera società e che la sharia debba essere l'unica legge valida".
Per questo motivo si susseguono gli appelli alle autorità civili pachistane per garantire la sicurezza delle minoranze. Tra questi c'è quello dell'organizzazione umanitaria International Christian Concern, che, rivolgendosi al presidente della Repubblica Asif Ali Zardari, ha chiesto l'adozione di misure celeri per processare i colpevoli. Gli appelli sono, talvolta, accompagnati da manifestazioni di protesta nelle strade e nelle piazze delle maggiori città del Paese:  ieri, per esempio, a Lahore  un  migliaio  di cristiani hanno sfilato per il centro cittadino esibendo striscioni e lanciando slogan contro le violenze. Nei giorni scorsi, un'altra manifestazione, cui hanno aderito circa 600 cristiani, si era svolta a Quetta.
La questione dei conflitti religiosi in Pakistan sta richiamando l'attenzione mondiale:  l'Unione europea ha reso noto, ieri, che "non chiuderà gli occhi" di fronte alle violenze, accogliendo così peraltro un appello del ministro italiano degli Affari Esteri, Franco Frattini.



(©L'Osservatore Romano - 7 agosto 2009)
Cattolico_Romano
00domenica 9 agosto 2009 14:42
La comunità cristiana continua la lotta per la tutela dei diritti delle minoranze

In Pakistan una raccolta di firme contro la legge sulla blasfemia




Islamabad, 8. In Pakistan i cristiani tornano a chiedere con forza l'abolizione della legge sulla blasfemia promuovendo una raccolta di firme.
Nel Paese c'è un clima di timida speranza dopo le aperture del Governo in materia di revisione delle leggi che mettono a repentaglio la pacifica coesistenza tra le diverse comunità religiose. Tuttavia, la comunità cristiana è convinta che soltanto mantenendo viva l'attenzione sulla mancanza di sicurezza si potranno ottenere da parte delle autorità risposte concrete, che non si limitino ai meri proclami. Il segretario esecutivo della Commissione nazionale di Giustizia e Pace (Ncjp), Peter Jacob, ha affermato che il Governo è "più sensibile" che in passato riguardo i problemi causati dalla legge sulla blasfemia, ma un cambiamento sarà possibile solo se sarà attivo "un movimento di massa". Per tale motivo, è stato deciso di lanciare nel Paese una raccolta di firme per abolire la legge che punisce chi dissacra Maometto e il Corano. La normativa è stata spesso usata in maniera abusiva per colpire  con accuse ingiuste le minoranze.
In passato i tentativi di riformare la legge sulla blasfemia hanno incontrato gli ostacoli dei gruppi estremisti che non vogliono un reale cambiamento della nazione. Ma ieri, il primo ministro del Pakistan, Yousuf Raza Gilani, in visita a Gojra, nel Punjab, ha annunciato che si sta pensando a una revisione delle leggi che "mettono a repentaglio l'armonia religiosa". Senza citarla in modo diretto, il primo ministro si sarebbe comunque riferito alla legge sulla blasfemia.
I cristiani perciò proseguiranno nell'opera di pressione affinché vengano affrontate con decisione le opposizioni delle frange estremiste islamiche della nazione. "Abbiamo deciso - ha affermato il segretario esecutivo dell'Ncjp - di promuovere una campagna di raccolta di firme in tutto il Paese e contiamo di raccogliere centinaia di migliaia di adesioni nei prossimi quaranta giorni". Jacob spiega che "l'obiettivo è sensibilizzare le persone" sulla questione perché vi sia un profondo ripensamento della legislazione e una maggiore tutela dei diritti delle minoranze. Il segretario esecutivo dell'Ncjp ha aggiunto di sentirsi cautamente ottimista sull'esito della consultazione popolare. "Non abbiamo a disposizione statistiche ufficiali - ha evidenziato - e i movimenti estremisti che si oppongono al cambiamento sono forti" ma conclude "il sostegno dell'opinione pubblica è maggiore ed è possibile lavorare affinché la legge venga modificata".
Intanto, con sempre maggiore evidenza, emerge che dietro gli attacchi a Korian e Gojra, ci sia stata una strategia ben precisa per colpire in modo diretto e forte la comunità cristiana. La Commissione pakistana per i diritti umani (Hrcp) denuncia, in relazione agli attacchi, ma che non si è trattato "di una reazione spontanea a un caso di blasfemia" ma che questi "sono stati pianificati con largo anticipo". Si ricorda che per l'attacco al villaggio di Korian, da parte dei musulmani estremisti era stato utilizzato il pretesto del ritrovamento, in occasione di una matrimonio, di alcune pagine strappate da un testo contenenti delle trascrizioni coraniche. La violenza ha poi colpito successivamente anche il villaggio di Gojra, provocando in questo caso l'uccisione di otto persone.
In base a quanto riferisce la Hrcp, il 31 luglio scorso nelle moschee del villaggio di Gojra, i leader dei gruppi islamici estremisti avrebbero spinto i seguaci "a fare carne tritata dei cristiani". Secondo la Commissione per i diritti umani, alcune persone hanno fatto presente di avere riferito della minaccia incombente alla polizia che avrebbe confermato il rischio di attacchi. Il giorno dopo, una folla costituita da un migliaio di musulmani si è diretta con furia verso le case dei cristiani. Sempre secondo il racconto della Hrcp, un contingente di poliziotti, che pattugliava la zona, non avrebbe fermato gli assalitori, favorendo così il massacro.
Intanto, anche su alcuni siti gestiti da musulmani, come per esempio l'IslamOnline.net, si rileva che gli attacchi ai cristiani "non sono stati generati dalle comunità locali ma da autori esterni". I sospetti degli investigatori, per ora, si appuntano su organizzazioni estremiste legate ad Al Qaeda.



(©L'Osservatore Romano - 9 agosto 2009)
Cattolico_Romano
00domenica 9 agosto 2009 14:43
A Singapore una petizione on line

Ogni forma di violenza è contraria alla religione


Singapore, 8. La violenza è ancora più odiosa e riprovevole quando è compiuta all'interno delle pareti domestiche. È la convinzione che a Singapore ha spinto numerosi esponenti di diverse religioni a sottoscrivere una petizione on line perché nella piccola citta-stato anche lo "stupro coniugale" venga considerato un reato.
L'iniziativa - promossa dall'organizzazione "No to rape" - ha raccolto finora oltre 1.700 adesioni. Tra queste, appunto, quelle di numerosi esponenti di realtà religiose come Bhante Dhammika del Buddha Dhamma Mandala Society, del reverendo David Burke della Orchard Road Presbyterian Church e del reverendo Yap Kim Hao della Free Community Church. Tra i firmatari - come riferito dall'agenzia UcaNews - anche un sacerdote cattolico, padre Paul Staes, 72 anni, dell'Immaculate Heart of Mary.
Il sacerdote ha spiegato di aver aderito all'iniziativa dopo avere ricevuto un e-mail da un amico che gli chiedeva quale fosse la posizione ufficiale della Chiesa cattolica sul tema della violenza tra i coniugi. La dottrina cattolica - ha detto il sacerdote - tradizionalmente affronta i temi dell'adulterio, del divorzio e della poligamia, ma non quello dello stupro coniugale. "Dal che si può dedurre - ha sottolineato - che per il catechismo il vero significato del rapporto sessuale esclude ogni uso della forza e della violenza. Tuttavia ci sono persone che ritengono che questa sia una lacuna". Questa iniziativa quindi serve a fornire maggiore convinzione ai soggetti più deboli e psicologicamente vulnerabili.
"Personalmente, da un punto di vista etico - ha aggiunto padre Staes - credo che la violenza contro il proprio coniuge sia in realtà più riprovevole che non quella commessa a danni di una terza persona. E questo proprio a motivo del vincolo e della promessa d'amore e d'assistenza reciproca che esiste tra i coniugi".
Tutte le forme di violenza sessuale sono sbagliate e rappresentano un "male" in sé, ha chiarito un altro sacerdote, il domenicano padre David Garcia. "Sotto il profilo morale - ha detto - lo stupro coniugale è chiaramente sbagliato e dovrebbe in linea di principio  essere  condannato,  anche se non sono in grado di suggerire come da un punto di vista civile tale legge dovrebbe essere formulata e applicata".
Anche la religiosità buddista condanna con convinzione la violenza tra coniugi. Lo ha assicurato - commentando l'iniziativa che lo vede tra i firmatari - Bhante Dhammika, per il quale lo stupro coniugale è contrario a tutto ciò che il Buddha ha detto sul matrimonio e che prevede l'"onore" e il "rispetto" vicendevoli.
La petizione - assicurano i promotori - verrà presentata entro il mese d'ottobre presso l'ufficio del Primo ministro.



(©L'Osservatore Romano - 9 agosto 2009)
Cattolico_Romano
00mercoledì 12 agosto 2009 14:06
La polizia effettua frequenti arresti di sacerdoti e di laici impegnati nel volontariato

Protestano in Vietnam i cattolici colpiti da vessazioni


Hanoi, 11. Proseguono nella diocesi di Vinh le pacifiche proteste dei cattolici che chiedono alle autorità il rispetto della libertà religiosa, la restituzione delle proprietà confiscate alla diocesi, la fine della campagna d'odio contro i cristiani attraverso i giornali controllati dal governo.
Queste manifestazioni sono iniziate a causa dell'arresto di tre fratelli laici lo scorso 20 luglio per aver innalzato una tenda come luogo di preghiera davanti alle rovine della storica chiesa di Tam Toa.
Le proteste dei cattolici della diocesi di Vinh si svolgono in modo del tutto pacifico per mezzo di marce e veglie di preghiera. In segno di solidarietà, la sera dell'otto agosto, oltre tremila fedeli cattolici si sono radunati nella parrocchia di Thai Ha ad Hanoi mentre il giorno seguente oltre duemila persone hanno manifestato nella chiesa redentorista di Ho Chi Minh City.
Gli organi d'informazione, sotto il controllo del governo, accusano i cattolici di arrecare disturbo all'ordine pubblico e di usare espressioni che suonano come offesa alla patria. Sono anche frequenti le aggressioni che i cattolici subiscono da parte di bande di teppisti. Perfino ai venditori ambulanti di cibo è stato ordinato di non vendere i loro prodotti ai cattolici che partecipano alle proteste.
Le manifestazioni dei cattolici nella diocesi di Vinh sono iniziate mesi addietro a causa dell'ordine delle autorità locale di demolire l'antica chiesa di Tam Toa. Alcuni volontari laici, a demolizione ormai avvenuta, hanno deciso quindi di erigere sul terreno della parrocchia una tenda come sede temporanea dove celebrare i servizi liturgici. L'intervento della polizia, avvenuto senza giustificato motivo, ha prodotto un gran numero di feriti. Decine di fedeli sono stati tratti in arresto.
Nei giorni scorsi, padre Paul Nguyen è stato picchiato per essere intervenuto contro un gruppo di teppisti che stavano percuotendo alcune donne cattoliche sotto lo sguardo indifferente della polizia. Anche un altro sacerdote, padre Peter Nguyen The Binh, ha subìto serie ferite quando alcune persone lo hanno preso e gettato dalla finestra dell'ospedale dove si era recato per portare il conforto religioso al confratello picchiato nei giorni precedenti.
Il rispetto per l'opera della Chiesa cattolica in Vietnam si è andato progressivamente deteriorando principalmente a causa della corruzione diffusa soprattutto tra la classe dirigente. Spesso i leader politici locali usano i propri poteri per procurarsi vantaggi personali a scapito del benessere degli altri cittadini.
Intanto, il cardinale Jean-Baptiste Pham Minh Mân, arcivescovo di Thàn-Phô Hô Chí Minh, ha inviato una messaggio ai fedeli della sua arcidiocesi affermando che è suo dovere pastorale informare e rendere coscienti i credenti sui rischi di danni ambientali che può provocare lo sfruttamento minerario della bauxite. La lettera del porporato è stata pubblicata pochi giorni dopo la decisione del Congresso vietnamita di dare il via allo sfruttamento dei giacimenti di bauxite negli altipiani centrali, nonostante le diffuse proteste da parte di molti cittadini che vedono minacciato l'equilibrio ambientale.
Sebbene le critiche al progetto per lo sfruttamento dei giacimenti siano state avanzate anche da parte di scienziati, intellettuali e perfino di alcuni esponenti della compagine governativa, i mezzi d'informazione controllati  dal  governo  sembrano aver scelto di avviare una campagna solo contro i sacerdoti cattolici. Pesanti critiche sono state lanciate contro due padri redentoristi, padre Peter Nguyen van Khai e il suo confratello padre Joseph Le Quang Uy, perché hanno iniziato una raccolta delle firme dei cittadini che sono contrari ai piani per lo sfruttamento minerario che potrebbe causare gravi squilibri ambientali.



(©L'Osservatore Romano - 12 agosto)
Cattolico_Romano
00giovedì 27 agosto 2009 15:27
  Dura la reazione di alcuni attivisti per i diritti umani

Cristiani vittime di violenze denunciati dalla polizia pakistana




Faisalabad, 26. Da vittime delle persecuzioni a indagati. È la sorte di un gruppo di cristiani pakistani a Gojra, nel Punjab, attaccati lo scorso 1° agosto da una folla di tremila musulmani. I fondamentalisti hanno bruciato case e arse vive otto persone; ora gli agenti di polizia, accusati di mancato soccorso, hanno denunciato le vittime delle violenze. All'indomani degli incidenti, i cristiani avevano accusato le forze dell'ordine di non essere intervenute per fermare gli assalitori. Nei giorni che hanno preceduto l'attacco, la polizia aveva ricevuto segnalazioni di possibili violenze da parte degli estremisti islamici, ma, secondo le accuse, non ha adottato alcun provvedimento per scongiurare la tragedia. In risposta, gli agenti di Gojra hanno denunciato a loro volta ventinove cristiani e cento persone non meglio identificate, per un presunto "coinvolgimento" nelle violenze. Tra le personalità cristiane finite nel mirino degli agenti vi sono anche il vescovo anglicano John Samuel, della Church of Pakistan di Faisalabad, e Finyas Paul Randhawa, rappresentante del consiglio cittadino.
Dura la reazione di alcuni attivisti per i diritti umani che hanno definito la decisione delle forze dell'ordine una "vendetta contro le vittime delle violenze. "Condanniamo in modo netto questa mossa della polizia - ha detto Atif Jamil, direttore di una ong locale - che costituisce una vendetta degli agenti e dell'amministrazione distrettuale contro le vittime cristiane degli incidenti di Gojra. Sono accuse prive di fondamento avanzate con lo scopo di coprire le responsabilità della polizia e di inficiare il processo contro i colpevoli. Coinvolgere nella vicenda il vescovo Samuel - ha aggiunto - è sbagliato perché nessuno dei nostri leader è implicato nelle violenze".
Jamil, infine, ha denunciato il comportamento "ambiguo" del Governo, che da un lato ha iniziato il processo di ricostruzione di Gojra e dall'altro non protegge la comunità cristiana.


(©L'Osservatore Romano - 27 agosto 2009)
Cattolico_Romano
00mercoledì 2 settembre 2009 19:58
Intanto la polizia si difende dalle accuse per le violenze in Orissa nel 2008

Nuovi attacchi ai cristiani nel Karnataka


Bangalore, 2. Le chiese cristiane nello Stato indiano del Karnataka sono di nuovo l'obiettivo degli assalti di gruppi di estremisti induisti. A denunciare i più recenti atti di violenza, accaduti la settimana scorsa, è il Global Council of Indian Christian (Gcic), una organizzazione a cui aderiscono diverse Chiese riformate i cui pastori svolgono opera di apostolato in vari Stati dell'India meridionale.

Secondo quanto riferito da un portavoce del Gcic, il 28 agosto sono state assaltate due chiese protestanti nel distretto di Tumkur. Nel corso degli assalti, probabilmente condotti dai fanatici seguaci dell'organizzazione induista Sangh Parivar, sono stati minacciati pastori e fedeli riuniti in preghiera. Gli estremisti hanno anche bruciato bibbie, libri di preghiera e arredi sacri.

L'attacco più grave è avvenuto, il 28 agosto, contro la Gypsy Prayer Hall di Mavunakatte Palaya. Capeggiati da tre noti attivisti, i seguaci della Sangh Parivar sono arrivati sul posto accompagnati dal vice-soprintendente della polizia locale, dall'ispettore e dal vice-ispettore circondariale. I fanatici hanno accusato il pastore Hanuma Naik, responsabile di questo luogo di culto cristiano, di operare conversioni forzate e raggiri ai danni degli abitanti del villaggio. Dopo essere stato percosso dagli estremisti, il pastore è stato portato dagli ufficiali di polizia presso il commissariato dove è stato a lungo trattenuto. Al religioso è pervenuta in seguito la notifica dell'avvio di un procedimento giudiziario nei suoi confronti.

Nello stesso giorno, dopo aver portato a termine l'assalto contro la chiesa di Mavunakatte Palaya, gli assalitori si sono diretti alla chiesa battista di Krupashraya. Non avendo trovato il pastore, i fanatici induisti hanno ripetutamente minacciato la moglie e hanno sequestrato e poi distrutto alcuni testi sacri.
L'ultima tappa del raid teppistico dei fanatici aderenti al Sangh Parivar è stata la chiesa protestante dell'International Cooperation Ministries nei pressi di Agrahar. Tuttavia il pastore di questa chiesa, avvertito in tempo da alcuni parrocchiani dell'imminente attacco, si è barricato in casa resistendo alle provocazioni teppistiche.

Queste recenti violenze nel Karnataka rinnovano i timori di una nuova ondata di persecuzioni contro le comunità cristiane di questo Stato dopo quelle dell'estate del 2008. Allora risultò sospetta la coincidenza dei violenti scontri con i disordini avvenuti in Orissa. Nel corso di quest'anno, in Karnataka si sono registrati almeno dieci attacchi contro i cristiani. A essere prese di mira sono state soprattutto le chiese protestanti i cui pastori sono accusati dagli estremisti induisti di proselitismo e di compiere conversioni forzate.

Nel frattempo in Orissa, l'ex direttore generale di polizia, Gopal Chandra Nanda, ha reso una deposizione di fronte ai membri di una Commissione giudiziaria che sta investigando sul comportamento tenuto dalle forze dell'ordine locali durante le violenze anticristiane dell'estate del 2008.
"La polizia dell'Orissa ha svolto molto bene il proprio dovere nonostante i mezzi limitati a sua disposizione", ha dichiarato l'ex responsabile dell'ordine pubblico. La sommossa popolare, capeggiata da alcuni noti estremisti simpatizzanti del partito nazionalista Bharatiya Janata Party (Bjp), era iniziata in seguito all'uccisione del leader religioso induista Laxmananda Saraswati.

Entro il 14 settembre verrà chiamato a deporre davanti alla Commissione giudiziaria anche l'attuale direttore generale di polizia, Manmohan Praharaj. Il direttore dei servizi di intelligence dell'Orissa, Prakash Mirshra, ha invece dichiarato di non essere mai stato interpellato dalla Commissione in quanto all'epoca delle violenze anticristiane era responsabile di un altro settore della polizia e non aveva alcun incarico per reprimere la rivolta.

Il capo della Commissione giudiziaria, il giudice Mohapatra, in un recente incontro con i rappresentanti dei media, ha dichiarato che sono previsti ulteriori interrogatori per tre ufficiali di polizia che nell'estate del 2008 erano al comando dei drappelli incaricati di fermare i disordini che provocarono numerose vittime anche tra i membri della comunità cattolica. Nonostante i ripetuti appelli alla pace e al dialogo dei vescovi locali e della Conferenza episcopale dell'India, la folla guidata da estremisti induisti distrusse anche numerosi edifici sacri della comunità cattolica. Vennero anche assaltati alcuni istituti scolastici gestiti da religiosi. Nonostante la condanna delle violenze anche da parte di leader religiosi induisti moderati, la situazione nelle zone rurali dell'Orissa rimane difficile per tutti i credenti cristiani.



(©L'Osservatore Romano - 3 settembre 2009)
Cattolico_Romano
00sabato 5 settembre 2009 08:32

Appello di sacerdoti testimoni del massacro di cristiani in Pakistan

I padri domenicani Pascal Paulus e Iftikhar Moon

ROMA, venerdì, 4 settembre 2009 (ZENIT.org).- Pubblichiamo l'appello lanciato questo giovedì al Centro Russia Ecumenica di Roma da due sacerdoti domenicani della Diocesi di Faisalabad, testimoni oculari della morte di 7 cristiani e dell'incendio di 70 case nella città di Gojra il 1° agosto scorso. I sacerdoti, invitati dall'Associazione Salvaimonasteri, sono padre Pascal Paulus o.p. e padre Iftikhar Moon o.p.

 

* * *


Nella Repubblica Islamica del Pakistan, la comunità cristiana e altri gruppi religiosi minoritari rappresentano il 3 per cento di una popolazione complessiva di 117 milioni. 

I cristiani del Pakistan sono conosciuti e rispettati per la loro onestà, lealtà, laboriosità. 

Nonostante siano una minoranza, hanno un ruolo importante nel miglioramento e nello sviluppo del Paese, specialmente nel campo dell'educazione e della sanità.  

La maggior parte dei professionisti e dei dirigenti pachistani si sono diplomati e laureati negli istituti e nelle università cristiane. 

Disgraziatamente nel 1991 sono state istituite le leggi contro la blasfemia, che sono ancora in vigore e che purtroppo vengono utilizzate specialmente contro i cristiani. I musulmani attaccano i cristiani e danneggiano le loro proprietà, accusandoli di aver profanato il santo Corano o il santo Profeta.  

Le leggi sulla blasfemia 295 articolo A, B, C nei Paesi a maggioranza musulmana stabiliscono che un qualsiasi insulto al santo Corano è un'offesa punibile con la prigione a vita, mentre è prevista la pena di morte per i condannati per aver insultato il Profeta Maometto. 

Riepiloghiamo gli incidenti più gravi avvenuti recentemente, nel giro di un solo mese: 

1- A giugno del 2009, 57 case sono state distrutte e completamente ridotte in cenere a Bammi Wala, Kasur (vicino Lahore). 

2- Il 30 luglio, la violenza si è manifestata con una folla di fanatici musulmani inferociti e armati che hanno attaccato dallo stesso luogo e dai villaggi vicini la colonia cristiana chiamata Koriaan, nei pressi della cittadina di Gojra, e hanno distrutto le case dopo averle saccheggiate.  

3- Dopo due giorni, il 1° agosto, 8 cristiani sono stati bruciati vivi. È successo che la folla di musulmani ha attaccato vandalicamente un gruppo di cristiani che comprendeva tre bambini, tre donne e due uomini. Venivano saccheggiate e poi bruciate 70 case cristiane, mentre due chiese venivano profanate nella cittadina di Gojra. 

Nell'attacco contro Gojra, i bambini hanno cercato di fuggire per salvarsi mentre le case venivano incendiate con benzina, cherosene, sostanze chimiche. La folla inferocita ha saccheggiato le case, fatto a pezzi le Bibbie e altri libri sacri, distrutto le Croci, devastato e dato fuoco a tutto. I cristiani che hanno avuto le case bruciate sono rimasti senza niente. 

Dobbiamo sottolineare che la polizia di Gojra e altre forze dell'ordine non hanno agito per prevenire questi incidenti e non hanno prestato attenzione all'annuncio contro i cristiani che era stato pronunciato nelle moschee.  

Poliziotti e forze dell'ordine sono intervenuti quando ormai era tutto finito ed era troppo tardi. 

È anche molto triste che il Governo si sia occupato di un evento così grave solo 72 ore dopo, quando i cristiani hanno inscenato una protesta sui binari della ferrovia. 

In seguito, il Presidente del Pakistan, Asif Ali Zardari, il Primo Ministro, Yousaf  Raza Gallani, il Ministro a capo del Punjab, Shahbaz Shrif, e il governatore del Punjab, Sulman Taseer, hanno condannato gli spietati attacchi.  

Il Governo ha annunciato che sarà devoluto un indennizzo per ricostruire le case di questi poveri cristiani. 

Padre James Channan, o.p., Vice provinciale della provincia dei Figli di Maria, ha sollevato la seguente questione: "Ai cristiani potranno essere restituiti l'onore e il senso della libertà religiosa? Se ne ha abbastanza". "I cristiani del Pakistan chiedono la totale abrogazione delle leggi 295 B e 295 C. Il Governo del Pakistan dovrebbe accertare le cause alla base di questi incidenti. Si fa appello alle organizzazioni umanitarie mondiali perché prestino attenzione a quanto avvenuto e si rivolgano al nostro Governo perché abroghi le leggi contro la blasfemia e dia protezione alle comunità cristiane". 

Noi facciamo appello anche ai promotori della pace e della giustizia perché intervengano in questa grave questione e premano sul nostro Governo, in modo che le persecuzioni dei cristiani e gli attacchi fanatici contro le minoranze vengano impediti e sia fatta giustizia.  

Noi cristiani del Pakistan chiediamo l'abrogazione delle leggi che discriminano le minoranze. Ci appelliamo alle Organizzazioni Mondiali dei Diritti Umani perché prendano atto degli incidenti avvenuti e intervengano sul nostro Governo per la protezione dei cristiani e delle altre minoranze. 

Perché noi, cristiani del Pakistan, non ci sentiamo sicuri nel nostro Paese. 


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