LETTERE di Santa Caterina da Siena dalla 1 alla 71 (1)

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Caterina63
00venerdì 22 aprile 2016 09:55


Libro Primo

                                                                                                   
 




I - A monna Lapa, sua madre

Proemio, di Niccolò Tommaseo:
Dal conoscimento di sè, cioè delle proprie debolezze e de' doni divini, viene la gratitudine a Dio; dalla gratitudine, quella pazienza meditata che discerne i piccoli dolori e piaceri dai grandi, e però sa sostenere e astenersi.

Al nome di Gesù Cristo crocifisso e di Maria dolce.

Carissima madre in Cristo dolce Gesù. Io Catarina, serva e schiava de' servi di Gesù Cristo, scrivo a voi nel prezioso sangue suo; con desiderio di vedervi con vero cognoscimento di voi medesima, e della bontà di Dio in voi; perocchè senza questo vero cognoscimento non potreste participare la vita della Grazia. E però dovete con vera e santa sollecitudine studiare di cognoscere, voi non essere, e l'esser vostro ricognoscerlo da Dio, e tanti doni e grazie quante avete ricevute da lui, e ricevete tutto dì. A questo modo sarete grata e cognoscente; e verrete a vera e santa pazienzia; e non vedrete le picciole cose per le grandi; ma le grandi vi parranno pieciole a sostenere per Cristo crocifisso. Non è buono il cavaliero se non si prova sul campo della battaglia: così l'anima vostra si debbe provare alla battaglia delle molte tribulazioni; e quando allora si vede fare prova buona di pazienzia, e non volta il capo in dietro per impazienzia scandalizzandosi di quello che Dio permette, può godere e esultare, e con perfetta allegrezza aspettare la vita durabile.

Perocchè s'è riposata nella croce, e confortasi con le pene e con gli obbrobrii di Cristo crocifisso; e ragionevolmente può aspettare l'eterna visione di Dio; perocchè Cristo la promette a loro. Perocchè coloro che sono perseguitati e tribolati in questa vita, sono poi saziati e consolati e illuminati nell'eterna visione di Dio, gustando pienamente e senza mezzo la dolcezza sua. Eziandio in questa vita comincia a consolare coloro che s'affadigano per lui. Ma senza il cognoscimento di noi e di Dio, non potremo venire a tanto bene. Adunque vi prego quanto so e posso, che v'ingegniate d'averlo, acciocchè noi non perdiamo il frutto delle nostre fadighe. Altro non dico. Permanete nella santa e dolce dilezione di Dio. Gesù dolce, Gesù amore.




II - A Prete Andrea de' Vitroni.

Proemio, di Niccolò Tommaseo:
Alto ministero de' sacerdoti, avvilito. Nobilitarlo col conoscimento di sè al lume dell'intelletto, il quale desti e scorga la coscienza a discernere non solo il male evidente, ma quel che si cela sotto le ispirazioni del bene. Alle lodi altrui risponde modesta, e così aggiunge potenza ai consigli severi.

Al nome di Gesù Cristo crocifisso e di Maria dolce.

Carissimo fratello e padre per reverenzia del dolcissimo sacramento in Cristo dolce Gesù. Io Catarina, serva e schiava de' servi di Gesù Cristo, scrivo a voi nel prezioso sangue suo; con desiderio di vedervi alluminato divero e perfettissimo lume, acciocchè cognosciate la dignità nella quale Dio v'ha posto. Perocchè senza lume non la potreste cognoscere; non cognoscendola, non rendereste loda e gloria alla somma Bontà che ve l'ha data, e non notrichereste la fonte della pietà per gratitudine, ma diseccherestela nell'anima vostra, con molta ignoranzia, e ingratitudine. Perocchè la cosa che non si vede, non si può cognoscere: non cognoscendola, non l'ama; non amandola, non può esser grata nè cognoscente al suo Creatore. Adunque ci è bisogno il lume.
O carissimo fratello, egli ci è di tanta necessità, che se l'anima il considerasse quanto gli è di bisogno, ella eleggerebbe innanzi la morte, che amare o cercare quella cosa che le toglie questo dolce e dritto lume. E se voi mi diceste (vogliendo fuggirla): «qual è quella cosa che mel toglie?» io vi risponderei, secondo il mio basso intendimento, che solo la nuvola dell'amore proprio sensitivo di noi medesimi è quello che cel toglie. Questo è un arbore di morte, che tiene la radice sua entro la superbia. Onde dalla superbia nasce l'amore proprio, e dall'amore proprio la superbia; perchè subito che l'uomo s'ama di cosifatto amore, presume di sè medesimo, e li frutti suoi generano tutti morte, togliendo la vita della Grazia nell'anima che li possiede. E li mangia col gusto della propria volontà; cioè, che olontariamente caggia nella colpa del peccato mortale, che germina l'amore proprio. Oh quanto è pericoloso! sapete quanto? Che egli priva l'uomo del cognoscimento di sè, onde acquisterebbe la virtù dell'umilità; nella quale umiltà sta piantato l'amore e l'affetto dell'anima, che è ordinata in carità. E privalo del cognoscimento di Dio, dal quale cognoscimento trae questo dolce fuoco della divina carità.
Perocchè, di suo principio gli tolse il lume con che cognosceva: e però si trova spogliata della carità, perocchè non cognobbe. Senza il cognoscimento è fatta simile all'animale; siccome per lo cognoscere col lume di ragione, l'uomo diventa un angelo terrestre in questa vita. Specialmente i ministri, i quali la somma Bontà chiama i cristi suoi, questi debbono essere angeli, e non uomini: e veramente così sono, se non si tolgono questo lume; e dirittamente hanno l'officio dell'angelo. L'angelo ministra a ognuno in diversi modi, secondo che Dio l'ha posto; e sono in nostra guardia dati a noi per la sua bontà: così li sacerdoti posti nel corpo mistico della santa Chiesa a ministrare a noi il sangue e il corpo di Cristo crocifisso, tutto Dio e tutto uomo per la natura divina unita colla natura nostra umana, l'anima unita nel corpo e il corpo e l'anima unita con la deità, natura divina del Padre eterno. Il quale dee essere ed è ministrato da quelli che hanno vero lume, con fuoco dolce di carità, con fame dell'onore di Dio e salute dell'anime, le quali Dio v'ha date in guardia, acciocchè il lupo infernale non le divori.

Questi gusta li frutti delle virtù, che danno vita di grazia, che escono dell'arbore del vero e perfetto amore. Il contrario, siccome ora dicemmo di sopra, fanno quelli che tengono l'arbore dell'amore dell'anima loro, cioè dell'amore proprio. Tutta la vita loro è corrotta, perchè è corrotta la principale radice dell'affetto dell'anima. Onde se sono secolari, essi sono cattivi nello stato loro, commettendo le molte ingiustizie, non vivendo come uomini, ma come l'animale che si volge nel loro, vivendo senza veruna ragione: così questi tali non degni d'esser chiamati uomini, perchè si hanno tolta la dignità del lume della ragione; ma animali, che s'involgono nel loto della immondizia, andando dietro a ogni miseria, secondo che l'appetito loro bestiale li guida. Se egli è religioso, o clerico, la vita sua non la guida non tanto come angelo nè come uomo, ma come bestia, molto più miserabilmente che spesse volte non farà uno secolare. Oh di quanta ruina e reprensione saranno degni questi tali! La lingua non sarebbe sufficiente a narrarlo: ma bene il proverà la tapinella anima, quando sarà messa alla prova.
Preso hanno questi tali l'officio delle dimonia. Le dimonia, tutto il loro studio ed esercizio è di privare l'anime di Dio, per conducerli a quello riposo che ha in sè medesimo: così questi tali si sono privati della buona e santa vita, perchè hanno perduto il lume, e vivono tanto scelleratamente. Questo, e voi e gli altri che hanno cognoscimento, possono vedere. Essi sono fatti crudeli a loro medesimi, essendosi fatti compagni delle dimonia, abitando con loro innanzi al tempo. Questa medesima crudelità hanno verso le creature, perchè sono privati della dilezione della carità del prossimo. Elli non sono guardatori d'anime, ma divoratori: chè essi medesimi le mettono nelle mani del lupo infernale. O miserabile uomo, quando ti sarà richiesto dal sommo giudice ragione, non la potrai rendere: e non rendendola, tu ne cadi nella morte etemale. Ma tu non vedi la pena tua, perchè tu ti se' privato del lume, e non cognosci lo stato nel quale Dio t'ha posto per sua bontà.

Oimè, carissimo fratello! egli l'ha posto come angelo, e perchè sia angelo, a ministrare il corpo dell'umile e immacolato Agnello: e egli è dirittamente uno dimonio incarnato. Non tiene vita di religioso, chè in sè non ha veruno ordine di ragione: nè vive come clerico, che debbe vivere umilmente con la sposa del breviario allato, rendendo il debito delle orazioni a ogni creatura che ha in sè ragione, e la sustanzia temporale a' poverelli e in utilità della Chiesa. Anzi vuole vivere come signore, e stare in stato e in delizie con grandi adornamenti, con molte vivande, con enfiata superbia, presumendo di sè medesimo. Non pare che si possa saziare: avendo uno beneficio, ne cerca due; avendone due, egli ne cerca tre: e così non si può saziare. In scambio del breviario sono molti sciagurati (così non fusse egli!), che tengono le femmine immonde, e l'arme, come soldati, e il coltello a lato, come se si volessero difendere da Dio, con cui hanno fatto la grande guerra. Ma duro gli sarà al misero a ricalcitrare a lui, quando distenderà la verga della divina giustizia. Della sostanzia ne nutrica li figliuoli, e quelli che sono dimoni incarnati con lui insieme. Tutto questo gli è nato dall'amore proprio di sè, il quale ponemmo che era uno arbore di morte. Li frutti sui menano puzzo di peccati mortali: il quale dà la morte nell'anima, perchè ci ha tolta la Grazia, essendo privati del lume. Ora aviamo veduto che sola la nuvola dell'amore proprio è quella che ce lo toglie. Poichè è tanto pericoloso; è da fuggirlo, e da fare buona guardia, acciocchè non entri nell'anima nostra: e se egli ci è entrato, pigliare il rimedio.

Il rimedio è questo: che noi stiamo nella cella del cognoscimento di noi; cognoscendo, noi per noi non essere, e la bontà di Dio in noi; ricognoscendo l'essere, e ogni grazia che è posta sopra l'essere, da lui. E vedere li difetti nostri, acciocchè veniamo ad odio e dispiacimento della sensualità. E con l'odio, fuggiremo questo amore proprio; troverenci vestiti del vestimento nuziale della divina carità, del quale l'anima debba esser vestita per andare alle nozze di vita eterna.

All'uscio della cella porrà la guardia del cane della coscienzia, il quale abbaia subito che sente venire li nimici delle molte e diverse cogitazioni nel cuore. E non tanto, che abbai a' nimici, ma essendo amici, si abbaierà venendo alcuna volta li santi e buoni pensieri di voler fare alcuna buona operazione: si desterà questa dolce guardia, la ragione col lume dell'intelletto, perchè veda se egli è da Dio, o no. E per questo modo la città dell'anima nostra sta sicura, posta in tanta fortezza, che nè dimonio nè creatura glie le può torre. Sempre cresce di virtù in virtù, infino che giunge alla vita durabile; conservata e cresciuta la bellezza dell'anima sua col lume della ragione, perchè non c'è stata la nuvola dell'amore proprio: che se l'avesse avuta, già non l'arebbe conrservata. Considerando questo l'anima mia, dissi ch'io desideravo di vedervi alluminato di vero e perfetto lume.
Adunque voglio che ci destiamo dal sonno della negligenzia, esercitando la vita nostra in virtù del lume; acciocchè in questa vita viviamo come angeli terrestri, annegandoci nel sangue di Cristo crocifisso, nascondendoci nelle piaghe dolcissime sue. Altro non vi dico: permanete nella santa e dolce dilezione di Dio.

Ricevetti la vostra lettera, intesi ciò che dice. Sappiate che di me non si può vedere nè contare altro che somma miseria; ignorante, e di basso intendimento. Ogni altra cosa si è della somma ed eterna Verità: a lui la riputate, e non a me. Teneramente mi raccomando alle vostre orazioni. Gesù dolce, Gesù amore.





III - Al Preposto di Casole, e a Giacomo di Manzi, di detto luogo.

Proemio, di Niccolò Tommaseo:
Chi odia il prossimo, odia sè. Odiare l'odio proprio non si può senza amore di Dio. Gesù è via e norma d'amore. L'odio è arra d'inferno. Raccomanda pace al prete, e a quell' altro o nemico del prete, o ambedue insieme cospiranti in odiare.

Al nome di Gesù Cristo crocifisso e di Maria dolce.

Carissimi padri e fratelli in Cristo dolce Gesù. Io Catarina, serva e schiava dei servi di Gesù Cristo, scrivo a voi nel prezioso sangue suo; con desiderio di vedervi seguitare l'agnello svenato per noi in su 'l legno della santissima croce. Il quale fu nostra pace e nostro tramezzatore: perocchè intrò in mezzo tra Dio e l'uomo, e della grande guerra fece la grandissima pace; e non ragguardò alle nostre iniquitadi; ma ragguardando alla inestimabile bontà sua. Voi dunque membri, e schiavi ricomprati di così prezioso e glorioso sangue, dovete seguitare le vestigie sue. Bene vedete che la prima dolce Verità s'è fatta regola e via. Cosi dice egli: ego sum via, veritas et vita.

Egli è quella via, che è di tanta dolcezza e di tanto lume, che colui che la sèguita non cade in tenebre. E noi ignoranti, miseri miserabili, sempre ci partiamo dalla via della luce e andiamo per la via delle tenebre, dove è morte perpetua. Onde, carissimi padri e fratelli, io non voglio che facciamo più cosi; ma voglio che seguitiate la via dell'Agnello svenato con tanto fuoco d'amore come abbiamo detto, che egli si fece tramezzatore a fare pace tra Dio e l'uomo. E però questa è dunque la via che io voglio che seguitiate; cioè tra la parte sensitiva e la ragione, cacciando l'odio per l'odio, e l'amore per l'amore. Cioè che abbiate odio e dispiacimento del peccato mortale, e dell'offesa fatta al nostro creatore, e odiate la parte sensitiva, legge perversa che sempre vuole ribellare a Dio; e odio e dispiacimento dell'odio che avete col prossimo vostro. Perocchè l'odio del prossimo non è altro che di offesa di Dio; onde più dobbiamo odiare che noi non odiamo (perchè se ne offende la propria Verità); chè non abbiamo odiare i nemici nostri che ci fanno ingiuria, e debbono avere quest'odio verso di me; però che colui che sta in odio mortale, odia più sè che il suo nemico. Onde voi sapete che tanto è maggiore l'odio, quanto è maggiore la cosa che è offesa, e però rnaggiore odio ha colui che è offeso nella persona, che colui ch'è offeso in parole o in avere: perocchè veruna cosa è che sia tanto tenuta cara, quanto la vita.

E però l'uomo s'arreca a maggiore ingiuria l'essere offeso nella persona, e concepe più odio. Or pensate dunque voi, che non è comparazione dall'offesa ch'è ad alcuno per la creatura a quella che si fa esso medesimo. Che comparazione si fa dalla cosa finita alla infinita? non veruna. Onde se io sono offeso nel corpo, e io sto in odio per l'offesa che m'è fatta: sèguita che io offendo l'anima mia, e accidola tollendole la vita della Grazia, e dandole la morte eternale, se la morte gli mena nel tempo dell'odio; chenon è sicuro. Adunque io debbo avere maggiore odio di me che uccido l'anima, che è infinita (perocchè non finisce mai quanto che ad essere; perocchè benchè finisca a Grazia, non finisce ad essere), che verso di colui, che vi uccide il corpo, che è cosa finita, perocchè o per uno modo o per un altro ha a finire; però ch'ell'è cosa corruttibile e che non dura lo verdura sua; ma tanto si conserva e vale, quanto il tesoro dell'anima v'è dentro. Or che è egli a vedere quando n'è fuora la pietra preziosa? è uno sacco pieno di sterco, cibo di morte, e cibo di vermini.
Adunque io non voglio che per questa ingiuria che è fatta contra a questo corpo finito, e è tanto vile, che voi offendiate Dio e l'anima vostra, che è infinita, stando in odio e in rancore. Avete dunque materia di concepire maggiore odio verso di voi che in verso di loro: e a questo modo caccerete l'odio con l'odio: perocchè con l'odio di voi caccerete l'odio del prossimo: gitterete un colpo, e satisfarete a Dio e al prossimo: perchè levando l'odio dell'anima vostra, voi farete pace con Dio, e farete pace col prossimo.

Adunque vedete, fratelli carissimi, che a questo modo voi seguirete l'Agnello che v'è via e regola; la quale tenendo, vi conduce a porto di salute. Questo Agnello fu quello mezzo che in su la croce satisfece alla ingiuria del Padre, e a noi dette la vita della Grazia; e della grande guerra si fece grandissima pace, solo per questo mezzo. Levasi questo dolce Agnello con odio della colpa commessa per l'uomo; e della ingiuria ch'è fatta al Padre per l'offesa fatta; e piglia questa offesa e fanne vendetta sopra sè medesimo, il quale non contrasse mai veleno di peccato. Tutto questo ha fatto l'odio e l'amore. Amore di virtù, e odio del peccato mortale. Or dirò: a questa regola dovete tenere voi. Voi sapete che per li molti peccati mortali siamo in odio e in dispiacere di Dio; fatta è la guerra con lui.
Ma è vero che, poichè questo Agnello ci diede il sangue, noi possiamo fare questa pace: onde se ogni dì cadessimo in guerra, ogni dì possiamo fare la pace; ma con modo; chè senza modo non si farebbe mai. Questo è il modo a partecipare il sangue di Cristo crocifisso; di levarsi con odio e con amore, e ponersi per obbietto l'obbrobrio, le pene e vituperio, e i flagelli e la morte di Cristo crocifisso; pensando che noi siamo coloro che l'abbiamo morto, e ogni dì l'uccidiamo, peccando mortalmente. Perocchè non è morto per le sue colpe, ma per le nostre. Allora l'anima concepirà questo perfettissimo odio verso la colpa sua, come detto abbiamo; il quale odio spegnerà il veleno del peccato mortale. E non vorrà fare vendetta del prossimo; anzi l'amerà come sè medesimo, e cercherà pure in che modo egli possa punire le colpe sue. E la ingiuria che gli è fatta dalla creatura, non la piglierà in quanto fatta da creatura; ma penserà che il Creatore permetta quella ingiuria o per li peccati presenti, o per li peccati suoi passati; onde non se la recherà ad ingiuria, ma pareragli, come egli è, che Dio gli l'abbia permesso per grande misericordia, volendo piuttosto punire li suoi difetti in questo tempo finito, che servargli a punire nel tempo infinito, dove è penasenza veruna verecundia.

Or questo è dunque il modo: e pensate che non c'è altra via; ma ogni altra via ci conduce a morte, eccetto che questa. In questa via di Cristo dolce Gesù non ci può stare morte (ma tolleci la morte), non fame (perocchè ci ha perfetta sazietà); perocchè egli c'è Dio e uomo. Egli è via sicura; che non teme de' nemici, e non teme dimonia nè uomini: ma quelli che vanno per essa sono fermi e dicono col dolce innamorato di Paolo: se Dio è per noi, chi sarà contra noi? E voi sapete bene che se voi non sete contra a voi medesimi stando nelle miserie de' peccati mortali, che Dio non sarà mai contra voi; ma sempre vi torrà in sè con misericordia e con benignità. Per l'amore dunque di Cristo crocifisso, non ischifate più la via, nè fuggite la regola che n'è data per lo vostro capo Cristo crocefisso, dolce e buono Gesù; ma levatevi su virilmente e non aspettate il tempo, però che il tempo non aspetta voi. Perocchè noi siamo pur mortali; dobbiamo morire, non sappiamo quando. é vero che senza la guida non potreste andare: e però la guida è questa: odio e amore, siccome dicemmo.
Perocchè con l'odio e con l'amore Cristo satisfece e punì le nostre iniquitadi sopra di sè. Orsù dunque, virilmente! E non dormite più nel letto della morte; ma cacciate l'odio con l'odio e l'amore con l'amore. Perocchè con l'amore di Dio, il quale sete tenuti e obbligati d'amare per dovere e per comandamento; e con amore della salute dell'anima vostra (la quale sta in stato di dannazione, stando in odio col prossimo suo); con esso amore, dico che caccerete l'amore sensitivo, il quale dà sempre pena e morte e tribulazione a colui che 'l seguita, e in questa vita gusta l'arra dello inferno. Or non è questa una grande ciechità e oscurità a vedere, che, potendo in questa vita gustare vita eterna, cominciando l'abitazione in questa vita, conversando per affetto e amore con Dio, egli si voglia fare degno dello inferno, cominciando per odio e per rancore la conversazione con le dimonia? Non è creatura che potesse imaginare quanta è questa stoltizia di questi cotali. Non si potrebbe fare vendetta...

E non pare che vogliano aspettare il sommo giudice che lor dà la sentenzia nella compagnia delle dimonia, perocchè essi medesimi se la dànno: e prima che essi abbiano separata l'anima dal corpo, la pigliano in questa vita, mentre che sono viandanti e peregrini, vedendosi correre come il vento verso il termine della morte, e non se ne curano: onde come pazzi e frenetici fanno. Oimè, oimè, aprite l'occhio del cognoscimento e non aspettate la forza e la potenzia del sommo giudice. Chè altro è il giudice umano e altro è il giudice divino. Dinanzi a lui non si può appellare, nè avere avvocati nè procuratori; perocchè il giudice vero ha fatto suo avvocato la coscienzia che sè medesima in quella estremità condanna, giudica sè essere degna della morte. Or giudichianci in questa vita, per l'amore di Cristo crocifisso. Giudicando noi peccatori, e confessando d'avere offeso Dio, dimandiamo misericordia a lui, ed egli ce la farà, non volendo noi giudicare nè fare vendetta del prossimo nostro. Perocchè, quella misericordia che io voglio per me, mi conviene donare ad altrui. Facendo così, gusterete Dio in verità, permarrete nella via sicura, e sarete veri tramezzatori tra voi e Dio; e nell'ultimo riceverete l'eterna visione di Dio. E però considerando me e avendo compassione all'anime vostre, non volendo che stiate più in tante tenebre, mi son mossa a invitarvi a queste dolci e gloriose nozze. Perocchè non sete creati nè fatti per altro fine.
E perchè mi pare che la via della verità sia chiusa in voi, per l'odio che avete, e quella della bugia e del dimonio padre delle bugie sia molto larga e aperta in voi; voglio che al tutto esciate di questa via tenebrosa, facendo pace con Dio e col prossimo vostro, e riduciatevi nella via che vi dà vita. E di questo


Caterina63
00venerdì 22 aprile 2016 10:35


IV - Ad un Monaco della Certosa essendo in carcere

Proemio, di Niccolò Tommaseo:
Non dà a divedere se lo creda colpevole o sottoposto agli arbitrii del rigore monastico. Arte delicata di prudenza, e di carità. Non lo giudica, lo conforta numerandogli le utilità del dolore. Vuole che esso giudichi sè, e del suo dolore faccia consolazione.

Al nome di Gesù Cristo crocifisso e di Maria dolce.

A voi, dilettissimo e carissimo fratello in Cristo Gesù, io Catarina, serva e schiava de' servi di Dio, scrivo, e confortovi nel prezioso sangue del Figliuolo suo; con desiderio di vedere il cuore e l'anima vostra unito e trasformato nel consumato amore del Figliuolo di Dio. Perocchè senza questo vero amore non possiamo avere la vita della Grazia, nè portare i pesi con buona e perfetta pazienzia. E questa vera carità non veggo, carissimo fratello, che possiamo avere, se l'anima non ragguarda lo inestimabile amore che Dio ha avuto a lui; e singolarmente vederlo svenato in sul legno della santissima croce, dove solo l'amore l'ha tenuto confitto e chiavellato.

Dicovi, carissimo fratello, che non sarà veruna amaritudine che non diventi dolce, nè si gran peso che non diventi leggiero. Ho inteso la molta fadiga e tribulazioni, le quali voi avete; cioè reputiamo noi, che siano tribulazìoni, ma se noi apriremo l'occhio del cognoscimento di noi medesimi, e della bontà di Dio, ci paranno grandi consolazioni. Del cognoscimento di noi, dico; cioè, che noi vediamo, noi non essere; e come siamo sempre stati operatori d'ogni peccato e iniquità. Perocchè quando l'anima ragguarda sè avere offeso il suo Creatore, sommo ed eterno bene, cresce in uno odio di sè medesima, intanto che ne vuole fare vendetta e giustizia; ed è contenta di sostenere ogni pena e fadiga per satisfare all'offesa che ha fatta al suo Creatore. Onde, grandissima grazia reputa che Dio gli abbia fatta, che egli il punisca in questa vita, e non abbia riservato a punire nell'altra, dove sono pene infinite. O carissimo fratello in Cristo Gesù, se noi consideriamo la grande utilità a sostenere pene in questa vita, mentre che siamo peregrini, che sempre corriamo verso il termine della morte, non le fuggiremo. Egli ora ne segue molti beni dallo stare tribolato. L'uno si è, che si conforma con Cristo crocifisso nelle pene e obbrobri suoi. Or che può avere maggiore tesoro l'anima che essere vestita dagli obbrobri e pene sue? L'altro si è, che egli punisce l'anima sua, scontando i peccati e i difetti suoi, fa crescere la grazia, e porta il tesoro nella vita durabile, per le sue fadighe, che Dio gli dà, volendola remunerare delle pene e fadighe sue.

Non temete, carissimo fratello mio, perchè vedeste o vediate che il dimonio, per impedire la pace e la pazienzia del cuore e dell'anima vostra, mandi tedi e tenebre nell'anima vostra, mettendovi le molte cogitazioni e pensieri. Ed eziandio parrà che 'l corpo vostro voglia essere ribello allo spirito. Alcuna volta, ancora, lo spirito della bestemmia vorrà contaminare il cuore in altre diverse battaglie; non perchè creda che l'anima caggia in quelle tentazioni e battaglie, perocchè già sa che egli ha deliberato d'eleggere la morte innanzi che offendere Dio mortalmente con la volontà sua; ma fàllo per farlo venire a tanta tristizia, parendogli offendere colà dove non offende che lasserà ogni esercizio. Ma non voglio che facciate cosi; perocchè non debba l'anima mai venire a tristizia per neuna battaglia che abbia, nè lassare mai veruno esercizio, o officio, o altra cosa. E se non dovesse fare altro, almeno stare dinanzi alla croce, e dire: Gesù, Gesù! Io mi confido in domino nostro Jesu Christo. Sapete bene: perchè vengano le cogitazioni, e la volontà non consente, anco vorrebbe innanzi morire, non è peccato: ma solo la volontà è quella cosa che offende.

Adunque vi confortate nella santa e buona volontà, e non curate le cogitazioni: e pensate, che la bontà di Dio permette alle dimonia che molestino l'anima vostra per farci umiliare e ricognoscere la sua bontà, e ricorrere dentro a lui nelle dolcissime piaghe sue, come il fanciullo ricorre alla madre. Perocchè noi benignamente saremo ricevuti dalla dolce madre della Carità. Pensate che egli non vuole la morte del peccatore; ma vuole che si converta e viva. é tanto smisurato amore, che 'l muove a dare le tribolazioni, e permettere le tentazioni quanto le consolazioni; perocchè la sua volontà non vuole altro che la nostra santificazione. E per darci la nostra santificazione, diè sè medesimo a tanta pena, e all'obbrobriosa morte della santissima croce. Permanete dunque nelle piaghe dolci di Gesù Cristo, e nella santa dilezione di Dio. Gesù dolce, Gesù amore.




V - A Misser Francesco da Montalcino dottore in legge civile

Proemio, di Niccolò Tommaseo:
A lui infermo raccomanda pazienza con argomenti dedotti e dalla fede, e dalla ragione naturale, e dall'autorità, e dall'esperienza della vita e dell'anima umana; ragioni esposte con quella parsimonia faconda, che è più efficace dell'appariscente eloquenza.

Al nome di Gesù Cristo crocifisso, e di Maria dolce.

Dilettissimo fratello in Cristo dolce Gesù. Io Catarina, serva e schiava de' servi di Gesù Cristo, scrivo a voi nel prezioso sangue suo; con desiderio di vedervi fondato nella vera e santa pazienzia; considerando me, che senza la pazienzia non potremmo piacere a Dio, anco gustaremmo l'arra dell'inferno in questa vita.

Oh quanto sarebbe semplice l'uomo che voglia gustar l'inferno colà dove può aver vita eterna! Che se io considero bene, in vita eterna non è altro che una volontà pacifica, accordata e sottoposta alla volontà dolce di Dio: che non possono desiderare nè volere se non che quello ch'esso Dio vuole; e ogni diletto che hanno i veri gustatori, è fondato sopra questa volontà pacifica. Così per lo contrario coloro che sono nell'inferno, li arde e li consuma la mala volontà perversa, nella quale volontà ricevono crudeli tormenti, con impazienzia, odio, e rancore; con essi si rodono e si contristano. E di tutto questo si fa degna la ignoranzia e cecità dell'uomo: che se fosse stato savio in questa vita, mentre ch'egli era nel tempo della Grazia, cioè che era atto a ricevere la Grazia, se egli avesse voluto, avrebbe schifata questa cecità e ignoranzia. O fratello carissimo, accordatevi con li veri gustatori, che in questa vita cominciano a gustare Dio facendo una volontà con lui. Perocchè in altro non sta la pena nostra, se non in volere quello che non si può avere. Se la volontà ama onore, ricchezze, delizie e stati, o sanità di corpo; se le vuole e desidera con disordinato affetto, ed egli non le può avere, ma spesse volte perde di quelle ch'egli ha; n'ha pena grandissima, perchè sè ama troppo disordinatamente. Sicchè la volontà è quella che gli dà pena: ma tolletemi via la volontà propria, e sarà tolta ogni pena.

In che modo ce la potremo tollere? Che noi ci spogliamo di questo uomo vecchio di noi medesimi, e vestianci dell'uomo nuovo dell'eterna volontà del Verbo, Dio e uomo. E se voi cercate che vuole questa dolce volontà, dimandatene a Paolo, che dice, che non vuole altro che la nostra santificazione. E ciò ch'egli ci dà o permette a noi, o pena o infermità, per qualunque modo elle siano, egli le dà e permette con grande misterio per nostra santificazione e necessità della salute nostra.

Adunque non dobbiamo essere impazienti di quello che è nostro bene: ma con uno grande ringraziamento, e reputandoci indegni di tanta grazia quanta è a sostener pena per Cristo crocifisso; cioè reputarci indegni del frutto che seguita dopo la fadiga, facendoci degni della fadiga per dispiacimento e odio di noi medesimi, e di questa parte sensitiva che ha ribellato e offeso il suo Creatore. E se noi dicessimo: «questa sensualità non pare che si voglia accordare a portarle»; - poniamo il freno con una santa e dolce memoria di Cristo crocifisso, lusingandola e minacciandola dicendo: «porta oggi, anima mia. Forse che domane sarà terminata la vita tua. Pensa che tu debbi morire, e non sai quando». E se noi ragguardiamo bene, tanta è grande la fadiga, quanto è 'l tempo; e 'l tempo dell'uomo è quanto una punta d'aco, e più no. Adunque come diremo che veruna fadiga sia grande? Non è da dirlo: ch'ella non è. E se questa passione sensitiva volesse pure alzare il capo, metti a lei il timore e l'amore addosso, dicendoli: «guarda, che il frutto dell'impazienzia è la pena eternale; e nell'ultimo dì del giudicio sosterrai pena con meco insieme. Meglio t'è dunque a volere quello che Dio vuole, amando quello ch'egli ama, che a volere quello che vogli tu, amare te medesimo d'amore sensitivo. Virilmente io voglio che tu porti, pensando che non sono condegne le passioni di questa vita a quella futura gloria che Dio ha apparecchiata a coloro che il temono, e che si vestono della dolce volontà sua».

Poi pensate, dolce fratello e padre, che quando l'anima sè ha tenuto così bene a ragione, ed ella apre l'occhio del cognoscimento, e vede, sè non essere, perchè ogni essere che ha, procede da Dio. Truova la sua inestimabile carità, che per amore, e non per debito, l'ha creata all'immagine e similitudine sua, perchè ella goda e partecipi la somma eterna bellezza di Dio, che per altro fine non l'ha creata. Questo ci mostra la prima eterna Verità; che egli non creò l'uomo per altro fine.

Quando in sul legno della santissima croce morì per renderci quel fine il quale avevamo perduto, svenò ed aperse il corpo suo, che da ogni parte versava abbondanza di sangue, con tanto fuoco d'amore, che ogni durezza di cuore si dovrebbe dissolvere, ogni impazienzia levare, e venire a perfetta pazienzia. Non è veruna cosa sì amara, che nel sangue dell'Agnello non diventi dolce; nè si grande peso, che non diventi leggero.

Or non dormiamo più: ma questo punto del tempo, che c'è rimaso, corretelo virilmente, attaccandovi al gonfalone della santissima croce con buona e santa pazienzia; pensando che il tempo è poco, e la fadiga è quasi non covelle; e 'l prezzo e 'l frutto è grande. Non voglio che schifiate il gran bene per piccola fadiga: chè per dolersi e lagnarsi non si sollevano le fadighe; anco si raddoppia la fadiga sopra fadiga; perchè io pongo la volontà in volere quello che io non posso avere.

Vestitevi, vestitevi di Cristo dolce Gesù; che è sì forte vestimento, che non dimonia nè creatura vel può tollere, se voi non volete. Egli è somma eterna dolcezza, che dissolve ogni amaritudine. In lui si gusta ogni dolcezza; in lui s'ingrassa e sazia l'anima per sì fatto modo che ogni cosa, fuore di Dio, reputa sterco e loto. Dilettasi delli obbrobri, delli strazi e villanie; e non vuole altro, che conformarsi con Cristo crocifisso. Ine ha posto l'affetto, e ogni sua sollecitudine: e tanto gode, quanto si vede in pene; perocchè vede che quella è la via dritta. Veruna altra è che faccia tanto conformare con Cristo crocifisso, quanto la via delle dolci pene.

Voglio che mi siate un cavaliero virile, che per Cristo crocifisso none schifiate il colpo della infirmità. Pensate quanto è la grazia divina, che nel tempo della infirmità pone freno a molti vizi e difetti, i quali si commetterebbero avendo la sanità; e sconta e purga i peccati commessi, e' quali meritano pena infinita: e Dio per la sua misericordia li punisce con pena finita. Orsù, virilmente, per l'amore di Cristo crocifisso. Conficcatevi in croce con Cristo crocifisso, dilettatevi nelle piaghe di Cristo crocifisso. Permanete nella santa e dolce dilezione di Dio. Gesù dolce, Gesù amore.





VI - A Monna Lapa, sua madre.

Proemio, di Niccolò Tommaseo:
La conforta a pazienza del sacrifizio della sua figliuola diletta. Nel faticare in bene degli uomini pone l'onore di Dio.

Al nome di Gesù Cristo crocifisso, e di Maria dolce.

Carissima madre in Cristo Gesù. Io Catarina, serva e schiava de' servi di Gesù Cristo, scrivo a voi nel prezioso sangue suo; con desiderio di vedervi vera serva di Cristo crocifisso; fondata in vera pazienzia: perocchè senza la pazienzia non possiamo piacere a Dio. Nella pazienzia mostriamo il desiderio dell'onore di Dio e della salute dell'anime. E ancora dimostra che l'anima è conformata e vestita della dolce volontà di Dio; perocchè d'ogni cosa gode, ed è contenta di ciò che le avviene; onde, la creatura, essendo vestita di così dolce vestimento, ha sempre pace, ed è contenta di sostenere pena per gloria e loda del nome di Dio. E dona sè e i figliuoli, e tutte le cose sue, e la vita per onore di Dio. Or così voglio che facciate voi, carissima madre; cioè, che tutta la vostra volontà, e me indegna miserabile vostra figliola, offeriate al servizio e onore di Dio, e salute dell'anime, con vera e buona pazienzia; notricandovi del frutto della santissima croce col dolce innamorato e umile Agnelllo. E a questo modo neuna cosa vi parrà fadiga. Spogliatevi del proprio amore sensitivo; perocchè egli è tempo di dare l'onore a Dio e la fadiga al prossimo. Essendo spogliata del proprio amore, anderete con diletto, e non con fadiga. Non dico di più. Permanete nella santa e dolce dilezione di Dio. Gesù dolce, Gesù amore.






VII - Al Cardinal Pietro d'Ostia.

Proemio, di Niccolò Tommaseo:
Non l'amor proprio, ma la carità regge i popoli, e vince.

Al nome di Gesù Cristo crocifisso, e di Maria dolce.

Carissimo e reverendo padre in Cristo dolce Gesù. Io Catarina, serva e schiava de' servi di Gesù Cristo, scrivo a voi nel prezioso sangue suo; con desiderio di vedervi legato nel legame della carità siccome sete fatto Legato in Italia, secondo che ho inteso; della quale cosa ho molto singolare letizia; considerando me, che voi per quello ne potrete fare assai l'onore di Dio, e il bene della santa Chiesa. Ma pur per questo legame, senza altro legame, non fareste questa utilità: e però vi dissi che io desideravo di vedervi legato nel legame della carità; perocchè voi sapete che nessuna utilità di grazia nè a noi nè al prossimo possiamo fare senza carità. La carità è quello dolce e santo legame, che lega l'anima col suo creatore: ella lega Dio nell'uomo, e l'uomo in Dio. Questa carità inestimabile tenne confitto e chiavellato Dio-e-uomo in sul legno della santissima croce; costei accorda i discordi; questa unisce li separati; ell'arricchisce coloro che sono poveri della virtù, perocchè dà vita a tutte le virtù: ella dona pace, e tolle guerra; dona pazienzia, fortezza e lunga perseveranzia in ogni buona e santa operazione; e non si stanca mai, e non si tolle mai dell'amore di Dio e del prossimo suo, nè per pena nè per strazio nè per ingiuria nè per scherni nè per villania.
Ella non si muove per impazienzia nè a delizie nè a piacimenti che il mondo gli potesse dare con tutte le lusinghe sue. Chi l'ha, è perseverante e giammai non si muove, perocchè egli è fondato sopra la viva pietra Cristo dolce Gesù; cioè, che ha imparato da lui ad amare il suo creatore; seguitando le vestigie sue. In lui ha letta la regola e la dottrina, che gliconviene tenere; perocchè egli è via, verità e vita: onde chi legge in lui, che è libro di vita, tiene per la via dritta,e attende solo all'onore di Dio, e alla salute del prossimo suo. Così fece esso Cristo dolce Gesù, e non ritrasse questo amore dall'onore del Padre e dalla salute nostra, nè per pena nè per tormenti, nè per lusinghe che gli fussero fatte, nè per ingratitudine nostra: ma perseverò infino all'ultimo, che egli ha compito questo desiderio, e compito la operazione che gli fu messa in mano dal Padre, cioè di ricomprare l'umana generazione; e così adempiè l'onore del Padre e la salute nostra.

Or in questo legame e amore voglio che seguitiate, imparando dalla prima e dolce Verità, il quale v'ha fatta la via, che vi dà vita, e e havi data la forma e la regola, e insegnata v'ha la dottrina della verità. Voi dunque, come vero figliuolo e servo ricomprato dal sangue di Cristo crocifisso, voglio che seguitiate le vestigie sue, con un cuore virile e con sollecitudine pronta; non straccandovi mai nè per pena nè per diletto: ma perseverare insino al fine in questa e in ogni altra operazione che voi pigliate a fare per Cristo crocifisso. Attendete a stirpare le iniquitadi e le miserie del mondo, de' molti difetti che si commettono; li quali tornano in vituperio del nome di Dio. E però voi, come affamato dell'onore suo e della salute del prossimo, adoperate ciò che voi potete per rimediare a tanta iniquità. Son certa che essendo voi nel legame dolce della carità, voi userete la legazione vostra, la quale avete ricevuta dal vicario di Cristo, per lo modo che detto è; ma senza il primo legame della carità, questo non potete usare, nè farlo per quello modo che dovete. E però vi prego che vi studiate d'avere in voi questo amore. E legatevi con Cristo crocifisso, e con vere e realì virtù seguitate le sue vestigie; e col prossimo vi legate per fatto d'amore.

Ma io voglio che noi pensiamo, carissimo padre, che se l'animo nostro non è spogliato d'ogni amore proprio e piacere dì sè e del mondo, non può mai pervenire a questo vero e perfetto amore e legame di carità. Perocchè è contrario l'uno amore all'altro: e tanto è contrario, che l'amore proprio ti separa da Dio e dal prossimo; e quello ti unisce: questo ti dà morte, e quello vita: questo tenebre, e quello lume: questo guerra, e quello pace: questo ti stringe il cuore, che non vi capi nè tu nè 'l prossimo; e la divina carità il dilarga, ricevendo in sè amici e nemici, e ogni creatura che ha in sè ragione; perocchè s'è vestito dell'affetto di Cristo, o però sèguita lui. L'amore proprio è miserabile, e partesi dalla giustizia, e commette le ingiustizie, e ha uno timore servile, che non gli lassa fare giustamente quello che debbe, o per lusinghe o per timore di non perdere lo stato suo. Questa è quella perversa servitudine e timore che condusse Pilato ad uccidere Cristo.
Onde questi cotali non fanno giustizia, ma ingiustizia; e non vivono giustamente nè virtuosamente e con affetto di divino amore, ma ingiustamente e viziosamente con amore proprio tenebroso.

Questo cotale, dunque, amore voglio che sia al tutto tolto da voi, e siate fondato in vera e perfetta carità, amando Dio per Dio, in quanto egli è degno d'essere amato, perchè è somma ed eterna Bontà, e amando voi per lui, e il prossimo per lui, e non per rispetto di propria utilità. Or cosi voglio, padre mio, Legato del nostro signore lo Papa, che voi siate legato nel legame della vera e ardentissima carità; e questo desidera l'anima mia di vedere in voi. Altro non dico. Confortatevi in Cristo dolce Gesù; e siate sollecito, e non negligente, in quello che avete a fare: e a questo m'avvedrò se voi sarete legato, e se avete fame di vedere levato il gonfalone della santissima croce. Permanete nella santa e dolce dilezione dì Dio. Gesù dolce, Gesù amore.




VIII - A Frate Giusto, Priore in Montoliveto.

Proemio, di Niccolò Tommaseo:
Imitare Gesù nel desiderio amoroso del bene delle anime. Senza intelligenza non c'essere amore. Eserciti il priore la sua intelligenza e la carità nel non respingere un nato d'amore illegittimo. Preghiera e rimprovero sapiente.

Al nome di Gesù Cristo crocifisso e di Maria dolce.

Carissimo Padre in Cristo dolce Gesù. Io Catarina, serva e schiava de' servi di Gesù Cristo, scrivo a voi nel prezioso sangue suo; con desiderio di vedervi mangiatore e gustatore dell'anime, imparando dalla prima dolce Verità che per fame e sete che aveva d'ansietato desiderio della salute nostra, gridava in sul legno della santissima croce, quando disse Sitio. Quasi dica: Io ho più sete e desiderio della salute vostra, che con questa pena finita mostrare non vi posso. Perchè la pena della sete del santo desiderio è infinita, e la pena sua è finita: sicchè cidimostra la sete ch'egli ha dell'umana generazione, poniamo che anco corporalmente fusse afflitto di sete. O dolce e buono Gesù, insiememente manifesti la sete, e dimandi che ti sia dato bere. E quando è che dimandi bere all'anima? allora quando ci mostri l'affetto e la carità tua, Signor mio. Vedete bene, carissimo padre, che il sangue ci manifesta l'amore ineffabile; che per amore ha donato il sangue, e con esso amore ci chiede bere. Cioè che colui che ama, richiede d'essere amato e servito.

Cosa convenevole è, che colui che ama sia amato. Allora dà bere l'anima al suo creatore, quando gli rende amore per amore. Ma non gli può rendere per servizio che possa fare a lui, ma col mezzo del prossimo: e però si volge l'anima con tanta sollecitudine a servire al prossimo suo in quel servizio che vede che più piace a Dio; e in quello si esercita. E sopra tutti quanti gli altri serviziche piacciono al nostro Salvatore, si è di trarre l'anime delle mani del dimonio, trarle dello stato del secolo, della bocca delle vanità del mondo, e reducerle allo stato santo della religione. E non tanto che sia da lassarli e fuggirli, quando con tanto desiderio vengono; ma gli è da mettersi alla morte del corpo per potergli ritrarre. E questo è quello santo beveraggio il quale chiede il Figliuolo di Dio su la Croce. E non doviamo essere negligenti a dargli, ma solleciti; poi chè vedete bene che per questa sete muore. E non doviamo fare come fecero i Giudei che gli dierono aceto e fiele. Allora riceve aceto e fiele da noi, quando noi stiamo in uno amore proprio sensitivo, una negligenzia radicata in uno parere e piacere del mondo, con poca vigilia e orazione, con poca fame dell'onore di Dio e della salute dell'anime. Veramente questo è uno aceto e uno fiele mescolato con grande amaritudine: della quale amaritudine è suo il dispiacere; perchè gli dispiace; e a noi torna l'amaritudine e' l danno. Che adunque ci è bisogno di fargli a non dargli questo bere? non ci è bisogno altro che l'amore: e l'amore non si può avere se non dall'amore. E col lume si leva l'amore a tirare a sè l'amore: cioè che levando l'occhio dell'intelletto nostro con affetto e desiderio, ponsi nell'obietto di Cristo crocifisso, il quale obietto ci ha manifestata la volontà e l'amore del Padre eterno, col quale ci creò, solo per questo fine, perchè avessimo vita eterna.

Il Sangue del Verbo dell'unigenito Figliuol di Dio ci manifesta questo amore, il fine per lo quale fummo creati. Allora l'affetto nostro avendo aperto l'occhio dell'intelletto nell'affetto di Cristo crocifisso trae a sè l'amore; e trovasi amare quello che Dio ama, e odiare quello ch'Egli odia. E perchè il peccato è fuora di Dio, l'ha in tanto odio e dispiacere, che non tanto che si diletti d'esso peccato, ma egli darebbe mille vite corporali, se tante ne avesse, per campare l'anime del peccato mortale.Datemegli bere, carissimo padre: che vedete con quanto amore ve ne chiede. Crescetemi uno desiderio santo e buono verso questo grazioso cibo. E non mirate mai per veruna dignità, nè per bassezza, nè per grandezza; nè per esser legittimi, nè illegittimi: chè il Figliuolo di Dio, le cui vestigie ci conviene seguitare, non schifò nè schifa maì persona per veruno stato nè altra generazione, nè giusti nè peccatori; ma agguagliatamente ogni creatura che ha in sè ragione, riceve con amore, purchè sì voglia levare dal fradiciume del peccato mortale, dalla vanità del secolo, e tornare alla Grazia. Questa è quella dottrina che è data da lui. E poniamochè la sia data a tutti, molto maggiormente è data a voi e agli altri governatori e ministri dell'Ordine.

Chè quando delle buone piante vi vengono alle mani e vengono con fame e desiderio dell'Ordine, e per amore della virtù escono del secolo e corrono al giogo dell'obbedienzia; non è da fuggirle, nè da schivarle per veruna cosa. E siano nati come si voglia; chè non spregia Dio l'anima dì colui che è conceputo in peccato mortale, più che di quello che è conceputo nell'atto del sacramento del Matrimonìo. Egli è accettatore de' santi e buoni desiderii, il Dio nostro. E però io vi prego e voglio che questa pianta novella, la quale il priore vì mandò, chiedendo che fosse ricevuta all'ordine, voi il riceviate caritativamente: chè egli ha una santa e buona volontà; e la condizione naturale è anco buona: e ha posto per amore l'affetto alla religione, e singolarmente lo Spirito Santo il chiama all'Ordine vostro. Non dovete, e io so che non volete, far resistenzia allo Spirito Santo. Meravigliomi molto che la risposta venne del no; e honne avuta grande ammirazione. Forse che fu difetto di chi fece l'ambasciata, che non seppe forse meglio fare: non che egli adoperasse altro che bene; ma non seppe più.

Ora vi prego per l'amore di Cristo crocifisso che voi al tutto vi disponiate a riceverlo; che sarà onore di Dio e dell'Ordine. E non mel lassate, perocchè gli è un buono giovine; e se non fusse buono, io non vel manderei. E questo vi domando per grazia; e per debito il dovete fare secondo l'ordine della carità. A chi viene a voi a chiedervi bene, non ne siate scarso: datenegli. A questo mi avvedrò se sarete in su la croce, cioè a dare bere all'assetato che vi chiede bere: che per altra via non veggo che potiamo essere piacevoli a Dio. E però dissi ch'io desideravo di vedervi affamato gustatore e mangiatore del cibo dell'anime per l'onore di Dio. Altro non dico. Permanete nella santa e dolce dilezione di Dio.

Gesù dolce, Gesù amore.



 

Caterina63
00venerdì 22 aprile 2016 10:41



IX - A una donna che non si nomina

Proemio, di Niccolò Tommaseo:
Il dolore è mistero da accogliere con riverenza. Vedesi al lume della fede in quel Dio che sa e vuole e può il meglio. L'impazienza sperde il frutto delle fatiche, e viene da tenerezza di noi. Conduole della sventura, e congratula.

Al nome di Gesù Cristo Crocifisso e di Maria dolce.

Carissima suoro in Cristo dolce Gesù. Io Catarina, serva e schiava de' servi di Gesù Cristo, scrivo a voi nel prezioso sangue suo; con desiderio di vedervi alluminata della verità di Dio, perocchè in altro modo non potresti partecipare la vita della Grazia in questo mondo; saresti in continua amaritudine; e nell'ultimo riceveresti l'eterna dannazione. Perchè essendo privata del lume, vi scandalizzeresti in tutti e' suoi misteri, giudicando quello che vi dà per amore, in odio, e quello che vi dasse per vita, in morte. E che verità dobbiamo cognoscere, carissima suoro? Dobbiamo vedere che Dio sommamente ci ama, e per amore si mosse a crearci alla sua imagine e similitudine, per darci a godere l'eterna sua visione. Chi ci manifesta questa verità, e questo amore? Il sangue dell'umile e immacolato Agnello. Chè essendo noi privati, per lo peccato di Adamo, della visione di Dio e sbanditi di vita eterna, fu mandato questo dolce e amoroso Verbo dal Padre a sostenere morte per darci la vita, e a lavare le colpe nostre col suo prezioso sangue; ed egli come innamorato corse alla obbrobriosa morte della croce per compire l'obbedienza del Padre e la salute nostra. Non ci è nascosta questa verità; il sangue ce la manifesta. Che se Dio non ci avesse creati per lo fine che detto è, e non ci amasse inestimabilmente, già non ci avrebbe dato siffatto ricompratore. L'anima dunque, alluminata di questa verità, subito riceve nell'occhio dell'intelletto suo il lume della santissima fede, tenendo di certo che ciò che Dio dà e permette in questa vita alla sua creatura, il dà per amore, e perchè s'adempia questa verità in noi. Onde subito è fatta paziente, che di neuna cosa si turba; ma rimane contenta di ciò che gli è permesso dalla divina bontà, portando con vera e santa pazienzia, infirmità, privazione di ricchezze, di stato, di parenti e di amici. E non tanto che con pazienzia le porti, ma ella l'ha in debita riverenzia, come cosa mandata a lei dal suo Creatore dolce, per amore e per sua santificazione. E chi è quello matto e stolto, che del suo bene si possa turbare? solo chi è privato del lume, perchè non cognosce la verità, nè il suo bene.

Voglio adunque, carissima suoro, che apriate l'occhio dell'intelletto vostro, svellendo e disbarbicandone ogni radice d'amore proprio e tenerezza di voi; acciò che possiate cognoscere questa verità, e che vediate, che Dio è sommo medico, e fa e può e vuole darci le nostre necessità, e la medicina che ci hisogna alla nostra infirmità; sìche con una dolce, santa e reale pazienzia portiate la medicina che egli ci ha data per singolare amore che egli vi porta. A questo v'invito, dolcissima suoro, acciò che per impazienzia non perdiate il frutto delle vostre fadighe, ma in questa vita siate in perfetta pace e tranquillità, accordata con la dolce volontà di Dio; e di neuna cosa vi turbiate, se non solo dell'offese che sono fatte a lui e deldanno dell'anime. Facendo così dimostrerete d'essere alluminata della verità, e nell'ultimo riceverete infinito frutto delle vostre fadighe.

Fuvvi avuto compassione del caso avvenuto; ma se vi vedrò accordata colla volontà di Dio, e trarne quello che dovete, me ne goderò con voi insieme. Altro non vi dico. Permanete nella santa e dolce dilezione di Dio. Gesù dolce, Gesù amore.



X - A Benincasa di Iacomo fratello suo carnale.

Proemio, di Niccolò Tommaseo:
Consigli di sorella santa.

Al nome di Gesù Cristo crocifisso, e di Maria dolce.

Carissimo fratello in Cristo dolce Gesù. lo Catarina, serva e schiava de' servi di Gesù Cristo, scrivo a voi nel prezioso sangue suo; con desiderio di vedervi bagnato e annegato nel detto sangue, il quale vi farà forte a portare con vera pazienzia ogni fadiga e tribolazione, da qualunque lato elle vengano. Faravvi perseverante, che infino alla morte sosterrete con vera umiltà; perchè in esso sangue sarà illuminato l'occhio dell'intelletto vostro dalla verità. Ciò è, che Dio non vuole altro che la nostra santificazione, perchè ineffabilmente ci ama; che se non ci avesse molto amati, non avrebbe per noi pagato siffatto prezzo. State, dunque, state contento in ogni tempo, in ogni luogo; perchè tutti vi sono conceduti dallo eterno Amore. Per amore godetevi nelle tribolazioni; e reputatevene indegno, che Dio vi mandi per la via del suo Figliuolo; e in ogni cosa rendete gloria e loda al suo nome. Confortatevi in Cristo dolce Gesù. Altro non vi dico. Permanete nella santa e dolce dilezioue di Dio. Gesù dolce, Gesù amore.



XI - A Pietro Cardinal d'Ostia.

Proemio, di Niccolò Tommaseo:
Il disordinato amore di sè fa timore servile; e questo è causa di malgoverno e di guerra. Consiglia coraggio d'operosa carità: onde la pace. I prelati perdano le città piuttosto che le anime.

Al nome di Gesù Cristo crocifisso e di Maria dolce.

Carissimo e reverendissimo Padre in Cristo dolce Gesù. Io Catarina, serva e schiava de' servi di Gesù Cristo, scrivo a voi nel prezioso sangue suo; con desiderio di vedervi uomo virile e non timoroso, acciocchè virilmente serviate alla Sposa di Cristo, adoperando per onore di Dio spiritualmente e temporalmente, secondo che nel tempo d'oggi questa dolce Sposa ha bisogno. Son certa che se l'occhio dell'intelletto vostro si leverà a vedere lasua necessità, voi il farete sollecitamente e senza alcuno timore o negligenzia. L'anima che teme di timore servile, neuna sua operazione è perfetta; e in qualunque stato si sia, nelle piccole cose e nelle grandi viene meno, e non conduce quello che ha cominciato, alla sua perfezione. Oh, quanto è pericoloso questo timore! Egli taglia le braccia del santo desiderio; egli acceca l'uomo, che non gli lassa cognoscere nè vedere la verità: perocchè questo timore procede dalla cecità dell'amore proprio di sè medesimo. Perocchè subito che la creatura, che ha in sè ragione, s'ama d'amore proprìo sensitivo, subito teme: e questa è la cagione perchè teme; perchè ha posto l'amore e la speranza sua in cosa debile che non ha in sè fermezza nè stabilità alcuna, anco passa come il vento. Oh, perversìtà d'amore, quanto sei dannosa a signori temporali e spirituali, e a sudditi! Onde, se egli è prelato, noncorregge mai, perocchè teme di non perdere la prelazione, e di non dispiacere a' sudditi suoi. E così medesimamente è ancora dannoso al suddito, perocchè umilità non è in colui che s'ama di cosiffatto amore; anco v'è una radicata superbia, e il superbo non è mai obediente. Se egli è signore temporale, non tiene giustizia; anco commette molte inique e false ingiustizie, facendo secondo al piacere suo o secondo il piacere delle creature. Così dunque per lo non correggere, e per lo non tenere giustizia, li sudditi ne diventano più cattivi; perocchè si notricano nelli vizi e nelle malizie loro. Poi, dunque, che tanto è pericoloso l'amore proprio, col disordinato timore; è da fuggirlo: ed è da aprire l'occhio dell'intellettonell'obietto dell'immacolato Agnello, il quale è regola e dottrina nostra, e lui doviamo seguitare. Perocchè egli è esso Amore e Verità; e non cercò altro che l'onore del padre e la salute nostra. Egli non temeva e' Giudei, nè loro persecuzione, nè la malizia delle dimonia, nè infamia nè scherni nè villania; e nell'ultimo non temette l'obbrobriosa morte della croce. Noi siamo li scolari, che siamo posti a questa dolce e soave scuola.

Voglio dunque, carissimo e dolcissimo padre, che con grandissima sollecitudine e dolce prudenza apriate l'occhio dell'intelletto in questa vita, in questo libro della vita; il quale vi dà sì dolce e soave dottrina. E non attendiate a neuna altra cosa, che all'amore di Dio e alla salute dell'anime, e al servizio della dolce sposa di Cristo. Perocchè con questo lume vi spoglierete dell'amore proprio di voi, e sarete vestito dell'amore divino; e cercherete Dio per la sua infinita bontà, e perchè egli è degno d'esser cercato e amato da noì; e amerete voi e le virtù, e odierete il vizio per Dio: e di questo medesimo amore amerete il prossimo vostro. Voi vedete bene, che la divina Bontà v'ha posto nel corpo mistico della santa Chiesa, notricandovi al petto di questa dolce sposa, solo perchè voi mangiate alla mensa della santissima Croce il cibo dell'onore di Dio e della salute delle anime. E non vuole che sia mangiato altro che in croce, portando le fadighe corporali con molti ansietati desiderii; siccome fece il Figliuolo di Dio, che insiememente sosteneva li tormenti nel corpo e la pena del desiderio; e maggiore era la croce del desiderio, che non era la croce corporale. E'l desiderio suo era questo: la fame della nostra redenzione per compire l'obedienza del Padre eterno: ed eragli pena infino che nol vedeva compiuto. E anco come sapienza del Padre eterno, vedeva coloro che partecipavano il sangue suo, e quelli che nol participavano per le colpe loro; e perocchè il sangue era dato a tutti, si doleva per l'ignoranzia di coloro che nol volevano partecipare. E questo fu quello crociato desiderio ch'egli portò dal principio infine alla fine: ma data ch'egli ebbe la vita,non terminò però il desiderio, ma si la croce del desiderio. E cosi dovete fare voi, e ogni creatura, che ha in sè ragione; cioè dare la fadiga del corpo e la fatiga del desiderio, dolendovi dell'offesa di Dio, e della dannazione di tante anime quaiite vediamo che periscono. Parmi che sia tempo, carissimo padre, di dare l'onore a Dio, e a fadiga al prossimo. Non è dunque da avere più sè con amore proprio sensitivo, nè con timore servile, ma con vero amore e santo timore di Dio adoperare.

Voi sete posto ora nel temporale e nello spirituale: e però vi prego per l'amore di Cristo crocifisso che facciate virilmente; e procuriate l'onore di Dio, quando e quanto potete, consigliando e aiutando, che li vizi siano spersi, e le virtù siano esaltate. Sopra l'atto temporale, 'lquale alla santa intenzione è spirituale, fate virilmente; procacciando quanto potete la pace e l'unione di tutto il paese. E per questa santa operazione, se bisognasse di dare la vita del corpo, mille volte, se fusse possibile, si dia. Chè oscura cosa è a pensare e a vedere, il vederci in guerra con Dio per la moltitudine dei peccati dei sudditi e de' pastori, e per la ribellione che è fatta alla santa Chiesa! e in guerra ancora corporale! E dove la guerra ogni fedele cristiano debbe essere apparecchiato a mandarla sopra gl'infedeli e li falsi cristiani la fanno l'uno contra l'altro. E così scoppiano li servi di Dio per dolore e amaritudine di vederli tanto offendere per la dannazione dell'anime; che per questa periscono; e le dimonia godono, chè veggono quello che vogliono vedere. Bene è dunque da darci la vita per esempio del Maestro della Verità: e non curare nè onore nè vituperio che 'l mondo ci volesse dare nelle penose pene e morte del corpo. Son certa che se voi sarete vestito dell'uomo nuovo Cristo dolce Gesù, e spogliato del vecchio, cioè della propria sensualità, che voi il farete sollecitamente, perocchè sarete privato del timore servile. Perocchè in altro modo non lo fareste mai; anco cadreste nelli difetti detti di sopra.

Considerando dunque me, che v'era necessario d'essere uomo virile e senza alcuno timore, e privato dell'amore proprio di voi, perchè sete posto da Dio in officio che non richiede timore se non santo; però vi dissi che io desideravodi vedervi uomo virile e non timoroso. Spero nella divina bontà che farà grazia a voi ed a me, cioè d'adempire la volontà sua, e il vostro desiderio ed il mio. Pace, pace, pace, padre carissimo. Ragguardate, voi e gli altri, e fate vedere al Santo Padre più la perdizione dell'anime, che quella delle città; perocchè Dio richiede l'anime più che le città. Altro non dico. Permanete nella santa e dolce dilezione di Dio. Gesù dolce, Gesù amore.



XII - All'Abbate di Sant'Antimo.

Proemio, di Niccolò Tommaseo:
Colle immagini del pastore e dell'ortolano lo conforta a guardare e coltivare le anime, e aver sete del bene loro. Di fanciulle da rinchiudere in modo che a lei piace poco.

Al nome di Gesù Cristo crocifisso e di Maria dolce.

A voi venerabile e reverendissimo padre in Cristo Gesù la vostra figliuola indegna, Catarina serva e schiava de' servi di Gesù Cristo, si raccomanda; con desiderio di vedervi bagnato, e affogato nel sangue del Figliolo di Dio, il quale sangue ci farà parere ogni amaritudine dolce, e ogni grande peso leggiero, e faravvi seguitare le vestigie di Cristo. Il quale disse che era pastore buono, il quale poneva la vita per le pecorelle sue. E così desidera l'anima mia di vedere voi, padre; cioè che voi siate vero pastore, perduto ad ogni amor proprio di voi medesimo; e con desiderio virile abbiate e teniate l'occhio fisso, che non si serri mai a ragguardare l'onore di Dio e la salute dell'anime. Fate, fate buona guardia, sicchè il dimonio non involi le pecorelle vostre. Oh quanto sarà dolce e soave a voi e a me, se io vedrò che voi non curate nè morte nè vita nè onori nè vituperio nè scherni nè ingiurie nè alcuna persecuzione che il mondo vi potesse dare o i sudditi vostri; e solo attendere e curare delle ingiurieche sono fatte a Dio! E qui ponete, padre carìssimo, tutta la vostra sollecitudine, sicchè dimostriate d'essere pastore buono, e un vero ortolano: pastore per correggere; e ortolano per rivellere la terra sottosopra, e cioè rivellere la disordinata vita nell'ordinata, e divellerne il vizio, epiantarvi le virtù quanto sarà possibile a voi con l'adiutorio della dolce e divina Grazia; la quale viene abbondantemente all'anima che avrà fame e desiderio di Dio.

E questa fame acquisteremo in sul legno della santissima croce; perocchè ine troverete l'Agnello svenato e aperto per noi, con tanta fame e desiderio dell'onore del padre e della salute nostra, che non pare che possa mostrare in effetto per pena nel corpo suo quanto egli ha desiderio di dare. Questo parbe che egli volesse dire, quando gridò in croce Sitio quasi dicesse: «Io ho sì grande sete della vostra salute, che io non mi posso saziare: datemi bere». Dimandava il dolce Gesù di bere coloro ch'egli vedeva che non participavano la redenzione del sangue suo, e non gli fu dato bere altro che amaritudine. Oimè, dolcissimo padre! continuamente vediamo che non tanto al tempo della croce ma poi, e ora continuamente ci addomanda questo bere, e dimostra continua sete. Oimè, disavventurata me! non mi pare che la creatura gli dia altro che amaritudine e puzza di peccati. Adunque bene ci dobbiamo levare con fame e sollicitudine a ragguardare la fame sua, acciocchè inebriata l'anima non possa altro desiderare nè amare, se non quello che Dio ama, e odiare quello che Dio odia: e singolarmente voi che sete pastore. Correte, correte, venerabile padre, senza negligenzia e ignoranzia, perocchè il tempo è breve, ed è nostro.

Mandastemi a dire che avevate trovato l'orto senza piante. Confortatevi, e fate ciò che potete: chè io spero nella bontà di Dio, che l'ortolano dello Spirito Santo fornirà l'orto, e provvederà in questo e in ogni altro bisogno. Mando a voi costui che vi reca la lettera: ragioneravvi di madonna Moranda, donna di messer Francesco da Monte Alcino, che ha per le mani alcuna giovine e fanciulla che ha uno buono desiderio di fare la volontà di Dio; per la quale cosa ella vorrebbe rinchiuderle per modo, che a me non piace troppo. Per la qual cosa io vorrei che voi ed ella fuste insieme; e quanto fosse la vostra possibilità di poterlo fare, trovare uno luogo ordinato, acciocchè si potesse fondare un vero e buono monasterio, e mettervi dentro due buoni capi; perocchè delle membra ne abbiamo assai per le mani. Credo che, facendolo, sarebbe grande onore di Dio. Prego la somma Bontà che ne dispensi il meglio, e voi faccia sollecito in questo e in ogni vostra operazione; in tanto che voi diate la vita per Cristo crocifisso. Pregovi che mi mandiate a dire se 'l monasterio di Santo Giovanni di Valdarno è sotto la cura vostra; per alcuno caso che vi dirà costui che vi reca la lettera. Altro non dico. Permanete nella santa e dolce dilezione di Dio. Io, serva inutile, mi vi raccomando. Gesù dolce, Gesù amore.




XIII - A Marco Bindi, mercatante.

Proemio, di Niccolò Tommaseo:
Bene usando la ragione, acquistasi la buona pazienza. Desiderarla è principio d'averla. Ragioni di lei, sono la fede in Dio; il pensare, anco per umano argomento, che da Dio è ogni cosa; che egli è bene e bontà somma, e il male è tutto da noi; ch'egli ci ama come Creatore e come Salvatore; che il dolore per sè non è male, anzi ci appura e ci affina. Confortandolo a ben patire, lo compatisce, e di nuovo conforta.

Carissimo fratello in Cristo dolce Gesù.

Io Catarina, serva e schiava de' servi di Gesù Cristo, scrivo a voi nel prezioso sangue suo; con desiderio di vedervi fondato in vera e santa pazienzia; perocchè in altro non potremo piacere a Dio, ma perderemo il frutto delle nostre fadighe. E però c'è bisogno questa gloriosa virtù della pazienzia. E se voi mi diceste, carissimo fratello: «io ho le grandi fadighe, e non mi sente forte ad avere questa pazienzia; e non so in che modo acquistarla»; - io vi rispondo che niuno è che voglia seguitare la ragione, che non la possa avere. Ma bene vi confesso che noi siamo fragili e debili per noi medesimi, secondo la sensualità; e specialmente, quando l'uomo ama molto sè, e le creature e la sostanza temporale sensualmente; onde amandole tanto d'un amore tenero sensitivo, quando poi le perde, ne riceve intollerabile pena. Ma Dio, ch'è nostra fortezza, se noi vorremo con la ragione, con la forza della volontà, e con la mano del libero arbitrio conculcare la fragilità nostra; Dio non dispregerà la forza che faremo a noi medesimi per non dolerci disordinatamente; perocchè egli è accettatore de' santi desiderii: e daracci questa dolce e reale virtù, e porteremo ognì fadiga con vera e santa pazienzia. Sicchè vedete che ognuno la può avere, se vorrà usare la ragione che Dio gli ha data, e non seguitare solamente la fragilità: perocchè sa rebbe cosa molto sconvenevole che noi, creature ragionevoli, non usassimo altra ragione che li animali bruti. Però che essi non possono usare la ragione, perchè non l'hanno; ma noi, perchè l'abbiamo, la doviamo usare; e non usandola, veniamo in impazienzia, e scandalizzianci nelle cose che Dìo ha permesse a noi, e così l'offendiamo.

Che modo dunque possiamo tenere ad avere questa pazienzia, poichè io la posso e debbo avere, e senz'essa offenderei Iddio? Quattro cose principali ci conviene avere e considerare. In primo, dico che ci conviene avere il lume della Fede, nel quale lume della Fede santa acquisteremo ogni virtù; e senza questo lume anderemo ìn tenebre, sì come il cieco a cui il dì gli è fatto notte. Cosìl'anima senza questo lume. Quello che Dio ha fatto per amore, il quale amore è uno di lucido sopra ogni luce, ella sel reca a notte, cioè a notte d'odio, tenendo che per odio Dio gli permetta le tribulazioni e le fadighe ch'egli ha. Sicchè dunque vedete che ci conviene avere il lume della santissima Fede.

La seconda cosa si è quella la quale s'acquista con questo lume, ciò è che in verità ci convien credere, e non tanto credere, ma essere certi ch'egli è, e che ogni cosa che ha in sè essere, procede da Dio, eccetto il peccato, che non è. La mala volontà dell'uomo che commette il peccato, non fa egli; ma ogni altra cosa: o per fuoco o per acqua o per altra morte o qualunque altra cosa si sia, ogni cosa procede da lui. E così disse Cristo nel Vangelio, che non cadeva una foglia d'arbore senza la sua providenzia: dicendo ancora più cioè che i capelli del capo nostro sono tutti numerati; e neuno ne cadeva che egli nol sapesse. Se dunque cosi dice delle cose insensibili, molto maggiormente ha cura di noi, creature ragionevoli; e in ciò che egli ci dà e permette, usa la providenzia sua; e ogni cosa è fatta con misterio e per amore, e non per odio.

La terza cosa è questa: ch'eglì ci conviene vedere e cognoscere in verità col lume della Fede, che Dio è somma eterna Bontà, e non può volere altro che il bene; perocchè la volontà sua si è che noi siamo santificati in lui; e ciò ch'egli ci dà e permette, ci dà per questo fine. E se noi di questo dubitassimo ch'egli volesse altro che il nostro bene; dico che noi non ne possiamo dubitare, se noi ragguardiamo il sangue dell'umile e immacolato Agnello, perocchè Cristo, aperto, appenato e afflitto di sete in croce, ci mostra che il sommo ed eterno Padre ci ama inestimabilmente; perocchè, per l'amore ch'egli ebbe a noi, essendo noi fatti nemici per lo peccato commesso, ci donò il Verbo dell'unigenito suo Figliuolo; e il Figliuolo ci diè la vita, correndo come innamorato all'obbrobriosa morte della croce. Chi ne fu cagione? L'amo- re ch'egli ebbe alla salute nostra. Sicchè dunque vedete che il sangue ci tolle ogni dubitazione che noi avessimo, che Dio volesse altro che il nostro bene. E come può la somma Bontà fare altro che bene? Non può. E la somma eterna Providenzia come usera altro che providenzia? Colui che ci ha amati prima che noi fossimo, e per amore ci creò alla imagine e similitudine sua, non può fare ch'egli non ci ami, e che non ci provegga in ogni nostro bisogno nell'anima e nel corpo. Sempre Dio ama, in quanto Creatore, le creature sue; ma solo il peccato è quello ch'egli odia in noi; e però egli ci permette molte fadighe in questa vita sopra li corpi nostri, o nella sustanzia corporale, in diversi modi, secondo ch'egli vede che noi abbiamo bisogno; e siccome vero medico, dà la medicina che bisogna alla nostra infirmità.

E questo fa o per punire i nostri difetti in questo tempo finito, acciocchè meno pene proviamo nell'altra vita, o egli il fa per provare in noi la virtù della pazienzia. Siccome fece a Giob, che per provare la pazienzia sua gli tolse i figliuolie tutta la sustanzia temporale ch'egli aveva, e nel corpo suo diè un'infirmità che continuamente menava vermini. La moglie gli riserbò per sua croce e stimolo; però che sempre tribolava Giob con molta villania e rimprovèrio. E poichè Dio ebbe provata la pazienzia sua, gli restituì a doppio ogni cosa. Giob mai in queste cose non si lagnò: anco diceva: «Dio me le diè, e Dio me l'ha tolte; sia sempre benedetto il nome suo». Alcuna volta Dio ce le permette acciocchè noi conosciamo noi medesimi, e la poca fermezza e stabilità del mondo; e perchè tutte le cose che noi possediamo, e la vita e la sanità, moglie e figliuoli, ricchezze e stati del mondo e delizie del mondo, tutte le possediamo come cose prestate a noi per uso da Dio, e non come cose nostre: e così le doviamo usare. Questo ci è a noi manifesto ch'egli è cosi, perchè neuna cosa possiamo tenere che nostra sia, che non ci possa esser tolta, se non sola la Grazia di Dio. Questa Grazia nè dimoni nè creatura nè per alcuna tribolazione ci può esser tolta, se noi non vogliamo.

Quando l'uomo cognosce questo, cioè la perfezione della Grazia, e l'imperfezione del mondo e della vita nostra corporale; gli viene in odio il mondo con tutte le sue delizie, e la propria fragilità sua, che è cagione spesse volte (quando ama sensitivamente) di tollerci la Grazia: e ama le virtù che sono strumento a conservarci nella Grazia. Sicchè vedete dunque che Dio per amore ce le permette, acciò che con cuore virile ci stacchiamo dal mondo con santa sollecitudine, e col cuore e coll'affetto, e cerchiamo un poco i beni immortali, e abbandoniamo la terra con tutte le puzze sue, e cerchiamo il cielo. Perocchè noi non fummo fatti per nutricarci di terra; ma perchè noi siamo in questa vita come pellegrini che sempre corriamo al termine nostro di vita eterna, con vere e reali virtù: e non ci dobbiamo restare fra via per alcuna prosperità o diletto che 'l mondo ci volesse dare, nè per avversità; ma correre virilmente, e non volgersi a loro nè con disordinata allegrezza nè con impazienzia, ma con pazienzia e santo timore di Dio tutte trapassare. Di grande necessità v'era questa tribolazione; perocchè Dio vi dava il desiderio di sciogliervi de' molti legami, e sviluppare la coscienzia vostra; onde dall'uno lato vi tirava il mondo, e dall'altro Dio.

Ora Dio per grande amore che gli ha alla salute vostra, vi ha sciolto, e datavi la via, se voi la sapete pigliare. A loro hadato vita eterna; e voi chiama col tesoro della tribolazione, perchè voi non ne siate privato, ma perchè in questo punto del tempo che v'è rimasto coguosciate la bontà sua e i difetti vostri. La quarta cosa che ci conviene avere per poter venire a vera pazienzia, è questa: che noi consideriamo i peccati e difetti nostri, e quanto abbiamo offeso Dio, il quale è Bene infinito; per la qual cosa seguiterebbe (non tanto che delle grandi colpe, ma d'una piccola) pena infinita; e degni siamo di mille inferni, considerando che siamo noi miserabi che abbiamo offeso il nostro Creatore. E chi è il dolce Creator nostro che è offeso da noi? Vediamo ch'egli è colui che è Bene infinito; e noi siamo coloro che non siamo per noi medesimi: pero che l'esser nostro, e ogni grazia che è sopra l'essere, abbiamo da lui; però che noi per noi siamo miseri miserabili. E nondimeno che noi meritiamo pena infinita, egli con misericordia ci punisce in questo tempo finito; nel qual tempo portando le fadighe con pazienzia si sconta e si merita.
Che non avviene cosi delle pene che sostiene l'anima nell'altra vita. Perocchè se ella è alle pene del purgatorio, sì sconta e non merita. Bene dobbiamo dunque portare questa piccola fadiga volontariamente. Piccola si può dire questa e ogni altra per la brevità del tempo; perocchè tanto è grande la fadiga, quanto è grande il tempo in questa vita. Quanto è il tempo nostro? è quanto una punta d'aco. Adunque bene è vero ch'ella è piccola; perocchè la fadiga ch'è passata, io non l'ho, perocchè è passato il tempo; quella che è avvenire, anco non l'ho, perocchè non son sicura di avere il tempo, con ciò sia cosa che io debba morire, e non so quando. Solo dunque questo punto del presente c'è, e non più. Adunque bene doviamo portare con grande allegrezza; però che ogni bene è remunerato, e ogni colpa è punita. E Paolo dice: «Non sono condegne le passioni di questa vita a quella futura gloria che riceve l'anima che porta con buona pazienzia». Or a questo modo potrete portare, e acquistare la virtù della vera pazienzia; laquale pazienzia, acquistata per amore col lume della santissima Fede, vi renderà il frutto d'ogni fadiga. In altro modo perdereste il bene della terra e il bene del cielo. Però che altro modo non c'è.

E però vi dissi che desideravo di vedervi fondato in vera e santa pazienzia; e così vi prego che facciate. Abbiate memoria del sangue di Cristo crocifisso; e ogni amaritudine vi tornerà in dolcezza, e ogni gran peso vi tornerà leggiero. E non vogliate eleggere nè tempo nè luogo a vostro modo; ma siate contento nel modo che Dio ve le ha date.

Hovvi avuta compassione del fatto che v'è avvenuto. Secondo l'aspetto, pare molto forte; e nondimeno egli è fatto con gran providenza, e per vostra salute. Pregovi che vi confortiate, e che non veniate meno sotto questa dolce disciplina di Dio. Altro non vi dico, se non che sappiate conoscere il tempo mentre voi l'avete. Permanete nella santa e dolce dilezione di Dio. Gesù dolce, Gesù amore.



XIV - A tre suoi fratelli in Firenze.

Proemio, di Niccolò Tommaseo:
Ordine della carità. Ordine dell'amorevole soggezione fraterna.

Al nome di Gesù Cristo crocifisso e di Maria dolce.

Carissimi fratelli in Cristo dolce Gesù. Risovviemmi dello smisurato amore che ebbe il nostro dolce Salvatore, che diede a sè la morte per darci la vita della Grazia. Non volse fare altro il nostro dolce Salvatore, se non che, vedendo che noi uscivamo dell'ordine della carità, per renderci questa unione della carità, volse essere unito con la più vituperosa morte che potesse eleggere. Oimè, che il nostro Salvatore vedeva noi infermati per lo appetito disordinato che noi abbiamo in noi medesimi a queste cose transitorie, che passano come il vento, e vengono meno, o elle a noi o noi a loro. E però vi prego io, indegna serva e inutile, Catarina, che voi vogliate porre la vostra speranza in Dio, e non fidarvi di questa vita mortale che vien meno. Pregovi, come servi ricomperati, che il vostro desiderio e l'affetto dell'anima vostra voi il poniate con ogni sollecitudine al Signore vostro, che v'ha ricomperati, come dice Santo Pietro: «Non v'ha ricomperati d'oro nè d'argento, ma del suo dolcissimo sangue prezioso».

E però vi prego, fratelli carissimi, che voi questo dolce prezzo teniate molto caro, cioè che l'amiate; e per dimostrare che voi l'amiate, sempre siate amatori e osser- vatori de' comandamenti di Dio. E singolarmente vi prego e costringo, da parte di Cristo crocifisso, del primo ed ultimo comandamento di Dio, cioè della carità e dell'unione di Dio. Di questa carità santa io vi voglio vedere tutti innamorati, e piene l'anime vostre. E questo è l'animo mio. Volendomi voi mostrare questa carità, sempre vi voglio vedere uniti e legati con questo dolce vincolo; acciocchè nè dimonio nè detto di neuna persona vi possa partire.

Ricordomi della parola che disse Gesù Cristo: «che chi si umilia, sarà esaltato». Benincasa, tu che sei il maggiore, che tu vogli essere il minore di tutti; e tu, Bartolomeo, che voglia essere il minore del minore; e te, Stefano, prego che tu sia subiugato a Dio ed a loro. E così dolcemente vi conserverete in perfettissima carità. Dio vi dia sempre la sua perfettissima Grazia. Altro non vi scrivo. Permanete nella santa e dolce dilezione di Dio. Gesù dolce, Gesù amore.





Caterina63
00venerdì 22 aprile 2016 10:50



XV - A Consiglio, Giudeo.

Proemio, di Niccolò Tommaseo:
Si faccia cristiano. Schietta e affettuosa e più riverente che quando scrive a Cristiani tristi.

Laudato sia Gesù Cristo crocifisso, figliuolo della gloriosa Vergine Maria.

A te, dilettissimo e carissimo fratello ricomprato del prezioso sangue del Figliuolo di Dio, come io, io indegna Catarina scrivo, costretta da Cristo crocifisso e dalla sua dolce Madre Maria, che io vi preghi e costringa che doviate uscire e abbandonare la durezza e la tenebrosa infedeltà e doviatevi riducere, e ricevere la Grazia del santo battesimo: però che senza il battesimo non potete avere la Grazia di Dio. Chi è senza il battesimo non par- tecipa del frutto della Chiesa santa; ma come membro putrido e tagliato dalla congregazione de' fedeli Cristiani, passa dalla morte temporale alla morte eternale, e ragionevolmente riceve pena e tenebre; perocchè non s'è voluto lavare nell'acqua del santo battesimo, e ha tenuto a vile il sangue del Figliuolo di Dio, il quale ha sparto con tanto amore. O carissimo fratello in Cristo Gesù, apri l'occhio dell'intendimento a ragguardare la sua inestimabile carità, che ti manda invitando con le sante spirazioni che ti sono venute nel cuore; e per li servi suoi tirichiede e t'invita, che vuol fare pace teco, non ragguardando alla longa guerra e ingiuria che ha ricevuto da te per la tua infedeltà.

Perocchè tanto è dolce e benigno lo Dio nostro, che, poi che venne la legge dell'amore, e che il Figliuolo di Dio venne nella Vergine Maria, e sparse l'abbondanza del sangue in sul legno della santissima croce, possiamo ricevere l'abbondanza della divina misericordia. Onde siccome la legge di Mosè era fondata in giustizia e in pena; così la legge nuova data da Cristo crocifisso, vita evangelica, è fondata in amore e misericordia. In tanto ch'egli è dolce e benigno, purchè l'uomo ritorni a lui umiliato e fedele, e credere per Cristo avere vita eterna. é pare che non si voglia ricordare dell'offese che noi gli facciamo; e non ci vuole dannare eternalmente, ma sempre fare misericordia. Adunque lèvati, fratello mio, in quanto tu voglia essere legato con Cristo; e non dormire più in tanta cecità, perocchè Dio non vuole, nè io voglio, che l'ora della morte ti trovi cieco; ma desidera l'anima mia di vederti pervenire al lume del santo battesimo, sì come il cervo desidera, essendo affannato, l'acqua viva.

Non fare dunque più resistenza allo Spirito Santo che ti chiama, e non spregiare l'amore che t'ha Maria, nè le lagrime e orazioni che sono fatte per te; perchè troppo ti sarebbe grande giudizio. Permani nella santa e dolce dilezione di Dio; e io prego lui che è somma Verità, che c'illumini e riempia della sua santissima grazia, e adempia il mio desiderio in te, Consiglio. Data a te, Consiglio, questa da parte di Cristo Gesù. Laudato sia Cristo crocifisso, e la sua dolcissima Madre gloriosa Vergine Madonna santa Maria. Gesù dolce, Gesù amore.




XVI - Ad un gran Prelato.

Proemio, di Niccolò Tommaseo:
Colloquio tra Gesù e Caterina, del desiderio amoroso ch'egli ebbe del bene nostro, onde gli fu dolce il patire. Amino i prelati le anime, e non il bene proprio; patiscano, e non tacciano i vizi de' colleghi loro.

Al nome di Gesù Cristo crocifisso e di Maria dolce.

Reverendo e carissimo padre in Cristo Gesù, io Catarina, serva e schiava de' servi di Gesù Cristo crocifisso, scrivo a voi nel prezioso sangue suo: con desiderio di vedervi affamato del cibo della creatura per onore di Dio; imparando dalla prima dolce verità, che per fame e sete che egli ha della nostra salute, muore. Non pare che questo Agnello immacolato si possa saziare; grida in croce satollato da obbrobri, e dice che ha sete. Poniamochè corporalmente esso avesse sete, ma maggiore era la sete del santo desiderio che egli aveva della salute dell'anime. O inestimabile dolcissima Carità, e' non pare che tu dia tanto, dandoti a tanti tormenti, che non rimanga maggiore il desiderio che egli aveva della salute dell'anime di più voler dare tutto. N'è cagion l'amore. Non me ne maraviglio: chè l'amore tuo era infinito, e la pena era finita. E però gli era maggiore la croce del desiderio, che la croce del corpo.

Questo mi ricordo che il dolce e buono Gesù manifestava una volta ad una serva sua. Vedendo ella in lui la croce del desiderio e la croce del corpo, ella dimandava: «Signore mio dolce, quale ti fu maggiore pena, o la pena del corpo, o la pena del desiderio?». Egli rispondeva dolce e benignamente, e diceva: «Figliuola mia, non dubitare: chè io ti fo sicura di questo; che veruna comparazione si può fare dalla cosa finita alla cosa infinita. Cosìti pensa che la pena del corpo mi fu finita; ma il santo desiderio non finisce mai. Però io portai la croce del santo desiderio. E non ti ricorda, figliuola mia, che una volta, quando ti manifestai la mia natività, tu mi vedevi fanciullo parvolo, nato con la croce al collo? Perch'io ti fo sapere, che come io, Parola incarnata, fui seminata nel ventre di Maria, mi si cominciò la croce del desiderio ch'io avevo di fare l'obbedienzia del Padre mio, e d'adempire la sua volontà nell'uomo; cioè che l'uomo fusse restituito a Grazia, e ricevesse il fine pel quale eglifu creato. Questa croce m'era maggiore pena che veruna altra pena ch'io portassi mai corporalmente. E però lo spirito mio esultò con grandissime letizie, quando mi vidi condotto all'ultimo; e specialmente nella cena del Giovedì santo. E però dissi: con desiderio ho desiderato di fare questa pasqua; cioè di fare sacrificio del corpo mio al Padre.

Grandissima letizia e consolazione avevo, perchè vedevo apparecchiare il tempo disposto a tormi questa croce del desiderio; cioè che quanto più mi vidi giugnere a' flagelli e a'tormenti corporali, tanto mi scemava più la pena. Chè con la pena corporale si cacciava la pena del desiderio; perchè vedevo adempito quello che io desideravo». Ella rispondeva e diceva: «O Signor mio dolce, tu dici che questa pena della croce del desiderio ti si partì in croce. In che modo fu? Or perdesti tu il desiderio di me?». Ed egli diceva: «Figliuola mia dolce, no. Chè, morendo io in su la croce, terminò la pena del santo desiderio ad un'ora con la vita; ma non terminò il desiderio e la fame che io ho della salute vostra. Che se l'amore ineffabile che io ebbi e ho all'umana generazione fusse terminato e finito, voi non sareste. Perocchè, come l'amore vi trasse dal seno del Padre mio, creandovi con la sapienza sua; così esso amore vi conserva: che voi non sete fatti d'altro che d'amore. Se ritraesse a sè l'amore con quella potenzia e sapienzia con la quale egli vi creò, voi non sareste. Io, unigenito Figliuolo di Dio, sono fatto uno condotto che vi porge l'acqua della Grazia. Io vi manifesto l'affetto del Padre mio: perocchè quello affetto che egli ha, e io ho; e quello che ho io, egli ha: perchè sono una cosa col Padre, e il Padre è una cosa con meco; e per mezzo di me ha manifestato sè. E però dissi io: ciò che io ho avuto dal Padre, io ho manifestato a voi. D'ogni cosa n'è cagione l'Amore».

Adunque ben vedete, reverendo padre, che il dolce e il buono Gesù amore, egli muore di sete e di fame della salute nostra. Io vi prego per l'amore di Cristo crocifisso che voi vi poniate per obietto la fame di questo Agnello. Questo desidera l'anima mia, di vedervi morire per santo e vero desiderio, cioè che per l'affetto e amore che voi arete all'onore di Dio, salute dell'anime ed esaltazione di santa Chiesa, ho volontà di vedervi tanto crescere questa fame, che sotto questa fame rimaneste morto. Chè, come il Figliuolo di Dio (come detto abbiamo) di fame morì: così voi rimagnate morto a ogni amore proprio di voi medesìmo; e a ogni passione sensitiva rimanga morta la volontà e l'appetito; a stati e delizie del mondo, al piacere del secolo e di tutte le pompe sue. Non dubito che se l'occhio del cognoscimento si volge a ragguardare voi medesimo, cognoscendo voi non essere, troverete l'essere vostro dato a voi con tanto fuoco d'amore. Dico che il cuore e l'affetto vostro non potrà tenersi che non si spasmi per amore: non cì potrà vivere amore proprio; non cercherà sè per sè per propria sua utilità, ma cercherà sè per onore di Dio, nè 'l prossimo per sè, per utilità propria, ma amerallo e desidererà la salute sua per loda e gloria del nome di Dio.

Perchè vede che Dio sommamente ama la creatura; e questa è la cagione che subito li servi di Dio amano tanto la creatura, perocchè veggono che sommamente l'ama il Creatore; e la condizione dell'amore è d'amare quello che ama colui che io amo. Dico che non amano Dio per sè, ma amanlo in quanto è somma ed eterna Bontà degno d'essere amato. Veramente, padre, che costoro hanno messo a uscita la vita, perchè non pensano di loro più. Egli non vogliano altro che pene, strazii, tormenti e villanie: elli hanno in dispregio tutti li tormenti del mondo: tanto è maggiore la croce e pena che portano di vedere l'offesa e il vituperio di Dio, e la dannazione delle creature; ed è sì grande questa pena, che dimenticano il sentimento della vita propria. E non tanto che fuggano le pene, ma essi se ne dilettano e vannole cercando. Accordansi con quello dolce innamorato di Paolo che si gloriava nelle tribolazioni per l'amore di Cristo crocifisso. Or questo dolce banditore voglio e pregovi che seguitiate.

Oimè, oimè, disaventurata l'anima mia! Aprite l'occhio e ragguardate la perversità della morte che è venuta nel mondo, e singolarmente nel corpo della santa Chiesa. Oimè, scoppi il cuore e l'anima vostra a vedere tante offese di Dio. Vedete, padre, che 'l lupo infernale ne porta la creatura, le pecorelle che si pascono nel giardino della santa Chiesa; e non si trova chi si muova a trargliele di bocca. Li pastori dormono nell'amor proprio di loro medesimi, in una cupidità e immondizia: sono sì ebbri di superbia, che dormono e non si sentono, perchè veggano che il diavolo, lupo infernale, se ne porti la vita della Grazia in loro e anco quella de' sudditi loro. Essi non se ne curano: e tutto n'è cagione la perversità dell'amore proprio. Oh quanto è pericoloso questo amore nelli prelati e nelli sudditi! S'egli è prelato ed egliha amore proprio, egli non corregge il difetto de' suoi sudditi; perocchè colui che ama sè per sè, cade in timore servile, e però non riprende. Che se egli amasse sè per Dio, non temerebbe di timore servile; ma arditamente con virile cuore riprenderebbe li difetti e non tacerebbe nè farebbe vista di non vedere.

Di questo amore voglio che siate privato, padre carissimo. Pregovi che facciate sì che non sia detta a voi quella dura parola con riprensione dalla prima verità, dicendo: «maladetto sia tu che tacesti». Oimè, non più tacere! Gridate con cento migliaia di lingue. Veggo che, per tacere, il mondo è guasto, la Sposa di Cristo è impallidita, toltogli è il colore, perchè gli è succhiato il sangue da dosso, cìoè che il sangue di Cristo, che è dato per grazia e non per debito, egli sel furano con la superbia, tollendo l'onore che debbe essere di Dio, e dannolo a loro; e si ruba per simonia, vendendo i doni e le grazie che ci sono dati per grazia col prezzo del sangue del Figliuolo di Dio. Oimè! ch'io muoio, e non posso morire. Non dormite più in negligenzia; adoperate nel tempo presente ciò che si può. Credo che vi verrà altro tempo che anco potrete più adoperare; ma ora pel tempo presente v'invito a spogliare l'anima vostra d'ogni amore proprio, e vestirla di fame e di virtù reale e vera, a onore di Dio e salute dell'anime. Confortatevi in Cristo Gesù dolce amore: chè tosto vedremo apparire i fiori. Studiate che il gonfalone della croce tosto si levi; e non venga meno il cuore e l'affetto vostro per veruno inconveniente che vedeste venire; ma più allora vi confortate, pensando che Cristo crocifisso sarà il facitore e adempitore degli spasmati desiderii de' servi di Dio. Non dico più. Permanete nella santa e dolce dilezione di Dio. Annegatevi nel sangue di Cristo crocifisso: ponetevi in croce con Cristo crocifisso: nascondetevi nelle piaghe di Cristo crocifisso: fatevi bagno nel sangue di Cristo crocifisso.

Perdonate, padre, alla mia presunzione. Gesù dolce, Gesù Amore.



XVII - Al venerabile religioso Frate Antonio da Nizza, dell'Ordine de' Frati eremitani di Santo Agostino, a Selva di Lago.

Proemio, di Niccolò Tommaseo:
Chi cerca nella virtù il diletto della virtù; chi vuol fare il bene a suo modo, e fuor di quel modo che piace a lui non vede che male; costui lascia l'amor proprio insinuarsi ne' più riposti seni del cuore, e mette il bene in guerra col bene. Giudizii di maschia sapienza, rivelati al cuor della donna.

Al nome di Gesù Cristo crocifisso e di Maria dolce.

A voi, dilettissimo e carissimo padre e fratello in Cristo Gesù, io Catarina, serva e schiava dei servi di Gesù Cristo, scrivo e raccomandovi nel prezioso sangue del Figliuolo di Dio; con desiderio di vedervi annegato e affocato nella fornace della divina Carità, e in essa arsa eannegata la vostra propria volontà, la quale volontà ci tolle la vita e dacci la morte. Apriamo gli occhi, carissimo fratello: perocchè noi abbiamo due volontà; l'una sensitiva, che cerca le cose sensibili; e l'altra è la volontàspirituale, che con specie e colore di virtù tiene ferma la volontà sua. E in questa lo dimostra, quando vorrà eleggere i luoghi e i tempi e le consolazioni a suo modo; e dice: «io vorrei questo per più avere Dio». E questo è grande inganno, e illusione di dimonio: chè non potendo il dimonio ingannare i servi di Dio colla prima volontà (chè già i servi di Dio l'hanno mortificata alle cose sensitive), di furto pigliali la seconda volontà colle cose spirituali. Onde spesse volte l'anima riceve consolazione, e da Dio poi si sente privato di quella; e aranne un'altra la quale sarà di meno consolazione, e di più frutto. Allora l'anima, che è inanimata a quella che dà dolcezza, essendone privata, ha pena e riceve tedio. E perchè tedio? perchè ella non ne vorrebbe essere privata; dicendo: «e' mi pare amare più Dio in questo modo che in quello. Di quello sento qualche frutto; e di questo non sento frutto nessuno, altro che pena, spesse volte molte battaglie; e parmene offendere Dio». - Dico, Figliuolo e fratello in Cristo Gesù, che quest'anima s'inganna colla propria volontà; che non vorrebbe esser privata di quella dolcezza: con questa esca la piglia il dimonio. E spesse volte pèrdono il tempo, volendo il tempo a loro modo; perocchè non esercitano quello che essi hanno, altro che in pena e in tenebre.

Disse una volta il nostro dolce Salvatore a una sua dilettissima figliuola: «Sai tu come fanno questi che vogliono adempiere la volontà in consolazione e in dolcezza e in diletto? come ne sono privati, elli vogliono escire dalla mia volontà, parendo loro ben fare, e per non offendere: ma gli è nascosta la falsa sensualità; e per fuggire pene, cade nell'offesa, e non se ne avvede. Ma se l'anima fusse savia, e avesse il lume dentro della volontà mia, ragguarderebbe al frutto, e non alla dolcezza. Quale è il frutto dell'anima? l'odio di sè, e amore di me. Il quale odio e amore sono esciti dal cognoscimento di sè medesimo: e allora cognosce, sè, difettuoso, non essere niente; e vede in sè la bontà mia, che gli conserva la buona volonta; e vede la persona che io l'ho fatto, perchè mi serva in maggiore perfezione; e giudica che io l'ho fatto per lo meglio e per più suo bene. Questo tale, carissima figliuola, non vuole il tempo a suo modo, perchè è umiliato; e cognoscendo la sua infirmità, non si fida del suo volere: ma è fedele a me. Vestesi della somma ed eterna volontà mia, perocchè vede che io non do nè toglio, se non per vostra santificazione; e vede che solo l'amore mi muove e dare a voi la dolcezza, e torvela: e per questo non si può dolere di veruna consolazione che gli fusse tolta o dentro o di fuori, o dal dimonio o dalle creature; perchè vede che se non fusse suo bene, io nol permetterei. Onde costui si gode, perocchè egli ha il lume dentro e di fuore; ed è sì illuminato che, giungendo il dimonio colle tenebre nella mente sua per confusione, dicendo: «questo è per li tuoi peccati»; ed egli risponde come persona che non schifa pena, dicendo: «grazia sia al mio Creatore che s'è ricordato di me nel tempo delle tenebre, punendomi per pena nel tempo finito. Grande amore è questo, che non mi vuole punire nel tempo infinito».

Oh, quanta tranquillità di mente ha quest'anima, perchè s'ha tolta la volontà, che dà tempesta! Ma non fa così colui che ha la volontà dentro viva, cercando le cose a suo modo: che par che egli creda saper meglio quello che gli bisogna, che io. E spesse volte dice: «mi ci pare offendere Dio. Tollami via l'offesa, e faccia ciò che vuole». Questo è segno che v'è tolta l'offesa, quando vedete in voi buona volontà di non offendere Dio e il dispiacimento del peccato; onde dovete pigliare speranza. Però che, se tutte l'operazioni di fuore e consolazioni dentro venissero meno, stia sempre ferma la buona volontà, per piacere a Dio. E sopra questa pietra è fondata la Grazia. Se dici: «non me la pare avere»: Ð dico ch'egli è falso: perocchè se non l'avessi, non temeresti d'offendere Dio. Ma egli è il dimonio che fa veder questo, perchè l'anima venga a confusione e a tristizia disordinata, e perchè tenga ferma la sua volontà in volere le consolazioni, i tempi e i luoghi a suo modo. Non gli credete, figliuola carissima: ma sempre si disponga l'anima a sostenere pene, per qualunque modo Dio le dia. Altrimenti, faresti come colui che sta in sull'uscio col lume in mano, che distende la mano di fuore, e fa lume fuore, e dentro è tenebroso. Ciò è colui che già è accordato nelle cose di fuore colla volontà di Dio, disprezzando il mondo; ma dentro gli rimane la volontà spirituale viva, velata con colore di virtù». Ð Cosi disse Dio a quella sua serva detta di sopra.

Però dissi io che volevo e desideravo che la vostra volontà fusse annegata e trasformata in lui; disponendoci sempre a portare pene e fadighe, per qualunque modo Dio ce le vuole dare. Così saremo privati della tenebra, e avremo la luce. Amen. Laudato sia Gesù Cristo crocifisso e Maria dolce.



XVIII - A Benincasa suo fratello, essendo esso in Firenze.

Proemio, di Niccolò Tommaseo:
Lo conforta a pazienza, perchè il patire breve, grande il premio del ben sopportare; del contrario è grave il danno. Soavemente gli raccomanda che sia grato alla madre.

Al nome di Gesù Cristo crocifisso e di Maria dolce.

Carissimo fratello in Cristo Gesù. lo Catarina, serva inutile, ti conforto e benedico, ed invito a una dolce e santissima pazienzia; chè senza la pazienzia non potremmo piacere a Dio. Adunque vi prego, acciocchè voi riceviate il frutto delle vostre tribolazioni, che voi pigliate quest'arme della pazienzia. E se vi paresse molto duro a portare le molte fadighe, riducovi alla memoria tre cose, acciò che portiate più pazientemente. E prima, voglio che pensiate la brevità del tempo vostro; che non sete sicuro del dì di domane. Bene possiamo dire che non abbiamo la fadiga passata, nè quella ch'è a venire, ma solo il punto del tempo, che noi abbiamo. Adunque bene doviamo portare pazientemente, poichè 'l tempo è cotanto breve. La seconda si è, che voi consideriate il fatto che segue dalle fadighe. Che dice Santo Paolo, che non è comparazione delle fadighe a rispetto del frutto e rimunerazione della superna gloria. La terza si è che voi con: sideriate il danno che sèguita a coloro, che portano con ira e con impazienzia: che sèguita questo danno qui, e la pena eternale dell'anima.

E però vi prego, carissimo fratello, che voi portiate con ogni pazienzia. E non vorrei che vi uscisse di mente il correggervi della vostra ingratitudine, ed ignoranzia, cioè del debito che avete con la madre vostra, alla quale voi sete tenuto per comandamento di Dio. E io ho veduto moltiplicare tanto la vostra ingratitudine, che non tanto che voi gli abbiate renduto il debito d'aiutarla; poniamochè di questo io v'ho per iscusato, perocchè non avete potuto; e se avesti potuto, non so che voi avreste fatto, perocchè solo delle parole le avete fatto caro. Oh ingratitudine! Non avete considerato la fadiga del parto nè il latte che ella trasse del petto suo, nè le molte fadighe che ella ha avuto di voi, e di tutti gli altri. E se mi dicesti che ella non ha avuto pietà di noi; dico che non è vero: perocchè ella n'ha avuto tanta di voi, e dell'altro, che caro gli costa. Ma poniamo caso, che fusse vero; voi sete obbligati a lei, e non ella a voi. Ella non trasse la carne di voi, ma ella diè la sua carne a voi. Pregovi che vicorreggiate di questo difetto, e degli altri; e che perdoniate alla mia ignoranzia. Chè se io non amassi l'anima vostra, non vi direi quello che io vi dico. Rammentovi la vostra confessione, a voi, e alla vostra famiglia. Altro non vi dico. Permanete nella santa e dolce dilezione di Dio. Gesù dolce, Gesù amore.



XIX - A Niccolaccio di Caterino Petroni da Siena

Proemio, di Niccolò Tommaseo:
Senza carità non è vita. Liberale dottrina: che il bene fatto anco in istato di colpa è rimunerato da Dio. Accenno di pace.

Al nome di Gesù Cristo crocifisso e di Maria dolce.

Carissimo fratello in Cristo dolce Gesù. Io Catarina, serva e schiava de' servi di Gesù Cristo, scrivo a voi nel prezioso sangue suo: con desiderio di vedervi osservatore de' dolci comandamenti di Dio, acciocchè potiate in voi participare la vita della Grazia. Ma questo non potresti fare col dispiacimento e odio del prossimo vostro; perocchè 'l secondo comandamento di Dio è d'amare il prossimo come noi medesimi. Questa dilezione d'amare la creatura esce dalla fontana della divina carità. Adunque chi non è nella carità di Dio, non è in quella del prossimo suo; non essendovi, è come 'l membro ch'è tagliato dal corpo, che subito perde la vita e seccasi; perchè è tagliato del suo principio. E cosi l'anima separata per l'odio dalla divina carità, è subito morta a grazia: in tanto che veruno bene che faccia, gli vale, quanto a vita eterna.

Vero è che 'l bene non si debbe però lassare che non si faccia, in qualunque stato altri sia; perchè ogni bene è rimunerato, e ogni colpa punita. Se non è rimunerato dunque a vita eterna, Dio gli rende questo, che o gli presta il tempo a poter correggere la vita sua, o gli metterà alcun mezzo de' servi suoi a trarlo delle mani delle dimonia; o egli fa abbondare ne' beni temporali; e anco poi morendo, eziandio essendo entro l'inferno, ha meno pena. Chè più pena gli seguiterebbe se quel tempo che egli fece quel poco di bene, egli avesse fatto il male. Onde, per questo e molte altre cose, il bene in veruno modo si debbe mai lassare, in qualunque stato egli sia fatto. Ma bene è da considerare, poichè Dio è sì dolce remuneratore, che la buona opera, non ostante che ella sia fatta in peccato mortale, egli la vuole retribuire in qualche cosa.

Quanto maggiormente farà a coloro che la fanno in stato di grazia, con vero e santo desiderio nella carità di Dio, e dilezione del prossimo loro! A questi, della loro opera ne ha dato frutto infinito; vivendo in questa per grazia; nell'altra gli è dato vita eterna. Adunque voglio che con ogni santa sollecitudine voi vi studiate di vivere in grazia, operando i dolci comandamenti di Dio; chè in altro modo non potreste. E però vi dissi che io desideravo di vedervi operatore dei detti comandamenti. Non dico più qui: se non che in questo che io vi domanderò, m'avvedrò se starete in questa dilezione, o no. Quel che io v'addimando, si è la pace, la quale... Permanete nella santa e dolce dilezione di Dio. Gesù dolce, Gesù amore.



XX - A Benincasa suo fratello in Firenze

Proemio, di Niccolò Tommaseo:
Lo conforta a pazienza: forse nella perdita degli averi.

Al nome di Gesù Cristo crocifisso e di Maria dolce.

Carissimo e dilettissimo fratello in Cristo Gesù. lo Catarina, serva e schiava de' servi di Gesù Cristo, vi conforto nel Prezioso sangue del Figliuolo di Dio: con desiderio di vedervi tutto accordato e trasformato con volontà di Dio; sapendo che lui è quello giogo santo e dolce che ogni amaritudine fa tornare in dolcezza. Ogni gran peso diventa leggero sotto questo santissimo giogo della dolce volontà di Dio, senza la quale non potresti piacere a Dio, anzi gusteresti l'arra dell'inferno. Confortatevi, confortatevi, carissimo fratello, e non venite meno sotto questa disciplina di Dio; ma confidatevi, chè quando l'aiuto umano vien meno, l'aiuto divino è presso.
Iddio vi provvederà. Pensate che Giobbe perdette l'avere e' figliuoli e la sanità; rimasegli la donna sua perun continuo flagello: e poi che Dio ebbe provata la pazienzia sua, gli rendè ogni cosa a doppio, e alla fine vita eterna. Giobbe paziente non si disturbò mai; ma sempre adoperando la virtù della santa pazienzia, diceva: «Dio me l'ha date, Dio me l'ha tolte; sia il nome di Dio benedetto». Così voglio che facciate voi, carissimo fratello; che siate amatore della virtù, con una pazienzia santa, con una confessione spessa, che vi farà portare spesso le vostre fadighe. E io vi dico: Dio userà la sua benignità e misericordia, e rimunereravvi d'ogni fadiga che per lo suo amore voi averete portata. Permanente nella santa e dolce dilezione di Dio. Gesù dolce, Gesù amore.




Caterina63
00venerdì 22 aprile 2016 10:56



XXI - Ad uno il cui nome si tace.

Proemio, di Niccolò Tommaseo:
Debito dell'anima è cooperare con l'amore e col pentimento all'amorosa opera del riscatto. Gli rimprovera vizii brutti; ma commisera e dà speranze.

Al nome di Gesù Cristo crocifisso e di Maria dolce.

Carissimo fratello in Cristo dolce Gesù. Io Catarina, serva e schiava de' servi di Gesù Cristo, scrivo a voi nel prezioso sangue suo; con desiderio di vedervi debitore reale, che rendiate il debito vostro al vostro Creatore. Sapete che siamo tutti debitori a Dio; perocchè, ciò che noi abbiamo, l'abbiamo solo per grazia e per amore inestimabile. Non pregammo mai che ci creasse: mosso dunque dal fuoco dell'amore; creocci all'immagine e similitudine sua: creocci in tanta dignità, che non è lingua che il possa narrare, nè occhio vedere, nè cuore pensare la dignità dell'uomo, quanto ell'è. Questo è il debito che noi abbiamo tratto da Dio: e questo debito vuole che gli sia renduto: cioè amore per amore. Cosa giusta e convenevole è che colui che si vede amare, ch'egli ami. Anco ei mostrò maggiore amore che mostrare ci potesse, dando la vita per noi. Che, vedendo Dio che l'uomo aveva perduta la sua dignità per lo peccato commesso, erasi obbligato al dimonio; venne la somma eterna Bontà. Essendo innamorato della sua creatura, vuole restituire e trarla dall'obbligo, manda il Verbo dell'unigenito suo Figliuolo, condannato alla morte per rendere la vita della Grazia all'uomo: mandalo per ricolta dell'uomo a trarlo dalla carcere del peccato e dalle mani delle dimonia. O dolce e amoroso Figliuolo di Dio, inestimabile Verbo, Carità dolcissima, tu sei entrato ricolta e pagatore; tu hai stracciato la carta dell'obbligazione fra l'uomo e il dimonio; che per lo peccato era obligato a lui: sì che stracciando la carta del corpo tuo, scioglieste noi.

Oimè, signore mio! chi non si consuma a tanto fuoco d'amore? Non si consumeranno coloro, che ogni dì di nuovo fanno carta nuova col dimonio non ragguardando te, Cristo Gesù flagellato, satollato d'obbrobri, Dio ed uomo. Oimè, oimè! questi tali fanno del corpo loro una stalla, tenendovi dentro gli animali bruti senza veruna ragione.

Oimè, fratello carissimo, non dormite più nella morte del peccato mortale. Io vi dico che la secure è già posta alla radice dell'arbolo. Togliete la pala del timor santo di Dio, e sia menata alla mano dell'amore. Venite traendo il fracidume dell'anima e del corpo vostro. Non siate crudele di voi, nè manigoldo, tagliandovi dal vostro capo, Cristo dolce e buono Gesù. Non più fracidume, non più immondizia! E ricorrete al vostro creatore; aprite l'occhio dell'anima vostra, e vedete quanto è 'l fuoco della sua carità, che v'ha sostenuto, e non ha comandato alla terra che si sia aperta, nè agli animali bruti, che v'abbiamo divorato. Anco, v'ha dato la terra de' frutti suoi, e 'l sole, e 'l caldo, e la luce e 'l cielo, il Movimento, acciòche viviate; dandovi spazio di tempo, perchè possiate correggervi. Questo ha fatto solo per amore. O ladro ignorante debitore, non aspettate più tempo; fate sacrificio a Cristo crocifisso della mente, dell'anima e del corpo vostro. Non dico, che vi diate la morte perchè voi vogliate questo per separazione di vita corporale; ma morte negli appetiti sensitivi; che la volontà ci sia morta,e viva la ragione, seguitando le vestigie di Cristo crocifisso. Allora renderete il debito. Date a Dio quello che è di Dio, e alla terra quello che è della terra.
A Dio si deve dare il cuore, e l'anima, e l'affetto con ogni sollicitudine,e non negligenzia. Tutte le vostre operazioni debbono essere fondate in Dio. Alla terra che si vuol dare, cioè a questa parte sensitíva? Quello che ella merita. Che merita colui che uccide? D'essere morto. Cosi ci conviene uccidere questa volontà fiagellando la carne nostra; afiliggerla, ponerli il giogo de' santi comandamenti di Dio. E non vedete voi che ella è mortale? Tosto passa la verdura sua, siccome il fiore che è levato dal suo principio. Non state più cosi, per l'amore di Cristo crocifisso! Ch'io vi prometto che tanta abominazione e tanta iniquità Dio non la sosterrà, non correggendo la vita vostra; anco, ne farà grandissima giustizia mandando il giudizio sopra di voi. Dicovi che non tanto Dio, ch'è somma purità, ma le dimonia non la possono sostenere: chè tutti gli altri peccati stanno a vedere, eccetto questo peccato contro natura. Or sete voi bestia, o animale bruto? Io veggo pure, che voi avete forma d'uomo; ma è vero che di quest'uomo è fatto stalla: dentro ci sono gli animali bruti de' peccati mortali.
Oimè! non più, per l'amore di Dio! Attendete, attendete alla salute vostra: rispondete a Cristo, che vi chiama. Voi sete fatto per esser tempio di Dio; cioè che dovete ricevere Dio per Grazia, vivendo virtuosamente, partecipando il sangue dell'Agnello; dove si lavano le nostre iniquità.

Oimè, oimè sventurata l'anima mia! Io non so metter mano alle mie e vostre iniquità. Or come fu tanto crudele, e spietata l'anima vostra, e la vostra bestiale passionesensitiva, che voi oltre al peccato contro natura... Oimè! scoppino e' cuori, dividasi la terra, rivolgansi tutte le pietre sopra di noi, i lupi ci divorino; non sostengano tanta immondizia, e offesa fatta a Dio e all'anima vostra. Fratello mio ci vien meno la lingua, e tutti e' sentimenti. Ohimè! non voglio più così. Ponete fine e termine alla miseria ch'io v'ho detto: e vi ricordo che Dio nol sosterrà, se voi non vi correggete. Ma bene vi dico che se voi vorrete correggere la vita vostra in questo punto del tempo, che v'è rimaso, Iddio è tanto benigno e misericordioso, che vi farà misericordia; benignamente vi riceverà nelle braccia sue, faravvi partecipare il fruttodel sangue dell'Agnello, sparto con tanto fuoco d'amore: chè non è neuno sì gran peccatore, che non trovi misericordia. Perocchè è maggiore la misericordia di Dio, che le nostre iniquità, colà dove noi ci vogliamo correggere, e vomitare il fradiciume del peccato per la santa confessione, con proponimento d'eleggere innanzi la morte, che tornare più al vomito. A questo modo riaverete la dignità vostra perduta per lo peccato: e renderemo il debito che dobbiamo rendere a Dio. Sappiate che se voi nol rendeste, voi cadereste nella più scura prigione che si possa immaginare. Sappiate che quando questo debito non si rende, della confessione e dispiacimento del peccato, non bisogna che altri s'affadighi a pigliarlo, perchè esso medesimo colla compagnia delle dimonia, che sono i suoi signori a cui egli ha servito, ne va nel profondo dell'inferno.

Fratello mio dolce in Cristo dolce Gesù, non voglio che questa prigione nè condennagione venga sopra di voi; ma voglio, e pregovi (e io vi voglio aiutare) da parte di Cristo crocifisso, che voiusciate delle mani del diavolo. Pagate il debito della santa confessione con dispiacimento dell'offesa di Dio, e proponimento di non cader più in tanta miseria. Abbiate memoria di Cristo crocifisso; spegnete il veleno della carne vostra colla memoria della carne fiagellata di Cristo crocifisso, Dio ed uomo. Chè per l'unione della natura divina colla natura umana è venuta in tanta dignità la nostra carne, che ella è esaltata sopra tutti i cori degliangeli. Ben si debbono vergognare gli stolti figliuoli di Adam, di darsi a tanta miseria, e perdere la sua dignità. Ponetevi per obietto Cristo crocifisso, nascondetevi nelle piaghe di Cristo crocifisso, annegatevi nel sangue di Cristo crocifisso. E non indugiate, nè aspettate il tempo, perchè il tempo non aspetta voi. E se la fragilità vostra vivolesse dar molestia, tenetevi ragione come buon giudice. Salite sopra la sedia della coscienza vostra; non lassate passare i movimenti che non sieno corretti da voi con una santa e dolce memoria di Dio. Invitate voi medesimo a far resistenzia, e non consentite al peccato per volontà nè attualmente mandarlo ad effetto; ma dite: «porta oggi, anima mia, questa poca pena; fa resistenzia, e non consentire. Forse che domani sarà terminata la vita tua.
E se pure sarai vivo, farai quello che ti farà fare Dio.Fa tu oggi questo». Dicovi che facendo così, l'anima vostra e il corpo, che ora è fatto stalla, sarà fatto tempio dove Dio si diletterà abitando in voi per Grazia. Poi, consumata la vita vostra, riceverete l'eterna visione di Dio, dove è vita senza morte, e sazietà senza fastidio. Non vogliate perdere tanto bene per una trista dilettazione. Altro non vi dico. Permanete nella santa e dolce dilezione di Dio. Perdonate alla mia ignoranzia. Hovvi forse gravato di parole, e detto quello che non vorremmo forse udire. Abbiatemi per iscusata; chè l'affetto e l'amore ch'io ho alla salute dell'anima vostra me l'ha fatto fare. Chè se io non v'amessi, non me ne impaccerei, nè curerei perchè io vi vedessi nelle mani del dimonio: ma perchè io v'amo, nol posso sostenere. Voglio che partecipiate il sangue del Figliuolo di Dio. Gesù dolce, Gesù amore, Maria dolce.



XXII - All'abbate Martino di Passignano dell'ordine di Valle Ombrosa.

Proemio, di Niccolò Tommaseo:
L'anima è giardino. Allegoria continuata con arguzia profonda e potenza psicologica e teologica. L'amor proprio è le spine, da svellere con odio del male, odio diretto da amore del bene. Le virtù da piantarsi con amore, come radice da cui germina pazienza, e poi fede, poi noncuranza del mondo, e giustizia con misericordia; poi osservanza dell'ordine religioso, la qual consiste prima nel pensare, poi nel pregare. La coscienza previene l'intelligenza, ma l'intelligenza mantiene l'affetto: ed essa coscienza è nutrita dalla memoria. Raccomanda al monaco che spregi ricchezze e delizie.

Al nome di Gesù Cristo crocifisso e di Maria dolce.

Carissimo padre in Cristo dolce Gesù. Io Catarina, serva e schiava de' servi di Gesù Cristo, scrivo a voi nel prezioso sangue suo; con desiderio di vedervi vero ortolano e governatore dell'orto dell'anima vostra, e de' sudditi vostri. Noi siamo un giardino, overamente orto, del quale giardino e orto n'ha fatto ortolano la prima Verità la ragione col libero arbitrio; la quale ragione e libero arbitrio, coll'aiutorio della Divina Grazia, ha divellere lespine de' vizi, e piantare l'erbe odorifere delle virtù.

Ma non potrebbe piantare le virtù, se prima non rivoltasse la terra insieme colle spine, cioè, la terra della propria volontà sensitiva, che non si diletta d'altro che di diletti terreni e transitorii, pieni di triboli, di spine, e di vizii e di peccati. Rivoltisi dunque questa terra, carissimo Padre, per forza d'amore, in questo punto del tempo che c'è rimasto; e si piantino le dolci e reali virtù: unamore ineffabile tratto dello immacolato Agnello, condito coll'odio e dispiacimento di sè, con pazienzia vera, con fede viva, e non morta, con vere operazioni, con uno dispiacimento del mondo, con una giustizia vera, condita con misericordia verso i sudditi vostri; una obedienza pronta a Cristo ed all'Ordine, perseverante infino alla morte. All'Ordine, dico: d'essere osservatore dell'Ordine, col santo e vero desiderio, con la vigilia e continua orazione; cioè, che l'intelletto venga sempre a ragguardare, e cognoscere sè non essere, e la bontà di Dio in sè, che è colui che è. Onde a mano mano sèguita la continua orazione: chè il continuo orare non è altro che uno santo desiderio ed affetto dolce d'amore; e l'affetto va dietro all'intelletto. Che fra le altre piante, chegittano odore grandissimo in questo giardino, sono queste. E però io voglio che siate più sollecito: perchè qui troverete la fame dell'onore di Dio e della salute de' sudditi vostri; e così adempirete la volontà sua e il desiderio mio, che dissi che io desideravo di vedervi vero ortolano dell'anirna vostra e de' sudditi vostri. Perocchè, avendo fame della salute per onore di Dio, sarete sollecito di trargli di miseria, e punire i difetti ed esaltare coloro che sono virtuosi, e che vogliono vivere secondo l'Ordine.

Poichè 'l giardino è così ben fornito, voglio che alla guardia poniate il cane della coscienzia; e sia legato alla porta, sicchè, se i nemici venissero, e l'occhio dell'intelletto dormisse il cane abbai. Poichè, abbaiando lo stimolo della coscienzia, l'occhio si desta, e fassi incontro a' nemici con l'odio e dispiacimento; e subito ripara e armasi con l'arme dell'amore. Conviensi dargli mangiare a questo cane, acciocchè sia ben sollicito; e 'l cibo suo non è altro che odio e amore, portato nel vasello della vera umiltà, e tenuto con la mano della vera pazienzia. Perocchè fra l'odio e l'amore nasce l'umiltà, e dolce e soave pazienzia. E quanto più cibo, più sollicitudine. E tanto diventa cauto questo cane, che, eziandio passando gli amici, abbaia, perchè l'intelletto si levi a vedere chi eglisono, e discernere se sono da Dio o no. E così non potrà essere ingannato l'ortolano, nè rubato il giardino; e non verrà il nemico a seminargli la zizzania dell'amor proprio; il quale amore proprio germina spine, e affoga il seme delle virtù. Dategli bere, dategli bere a questo cane; cioè, empite il vasello della memoria vostra del sangue di Cristo crocifisso;e ponetegli lì innanzi continuamente, acciocchè non muoia, e perisca di sete.

Su, Padre carissimo, diamo de' calci al mondo, con tutte le pompe, delizie e ricchezze sue; e, poverello, seguitate l'Agnello consumato e derelitto per noi in sul legno della santissima croce. Non aspettiamo più tempo, per l'amore di Dio! Perocchè il tempo c'è tolto fra le mani, che l'uomo non se n'avvede: epperò non è senno dell'uomo d'aspettare quello che non ha, e perdere quello ch'egli ha. Non dico più. Permanete nella santa e dolce dilezione di Dio. Gesù dolce, Gesù amore.



XXIII - A Nanna figliuola di Benincasa, verginella sua nipote, in Firenze.

Proemio, di Niccolò Tommaseo:
Ingegnoso e gentile comento morale e poetico della parabola delle vergini. La verginità corporale non sempre è quella dell'anima. Il cuore è lampana che si dilata nell'alto. L'umiltà, da cui deriva mansuetudine e pazienza, è l'olio che nutre il lume della fede, ed è mantenuto dal conoscimento di sè, il quale però metterebbe disperazione senza il conoscimento di Dio, cioè spegnerebbe la fede. Sentenza che concilia la coscienza filosofica con la religiosa. Le cinque vergini è la purità de' cinque sentimenti, la quale è macchiata pur dalle lodi degli uomini.

Al nome di Gesù Cristo crocifisso e di Maria dolce.

Carissima figliuola in Cristo dolce Gesù. Io Catarina, serva e schiava de' servi di Gesù Cristo, scrivo a te nel prezioso sangue suo; con desiderio di vederti vera sposa di Cristo crocifisso, e fuggire ogni cosa che t'impedisse d'aver questo dolce e glorioso sposo. Ma questo non potresti fare, se tu non fossi di quelle vergini savie consacrate a Cristo, le quali avevano le lampane coll'olio, ed eravi il lume dentro. E però vedi che, a volere essere sposa di Cristo, ti conviene avere la lampana, e l'olio, e illume. Sai come s'intende questo, figliuola mia? Per la lampana s'intende il cuore nostro: poichè il cuore debba esser fatto come la lampana. Tu vedi bene che la lampana è larga di sopra, e di sotto stretta; e cosi è fatto il cuore, a significare che noi il dobbiamo sempre tenere largo di sopra, cioè per santi pensieri, e per sante imaginazioni, e per continua orazione; avendo sempre in memoria i beneficii di Dio, e massimamente il beneficio del sangue, per lo quale siamo ricomperati.

Perocchè Cristo benedetto, figliuola mia, non ci ricomprò d'oro nè d'argento nè di perle o d'altra pietra preziosa; anco, ci ricomprò del sangue suo prezioso. Onde tanto beneficio non si vuole mai dimenticare, ma sempre portarlo dinanzi agli occhi suoi, con un santo e dolce ringraziamento, vedendo quanto Dio ci ama inestimabilmente: che non curò di dare l'unigenito suo Figliuolo alla obbrobriosa morte della croce per dare a noi la vita della Grazia. Dissi che la lampana è stretta di sotto: e così il cuorenostro; a significare che il cuore debba essere stretto verso queste cose terrene, cioè in non desiderarle nè amarle disordinatamente, nè appetire più che Dio ci voglia dare; ma sempre ringraziarlo, vedendo come dolcemente ci provvede, si che mai non ci manca cavelle. Ora a questo modo sarà il cuore nostro veramente una lampana. Ma pensa, figliuola mia, che questo non basterebbe, se non ci fosse l'olio dentro. Per l'olio s'intende quella dolce virtù piccola della profonda umiltà: perchè si conviene che la sposa di Cristo sia umile e mansueta e paziente; e tanto sarà umile quanto paziente, e tanto paziente quanto umile. Ma a questa virtù dell'umiltà non potremo venire se non per vero cognoscimento di noi medesimi, cioè cognoscendo la miseria e fragilità nostra, e che noi per noi medesimi non possiamo alcun atto virtuoso, nè levarci neuna battaglia o pena: perocchè se noi abbiamo la infermità corporale, o una pena o una battaglia mentale, non ce la possiamo levare o tollere; perocchè, se noi potessimo, subito la leveremmo via. Dunque bene è vero che noi per noi non siamo nulla, altro che obbrobri, miseria, puzza, fragilità e peccati: per la quale cosa sempre dobbiamo star bassi e umili.

Ma a stare solamente in questo cognoscimento di sè, non sarebbe buono; perocchè l'anima verrebbe a tedio, e a confusione; e dalla confusione verrebbe alla disperazione: onde il demonio non vorrebbe altro se non farci venire a confusione, per farci poi venire a disperazione. Convienci dunque stare nel cognoscimento della bontà di Dio in sè, vedendo che egli ci ha creati alla imagine e similitudine sua, e ricreati a grazia nel sangue dell'unigenito suo Figliuolo, Verbo dolce incarnato; e come continuamente la bontà di Dio adopera in noi. Ma vedi, che stare solamente in questo cognoscimento di Dio non sarebbe buono; perocchè l'anima ne verrebbe a presunzione e superbia. Convienci dunque che sia mescolato l'uno coll'altro insieme, cioè stare nel cognoscimento santo della bontà di Dio, e nel cognoscimento di noi medesimi: e cosi saremo umili, pazienti e mansueti; e a questo modo averemo l'olio nella lampana.

Convienci ora che ci sia il lume: altrimenti, non basterebbe. Questo lume vuol essere il lume della santissima fede. Ma dicono i Santi che la fede senza l'opera è morta: onde non sarebbe fede viva nè santa, ma morta. E però ci è bisogno adoperarci di continuo virtuosamente, e lassare le fanciullezze e le nostre vanità, e non stare piùcome mondane giovane, ma stare come spose fedeli consecrate a Cristo crocifisso: e a questo modo averemo la lampana e l'olio e 'l lume. Ma dice il Vangelio che quelle vergini savie erano cinque. Onde io ti dico che a ciascuno di noi ci conviene essere cinque: altrimenti non entreremo alle nozze di vita eterna.

Per questo cinque intende che si conviene che noi soggioghiamo e mortifichiamo i nostri cinque sentimenti del corpo, per sì fatto modo che noi non offendiamo mai con essi, pigliando con essi o con alcuni di essi disordinato diletto e piacere. E a questo modo saremo cinque; cioè che aremo soggiogati i nostri cinque sentimenti corporali.

Ma pensa, che questo dolce sposo, Cristo, è tanto geloso delle spose sue, che io non tel potrei dire. E però se egli s'avvedesse che tu amassi altri più che lui, subito si sdegnerebbe con teco. E se tu non ti correggessi, non ti sarebbe aperta la porta dove l'Agnello immacolato Cristo fa le nozze a tutte le sue fedeli spose; ma come adultere saremmo cacciate via, siccome furono quelle cinque vergini stolte, le quali gloriandosi solamente e vanamente della integrità e virginità del corpo, perdettero la virginità dell'anima per corruzione de' cinque sentimenti, perchè non portarono l'olio dell'umiltà con loro, onde le lampane loro si spegnevano. E però gli fu detto: «andatevi a comperare dell'olio». E per quest'olio s'intende in questo luogo le lusinghe e le laude umane: perocchè tutti i lusinghieri e mondani laudatori vendono quest'olio. Quasi come gli fosse detto: «della vostra verginità, e delle vostre buone operazioni, voi non avete voluto comprare vita eterna; anco, avete voluto comprare laude umane; e per avere laude umane le avete fatte. E voi laude andate a comprare: chè qua non entrerete voi».
E però, figliuola mia, guardati dalle laudi degli uomini; e non desiderar laude di neuna operazione che tu facessi: perocchè non ti sarebbe poi aperta la porta di vita eterna. Onde considerando me che questa era l'ottima via, dissi che io desideravo di vederti vera sposa di Cristo crocifisso: e così ti prego e comando, che t'ingegni d'essere. Altro non ti dico. Permane nella santa e dolce dilezione di Dio. Gesù dolce, Gesù amore.



XXIV - A Biringhieri degli Arzocchi Pievano d'Asciano.

Proemio, di Niccolò Tommaseo:
Il ministro di Dio sia fiore nello spirituale giardino. I sacerdoti rei danno puzza di sensualità, d'avarizia che vende i doni di Dio, di superbia suntuosa. Il Pievano svella le male barbe; non si faccia egli bruto. Le opere ree sono giudici nostre alla morte. Dolce ai giusti la morte.

Al nome di Gesù Cristo crocifisso e di Maria dolce.

A voi reverendissimo e carissimo padre mio in Cristo Gesù. Io Catarina, serva e schiava de' Servi di Gesù Cristo scrivo a voi, e raccomandomivi nel prezioso sangue di esso Figliuolo di Dio; con desiderio di vedervi vero ministro suo, e che seguitiate sempre le vestigie sue. Siate, siate quel fior odorifero che dovete essere, e che gittate odore nel cospetto dolce di Dio. Sapete bene, che il fiore quando è stato molto nell'acqua, non gitta odore, ma puzza. Così pare a me veramente, padre, che voi e gli altri ministri dobbiate essere. Ma questo fiore quando è messo nell'acque delle iniquitadi e immondizie de' peccati e miserie del mondo, non rende odore, ma puzza. Oh quanto è misero e miserabile colui che è posto come fiore nella Chiesa Santa, a rendere ragione de' sudditi suoi! chè sapete, che Dio richiede nettezza e purità in loro. Oimè oimè, venerabile padre, egli si trova tutto il contrario; si e per siffatto modo che non tanto che siano eglino i puzzolenti, ma ancora sono guastatori di tutti coloro che s'accostano a loro. Levatevi dunque su, e non più dormite. Assai tempo abbiamo dormito, e morti stati allo stato della Grazia

. Non ci è più tempo, perocchè egli è sonato a codennagione; e siamo condannati alla morte. O dolcissimo padre, ragguardate un poco il pericoloso stato nostro, in quanto pericolo è annegato in questo mare amaro de' peccati mortali. Or non crediamo avere noi a giungere a questo punto della morte? Non dubitiamo; chè non è creatura che per ricchezza nè per gentilezza la possa schivare. Oh quanto sarà misera e miserabile allora quell'anima, la quale si è posto per specchio le dilezioni carnali, nelle quali si è involta, come porco nel loto. Onde di creatura razionale diventa animale bruto; involto ancora in quella putrida avarizia sua; tanto che spesse volte per avarizia e cupidità vende le grazie spirituali e doni. Enfiati per superbia; e tutta lavita loro si spende in onori e in conviti, e in molti servitori, e in cavalli grossi, quello che si dee ministrare a' poveri. Queste sono quelle operazioni le quali al punto della morte si presentano per giudizio, e per giustizia dinanzi all'anima tapinella. Credeva l'anima misera avere fatto contro Dio, ed ella ha fatto contro a sè medesima; e è stata giudice, che ha condannato sè medesima, e èssi fatta degna della morte eternale. Or non siamo più semplici; perochè grande stoltizia è, che l'uomo si faccia degno della morte colà ond'egli può avere la vita.

Poi, dunque, che sta a noi di eleggere o la vita o la morte, per lo libero arbitrio che Dio ha dato a noi; pregovi carissimamente e dolcissimamente, quanto so e posso, che voi siate quel dolce fiore che gittiate odore dinanzi a Dio e negli sudditi vostri. E siccome pastore vero, ponete la vita per le pecorelle vostre, se bisogna; correggendo il vizio, e confermando le virtù nelli virtuosi. Il non correggere infracida, siccome fa il membro corrotto nel corpo corrotto dell'uomo. Abbiate dunque l'occhio sopra di voi, e sopra li sudditi vostri. E non vi paia duro a divellere queste barbe; perocchè molto vi sarà più dolce il frutto, che la fadiga amara. O padre carissimo,ragguardate allo ineffabile amore che Dio ha alla salute nostra: aprite l'occhio a vedere gli smisurati beneficii e doni suoi.
Ora è egli maggiore amore, che ponere la vita per l'amico suo? molto dunque maggiormente è da commendare colui che ha posta la vita per li nemici suoi. Or non si difendano più i cuori nostri; ma traggansi la durizia, e non sieno sempre pietra a uno modo. Rompasi questo legame e catena, col quale il dimonio spesse volte ci tiene legati; ma la forza del santo desiderio, e il dispregiamento dei vizii, e l'amore delle virtù romperà tutti questi legami. Innamoratevi dunque delle virtù vere, le quali il contrario fanno de' vizii; perocchè, come il peccato dà amaritudine, così la virtù dà dolcezza, e in questa vita si gusta vita eterna. E quando verrà ildolce tempo delle morte, la virtù adopererà; risponde per lui, e difendelo dal giudizio di Dio, e dàgli sicurtà; etollegli confusione, e educelo nella vita durabile, dove ha vita senza morte, sanità senza infirmità, ricchezze senza povertà, onore senza vituperio, signoria senza servitudine. Perocchè tutti vi sono signori; e tanto quanto l'uomo è stato minore in questa vita, tanto è maggiore di là; e quanto maggiore vorrà essere in questa vita, tanto sarà minore nell'altra.

Siate dunque piccolo per vera e profonda umiltà; e ragguardate Dio, che è umiliato a voi uomo: e non vi fa indegno di quello che Dio v'ha fatto degno; cioè, del prezioso sangue del Figliuolo suo, del quale con tanto ardentissimo amore sete ricomperato. Noi siamo servi ricomperati; e non ci possiamo più vendere. Ma quando noi siamo nelli peccati mortali, noi ciechi ci vendiamo al dimonio. Pregovi dunque per amore di Cristo crocifisso, che noi esciamo di tanta servitudine. Non dico più; ma tanto vi dico, che li miei difetti sono infiniti; e promettovi cosi, di pigliare li miei e vostri, e faronne un fascio dimira, e porrommelo nel petto per continuo pianto e amatitudine: la quale amaritudine fondata in vera carità ci fa pervenire alla vera dolcezza e consolazione della vita durabile. Perdonate alla mia presunzione e superbia. Raccomandatemi, e benedicetemi tutta la famiglia in Cristo Gesù. Prego lui che vi doni quella sua dolce e eterna benedizione; e sia di tanta fortezza, che rompa e spezzi tutti li ligami che vi tollessero lui. Permanete nellasanta e dolce dilezione di Dio. Gesù dolce. Gesù amore.



XXV - A Frate Tomaso della Fonte, de' Frati Predicatori, in San Quirico.

Proemio, di Niccolò Tommaseo:
Il Lume della mente precede all'affetto del cuore: l'affetto nutrica la memoria, e quindi la mente; esso vince il timore servile della pena. Ebrezza dell'amore puro, ritratta in parole potenti.

Al nome di Gesù Cristo crocifisso e di Maria dolce.

Carissimo padre in Cristo dolce Gesù. lo Catarina, serva e schiava de' servi di Gesù Cristo, scrivo a voi nel prezioso sangue suo; con desiderio di vedervi bagnato nel sangue di Cristo crocifisso, il quale sangue inebria, fortifica, scalda e allumina l'anima della verità: e però non cade in menzogna. Oh sangue, che fortifichi l'anima e togli la debilezza! la quale debilezza procede dal timore servile, e il timore servile viene da mancamento di lume. E però è forte l'anima, perchè nel sangue è stata alluminata dalla verità; ha congnosciuto e veduto coll'occhio dell'intelletto, che la prima Verità il creò perdargli la vita durabile a gloria e loda del nome suo. Chi ce lo manifesta ch'è egli cosi? il sangue dello immacolato Agnello. Il sangue ci manifesta, che tutte le cose che Dio ci concede, prospere e avverse, consolazione e tribolazione, vergogna e vituperio, scherni e villanie, infamie e mormorazioni, tutte sono concesse a noi con fuoco d'amore, per adempire in noi questa prima dolce verità, colla quale fummo creati. Chi ce lo mostra? il sangue. Che se altro Dio avesse voluto da noi, non ci avrebbe dato il Figliuolo, e il Figliuolo la vita.

Come l'anima coll'occhio dell'intelletto ha cognosciuto questa verità, subito riceve la fortezza, che è forte a portare e sostenere ogni gran cosa per Cristo crocifisso. Non intiepidisce, anzi riscalda col fuoco della divina carità; con odio e dispiacimento di sè. A mano a mano si trova ebro: perchè l'ebro perde il sentimento di sè, e non si trova altro che sentimento di vino: tutti i sentimenti vi sono immersi dentro. Così l'anima mia inebriata del sangue di Cristo, perde il proprio sentimento di sè, privato dell'amore sensitivo, privato del timore servile (chè colà dove non è amore sensitivo, non è timore di pena), anzi, si diletta delle pene; in altro non si vuole gloriare, se non nella croce di Cristo crocifisso. Quella è la gloria sua. Tutte lepotenzie dell'anima vi sono dentro occupate. La memoria s'è empiuta di sangue: ricevelo per benefizio: nel quale sangue trova l'amore divino che caccia l'amore proprio; amore d'obbrobrii e pena d'onore; amore di morte e pena di vita.
Con che s'è empiuta la memoria? Colle mani dell'affetto, e santo e vero desiderio. Il quale affetto e amore trasse dal lume dell'intelletto, che cognobbe le verità e la dolce volontà di Dio. Or così voglio, carissimo padre, che dolcemente ci inebriamo e bagniamo nel sangue di Cristo crocifisso; acciocchè le cose amare ci paiano dolci, e i grandi pesi leggieri; delle spinee triboli traiamo la rosa, pace e quiete. Altro non dico. Permanete nella santa e dolce dilezione di Dio. Gesù dolce, Gesù amore.




Caterina63
00venerdì 22 aprile 2016 11:02


XXVI - A Suora Eugenia sua nipote nel Monasterio di Santa Agnesa di Montepulciano.

Proemio, di Niccolò Tommaseo:
Il cibo dell'anima gustasi con la mente levata a grandi memorie. Obbedienza per Dio. Solitudine d'anima, non di corpo. Non si addomesticare neanco col padre spirituale. Orazione di labbra, di mente, di fatti. Lodi della preghiera eloquenti, che scrutano i segreti della mente e del cuore.

Al nome di Gesù Cristo crocifisso e di Maria dolce.

Carissima figliuola in Cristo dolce Gesù. lo Catarina, serva e schiava de' servi di Gesù Cristo, scrivo a te nel prezioso sangue suo; con desiderio di vederti gustare il cibo angelico: perocchè per altro non sè' fatta; ed acciocchè tu 'l potesse gustare, Dio ti ricomperò del sangue dell'unigenito suo Figliuolo. Ma pensa, carissima figliuola, che questo cibo non si mangia in terra, ma in alto; e però il Figliuolo di Dio volse essere levato in altonel legno della santissima Croce, acciocchè in alto in su questa mensa prendessimo questo cibo. Ma tu mi dirai: «quale è questo cibo angelico?». Rispondoti: è il desiderio di Dio, il quale, il desiderio che è neill'affetto dell'anima, trae a sè, e fannosi una cosa l'uno conl'altro.

Questo è uno cibo che, mentre siamo peregrini in questavita, tira a sè l'odore delle vere e reali virtù; le quali virtù sono cotte al fuoco della divina Carità, e mangiansi in su la mensa della croce. Cioè, che con pena e fadiga s'acquista la virtù, ricalcitrando alla propria sensualità; e con forza e violenzia rapisce il reame dell'anima sua, la quale è chiamata cielo, perchè cela Dio per pazienzia dentro da sè. Questo è quello cibo che fa l'anima angelica: e però si chiama cibo angelico; ed anco perchè separata l'anima dal corpo, gusta Dio nell'essenzia sua. Egli sazia tutta e per sì fatto modo l'anima, che neuna altra cosa appetisce nè può desiderare se non quello che più perfettamente le abbia a conservare e crescere questo cibo: onde ha in odio ciò che gli è contrario. E però, come prudente, ragguarda col lume della santissima Fede, il quale lume sta nell'occhio dell'intelletto, e ragguarda quello che gli è nocivo, e quello che gli è utile. E come ella ha veduto, cosi ama e spregia. E dico, la propria sensualità, tenendola legata sotto i piei dell'affetto, e tutti i vizi che procedono da essa sensualità. Ella fugge tutte le cagioni che la possono inchinare a vizio o impedire la sua perfezione. Onde ella annega la propria volontà, che gli è cagione d'ogni male, e sottomettela al giogo della santa obedienzia, non solamente all'ordine ed al prelato suo, ma ad ogni minima creatura per Dio. Ella fugge ogni gloria e piacere umano; e solo si gloria negli obbrobri e pene di Cristo crocifisso: ingiurie, strazii, scherni e villanie gli sono uno latte; dilettasi in esse per conformarsi con lo sposo suo Cristo crocifisso.
Ella rinunzia alla conversazione delle creature, perchè vede che spesse volte ci sono mezzo tra noi e il Creatore nostro; e fugge alla cella attuale e mentale. A questo t'invito te, e le altre: e ti comando, dilettissima figliuola mia, che tu sempre stia nella casa del cognoscimento di te, ove noi troviamo il cibo angelico dell'affocato desiderio di Dio inverso di noi;e nella cella attuale, con la vigilia, e conll'umile, fedele e continua orazione; spogliando il cuore e l'affetto tuo di te e d'ogni creatura, e vestilo di Cristo crocifisso. Altrimenti il mangeresti in terra; e già ti dissi, che in terra non si debba mangiare. Pensa che lo sposo tuo, Cristo dolce Gesù, non vuole mezzo fra te e lui, ed è molto geloso. Onde subito che vedesse che tu amasse veruna cosa fuore di lui, egli si par.tirebbe da te: e saresti fatta degna dimangiare il cibo delle bestie. E non saresti tu ben bestia, e cibo di bestie, se tu lassassi il Creatore per le creature,e il bene infinito per le cose finite e transitorie, che passano come il vento? la luce per la tenebra? la vita per la morte? quello che ti veste di sole e di giustizia, col fibbiale dell'obbedienzia e colle margarite della fede viva, speranza ferma e carità perfetta, per quello che te ne spoglia? E non saresti tu bene stolta a partirti da Quello che ti dà perfetta purità (in tanto chè, quanto più t'accosti a lui, tanto più raffina il fiore della verginità tua) perquegli che spesse volte gittano puzza d'immondizia, contaminatori della mente e del corpo suo? Dio 'l cessi da te per la sua infinita misericordia.

Ed acciocchè questo non possa mai intervenire, guarda, che non sia tanta la tua sciagura che tu pigli conversazione particolare nè di religioso nè di secolare. Che se io il potrò sapere o sentire, se io fusse anco più di lunga che io non sono, io ti darei sì fatta disciplina che tutto iltempo della vita tua ti starebbe a mente; e sia chi si vuole. Guarda che tu non dia nè riceva se non in necessità, sovvenendo comunemente ad ogni persona dentro e di fuora. Stammi tutta soda e matura in te medesima. Servi le suore caritativamente con ogni diligenzia, e specialmente quelle che vedi in necessità. Quando gli ospiti passano, e dimandasserti allegrati; statti nella pace tua e non v'andare: ma quello che volessero dire a te, dicanlo alla priora; se già la priora non tel comandasse per obedienzia. Allora china il capo, e stammi salvativa come uno riccio. Stianti a mente i modi che quella gloriosa vergine santa Agnesa faceva tenere alle figliuole sue. Vatti per la confessione, e di' la tua necessità; e ricevutala penitenzia, fuggi. Guarda già, che non fussero di quelli con cui tu ti se' allevata.
E non ti maravigliare perch'io dica così; perocchè più volte mi puoi avere udito dire, e così è la verità, che le conversazioni, col perversovocabolo de' divoti e delle divote, guastano l'anime e i costumi e osservanzie delle religioni. Guarda che non leghi il cuor tuo altro che con Cristo crocifisso; perocchè tal ora il vorresti sciogliere, e non potresti, che ti sarebbemolto duro. Dico che l'anima che ha assaggiato il cibo angelico, ha veduto col lume che questo e l'altre cose sopradette gli sono mezzo impedimento al cibo suo; e però le fugge con grandissima sollecitudine. E dico che ama, e cerca quello che la cresca e la conservi. E perocchè ha veduto che meglio gusta questo cibo col mezzo dell'orazione fatta nel cognoscimento di sè, però vi si esercita continuamente in tutti quelli modi che più si possa accostare a Dio.

Di tre sorti è l'orazione. L'una è continua; cioè il continuo santo desiderio, il quale desiderio òra nel cospetto di Dio in ciò che tu fai, perchè questo desiderio drizza nel suo onore tutte le tue operazioni spirituali e corporali: e però si chiama continua. Di questa pare che parlasse il glorioso santo Paolo quando disse: «orate senza intermissione». L'altro modo è orazione vocale, quando vocalmente sì dice l'officio, o altre orazioni. Questa è ordinata per giungere terza, cioè alla mentale: e così vi giugne l'anima quando con prudenzia e umiltà esercita l'orazione vocale, cioè, che parlando con la lingua, il cuore suo non sia di lunga da Dio. Ma debbesi ingegnare di fermare e stabilire il cuore suo nell'affetto della divina carità. E quando sentisse la mente sua essere visitata da Dio, cioè che in alcuno modo fusse tratta a pensare del suo Creatore; debbe abbandonare l'orazione vocale, e fermare la mente sua con affetto d'amore in quello che vede che Dio la visita; e poi, se ella ha tempo, cessato quello, debbe ripigliare la vocale, acciocchè sempre la mente stia piena, e non vota.
E perchè nell'orazione abbondassero le molte battaglie in diversi modi, e tenebre di mente con molta confusione, facendole il dimonio vedere che la sua orazione non fusse piacevole a Dio; per le molte battaglie e tenebre che ha, non debbe lassare però; ma stare ferma con fortezza e lunga perseveranzia, ragguardando che 'l dimonio il fa per tirarci dalla madre dell'orazione, e Dio il permette per provare in quella anima la fortezza e constanzia sua. Ed acciocchè nelle battaglie e tenebre cognosca sè non essere, e nella buona volontà che si sente riservata, cognosca la bontà di Dio, il quale è donatore e conservatore delle buone e sante volontadi: la quale volontà non è degnata a chiunque vuole.

Per questo modo giunge alla terza ed ultima orazione mentale, nella quale riceve il frutto delle fadighe che sostenne nell'orazione vocale imperfetta. Allora gusta il latte della fedele orazione. Ella leva sè sopra di sè, cioè,sopra il sentimento grosso sensitivo, e con mente angelica si unisce in Dio per affetto d'amore, e col lume dell'intelletto vede e cognosce, e vestesi della verità. Ellaè fatta sorella degli angeli: ella sta con lo sposo suo in sulla mensa del crociato desiderio, dilettandosi di cercare l'onore di Dio e la salute delle anime: perchè vede bene che per questo lo Sposo Eterno corse all'obbrobriosa morte della croce, e così compì l'obedienzia del Padre e la salute nostra. Drittamente questa orazione è una madre che nella carità di Dio concepe le virtù, e nella caritàdel prossimo le parturisce. Ove manifesti tu l'amore, la fede, e la speranza, e l'umiltà? nell'orazione. Perocchè la cosa che tu non amassi, tu non ti cureresti di cercarla; ma chi ama, sempre si vuole unire con quella cosa che ama, cioè con Dio. Col mezzo dell'orazione a lui dimandi la tua necessità; perchè cognoscendo te, nel qual cognoscimento è fondata la vera orazione, vediti avere grande bisogno, sentendoti attorniata da' tuoi nemici, dal mondo con le ingiurie e ricordamento di vari piaceri, dal dimonio con le molte tentazioni, e dalla carne con molta ribellione e impugnazione contro lo spirito.

E te vedi non essere per te; non essendo, non ti puoi aiutare; e però con fede corri a Colui che è, il quale possa e vuole sovvenirti in ogni tua necessità; e con isperanza addimandi ed aspetti l'aiutorio suo. Così vuole essere fatta l'orazione, a volere averne quello che tu n'aspetti. Non ti sarà mai dinegata cosa giusta che tu addimandi per questo modo dalla Divina Bontà: ma facendolo per altro modo, poco frutto ne trarresti. Dove sentirai tu dolore della coscienza? nell'orazione. Dove ti spoglierai tu dell'amore proprio che ti fa essere impaziente nel tempo delle ingiurie, o d'altre pene; e vestirai te d'uno divino amore che ti farà paziente; e glorieraiti nella croce di Cristo crocifisso? nell'orazione. Dove sentirai tu l'odore della virginità, e la fame del martirio, disponendoti a dare la vita in onore di Dio e salute dell'anime? in questa'dolce madre dell'orazione. Ella ti farà osservatrice dell'Ordine; suggelleratti nel cuore e nella mente tre voti solenni che facesti nella professione, lassendovi la impronta del desiderio d'osservarli infino alla morte. Ella ti leva dalla conversazione delle creature, e datti la conversazione del Creatore: ella empie il vasello del cuore del sangue dell'umile Agnello, e ricoprelo di fuoco, perchè per fuoco l'amore fu sparto.

Più e meno perfettamente riceve e gusta l'anima questa madre dell'orazione, secondo che ella si notrica del cibo angelico, cioè del santo e vero desiderio di Dio, levandosi in alto, come detto è, a prenderlo in su la mensa della dolcissima croce. E però ti dissi ch'io desideravo di vederti notricare del cibo angelico, perchè io non veggo che in altro modo potessi essere vera sposa di Cristo crocifisso, consacrata a lui nella santa religione. Fa che io ti vegga una pietra preziosa nel cospetto di Dio. E non mi stare a perdere il tempo. Bàgnati e annègati nel sangue dolce dello Sposo tuo. Altro non dico. Permane nella santa e dolce dilezione di Dio. Gesù dolce, Gesù amore.




XXVII - A D. Martino abbate di Passignano dell'Ordine di Vall'Ombrosa.

Proemio, di Niccolò Tommaseo:
Ringrazia della croce di legno mandatale. Manda a lui croci, augurii di ben patire nel desiderio e in atto. Che la natura umana coll'innestarci nell'albero della redenzione, acquista maturità sana, e mite soavità.

Al nome di Gesù Cristo crocifisso e di Maria dolce.

Reverendo e carissimo padre in Cristo dolce Gesù. Io Catarina, serva e schiava de' servi di Gesù Cristo, scrivo a voi nel prezioso sangue suo; con desiderio di vedere il cuoree l'affetto vostro innestato in su la dolce e venerabile croce; considerando me che l'anima non può partecipare nè avere il frutto della Grazia, se il cuore e l'affetto suo non è innestato nel crociato amore del Figliuolo di Dio. Perocchè senza questo innesto non basterebbe a noi che la natura divina sia innestata e unita nella natura umana, e la natura umana con la natura divina. E perchè ancora vediamo Dio-e-Uomo corso all'obbrobriosa morte della croce, ha fatto uno innesto questo Verbo in su la croce santa, e bagnatici del sangue prezioso suo, germìnando i fiori e i frutti delle vere e reali virtù; e tutto questo ha fatto il legame dell'amore. Questo amore caldo, lucido ed attrattivo ha maturati i frutti delle virtù,e toltogli ogni acerbità.
Questo è stato poichè lo innesto del Verbo divino fece nella natura umana, e il Verbo in sul legno della santissima croce. Sapete che in prima erano sì agre, che niuna virtù ci conduceva a porto di vita, perocchè la marcia, della disobbedienza di Adamo non era levata coll'obbedienzia del Verbo, unigenito Figliuolo di Dio. Anco vi dico che, con tutto questo dolce e soave legame, l'uomo non partecipa, nè può participare la Grazia se esso non si veste, per affetto d'amore, del crociato amore del Figliuolo di Dio, seguitando le vestigie di Cristo crocifisso. Perocchè noi arbori sterili, senzaverun frutto, ci conviene essere uniti con l'abore fruttifero, cioè Cristo dolce Gesù, come detto è. O carissimo e reverendo padre, quale sarà quel cuore si duro, che si possa tenere, se ragguarda l'amore ineffabile che gli ha il suo Creatore, che non si leghi ed innesti, col legame della carità, con lui? Certo non so come egli sel possa fare.

Credo bene che coloro che sono innestati e legati nell'arbore morto del dimonio e nell'amore proprio di sè, nelle delizie, stati e ricchezze del mondo, fondati nella perversa superbia e vanità sua; oimè, che questi sieno quelli che sono privati della vita e sono fatti non tanto che arbori sterili, ma essi sono arbori morti; e, mangiando il frutto loro, conduce nella morte eternale; perocchè i frutti loro sono i vizii e i peccati. Costoro fuggono la via e la dottrina di questo dolce incarnato e amoroso Verbo: essi vanno per la tenebra, cadendo in morte, e in moita miseria.

Ma non fanno così quelli che con affettuoso amore seguitano la via della verità, ma hanno aperto l'occhio dell'intelletto; e cognoscono, loro non essere, e cognoscono la Bontà di Dio in loro, e l'essere e ogni grazia che è posta sopra l'essere retribuiscono a Dio, confessando, da Lui tutto avere avuto per grazia e non per debito. Allora cresce un fuoco e uno affetto d'amore, e uno odio e dispiacimento del peccato e della propria sensualità; che con questo amore e odio, e con vera umilità si innesta nel crociato e consumato amore dei Figliuolo di Dio, e produce allora i frutti delle reali virtù, le quali virtù notricano l'anima sua e del prossimo suo. Perocchè diventa mangiatore e gustatore dell'onore di Dio e della salute dell'anime. Molto c'è dunque di grande necessità e grande bisogno avere questa perfetta unione; perocchè senz'essa non possiamo giungere a quello fine per lo quale fummo creati. E però dissi, che io desideravo di vedervi innestato nell'arbore della santissima croce. Pregovi dunque per amore di Cristo crocifisso, che siate sollicito, e non negligente. Non più dormite nel sonno della negligenzia, perocchè 'l tempo è breve e 'l camino è lungo.

Voi mi mandaste a me, venerabile padre, la croce, la quale io tenni tanto cara, quanto io tenessi mai veruna altra cosa, ricevendo l'affetto, e il desiderio vostro, col quale me la mandaste. Rappresentatemi all'occhio del corpo quello che debbo avere all'occhio dell'anima. Miserabile me, che mai non l'ebbi! Pregovi con grande affetto d'amore, che preghiate il nostro dolce Salvatore che mel dia. Io vi rendo croce, invitandovi alla croce del santo desiderio, e alla croce del corpo; sostenendo con vera e buona pazienzia ogni fadiga che voi riceveste per onore di Dio e per salute dell'anime. Scrivestemi che quello ch'io avevo cominciato, che io il compisse; e io vi prometto che giusta al mio potere, quanto Dio me ne darà la grazia, di compirlo, cioè, di sempre pregare la divina Bontà per voi. Se risponderete con vera e perfetta sollecitudine a lui, che vi chiama con grandissimo amore, sarà compita la volontà sua in voi (che non cerca nè vuole altro che la nostra santificazione) e il desiderio vostro e mio. Così spero che, compiuto, ci ritroveremo legati nel legame dolce della carità. Abbiate, abbiate cura di correggere 'l vizio, e piantare la virtù ne' sudditi vostri con vera e santa dottrina; essendo voi specchio di virtù a loro. Altro non dico. Permanete nella santa e dolce dilezione di Dio. Gesù dolce, Gesù amore.




XXVIII - A Messer Bernabò Visconti, signore di Milano. Per certi ambasciatori da esso signore mandati a lei

Proemio, di Niccolò Tommaseo:
Lo esorta ad amare Dio come figlio, egli servo ricomprato col sangue; a non curare la signoria che è serva de' casi e di sè, ma apprezzare quella libertà ch'è assicurata all'anima dal dominio di sè medesima; a non spargere il sangue de' sacerdoti, quantunque rei; a onorare il pontefice, foss'anco indegno. Gli parla della confessione, della crociata. Lo conforta a imprese grandi, e quelle di prima chiama vili. Gli minaccia la morte; in parole affettuose gli porge sovrumane speranze.

Al nome di Gesù Cristo crocifisso e di Maria dolce.

Reverendo padre in Cristo dolce Gesù. Io Catarina, serva e schiava de' servì di Gesù Cristo, scrivo a voi nel prezioso sangue suo; con desiderio di vedervi participare il sangue del Figliuolo di Dio, siccome Figliuolo creato dal sommo Padre alla imagine e similitudine sua, e servo ricomprato; acciocchè andiate con amore e col santo timore di Dio. Sapete che colui che non ama il suo Creatore d'amor figliale, non può participare il sangue: evvi bisogno dunque d'amare.

O padre carissimo, quale è quel cuore che sia stato indurato e ostinato, che se egli ragguarda l'affetto e lo amore che gli porta la divina Bontà, non si dìssolva? Amate, amate. Guardate, che prima fusti amato, che voi non amasti; perocchè ragguardando Dio in sè medesimo, innamorossi della bellezza della sua creatura, mosso dal fuoco dell'inestimabile sua carità, solo per questo fine, perchè ella avesse vita eterna, e godesse quel bene infinito che Dio godeva in sè medesimo. O amore inestimabile, bene hai dimostrato questo amore. Chè perdendo l'uomo la Grazia per lo peccato mortale, per la disobedienzia che commise contra te, Signor mio, ne fu privato. Or ragguardate, padre, che modo ha tenuto la clemenzia dello Spirito Santo a restituire la Grazia nell'uomo. Vedete, che la somma altezza di Dio ha presa la servitù della nostra umanità, in tanta bassezza e umiltà profonda, che debba confondere ogni nostra superbia.
Vergogninsi li stolti figliuoli di Adam. Che si può più vedere, che vedere Dio umiliato all'uomo? nè più nè meno, come se l'uomo avesse a tenere Dio, e non Dio l'uomo? conciosiacosachè l'uomo non è in sè medesimo; ciò che egli ha, si, ha da Dio per grazia, e non per debito. E però non sarà veruno che cognosca sè medesimo, ch'egli offenda Dio mortalmente mai, o caggia in superbia o per stato, o grandezza, o signoria. S'egli signoreggiasse tutto il mondo, reputasi niente; chè così è soggetto alla morte egli come vilissima creatura; e così trapassano le tolte delizie del mondo, e vengono meno in lui, come in un altro; e non lo può tenere, che vita e sanità e ogni cosa creata non passi ome il vento. Adunque per veruna signoria che abbiamo in questo mondo, ci possiamo reputare signori. Non so che signoria possa essere quella che mi può esser tolta, e non sta nella mia libertà. Non mi pare che se ne debba chiamare nè tenere signore, ma più tosto dispensatore; e questo è a tempo, e non per sempre, quanto piacerà al dolce Signor nostro.

E se voi mi dicessi: «non ci ha l'uomo in questa vita niuna signoria?» rispondovi: si, ha la più dolce e la più graziosa e più forte che veruna cosa che sia; e questa si è la Città dell'anima nostra. Oh ècci maggiore cosa e grandezza, che avere una città che vi si riposa Dio, che è ogni bene, dove si trova pace, quiete e ogni consolazione? E è di tanta fortezza questa città e di perfetta signoria, che nè dimonio nè creatura ne la può tôrre se voi non vorrete. Ella non si perde mai, se non per lo peccato mortale. Allora diventa servo e schiavo del peccato, diventa non covelle, e perde la dignità sua. Veruno ci può costringere a commettere un minimo peccato, perocchè Dio ha posto sì e no nella più forte cosa che sia, cioè nella volontà. Che se ella dice, sì, per consentimento, di subito ha offeso, pigliando diletto e piacere del peccato; e se dice di no, innanzi elegge la morte, che offendere Dio e l'anima sua. Questo non offende mai; ma guarda la città, signoreggia sè medesimo e tutto quanto 'l mondo: chè se ne fa beffe del mondo e di tutte le delizie sue, reputandole cosa corruttibile, peggio che sterco. E però dicono i Santi, che i servi di Dio sono coloro che sono signori liberi e hanno avuto vittoria. Molti sono quelli che hanno vittoria di città e di castella: non avendola di loro medesimi e de' nemici suoi, come è il mondo, la carne e il dimonio, può dire che abbia non covelle. Orsù, padre, vogliate tenere ferma la signoria della città dell'anima vostra; combattete forte con questi tre nemici: togliete il coltello dell'odio e dell'amore amando la virtù, e odiando il vizio; con la mano dell'arbitrio li percotete; e non dubitate.

Chè la mano è forte, e il coltello è forte; che come detto è, non è veruno che vel possa tôrre. Questo parve che dicesse Pavolo quando dicea: «Nè fame nè sete, nè persecuzioni, nè angeli nè dimoni mi partiranno dalla carità di Dio, se io non vorrò». Quasi dica il dolce Pavolo: come gli è impossibile che la natura angelica mi parta da Dio; cosi è impossibile che veruna cosa mi costringa a un peccato mortale, se io non vorrò. Diventati sono impotenti questi nostri nemici; perocchè l'Agnello immacolato per render la libertà all'uomo, e farlo libero, diè sè medesimo alla obbrobriosa morte della santissima croce. Vedete amore ineffabile! che con la morte ci ha data la vita; sostenendo obbrobri e vituperii, ci ha renduto l'onore; con le mani chiavellate e confitte in croce, ci ha sciolti del legame del peccato; col cuore aperto ci toglie ogni durizia; essendo spogliato, ci veste; col sangue suo c'inebria; con la sapienzia sua ha vinta la malizia del dimonio; con flagelli ha vinta la carne nostra, coll'obbrobrio e umiltà ha vinte le delizie e la superbia del mondo; lavati ci ha dell'abbondanzia del sangue suo. Sicchè non temiamo per veruna cosa che sia: che con la mano disarmata ha vinti i nostri nemici; renduto ha il libero arbitrio.

O Verbo dolce, Figliuolo di Dio, tu hai riposto questo sangue nel corpo della santa Chiesa; vogli che per le mani del tuo vicario ci sia ministrato. Provede la bontà di Dio alla necessità dell'uomo, che ogni dì perde questa signoria di sè, offendendo il suo Creatore. E però ha posto questo rimedio della santa confessione, la quale vale solo per il sangue dell'Agnello. Non ve la dà una volta, nè due, ma continuamente. Però è stolto colui che si dilunga o fa contra questo vicario che tiene le chiavi del sangue di Cristo crociifisso. Eziandio se fusse dimonio incarnato, io non debbo alzare il capo contro a lui, ma sempre umiliarmi, chiedere il sangue per misericordia: chè in altro modo noi potete avere, nè participare il frutto del sangue. Pregovi per l'amore di Cristo crocifisso, che non facciate mai più contra il Capo vostro. E non mirate, che il dimonio vi porrà e vi ha posto innanzi il colore della virtù, cioè una giustizia di voler fare contra imali pastori per lo difetto loro. Non credete al dimonio: non vogliate fare giustizia di quello che non tocca a voi. Il nostro Salvatore non vuole; dice che sono i suoi unti: non vuole che nè voi nè veruna creatura faccia questa giustizia, perchè la vuol fare Egli. Oh quanto sarebbe sconvenevole che il servo volesse tôrre la signoria di mano al giudice, volendo fare giustizia del malfattore! molto sarebbe spiacevole; perocchè non tocca a lui; e 'l giudice è quello che l'ha a fare. E se dicessimo: «il giudice nol fa: non è ben fatto che 'l faccia io?». No. Chè ogni volta ne sarei ripreso: nè più nè meno ti caderà la sentenzia addosso (se tu ucciderai) d'esser morto tu. Non scuserà la legge la tua buona intenzione, che l'hai fatto per levare il malfattore di terra. Non vuole la legge nè la religione, che perchè il giudice sia cattivo e non faccia lagiustizia, che tu la facci.

Però tu debbilo lasciar punire alsommo Giudice, che non lascerà passare le ingiustizie e gli altri difetti, che non sieno puniti a luogo e a tempo suo, singolarmente nell'estremità della morte, passata questa tenebrosa vita: nel qual punto, passato, ogni bene è remunerato, e ogni colpa è punita. Cosi vi dico, carissimo padre e fratello in Cristo dolce Gesù, che Dio non vuole che voi, nè veruno, vi facciate giustiziere de' ministri suoi. Egli ha commesso a sè medesimo, ed esso l'ha commesso al vicario suo: e se il vicario non lo facesse (chè lo debbe fare, ed è male se non si fa), umilmente doviamo aspettare la punizione e correzione del sommo Giudice, Dio eterno. Eziandio se ci fussino tolte per loro le cose nostre, più tosto doviamo eleggere di perdere le cose temporali e la vita del corpo, che le cose spirituali e la vita della Grazia; perocchè queste sono finite, e laGrazia di Dio è infinita, che ci dà infinito bene: e così perdendola, aviamo infinito male. E pensate che per la buona intenzione che voi abbiate, non vi scuserà però nè Dio nè la legge divina dinanzi a Lui; anzi caderesti nel bando della morte eternale. Non voglio che cadiate mai in questo inconveniente. Dicovelo, e pregovi da parte di Cristo crocifisso, che non ve ne impacciate mai più. Possedetevi in pace le città vostre, facendo giustizia de' sudditi vostri quando si commette la colpa; ma non per loro, mai, che sono ministri di questo glorioso sangue prezioso. Per altre mani che per le loro voi nol potete avere; non avendolo, non ricevete il frutto d'esso sangue: ma sareste, come membro putrido, tagliato dal corpo della santa Chiesa. Or non più, padre! Umilmente voglio che poniamo il capo in grembo di Cristo in cielo per affetto ed amore, e di Cristo in terra (la cui vece tiene) per riverenzia del sangue di Cristo, del qual sangue ne porta le chiavi. A cui egli apre, è aperto; e a cui egli serra, è serrato. Egli ha la potenzia e l'autorità; e verunoè che gliela possa tôrre delle mani; perocchè gli è data dalla prima dolce verità.
E pensate che fra le altre cose, che sieno punite, che dispiaccia bene a Dio, si è, quando vede che son toccati gli unti suoi, siano cattivi quanto si vogliano. E non pensate, perchè vediate che Cristo faccia vista di non vedere in questa vita, che sia di meno la punizione nell'altra. Quando l'anima sarà dinudata dal corpo, allora le mostrerà che in verità egli ha veduto. Adunque voglio che siate figliuolo fedele della santa Chiesa, bagnandovi nel sangue di Cristo crocifisso. Allora sarete membro legato nella Chiesa santa, e non putrido. Riceverete tanta fortezza e libertà, che nè dimonio nè creatura ve la potrà tôrre; perocchè sarete fuori della servitù del peccato mortale, della ribellione della santa Chiesa; sarete fatto forte della fortezza della Grazia, che allora abiterà in voi, e sarete unito col vostro Padre. Cosi vi prego che perfettamente facciate questa unione, e non indugiate più tempo.

Ma che vendetta faremo del tempo che sete stato fuore? di questo, padre, parmi che s'apparecchi un tempo che ne potremo fare una dolce e graziosa vendetta; chè, come voi avete disposto il corpo e la sustanzia temporale ad ogni pericolo e morte in guerra col padre vostro, così ora v'invito da parte di Cristo crocifisso a pace vera e perfetta col padre benigno, Cristo in terra, e a guerra sopra degli Infedeli, disponendo il corpo e la sustanzia a dare per Cristo crocifisso. Disponetevi; chè vi convien fare questa dolce vendetta; che come voi sete andato contra, così andiate in aiuto, quando il padre leverà in alto il gonfalone della santissima croce; perocchè il padre santo n'ha grandissimo desiderio e volontà. Voglio che siate il principale, che invitiate e sollecitiate il Padresanto che tosto si spacci. Chè gran vergogna e vituperio è de' Cristiani, di lasciar possedere quello, che di ragione è nostro, a' pessimi infedeli! Ma noi facciamo come stolti e di vile cuore, che non facciamo briga e guerra se con esso noi medesimi. L'uno si divide dall'altro per odio e rancore, colà dove noi doviamo essere legati del legame della divina e ardentissima carità; il quale legame è di tanta fortezza, che tenne Dio-e-Uomo confitto e chiavellato nel legno della santissima croce.

Orsù, padre, per l'amore di Dio crescetemi il fuoco del santissimo desiderio, volendo dare la vita per Cristo crocifisso, dare il sangue per amore del sangue. Or quanto sarà beata l'anima vostra, e la mia, per l'affetto ch'io ho alla salute vostra, di vedervi dare la vita per il nome del dolce e buono Gesù! Prego la somma ed eterna Bontà, che ci faccia degni di tanto beneficio quanto è a dare la vita per lui. Or correte virilmente a fare i grandissimi fatti per Dio e per l'esaltazione della Santa Chiesa, siccome avete fatto per il mondo e in contrario a lei. Facendo questo, voi participerete il sangue del Figliuolo di Dio. Rispondete alla voce e clemenzia dello Spirito santo, che vi chiama tanto dolcemente, che fa gridare a' servi di Dio dinanzi a lui per voi, per darvi la vita della Grazia. Pensatevi, padre, che delle lagrime e sudori che la bontà di Dio ha fatte gittare per voi a' servi suoi, dal capo allipiedi ve ne laveresti. Non le spregiate, nè siate ingrato a tanta grazia. Vedete quanto Dio vi ama, che la lingua vostra nol potrebbe narrare, nè il cuore pensare, nè l'occhio vedere quante sono le grazie sue, che vuole abbondare sopra di voi, purchè disponiate la città dell'anima vostra a trarla della servitù del peccato mortale. Siate grato e cognoscente, acchiocchè non si secchi in voi la fonte della pietà.

Non dico più. Siate, siate fedele; umiliatevi sotto la potente mano di Dio. Amate e temete Cristo crocifisso: nascondetevi nelle piaghe di Cristo crocifsso: disponetevi a morire per Cristo crocifisso. Perdonate alla mia ignoranzia e presunzione, che presumo molto di favellare; ma l'amore e l'affetto ch'io ho alla salute dell'anima vostra mi scusi. Permanete nella santa e dolce dilezione di Dio.

Di quello che mi pregò il vostro servigiale, che per vostra parte venne a me... Gesù dolce, Gesù amore.



Caterina63
00venerdì 22 aprile 2016 11:08


XXIX - A Madama moglie di Bernabò Visconti.

Proemio, di Niccolò Tommaseo:
Alla moglie e madre parla a lungo d'amore. Che imparasi ad amare desiderando d'amare. Che la grandezza rea è nulla. Esorti al bene il marito. Curi l'anima de' figliuoli. A lei risparmia le parole severe; abbonda in consigli.

Al nome di Gesù Cristo crocifisso e di Maria dolce.

Reverenda madre in Cristo Gesù. Io Catarina, serva e schiava de' servi di Gesù Cristo, scrivo a voi nel prezioso sangue suo; con desiderio di vedervi vestita del vestimento dell'ardentissima carità, sì e per siffatto modo che voi siate quel mezzo e strumento, che facciate pacificare lo sposo vostro con Cristo dolce Gesù, e col vicario suo, Cristo in terra. Son certa che se sarà in voi la virtù della carità, non si potrà tenere che lo sposo vostro non ne senta il caldo. E così vuole la prima Verità, che voi siate due in uno spirito, e in uno affetto e santo desiderio. Questo non potreste fare se non fusse in voi questo amore.

Ma voi mi direte: «dacchè io non ho l'amore, e senza amore io nol posso fare, che modo tengo d'averlo?». Dicolo a voi, che l'amore non s'acquista se non con l'amore. Perocchè colui che vuole essere amato, prima gli conviene amare, cioè d'avere volontà d'amare. Poich'egli ha avuto questa volontà, conviengli aprire l'occhio del cognoscimento; e vedere dove si trova, e come si trova, questo amore. In sè medesimo il trova. Come? Cognoscendo, sè medesimo non essere; vedendo sè non essere per sè medesimo, retribuisce, e cognosce da Dio avere l'essere suo, e ogni grazia che è fondata sopra questo essere, cioè le grazie e doni spirituali e temporali che Dio ci dà. Chè se noi non fussimo, non potremmo ricevere neuna grazia. Sicchè ogni cosa ha e trova d'avere per la inestimabile bontà e carità di Dio. Come l'anima ha trovata e veduta in sè tanta bontà del suo Creatore, levasi e cresce in tanto amore e desiderio che sè e 'l mondo con tutte le delizie sue spregia e ha in dispetto. E non me ne maraviglio; perocchè ell'è condizione dell'amore, che quando la creatura si vede amare, subito ama. Come egli ama, elegge innanzi la morte, che offendere quello ch'egli ama. Ella si nutrica nel fuoco dell'amore, perchè s'ha veduta tanto amare; quando vede, sè essere stato quel campo e quella pietra dove fu fitto 1 gonfalone della santissima croce. Chè voi sapete bene che nè la terra nè la pietra avrebbe tenuta la croce, nè chiovi nè croce avrebbero tenuto il Verbo dell'unigenito Figliuolo di Dio, se l'amore non l'avesse tenuto. Adunque l'amore che Dio ebbe all'anima nostra, fu quella pietra e quelli chiovi che l'hanno tenuto.

Or questo è il modo di trovare l'amore. Poichè abbiamo trovato il luogo dove sta l'amore, in che modo cel conviene amare? O reverenda e dolcissima madre, egli è la regola e la via: e altra via che quest'una non c'è. La viasua, ch'egli insegna a noi, la quale dobbiamo seguitare, se vogliamo andare per la luce, e ricevere vita di Grazia, si è andare per le pene, per gli obbrobri, scherni, strazi evillanie e persecuzioni; con esse pene conformarsi con Cristo crocifisso. Egli fu quello Agnello immacolato che spregiò le ricchezze, signorie del mondo. Conciosiacosachè fusse Dio-e-Uomo; nondimeno, come regola e via nostra, egli ce l'insegna, fatto osservatore della legge e non trapassatore. Egli è umile e mansueto; chè non è udito il grido suo per neuna mormorazione. Egli ha aperto sè medesimo per larghezza d'amore. Diventa gustatore e mangiatore della salute nostra; non cercando nè vedendo sè, ma solo l'onore del Padre e 'l bene delle creature. Egli non schifa le pene; anco va dietro a esse pene. Gran cosa è a vedere il dolce e buono Gesù, che governa e pasce il mondo tutto; ed esso medesimo in tanta miseria e necessità, che non è neuno che sia simile a lui. Egli è mendico in tanto, che Maria non ebbe panno condecente dove involvere il Figliuolo suo. Nell'ultimo muore ignudo in croce, per rivestire l'uomo, e coprirgli la sua nudità. Nudo era fatto per lo peccato commesso, perduto aveva il vestimento della Grazia: sicchè si spoglia della vita e noi ne veste. Dico che l'anima, che arà trovato amore nell'affetto di Cristo crocifisso, che ella si vergognerà di seguitarlo per altra via che per Cristo crocifisso; non vorrà delizie, nè stati, nè pompe; anco vorrà stare come pellegrina o viandante in questa vita, che attende pure di giungere al termine suo. Nè per prosperità che trovi nella via nè avversità, se egli è buono pellegrino, non tarda però il suo andare, anco va virilmente, per l'amore e affetto che egli ha posto al termine suo, al quale aspetta di giungere.

Così voglio che facciate voi, dolcissima madre e sirocchia in Cristo dolce Gesù. Non voglio che miriate per li grandi stati che abbiate, nè per le gran ricchezze e diletti; nè avversità o tribolazione che vedessi venire. Non vi ritragga il diletto, nè non vi ritragga la pena; ma con cuore virile correte per questa via, dilettandovi sempre della virtù e portar pena per Cristo crocifisso che sì dolcemente ne ha insegnata. Prendete delle cose del mondo per necessità della natura, e non per affetto disordinato: chè troppo sarebbe spiacevole a Dio che voi poneste l'amore in quella cosa che è meno di voi, che non sarebbe altro che perdere la dignità sua. Chè tale diventa la creatura, quale è quella cosa che egli ama. Se io amo il peccato, il peccato non è: ecco che io dovento non covelle. A maggiore viltà non può venire. Il peccato non procede da altro, che amare quello che Dio odia, e odiare quello che Dio ama: dunque amando le cose transitorie del mondo, e sè medesimo d'amore sensitivo, offende, perocchè è quella cosa che Dio odia, e tanto gli dispiacque, che ne volle fare giustizia e vendetta sopra il corpo suo. Fece di sè un'ancudine, fabricandovi su le nostre iniquità. Or che gran miseria e cecità è quella della creatura a vedere, sè creato all'immagine e similitudine sua, e anco riformato in Grazia (poichè la perde per lo peccato mortale), coll'abbondanzia del sangue suo riformato a questa immagine, ed ella è tanto cieca, che abbandona l'affetto e l'amore che l'ha fatto grande per la sua bontà, e dassi ad amare quelle cose che sono fuore di Dio, cioè traendo l'affetto e l'amore fuore di lui, e amare le cose create e sè medesimo senza lui! Chè non è la forza degli stati e delizie del mondo, nè le creature, che sieno reprensibili; ma è l'affetto che la persona vi pone, trapassandone per questo affetto il comandamento dolce di Dio.

Così per lo contrario quando l'amore e l'affetto si leva da sè e ponlo tutto in Cristo crocifisso, egli viene nella maggiore dignità che possa venire, però che diventa una cosa col suo Creatore. E che meglio può avere, che essere unito in lui, ch'è ogni bene? E non la può riputare a sè quella dignita e unione, ma all'amore. Perchè sarebbe grande una serva che fusse presa per sposa dallo imperatore, che subito chè ella è unita con lui, è fatta imperatrice, e non per sè chè ella era serva, ma per la dignità dello imperatore. Così pensate, carissima madre in Cristo dolce Gesù, che l'anima innamorata di Dio, che è serva e schiava ricomprata del sangue del Figliuolo di Dio, viene a tanta dignità, che ella non si può chiamar serva, ma imperatrice, sposa dell'imperator eterno.

Bene s'accorda colla parola della prima Verìtà: «il servire a Dio non è essere servo, ma regnare». Anco gli tolle la servitù del peccato, e fàllo libero. Bene è forte dunque questa unione perfetta, che, oltre alla dignità della creazione sua, per l'unione dell'amore e delle virtù, fa perfetta questa dignità prima dell'essere, cioè, per l'unione che ha fatta col suo Creatore. Questa s'è spogliata dell'uomo vecchio di sè medesima, e vestita del nuovo Cristo dolce Gesù. Allora è atta l'anima a ricevere e tenere la Grazia, con la quale in questa vita gusta Dio; poi nell'ultimo vede l'eterna visione sua, dove si pacifica, ed ha perfetto riposo e quiete; però che sono adempiuti i desiderii suoi. Questa è la ragione che in questa vita non può avere pace, perchè non è saziato il desiderio suo, infino che non giunge all'unione della divina essenzia: ha solamente fame e desiderio mentre che è viandante e pellegrino in questa vita; desiderio ha di fare la via diretta, e ha fame di giungere al termine e fine suo. Ilquale desiderio il fa correre per la via battuta da Cristo crocifisso, sì come di sopra detto è. Che se non avesse amore al fine suo, cioè Dio non sarebbe di voler saper la via. Adunque voglio che cresciate il santo e vero desiderio a seguitare questa via, che vi fa giungere al termine.

Sappiate che ella non è buia nè tenebrosa nè piena di spine; anco è lucida con vero lume. E batte ella questa strada... col sangue suo Gesù Cristo, che è esso lume. Non ci ha spine; che ella è odorifera, piena di fiori e di soavi frutti; in tanto che come la creatura comincia a tenere per essa strada e via dolce, gustavi tanta dolcezza, che innanzi elegge la morte che volersene partire. E conciosiacosachè in questa via ci si veggano spine, che paiano spine di molte tribulazioni e illusioni del dimonio, e 'l mondo ci si para innanzi coll'enfiata superbia; dico che non le cura l'anima che si diletta in questa via: ma fa come colui che va al rosario, che coglie la rosa e lascia stare la spina: così ella delle tribolazioni e angosce del mondo, le lascia addietro, e coglie la rosa odorifera della vera e santa pazienza, ponendosi dinanzi all'occhio del cognoscimento il sangue dell'Agnello che dà vita, posto in capo di questa strada. Adunque correte, madre, e corriamo tutti fedeli cristiani, all'obietto di questo sangue, dietro all'odore suo. Allora diventeremo veramente ebri d'esso sangue, arsi e consumati nella divina dolce carità; fatti saremo una cosa con lui.
Faremo l'ebrio, che non pensa di sè, se non del vino ch'egli ha bevuto e di quello che rimane a bere. Inebriatevi di sangue per Cristo crocifisso: poi che l'avete innanzi, non vi lasciate morire di sete; non ne prendete poco, ma tanto che voi v'inebriate, si che perdiate voi medesima. Non amate voi per voi, ma voi per Dio; nè la creatura per la creatura, ma solo a loda e gloria del nome di Dio; nè amate Dio per voi, per vostra utilità, ma amate Dio per Dio, in quanto è somma Bontà, degno d'essere amato. Allora l'amore sarà perfetto e non mercenaio.
Non potrete pensare altro che di Cristo crocifisso, del vino che avete bevuto cioè della perfetta carità, la quale vedete che Dio v'ha data e mostrata innanzi la creazione del mondo innamorandosi di voi prima che voi fussi. Che se non si fusse innamorato, mai non v'averebbe creata. Ma per l'amore ch'egli v'ebbe vedendovi in sè, egli si mosse a darvi l'essere. Or qui si desteranno i pensieri vostri in questa carità. Ben dico che penserete in quello che è a bere, cioè aspettando e desiderando d'avere e gustare la somma eterna bellezza di Dio. Ora abbiamo trovato il luogo dove si riposa l'amore e dove l'anima l'acquista; e trovato in che modo cel conviene pigliare.

Or vi prego per l'amore di Cristo crocifisso, che non siate negligente, ma sollecita ad andare a questo luogo, a tenere per questa via mostrata di sopra. Facendolo, adempirete il desiderio e la volontà di Dio in voi; che non cerca nè vuole altro che la vostra santificazione, il desiderio di me misera miserabile piena di peccati e d'iniquità, che ho fame e volontà della salute vostra, si per voi, e si per lo mezzo che io voglio che siate allo sposo vostro, inducendolo a virtù e a seguitare la via della verità. Invitatelo e pregatelo quanto potete, a fare che sia vero figliuolo e servo di Cristo crocifisso, e obbediente al Padre santo, la cui vece tiene, e non sia più ribello. Padre e madre carissimi, siate uniti in una volontà e in uno spirito. Non aspettate il tempo, chè il tempo non aspetta voi. Guardate, guardate, che l'occhio di Dio è sopra di voi: e neuno è che da quell'occhio si possa nascondere. Egli è il dolce Dio vostro, che non ha bisogno di voi.
Amocci prima che da noi fusse amato, donocci sè medesimo per grazia, e non per debito.
Non voglio che siate ingrata a tanto beneficio, ma grata e cognoscente, rispondendo alla grazia e clemenzia dello Spirito Santo. Pregovi che e' figliuoli vostri sempre li nutrichiate e alleviate nel timore di Dio. Non attendete pure a' corpi loro, ma alla salute dell'anime. Sappiate, che Dio ve li richiederà nell'ultimo dì. Non dico Più. Permanete nella santa e dolce dilezione di Dio. Perdonate alla mia ignoranzia, se troppo vi gravasse di parole; ma per la fame e amore che io ho alla salute vostra, piuttosto farei in effetto che con parole. Venne a me quel vostro fedele e servigiale per vostra parte, dissemi a bocca la vostra ambasciata, la quale io ho ricevuta molto graziosamente... Gesù dolce, Gesù amore.



XXX - All'Abadessa del Monasterio di Santa Marta da Siena, e a Suora Niccolosa di detto Monasterio.

Proemio, di Niccolò Tommaseo:
Dio solo è; il male è nulla. L'odio del male venga dall' amore del bene. Amore che spira dai dolori di Gesù e della Madre. Affetto materno che si sublima nel sagrificio divino. Consigli d'obbedienza non solo alle suore, ma alla badessa. Non cerchino il bene per il gusto del bene. Non disprezzino per lo contemplazione le cose temporali; che tanto sono temporali quanto noi le facciamo, perchè l'anima può nobilitare le cose piccole, e impiccolire le grandi.

Al nome di Gesù Cristo crocifisso e di Maria dolce.

A voi, dilettissima e carissima madre e suora, Madonna, e a te, figliuola e suora, Niccolosa, io Caterina, inutile serva di Gesù Cristo e vostra, scrivo, e voglio fare a voi l'offizio che fa il servo al signore; perocchè sempre porta e reca. Così io voglio sempre portare voi nel cospetto del dolcissimo Salvatore; e così portando, per la ineffabile carità sua impetreremo grazia di fare l'altro atto del servo, si è di recare, cioè di ritornare in giuso: e cosi verremo nella grazia delcognoscimento di noi e di Dio. Perocchè non mi pare di poter avere virtù nella plenitudine della Grazia senza l'abitazione della cella del cuore e dell'anima vostra, nel quale luogo acquisteremo il tesoro, che c'è vita, cioè l'abisso santo delcognoscimento di Dio e di sè. Dal quale santo cognoscimento, suore carissime, procede quello santissimo odio che ci fa unire in quella somma ed eterna e prima verità; cognoscendo,noi essere somma bugia, e operatori di quella cosa che non è. E così odiando, grideremo con voce di cuore, manifestando la sua bontà: «Tu solo se' Colui che se' buono. Tu se' quello mare pacifico, onde escono tutte le cose che hanno essere». Ma quella cosa che non è, non è in lui; cioè il peccato. Così la somma Virtù a una serva sua inutile: «Io voglio che tu sia amatrice di tutte quante le cose; perocchè sono tutte buone e perfette, e sono degne d'essere amate; e tutte sono fatte da me che sono somma bontà; eccetto che il peccato. Questo non è in me: perocchè, se fosse in me, dilettissima mia figliuola, sarebbe degno d'essere amato». Oh amore inestimabile! però Vuoli te che noi ci odiamo per le perverse nostre volontadi, onde procede questo, cioè il peccato che non è in te.Dunque, madre e suore dilettissime in Cristo Gesù, corriamo, corriamo, corriamo, morte, per la via della virtù. E se mi diceste che voci diamo; - Gridiamo con l'Apostolo per la nostra perversa volontà. E che dice lo innamorato di Paolo? «Mortificate, dice, le membra del corpo vostro».

Ma non dice così della volontà; ma vuole che ella sia morta e non mortificata. O dolcissimo e dilettissimo amore, io non ci so vedere altro remedio, se non quello coltello che tu avesti, dolcissimo Amore, nel cuore e nell'anima tua: ciò fu l'odio che avesti al peccato, e l'amore che avesti all'onore del Padre e alla nostra salute. Oh amore dolcissimo, questo fu quello coltello che trapassò il cuore e l'anima della Madre. Il Figliuolo era percosso nel corpo, e la madre similmente; Perocchè quella carne era di lei. Ragionevole cosa era che, come cosa sua, ella si dolesse, perocchè egli avea tratto di lei quella carne immacolata. Io m'avveggo, o fuoco di carità, ch'egli ci ha un'altra unione: egli ha la forma della carne, ed ella, come cera calda, ha ricevuta l'impronta del desiderio e dell'amore della nostra salute dal suggello e del suggello dello Spirito santo, per mezzo del quale suggello è incarnato quello Verbo eterno divino. Ella dunque, come arbore di misericordia, riceve in sè l'anima consumata del Figliuolo, la quale anima è vulnerata e ferita dalla volontà del Padre; ed ella, come arbore che ha in sè lo innesto, è vulnerata col coltello dell'odio e dell'amore. Or è tanto multiplicato l'odio e l'amore nella Madre e nel Figliuolo, che 'l Figliuolo corre alla morte per lo grande amore ch'egli ha di darci vita; e tanta è la fame e il grande desiderio della santa obedienza del Padre, che egli ha perduto l'amore proprio di sè, e corre alla croce. Questo medesimo fa quella dolcissima e carissima Madre; perocchè volontariamente perde l'amore del Figliuolo: che non tanto che ella faccia come madre, che 'l ritragga della morte, ma ella si vuole fare scala e vuole che moia. Ma non è grande fatto, perocchè ella era vulnerata dalla saetta dell'amore della nostra salute.

O carissime suore e figliuole e tutte quante in Cristo Gesù, se per infino a qui non fussemo arse nel fuoco del santo desiderio della madre e del figliuolo; non si contengano più gli ostinati cuori nostri. Di questo vi prego da parte di Cristo crocifisso; che questa pietra si dissolvacon l'abondanzia di sangue caldissimo del Figliuolo di Dio; il quale è di tanta caldezza che ogni durizia e freddezza di cuore debbe dissolvere. E in che ci fa dissolvere? solamente in quello che detto abbiamo; cioè, che ci fa dissolvere nell'odio e nell'amore. E questo fa lo Spirito santo quando viene nell'anima. Adunque io vi comando e vi costringo che voi dimostriate di volere in voi questo coltello. E se mi dimandaste: «in che il potiamo dimostrare?» rispondovi: in due cose voglio che 'l dimostriate nel cospetto di Dio. Ciò è che io voglio che voi non vogliate tempo a vostro modo, ma a modo di Colui che è: e così sarete spogliate della vostra volontà e vestite della sua. E perchè mi scriveste del desiderio che avete del mio venire a voi, voglìo che questo si mitighi col giogo soave del Figliuolo di Dio. E cosi riceverete con riverenzia questo tempo e ogni altro tempo, quantunque malagevole si fosse, pensando che non può essere altro che 'l nostro bene. E con riverenzia dunque riceviamo ogni tempo.

L'altra cosa con la quale dimostrerete di volere in voi il sopraddetto coltello, si è, che voi andiate col giogo della santa obedienza. E voi singolarmente, madonna, vogliate essere obbediente a Dio in portare la fadiga ch'egli vi ha imposta, cioè d'avere a governare le pecorelle sue. E non vi paia malagevole se molte volte vi vedete per gli impacci dare fadiga al prossimo per onore di Dio, sconsolata; perocchè questo veggo che facevano i discepoli santi, i quali spregiavano ogni consolazione spirituale e temporale. Oh quanta consolazione avrebbero avuta di ritrovarsi con la madre della pace del Figliuolo di Dio, e l'uno con l'altro! E nondimeno, vestiti del vestimento nuziale del maestro, essi si danno a ogni fadiga e obbrobrio e morte per onore di Dio e per la salute del prossimo. E così l'uno separato dall'altro, e cosi spregiando le consolazioni e abbracciando le pene, ebbero vita eterna. Or così voglio che facciate voi. E se mi diceste: «Io non vorrei essere occupata nelle cose temporali»; io vi rispondo, che tanto sono temporali, quanto noi le facciamo. E già vi è detto che ogni cosa procede dalla somma Bontà; dunque ogni cosa è buona e perfetta. Non voglio dunque che sotto il colore delle cose temporali schifiate la fadiga; ma voglio che sollicitamente e con occhio drizzato secondo Dio, siate sollecita; singolarmente siate sollecita dell'anime loro. Chè, come dice santo Bernardo, la carità, se ella ti lusinga, non t'inganna; se ella ti corregge, non t'odia.

Adunque virilmente vi portate con asprezze e con lusinghe, secondo che bisogna nello stato nostro. E non siate negligente a correggere i difetti; ma, o piccoli o grandi che siano, fate che siano puniti secondo che la persona è atta a ricevere. Onde chi fusse atto a portare dieci libbre, non ne gli ponete venti; ma tollete quello che potete avere. E loro prego da parte di Colui che fu fatto portatore d'ogni nostra miseria, che s'inchinino per la porta stretta della santa obedienzia, acciocchè la superbia della loro volontà non gli rompesse il capo.

E non vi paia, suore carissime, fadigoso della santa reprensione. Oh se voi sapeste quanto è dura la reprensione di Dio che è fatta all'anima che schifa la reprensione di questa vita! Meglio è dunque che le negligenzie e l'ignoranzie nostre, e il poco amore che abbiamo alla santa obbedienzia, siano punite con le reprensioni fatte nel tempo finito, che ricevere quella dura reprensione nel tempo infinito. Adunque siate obedienti per amore di quello dolcissimo e amatissimo giovane Figliuolo di Dio, che fu obediente infino alla morte. E cosi avremo il coltello sopraddetto, avendo tagliato per la virtù di Dio il vizio della superbia; e troverenci radicati nella virtù santa della carità, la quale dimostreremo nella virtù della santa obedienzia, la quale obedienzia dimostreremo per la virtù della santa umiltà.

Altro non vi dico, se non che noi facciamo una santa petizione, acciocchè noi potiamo osservare ciò che noi abbiamo detto. Chi è in cammino, ha bisogno di lume, acciocchè non erri il cammino. E io ho trovata di nuovo una luce bellissima, ed è quella dolce vergine Lucia romana, che ci dà lume. Ma a quella dolcissima innamorata Maddalena dimanderemo quello dispiacimento che ella ebbe di sè. Agnese che è agnella di mansuetudine e di umiltà, ci darà umiltà. Sicchè, ecco che Lucia ci dà lume, Maddalena odio e amore, Agnese ci dà i'olio dell'umiltà. E così fornita la navicella dell'ania nostra, anderemo a visitare il luogo santo della beata santa Maria; di quell'innamorata spedaliera che ricevette Cristo uomo e Dio. La quale è ora collocata in casa del Padre Eterno, cioè in quella essenzia di Dio, nella quale essenzia e visione spero per l'abondanzia del sangue di Gesù Cristo, e per i meriti di costoro e di quella dolcissima madre Maria, noi gusteremo e vedremo Cristo a faccia a faccia. Pregovi che siamo solliciti di consumare la vita per lui. Laudato sia il nostro dolce Salvatore. A voi, Madonna, e a te, Niccola, figliuola e suora, io mi raccomando e prego che mi raccomandiate a suor'Augustina e a tutte l'altre, che preghino Dio per me che mi levi dalla via della negligenzia, e corra morta per la via della verità. Altro non vi dico di questa materia. Laudato sia Gesù Cristo Crocifisso. Amen.




XXXI - A Monna Mitarella, donna di Vico da Mogliano, senatore, che fu a Siena nel 1373.

Proemio, di Niccolò Tommaseo:
Alla moglie impaurita per le tempeste della Repubblica, sulle quali Caterina era a navigare usa già, ripete di non temere altri che Dio, di quel timore ch'è fede e speranza. Creda ch'anco i moti del popolo sono permissione di Dio, che Dio tutto fa per il bene nostro. Pensi alla morte, ma senza paura; si stacchi da' beni terreni, cosa morta. Si umilii con Cristo: accolga le traversie con riverenza, stimandosi indegna di tanto onore, la Baronessa.

Al nome di Gesù Cristo crocifisso e di Maria dolce.

Dilettissima e carissima madre in Cristo dolce Gesù. Io Caterina, serva inutile di Gesù Cristo, mi vi raccomando, confortandovi nel prezioso sangue suo, con desiderio di vedervi nel cospetto di Dio serva fedele, cioè che voi siate in quella fede che dà letizia e gaudio nell'anima nostra. Questa è quella dolce fede che a noi conviene avere, siccome disse il nostro Salvatore: «se voi avete tanta fede quanto è un granello di senape, e comandate a questo monte che si levi, si leverebbe». In questa fede, dilettissima suora, vi prego che permaniate.

Mandastemi dicendo che, per lo caso che era occorso al Senatore (del quale mi pare che avete avuto grandissimo timore), che non avete altra fede nè altra speranza se non nelle orazioni de' servi di Dio. Onde io vi prego da parte di Dio e del dolcissimo Amore Gesù, che sempre rimaniate in questa dolce e santa fede. Oh fede dolce, che ci dài la vita! Se voi starete in questa santa fede, giammai nel vostro cuore non cadrà tristizia. Perchè la tristizia non procede da altro se non dalla fede che poniamo nelle creature; chè le creature si sono cosa morta e caduca, che vengono meno; e il cuore nostro non si può mai riposare se non in cosa stabile e ferma. Adunque essendo il nostro cuore posto nelle creature, non è in cosa ferma. Chè oggi è vivo l'uomo, e domane è morto. Convienci adunque, a volete avere riposo, che noi riposiamo il cuore e l'anima, per fede e per amore, in Cristo crocifisso: allora troveremo l'anima nostra piena di letizia. Oh dolcissimo Amore, Gesù!

Suora mia, non temete le creature. Siccome disse Cristo benedetto: «Non temete gli uomini, che non possono uccidere altro che il corpo; ma temete me, che posso uccidere l'anima e il corpo». Lui temiamo, che dice che non vuole la morte del peccatore; anco vuole che si converta e viva. Oh inestimabile carità di Dio, che prima ci minaccia che può uccidere il corpo e l'anima; e questo fa per farci umiliare, e stare nel santo timore! Oh bontà di Dio! per dare letizia all'anima, dice che non vuole la morte nostra, ma che viviamo in lui. Allora dimostrerete, dilettissima suora, che siate viva, quando la volontà sarà unita ed accordata con quella di Dio. Questa volontà dolce vi darà la fede, e la speranza viva, posta in Dio.

A voler dare vita a questa santa fede, due cose vi prego che aviate alla memoria. La prima si è, che Dio non può volere altro che il nostro bene. Per darci quel vero bene diè sè medesimo infino all'obbrobriosa morte della croce; del quale bene fummo privati per lo peccato. Egli dolcemente umiliò sè medesimo per renderci la Grazia, e tollere da noi la superbia. Adunque, bene è vero che Dio non vuole altro che il nostro bene. L'altra si è, che voi crediate veramenteche che ciò che addiviene a noi o per morte o per vita, o per infermità o per sanità, o ricchezza o povertà, o ingiuria che fusse fatta a noi da amici o da parenti o da qualunque creatura, voglio che crediate ch'Egli è permissione e volontà di Dio; e senza la sua volontà non cade una foglia d'arbore. Adunque non solo non temete questo, perchè a misura tanto Dio ci dà quanto possiamo portare, e più no; ma con riverenzia riceviamo, dilettissima suoro, reputandoci indegni di tanto bene quant'egli è a portar fadiga per Dio.
E perchè 'l dimonio ci volesse mettere una grande paura per lo caso del quale voi temete, pigliate subito l'arme della fede, credendo che per Cristo crocifisso saremo deliberati. E cosi riimarrete in perfettissima letizia, credendo, come aviamo detto, che Dio non vuole altro che il nostro bene. Confortatevi in Cristo crocifisso, e non temete. Altro non vi dico, se non che tutte le vostre operazioni siano fatte con amore e timore di Dio. Ricordatevi che voi dovete morire, e non sapete quando; e l'occhio di Dio è sopra di voi, e ragguarda tutte le vostre operazioni. Dolce Dio, dacci la morte innanzi che noi t'offendiamo. Laudato Gesù Cristo.



XXXII - A Frate Jacomo da Padua, Priore del monastero di Monte Oliveto di Fiorenza

Proemio, di Niccolò Tommaseo:
La fede è potente, e i miracoli del mondo interiore più magnifici di quelli della natura corporea. Fede è generata da amore; e nutrisce l'amore.

Al nome di Gesù Cristo crocifisso e di Maria dolce.

A voi, venerabile padre in Cristo Gesù per reverenzia del santissimo sacramento, io Catarina, serva e schiava de' servi di Gesù Cristo, mi vi raccomando nel prezioso sangue del Figliuolo di Dio; con desiderio di vedervi veramente servo fedele al nostro dolce Salvatore; siccome egli disse, cioè: «se voi averete tanta fede quanto è un granello di senape, e comanderete a questo monte, lèvati : egli si leverà». E così mi pare veramente, padre carissimo: perocchè l'anima fedele che tutta la fede e la speranza sua ha posto in sul legno della Santissima croce, dove noi troviamo l'Agnello arrostito al fuoco della divina carità, acquista ine tanta fede, che non sarà neuno monte cioè monte di neuno peccato o superbia o ignoranzia o negligenzia nostra, che comandandolo con fede viva, per virtù di quella santissima croce, che la volontà nostra non muova questo monte da vizio a virtù, da negligenzia a sollecitudine, da superbia a perfetta vera umilità, ragguardando Dio umiliato a sè uomo. E leverassi il monte dell'ignoranzia, e rimarremo umiliati nel vero e perfetto cognoscimento di noi medesimi: e vederemo, noi non essere; e vederenci operatori di quella cosa che non è. Allora trova l'anima in sè fondata la bontà di Dio con tanto ardentissimo amore; perocchè vede che egli l'amò in sè medesimo innanzi che egli la creasse: e poi che egli ha veduta la miseria sua ela bontà di Dio in sè, viene in odio di sè medesimo, ed inamore del dolce Gesù.

E perchè si vede essere stato, ed è, ribello a Dio; facendo quello bene il quale noi potiamo fare, vorrà fare giustiziadi sè medesimo; e non tanto che si chiami contento di far giustizia di sè, ma egli desidera che le creature ne facciano vendetta, volendo sostenere da loro ingiurie, strazii, scherni, e villanie: e in altro non si può dilettare, che in sostenere, e in portare fadighe con buona e vera pazienzia.

Allora manifesta la fede sua viva, e none morta, che egli ha; e mostra ch'egli abbia conformata la volontà sua con quella di Dio. E ha comandato a' monti che si levino, e sonsi levati. E rimansi in virtù; e diventa giudicatore della santa volontà di Dio; della quale volontà nasce uno lume, che ciò che egli vede e ciò che gli fusse fatto oda uomini o da dimonii o per qualunque modo sia, non può vedere che proceda da altro che da questa santa volontà di Dio. E neuna cosa a quella mente e a quell'anima può essere pena: nè veruno tempo, nè stato vuole eleggere a suo modo se non secondo che alla bontà di Dio piace. Perocchè vede che Dio sommamente è buono, e non può volere altro che bene, e la nostra santificazione; siccome disse il dolce innamorato di Paolo: che la volontà di Dio è che noi siamo santificati in lui. Adunque, poichè l'anima ha veduto tanto ineffabile amore, e che ciò che Dio fa e permette, è dato a noi per singolare amore; levisi con perfetta sollecitudine a vestirsi, e stringere a sè questo soave e dolce vestimento, il quale fa adempire quella dolce parola del Salterio, cioè: « gustate e vedete , ec.».

E veramente, carissimo padre, cosi è, che se l'uomo nol gusta in questa vita per amore e per desiderio, nol potrà vedere nella vita durabile. Oh quanto sarà beata l'anima nostra se noi il gusteremo, essendo vestiti di questa santa e dolce volontà! Il quale vestimento è il segno che noi mostriamo al Salvatore nostro dell'amore che noi portiano a lui. E dell'amore nasce la fede viva; perocchè tanta ho fede e speranza quanto io amo: e l'amore, cioè la divina carità, parturisce i figliuolidelle virtù vive, e non morte. Orsù dunque, padre, trasformiamo il cuore e l'anima nostra in questo consumato e infocato e ardentissimo amore: nascondiamone nelle piaghe del cuore consumato del Figliuolo di Dio. Permanete nella santa e dolce dilezione di Dio. Corriamo, corriamo, perocchè il tempo è breve. Gesù dolce, Gesù amore.



XXXIII - All'Abate maggiore dell'Ordine di Monte Oliveto, nel Contado di Siena

Proemio, di Niccolò Tommaseo:
Carità è madre che genera le virtù in pro de' fratelli. Umiltà nutre lei. Principalmente a chi governa, richiedesi carità. Queste lodi generali sono indiretti, ma efficaci, consigli all'abate che accolga con indulgenza un monaco partito dall'Ordine.

Al nome di Gesù Cristo crocifisso e di Maria dolce.

Carissimo Padre in Cristo dolce Gesù. Io Catarina, serva e schiava de' servi di Gesù Cristo scrivo a voi nel prezioso sangue suo; con desiderio di vedervi in perfettissima carità. La quale carità non cerca le cose sue. Ella è libera, e non è serva della propria sensualità: è larga, che dilata il cuore nell'amore di Dio, e dilezione del prossimo suo; e però sa portare e sopportare i difetti delle creature per amore del Creatore: ella è pietosa, e non crudele, perchè ha tolto da sè quello che fa l'uomo crudele, cioè l'amore proprio di sè; e però riceve caritativamente con grande pietà il prossimo suo per Dio: ella è benevola, pacifica e non iraconda: ella cerca le cose giuste e sante, e non le ingiuste; e come le cerca, così leserva in sè; e però riluce la margarita della giustizia nelpetto suo. La carità, se ella lusinga, non inganna; e se riprende, non ha odio nè ira: ma caritativamente ama tutti come figliuoli; o lusingando o riprendendo, in qualunque modo si sia. Ella è una madre che concepe nell'anima i figliuoli della virtù, e parturisceli per onore di Dionel prossimo suo. La sua balia è la profonda umilità. E che cibo gli dà questa sua nutrice? Cibo del lume e del cognoscimento di sè: col quale lume ha cognosciuta la miseria sua e la fragile sensualità, cagione d'ogni miseria.

Con questo cognoscimento s'umilia, e concepe odio verso sè medesima; e con questo, notrica in sè il fuoco della divina carità, cognoscendo la ineffabile bontà di Dio, la quale bontà è principio e fine d'ogni suo cognoscimento. Dopo questo lume e cognoscimento, si diletta di questo cibo che Dio più ama, cioè della sua creatura, la quale creò alla imagine e similitudine sua; e tanto l'amò, che egli diede a morte il suo Figliuolo unigenito perchè placasse l'ira sua, e traessela dalla lunga guerra nella quale era stata per la colpa d'Adam, e acciocchè nel suo dolcissimo sangue lavasse la faccia dell'anima, che per la colpa era tutta lorda. Egli fu nostra pace, e nostro tramezzatore tra Dio e noi, ricevendo i colpi della giustizia sopra di sè. Egli fu nostro medico che venne a sanare l'umana generazione, la quale giacea inferma, siccome dice il glorioso apostolo Paolo. Egli è il nostro conforto, perocchè ci s'è dato in cibo. Questo Verbo dolce, per compire l'obedienzia e volontà del padre suo nella creatura, corse come innamorato alla mensa della santissima croce; ine mangiò il cibo dell'anime, sostenendo pene, obbrobri e villanie, e nell'ultimo l'obbrobriosa morte; aprendo il corpo suo, che da ogni parte versava sangue. Tutto questo manifesta l'amore che Dio ha all'uomo: onde l'anima che sta in carità, si diletta di questo medesimo cibo dell'anime; nè già il vuole pigliare per altro modo, che il pigliasse Cristo dolce e buono Gesù: cioè, che ella vuole con lui insieme sostenere, e però con allegrezza patisce fame e sete, scherni e villanie, molestie dagli uomini e dalle dimonia. Questo Agnello sopportò la nostra ingratitudine, non ritraendo a dietro però di compire la nostra salute. Dico che in questo, e ogni altra cosa, l'anima ch'è in carità, quanto gli è possibile si vuole conformare con lui e seguitare le vestigie sue.

Ella riceve con benignità sotto l'ale della misericordia sua chi l'avesse offeso, perchè vede che la bontà di Dio ha fatto a lei quello medesimo. Quanto è dolce, dunque, questa madre della carità! é veruna virtù che non sia in lei? No. Ella non è tenebrosa, perchè è la guida sua il lume della santissima fede, la quale è la pupilla dell'occhio dell'intelletto, che mena l'affetto in quello che debbe amare, ponendogli per obietto l'amore che Dio gli ha, e la dottrina di Cristo crocefisso. Onde l'affetto, che col lume ha veduto sè essere amato, è costretto ad amare il suo Creatore, in verità, mostrandolo con seguitare la dottrina della verità. Bene è adunque da levarsi dal sonno della negligenzia e ignoranzia, e con sollecitudine cercarla nel sangue di Cristo crocifisso; perchè nel sangue ci rappresenta questo dolce e amoroso fuoco. Per questo modo acquisteremo la vita della Grazia; per altro modo, no.

E però vi dissi ch'io desideravo di vedervi in perfettissima carità, la quale ogni creatura ragionevole debbe avere in sè, se vuole gustare Dio nella vita durabile. Ma molto maggiormente ne sono obbligati, ed è necessaria a quelli che hanno a reggere e a governare anime; perocchè è sì grande peso, che, se fussero privati della carità,non porterebbero questo giogo, senza offesa di Dio. Non vuole essere tiepida, nè imperfetta la carità del prelato, ma perfetta con grandissimo caldo d'amore, e desiderio della salute de' sudditi suoi. E col lume di discrizione sapere dare ad ognuno, secondo ch'è atto a ricevere; caritativamente correggere, facendosi infermo con loro, insieme lusingando e correggendo secondo che vuole la giustizia e la misericordia; cercando la pecorella smarrita, e poichè l'ha ritrovata, ponersela in su laspalla, portando i pesi suoi sopra di sè: e rallegrarsi e fare festa della pecorella ritornata all'ovile.

A questa allegrezza v'invito, carissimo padre, inverso la vostra pecorella, che tanto tempo stette nella gregge con l'altre, cioè Frate P., il quale è oggi monaco di SantoLorenzo; e pare che umiliata a ricevere la verga della giustizia, si voglia tornare al suo ovile, all'obedienzia dell'Ordine, e vostra. Non dico più. Permanete nella santa e dolce dilezione di Dio. Gesù dolce, Gesù amore.



Caterina63
00venerdì 22 aprile 2016 11:14



XXXIV - Al Priore de' Frati di Mont'Oliveto presso a Siena

Proemio, di Niccolò Tommaseo:
Chi ha mente e cuore piccolo, ascenda la croce; e vedrà meglio e sotto e sopra di sè, e si collocherà in altezza d'amore. Questa è massimamente necessaria a chi regge. Gli raccomanda due frati novelli: li lasci studiare.

Al nome di Gesù Cristo crocifisso e di Maria dolce.

Dilettissimo e carissimo padre per riverenzia di quello santissimo Sacramento, e fratello in Cristo dolce Gesù. Io Catarina, serva e schiava de' servi di Gesù Cristo, scrivo a voi nel prezioso sangue suo; con desiderio di vedervi quello pastore buono e virile, che pasciate e governiate con sollicitudine perfetta le pecorelle a voi commesse, imparando dal dolce Maestro della Verità, che ha posta la vita per noi pecorelle che eravamo fuore della via della Grazia. é vero, dolcissimo fratello in Cristo dolce Gesù, che questo non potete fare senza Iddio, e Iddio non potiamo avere nella terra; ma un dolce rimedio ci veggo: che, essendo con cuore basso e piccolo, voglio che facciate come Zaccheo, che, essendo piccolo, salì sull'arbore per vedere Dio. Per la quale sollicitudinemeritò d'udire quella dolce parola, dicendo: «Zaccheo, vattene alla tua casa; chè oggi è di bisogno che io mangi con teco». Cosi doviamo fare noi: che essendo noi bassi, con stretto cuore e poca carità, noi saliamo in sull'arbore della santissima croce. Ine vedremo e toccheremo Iddio: ine troveremo il fuoco della sua inestimabile carità eamore, il quale l'ha fatto correre infino agli obbrobrii della croce, levato in alto, affamato e assetato di sete dell'onore del padre e della salute nostra.

Ecco dunque il nostro dolce e buono pastore, che ha posta la vita con tanto affamato desiderio e affocato amore, non ragguardando alle pene sue, nè alla nostra ignoranzia e ingratitudine di tanto beneficio, nè a rimproveri de' Giudei; ma, come innamorato, ubbidiente al Padre con grandissima reverenzia. Bene si può adunque, se noi vorremo, adempire in noi quella parola (se la nostra negligenzia non ci trae) salendo in su l'arbore, siccome disse la dolce bocca della verità: «Se io sarò levato in alto, ogni cosa trarrò a me». E veramente è così che l'anima che ci è salita, vede versare la bontà e potenzia del padre, per la quale potenzia ha data virtù al sangue del Figliuolo di Dio di lavare le nostre iniquitadi. Ine vediamo l'obedienzia di Cristo crocifisso, che, per obedire, muore; e fa questa obedienzia con tanto desiderio, che maggiore gli è la pena del desiderio, che la pena del corpo.
Vedesi la clemenzia e l'abbondanzia dello Spirito Santo; cioè quello amore ineffabile che 'l tenne confitto in sul legno della santissima croce, che nè chiovi nè fune l'avrebbe potuto tenere legato se il legame della Carità non fusse. Ben sarebbe cuore di diamante, che non dissolvesse la sua durizia a tanto smisurato amore. E veramente il cuore vulnerato di questa saetta, si leva su con tutta sua forza: e non tanto è l'uomo in sè mondo, ma è monda l'anima, per la quale Dio ha fatto ogni cosa. E se mi diceste: «io non posso salire, perocchè esso è molto in alto»; dicovi, che egli ha fatti gli scaloni nelcorpo suo. Levate l'affetto a' piedi del Figliuolo di Dio, e salite al cuore che è aperto e consumato per noi; e giugnerete alla pace della bocca sua, e diventerete gustatore e mangiatore dell'anime; e cosi sarete vero pastore, che porrete la vita per le pecorelle vostre. Fate che sempre abbiate l'occhio sopra di loro acciocchè il vizio sia stirpato; e piantatavi la virtù.

E io vi mando due altre pecorelle: date a loro l'agio della cella e dello studio: perocchè sono due pecorelle le quali nutricherete senza fatiga, e averetene grande allegrezza e consolazione. Altro non vi dico. Confortatevi insieme, legandovi col vincolo della carità, sagliendo in su quello arbore santissimo dove si riposano i frutti delle virtù, maturi sopra al corpo del Figliuolo di Dio. Correte con sollicitudine. Permanete nella santa e dolce dilezione di Dio. Gesù dolce, Gesù amore.




XXXV - A Frate Niccolò di Ghida, e Frate Giovanni Zerri, e a Frate Niccolò di Jacomo di Vannuzzo, di Mont'Oliveto

Proemio, di Niccolò Tommaseo:
Croce è cattedra d'amore. Chi predica una dottrina di virtù senza fatica, perseguita, non seguita, Cristo. Amore coraggioso sia il nostro, e si difenda con l'arme dell'orazione, col coltello della libera volontà. Sia amore schietto, non per paura di pena o speranza di premio. Il monaco non ceda alla debolezza di voler mutare Ordine. La sua navicella abbia per vela la carità, per timone l'obbedienza. Sia l'obbedienza con fede, e però non nel male. Gemma della pazienza. Esempio d'un debole, disertore dell'Ordine.

Al nome di Gesù Cristo crocifisso e di Maria dolce.

Carissimi figliuoli in Cristo dolce Gesù. Io Catarina, serva e schiava de' servi di Gesù Cristo, scrivo a voi nel prezioso sangue suo; con desiderio di vedervi seguitatori dell'umile e immacolato Agnello, il quale ora c'è rappresentato dalla santa Chiesa in tanta umiltà e mansuetudine, che ogni cuore di creatura ne dovrebbe venire meno, e confondere e spegnere la superbia sua. Questo Parvolo è venuto per insegnarci la via e la dottrina della verità;perchè la via era rotta per lo peccato d'Adam per modo che neuno poteva giugnere al terinine di vita eterna. E però Dio Padre, costretto dal fuoco della sua carità, ci mandò il Verbo dell'unico suo Figliuolo, il quale venne come un carro di fuoco, manifestandoci il fuoco dell'amore ineffabile e la misericordia del Padre eterno; insegnandoci la dottrina della verità, e mostrandoci la via dell'amore, la quale noi doviamo tenere. E però disse egli: «Io son via e verità e vita; chi va per me, non va perle tenebre; ma giugne alla luce». E così è: perocchè, chi seguita questa via, in verità, ne riceve vita di Grazia, e vacol lume della santissima fede e con esso lume giugne all'eterna visione di Dio. Dove ce l'ha insegnata questa dottrina questo dolce e amoroso Verbo? Su la cattedra della santissima croce. Ed ine ci lavò la faccia dell'animanostra col prezioso sangue suo. Dico che c'insegnò la via dell'amore e la dottrina della virtù. Egli ci mostrò in chemodo noi doviamo amare, a volere avere la vita. Onde noi siamo tenuti e obligati di seguitarlo: e chi nol seguitaper la via delle virtù, esso fatto il perseguita col vizio. Onde molti sono che vogliono perseguitare, e non seguitare; e vogliono andare innanzi a lui, ma non dietro a lui,facendo un'altra via di nuovo, cioè, di volere servire a Dio e aver la virtù senza fadiga. Ma ingannati sono; perocchè egli è la via. Questi cotali non son forti nè perseveranti; anco, vengono meno, e nel tempo della battaglia gittano a terra l'arme, cioè l'arme dell'umile e continua orazione con l'affocata carità, ed il coltello della volontàcon che si difende. Il quale ha due tagli, cioè odio del vizio e amore della virtù. E 'l piglia con la mano del liberoarbitrio, e dàllo al nemico suo. Sicchè, trattosi l'arme che riparava a' colpi delle molte tentazioni, molestie dalla carne, e persecuzioni dagli uomini; e dato il coltello, con che si difendeva, rimane vinto e sconfitto; onde non gli seguita gloria; anco, vergogna e confusione. E tutto gli addiviene perchè non seguita la dottrina del Verbo ma perseguitala, volendo andare per altra via che tenesse egli.

Adunque ci convien tenere per lui, e amare schiettamente in verità, non per timore della pena che seguita a colui che non ama, e non per rispetto dell'utilità e del diletto che trova l'anima nell'amore; ma solo perchè il sommo Bene è degno d'essere amato da noi. E però il doviamo amare, se mai utilità non ne avessemo; e se danno non avessemo per non amare, noi doviamo pure amare. Cosi fece egli; perocchè egli ci amò senza essere amato da noi, non per utilità ch'egli potesse ricevere, nè per danno che ne potesse avere non amandoci; perocchè egli è lo Dio nostro che non ha bisogno di noi: onde il nostro bene non gli è utile, e il nostro male non gli è danno. Dunque perchè ci amò per sua bontà, così dunque noi il doviamo amare per la bontà sua medesima. E quella utilità che noi non possiamo fare a lui, doviamo fare al prossimo nostro, ed amarlo caritativamente; e non diminuire l'amore verso di lui per alcuna ingiuria che ci facesse, nè per sua ingratitudine. Ma doviamo esser costanti e perseveranti nella carità di Dio e del prossimo; perocchè così fece questo dolce e amoroso Verbo, che non attendeva ad altro che all'onore del Padre e alla salute nostra; e non allentò l'andare nè di correre all'obbrobriosa morte della croce, per nostra ingratitudine (che ci vedeva spregiatori del sangue), nè per pena nè per obbrobri che si vedeva sostenere. Perchè? perchè il suo fondamento era d'amare noi solo per onore del padre e salute nostra.

Questa dunque è la via che ci ha insegnata, dandoci dottrina d'umiltà e d'obedienzia, di pazienzia, di fortezza e di perseveranzia. Perocchè egli non lassò il giogo dell'obedienzia che aveva ricevuto dal Padre, nè la salute nostra per alcuna pena; ma con tanta pazienzia, che non n'è udito il grido suo per neuna mormorazione. Forte e perseverante infino all'ultimo, che egli rimise la Sposa dell'umana generazione nelle mani del Padre Eterno. Adunque vedete, figliuoli miei, che egli v'ha mostrata la via e insegnata la dottrina. Dovetelaseguitare dunque virilmente e senza alcuno timore servile, ma con timore santo, con speranza e fede viva; perocchè Dio non vi porrà maggior peso che voi potiate portare. E con questa fede rispondere al dimonio, quando vi mettesse timore nelle menti vostre, dicendo: «le battaglie, e le fadighe dell'Ordine e il giogo dell'obedienzia, tu non lo potrai portare»: e dicendo: «meglio è che tu ti parta, e stia nella carità comune. O tu va in un'altra religione, che ti sia più agevole che questa: e potrai meglio salvare l'anima tua». Non è da credergli; ma col lume della fede perseverare nello stato vostro infino alla morte. Già sete levati, carissimi figliuoli, dalla bontà di Diodalla puzza del secolo, e sete entrati nella navicella dellasanta religione a navigare questo mare tempestoso, sopra le braccia dell'Ordine, e non sopra le vostre, col timone della santa obedienzia; e ritto avete l'arbore della santissima croce. Spiegatevi su la vela della sua ardentissima carità, con la quale vela giugnerete a porto di salute, se voi vi soffierete col vento del santo desiderio, conodio e dispiacimento di voi, con umile, obediente e continua orazione. Or con questo vento prospero si giunge, e con perseveranzia, al porto di vita eterna.

Ma guardate che 'l timone dell'obedienzia non v'esca delle mani; perocchè subito sareste a pericolo di morte. Son certa che se averete spogliato il cuore del proprio amore sensitivo, e in verità vestiti di Cristo crocifisso (cioè d'amare lui schiettamente senza rispetto di pena o di diletto, comedetto è); voi il farete stando nella navicella dell'Ordine, ed abbraccerete l'arbore della santissima croce, seguitando le dottrine e le vestigie dell'umile eimmacolato Agnello, annegando e uccidendo la vostra propria volontà con obedienzia pronta, che mai non allenti per alcuna fadiga, o per obedienzia incomportabile; ma sempre obedienti infino alla morte. O gloriosa virtù, che porti teco l'umilità! Perocchè tanto è l'uomo umile quanto obediente, e tanto obediente quanto umile. Il segno di questa obedienzia, che ella sia nelsuddito,è la pazienzia; con la quale pazienzia non vorrà recalcitrare alla volontà di Dio nè a quella del prelato suo, guarda già che non gli fusse comandato cosa che fusse offesa di Dio, perocchè a questa non debbe obedire; ma a ogni altra cosa si. Questa virtù non è sola, quand'ella èperfetta nell'anima; anco, è accompagnata con lo lume della fede fondata nell'umilità; perocchè altrimenti non sarebbe obediente con la fortezza e con la lunga perseveranzia, e con la gemma preziosa della pazienzia.

Or a questo modo correte per la via dell'amore in verità, tenendo per la via del Verbo unigenito Figliuolo di Dio; e seguiterete la dottrina sua d'essere obedienti, correndo per onore di Dio e per salute vostra e del prossimo all'obbrobriosa morte della croce, cioè con ansietato desiderio di volere sostenere pene in qualunque modo Dio ve le concede, o per tentazioni del dimonio, o per molestia del corpo vostro, o per mormorazioni, o per ingiurie che vi facessero le creature; e ogni cosa porterete per amore di Cristo crocifisso infino alla morte. E non venite a tedio per alcuna battaglia che vi venisse; ma ditelo al prelato vostro. E portate virilmente; e conservate la volontà, che non consenta. A questo modo non offenderete, ma riceverete il frutto delle vostre fadighe; e perquesto modo seguiterete la Dottrina dell'umile e immacolato Agnello: perocchè in altro modo verreste meno, e non perseverereste nello vostro andare, ma ogni movimento vi darebbe a terra. E però vi dissi ch'io desideravo di vedervi seguitatori dell'umile e immacolato Agnello; perchè altra via non ci sapevo vedere. E cosi è la verità: e chi altra via cerca, rimane ingannato. Adunque virilmente, carissimi figliuoli, adempite la volontà di Dioin voi, e la promessa che faceste quando vi partiste dalle tenebre del mondo ed entraste alla luce della santa Religione.

Siavi raccomandato Giovanni, che preghiate Dio per lui che ritorni al suo ovile. E pigliate esempio da lui, diumiliarvi: e non tenete la infirmità del cuore. Gesù dolce, Gesù amore.




XXXVI - A certi Novizii dell'Ordine di Santa Maria di Monte Oliveto

Proemio, di Niccolò Tommaseo:
Pasqua d'amore. L'unione di Dio con l'uomo rassoda le forze dell'anima e della società cristiana: muro saldo all'urlo de' venti, ròcca contro il tiranno. L'obbedienza sia libera; ci salvi dalle insidie dell'amor proprio e dai capricci della divozione fantastica.

Al nome di Gesù Cristo crocifisso e di Maria dolce.

Carissimi figliuoli in Cristo dolce Gesù. Io Catarina, serva e schiava de' servi di Gesù Cristo, scrivo a voi nel prezioso sangue suo; con desiderio di vedervi figliuoli obedienti infino alla morte, imparando dall'Agnello immacolato, che fu obediente al Padre infino all'obbrobriosa morte della croce. Pensate che egli è via e regola, la quale voi e ogni creatura dovete osservare. Voglio che vel poniate per obietto dinanzi agli occhi della mente vostra. Ragguardate quanto egli è obediente, questo Verbo! Egli non schifa la fadiga che egli sostiene per lo gran peso che gli è posto dal Padre; anzi corre con grandissimo desiderio. Questo manifestò nella cena del Giovedì Santo, quando disse: «Con desiderio ho desiderato di far pasqua con voi, prima ch'io muoia». Cioè, intendeva di fare la pasqua, d'adempire la volontà del Padre e l'obedienzia sua: e però, vedendosi quasi consumato il tempo (vedevasi nell'ultimo, ch'egli doveva fare sacrificio del corpo suo al Padre per noi) gode e esulta, e con letizia dice: «Con desiderio io ho desiderato». Questa era la Pasqua che egli diceva, cioè di dare sè medesimo in cibo, e per obedienzia del Padre fare sacrificio dei corpo suo. Chè dell'altre pasque del mangiare co' discepoli suoi, spesse volte l'aveva fatta, ma non mai questa.

Oh inestimabile dolcissima e ardentissima carità! tu non pensi delle tue pene, nè della obbrobriosa morte tua: chè se tu vi pensassi, non anderesti con tanta letizia, e non la chiameresti pasqua. Pensate, figliuoli miei, che questo dolce Agnello è una aquila vera, che non ragguarda la terra della sua umanità; ma ferma l'occhio solo nella ruota del sole, nel Padre eterno; chè in sè medesimo vede che la volontà sua è questa, che noi siamo santificati in lui. Questa santificazione non si può avere, per lo peccato del nostro primo padre Adam. Conviensi adunque che ci sia uno mezzo, e pongaci cosa che questa volontà di Dio si possa adempire. Vede il Verbo ch'egli ha posto lui, e hagli data per sposa l'umana generazione; comandato gli ha per obedienzia che egli ci ponga in mezzo il sangue suo, acciocchè la sua volontà s'adempia in noi, sì che nel sangue siamo santificati. Or questa è la dolce pasqua che questo Agnello immacolato piglia; e con grandissimo affetto e desiderio insiememente adempie la volontà del Padre in noi, e osserva e compie la sua obedienzia. Oh dolce amore inestimabile, tu hai unita e conformata la creatura col Creatore. Ha fatto come si fa della pietra, che si conforma colla pietra,acciocchè, venendo il vento... non vuole che sia impedita; mettevi la calcina viva intrisa coll'acqua. Tu, Verbo Incarnato, hai fondato questa pietra della creatura; haila innestata nel suo Creatore; haici messo in mezzo il sangue intriso nella calcina viva della divina essenzia per l'unione che hai fatta nella natura umana; hai proveduto a molti venti contrari di forti battaglie e tentazioni, e molte pene e tormenti che ci sono dati dal dimonio, dalla creatura, e dalla carne propria, che tutti ci sono contrari e percuotono l'anima nostra. Veggo te, dolce prima Verità, che per lo sangue che ci hai posto in mezzo, questo muro è di tanta fortezza, che veruno vento contrario lo può dare a terra. Adunque bene ha materia, dolcissimo Amore, d'amare la creatura solo te, e di non temere, per veruna illusione che venisse.

Cosi vi prego, figliuoli miei dolci in Cristo dolce Gesù, che non temiate mai, confidandovi nel sangue di Cristo crocifisso. Nè per movimenti e illusioni dissolvete; nè per timore che venisse di non potere perseverare, nè per paura della pena che vi paresse in sostenere l'obedienzia e l'Ordine vostro, nè per veruna cosa che potesse avvenire, non temete mai. Conservate pure in voi la buona e santa volontà, quella che è signore di questo muro, che col piccone del libero arbitrio il può disfare e conservare, secondo che piace al Signore della buona volontà.

Adunque non voglio che giammai temiate: ogni timore servile sia tolto da voi. Direte col dolce e innamorato di Paolo, rispondendo alla tiepidezza del cuore, e alle illusioni delle dimonia: «Porta oggi, anima mia. Per Cristo crocifisso ogni cosa potrò; perocchè, per desiderio e amore, è in me chi mi conforta». Amate, amate, amate. Inebriatevi nel sangue di questo dolce Agnello, che fatta v'ha forte la rôcca dell'anima vostra, l'ha tratta dalla servitù del tiranno perverso dimonio; Havvela data libera e donna, chè veruno è che gli possa tôrre la signoria, se ella non vuole. E questa ha dato ad ogni creatura.

Ma io m'avvedo che la divina Providenzia v'ha posti in una navicella, acciocchè non veniate meno nel mare tempestoso di questa tenebrosa vita; cioè la santa e vera religione. La quale navicella è menata col giogo della santa e vero obedienzia. Pensate quanta è la grazia che Dio v'ha fatta, cognoscendo la debilezza delle braccia vostre. Chè chi è nel secolo, naviga in questo mare sopra le braccia sue; ma colui che è nella Santa Religione, naviga sopra le braccia d'altrui. Se egli è vero obediente, nonha a rendere ragione di sè medesimo; ma ha a rendere l'Ordine; chè egli ha osservata l'obedienzia del prelato suo. A questo m'avvedrò, che voi seguirete l'Agnello svenato; se sarete obedienti. Già v'ho detto, che io voglio che impariate dal dolce e buono Gesù, che fu obediente infino alla morte, adempì la volontà del Padre e l'obedienzia sua: così vuole Dio che facciate voi; che voi adempiate la volontà sua; osservando l'Ordine vostro, ponendovela per ispecchio. Innanzi eleggere la morte, che trapassare mai l'obedienzia del prelato. Guardate già, che se mai veruno caso venisse (e Dio, per la sua pietà, il levi) che il prelato comandasse cose che fussero fuore di Dio; a questo non dovete, nè voglio anch'io che obediate mai: perocchè non si debbe obedire la creatura fuore del Creatore. Ma in ogni altra cosa vogliate sempre obedire. Non mirate a vostra consolazione nè spirituale nè temporale.

Questo vi dico perchè alcuna volta il dimonio ci fa vedere sotto colore di virtù e di più devozione. Vorremmo i luoghi e tempi a nostro modo, dicendo: «nel cotale tempo e luogo io ho più consolazione e pace dell'anima mia». L'obedienzia alcuna volta non vorrà. Dico ch'io voglio, e dovete seguitare più tosto l'obedienzia, che le vostre consolazioni. Pensate che questo è uno inganno occulto che tocca a tutti i servi di Dio; che sotto specie di più servire a Dio, egli disservono Dio. Sapete che sola la volontà è quella che disserve e serve. Se tu, religioso,hai volontà, il dimonio non te la mostra colle cose grosse di fuore; chè già l'hai abbandonate, avendo lassato il secolo: ma egli te la pone dentro colle spirituali, dicendo: «egli mi pare avere più pace e più stare in amore di Dio, starmi nel tale luogo, e non nell'altro». E per avere questo, egli resiste all'obedienzia: e se pure li le conviene fare, il fa con pena. Sicchè volendo la pace, egli si toglie lapace. Meglio è dunque a tôrre la propria volontà, e non pensare di sè niente; solo di vedere in sè compire la volontà di Dio e dell'Ordine santo, e compire l'obedienzia del suo prelato. Son certa che sarete aquilini, che imparerete dall'aquila vera. Così fanno gli uomini del mondo che si partono dalla volontà del loro Creatore: quando Dio permette a loro alcuna tribulazione e persecuzioni, dicono: «Io non le vorrei non tanto per la pena, quanto mi pare che siano cagioni di partirmi da Dio».
Ma sono ingannati: chè quella è falsa passione sepsitiva; che collaillusione del dimonio schifano la pena, e più temono la pena che l'offesa. Sicchè con ogni generazione usa questo inganno. Convienci adunque annegare questa volontà nostra. I secolari obedienti osservano i comandamenti di Dio; e i religiosi osservare i comandamenti e i consigli, come hanno promesso alla santa Religione. Orsù, figliuoli miei! Obedienti infino alla morte colle vere e reali virtù. Pensate, che tanto quanto sarete umili, tanto sarete obedienti; chè dalla obedienzia nasce la vena dell'umilità, e dall'umilità l'obedienzia; le quali escono dal condotto dell'ardentissima carità. Questo condotto della carità trarrete dal costato di Cristo crocifisso. Ivivoglio che la procacciate a questo modo per luogo e abitazione. Sapete che il religioso che è fuore della cella, èmorto, come il pesce che è fuore dell'acqua. E però vi dico la cella del costato di Cristo, dove troverete il cognoscimento di voi e della sua bontà.

Or vi levate con grandissimo e acceso desiderio; andate, intrate e state in questa dolce abitazione; e non sarà dimonio nè creatura che vi possa tôrre la Grazia, nè impedire che voi non giungiate al termine vostro, a vedere e gustare Dio. Altro non dico. Obedite infino alla morte, seguitando l'Agnello, che n'è via e regola. Bagnatevi nel sangue di Cristo crocifisso, nascondetevi nelle piaghe di Cristo crocifisso. Permanete nella santa e dolce dilezione di Dio. Amatevi, amatevi insieme. Gesù dolce, Gesù amore.




XXXVII - A frate Niccolò di Ghida dell'ordine di Monte Oliveto

Proemio, di Niccolò Tommaseo:
(Fatta in astrazione.) Dal conoscere i propri difetti, l'umiltà; dal conoscere l'amore di Dio, carità: dall'umile carità, l'odio del male con lo speranza del meglio. Due celle: del corpo, della mente. Due carità: la diritta che cerca il bene schiettamente; la troppo semplice per astuzia, che della ricerca del bene altrui fa tentazione all'anime nostre. Mali della dissipazione. Viviamo con noi e con gli scritti e gli esempi de' Grandi buoni. Il raccoglimento continuo ci è incessante comunione col sangue di Cristo.

Al nome di Gesù Cristo crocifisso e di Maria dolce.

Carissimo figliuolo in Cristo dolce Gesù. Io Catarina, serva e schiava de' servi di Gesù Cristo, scrivo a voi nel prezioso sangue suo; con desiderio di vedervi abitatore della cella del cognoscimento di voi, e della bontà di Dio in voi: la quale cella è una abitazione che l'uomo porta con seco duvunque va. In questa cella s'acquistano le vere e reali virtù, e singolarmente la virtù dell'umiltà, edell'ardentissima carità. Perocchè nel cognoscimento di noi l'anima s'umilia, cognoscendo la sua imperfezione, e sè non essere; ma l'essere suo il vede avere avuto da Dio. Poi, dunque, che cognosce la bontà del suo Creatore in sè, retribuisce a lui l'essere, e ogni grazia che è posta sopra l'essere: e così acquista vera e perfetta carità, amando Dio con tutto il cuore e tutto l'affetto, e con tutta l'anima sua. E come egli ama, concepe un odio verso la propria sensualità, in tanto che per odio di sè è contento che Dio voglia e sappia punirlo per qualunque modo si vuole delle sue iniquità. Questi è fatto subito paziente inogni tribolazione, o dentro o di fuore che l'abbia. Onde se egli l'ha dentro per diverse cogitazioni, egli le porta volontariamente, reputandosi indegno della pace e quiete della mente, la quale hanno gli altri servi di Dio: e reputasi degno della pena, e indegno del frutto che sèguita dopo la pena.

Questo d'onde gli procede? dal cognoscimento di sè santo. Colui che cognosce sè, cognosce Dio e la bontà di Dio in sè; e però l'ama. Di che si diletta allora quell'anima? Dilettasi di portare senza colpa per Cristo crocifisso; e non cura le persecuzioni del mondo nè le detrazioni degli uomini; ma il suo diletto è di portare ì difetti delsuo prossimo. E cerca di portare in verità le fadighe dell'Ordine, e innanzi morire che trapassare il giogo dell'obedienzia; ma sempre è suddito non tanto che al prelato, ma al più minimo, che n'è. Perocchè non presume di sè medesimo, reputandosi alcuna cosa: e però si fa veramente suddito ad ogni persona per Cristo crocifisso, non in subiezione di piacere nè di peccato, ma con umiltà e per amore della virtù. Egli fugge la conversazione del Secolo e de' secolari; e fugge il ricordamento de' parenti (non tanto che d'avere loro conversazione) siccome serpenti velenosi.
Egli è fatto amatore della cella, edilettasi del salmeggiare con umile e continua orazione; e hassi fatto della cella uno cielo. E più tosto vorrà starein cella con pene e con molte battaglie del dimonio, che fuore della cella in pace e in quiete. Onde ha questo cognoscimento e desiderio? Hallo avuto e acquistato nella cella del cognoscimento di sè: perocchè,se prima non avesse avuta questa abitazione della cella mentale, nè avrebbe avuto desiderio, nè amerebbe la cella attuale. Ma perchè vide e cognobbe in sè quanto era pericoloso il discorrere e star fuor di cella, però l'ama. E veramentoil monaco fuore della cella muore, siccome il pesce fuore dell'aequa. Oh quanto è pericolosa cosa al monaco l'andare a torno! Quante colonne abbiamo veduto essere date a terra, per lo discorrere e stare fuore della cella sua, di fuore del tempo debito ed ordinato! O quando il mandasse l'obedienzia o una stretta espressa carità, per questo l'anima danno non riceverebbe, ma per leggerezza di cuore, e per la semplice carità,la quale alcuna voltalo ignorante (per illusione del dimonio per farlo stare fuore della cella) egli adopera nel prossimo suo. Ma egli non vede che la carità si debba prima muovere di sè; cioè che a sè non debba fare male di colpa, nè cosa che gli abbia a impedire la sua perfezione, per neuna utilità che possa fare al prossimo suo. Perchè gli addiviene che per lo stare fuore della cella attuale gli è tanto nocivo? Perchè prima ch'egli esca dalla cella attuale, è uscito dalla cella mentale del cognoscimento di sè: perocchè se non fusse escito averebbe cognosciuta la sua fragilità, per la quale fragilità non faceva per lui l'andar fuore ma di stare dentro.

Sapete che frutto n'esce per l'andar fuore? Frutto di morte, perocchè la mente se ne svagola, pigliando la conversazione degli uomini, e abbandonando quella degli angioli. Votasi la mente de' santi pensieri di Dio, e empiesi del piacimento delle creature: con molte varie e malvage cogitazioni diminuisce la sollecitudine e la devozione dell'uffizio, e raffredda il desiderio nell'anima. Onde apre le porte dei sentimenti suoi; cioè l'occhio a vedere quello che non debba, e le orecchie audire quello che è fuore della volontà di Dio e salute del prossimo; la lingua a parlare parole oziose, e scordarsi del parlare di Dio. Onde fa danno a sè e al prossimo suo, tollendogli l'orazione, perocchè nel tempo che debbe orare per lui, egli va discorrendo; e tollegli anco la edificazione. Onde la lingua non sarebbe sufficiente a narrare quanti mali n'escono. E non se n'avvedrà se non n'ha cura: chè poco a a poco sdrucciolerebbe tanto, che si partirebbe dall'ovile della santa religione. E però colui che cognosce sè, vede questo pericolo; e però fugge in cella, ed ine empie la mente sua, abbracciandosi con la croce, con la compagnia de' santi dottori, i quali col lume soprannaturale, come ebbri, parlavano della larghezza della bontà di Dio, e della viltà loro; e innamoravansi delle virtù, prendendo il cibo dell'onore di Dio, e della salute dell'anime in su la mensa della santissima croce, sostenendo pena con vera perseveranzia infino alla morte.

Or di questa compagnia si diletta; e quando l'obedienzia il mandasse fuore, duro gli pare; ma stando di fuore, sta dentro per santo e vero desiderio. E in cella sinotrica di sangue, ed unisce col sommo ed eterno Bene per affetto d'amore. Egli non fugge nè rifiuta labore; ma come vero cavaliero, sta in cella in sul campo della battaglia, difendendosi da' nemici col coltello dell'odio e dell'amore, e collo scudo della santissima fede. E mai non volle il capo indietro, ma con speranza e col lume della fede persevera, infino che con la perseveranzia riceve la corona della gloria. Costui acquista la ricchezza delle virtù; ma non l'acquista nè compra questa mercanzia inaltra bottiga che nel cognoscimento di sè, della bontà di Dio in sè; per lo quale cognoscimento è fatto abitatore della cella mentale e attuale; perocchè in altro modo mai non l'averebbe acquistate.

Onde considerando me che altro modo non ci ha, dissi che io desideravo di vedervi abitatore della cella del cognoscimento di voi e della bontà di Dio in voi. Ma sapete che fuora della cella non l'acquisterete mai. E però voglio che voi strettamente torniate a voi medesimo, stando in cella; e lo star fuora della cella vi venga a tedio,di fuore da quello che vi pone l'obbedienzia e la estrema necessità. E l'andare alla terra vi paia andare a uno fuoco, e la conversazione de' secolari vi paia veleno. Ma fuggite a voi medesimo e non vogliate essere fatto crudele all'anima vostra. Figliuolo carissimo, io non voglio che dormiamo più ma destianci nel cognoscimento di noi, dove troveremo il sangue dell'umile e immacolato Agnello. Altro non vi dico. Permanete nella santa e dolce dilezione di Dio. Strettamente ci raccomandate al priore e a tutti gli altri. Gesù dolce, Gesù amore.





Caterina63
00venerdì 22 aprile 2016 11:21


XXXVIII - A monna Agnesa, donna che fu di missere Orso Malavolti

Proemio, di Niccolò Tommaseo:
Impazienza è da superbia: perde il merito del bene, fa l'anima leggiera negl'impeti, incomportabile a sè, inferno a sè stessa. Pazienza è amica ad umiltà e a carità; è segno della vera virtù. Non basta sopportare il dolore che viene di fuori; conviene saper patire la scarsità delle interne consolazioni, e l'apparente o vera tiepidezza degli uomini, i loro consigli importuni. C'è de' difetti che hanno radice ne' vizii. La falsa pazienza si maschera di stolta umiltà. Chi non è troppo contento di sè, è più contento d'altri. La pazienza è obbediente, ma insieme esercita più appieno l'umana libertà. Ella è regina. Parla alla madre, della figliuola perduta.

Al nome di Gesù Cristo crocifisso e di Maria dolce.

Carissima figliuola in Cristo dolce Gesù. Io Catarina serva e schiava de' servi di Gesù Cristo, scrivo a voi nel prezioso sangue suo; con desiderio di vedervi fondata in vera pazienzia, considerando me che senza la pazienzia non potiamo piacere a Dio. Perocchè siccome la impazienzia piace molto al dimonio e alla propria sensualità, e non si diletta altro che d'ira quando gli manca quello che la sensualità vuole; così per contrario dispiace molto a Dio. E perchè l'ira e impazienzia e il mirollo della superbia, e però piace molto al dimonio. La impazienzia perde il frutto della sua fadiga, priva l'anima di Dio; e comincia a gustare l'arra dell'inferno, e dàgli poi la eterna dannazione: perocchè nell'inferno arde la mala perversa volontà con ira, odio e impazienzia. Arde e non si consuma, ma sempre rinfresca; cioè che non viene meno in loro: e però dico, non consuma. Ha bene consumata e diseccata la Grazia nell'anima loro, ma non e consumato l'essere, come detto è: e però dura la pena loro eternalmente.

Questo dicono i santi, che i dannati addimandano la morte e non la possono avere, perchè l'anima non muore mai. Muore bene a Grazia per lo peccato mortale; ma non muore all'essere. Non è alcuno vizio nè peccato che in questa vita faccia gustare l'arra dell'inferno,quanto l'ira e la impazienzia. Egli sta in odio con Dio; egli ha in dispiacere il prossimo suo; e non vuole nè sa portare nè sopportare i difetti del suo prossimo. E ciò che gli è detto o fatto, subito avvelena; e muovesi il sentimento alla ira e alla impazienzia, come la foglia al vento. Egli diventa incomportabile a sè medesimo; perocchè la perversa volontà sempre il rode; e appetisce quello che non può avere; scordasi della volontà di Dio e della ragione dell'anima sua. E tutto questo procede dall'arbore della superbia, il quale ha tratto fuore il mirollo dell'ira e della impazienza. E diventa l'uomo uno dimonio incarnato:e molto fa peggio a combattere con questi dimoni visibili, che con gli invisibili. Bene la debbe dunque fuggire ogni creatura che ha in sè ragione.

Ma attendete, che sono due ragioni d'impazienzia. Questa è una impazienzia comune, cioè, de' comuni uomini del mondo; che loro addiviene per lo disordinato amore che hanno a loro medesimi e alle cose temporali, le quali amano fuore di Dio; che per averle, non si curano di perdere l'anima loro, e di metterla nelle mani delle dimonia. Questo è senza rimedio se egli non cognosce sè, che ha offeso Dio, tagliando questo arbore col coltello della vera umilità; la quale umilità notrica la carità nell'anima. La quale è uno arbore d'amore, che 'l mirollo suo è la pazienzia e benevolenzia del prossimo. Perocchè, come la impazienzia dimostra più che l'anima sia privata di Dio, che niun altro vizio (perocchè si giudica subito, perchè c'è il mirollo, egli ci è l'arbore della superbia); così la pazienzia dimostra meglio e più perfettamente, che Dio sia per grazia nell'anima, che veruna altra virtù. Pazienzia, dico, fondata nell'arbore dell'amore: cioè, che per amore del suo Creatore dispregi il mondo, e ami la ingiuria, da qualunque lato ella si viene.

Dicevo che l'ira e la impazienzia era in due modi: cioè in comune e in particolare. Abbiamo detto de' comuni; ora lo dico in particolare, cioè di coloro che hanno già spregiato il mondo, e vogliono essere servi di Cristo crocifisso a loro modo; cioè in quanto trovano diletto in lui e consolazione. Questo è perchè la propria volontà spirituale non è morta in loro; e però dimandano e chieggono a Dio, che doni le consolazioni e tribolazioni a loro modo, e non a modo di Dio; e così diventano impazienti, quand'hanno il contrario di quello che vuole la propria volontà spirituale. E questo è uno ramoscello di superbia, che esce della vera superbia; siccome l'arbore che mette l'arboscello da lato, che pare separato da lui, enondimeno la sustanzia della quale egli viene, la traie pure del medesimo arbore. Cosi è la volontà propria dell'anima, che elegge di servire a Dio a suo modo; e mancandogli quello modo, sostiene pena, e dalla pena viene alla impazienzia; ed è incomportabile a sè medesimo, e non gli diletta di servire a Dio nè al prossimo. Anco, chi venisse a lui per consiglio o per aiuto, non gli darebbe altro che rimproverio; e non saprebbe comportare il bisogno suo.

Tutto questo procede dalla propria volontà sensitiva spirituale, che esce dall'arbore della superbia, il quale è tagliato e non dibarbicato. Tagliato è quando già ha levato il desiderio suo dal mondo, e postolo in Dio; ma havvelo posto imperfettamente: evvi rimasta la radice, e però ha messo il figliuolo da lato: ecosi si manifesta nelle cose spirituali. Onde, se gli mancala consolazione di Dio, e rimanga la mente sterile esciutta, subito si conturba e contrista in sè medesimo: e sotto colore di virtù (perchè gli pare essere privato di Dio) diventa mormoratore, e ponitore di legge a Dio. Ma se egli fusse veramente umile, con vero odio e cognoscimento di sè, sì reputerebbesi indegno della visitazione che Dio fa nell'anima, e riputerebbesi degno della pena che sostiene, quando si vede essere privato per consolazione e non per grazia di Dio. Pena sostiene allora perchè gli conviene lavorare con ferri suoi; sicchè la volontà spirituale ne sente pena sotto colore di non offendere a Dio: ma ella è la propria sensualità.

E però l'anima umile che liberamente ha tratta la barba della superbia con affettuoso amore, ha annegata la volontà, cercando sempre l'onore di Dio e salute dell'anime: non si cura di pene; ma con più riverenzia porta la mente inquieta, che quieta; avendo rispetto santo, cioè, che Dio gliel dà e concede per suo bene, acciocchè ella si levi dalla imperfeione, e venga alla perfezione.Quella è la via da farvela venire; perocchè, per quella cognosce meglio il difetto suo e la grazia di Dio, la quale trova in sè per la buona volontà che Dio le ha data, dispiacendogli il peccato mortale. Ed anco, per considerazione che ella ha de' difetti e delle colpe antiche e presenti, ha conceputo odio contra sè medesima, e amore alla somma eterna volontà di Dio. E però le porta con reverenzia; ed è contenta di sostenere dentro e di fuore, in qualunque modo Dio gliel concede. Purchè possa adempire in sè e vestirsi della dolcezza della volontà di Dio, d'ogni cosa gode; e quanto più si vede privare di quella cosa che ama, o consolazione da Dio (come detto è) o dalle creature, più si rallegra.
Perocchè spesse volteadiviene che l'anima ama spiritualmente; e se non trova quella consolazione e satisfazione da quelle creature, come vorrebbe; o che le paia che ami o satisfaccia più ad altri che a lei; ne viene in pena, in tedio di mente, in mormorazione del prossimo, e in falso giudicio, giudicando la mente e la intenzione de' servi di Dio; e specialmente quella di coloro, di cui ha pena. Onde diventa impaziente, e pensa quello che non dee pensare, e con la lingua dice quello che non dee dire. E vuole allora usare, per queste cotali pene, una stolta umilità, che ha colore di umilità (ma egli è il figliuolo della superbia, che escedal lato), dicendo in sè medesima: «Io non voglio lor fare motto, nè impacciarmi più con loro. Starommi pianamente; e non voglio dare pena nè a loro nè a me». E sta in terra con un perverso sdegno. E a questo se ne dee avvedere, che è sdegno; cioè, nel giudicare che sente nel cuore, e nella mormorazione della lingua.

Non dee fare dunque così: perocchè, per questo modo, non leverebbe però via la barba, nè mozzerebbe il figliuolo da lato, che impedisce che l'anima non giugne alla sua perfezione, la quale ha cominciata. Ma debbe con libero cuore, con odio santo di sè, e con spasimato desiderio dell'onore di Dio e della salute dell'anime, e con affetto di virtù nell'anima sua, ponersi in su la mensa della santissima croce a mangiare questo cibo; cercando con pena e con sudori d'acquistare la virtù, e non con proprie consolazioni, nè da Dio nè dalle creature, seguitando le vestigie e la dottrina di Cristo crocifisso; dicendo a sè medesima con grande rimproverio: «Tu non debbi, anima mia, tu che se' membro, passare per altra via che 'l capo tuo. Sconvenevole cosa è che sotto il capo spinato stieno i membri delicati». Che se per propria fragilità e inganno del dimonio, e' venti de' molti movimenti del cuore, per lo modo detto di sopra o per altra via, venissero; debbe allora salire l'anima sopra la coscienzia sua, e tenersi ragione, e non lassarlo passare che non sia punito e gastigato con odio e dispiacimento di sè medesima. E così divellerà la radice; e col dispiacimento di sè caccerà il dispiacimento del prossimo suo, cioè dolendosi più del disordinato sentimento del cuore e delle cogitazioni, che della pena che ricevesse dalle creature, o per altra ingiuria o dispiacere che per loro le fosse fatto.

Questo è quello dolce e santo modo che tengono coloro che son tutti affocati di Cristo: perocchè con esso modo hanno divelta la radice della perversa superbia e il mirollo della impazienzia, lo quale di sopra dicemmo che piaceva molto al dimonio, perocchè è principio e cagione d'ogni peccato: cosi per lo contrario, che come ella piace molto al dimonio, cosi dispiace molto a Dio. Dispiacegli la superbia, e piacegli l'umilità. E in tanto glipiacque la virtù dell'umilità di Maria che fu costretto per la bontà sua di donare a lei il Verbo dell'unigenito suo Figliuolo; ed ella fu quella dolce Maria che il donò a noi. Sapete bene, che infino che Maria non mostrò col suono della parola l'umilità e volontà sua, dicendo: « Ecce Ancilla Domini ; sia fatto a me secondo la parola tua»; il Figliuolo di Dio non incarnò in Lei; ma, detta che Ella l'ebbe, concepette in sè quello dolce e immacolato Agnello, mostrando in questo a noi la prima dolce Verità, quanto è eccellente questa virtù piccola, e quanto riceve l'anima che con umilità offera e dona la volontà sua al Creatore.

Oosì, dunque, nel tempo delle fadighe e delle persecuzioni, ingiurie, strazi e villanie, ricevendoledal prossimo suo, e battaglie di mente, e privazioni di consolazioni spirituali e temporali, dal Creatore e dalla creatura (dal Creatore per dolcezza, quando ritrae a sè il sentimento della mente; che non pare allora che Dio sia nell'anima, tante son le battaglie e le pene che ha; e dallecreature per conversazione e ricreazione, parendole più amare che ella non è amata); in tutte queste cose, dico che l'anima perfetta con la umilità dice: «Siguore mio, ecco l'Ancilla tua. Sia fatto in me secondo la tua volontà,e non secondo quello che voglio io sensitivamente». E così gitta l'odore della pazienzia verso del Creatore e della creatura e di sè medesima. Gusta la pace e la quiete della mente; e nella guerra ha trovata la pace, perocchè ha tolto di sè la propria volontà fondata nella superbia, ed ha conceputo nell'anima sua la divina Grazia. E porta nel petto della mente sua Cristo crocifisso, e dilettasi nelle piaghe di Cristo crocifisso, e non cerca di sapere altro che Cristo crocifisso; e il suo letto è la croce di Cristo crocifisso. Ine annega la sua volontà, e diventa umile e obediente.

Perocchè non è obedienzia senza umilità, e non è umilità senza carità. E questo trova nel Verbo; perocchè con l'obedienzia del Padre, e con l'umilità corre all'obbrobriosa morte della croce, conficcandosi e legandosi col chiovo e col legame della carità, e sostenendo con tanta pazienzia che non è udito il grido suo per mormorazione. Perocchè non erano sufficienti i chiovi a sostenere Dio-e-Uomo confitto e chiavellato in croce, se l'amore non l'avesse tenuto. Or questo dico che gusta l'anima: e però non si vuole dilettare altro che con Cristo crocifisso. Che se egli fusse possibile acquistare le virtù, fuggire l'inferno e avere vita eterna senza pena, e aver le consolazioni nel mondo spirituali e temporali; non le vorrebbe: ma piuttosto vuole con pena, sostenendo infino alla morte, che per altro affetto avere vita eterna, pure che si possa conformare con Cristo crocifisso e vestirsi degli obbrobrii e delle pene sue. Ella ha trovata la mensa dello immacolato Agnello.

Oh gloriosa virtù! chi non volesse darsi mille volte alla morte, e sostenere ogni pena per volerla acquistare? Tu sei regina, che possiedi tutto quanto il mondo: tu abiti nella vita durabile, perocchè, essendo ancora, l'anima che di te è vestita, mortale, tu la fai abitare per affetto d'amore con quelli che sono immortali. Poi, dunque, che tanto è eccellente e piacevole a Dio ed utile a noi e salute del prossimo, questa virtù; levatevi, carissima figliuola, dal sonno della negligenzia e della ignoranzia, gittando a terra la debilezza e la fragilità del cuore, acciocchè non senta pena nè impazienzia di neuna cosa che Dio permetta a noi; sicchè noi non cadiamo nella impazienzia comune, nè nella particolare, siccome detto è di sopra; ma virilmente, con libertà di cuore e con perfetta e vera pazienzia servire il nostro dolce Salvatore. Facendo altrimenti, nella prima impazienzia perderemo la Grazia, e nella seconda impediremo lo stato perfetto; e non giugnereste a quello che Dio v'ha chiamata.

Dio pare che vi chiami alla grande perfezione. E a questo me ne avveggo, perocchè Egli vi tolle ogni legame il quale ve la potesse impedire. Perocchè, secondo che io intendo, pare che abbia chiamata a sè la vostra figliuola, che era l'ultimo legame di fuore. Della quale cosa sono molto contenta, con una santa compassione, che Dio abbia sciolta voi, e tratta lei di fadiga. Ora voglio dunque, che al tutto voi tagliate la propria volontà, acciocch'ella non stia attaccata altro che a Cristo crocifisso. E per questo modo adempirete la volontà sua e il desiderio mio. E però vi dissi, non cognoscendo altra via perchè voi la adempiste, che io desideravo di vedervi fondata in vera e santa pazieniia: perocchè senza essa non potremo tornare al nostro dolce fine. Altro non dico. Permanete nella santa e dolce dilezione di Dio. Gesù dolce, Gesù amore.




XXXIX - A D. Jacomo monaco della Certosa nel monastero di Pontignano, presso a Siena

Al nome di Gesù Cristo crocifisso e di Maria dolce.

Carissimo Padre e figliuolo in Cristo dolce Gesù. Io Catarina, serva e schiava de' servi di Gesù Cristo, scrivo a voi nel prezioso sangue suo; con desiderio di vedervi fondato in vera e santa pazienzia. La quale pazienzia dimostra se le virtù sono vive o no nell'anima. La pazienzia non si prova se non nel tempo della fadiga; perocchè senza la tribolazione non si trova questa virtù: chè chi non è tribolato, non gli bisogna pazienzia, perchè non ha chi gli faccia ingiuria. Dico che pazienzia dimostra se le virtù sono nell'anima o no. Con che cel dimostra, se esse non vi sono? con la impazienzia. Vuoi tu vedere se le virtù sono anco imperfette, e se la radice dell'amore proprio vive ancora nell'anima? miralo, al tempo delle fadighe che frutto gli nasce. Perocchè se gli nasce frutto di pazienzia, la radice della propria volontà è segno ch'è morta, e le virtù sono vive; e se nasce frutto d'impazienzia, mostra chiarissimamente che la radice della propria volontà è anco viva in lui (e però si sente: perocchè coluiche è vivo si sente, ma la cosa morta no); e le virtù mostrano alienate in quell'anima.

Ma attendete, che sono due ragioni d'impazienzia: l'una delle quali dà morte, perocchè esce dalla morte; e l'altra impedisce la perfezione, perchè esce della imperfezione. Siccome sono due stati principali, che nell'uno sta la vita, nell'altro la morte, cioè in coloro che stannonella morte del peccato mortale. Costoro partoriscono (ricevendo tribolazione e persecuzione del mondo, perchè questa vita non passa senza fadiga, in qualunque stato l'uomo si sia) una impazienzia con odio e dispiacimento del prossimo suo, con una mormorazione verso di Dio; giudicando in suo male quello che Dio gli ha fatto per bene, e per riducerlo allo stato della Grazia, e pertollergli la morte del peccato mortale: ma egli, come ignorante e miserabile, perchè la radice sua è morta a Grazia, però produce il frutto morto della impazienzia; e con questo segno della impazienzia dimostra la morte ch'è dentro nell'anima.

Un'altra impazienzia è, la quale dico che impedisce la perfezione (e così è la verità), e dimostra la imperfezione. E se esso non se ne corregge, potrà venire a tanto che perderà il frutto della sua fadigao starà in continua pena. Questi sono coloro che sono levati dalla tenebra del peccato mortale, e vivono in Grazia: ma che è? è che la radice dell'amor proprio non è anco morta in loro: onde sono ancora imperfetti, e con una tenerezza di loro medesimi; con la quale tenerezza s'hanno compassione. Perocchè perchè anco s'ama, si duole; e quello che egli ha in sè (cioè d'aversi compassione), vorrebbe che ognuno li avesse. E non trovando che gli sia avuta compassione, ha pena; e così l'una pena con l'altra, cioè la pena della tribolazione o d'infirmità odi molestia mentale, o per persecuzione dagli uomini (o da qualunque lato ella viene), accordata questa pena con quella che egli porta (cioè di volere che gli altri gli abbiacompassione), viene ad impazienzia, e spesse volte a mormorazione contra 'l prossimo suo, e a giudicio, giudicando la volontà altrui. Perocchè spesse volte potrà avergli compassione, e non gli 'l dimostrerà. E tutto questo gli diviene, perchè la radice dell'amore proprio non è morta in lui. Chi ce la mostra? la impazienzia, come detto è.
Perocchè ella ha partorito frutto imperfetto; non però di morte, perocchè egli è levato dalla colpa mortale; ma uno dispiacimento e una pena, che egli riceve delle fadighe sue proprie, e verso del prossimo suo, non parendogli ch'egli gli abbia compassione, come egli vorrebbe. Questa è una imperfezione la quale impedisce la grande perfezione del Monaco o d'altri religiosi, li quali hanno lassato lo stato imperfetto della carità comune, dove stanno i secolari, volendo vivere in Grazia, e iti alla grande perfezione, dove essi debbono essere specchio d'obedienzia e di pazienzia, con volontà morta e non Viva

Quale sarebbe quella lingua che potesse narrare quanti inconvenienti ne vengono? non credo che ne fusse neuna. Ma tre principali n'escono di colui che non ha morta la sua volontà. L'uno è, ch'egli è infedele, e non fedele col lume della fede viva; anco, ha posto la nebula sopra l'occhio dell'intelletto, dove sta la pupilla del lume della fede. Onde subito che egli ha questo principale, cioè d'avere posta una nebbia d'amore proprio sopra l'occhio suo, e offuscato il lume delle fede; cade subito nel secondo e nel terzo, cioè nella disobedienzia, donde verrà la impazienzia; e nel giudicio, donde verrà nella mormorazione. E se voi ragguarderete bene, di questi tre l'uno non è senza l'altro. Non è dunque da dubitare che, esso fatto che la radice dell'amore proprio non è morta in noi, l'occhio è tenebroso, e tutti i frutti delle virtù sono imperfetti; perocchè ogni perfezione procede da occidere la volontà sensitiva, e dar vita alla ragione nella dolce volontà di Dio.

Sicchè dunque, essendo viva e imperfetta, subito è disobediente contra Dio e contra il prelato suo. Perocchè, se egli fusse obediente, porterebbe la disciplina di Dio e quella del prelato con debita reverenzia; ma perchè egli non è obediente, ma è disobediente con volontà viva, però viene ad impazienzia verso di Dio e a disobedienzia. Però che volontà di Dio è, che noi portiamo con pazienzia ogni disciplina, da qualunque lato egli ce la concede, e con vera pazienzia riceverle da lui con quello amore ch'egli ce la dà: perocchè ciò che egli dà e permette a noi, è per nostra santificazione; e però con amore le doviamo ricevere. Onde non facendo così, siamo disobbedienti a lui, e cadiamo nella mormorazione, e in uno giudicio; con una tenerezza di noi medesimi, con una superbia e infedelità, di volere eleggere di servire a Dio a nostro modo. Perocchè, se in verità credessimo che ogni cosa che è, procede da Dio, eccetto il peccato, e che egli non può volere altro che 'l nostro bene, il quale vediamo e gustiamo nel sangue di Cristo crocifisso (perocchè, s'egli avesse voluto altro che la nostra santificazione, non ci averebbe dato sì fatto ricompratore); dico, che se questo credessimo in verità che il lume della fede non fusse offuscato con l'amore proprio di noi, saremmo obedienti e riceveremmo con reverenzia quello ch'egli ci dà, e giudicheremmolo in nostro bene, dato a noi per amore e non per odio, com'egli è. Ma perchè ci è la infidelità, però riceviamo pena, e siamo impazienti delle pene che noi sosteniamo, e disobedienti verso il prelato, giudicando la volontà del prelato, e non la volontà di Dio in lui.

Perocchè spesse volte il prelato farà con buona e santa intenzione quello ch'egli farà verso del suddito; e il suddito infedele e disobediente terrà tutto il contrario. Questo è per la superbia sua, e perchè la radice dell'amore proprio non èmorta in lui, perocchè se ella fusse morta, sarebbe quello perche egli entrò nell'Ordine, cioè d'obedire schiettamente e senza alcuna passione, siccome fa l'umile obediente. Che se il prelato suo fusse un Dimonio, il vero obediente, ciò che gli è fatto, ose gli sono imposte le gravi obedienzie, ogni cosa riceve con pazienzia, giudicando che volontà di Dio è di far tenere quelli modi al prelato verso di lui; o per necessità della sua salute, o per farlo venire a grande perfezione. E però riceve con pace e quiete di mente l'obedienzia sua, e gusta l'arra di vita eterna in questa vita. E perchèesso ha morta la volontà, ed è ito con lume della fede e con vera obedienzia; però gusta il dolce e amoroso frutto della pazienzia, con fortezza e perseveranzia infino alla morte. Questo frutto ha dimostrato ch'egli in verità s'è levato dalla imperfezione, ed è giunto alla perfezione.Siccome il disobediente dimostra li difetti suoi con la impazienzia, onde vediamo che sempre si scandalizza; se non quando la prosperità andasse a modo suo, e il prelato facesse quello ch'egli vuole.

Ma se fa il contrario, si turba. Perchè? perchè egli è vivo. Perocchè, se egli fusse morto, non gli addiverrebbe. Onde questi cotali sono debili: perocchè come la paglia lor si volle fra' piedi, così vengono meno. E se il prelato comanda cosa che non gli piaccia, egli si turba. E se egli è infermo, egli è impaziente per la tenerezza ch'gli ha al corpo suo. E spesse volte sotto colore di bene dirà: «se io avessi un'altra infirmità, io me la porterei più agevolmente. Ma questa infirmità è una cosa occulta, che non si vede; e però non m'è creduta, e impediscemi l'officio e l'altre osservanzie,di non poter fare come gli altri». E però non pare che ci possa avere pace. Costui, come imperfetto e con poco lume, è ingannato dalla propria passione e tenerezza di sè. Chi cel dimostra? la impazienzia ch'egli ha, perchè non gli pare che gli altri gli abbiano compassione. Questi vuole eleggere il tempo e 'l luogo e le fadighe a suo modo. Non debbe fare cosi, ma umiliarsi sotto la potente mano di Dio, e ogni cosa avere in riverenzia; e fare quello ch'egli può fare. E quand'egli non può rendere il debito dell'officio edegli altri esercizii, come gli altri; edegli rendere il debito della pazienzia. Perocchè Dio non ci richiede più che noi potiamo fare. Ma ben ci richiede l'amore col santo desiderio, e con pazienzia portare ogni pena e fadiga, e in ogni tempo e in ogni luogo che noi siamo, con odio e dispiacimento della propria sensualità. Perocchè così fanno coloro che vogliono essere perfetti.
E a questo modo gusterà vita eterna nelle pene sue in questa vita; e avendo pena, non avrà pena, ma la pena gli sarà refrigerio, pensando che egli si possa conformare con li obbrobri di Cristo crocifisso. E non vorrà, egli,servo, tenere per altra via che 'l Signore; e però porterà con reverenzia, bagnandosi e annegandosi nel sangue di Cristo crocifisso. Il quale sangue, all'anima che 'l gusta con affetto di carità, rimane morta la volontà sua.

Morta la volontà, gli è tolta ogni pena; perocchè solo la volontàè quella cosa che le pene e le tribolazioni ci fa essere pene; ma morta la volontà nostra, e vestiti della volontà di Dio, la pena c'è diletto, e il diletto sensitivo, per odio santo di noi, ci sarebbe fatica, perocchè vedremmo che la via del diletto non è la via di Cristo crocifisso. Vede e'Santi che l'hanno seguito, e vede che 'l regno del cielo, vita eterna, non si vende nè acquistasi per diletto; anco, si acquista e si guadagna il regno di Dio con povertà volontaria, e con avere la pena per diletto, e con molto sostenere; e il diletto ci paia fadiga, come detto è. La volontà allora accordata con la volontà di Dio, ne riceve l'arra: e però dicevo che in questa vita gusta l'arra di vitaeterna.

Costui non cade nel terzo difetto del giudicio, cioè di giudicare la volontà di Dio, altro che giustamente, e con amore; e vedendosi amato da lui, per amore riceve ogni cosa. Nè cade ancora in giudicare la volontà degli uomini in cosa, o in alcuno modo nel mondo, nè per strazio, nè per ingiurie, o per persecuzioni che gli fussero dette o fatte da loro. Ma giudica con una santa considerazione, che Dio il permetta per suo bene, e che essi il fanno per provarlo in virtù. Nè non giudicherà mai li servi di Dio, nè le operazioni d'alcuna creatura: eziandio se vedesse il male espressamente, nol vede, nè debbe vedere, per giudicio nè per mormorazione; ma per compassione il debbe portare dinanzi da Dio, ponendo i difetti del prossimo sopra di sè.

Così vuole l'affetto della carità; e non vuole che si faccia come fanno gl'imperfetti, accecati ancora d'un proprio amore di loro medesimi. Chè pare che si nutrichino del giudicare le creature; e non tanto che li uomini del mondo, ma li servi di Dio, volendoli mandare a loro modo; e se non vanno al oro modo, sono iscandalizzati in loro. E spesse volte, sotto colore di compassione, caggiono nella mormorazione. Costui vuole ponere legge allo Spirito Santo, e non se n'avvede. Perchè non se n'avvede? perchè lo dimonio l'ha velato col velame della compassione; ma ella è piuttosto una radicata invidia e presunzione, presumendo di sè, di sapere alcuna cosa più, che compassione. Perocchè s'ella fusse compassione e zelo della salute delle anime e onore di Dio; userebbe la carità, e dischiarerebbe sè medesimo alle proprie persone di cui egli avesse pena; e così guadagnerebbesi e il prossimo suo, e goderebbe, sè egli fusse largo in verità, e con vero lume, di vedere i differenti modi e vie che Dio tiene co' servi suoi. Onde dimostra la somma Bontà, che egli ha che dare. E però disse Cristo benedetto: «nella casa del padre mio sono molte mansioni». E quale sarà quella lingua che possa narrare tanti diversi modi e visitazioni e doni e grazie che Dio fa, non tanto in molte creature, ma in una anima medesinia? perocchè, come le virtù sono diverse, poniamochè tutte traggano nel segno della carità; così sono diversi e' diversi modi e costumi de' servi di Dio.

Non, che chi ha perfettamente la virtù della carità, non abbia tutte quante l'altre virtù; ma a cui è propria una virtù, e a cui è un'altra,sopra la quale principal virtù tira tutte l'altre. Onde altrimodi vediamo in colui a cui è propria la virtù della carità, e tutto dilettato nella carità del prossimo suo; e altro modo ha colui a cui è appropriata la virtù dell'umilità, con una fame di solitudine. In un altro la giustizia;in un altro una libertà, con una fede viva che di neuna cosa pare che possa temere; e altri in una penitenzia, dandosi tutti a mortificare li corpi loro: e altri studia adoccidere la propria volontà, con vera e perfetta obedienzia. Or così sono diversi i modi e i costumi loro; e ciascuno corre però nella virtù della carità. Onde abbiamo che i Santi che sono a vita eterna, tutti sono andati per lavia della carità, ma in diversi modi; chè l'uno non è simile all'altro. Ed eziandio nella natura angelica è differenzia; perocchè non sono tutti eguali: onde tra gli altri diletti, che abbia l'anima a vita eterna, si è di vedere la grandezza di Dio ne' santi suoi, in quanti diversi modi gli ha remunerati. E in tutte le cose create troviamo questa differenzia, cioè, di vederle variate in qualche cosa, perocchè tutte non sono a un modo: poniamochè sieno fatte tutte da uno medesimo affetto, cioè, create da Dio in uno medesimo amore. E questa è la grande dignità a vedere in Dio, a chi avesse lume, e volesse punto cognoscere la sua grandezza; perocchè la troverebbe nelle cose visibili ed invisibili, come detto è. Dunque bene è matto e folle colui che vorrà mandare le creature a suo modo; che non anderà secondo il suo parere, ne sarà scandalizzato in lui.

Non debbe dunque cadere in questo terzo giudicio; ma debbe godere, e avere in reverenzia li modi e costumi de' servi di Dio, dicendo in sè medesimo con umilità: «Grazia sia a te, Signore, di tanti modi e vie, quante tu dài e fai tenere alle tue creature». E quando spressamente vedesse il difetto o ne' servi di Dio o ne' servi del mondo, portilo con grande compassione dinanzi da Dio. E se può caritativamente dirlo al prossimo suo, il debbe dire. Così fa colui che è perfetto in carità eumile che non presume di sè medesimo. Costui è veramente fondato, e non si scandalizza in sè per pena che sostenga, nè nel prelato per la grave obedienzia: anco, obedisce infino alla morte in ogni cosa, se non in quello che vedesse che fusse fuora della volontà di Dio. Perocchè cosa che egli vedesse che fusse offesa di Dio, nol debbe fare: ma ogni altra cosa, sì. E non si scandalizza nel prossimo, nè per ingiuria che li fusse fatta da lui, nèper modi e costumi diversi che in loro vedesse; ma d'ogni cosa gode e guadagna, e trae il frutto a sè per la virtù della carità che è dentro nell'anima sua. Chi dimostra questo? la virtù della pazienzia che ha fatto chiaro emanifesto la virtù nel perfetto, e il mancamento delle virtù nello imperfetto, vedendovisi il contrario, cioè la impazienzia. Adunque bene è vero che la virtù della pazienzia è uno segno dimostrativo, che mostra l'uomo perfetto e imperfetto.

Voi sete posto nello stato della grande perfezione; e però dovete essere paziente per lo modo che detto è, bagnata e annegata la propria volontà nel sangue di Cristo crocifisso. Perocchè in altro modo offendereste la vostra perfezione, alla quale sete entrato a servire, e così cadereste nella seconda impazienzia, della quale facemmo menzione. E però vi dissi, ch'io desideravo di vedervi fondato in vera e santa pazienzia, acciocchè fra le fadighe godeste e gustaste l'arra di vita eterna, e nell'ultimoriceveste il frutto delle vostre fadighe. E però riposateviin croce col dolce immacolato Agnello. Altro non vi dico. Permanete nella santa e dolce dilezione di Dio. Gesù dolce, Gesù amore.




XL (40) - A certe figliuole da Siena

Al nome di Gesù Cristo crocifisso e di Maria dolce.

Carissime figliuole in Cristo dolce Gesù. Io Catarina, serva e schiava de' servi di Gesù Cristo, scrivo a voi nel prezioso sangue suo; con desiderio di vedervi serve fedeli al vostro Creatore, e perseveranti, che giammai non volliate il capo addietro per neuna cosa che sia, per prosperità pigliandone troppo letizia, nè per avversità pigliandone impazienzia e amaritudine.

Ma io voglio, e vi prego, che neuna cosa sia che vi tolga e impedisca il santo desiderio. E acciò che il santo desiderio cresca in voi e non scemi, voglio che apriate l'occhio dell'intelletto a cognoscere l'amore ineffabile che Dio v'ha; che per amore v'ba dato l'unigenito suo Figliuolo, e 'l Figliuolo v'ha dato la vita con tanto fuoco d'amore, che ogni cuore duro debbe dissolvere la durezza sua. Or qui ponete l'occhio dell'intelletto vostro, pensando ecogitando il prezzo del Figliuolo di Dio; e nel sangue lavate la faccia vostra dell'anima. Levisi, e destisidal sonno della negligenzia: e pigliate sollecitudine, poich'è levata, di ponere la bianchezza della purità, e 'l cuore dell'ardentissima carità, la quale tutta troverete nel sangue dell'Agnello.
E voglio che voi pensiate, figliuole mie, che questa purità di mente e di corpo non si potrebbe avere con le molte conversazioni delle creature, nè col ponere l'affetto e l'amore nostro in loro nè in cosecreate, fuori della volontà di Dio; nè con amore proprio e tenerezza del corpo nostro; ma acquistasi con molta sollicitudine di vigilie e d'orazioni, e con continua memoria del suo Creatore; sempre ricognoscendo l'amore ineffabile che Dio gli ha. Poichè l'anima arà acquistata lapurità per lo modo detto, vedendo che a Dio non può fare utilità neuna, distenderà l'amore al prossimo suo, facendo a lui quella utilità ch'egli non può fare a Dio; visitando gl'infermi, sovvenendo e' poverelli consolando e' tribolati; piangendo con coloro che piangono, e godendo con loro che godono: cioè piangendo con coloro che sono nel pianto del peccato mortale, avendo loro compassione, offerendo per loro continue orazioni nel cospetto di Dio; e godendo con coloro che godono, che sono veri servi di Cristo crocifisso; e sempre dilettarvi della loro conversazione. Così vi prego, figliuole mie, che facciate; e a questo.modo sarete serve fedeli, e non infedeli; e questo desidera l'anima mia di vedere in voi. Altro non dico. Per manete nella santa e dolce dilezione di Dio. Gesù dolce, Gesù amore.


Caterina63
00venerdì 22 aprile 2016 11:27



XLI (41) - A frate Tomaso della Fonte dell'ordine de' predicatori, quando era a Santo Quirico nel loro spedaletto

Al nome di Gesù Cristo crocifisso e di Maria dolce.

A voi, dilettissimo e carissimo padre dell'anime nostre in Cristo Gesù, Catarina e Alessia e tutte l'altre nostre figliuole si raccomandano; con desiderio di vedervi sano dell'anima e del corpo, quanto piace a Dio.

Io Catarina, serva inutile di Gesù Cristo, vostra indegna figliuola sopra tutte le altre vostre figliuole, io sonocon poca fame dell'onore di Dio; e ho poco tenuta a mente la dottrina che egli spesse volte m'ha data, cioè che io viva morta alla mia perversa volontà. La quale volontà io non ho sottoposta con debita reverenzia al giogo della santa obedienzia, quanto averei dovuto e potuto. Oimè disavventurata l'anima mia, che non son corsa con cuore virile abbracciando la croce del mio dolcissimo e carissimo sposo Cristo crocifisso, ma sômmi posta a sedere per negligenzia e ignoranzia! Adunque io mi dolgo, e rendomi in colpa a Dio e a voi, carissimo padre. Pregovi pietosamente che m'assolviate, e benediciate me e tutte le altre.

E pregovi ancora, padre carissimo, che vogliate adempire il mio desiderio, cioè di vedervi unito e trasformato in Dio. Ma questo non potiamo avere se noi non siamo uniti con la volontà sua. O dolcissima Bontà eterna, che ci hai insegnato il modo a trovare la tua santa volontà! E se noi dimandassimo quello dolcissimo e amatissimo giovine e clementissimo padre, egli ci risponderebbe e direbbe cosi: «Se voi volete sentire e trovare il fuoco della mia volontà, fate che voi sempre siate abitatore della cella dell'anima vostra».La quale cella è uno pozzo, il quale pozzo tiene in sè l'acqua e la terra. Per la quale terra, padre carissimo, intendo la nostra miseria, e che noi cognosciamo, noi non essere per noi medesimi, ma l'esser nostro cognosciamo avere da Dio. O inestimabile e infiammata carità! L'acqua viva è giunta, cioè il vero cognoscimento della sua dolce e vera volontà, che non vuole altro che la nostra santificazione.
Adunque entriamo in questa profondità di questo pozzo; che per forza si converrà, abitandoci dentro, noi cognosciamo noi e la bontà di Dio. Cognoscendo, noi non essere, ci avviliamo umiliandoci, e entriamo nel cuore, arso, consumato e aperto, come fenestra senza uscio, che non si serra mai. E mettendovi noi l'occhio della volontà libera, che Dio ci darà, cognosciamo e vediamo che la sua volontà non vuole altro che la nostra santificazione. Amore, Amore dolce, aprici, aprici la memoria a ricevere e a ritenere tanta bontà di Dio, e ad intendere; perocchè intendendo amiamo, amando noi ci troviamo uniti, e trasformati dalla dilezione della madre della carità; passati, e passando per la porta di Cristo crocifisso,siccome egli disse a' discepoli suoi: «lo verrò, e farò mansione con voi». E questo è il mio desiderio, cioè, di vedervi in questa mansione e trasformazione. Questo desidera l'anima mia di voi singolarmente, e di tutte le altre creature. Pregovi dunque che siate confitto e chiavellato in su la Croce.

Mandastemi dicendo che foste al corpo di santa Agnese, e che ci raccomandaste a lei, e a tutte le sue figliuole; della quale cosa molto son consolata. E perchè dite che non avete desiderio di tornare, e non sapete la cagione; dico che due cagioni ci possono essere. L'una si è, che quando l'anima è molto unita e trasformata in Dio, dimentica sè e la creatura: l'altra si è, quando altrisi fosse abbattuto in luogo che fosse cagione di riducersi a sè medesimo. Onde se queste cagioni sono in voi, è a me grandissima consolazione; chè altro non desidera l'anima mia di voi: benchè alcuna volta io ho creduto e credo che la mia miseria e ignoranzia è cagione del tempo che passa. Credo che quella ineffabile carità di Dio voglia gastigare, e correggere la mia iniquità. E questo faper singolare amore, acciocchè io ricognosca me medesima.

Parmi che abbiate intendimento d'andare altrove; la quale andata non mi pareva che doveste fare ora. Nondimeno sia adempita la volontà di Dio e la vostra. Dio vi dia a pigliare il meglio di questo, e di tutte quante l'altreoperazioni; sicchè sia onore di Dio e bene dell'anima vostra. Laudato sia Gesù Cristo crocifisso. Raccomandovi la vostra Catarina; e Alessia vi si manda molto raccomandando che voi preghiate Dio per lei, e che voi la benediciate da parte di Cristo crocifisso. E pregate Dio per Joanna Pazza, e per Catarina serva e schiava ricomprata del sangue del Figliuolo di Dio. Perdonatemi, se io avessi detto parole di presunzione. Dio v'arda 5d'amore. Gesù amore.




XLII - A Neri di Landoccio

Al nome di Gesù Cristo crocifisso e di Maria dolce.

Carissimo figliuolo in Cristo dolce Gesù. Io Catarina, serva e schiava de' servi di Gesù Cristo, scrivo a te nel prezioso sangue suo; con desiderio di vederti con perfetto lume e cognoscimento della verità eterna; acciò che con lume e con discrezione siano fatte tutte le operazioni tue; perocchè senza il lume ogni cosa sarebbe fatta in tenebre. E questo lume perfettamente non potresti avere, se tu con odio non ti tollessi la nuvola dell'amore proprio di te medesimo. Adunque ti studia con grande sollecitudine di perdere te medesimo, acciò che tu possa acquistare il lume, e ogni tuo parere sia annegato nel parere e volere della dolce Bontà di Dio. Non dico più. Permani nella santa e dolce dilezione di Dio. Gesù dolce, Gesù amore.



XLIII - A ser Cristofano di Gano Guidini

Al nome di Gesù Cristo crocifisso e di Maria dolce.

A voi, dilettissimo e carissimo fratello e figliuolo in Cristo Gesù, io Catarina, serva e schiava de' servi di Gesù Cristo, scrivo a voi nel prezioso sangue del Figliuolo di Dio; con desiderio di vedervi che fuste di quegli figliuoli veri, che finiste e adempiste sempre l'opera che vidice il vero Padre celestiale, quando dice: «Chi non abbandona padre, madre e suora e fratelli e se medesimo, non è degno di me». Adunque pare che voglia che noi li abbandoniamo. Questo non pare che caggia nella mente nostra, di volere osservarla sotto specie e colore di farmene coscienzia di lassarla. Questa coscienzia procede più dal dimonio che da Dio, per impedirvi lo stato perfetto al quale pare che lo Spirito Santo vi chiamasse. E se voi mi dicesse: «Iddio mi comanda che io sia obbediente a loro»; Ð ben è vero, in quanto non vi ritraggono dalla via di Dio; ma se ce l'impediscono, dobbiamo passare sopra il corpo loro, e seguitare il vero Padre col gonfalone della santissima croce.

Oimè, dolce fratello in Crìsto Gesù, ben m'incresce che tu fai resistenzia, e non cognosci questo venerabile stato. Parmi che ti dovesse fare più coscienzia di non lasciarla, che di lasciarla. Ma poi ch'è così, prego la somma ed eterna Verità che ti tenga la sua santissima mano in capo, che ti dirizzi in quello stato che gli debba più piacere. Pregoti che in ogni stato ed in tutte le tue operazioni tenga l'occhio drizzato in Dio, cercando sempre l'onor suo e la salute della creatura; e mai non t'esca di mente il prezzo del sangue dell'Agnello, che è pagato per noi con tanto fuoco d'amore.

Del fatto della sposa io vi rispondo, che mal volentieri di questo io m'impaccio, perocchè s'appartiene più a' secolari che a me. Nondimeno non posso contradire al vostro desiderio. Considerato la condizione di tutte tre... ognuna è buona. Se non vi sentite di curarvi perchè abbia avuto altro sposo, potetel fare, poichè volete impacciarvi nel malvagio e perverso secolo. Se lasciate però, prendete quella di Francesco Venture di Camporeggi. Altro non dico. Prego la somma ed eterna Carità che vi dia quello che debba essere più suo onore e salute vostra; mandi sopra l'uno e l'altro la plenitudine della Grazia, e la somma sua ed eterna benedizione. Permanete nella santa dilezione di Dio. Gesù dolce, Gesù amore.





XLIV - A ser Antonio di Ciolo

Al nome di Gesù Cristo crocifisso e di Maria dolce.

Carissimo figliuolo in Cristo dolce Gesù. Io Catarina, serva e schiava de' servi di Gesù Cristo, scrivo a voi nel prezioso sangue suo; con desiderio di vedervi unito per santo desiderio nel nostro dolce Salvatore; perocchè in altro modo non potremmo spregiare il mondo nè venire a perfetta purità, conservando la mente ed il corpo nostro nello stato della continenzia. Perocchè l'anima che non si accosta a Dio, ed uniscesi in lui per affetto d'amore, conviensi per forza ch'el sia unita con le creature fuora di Dio, e con le delizie e piaceri e stati del mondo: perchè l'anima non può vivere senza amore; conviengli amare o Dio o il mondo. E l'anima sempre s'unisce in quella cosa che ama, ed ine si trasforma; chè sempre piglia di quello che è nella cosa che ama. Se ella ama il mondo nel mondo non ha altro che pena; perchè per lo peccato germina triboli e spine di grande amaritudine. La carne nostra non dà niente altro che puzze e veleno di peccato e di corruzione: intanto che conformandosi l'anima con la volontà della carne e passione sensitiva, ne riceve veleno, che l'attossica per sì fatto modo che glidà morte, tollendogli la vita della grazia, cadendo in colpa di peccato mortale. Altro non ne può ricevere di questo così fatto amore. Egli sta sempre in tristizia, ed è incomportabile a sè medesimo; perchè Dio ha permesso che l'affetto disordinato sia incomportabile a sè medesimo.

E per contrario l'affetto ch'è ordinato nella dolce volontà di Dio, unita in lui per affetto d'amore, dà nell'anima di quello ha in sè. Iddio è somma ed eterna dolcezza: e però e' servi suoi sentono tanto diletto nelle cose amare e malagevoli, perchè trovandosi Dio per grazia in sè medesima, è saziata e quieta; però che di veruna cosa si può saziare, se non di Dio, perocchè è maggiore di lei, ed ella è maggiore di tutte le cose create. Onde ciò che Dio creò, creò in servizio dell'uomo, e l'uomo per sè, acciò che l'amasse con tutto il cuore e con tutto l'affetto suo, e lui servisse in verità. E però queste cose del mondo non possono saziare l'uomo, perchè sono meno di lui. Adunque ha pace e riposo quando sta in lui; partecipa una larghezza di cuore, che ogni creatura che ha in sè ragione, vi cape dentro per affetto di carità. Anzi s'ingegna di servirli, sovvenendo il prossimo suo, mostrando in lui l'amore che ha al suo creatore.

Perchè Dio è somma ed eterna purità, però l'anima e 'l corpo ne partecipa per l'unione che ha fatta in lui, conservando la mente e 'l corpo suo in perfetta purità, eleggendo innanzi la morte che volere contaminare e lordare la mente e il corpo suo per immondizia. Non, che i pensieri del cuore, egli li possa tenere, nè spesse volte i movimenti della carne; ma i movimenti e' pensieri non lordano l'anima, ma la volontà, quando ella consente volontariamente alla fragilità sua e alle cogitazionidel cuore. Ma non consetendo, non commette colpa neuna, ma merito, facendo una resistenzia santa, traendo sempre di queste spine la rosa odorifera d'una perfetta purità. Perchè per questo viene a maggior cognoscimento di sè, e con un odio santo si leva contra la propria fragilità, e con amore rifugge a Cristo crocifisso con umili e continue orazioni, vedendo che da tanti mali in altro modo non può campare. E già aviamo detto che quanto più s'accosta a lui, più partecipa della sua purità. Adunque bene è vero che di queste battaglie egli ne trae la rosa purissima. Questo si è il rimedio contra questo miserabile peccato della debile e fragile carne, e d'ogni altra gravezza di peccato; che noi ci accostiamo e conformiamo per affetto d'amore in Dio.

E non aspettiamo il tempo, carissimo figliuolo: però ch'egli è breve e non ci aspetta, non doviamo aspettar lui. Gran fatto è che l'uomo voglia dormire in tanta cecità, e non destarsi da questo sonno. Ma bene è vero che destare non ci potiamo, nè venire a questa unione, senza il lume. Convienci cognoscere col lume della santissima fede la miseria e colpa nostra, e coll'occhio purificato ponerci per obietto l'amore ineffabile che Dio ci ha, il quale ci ha manifestato col Verbo dell'unigenito suo Figliuolo, e 'l Figliuolo ce l'ha mostrato col sangue suo sparto con tanto fuoco d'amore, corso come innamorato alla obbrobriosa morte della santissima croce. E come si potrebbe tenere l'anima, vedendosi tanto amare, che non amasse? Non potrebbe.

O carissimo figliuolo, non vi dilungate da questo lume, ma con sollecitudine dissolvete la nuvila dell'amore proprio di voi; e con fede viva ragguardate lo immacolato e svenato Agnello, che con tanto amore vi chiama. E rispondendogli verrete a questa perfetta unione; essendo unito, sentirete l'odore della perfetta purità. Molto è buono contra questo vizio il ragguardare la dignità, in che è venuta l'anima nostra, e la miserabile carne, per l'unione che Dio ha fatto nell'uomo, unita la natura divina con la natura nostra umana. Vergognerassi l'anima: e saragli un freno di darsi a tanta miseria, vedendola alzata sopra tutti i cori degli angeli. Per forza, quando così dolcemente la mente e il desiderio vostro si leverà, si spegnerà la puzza del vizio.

Anco ci conviene castigare il corpo nostro, e mortificarlo colla vigilia e umile e continua orazione; attaccarsiall'arbore della santissima croce, fuggire le conversazioni più che si può di coloro che vivono lascivamente. E non dubitate che Dio vi farà grandissima grazia, purchè brighiate di tagliare e non di stare a sciogliere. Spacciatamente disponete tutti e' fatti vostri. Correte con dolce e amoroso desiderio al giogo della santa obedienzia: ine ucciderete la volontà, e mortificherete il corpo; ine gusterete 1'arra di vita eterna. E non vi paia fadigoso; chè la fadiga tornerà a grandissimo diletto. Son certa che se farete mansione per affetto d'amore col dolce e buono Gesù, che voi il farete; e altrimenti no.

E però vi dissi, che io desideravo di vedervi unito per affetto d'amore nel Salvator nostro, acciò che veniste a vera purità, e perdeste la passione che vi dà tanta pena. Non dubito che se voi 'l farete, ne sarete privato; almeno, che la volontà eleggerebbe prima la morte, che volere offendere. Bagnatevi nel sangue di Cristo crocifisso: e cominciate una vita nuova, con speranza che le colpe vostre si consumeranno nel sangue e fuoco d'amore. Ed io voglio pigliare le colpe vostre, e smaltirle con lagrimee orazioni nel fuoco della divina carità; e voglio portare la penitenzia per voi. Solo di questo vi prego e costringo, che vi diate a sviluppar tosto del mondo,e dargli tosto di calcio. Che se voi non desse a lui, egli sarebbe benpresto di dare a voi. Non fate resistenzia allo Spirito Santo che vi chiama. Altro non dico. Permanete nella santa e dolce dilezione di Dio. Gesù dolce, Gesù amore.




XLV (45) - A Francesco di messer Vanni Malavolti da Siena

Al nome di Gesù Cristo crocifisso e di Maria dolce.

Carissimo e sopraccarissimo figliuolo in Cristo dolce Gesù. Io Catarina, serva e schiava de' servi di Gesù Cristo, scrivo a te nel prezioso sangue suo; con desiderio di rimetterti nell'ovile con li compagni tuoi: e mi pare che il dimonio t'abbia sì involato, che non ti lassa ritrovare. Io, miserabile madre, vo cercando e mandando per te; perocchè mi ti vorrei ponere in su la spalla della amaritudine e della compassione ch'io ho all'anima tua. Apri dunque, figliuolo carissimo, l'occhio dell'intelletto, levalo dalla tenebra; ricognosci la colpa tua, non con confusione di mente, ma con cognoscimento di te, e con sperare nella bontà di Dio. Vedi che la sustanzia della Grazia che il padre tuo celestiale ti diè, tu l'hai spesa miserabilmente. Fa' dunque come fe quello figliuolo prodigo, che spese la sustanzia sua, vivendo male; il quale sentendosi venuto a necessità, ricognobbe il suo difetto, e ricorse al padre per misericordia. Cosi fa' tu; perocchè sei impoverito e hai bisogno, e l'anima tua muore di fame. Ricorri dunque al padre per miscricordia: perocchè ti sovverrà, e non sarà spregiatore del tuo desiderio, fondato in amaritudine del peccato commesso; anco l'adempirà dolcemente.

Oimè, oimè, dove sono li dolci desiderii tuoi? Disventurata me, ho trovato che il dimonio ha involata l'anima e il tuo santo desiderio. Il mondo e li servi suoi hanno teso e' laccioli con disordinati piaceri e diletti suoi. Orsùdunque a pigliare il rimedio! E non dormire più! Consola l'anima mia; e non essere tanto crudele per la salute tua, di far caro d'una tua venuta. Non ti lassare ingannare, per timore nè per vergogna, al dimonio. Rompi questo nodo; vieni, vieni, figliuolo carissimo. Io ti posso benchiamar caro: tanto mi costi di lacrime e di sudori e di molta amaritudine. Or vienne, e ricovera nel tuo ovile. Io mi scuso innanzi a Dio che io non posso più. E col venire, collo stare, non richiedo altro da te se non che tu faccia la volontà di Dio. Permani nella santa e dolce dilezione di Dio. Gesù dolce, Gesù amore.




XLVI - A Neri di Landoccio

Al nome di Gesù Cristo crocifisso e di Maria dolce.

Carissimo figliuolo in Cristo dolce Gesù. Io Catarina, serva e schiava de' servi di Gesù Cristo, scrivo a te nel prezioso sangue suo; con desiderio di vederti esercitare il lume che Dio t'ha dato, acciò che cresca in te il perfetto lume. Perchè senza il perfetto lume non potremmo giugnere, nè amare, nè vestirci della verità; e se noi non ce ne vestiamo, a tenebre ci tornerebbe quel primo lume. E però è di bisogno di giugnere al perfetto lume: chè a questo ci ha Dio eletti. Voglio dunque che con ogni sollecitudine ponga e fermi l'occhio tuo nelle verità e nell'abisso della carità di Dio; e per questo giugnerai aperfetto lume soprannaturale, e giugnerai a perfettissimo amore del tuo Creatore e dilezione del prossimo: e così si compirà in te la volontà di Dio e il desiderio mio.Non dico più. Permani nella santa e dolce dilezione di Dio. Gesù dolce, Gesù amore.



XLVII - A Pietro di Giovanni Venture da Siena

Al nome di Gesù Cristo crocifisso e di Maria dolce.

Carissimo figliuolo in Cristo dolce Gesù. Io Catarina, serva e schiava de' servi di Gesù Cristo, scrivo a te nel prezioso sangue suo; con desiderio di vederti perseverante in ogni virtù: perocchè senza la perseveranzia non riceveresti la corona della gloria che si dà a' veri combattitori. Ma tu mi dirai: «onde posso acquistare questa perseveranzia?». Rispondoti, che tanto serve la persona alla creatura, quanto l'ama, e più no; e tanto manca nel servizio, quanto manca l'amor; tanto ama, quanto si vede amare. Adunque vedi che dal vedersi amare viene l'amore; e l'amore ti fa perseverare. Quanto aprirai l'occhio dell'intelletto a ragguardare il fuoco e l'abisso dellainestimabile carità di Dio inverso di te, il quale amore t'ha mostrato col mezzo del Verbo del Figliuolo; tanto sarai costretto dall'amore ad amarlo in verità con tutto ilcuore e con tutto l'affetto e con tutte le forze tue, tuttolibero schiettamente e puramente, senza niuno rispetto di propria utilità tua.

Tu vedi che Dio t'ama per tuo bene, e non per suo; perocch'egli è lo Dio nostro che non ha bisogno di noi: e cosi tu, e ogni Creatura ragionevole, debbi amare Dio per Dio, in quanto egli è somma ed eterna bontà, e non per propria utilità; e il prossimo per lui. Poichè tu hai fatto lo principio, il fondamento nell'affetto della carità, subito il comincia a servire conlo strumento delle virtù. Sicchè col lume e coll'amore acquisterai la virtù, e persevererai in essa. Ma avverti che, col vedere te essere amato da Dio, ti conviene vedere la colpa e ingratitudine tua, e aggravare la colpa nel cognoscimento santo di te, acciò tu non ti scordi della virtù piccola della vera umiltà, e acciocchè tu non presuma di te, nè cadessi nel proprio piacere. Sai quanto ci è necessario il cognoscere e aggravare le colpe nostre, per conservare e accrescere la vita della Grazia nell'anima? Quanto egli ci è bisogno il cibo corporale per conservare la vita nel corpo. Adunque leva via la nuvila dell'amore proprio di te, acciocchè non t'impedisca il lume onde tu averai questo perfetto cognoscimento, e col cognoscimento l'amore e l'odio; e nell'amore troverai la virtù della perseveranzia, e così conpirai la volontà di Dio, e 'l desiderio mio in te. La quale volontà e desiderio è di vederti crescere e perseverare infino alla morte nelle vere ereali virtù.

E guarda che tu non ti fidassi di te medesimo; il quale fidare è uno vento sottile di reputazione che esce dall'amore proprio. Perocchè subito verresti meno, e volleresti il capo addietro a mirare l'arato. Chè, come l'amore di Dio, acquistato nel cognoscimento di te con vera umiltà ti fa perseverare nella virtù; così l'amore proprio, con la reputazione che ti fa fidare di te medesimo, come detto è, ti tolle la virtù, e fatti cadere nel vizio,e perseverarvi dentro. Fuggi, figliuolo, fuggi questo vento sottile del proprio piacere; e vattene, in tutto, nascosto in te medesimo, nel costato di Cristo crocifisso, e ineponi l'intelletto tuo a ragguardare il segreto del cuore. Ine s'accende l'affetto; vedendo ch'egli ha fatta caverna del corpo suo, acciò che tu abbia luogo dove rifugere dalle mani de' tuoi nemici, e possiti riposare e pacificarela mente tua nell'affetto della tua carità. Ine troverai ilcibo; perocchè vedi bene che egli ti ha data la carne in cibo, e 'l sangue in beveraggio, arrostita in su la croce alfuoco della carità, e ministrato in su la mensa dell'altare,tutto Dio e tutto Uomo. Dissolvasi oggimai la durezza de' nostri cuori; ammollisi la mente a ricevere la dottrinadi Cristo crocifisso.

Voglio che cominciate ora, tu e gli altri negligenti figliuoli, a conformarvi con questo Parvolo, il quale ora ci rappresenta la santa Chiesa, Verbo incarnato. E che più possiamo vedere a confusione della nostra superbia, che vedere Dio umiliato all'uomo? L'altezza della deità discesa a tanta bassezza, quanta è la nostra umanità? Chi n'è cagione? L'amore. L'amore il fa abitare nella stalla inmezzo degli animali; l'amore il fa satollare d'obbrobri, vestirlo di pene, e sostenere fame e sete; l'amore il fa correre con pronta obedienzia infino alla obbrobriosa morte della croce; l'amore il fa andare all'inferno e spogliare il limbo per dare piena remunerazione a quelli che in verità l'avevano servito, e lungo tempo avevano aspettato la redenzione loro; l'amore il fece lassare a noi in cibo; l'amore dopo l'Ascensione mandò il fuoco dello Spirito Santo, il quale ci alluminò della dottrina sua, la quale è quella via fondata in verità, che ci dà vita, tràccidalla tenebra, e dacci lume nell'eterna visione di Dio. Ogni cosa, dunque, ha fatto l'amore.

Bene si debbe l'uomo vergognare e confondersi in sè m.desimo, che non ama, nè risponde a tanto abisso d'amore. Assai è tristo colui che potendo avere il fuoco, si lassa morire di freddo; avendo il cibo innanzi, si lassamorire di fame. Prendete, prendete il cibo vostro, Cristo dolce Gesù crocifisso... in altro modo: che se in altro modo il voleste, non sareste costante nè perseverante. E la perseveranzia è quella che è coronata, come dicemmo; e senz'essa riceverebbe l'anima confusione, e non gloria. Considerando me questo, dissi ch'io desideravo di vederti costante e perseverante nella virtù. Non dico più qui. Permani nella santa e dolce dilezione di Dio. Gesù dolce, Gesù amore.





XLVIII - A Matteo di Giovanni Colombini da Siena

Al nome di Gesù Cristo crocifisso e di Maria dolce.

Carissimo fratello e figliuolo in Cristo dolce Gesù. Io Catarina serva e schiava de' servi di Gesù Cristo, scrivo a voi; con desiderio di vedervi con vero e perfettissimo lume, nel quale lume cognosciate e vediate la verità. La quale verità è quella cosa che ci libera: cioè, che cognoscendola, l'amiamo: ed amandola, ci libera dalla servitudine del peccato mortale. Che verità è questa la quale ci conviene cognoscere? è una verità partorita dall'amore ineffabile di Dio; alla quale verità dobbiamo rendere il debito dell'amore e dell'odio. In che modo? In questo: che noi cognosciamo il sommo ed eterno Bene, e l'amore ineffabile col quale Dio ci creò alla imagine e similitudine sua. E creocci per questa verità, perchè noi gustassimo il suo sommo ed eterno bene, ed acciò che rendessimo gloria e loda al nome suo. E per compire questa verità in noi, ci donò il Verbo del suo Figliuolo, enel sangue suo ci creò a Grazia.

A questo cognoscimento dobbiamo venire, esercitandolo con grandissima sollecitudine: ma a questo non possiamo venire senza il lume; e 'l lume non possiamo avere con la nuvila dell'amore proprio di noi. Il quale amore offusca l'occhio dell'intelletto, che nol lassa cognoscere nè discernere la verità; ma la bugia vede in verità, e la verità in bugia; le cose transitorie reputa fermedi grande consolazione; e elle vengono tutte meno, siccome il fiore, il quale, poi ch'è colto, subito perde la bellezza sua. Onore, ricchezze, stato, delizie, tutte passano come 'l vento: ogni cosa si è mutabile; onde dalla sanità veniamo alla infirmità, dalla ricchezza alla povertà, e dalla vita alla morte.

E l'uomo, matto amatore di sè medesimo, come cieco, giudica tutto il contrario, e cosi tiene. E chi manifesta ch'egli il tenga? Il disordinato amore ed affetto ch'egli ha a sè e al mondo. Tutto gli avviene perch'egli ha perduto il lume; chè se egli avesse lume in verità, terrebbe che Dio è sommamente buono, un bene incomprensibile e inestimabile; che neuno è che 'l possa stimare, ma solo esso medesimo si coimprende e stima. Egli è somma ed eterna ricchezza: egli è giusto e pietoso medico, che dà a noi le medicine necessarie alle nostre infirmità. Così dice il glorioso Paolo: «Quando la umana generazione giaceva inferma, venne il gran medico del mondo, e sanò le nostre infermità». Sicchè ad ognuno le dà secondo che bisogna alle piaghe nostre, col fuoco della divina carità. Alcuna volta ci trae sangue, cioè levandoci quelle cose che sono nocive alla nostra salute, e sono uno mezzo tra Dio e noi. Onde ad alcuni tolle e' figliuoli, ad altri la sostanzia temporale, ad altri la sanità, ead alcuni lo stato del mondo, percuotendoci con le molte tribolazioni. E questo non fa per odio, ma per singolare amore: privaci de' diletti vani della terra, per darci pienamente i beni del cielo. Egli è benigno ed eterno giudice; e, siccome giusto signore, ad ognuno rende il debito suo: onde ogni bene è remunerato, eogni colpa punita. E con la forza santa che faremo alla nostra perversa volontà e con la violenzia, acquisteremo le vere e reali virtù; e sarà remunerata la fadiga nostra di beni immortalì. Con questo lume si cognosce la verità inverso del mondo, il quale non ha in sè fermezza nè stabilità veruna. In vano s'affadiga colui che tutto il suo tempo ha speso e spende nel mondo, facendosi Dio de' figliuoli e delle ricchezze; e non s'avvede che tutte gli danno morte, privandolo della vita della Grazia: e non pare che sappia che Dio ha permesso che il disordinato amore sia incomportabile a sè medesimo: onde in questa vita gusta l'arra dell'inferno, solo perchè non ha cognosciuta la verità per la privazione del lume.

Adunque voglio, carissimo figliuolo, che non dormiamo più, ma con grande sollecitudine ci destiamo dal sonno, levando la nuvila dell'amore proprio di noi dall'occhio dell'intelletto nostro. E facendo cosi, compire in voi la volontà di Dio e il desiderio mio. Che, considerando me che senza lume non possiamo cognoscere la verità, ho desiderio di vedere in voi lume vero; acciocchè perfettamente cognosciate la verità; il qual lume e verità vi faranno costante e perseverante in quello che avete cominciato con un santo e vero desiderio. Non mi ci mettete spazio di tempo, perocchè non siete sicuro d'averne; ma in tutto senza timore servile, con vera e perfetta speranza, confidandovi nel vostro Creatore, ordinate la vita vostra. E regolatevi in tutte le cose satisfacendo alla coscienzia, ponendo fine e termine a ogni disordinato vivere, con vera perseveranzia; tollendo via la tristizia del cuor vostro: e con massima allegrezza ricognoscete l'amore ineffabile, e la plenitudine della divina misericordia che è traboccata sopra di voi.

Mettetevi oggimai il mondo sotto i piedi, e rispondete a Dio, che vi chiama con un cuore gentile e non mercenaio; siccome vero e legittimo figliuolo: dilettandovi di purificare spesso la coscienzia vostra con la santa confessione; e usate la comunione al luogo ed al tempo suo. La conversazione vostra sia con quelli che temono Dio in verità, vacando, il tempo vostro, alla vigilia e all'orazione quanto vi è possibile. L'udire il divino officio non vi scordi. La fantasia e mente vostra sempre stia piena di Cristo crocifisso; volendo investigare non le cose segrete di Dio negli occulti misteri suoi, ma solo la volontà sua ela dolcezza della sua carità, che ci amò tanto inestimabilmente, e non cerca nè vuole altro che la nostra santificazione. E cognosciamo e' difetti nostri, umiliandoci sotto la dolce potente mano di Dio. Lo stato nel quale voi siete del matrimonio, pregovi che v'ingegnate d'usarlo come sacramento, avendo in debita reverenzia e' dì comandati dalla santa Chiesa. Ingegnatevi oggimai di tenere, voi e la donna vostra, uno stato angelico, sentendo l'odore della continenza, acciò che gustiate il frutto suo. Or così dolcemente regolate e ordinate la vita vostra, senz'aspettare più tempo; chè, come detto è, il tempo non aspetta noi. Bagnatevi nel sangue di Cristo crocifisso; nascondetevi nelle piaghe dolcissime e sopradolcissime sue: ine si dilarghi e consumi il cuore vostro. Guardate che non volliate il capo addietro a mirare l'arato; chè io mi richiamerei di voi all'umile Agnello, e voi non avereste a cui appellare. Fatemi de' figliuolidelle virtù, e mai non restate di concepire per amore nel cuore vostro. Altro non vi dico. Permanete nella santa e dolce dilezione di Dio. Gesù dolce, Gesù amore.



XLIX - A monna Alessa ecc.

Al nome di Gesù Cristo crocifisso e di Maria dolce.

Carissima figliuola in Cristo dolce Gesù. Io Catarina, serva e schiava de' servi di Gesù Cristo, l'indegna miserabile tua madre, desidero che tu giunga a quella perfezione che Dio t'ha eletta. Parmi che, a volervi giugnere, si convenga andare con modo, e non senza modo. E senza modo e con modo si vuole fare ogni nostra operazione: senza modo si conviene amare Dio, e non ponervi nell'amore nè modo nè misura nè regola, ma smisuratamente amare. E a volere pervenire alla perfezione dell'amore, ti conviene ordinare la vita tua. Il primo ordine sia di fuggire la conversazione d'ogni creatura, per conversazione, se non secondo che richiede l'atto della carità; ma amarne assai, e conversarne pochi. E eziandio con quelli che ami di spirituale amore, sappi conversare con modo: e se tu non facessi, pensa che a quello amore che tu debbi portare a Dio senza modo, vi porresti modo che non te ne avvedresti, ponendovi mezzo la creatura finita; perocchè l'amore che dovresti ponere in Dio, porresti nella creatura, amandola senza modo; e questo t'impedirebbe la tua perfezione. E però con modo ordinato la debbi amare spiritualmente.

Sia uno vasello, il quale tu empia nella fonte, e nella fonte il beva. E poniamochè tu avessi tratto l'amore da Dio che è fonte d'acqua viva; se tu nol bevessi continuamente in lui, rimarrebbe vòto. E questo ti sarà il segno che tu nol beva a pieno in Dio; chè quando della cosa che tu ami, tu ne sostieni pena o per conversazione che avessi, o perchè fussi privata d'alcuna consolazione la quale solevi ricevere, o di qualunque altra cosa che avvenisse; e tu sostieni allora pena di questo o d'altro che dell'offesa di Dio, t'è segno manifesto che quest'amore è ancora imperfetto, e tratto fuore della fonte. Che modo c'è dunque a fare perftto quello ch'è imperfetto? questo è il modo; di correggere e di gastigare i movimenti del cuore con vero cognoscimento di te, e con odio e dispiacimento della tua imperfezione, cioè di essere tanto villana, che quello amore che si debbe dare tutto a Dio, si dia alla creatura, cioè d'amare creatura senza modo, e Dio con modo. Perocchè l'amore verso di Dio vuole essere senza misura, e quello verso della creatura debbe esssere misurato con quello di Dio, e non colla misura delle proprie consolazioni nè spirituali nè temporali. Adunque fa' che ogni cosa ami in Dio, e che tu corregga ogni disordinato affetto.

Fa', figliuola mia, due abitazioni; una abitazione attuale della cella, chè tu non vada discorrendo in molti luoghi se non per necessità o per obedienzia della priora o per carità. E un'altra abitazione fa' spiritualmente, la quale porti continuamente teco: e questa è la cella del vero cognoscimento di te; dove troverai il cognoscimento della bontà di Dio in te. Che sono due celle in una: e, stando nell'una, ti conviene stare nell'altra, perocchè in altro modo verrebbe l'anima a confusione o a presunzione. Chè se tu stessi nel cognoscimento di te, verrebbe la confusione della mente; e stando solo nel cognoscimento di Dio, verresti a presunzione. Conviene dunque che sieno conditi l'uno con l'altro, e faccine una medesima cosa; e facendolo, verrai a perfezione. Perocchè dal cognoscimento di te acquisterai l'odio della propria sensualità; e per l'odio sarai uno Giudice, e sederai sopra lasedia della coscienzia tua e terrai ragione, e non lasseraipassare il difetto che tu non ne facci giustizia.

Di questo cognoscimento esce la vena dell'umilità; la quale non piglia mai alcuna reputazione, e non si scandalizza di neuna cosa che sia; ma paziente con gaudio sostiene ogn'ingiuria, ogni perdimento di consolazione e ogni pena, da qualunque lato elle si vengono. Le vergogne paiono una gloria, e le grandi persecuzioni refrigerio: e di tutte gode, vedendosi punita di quella perversa legge della propria volontà sensitiva che sempre ribella a Dio; e vedesi conformare con Cristo Gesù crocifisso, ch'è via e dottrina della verità.

Nel cognoscimento di Dio troverai il fuoco della divina carità. Dove tu ti diletterai? In su la croce con lo immacolato Agnello, cercando il suo onore e la salute dell'anime, per continua e umile orazione. Or qui sta tutta la nostra perfezione. Molte cose anco ci sono; ma questa è la principale, dove riceviamo tanto lume, che non potiamo errare nelle minori operazioni che seguitano. Dilèttati, figliuola mia, di conformarti con gli obbrobri di Cristo. E guarda il sentimento della lingua, sì che la lingua non risponda alcuna volta al sentimento del cuore; ma smaltisci quello ch'è nel cuore, con l'odio e col dispiacimento di te. Fa' che tu sia la minima delle minime, subietta per umilità e pazienzia ad ogni creatura per Dio; non con scusa, ma con dire «mia colpa». E così si vincono i vizii nell'anima tua e nell'anima di cui tu il dicessi; per la virtù dell'umilità.

Ordina il tempo tuo; la notte alla vigilia, dato che tu hai il debito del sonno al corpo tuo; e la mattina alla chiesa con la dolce orazione: e non spenderlo in favellare infino all'ora debita. Di questa e d'ogni altra cosa nonritragga altro che o la necessità o l'obedienzia o la carità, come detto è. Dopo l'ora del mangiare ricogliti un poco a te; e poi fa' manualmente alcuna cosa, secondo che t'è di bisogno. Ad ora del vespero, e tu va' e fa' cavelle: e quanto lo Spirito Santo ti fa fare, tanto fa'. E poi ritornae governa l'antica tua madre senza negligenzia, e provvedila di quello che gli è di bisogno; e sia tuo questo peso. Di più, alla mia tornata. Fa' che tu faccia sì che tu adempia il desiderio mio. Altro non dico. Permani nella santa e dolce dilezione di Dio. Gesù dolce, Gesù amore.




Caterina63
00venerdì 22 aprile 2016 11:33



L  (50) - A una mantellata di Santo Domenico chiamata Caterina di Scetto

Al nome di Gesù Cristo crocifisso e di Maria dolce.

Carissima suoro e figliuola mia in Cristo dolce Gesù. Io Catarina, serva e schiava de' servi di Gesù Cristo, scrivo a te nel prezioso sangue suo; con desiderio di vederti vera serva e sposa di Cristo crocifisso. Serve dobbiamo essere, perchè siamo ricomperate del sangue suo. Ma non veggo che del nostro servizio noi potiamo fare utilità a lui; dobbiamo adunque fare utilità al prossimo nostro, perocchè egli è quel mezzo dove noi proviamo e acquistiamo la virtù. Sappi che ogni virtù riceve vita dall'amore; e l'amore s'acquista nell'amore, cioè levando l'occhio dell'intelletto nostro, e ragguardare quanto siamo amati da Dio. Vedendoci amare, non potiamo fare che noi non amiamo; amandolo, abbracciamo le virtù per affetto d'amore, e coll'odio spregiamo il vizio.

Sicchè vedi che in Dio concipiamo le virtù, e nel prossimo si partoriscono. Sai bene che nella necessità del prossimo tuo, tu partorisci il figliuolo della carità, che èdentro nell'anima; e nella ingiuria che tu ricevi da lui, lapazienzia. Tu gli doni l'orazione, singolarmente a coloro che ti fanno ingiuria. E così dobbiamo fare: se essi sono a noi infedeli, e noi dobbiamo essere a loro fedeli, e fedelmente cercare la loro salute; amarli di grazia e non di debito. Cioè, che tu ti guardi da non amare il prossimo tuo per propria utilità; perchè non sarebbe amore fedele, e non risponderesti all'amore che ti porta. Chè come Dio t'ha amata di grazia, così vuole che, non potendogli tu rendere questo amore, tu renda al prossimo tuo, amandolo di grazia, e non di debito, come detto è. Nè per ingiuria; nè perchè tu vedessi diminuire l'amore verso di te o il diletto o la propria utilità, non debbi tu diminuire nè scemare l'amore verso del tuo prossimo; ma amarlo caritativamente, portando e sopportando i difetti suoi; con grande consolazione e riverenzia ragguardare i servi di Dio.

Guarda che tu non facessi come le matte e stolte, che si vogliono ponere e a investigare e a giudicare gli atti e'costumi de' servi di Dio. Troppo è degno di grande reprensione chi 'l fa. Sappi, che non sarebbe altro, se non ponere legge e regola allo Spirito Santo, volendo fare andare i servi di Dio a nostro modo; la qual cosa non si potrebbe mai fare. Pensi quell'anima che giugne a questo giudicio, che la barba della superbia non è anco fuore, nè la vera carità del prossimo non v'è anco dentro; cioè, d'amarlo di grazia, e non di debito. Adunque amiamo, e non giudichiamo i servi di Dio. Anco, ci conviene amare generalmente ogni creatura che ha in sè ragione: coloro che sono fuora della Grazia, amarli con dolore e amaritudine della colpa loro, perchè offendono Dio e l'anima loro. Così t'accorderai col dolce innamorato di Paolo, che piagne con coloro che piangono, e gode con coloro che godono: così tu piagnerai con coloro che sono in stato di pianto, per desiderio dell'onore di Dio e salute loro; e goderai co' servi di Dio che godono, gustando Dio per affetto d'amore.

Vedi adunque, che nella carità di Dio concepiamo le virtù e nella carità del prossimo si partoriscono. Facendo così, che tu realmente, senza veruno amore o cuore fittivo, libero, senza veruno rispetto di propria utilità ospirituale o temporale, tu ami il prossimo; sarai vera serva, e risponderai col mezzo del prossimo all'amore che ti porta il tuo Creatore; e sarai sposa fedele, e non infedele. Allora manca la fede la sposa allo sposo suo, quando l'amore che debbe dare a lui, il dà ad altra creatura. Tu se' sposa. Vedi bene, che il Figliuolo di Dio tutti ci sposò nella circoncisione, quando si tagliò la carne sua, dandoci quanto una stremità d'anello, in segno che voleva sposare l'umana generazione. Tu ragguardando tanto amore ineffabile, il debbi amare senza veruno mezzo che sia fuore di Dio. Cosi se' fatta serva del prossimo tuo, servendolo in ogni cosa, secondo la tua possibilità. Sicchè di Cristo se' sposa, e del prossimo debbi essere serva. Se tu se' sposa fedele; perchè dell'amore che noi portiamo a Dio non potiamo fare utilità nè servizio a lui, dobbiamo servire, come detto è, il prossimo nostro di vero e cordiale amore. In altro modo nè in altra forma nol potiamo servire. E però ti dissi ch'io desideravo di vederti vera serva e sposa di Cristo crocifisso. Altro non dico. Permani nella santa e dolce dilezione di Dio. Gesù dolce, Gesù amore.




LI - A frate Felice da Massa dell'ordine di Santo Augustino

Al nome di Gesù Cristo crocifisso e di Maria dolce.

Carissimo figliuolo in Cristo dolce Gesù. Io Catarina, serva e schiava de' servi di Gesù Cristo, scrivo a voi nel prezioso sangue suo; con desiderio di vedervi fondato in vera e perfetta umilità. Perocchè colui che è umile si è paziente a portare ogni fadiga per amore della verità; e perchè l'umilità è balia e nutrice della carità. Non puo essere umilità senza carità. E colui che arde nella fornace della carità, non è negligente; anco, ha perfetta sollicitudine, perocchè la carità non sta mai oziosa, ma sempre adopera.

Ma amore e umilità, che consuma la negligenzia e spegne la superbia, non si può avere senza il lume; e che l'occhio alluminato non abbia qualche obietto, in cui egli possa guardare. Perocchè, perchè l'occhio vegga, e abbia lume in sè, ed egli non stia aperto, quello vedere non gli farebbe alcuna utilità. L'occhio vero dell'anima nostra è lo intelletto, il quale ha il lume della santissimaFede, colà dove il panno dell'amore proprio non l'avesse ricoperto. Levato via l'amore proprio di noi medesimi, l'occhio rimane chiaro, e vede: onde conviene che l'affetto si desti e voglia amare il suo benefattore. E peròallora, sentendo l'occhio dell'intelletto muoversi dall'affetto, subito s'apre e ponsi nell'obietto suo, Cristo crocifisso, in cui cognosce (e massimamente nel sangue suo) l'abisso della sua inestimabile carità.

Ma dove il debbe vedere, e ponere questo obietto? Nella casa del cognoscimento di sè, nel qual cognoscimento cognosce la miseria sua; perocchè ha veduto coll'occhio dell'intelletto i difetti suoi, e sè non essere: ehallo veduto in verità. E quando l'uomo cognosce sè, e' cognosce la bontà di Dio in sè. Perocchè se cognoscesse solamente sè, e volesse cognoscere Dio senza sè, non sarebbe cognoscimento fondato nella verità; e non ne trarrebbe il frutto che si debbe trarre del cognoscimento di sè: ma più tosto ne perderebbe che guadagnerebbe, perocchè trarrebbe solo dal cognoscimento di sè tedio e confusione, onde, disseccherebbe l'anima; e perseverandovi dentro senza altro rimedio, giugnerebbe alla disperazione. E se volesse cognoscere Dio senza sè, ne trarrebbe frutto fetido di grande presunzione: la quale presunzione è nutricata dalla superbia; e l'una notrica l'altra. Conviensi dunque che il lume vegga e cognosca in verità, e condisca 'l cognoscimento di sè col cognoscimento di Dio, e il cognoscimento di Dio col cognoscimento di sè.

Allora l'anima non viene nè a presunzione nè a disperazione; ma dal cognoscimento trae il frutto della vita quando è l'uno coll'altro insieme. Perocchè dal cognoscimento di sè riceve il frutto della vera umilità, onde germina odio e dispiacimento della colpa e della legge perversa che sempre è atta a impugnare contra allo spirito. E dell'odio parturisce il figliuolo della pazienzia, laquale è il mirollo della carità. E dal cognoscimento della gran bontà di Dio, che trova in sè, riceve il frutto dell'abisso dell'affocata carità di Dio e del prossimo suo. Perocchè col lume vede e cognosce che dell'amore che egli porta al suo creatore non gli può fare utilità alcuna;e però subito, quella utilità ch'egli non può fare a lui, lafa al prossimo suo per amore di Dio; però che ama la creatura, perchè vede che il creatore sommamente l'ama; e condizione è dell'amore, d'amare tutte quelle cose che sono amate dalla persona amata.

Or con questo lume, carissimo figliuolo, acquisteremo la virtù dell'umilità e della carità; e con vera e santapazienzia porteremo e sopporteremo i difetti del prossimo nostro; e consumeremo la negligenzia con la perfetta sollicitudine acquistata nel fuoco della divina carità; e spegnerassi la superbia con l'acqua della vera umilità. E diventeremo affamati dell'onore di Dio, e gustatori e mangiatori dell'anime in su la mensa dell'umile e immacolato Agnello. Altra via non ci è. Onde considerando io che ci conveniva tenere per questa via e per questa strada della vera umilità, dissi e dico, che io desideravo di vedervi fondato in vera e perfetta umilità: e cosi voglio che facciate senza pena e senza confusione di mente. Ma ora di nuovo voglio che cominciate con fede viva, con speranza ferma, e con obedienzia pronta. E così voglio che ingrassiate l'anima vostra; e non si secchi per confusione nè per tedio di mente, ma con una perfetta sollicitudine vi destiate dal sonno della negligenzia, furando le virtù, quando le vedete ne' vostri fratelli, conservandole nel petto vostro. E sempre la verità vi diletti e stia nellabocca vostra: ed annunciarla quando bisogna; caritativamente, in ogni persona, e singolarmente in quelle persone che sono amate di singolare amore; ma con una piacevolezza; ponendo il difetto d'altrui a voi medesimo. E se non si fusse fatto per lo tempo passato, con quella cautela che bisogna; correggerenci per l'avvenire.

E per questo non voglio che alcuna pena n'abbiate. E di me pensiero alcuno non vi diate. Ma realmente l'onde del mare tempestoso tutte si passino con vera umilità e carità fraterna, e con santa pazienzia. Altro non dico. Permanete nella santa e dolce dilezione di Dio. Gesù dolce, Gesù amore.




LII - A frate Jeronimo da Siena de' frati eremiti di Santo Augustino

Al nome di Gesù Cristo crocifisso e di Maria dolce.

A voi, dilettissimo e carissimo padre e figliuolo in Cristo Gesù, io Catarina, serva e schiava de' servi di Dio, scrivo nel prezioso sangue suo; risovvenendomi della parola del nostro Salvatore, quando disse a' discepoli suoi: «con desiderio io ho desiderato di fare la pasqua con voi prima che io muoia». Così dico io a voi, frate Jeronimo, padre e figliuolo mio carissimo. E se mi domandaste che pasqua desidero di fare con voi; rispondovi: Non c'è altra pasqua se non quella dell'Agnello immacolato, cioè quella medesima che fece Egli di sè a' dolci discepoli. Oh Agnello dolce, arrostito al fuoco della divina carità, e allo spedone della santissima croce! O cibo soavissimo, pieno di gaudio e di letizia e consolazione! In te non manca cavelle: perocchè all'anima che ti serve in verità, tu gli se' fatto mensa, cibo e servitore. Bene vediamo noi che il padre c'è mensa, ed è letto dove l'anima si può riposare; e vediamo il Verbo dell'unigenito suo Figliuolo, che ti s'è dato in cibo con tanto fuoco d'amore. Chi te l'ha porto? Il servitore dello Spirito Santo. E per lo smisurato amore che egli ci ha, non è contento che siamo serviti da altrui, ma esso medesimo vuole essere il servitore.

Ora a questa mensa desidera l'anima insiememente con voi di far Pasqua prima ch'io muoia: perocchè, passata la vita, non la potremo fare. E sappiate, figliuolo mio, che a questa mensa ci conviene andare spogliati e vestiti. Spogliati, dico, d'ogni amor proprio e piacimento del mondo, di negligenzia e di tristizia e di confusionedi mente perocchè la disordinata tristizia dissecca l'anima); e dobbianci vestire dell'ardentissima sua carità. Ma questo non possiamo avere se l'anima non apre l'occhio del cognoscimento di sè medesima, sicchè vegga sè non essere, e come siamo operatori di quella cosa che non è e perchè noi non cognosciamo in noi la infinita bontà di Dio. Perocchè quando l'anima ragguarda il suo Creatore, e tanta infinita bontà, quanta trova in lui; non può fare che non ami; e l'amore subito il veste delle vere e reali virtù; e innanzi eleggerebbe la morte, che far cosa contraria a colui che egli ama: ma sempre cerca con sollicitudine di far cosa che gli sia in piacere. Onde subito ama ciò ch'egli ama, e odia ciò che egli odia: perocchè per amore egli è fatto un altro lui.

Questo è quello amore che ci tolle ogni negligenzia, ignoranzia e tristizia. Perocchè la memoria si leva a fare festa col padre, ritenendo nella memoria sua i benefizii di Dio; lo intendimento col Figliuolo, onde con sapienza e lume e cognoscimento cognosce e ama la volontà di Dio; e leva subito l'amore e il desiderio suo, e diventa amatore della somma ed eterna Verità, in tanto che non può nè vuole amare altro nè desiderare se non Cristo crocifisso. E non gli diletta altro, se non di portare gli obbrobrii e le pene sue: e tanto gli diletta e gli piace, cheegli ha sospetta ogni altra cosa. Le pene, gli scherni e lepersecuzioni del mondo e del dimonio, se le reputa gloria a sostenere per Cristo.

Accendete dunque, accendete il fuoco del santo desiderio; e ragguardate l'Agnello svenato in sul legno della santissima croce; perocchè in altro modo non potremo mangiare a questa dolce e venerabile mensa. Fate che nella cella dell'anima vostra stia sempre piantato e ritto l'arbore della santissima croce; perocchè a questo arbore coglierete il frutto della vera obedienzia, della pazienzia e della profonda umilità: e morrà in voi ogni piacimento e amore proprio e acquisterete la fame d'essere mangiatori e gustatori dell'anime, vedendo che per fame della salute nostra e dell'onore del padre egli s'è umiliato e dato sè medesimo all'obbrobriosa morte della croce, siccome pazzo, ebbro ed innamorato di noi. Or questa è la pasqua che io desidero fare con voi.

E perchè abbiamo detto che dobbiamo essere mangiatori e gustatori dell'anime; questo desidera l'anima mia di vedere in voi, perchè sete banditore della parola di Dio. Voglio dunque che siate uno vasello di elezione, pieno di fuoco d'ardentissima carità, a portare il dolce nome di Gesù, e seminare questa parola incarnata di Cristo nel campo dell'anima. Ma invitovi e voglio che, ricogliendo il seme, cioè facendo frutto nelle creature, voi 'l riponiate nell'ordine del Padre eterno, cioè, dando l'onore e la gloria a lui, e perdendo ogni gloria e piacimento di voi medesimi. Perocchè altrimenti saremo ladri, e fureremo quello che è da Dio, e daremolo a noi. Ma credo che per la grazia di Dio questo non tocca a noi; chè certa mi pare essere che il primo movimento e principio è solo per onore di Dio e salute delle creature.

Ma bene ci cade spesse volte, cioè alcuno piacere di noi nella creatura. Ma perchè io voglio che siate perfetto, e rendiate frutto di perfezione; non voglio che amiate neuna creatura, nè in comune nè in particolare, se non solamente in Dio. Ma intendete, in che modo io dico. Chè io so bene che voi amate in Dio spiritualmente; ma alcuna volta, o per poca avvertenzia o perchè l'uomo ha natura che lo inchina, come avete voi, ama spiritualmente, e nell'amore piglia piacere e diletto, tanto che alcunavolta la sensualità ne piglia la parte sua pur col colore dello spirito. E se mi diceste: «a che me ne posso avvedere che ci sia questa imperfezione?»

Ð dicovelo: Quando voi vedeste, quella persona ch'è amata mancasse in alcuna cosa verso di voi, cioè, o che non vi facesse motto secondo i modi usati, o che vi paresse che amasse un altro più che voi, se allora vi cade uno sdegno e uno cotale mezzo dispiacimento, allentando l'amore che prima v'era; tenete di fermo che questo amore era ancora imperfetto. Che modo ci è dunque di farlo perfetto? Non vi dico altromodo, figliuolo carissimo, se non quello che una volta la prima Verità disse ad una sua serva, dicendo: «Figliuola mia carissima, io non voglio che facci come colui che trae il vasello pieno d'acqua dalla fonte, e bevelo poichè l'ha tratto fuore; e cosi rimane vòto; e non se ne avvede. Ma voglio che, empiendo il vasello dell'anima tua, facendoci una cosa per amore ed affetto con colui che tu ami per amore di me, nol tragga punto di me, fonte d'acqua viva; ma tiene la creatura che tu ami per amore di me, siccome vasello nell'acqua , e a questo modo non sarà vòto nè tu nè cui tu ami, ma sempre sarete pieni della divina Grazia e del fuoco dell'ardentissima carità.
Ed allora non vi cadrà nè sdegno nè dispiacimento alcuno; perocchè colui che ama, perchè vedesse molti modi o dilungare dalla sua conversazione, mai non n'ha pena affliggitiva, purchè egli vegga e senta che viva con le dolci e reali virtù; perocchè l'amava per Dio e non per sè. Bene sentirebbe nondimeno una santa piccola tenerezza, quando si vedesse dilungare da quella cosa che ama. Or questa è la regola e il modo che io voglio che teniate acciocchè siate perfetto. Non dico più. Permanete nella santa e dolce dilezione di Dio. Gesù dolce, Gesù amore.





LIII - A monna Agnesa, donna che fu di missere Orso Malavolti

Al nome di Gesù Cristo crocifisso e di Maria dolce.

Carissima figliuola in Cristo dolce Gesù. Io Catarina, serva e schiava de' servi di Gesù Cristo, scrivo a voi nel prezioso sangue suo; con desiderio di vedervi legata nel legame della divina carità. Il quale legame tenne confitto e chiavellato Dio-e-Uomo in sul legno della santissima croce; perocchè 'l chiodo non era sufficiente a tenerlo se l'amore non l'avesse tenuto. Questo è quello dolce legame che lega l'anima con Dio e fàlla essere una cosa con lui; perchè l'amore unisce. Oh dolce e amoroso amore, che purifichi l'anima, e dissolvi la nuvila della propria passione sensitiva, ed allumini l'occhio dell'intelletto, speculando nella Verità eterna, ed empi la memoria delle grazie e doni che l'anima riceve dal suo Creatore; onde diventa grata e cognoscente de' benefizii ricevuti, e sazia l'anima di dolce e amoroso desiderio! Onde diceva il santo Profeta: «i sospiri mi sono uno cibo, e le lagrimebeveraggio». Chi il faceva sospirare e piagnere? l'amore, questo dolce e soave legame. Adunque, carissima figliuola, poichè è tanto dolce e di tanto diletto, ed ècci necessario, non è da dormire, ma è da levarsi con santo e vero desiderio e sollecitudine, e cercarlo virilmente.

E se voi mi dimandaste: «dove il posso trovare?» io vi rispondo: nella casa del cognoscimento di voi, dove voiroverete l'amore ineffabile che Dio v'ha: il quale per amore vi creò alla imagine e simititudine sua, e per amore vi ricreò a grazia nel sangue dell'unigenito suo Figliuolo. Trovando l'amore, e conosciuto che voi l'averete in voi medesima, non potreste fare che voi non l'amiate. E questo sarà il segno che voi abbiate trovato e conceputo amore, quando vi legherete col legame della carità nel prossimo vostro, amandolo e servendolo caritativamente; perocchè quello bene e quella utilità, che noi non potiamo fare a Dio, il dobbiamo fare al prossimo nostro, portando con vera pazienzia ogni fadiga che noi ricevessimo da lui. E questo è il segno che in verità amiamo il nostro Creatore e che noi siamo legati in questo dolce legame. In altro modo non participeremo la Grazia, nè potremo tornare a quello fine per lo quale noi fummo creati. E però vi dissi, che io desideravo di vedervi legata nel legame della divina carità. Altro non dico. Permani nella santa e dolce dilezione di Dio. Gesù dolce, Gesù amore.





LIV - Ad una monaca del monastero di Santa Agnesa in Montepulciano

Al nome di Gesù Cristo crocifisso e di Maria dolce.

Carissima e dilettissima figliuola mia in Cristo Gesù. Io Catarina, serva e schiava del nostro Signore Gesù Cristo, e de' suoi servi, ti conforto e benedico, e scrivo a tenel prezioso sangue del Figliuolo di Dio; desiderando che tu sia vera sposa consacrata allo sposo, adornata e vestita di virtù. Sai, dilettissima mia figliuola, che la sposa, quando va dinanzi allo sposo, s'adorna e si veste; e singolarmente s'adorna e pone il color vermiglio, per piacere allo sposo suo: così voglio che facci tu; che tu abbi in te il vestimento della carità, senza il quale vestimento non potresti andare alle nozze; ma sarebbe detta a te quella parola che disse Cristo di quello servo che eraandato senza il vestimento nuziale, che comandò a' servi suoi che fusse cacciato e mandato di fuora nelle tenebre. Non voglio che questo divenga a te, dilettissima mia figliuola; acciocchè, se tu fussi richiesta ad andare alle nozze, non voglio che tu sia trovata senza questo dolce vestimento. Anco, voglio e comandoti che tu me l'adorni di fregiature, cioè della santa e vera obedienzia, essendo sempre osservatrice dell'Ordine tuo, suddita e obbediente a madonna e alla più minima che v'è.

Togli la virtù dell'umiltà, la quale nutricherà in te la virtù dellasanta obedienzia, ricognoscendo i doni e le grazie che tu hai ricevuti da lui. Fa che tu sia sposa fedele: e sai quando sarai fedele allo sposo tuo? quando non amerai altro che lui. E però io non voglio che nel tuo cuore sia trovato altro che Dio; traendone ogni amore proprio, e sensitivo de' parenti o di qualunque cosa sia. Senza neuno timore o di vita o di morte; ma col cuore libero, vestita di questo santo vestimento, mettiti nelle mani del tuo Sposo eterno; e nella sua volontà ti metti, che ne faccia e disfaccia quello che sia suo onore e meglio di te. Altro non dico. Permani nella santa e dolce dilezione di Dio.Gesù dolce, Gesù amore.





LV  (55) - Al venerabile religioso D. Guglielmo priore generale dell'ordine della Certosa

Al nome di Gesù Cristo crocifisso e di Maria dolce.

Carissimo e reverendo padre in Cristo dolce Gesù. Io Catarina, serva e schiava de' servi di Gesù Cristo, scrivo a voi nel prezioso sangue suo; con desiderio di vedervi bagnato e annegato nel sangue del Figliuolo di Dio: considerando io che la memoria quando s'empie del sangue di Cristo crocifisso, incontinente lo intelletto si volge aragguardare in essa memoria; dove egli trova il sangue, vedevi il fuoco della divina carità, amore inestimabile, intriso ed impastato col sangue; perocchè per amore fu sparto e donato a noi. La volontà va subito dietro allo intelletto, amando e desiderando quello che l'occhio dell'intelletto ha veduto; e però subito leva l'affetto e l'amore suo nell'amore di Cristo crocifisso, il quale amore trova nel sangue, come detto è. Allora l'anima s'annega in esso sangue, cioè che annega e uccide ogni sua perversa volontà sensitiva, la quale ribella spesso al suo creatore, e ogni amore proprio di sè medesimo gitta fuore di sè, e vestesi dell'eterna volontà di Dio; la quale volontà l'anima ha gustata e trovata nel sangue. Perocchè il sangue gli rappresenta che Dio non vuole altro che la sua santificazione: chè se egli avesse voluto altro, non arebbe Dio datoci il Verbo dell'unigenito suo Figliuolo.

E però vede bene, che ciò che Dio permette in questa vita all'uomo, non permette per altro fine. Ogni cosa che ha essere, vede che procede da Dio: e però neuna cosa che addiviene, nè tribolazioni nè tentazioni nè ingiurie nè strazii nè villanie, nè di veruna altra cosa che addivenire gli potesse, non si può nè vuole turbare; ma è contenta, ed halle in grande riverenzia, considerando che le vengono da Dio, e date sono a noi per grazia di bene, per amore e non per odio. Adunque non si può lagnare nè dee lagnarsi, perchè si lagnerebbe del suo bene proprio; la qual cosa non è costume dell'anima vestita della dolce volontà di Dio, di lagnarsi di veruna cosa che addivenire gli potesse, se non solo della offesa di Dio. Diquesto si duole e dee dolere, perchè vede che è contra alla sua volontà. E però il peccato è degno d'odio, perchè non è da Dio, e però non è niente. Ogni altra cosa che in sè ha essere, è da Dio; e però l'anima innamorata di Cristo l'ama ed ha im reverenzia. Quest'anima non vede sè per sè, ma vede sè per Dio, e Dio per Dio, inquanto è somma ed eterna bontà, degno d'essere amato; ed il prossimo per Dio e non per propria utilità. Questa non elegge il tempo nè stato a suo modo, nè fadiga nè consolazione; ma secondo che piace alla divina Bontà, riceve con affetto d'amore. In ogni cosa trova diletto; perchè colui che ama, non puo trovare pena affliggitiva.

Nelle battaglie gode; se egli è perseguitato dal mondo, egli si rallegra; se egli è suddito, con grande allegrezza e pazienzia porta il giogo della obedienzia; se egli è prelato, con pazienzia porta e sopporta i difetti de' suoi sudditi, cioè ogni persecuzione che ricevesse o ingratitudine che trovasse in loro verso di sè. Disponsi alla morte per divellere le spine de' vizi, siccome buono ortolano; e piantare le virtù nell'anime loro, facendo giustizia realmente, condita con misericordia. Non si cura della pena sua, non schifa labore, ma con grande letizia porta. Non vuole perdere il tempo che egli ha, per quello che non ha; perchè alcuna volta vengono cotali cogitazioni e battaglie nel cuore.

Se tu non avessi questa angoscia e fadiga della prelazione, potresti meglio avere Dio nella pace e quiete tua. E questo fa il dimonio, di ponergli innanzi, al tempo della pace, per farlo stare in continua guerra. Chè colui che non pacifica la volontà sua nello stato che Dio gli ha dato, sta sempre in pena, ed è incomportabile a sè medesimo: e così perde l'uno tempo e l'altro; che non esercita il tempo della prelazione, e quello della quiete non ha; e così abbandona il presente e l'avvenire. Non è adunque da credere alla malizia sua; ma è da pigliare quello che egli ha, vigorosamente; siccome fa l'anima vestita della volontà di Dio detta di sopra, che fa navigare in ogni tempo; così nel tempo della fadiga come in quello della consolazione: perchè egli è spogliato dell'amore proprio di sè medesimo e d'ogni tenerezza e passione sensitiva, onde procede ogni male e ogni pena. Chè avere quello che l'uomo non vuole, è una via onde esce la pena. E, vestito della eterna volontà di Dio e non della sua, èssi fatto una cosa con lui; per affetto d'amore è fatto giudice della eterna volontà di Dio, vedendo, giudicando e tenendo, che Dio non vuole altro che la nostra santificazione. E però ci creò alla imagine e similitudine sua, perchè fussimo santificati in Lui, godendo e gustando l'eterna sua visione; avendolo veduto e cognosciuto coll'occhio dell'intelletto nel sangue di Cristo crocifissoche fu quello mezzo che ci manifestò la verità del Padre eterno. O glorioso sangue che dài vita, che lo invisibile ci hai fatto visibile; manifestato ci hai la divina misericordia, lavando il peccato della disobedienzia con la obedienzia del Verbo, ond'è uscito il sangue.

Orsù, per l'amore di Cristo, bagnatevi, bagnatevi (e state in continua vigilia ed orazione, carissimo padre, vegliando con l'occhio dell'intelletto) nel sangue. Allora veglierà (per fame e sollicitudine dell'onore di Dio e salute delle anime) sopra i sudditi vostri. A questo modo arete la continua orazione, cioè il continuo santo desiderio. Questo vi è necessario a voi per conservare la salute vostra nello stato che voi sete. Poichè Dio v'ha posto nello stato della prelazione, non vi conviene essere negligente nè timoroso; nè ignorante, andare con gli occhi chiusi. Però vi prego che siate affamato, imparando dall'Agnello svenato e consumato per voi, che con tanto diletto e fame dell'onore del padre e salute nostra, corse all'obbrobriosa morte della croce. Avete Subietto dunque: chè Dio v'ha rappresentato e posto dinanzi il Verbo dell'unigenito suo Figliuolo, e il sangue, per tôrre ogni timore e negligenzia e cechità d'ignoranzia. E se voi dite: «io sono ignorante e non cognosco bene me, non tanto che quello che io ho a fare per. li sudditi»; Ð e io virispondo che, avendo fame dell'onore di Dio, quello che voi non aveste per voi, Dio adopererà in voi quello che bisognerà per la salute delli sudditi vostri.

Abbiate pure fame e desiderio. E non veggo però, che questa fame si possa avere senza il mezzo del sangue: e però vi dissi che io desideravo di vedervi bagnato e annegato nel sangue di Cristo crocifisso. Perchè nel sangue si perde l'amore della vita propria, di quello amore perverso che l'uomo ha a sè medesimo; il quale amore non lassa fare giustizia, per timore di non perdere lo stato, oper condescendere e piacere più agli uomini che a Dio; non lassa fare i prelati secondo la volontà di Dio. Nè a buona coscienzia; ma secondo i piaceri e pareri umani si fanno; che è quella cosa che ha guastato e guasta l'ordine. Come è di non correggere e di fare i prelati non corretti, ma incorretti e indiscreti. Chè il cattivo prelato guasta i sudditi, siccome il buono gli racconcia.
E tutto questo procede dall'amore proprio di sè. Nel sangue di Cristo si perde questo amore; e acquistasi uno amore ineffabile, vedendo che per amore ci ha data la vita per ricomperare questo figliuolo adottivo dell'umana generazione. Quando si vede tanto amore, con l'amore trae l'amore, levando l'affetto e il desiderio suo ad amare quello che Dio ama, e odiare quello ch'egli odia. E perchè vede che sommamente Dio ama la sua creatura che ha in sè ragione, però l'anima concepe uno amore nella salute delle anime; che non pare che se ne possa saziare. Odia i vizi e i peccati, perchè non sono in Dio; ed ama le virtù in loro per onore di Dio. Per questo ne perde la negligenzia e diventa sollecito; e perde l'amore del corpo suo, e vuolsi dare a mille morti, se tanto bisogna. Perde la cechità, e ha riavuto il lume, perchè s'è tolta la nuvola dell'amore proprio, e posto il sole dell'amore divino della ardentissima carità, il quale gli ha consumato in sè ogni ignoranzia. E tutto questo ha tratto dal sangue.

O glorioso e prezioso sangue dell'umile e immacolato Agnello! Or qual sarà quello ignorante e duro che non pigli il vasello del cuore, e con affetto d'amore non vada al costato di Cristo crocifisso, il quale tiene e versa l'abbondazia del sangue? Dentro in sè troviamo Dio, cioè, la natura divina unita con la natura umana; troviamo il fuoco dell'amore che per l'apritura del lato ci manifesta il secreto del cuore, mostrando che con quelle pene finite non poteva tanto amore mostrare, quanto il desiderio e la volontà sua era maggiore, perchè non era comparazione della pena finita sua all'amore infinito. Or non tardiamo più, carissimo padre; ma con perfetta sollecitudine, questo punto del tempo che Dio v'ha serbato, e specialmente ora che ne viene il tempo del Capitolo, dove si veggono più i difetti, siate sollicito a punirli; acciocchè il membro corrotto e guasto non guasti il sano; facendone giustizia sempre con misericordia.

E non vi movete leggermente; ma vogliate cercare e investigare la verità per persone discrete e di buona coscienzia. E sempre quello che avete a fare, fate col consiglio divino, cioèper la santa orazione; e poi col consiglio umano, che è pure divino, dei buoni e cari servi di Dio. E sempre vogliate vederveli dallato, che sieno specchio di religione. E sopra tutte le altre cose che io vi prego che attendiate,si è, di fare buoni priori, che sieno persone virtuose e atte a reggere. Chè sono molti che sono buoni in loro, e non sono buoni a governare: e cossì guastano le religioni; e per lo contrario si racconciano. Quando trovate de' buoni, conservateli. Non timore, per l'amore di Cristo crocifisso! Son certa che se voi vi bagnerete nel sangue suo per affetto d'amore e annegheretevi dentro ogni propria volontà consumandola nella eterna volontà di Dio, la quale troverete nel sangue; voi farete questo ed ogni altra cosa che bisognerà, per voi e per loro.

Altro non dico. Perdonate alla mia ignoranzia. Permanete nella santa e dolce dilezione di Dio. Gesù dolce, Gesù amore.




Caterina63
00venerdì 22 aprile 2016 11:38



LVI  (56) - A frate Simone da Cortona, dell'ordine de' frati predicatori

Al nome di Gesù Cristo crocifisso e di Maria dolce.

Carissimo figliuolo in Cristo dolce Gesù. Io Catarina, serva e schiava de' servi di Gesù Cristo, scrivo a voi nel prezioso sangue suo; con desiderio di vedervi bagnato e annegato nel sangue dell'Agnello; acciocchè, come ebro, corriate al campo della battaglia a combattere come cavaliere virile contra le dimonia, contra il mondo e contra la propria fragilità, col lume della santissima fede e con amore ineffabile, dilettandovi sempre della battaglia. Ma sappiate che combattere e avere vittoria non potremo fare, se non ci fusse il lume della santissima fede; nè il lume potremo avere, se dall'occhio dell'intelletto nostro non fusse tratta la terra d'ogni affetto terreno, e gittata la nuvola dell'amore proprio di noi medesimi; perocchè ell'è quella perversa nuvola che in tutto ci tolle ogni lume spiritualmente e temporalmente.

Temporalmente, perchè non ci lassa cognoscere la fragilità nostra, e la poca fermezza e stabilità del mondo; nè quanto questa vita è vana e caduca; nè gl'inganni del dimonio, quanto occultamente in queste cose transitorie egli ci inganna, e spesse volte sotto colore di virtù. SpirituaImente, questa cechità non ci lassa cognoscere nè discernere la bontà di Dio, anzi spesse volte quello che Dio ci dà per nostro bene, noi cel rechiamo per contrario: e tutto questo ci addiviene perchè nei misteri suoi noi non consideriamo l'affetto suo, nè con quanto amore egli ce li dà; ma, come ciechi, non pigliamo altro che l'atto. Alcuna volta permette Dio che noi siamo perseguitati dal mondo, e che ci sia fatta ingiuria dalle creature, o postaci una obedienzia dal prelato nostro; e noi non consideriamo la volontà di Dio, che 'l fa per nostra santificazione; nè giudichiamo la volontà sua che per amore ci permette quello; ma giudichiamo la volontà degli uomini, e così veniamo spesse volte a dispiacere col prossimo nostro, e commettiamo molti difetti e ignoranzia, verso di Dio e di loro.
Chi n'è cagione? il poco lume. Perocchè l'amore proprio ha ricoperta la pupilla dell'occhio della santissima fede. Onde se egli è nelle molestie che ildimonio ci dà, e questa cechità è allora nell'occhio nostro, se ne riceve questo inganno, che venendo le molestie e cogitazioni nel cuore per illusione del dimonio; noicrediamo allora essere riprovati da Dio. E per questo verremo a una confusione di mente; onde noi lasseremo lo esercizio dell'orazione, quasi non parendoci essere accetti a Dio; e verremo a tedio e saremo incomportabili a noi medesimi. Onde per questo l'obedienzia ci sarà grave; e abbandoneremo la cella, e diletterenci della conversazione. E tutto questo ci addiviene, e molti altri inconvenienti, perchè noi non abbiamo gittata a terra la nuvola dell'amore proprio nè spiritualmente nè temporalmente; e però non cognosciamo la verità, nè ci dilettiamo ancora in croce con Cristo crocifisso. Onde a questo modo non saremmo cavalieri virili a combattere contra a' nemici nostri per Cristo crocifisso; ma saremmo timidi, e l'ombra nostra ci farebbe paura.

Che dunque c'è bisogno? ècci bisogno il sangue: nel quale sangue di Cristo troveremo una speranza ferma che ci tollerà ogni timore servile; e troveremo la fede viva, gustando che Dio non vuole altro che 'l nostro bene. E però ci diè il Verbo dell'unigenito suo Figliuolo; e il Figliuolo ci diè la vita per renderci la vita, e del sangueci fece bagno per lavare la lebbra delle nostre iniquitadi. Per questo dunque l'anima cognosce e tiene con fede viva che Dio non permetterà alle dimonia che ci molestino più che noi potiamo portare; nè al mondo, che ci triboli più che siamo atti a ricevere; nè al prelato, che ci ponga maggiore obedienzia che noi potiamo portare.

Con questo dolce e glorioso lume non verrete a tedio nè a confusione per alcuna battaglia; e non vi dilungherete dalla cella, nè correrete alla conversazione delle creature; ma abbraccerete la croce, e non getterete a terra l'arme dell'orazione nè degli altri esercizii spirituali. Anco, umiliandovi al vostro Creatore, offerirete umili e continue orazioni; e neltempo della battaglia e nel tempo della quiete, e in ogni tempo che si sia, non allenterete i passi: ma con sollicitudine e senza negligenzia o confusione servirete a Dio, e osserverete l'ordine vostro in verità.

Chi ne sarà cagione? Il lume della santissima fede, la quale trovaste nel sangue. Chi è cagione del lume? l'amore dell'affocata carità che trovaste nel sangue. Perocchè per amore questo dolce amoroso Verbo corse all'obbrobriosa morte della croce; e perchè il caldo del divino amore che trovaste nel sangue, destrusse e consumò la tenebra dell'amore proprio, che adombrava l'occhio che non vedeva. Però ora vede, e vedendo ama, ed amando teme Dio e serve il prossimo suo. Onde allora è fatto cavaliere virile, e combatte con lo scudo della fede e con l'arme della carità, che è uno coltello di due tagli, cioè odio e amore, amore delle virtù e odio del vizio e della propria passione sensitiva. E siccome innamorato, si diletta in croce, e d'acquistare con pena le virtù, cercando con affetto d'amore l'onore di Dio e lasalute delle anime. Dove ha trovato questo santo desiderio? nel sangue. In altro modo nol potreste trovare.

E però vi dissi ch'io desideravo di vedervi bagnato e annegato nel sangue di Cristo crocifisso: e dicovi che allora voi averete nome e io ritroverò il figliuolo. Or vi bagnate dunque e annegate nel sangue; senza tedio e confusione. Altro non vi dico. Permanete nella santa e dolce dilezione di Dio. Gesù dolce, Gesù amore.




LVII - A misser Metteo, rettore della casa della misericordia in Siena

Al nome di Gesù Cristo crocifisso e di Maria dolce.

Carissimo figliuolo in Cristo dolce Gesù. Io Catarina, serva e schiava de' servi di Gesù Cristo, scrivo a voi nel prezioso sangue suo; con desiderio di vedervi specchio di virtù, acciocchè in verità rendiate gloria e loda al nome di Dio, e acciocchè facciate utilità prima a voi medesimo, poi al prossimo vostro, e sì con esempio di santa e onesta vita e con la dottrina della parola, e sì con umili econtinue e fedeli orazioni. Pensate che questo è il debito che Dio ci richiede da noi: 4 non vuole altro che 'l fiore della gloria e loda al nome suo; e nostro vuole che sia il frutto e l'utilità. Adunque virilmente rispondiamo a tanto amore: e perchè a Lui non potiamo fare alcuna utilità, voltianci sopra quello che vediamo ch'Egli molto ama, cioè il prossimo nostro. Qui si ponga ogni nostra sollicitudine; e altro non cerchiamo che di mangiare anime per onore di Dio. E dove andremo per mangiare questo dolce cibo? alla mensa della santissima croce, dilettandoci di sostenere pene e tormenti, ingiurie e scherni e rimproveri, per poter mangiare questo glorioso cibo. Ma non vedo che 'l potessimo pigliare se prima in noi non acquistassimo le vere reali virtù. E però vi dissi ch'io desideravo di vedervi specchio di virtù; e così vi prego che v'ingegniate d'essere. Non dico più qui.

Mandovi un privilegio con bolla papale, d'indulgenzie che io ho accattate a settanta e sette persone... Permanete nella santa e dolce dilezione di Dio. Gesù dolce, Gesù amore.




LVIII - A suora Cristofora, priora del monastero di Santa Agnesa in Montepulciano

Al nome di Gesù Cristo crocifisso e di Maria dolce.

Carissima figliuola in Cristo dolce Gesù. Io Catarina, serva e schiava de' servi di Gesù Cristo, scrivo a te nel prezioso sangue suo; con desiderio di vedere te e l'altre seguitare le vestigie della madre nostra santa Agnesa gloriosa. E di questo vi prego, e voglio, che la dottrina ei modi suoi voi seguitiate. Sapete che sempre vi diè dottrina ed esemplo di vera umilità. Questa fu quella propria virtù principale che fu in lei. Non me ne maraviglio; perocchè ella ebbe quello che debbe avere la sposa che vuole seguitare l'umilità dello sposo suo. Ella ebbe quella carità increata, che continuamente ardeva e consumava nel cuore suo: ella era mangiatrice e gustatrice delle anime. Sempre studiava la vigilia dell'orazione: e non avrebbe avuto in altro modo la virtù dell'umilità: perocchè non è umilità senza carità; chè l'una nutrica l'altra.

Sapete quale è la cagione che la fece venire a perfetta e reale virtù? Il libero spogliamento volontario, che la fece renunziare a sè, e alla sustanzia del mondo, non volendo possedere niente. Ben s'avvide quella gloriosa vergine che il possedere la sustanzia temporale fa venire l'uomo a superbia; perderne la virtù piccola della vera umilità, viene ad amore proprio, manca nell'affetto della carità; perde la vigilia e l'orazione. Perocchè il cuore e l'affetto ch'è pieno della terra e d'amore proprio di sè medesimo, non si può empire di Cristo crocifisso, nè gustare vere e dolci orazioni. Sicchè, avvedendosi Agnesa dolce, spogliasi di sè medesima, e vestesi di Cristo crocifisso. E non tanto ella, ma questo medesimo lassa a noi; e così vi obliga e voi dovete tenere. Sapete bene che voi, spose consacrate a Cristo, non dovete possedere quello del padre, poichè sete andate allo Sposo, ma tenere e possedere quello dello Sposo eterno.

Quello del padre vostro è la propria sensualità, la quale dobbiamo abbandonare, venuto il tempo della discrezione, di seguitare lo sposo e possedere il tesoro suo. Quale fu il tesoro di Cristo crocifisso? Fu croce, obbrobrio, pena, tormento, strazi e scherni e rimproverio, povertà volontaria, fame dell'onore del padre e della salute nostra. Dico che se voi possederete questo tesoro colla forza della ragione mossa dal fuoco della carità, voi perverrete a quelle virtùche dette abbiamo: sarete figliuole vere alla madre, e spose sollicite e non negligenti; e meriterete d'essere ricevute da Cristo crocifisso: per la grazia sua, apriravvi laporta della vita durabile. Non dico più. Annegatevi nel sangue di Cristo crocifisso. Levatevi su con vera sollicitudine ed unione. Se sarete legate e non divise, non sarà nè dimonio nè creatura che vi possa nuocere, nè torvi la vostra perfezione. Permanete nella santa e dolce dilezione di Dio. Gesù dolce, Gesù amore.




LIX - A messer Pietro, prete da Semignano

Al nome di Gesù Cristo crocifisso e di Maria dolce.

Padre carissimo, per reverenzia di quello Sacramento il quale avete a ministrare. Io Catarina, serva e schiava de' servi di Gesù Cristo, scrivo a voi nel prezioso sangue suo; con desiderio di vedervi vasello d'elezione a portare il nome di Cristo, e con affetto e desiderio esercitare la vita vostra in pacificarvi col nostro Creatore, e la creatura con la creatura. Perocchè il dovete fare, e sete tenuto di farlo. E credo, se nol farete, voi riceverete grandissima e dura riprensione da Dio. Siate, siate specchio di virtù; e ragguardate la vostra dignità; poichè Dio per sua misericordia v'ha posto in tanta eccellenzia, quanto è avere a ministrare il fuoco della divina carità, cioè il corpo e il sangue di Cristo crocifisso. Pensate che la natura angelica non ha tanta dignità. Vedete che nel vasello dell'anima vostra egli ha messa la parola sua. Ben vedete che favellando in persona di Cristo, voi avete autorità di consecrare quello dolcissimo Sacramento: e però ve la conviene portare con grandissimo fuoco d'Amore, e con purità di mente e di corpo, e col cuore pacifico; traendo ogni rancore e odio dall'anima vostra.

Oimè, oimè, dove è la purità de' ministri del Figliuolo di Dio? Pensate, che come voi richiedete la nettezza del calice per portare all'altare, che se fusse lordo nol vorreste; così pensate che Dio, somma ed eterna Verità, richiede l'anima vostra pura e netta da ogni macchia di peccato mortale, e singolarmente dal peccato della immondizia. Oimè disavventurata l'anima mia! Al dì d'oggi si vede tutto il contrario di questa purità, la quale Diorichiede; perocchè, non tanto che essi sieno tempio di Dio, e portino il fuoco della parola sua, ma essi sono fatti stalla, e luogo di porci e d'altri animali, portando il fuoco dell'ira, odio, e rancore e malevolenzia nella casa dell'anima sua. Perocchè egli tiene ad albergare i porci, cioè, una immondizia che continuamente vi s'involv edentro, siccome il porco nel loto. Oimè, che grande confusione è questa di vedere che gli Unti di Cristo si diano a tanta miseria e iniquità! E non hanno in riverenzia la creazione, perocchè sono creati alla imagine e similitudine di Dio, nè il sangue del quale sono ricomprati, nè la dignità che essi hanno del sacramento, dato a loro per grazia e non per debito.

Oimè, padre carissimo, aprite l'occhio del cognoscimento, e non dormite più in tanta miseria. E non mirate perchè Dio faccia ora vista di non vedere: perocchè quando verrà il punto della morte, la quale neuno può schifare, egli mostrerà bene, che egli abbia veduto; e allora se n'avvedrà l'uomo. Perocchè ogni colpa sarà punita e ogni bene remunerato. Questo non pensano gli stolti, che non veggono che Dio è sopra di loro. E io dico che Dio vede lo intrinseco del cuore: onde noi ci potiamo ben nascondere all'occhio della creatura, ma non a quello del Creatore. Oimè! or siamo noi bestie o animali? Veramente io m'avveggo di sì; non in quanto alla creazione ed all'essere che Dio ci ha dato, ma secondo la mala disposizione nostra, perocchè senza veruno freno di ragione ci lassiamo guidare a questa parte sensitiva, e andiamle dietro, dilettandoci delle brutte e vane dilettazioni; e andiamo scorrendo per le delizie del mondo, enfiati di superbia. E tanto innalza la superbia il cuore dello stolto, che si lassa possedere a lei, e non si vuole umiliare nè a Dio nè alla creatura. Onde alcuna volta gli sarà fatta ingiuria o di morte o d'altre cose temporali, e per la superbia sua non si vuole umiliare a perdonare al suo nemico, ma ben vuole che le grandissime colpe e ingiurie, che egli ha fatte a Dio, gli sieno perdonate. Ma egli è ingannato: perocchè, con quella misura che egli misura ad altrui, sarà misurato a lui.

Non voglio dunque, che siate di questi cotali voi: ma voglio che virilmente voi siate vasello pieno d'amore e di dilezione, e d'affetto di carità. Perocchè io mi maravigliomolto, che uno vostro pari possa tenere odio, avendovi Dio tratto dal secolo, e fatto angelo terrestre in questa vita, per la virtù nel sacramento: e voi per lo vostro difetto v'involvete nel secolo. Non so in che modo voi vi recate a celebrare. Onde io vi dico, che se permaneste ostinato nell'odio, negli altri difetti vostri: dovete aspettare il divino giudicio, che verrebbe sopra di voi. Io vi dico: non più tanta iniquità! Correggete la vita vostra; e pensate che dovete morire, e non sapete quando. Bagnatevi nel sangue di Cristo crocifisso: e non dubito che, se ragguarderete il sangue di questo Agnello, voi spoglierete il cuore e l'affetto d'ogni miseria, e singolarmente dell'odio. Questo v'addimando per grazia e misericordia: e voglio che facciate questa pace. Or che confusione è a vedere stare due sacerdoti in odio mortale! Grande miracolo che Dio non comanda alla terra che v'inghiottisca ambedue.

Orsù dunque virilmente! Mentre che sete nel tempo di potere ricevere misericordia, ricorrete a Cristo, crocifisso, che vi riceverà benignamente purchè voi vogliate. E pensate che se nol faceste, caderebbe sopra voi quella sentenzia che fu data a quello servo iniquo, il quale aveva ricevuta tanta misericordia del grande debito che aveva col signore, e poi al servo suo non volse lassare una piccola quantità, ma mettevaselo sotto i piedi, e volevalo strangolare: onde sapendo il signore, giustamente revocò la misericordia che gli aveva fatta, e fecene giustizia, comandando a' servi suoi che gli leghino le mani e' piedi, e sia messo nelle tenebre di fuore. Non pensate che la divina bontà dolce del buono Gesù ponesse questa similitudine se non per coloro che stanno in odio con Dio e col prossimo loro. Non voglio dunque che aspettiate più questa reprensione; ma voglio che la misericordia che avete ricevuta e ricevete, voi la participiate col nemico vostro: perocchè in altro modo non potreste participare la grazia di Dio, e sareste privato della visione sua.

Non dico più. Rispondetemi della vostra intenzione e volontà. Permanete nella santa e dolce dilezione di Dio. Gesù dolce, Gesù amore.





LX  (60)- Ad un secolare che non si nomina

Al nome di Gesù Cristo crocifisso e di Maria dolce.

Dilettissimo e carissimo fratello in Cristo dolce Gesù. Io Catarina serva e schiava di Dio scrivo a voi e confortovi nel prezioso sangue del Figliuolo di Dio; con desiderio di vedervi vero servo di Gesù Cristo, osservatore de' suoi comandamenti: de' quali comandamenti, neuno può aver la vita della Grazia se non n'è adempitore. Adunque, carissimo fratello, voglio che voi apriate l'occhio dell'intelletto del cognoscimento di voi medesimo, a cognoscere, voi non essere, ma sempre operatore di quella cosa che non è, cioè del peccato. Essendo l'uomo che non è da sè neuna cosa, è tutto umiliato, cognoscendo il beneficio del benefattore; e tanto cresce in amore, cognoscendo, in sè adoperare la grande bontà di Dio, che eleggerebbe innanzi la morte, che trapassare il comandamento del suo dolcissimo Creatore. Questo tremore santo ci fa venire a grandissimo amore. E questo amore trarremo dalla fonte del sangue del Figliuolo di Dio, il quale fu sparto per nostra redenzione, solo per lavare la colpa commessa del peccato. Oh quanto terribile cosa è il peccato, e spiacevole a Dio, poichè non l'halassato impunito; anco, ne ha fatto giustizia e vendetta sopra il corpo suo! Ben sarebbe misero miserabile colui che non vogli far vendetta del peccato.

Adunque vi prego, carissimo e dolcissimo fratello, che prendiate queste due ali, che vi faranno osservare i comandamenti di Dio; e giunto a' comandamenti, vi faranno volare alla vita durabile; cioè odio e dispiacimento del peccato, e d'amor proprio di sè medesimo (del quale nasce ogni vizio), ed essere amatore della virtù. E perchè vede che la virtù gli è necessaria, però l'ama: vede che Dio vuole che esso sia amatore della virtù e spregiatore del vizio. Oh quanto vi sarà dolce avere questa virtù, la quale vi tolle la servitù del dimonio, e donavi libertà; tollevi la morte, e donavi la vita; tollevi la tenebrae donavi la luce! e per lo contrario il peccato conduce l'uomo in ogni miseria.

Bene è da sollecitare, e non commettere più negligenzia, questo punto del tempo, che è rimaso per voi e per tutta la vostra famiglia; con una sollicitudine santa. Pregovi per l'amore di Cristo crocifisso, che l'occhio dell'anima vostra sia drizzato con ogni vostra operazione verso Iddio. Oh quanto diletto e gaudio sentirà l'anima vostra quando verrà il tempo che sarà richiesta dalla prima Verità, sentendosi la compagnia della virtù, appoggiato al bastone della santissima Croce, dove egli ha acquistati i santi comandamenti di Dio! E udirà quella dolce parola nel fine suo: «Vieni, benedetto figliuolo mio, a possedere il reame del cielo; però che tu con sollecitudine hai tratto l'affetto e il desiderio della conformità del secolo, e nutricasti e allevasti la famiglia tua contimore santo di me. Ora ti dono perfetto riposo, però che io sono remuneratore di tutte le vostre fadighe, che per me avete sostenute». Or non diciam più, fratello mio carissimo; se non ch'io prego la prima eterna Verità, che vi riempia della sua eterna e dolcissima grazia, e che vi cresca di virtù in virtù, in tanto che vi disponiate a dar lavita per lui. Permanete nella santa e dolce dilezione di Dio. Gesù dolce, Gesù amore.









Caterina63
00venerdì 22 aprile 2016 11:44




LXI  (61) - A monna Agnesa, donna che fu di misser Orso Malavolti

Proemio, di Niccolò Tommaseo:
Al Monastero di Sant'Agnese, in Montepulciano. Offre a modello quella vergine insieme e la peccattrice Maria Maddalena. Lettera di fiorente freschezza.

Laudato sia il nostro dolce Salvatore.

A voi carissima e dilettissima figliuola, monna Agnesa e l'altre figliuole, io Catarina, serva inutile di Gesù Cristo, scrivo con amore e desiderio (risovvenendomi della parola che disse Cristo: «con desiderio ho desiderato») di vedervi unite trasformate in quello consumato e ardentissimo amore. Siccome fece quella apostola innamorata Maddalena, nella quale tanto fu quello ardentissimo amore, che non curò neuna cosa creata. O dilettissime figliuole mie, imparate da queste vergine santa Agnesa la santa vera umilità; perocchè sempre volse avvelire sè medesima, sottomettendosi ad ogni creatura per Dio, retribuendo e cognoscendo ogni grazia e virtù avere da Dio; e così conservava in sè la virtù dell'umilità. Dico che ella arse ancora della virtù della carità: sempre cercando l'onore di Dio e la salute delle creature, dando sempre sè medesima nell'orazione, con una carità liberale e larga ad ogni creatura; e cosi dimostrava l'amore che aveva al suo creatore. L'altra fu la continua sollicitudine e perseveranzia ch'ella ebbe; perocchè mai nol lassò nè per dimonia nè per creature il virtuoso vivere.

O dolcissima vergine, come t'accordasti con quella discepola innamorata Maddalena! Perocchè, se bene vedete, dilettissime figliuole, Maddalena si umiliò, e cognobbe sè medesima; e però con tanto amore si riposò a' piedi del nostro dolce Salvatore. E se noi diciamo che ella gli mostrasse amore, bene lo vediamo a quella croce santa; perocchè ella non teme Giudei e non teme di sè medesima ma, come spasimata, corre ed abbraccia la croce. Non è dubbio che per vedere il maestro suo, ella allaga di sangue. Or s'inebria d'amore Maddalena, in segno che ella è inebriata del maestro suo. Ella ildimostra nelle creature sue; e questo fece dopo la santa resurrezione, quand'ella predicò nella città di Marsilia. Anco dico che ella ebbe la virtù della perseveranzia; e questo mostrasti, dolcissima Maddalena, quando cercando il tuo dolcissimo maestro, e non trovando nel luogo dove l'avevi posto, o Maddalena amore , tu impazzi: perocchè tu non avevi cuore, però ch'egli era riposto col tuo dolcissimo maestro e Salvatore nostro dolce. Ma tu ne pigliasti buono pensiero per trovare il tuo dolce Gesù; perocchè tu perseveri, e non poni termine al tuo grandissimo dolore. Oh quanto fai bene! Perocchè tu vedi che la perseveranzia è quella che ti farà trovare il tuo Maestro.

Or vedete, carissime mie suore, come queste due dilettissime madri e suore s'accordano insieme. E però io vi prego e vi comando che voi entriate in questo santissimo mezzo: perocchè, stando in questo mezzo santo, da qualunque parte voi vi voltate, trovate virtù; e legate sarete allora, sicchè non potrete fuggire che non siate legate. E singolarmente comando a voi, monna Agnesa figliuola mia, che voi vi leghiate a questa vergine santa Agnesa. Confortate e benedicete da parte di Cristo e mia monna Rainiera; e tutte l'altre mie figliuole benedicetemi: e confortatemi Catarina di Gheto mille volte da mia parte e da parte d'Alessa e mia, tutte. Sappiate che ci viene voglia di dire: «facciamo qui tre tabernacoli»; perocchè veramente ci pare il paradiso con queste santissime vergini e sono sì inebriate di noi, che non ci lassano partire, e piangono sempre la partenzia nostra. Avemmo la vostra lettera. Benedicete la figliuola mia Catarina, e ditegli ch'ella preghi Dio che la riempia di virtù, acciocchè sia degna d'essere di queste sante donne. Confortatevi tutti da parte di Gesù Cristo crocifisso, e da parte della donna e sposa novella.

Io Cecca son presso che monaca, perocchè comincio a cantare di forza l'officio con queste serve di Gesù Cristo.



LXII - A Sano di Marco, e agli altri figliuoli

Proemio, di Niccolò Tommaseo:
L'anima fedele non è servo mercenario; non teme per sè, non bramando per sola sè. Al vento della prosperità o dell'avversità non gonfia la vela, non precipita il corso. Ama Dio donatore, no il dono: non si duole del dolore che è bene suo, perchè datole dal Bene sommo. Sentimento della mente, sensualità spirituale, odio santo, affetto liberale: idee grandi espresse in parole potenti. Il servo di Dio deve non obbedire all'uomo nel male: egli è libero e re. Non finge compassione de' men buoni per mormorare di loro. Astinenza dai giudizii severi, perfezione grande. Siano tutti i fedeli un cuore solo; e tutti essendo uno, uno solo avrà la corona. (Fatta in astrazione.)

Al nome di Gesù Cristo crocifisso e di Maria dolce.

Carissimi figliuoli in Cristo dolce Gesù. Io Catarina, serva e schiava de' servi di Gesù Cristo, scrivo a voi nel prezioso sangue suo; con desiderio di vedervi servi fedeli al nostro dolce Salvatore, il quale servire non è essere servo, ma è regnare. E servo, senza fede, non può essere in verità; perocchè, se egli è servo e non è fedele, è mercenario; però che serve per proprio rispetto di sua utilità, ed egli è servo per timore servile. E perchè questo servire non è perfetto, con lo lume della fede, però non è forte nè perseverante; ma per ogni vento va a vela. Onde, se egli è vento di consolazione, si muove con leggerezza di cuore; e se egli è vento di tribolazione, si muovecon impazienzia; e se egli è vento di battaglie e molestie del dimonio, egli intiepidisce, e ponesi a sedere nel tedio con tristizia di cuore, parendogli esser privato di Dio, quando si vede privato della consolazione, e del sentimento della mente sua. Tutto questo gli addiviene perch'egli ama più il dono che 'l donatore delle grazie, e perchè serve più per rispetto di sè che per rispetto della somma ed eterna bontà di Dio. Onde, come che è imperfetto lo amore, così è imperfetto il lume della fede.

Ma colui che perfettamente ama, fedelmente serve, e con fede viva. E crede in verità, che ciò che Dio dà e permette, il dà per sua santificazione; però che egli non vuole la morte del peccatore, ma vuole che si converta e viva. E ha veduto col lume della santissima fede, che con quello medesimo amore che egli ci dà le grandi consolazioni, ci permette che il dimonio ci molesti nella mente nostra, e le creature ci perseguitino. Onde vediamo che Dio è sommamente buono e da lui non può nascere altro che somma bontà: e vediamo che neuna cosa è fatta senza Dio, se non solamente il peccato. E però l'anima fedele abbraccia ogni cosa con amore, perchè ogni cosa è buona, e data per nostra salute; e non si può dolere nè debbe dolere del suo bene.

E se voi mi diceste, carissimi figliuoli: «nel tempo delle battaglie egli ci pare essere ribelli, e offendere a Dio: perciò più ci dogliamo di questo che della pena;» - io vi rispondo, ch'egli è altro tanto la propria sensualità spirituale, che si duole quanto sia altro. E questa passione, sotto timore di offendere Dio, ha posto un poco di polvere nell'occhio dello intelletto, dove sta la pupilla della santissima fede; che non lascia cognoscere nè discernere la verità. Perocchè, se dinanzi all'occhio dell'intelletto suo non fosse alcuna cosa, cognoscerebbe che Dio, gli dà queste battaglie a misura.
E debbe bene vedere che neuna battaglia nè molestia del dimonio o dalla fragilità nostra della carne, non è peccato, nè per questo offende il suo Creatore, se non quando la propria volontà consente alle cogitazioni del cuore. Ma l'anima ch'è serva fedele, cioè con lo lume della santissima fede, fa i grandi guadagni nel tempo delle battaglie; e fa il vero fondamento, partendosi dall'amor proprio mercenario: e diventa il cuore schietto, e l'affetto liberale. Nello tempo delle battaglie si fa la gran guerra con sè medesimo; e dalla guerra e dall'odio santo che ha conceputo, è fatto paziente, come servo fedele. E sempre si diletta di stare in battaglia per Cristo crocifisso; e crescere in amore, cognoscendo la santa e buona volontà sua non da sè, ma dalla somma eterna bontà di Dio che per grazia, e non per debito glie l'ha data.

O glorioso servire fedele, che privi l'anima della perversa servitudine del dimonio, del mondo, e di sè medesimo! Egli è liberato del dimonio, perchè ha legato la volontà col legame della ragione, e non consente alle molestie sue, nè per sue pene lassa venire l'anima a disordinata confusione; ma fassi beffe di lui, dilettandosi di stare nel campo della battaglia. Onde il dimonio è allora legato e flagellato, dico, con il bastone della carità,ed è legato collo legame della vera umiltà. Sicchè dunque l'uomo è fatto signore, e non teme il dimonio; ma il dimonio teme lui, per Cristo crocifisso, per cui ogni cosa può. Dico ch'è fatto libero e signore del mondo; perchè non si lassa signoreggiare alle delizie e grandezze sue con disordinato affetto: anco, n'è fatto signore, spregiandole e facendosi beffe di loro; però che ha veduto e cognosciuto col lume della santissima fede che la ricchezza del mondo è somma povertà, li suoi diletti e piaceri sono miserabili sopra ogni miseria e spiacevoli; e in tanto gli paiono spiacevoli, che gli spregia come serpente velenoso. E non è servo degli uomini fuora della volontà di Dio; perocchè non si vuole conformare con la volontà loro, se non in quanto ella fusse ordinata in cercare e amare la verità eterna.

E perchè l'ama e serve? Però che ha veduto col lume dolce che 'l prossimo suo è quello mezzo che Dio gli ha posto perchè manifesti lo amore suo sopra di lui. E questo servire il fa ben libero, però che non serve il prossimo con colpa di peccato. Dico ancora, che è fedele e libero, e non servo della propria sensualità, la quale ha conculcata con i piedi dell'affetto, spezzandola e percotendola col coltello dell'odio e dell'amore: cioè amore della virtù, e odio del vizio. Bene è adunque fatto re e signore con questa dolce servitudine; però che non ha cercato sè, per sè, ma sè per Dio, perchè è somma ed eterna bontà, degno d'essere amato e servito da noi; il prossimo per Dio, e non per rispetto alla propria utilità.

Quale lingua sarà sufficiente a narrare la pace dell'anima fedele? Non dico che ella stia in pace, che ella sia privata delle onde e tempeste del mare; ma sta in pace la volontà sua, perchè ell'è fatta una cosa con la dolce volontà di Dio. Onde la tempesta gli è quiete, perchè non cura di sè. Serve egli il suo creatore, o vuole in guerre o vuole in pace; e tanto tiene cara la guerra, quanto la pace, e la pace quanto la guerra: però che col lume della fede vide, e con lo vedere cognobbe, che da uno medesimo amore procedeva l'uno e l'altro. Questi mai non si scandalezza nel prossimo suo; perocchè non è fatto giudice della volontà dell'uomo, ma solamente della volontà di Dio. E però è privato della mormorazione. La qual cosa io non credo che anche sia in voi, nè questa perfezione: ma spesse volte sotto colore di bene e di compassione mormorate, e giudicate l'uno l'altro: la qual cosa non è senza offesa di Dio, ma è spiacevole a lui e a me fortissimamente. Non v'è data questa dottrina: ma che voi v'amiate insieme portando e sopportando e' difetti l'uno dell'altro. Neuno è senza difetto; solo Dio è senza difetto. Tutto questo vi avviene perchè non sete fatti ancora servi fedeli; però che se fuste servi fedeli, nè beffe nè mormorazione nè scandalo nè disobbedienzia in voi sarebbe, nè per gioco nè per ira.

Onde, considerando me la vostra imperfezione, e che la imperfezione vostra viene perchè 'l lume della santissima fede non è perfetto in voi; però dissi che io desideravo di vedervi servi fedeli; il quale servire vi farà regnare in questa vita per Grazia, e signoreggerete il mondo, la carne, e le dimonia: e fatti liberi, sarete legati nel legame della carità, umili e mansueti, e con vera e santa pazienzia. Nell'ultimo regnerete co' veri e dolci gustatori nella vita durabile, dove l'anima è remunerata d'ogni fadiga. Ine sazietade senza fastidio, e fame senza pena; però che di lunga è la pena dalla fame e lo fastidio dalla sazietà. Orsù, figliuoli dolcissimi, correte questo palio; e fate che solo sia uno quello che l'abbia, cioè che 'l cuore vostro non sia diviso, ma sia una cosa col prossimo vostro per affetto d'amore. E acciò che meglio possiate correre, saziatevi, inebriatevi del sangue di Gesù Cristo, il quale sangue invita l'uomo a correre; e, animato a combattere, non rifiuta labore, vollendo il capo indietro per paura de' nemici suoi; però ch'egli non si confida in sè, ma nel sangue di Cristo crocifisso. Adunque non dormite, ma correte al sangue di Cristo crocifisso, destandovi dal sonno della negligenza. Altro non vi dico. Permanete nella santa e dolce dilezione di Dio. Gesù dolce, Gesù amore.




LXIII - A Misser Matteo, Rettore della Casa della Misericordia in Siena

Proemio, di Niccolò Tommaseo:
Goda e ringrazi Dio delle fatiche da portare in pro de' fratelli. Nella malattia non faccia penitenze, ma si abbia riguardo.

Al nome di Gesù Cristo crocifisso e di Maria dolce.

Carissimo figliuolo in Cristo dolce Gesù. Io Catarina, serva e schiava di Gesù Cristo, scrivo a voi nel prezioso sangue suo; con desiderio di vedervi portatore de' pesi delle creature per affetto e desiderio dell'onore di Dio, esalute loro; e pastore vero, che con sollicitudine governiate le pecorelle che vi sono o fussero messe fra le mani, acciocchè il lupo infernale non le portasse. Perocchè se ci commetteste negligenzia, vi sarebbe poi richiesto. Ora è tempo di mostrare chi ha fame o no; e chi si sente de' morti, che noi vediamo giacere privati della vita della Grazia.

Sollicitate virilmente, e con vero cognoscimento, e con le umili e continue orazioni infino alla morte. Sapete che questa è la via a volere cognoscere ed essere sposo della verità eterna: e verun'altra ce n'è. Guardate che voi non schifiate fadighe; ma con allegrezza le ricevete facendomi a rincontra con perfetto desiderio, dicendo: «Voi siate le molto ben venute». E dicendo: «Quanta grazia mi fa il mio Creatore, che egli mi facci sostenere e patire per gloria e loda del nome suo!». Facendo cosi l'amaritudine vi sarà dolcezza e refrigerio, offrendo lagrime con dolci sospiri per ansietato desiderio, per le miserabile pecorelle, che stanno nelle mani delle dimonia. Allora i sospiri vi saranno cibo, e le lagrime beveraggio. Non terminate la vita vostra in altro; dilettandovi e riposandovi in croce con Cristo crocifisso.

Altro non vi dico. Ho inteso che avete avuto e avete grandissimo male; per la qual cosa ho avuto desiderio di ritrovarmi con voi. Non m'è ora possibile: ma ritroverommi per continua orazione. Non voglio in veruno modo del mondo che abbiate più male, acciocchè meglio potiate portare. E fate (che io vi comando)che voi non stiate ora in penitenzia per veruno modo; ma pigliate ogni conforto che potete.

Non dico più qui. Giovanni povero è venuto a me.

Permanete nella santa e dolce dilezione di Dio. Annegatevi nel sangue di Cristo crocifisso. Gesù dolce, Gesù amore.



LXIV - A frate Guglielmo d'Inghilterra, de' frati eremiti di Sant'Agostino

Al nome di Gesù Cristo crocifisso e di Maria dolce.

Carissimo figliuolo in Cristo dolce Gesù. Io Catarina, serva e schiava de' servi di Gesù Cristo, scrivo a voi nel prezioso sangue suo; con desiderio di vedervi con vero lume; perocchè senza il lume non potremo andare per la via della verità, ma anderemo in tenebre. Due lumi sono necessari da avere. Il primo è che noi siamo alluminati in cognoscere le cose transitorie del mondo, le quali passano tutte come il vento. Ma non si cognosce bene questo, se noi non cognosciamo la nostra propria fragilità, quanto ella è inchinevole, con legge perversa che è legata nelle membra nostre, a ribellare al suo Creatore. Questo lume è necessario a ogni creatura che ha in sè ragione, in qualunque stato si sia, se vuole avere la divina Grazia, e participare il frutto del sangue dell'immacolato Agnello. Questo è il lume comune, cioè, che comunemente ogni persona il debba avere; perocchè chi non l'ha, sta in stato di dannazione. E questa è la cagione che egli non è in stato di Grazia non avendo il lume; perocchè chi non cognosce il male della colpa e chi n'è cagione, none 'l può schifare, nè odiare la cagione. Così chi non cognosce il bene e la cagione del bene cioè la virtù, non può amare nè desiderare esso bene.

E poichè l'anima è venuta, e ha acquistato il lume generale, non debbe stare contenta; anco debbe andare con ogni sollicitudine al lume perfetto. Perocchè essendo in prima imperfetti che perfetti, col lume si vuol andare alla perfezione. Due maniere di perfetti vanno in questo perfetto lume; ciò sono alcuni che perfettamente si dànno a gastigare il corpo loro, facendo aspra grandissima penitenzia; e acciocchè la sensualità non ribelli allaragione, tutto hanno posto il desiderio loro più in mortificare il corpo che in uccidere la propria volontà. Costoro si pascono alla mensa della penitenzia, e sono buoni e perfetti; ma se essi non hanno una grande umilità, e tutti confortinsi a essere giudici della volontà di Dio e non di quella degli uomini, spesse volte offendono la loro perfezione, facendosi giudicatori di coloro che non vanno per quella medesima via che vanno elli.

E questo gli addiviene perchè hanno posto più studio e desiderio in mortificare il corpo, che uccidere la propria volontà. Questi cotali vogliono scegliere sempre i tempi e luoghi e le consolazioni della mente a loro modo; e anco le tribolazioni del mondo e le battaglie del dimonio: dicendo per inganno di loro medesimi, ingannati dalla propria volontà (la quale si chiama volontà spirituale): «Io vorrei questa consolazione, e non queste battaglie nè molestie del dimonio; non già per me, ma per più piacere e avere Dio; perchè meglio me lo pare avere in questo modo che in quello». E per questo modo spesse volte cade in pena il tedio, e diventane incomportabile a sè medesimo; e così offende il suo stato perfetto. E giacevi dentro l'odore della superbia; e non se ne avvede. Perocchè, se egli fusse veramente umile e non presuntuoso vederebbe bene che la prima dolce Verità dà lo stato il tempo il luogo, e consolazione e tribolazione, secondo che è necessità alla salute nostra e a compire la perfezione, nell'anima, alla quale è eletto. E vederebbe che ogni cosa dà per amore, e però con amore.

E con riverenzia debbe ricevere ogni cosa, siccome fanno i secondi, che son in questo dolce e glorioso lume, i quali sono perfetti in ogni stato che sono, e in ciò che Dio permette a loro, ogni cosa hanno in debita reverenzia, reputaudosi degni delle pene e degli scandali del mondo, e d'essere privati delle loro consolazioni. E come si reputano degni delle pene, cosi si reputano indegni del frutto che seguita della pena. Costoro nel lume hanno conosciuta e gustata l'eterna volontà di Dio, la quale non vuole altro che lo nostro bene, e che siamo santificati in lui: e però le dà: e poichè l'anima l'ha cognosciuta, se n'è vestita, e non attende ad altro se non a vedere in che modo possa crescere e conservare lo stato perfetto suo per gloria e loda del nome di Dio. E però apre l'occhio dell'intelletto nell'obietto suo, Cristo crocifisso, il quale è regola, via e dottrina a' perfetti e agl'imperfetti; e vede lo innamorato Agnello che gli dà dottrina di perfezione. E vedendola, se ne innamora.

La perfezione è questa: che il Verbo del Figliuolo di Dio si notricò alla mensa del santo desiderio dell'onore del Padre e della salute nostra; e con questo desiderio, corre con grande sollecitudine all'obbrobriosa morte della croce, non schifando nè fadiga nè labore, non ritraendosi per nostra ingratitudine e ignoranzia di non cognoscere il beneficio suo, ne per persecuzione de' Giudei, nè per scherni nè villanie e mormorazioni del popolo; ma tutte le trapassa, come nostro capitano e vero cavaliero, il quale era venuto per insegnarci la via e ladottrina e la regola sua, giugnendo alla porta con la chiave del suo prezioso sangue sparto con fuoco d'amore, e con odio e dispiacimento del peccato. Quasi dica questo dolce e innamorato Verbo: «Ecco che io v'ho fatta la via, ed aperta la porta col sangue mio. Non siate voi dunque negligenti a seguitarla, ponendovi a sedere con amore proprio di voi, e con ignoranzia di non cognoscere la via, e con presunzione di volerla eleggere a vostro modo, e non di me, che l'ho fatta. Levatevi dunque suso, e seguitatemi; perocchè neuno può andare al Padre, se non per me. Io sono la via e la porta».

Allora l'anima innamorata e ansietata d'amore, corre alla mensa del santo desiderio; e non vede sè per sè, cercando la propria consolazione, nè spirituale nè temporale; ma come persona che al tutto in questo lume e cognoscimento ha annegata la propria volontà, non rifiuta nessuna fadiga da qualunque lato ella si viene; anco, con pena, con obbrobrio, e molte molestie del dimonio, e mormorazione degli uomini, mangia in su la mensa della croce il cibo dell'onore di Dio e della salute dell'anime. E non cerca alcuna remunerazione nè da Dio nè dalle creature: cioè, che non servono a Dio per proprio diletto, nè 'l prossimo per propria volontà e utilità, ma per puro amore. Pèrdono loro medesimi, spogliandosi dell'uomo vecchio, cioè della propria sensualità; e vestonsi dell'uomo nuovo Cristo dolce Gesù seguitandolo virilmente. Questi sono che si pascono alla mensa del santo desiderio, e che hanno posto più la sollicitudine in uccidere la propria volontà, che in uccidere o in mortificare il corpo.

Essi hanno bene mortificato il corpo, ma non per principale effetto; ma come strumento ch'egli è ad aiutare e ad uccidere la propria volontà; perocchè il principale effetto debbe essere ed è d'uccidere la volontà; che non cerchi nè voglia altro che seguitare Cristo crocifisso, cercando l'onore e la gloria del nome suo, e lasalute dell'anime. Costoro stanno sempre in pace e in quiete; e non hanno chi li scandalizzi, perocchè hanno tolto via quella cosa che dà lo scandalo, cioè la propria volontà. Tutte le persecuzioni che il mondo può dare e il dimonio, tutte corrono sotto i piei suoi: sta nell'acqua attaccato a' tralci dell'affocato desiderio, e non s'immolla. Questi gode d'ogni cosa; e non è fatto giudice de' servi di Dio, nè di neuna creatura che ha in sè ragione; anco, gode d'ogni stato e d'ogni modo che vede, dicendo: «Grazia sia a te, Padre eterno, che nella casa tua hai molte mansioni!». E più gode de' diversi modi che vede, che di vederli andare tutti per una via; perchè vede manifestare più la grandezza della bontà di Dio. D'ogni cosa gode e trae l'odore della rosa. Ed eziandio quella cosa che vede spressamente che è peccato, non piglia per giudizio; ma più tosto con santa e vera compassione, dicendo: «Oggi tocca a te, e domane a me, se non fusse la divina grazia, che mi conserva».

Oh menti sante, mangiatori alla mensa del santo desiderio, che con tanto lume sete giunti a nutricarvi del cibo santo, vestiti del vestimento dolce dell'Agnello, cioè dell'affetto e carità sua! Voi non perdete il tempo a ricevere i falsi giudizi, nè de' servi di Dio nè de' servi del mondo: voi non vi scandalizzate per veruna mormorazione, nè per voi nè per altrui. L'amore vostro è ordinato in Dio e nel prossimo, e non disordinato. E perch'egli è ordinato, non pigliano, carissimo figliuolo, questi cotali mai scandalo in coloro ch'essi amano; perocchè il loro parere è morto, e non hanno preso giudizio che siano guidati da uomini, ma solo dallo Spirito Santo. Or vedete dunque che costoro gustano l'arra di vita eterna in questa vita.

A questo lume, vorrei che voi e gli altri figliuoli ignoranti giugnessero: perocchè vedo che questa perfezione manca a voi ed agli altri. Perocchè se egli non vi mancasse, non sareste giunti a tanti scandali e mormorazioni e falso giudicio, cioè, di credere e dire, che altri sia guidata e tenuta per la volontà della creatura e non del Creatore. Duolmene il cuore e l'anima, di vedervi offendere la vostra perfezione alla quale Dio v'ha chiamato, sotto specie d'amore e colore di virtù. E nondimeno ella è quella zizzania che lo dimonio ha seminato nel campo del Signore; e questo ha fatto per affogare il grano de' santi desiderii, e della dottrina che è stata seminata ne' campi vostri. Non vogliate dunque fare più così, poichè Dio v'ha dato di grazia più lumi: il primo, di spregiare ilmondo; il secondo, di mortificare il corpo; il terzo, di cercare l'onore di Dio. Non offendete questa perfezione con la volontà spirituale; ma trapassate dalla mensa della penitenzia, e giugnete alla mensa del desiderio di Dio, dove l'anima è morta in tutto alla propria volontà, notricandosi senza pena nell'onore di Dio e nella salute dell'anima; crescendo la perfezione, e non offendendola.

Onde, considerando me che senza il lume questo non si può avere, e vedendo che non c'era; dissi, ch'io desideravo e desidero di vedervi con vero e perfetto lume. E così vi prego per l'amore di Cristo crocifisso, voi e FrateAntonio e tutti gli altri, e singolarmente voi, che v'ingegniate d'acquistarlo, acciocchè siate nel numero de' perfetti e non degli imperfetti. Altro non dico. Permanete nella santa e dolce dilezione di Dio. A tutti mi vi raccomando. Bagnatevi nel sangue di Cristo crocifisso. Gesù dolce, Gesù amore.




LXV   (65)- A Daniella da Orvieto vestita dell'abito di Santo Domenico

... Vedi dunque, che costoro gustano l'arra di vita eterna in questa vita. Ricevono l'arra, ma non il pagamento; non aspettano di riceverlo nella vita durabile, dove ha vita senza morte, sazietà senza fastidio, e fame senza pena. Perocchè di lunga è la pena dalla fame, perocchè essi hanno compitamente quello che essi desiderano: e di lunga è il fastidio dalla sazietà, perocchè egli ècibo di vita senz'alcuno difetto. é vero che in questa vitasi comincia a gustare l'arra a questo modo, che l'anima comincia a essere affamata del cibo dell'onore di Dio e della salute dell'anime. Come ella ha fame, così se ne pasce: cioè, che l'anima si notrica della carità del prossimo,del quale ha fame e desiderio.

Quello è un cibo che, notricandosene, non se ne sazia mai. é insaziabile: e però rimane la continua fame. Siccome l'arra è uno comincio di sicurtà che si dà all'uomo, per la quale aspetta di ricevere il pagamento (non, che l'arra sia perfetta in sè, ma per fede dà certezza di giugnere al compimento); così l'anima innamorata di Cristo, che già ha ricevuta l'arra, in questa vita, della carità di Dio e del prossimo, in sè medesima non è perfetta, ma aspetta la perfezione della vita immortale. Dico che non è perfetta quest'arra; cioè che l'anima che la gusta, non ha ancora la perfezione, che non senta le pene in sè ed in altrui: in sè per l'offesache fa a Dio, per la legge perversa ch'è legata nelle membra nostre; ed in altrui, per l'offesa del prossimo. é ben, perfetto a Grazia; ma non a quella perfezione de' Santi che sono in vita eterna, come detto è; perocchè i desiderii loro sono senza pena, e i nostri con pena. Sai come sta il vero servo di Dio, che si notrica alla mensa del santo desiderio? Sta beato e doloroso, come stava il Figliuolo di Dio in sul legno della santissima croce: perocchè la carne di Cristo era dolorosa e tormentata, e l'anima era beata per l'unione del desiderio nostro in Dio, ed essere vestiti della sua dolce volontà; e dolorosi, per la compassione del prossimo, e per tollere a noi delizie e consolazioni sensuali, affiggendo la propria sensualità.

Ma attendi, figliuola e suoro carissima. Io ho parlato a te e a me in generale; ma ora parlerò a te e a me in particolare. Io voglio che due cose singolari facciamo, acciocchè l'ignoranzia non c'impedisca la nostra perfezione, alla quale Dio ci chiama; acciocchè lo dimonio con lo mantello della virtù e della carità del prossimo non notricasse dentro nell'anima la radice della presunzione. Perocchè da questo caderemo ne' falsi giudizi, parendoci giudicare dritto, e noi giudicheremo torto; e andando noi dietro al nostro vedere, spesse volte il dimonio ci farebbe vedere molte verità per condurci nella bugia, e perchè noi ci facciamo giudici delle menti delle creature: la quale cosa solo Dio l'ha a giudicare.

Questa cosa è una di quelle due, dalla quale voglio che noi al tutto ce ne leviamo. Ma voglio che sia appreso con modo, e non, senza modo. Il modo suo è questo; che se già Dio spressamente, non pur una volta nè due, ma più non manifesta il difetto del prossimo nella mente nostra; noi nol dobbiamo mai dire in particolare a cui egli tocca, ma in comune correggere i vizi di chi ci venisse a giudicare, e piantare le virtù, e caritativamente e conbenignità. Nella benignità l'asprezza, quando bisogna. E se paresse che spesse volte Iddio ci manifestasse i difettialtrui; se non fusse espressa revelazione, come detto è, attienti alla parte più sicura, acciocchè fuggiamo lo inganno e la malizia del dimonio: perocchè con questo amo del desiderio ci piglierebbe.

Nella bocca tua dunque stia il silenzio, e uno santo ragionamento delle virtù e spregiamento del vizio. E 'l vizio che ti paresse cognoscere in altrui, ponilo insiememente a loro ed a te, usando sempre una vera umilità. E se in verità quello vizio sarà in quella cotale persona, egli si correggerà meglio, vedendosi compreso così dolcemente; e dirà quello a te, che tu volevi dire a lui. E tu ne sarai sicura, e taglierai lavia al dimonio, che non ci potrà ingannare nè impedire la perfezione dell'anima tua. E sappi che d'ogni vedere noi non ci dobbiamo fidare, ma dobbiamceli ponere dopo le spalle, e solo rimanere nel vedere e nel cognoscimento di noi. E se alcuna volta venisse caso che pregassimo particolarmente per alcune creature, e nel pregare noi vedessimo in colui per cui è pregato alcuno lume di Grazia e in uno altro no, che è pur servo di Dio; ma parèssetel vedere con la mente avviluppato e sterile, nol pigliare però per giudizio di difetto di grave colpa in lui;perocchè potrebbe essere che 'l tuo giudizio sarebbe falso. Chè alcuna volta addiviene che, pregando per una medesima persona, e l'una volta il troverò con uno lume e con uno desiderio santo dinanzi da Dio, in tanto che dello suo bene pare che l'anima ingrassi; e un'altra volta il troverai che parrà che la mente sua sia di lunga da Dio e tutta piena di tenebre e di molestie, che parrà che sia fadiga a chi prega, di tenerlo dinanzi a Dio.

Questo addiviene alcuna volta; che può essere per difetto che sarà in colui per cui è pregato; ma il più delle volte non sarà per difetto, ma sarà per sottraimento che Dio averà fatto di sè in quell'anima, cioè che si sarà sottratto per sentimento di dolcezza e di consolazione, ma non per grazia. Onde sarà rimasta la mente sterile, asciutta e penosa; la quale Dio fa sentire a quell'anima che ne prega. E questo fa Dio per grazia di quell'anima che riceve l'orazione, acciocchè insiememente con lui aiti a dissolvere la nuvola. Sicchè vedi, suoro mia dolce, quanto sarebbe ignorante e degno di reprensione quello giudizio, che noi, per questo semplice vedere, giudicassimo che 'l vizio fusse in quell'anima. E però se Dio cel manifestasse così torbo e tenebroso, dove noi già abbiamo veduto che egli non è privato di grazia ma del sentimento della dolcezza del sentimento di Dio... Pregoti dunque, te e me ed ogni servo di Dio, che ci diamo a cognoscere perfettamente noi, acciocchè più perfettamente cognosciamo la bontà di Dio; sicchè, col lume, abbandoniamo il giudizio del prossimo, e pigliamo la vera compassione, con fame d'annunziare le virtù e di reprendere il vizio e in noi e in loro per lo modo detto di sopra.. Detto abbiamo dell'una; ma ora ti dico dell'altra, la quale io ti pregoche noi riprendiamo in noi; se alcuna volta il dimonio, o il nostro pessimo parere ci molestasse, di voler mandare o vedere andare tutti i servi di Dio per quella via che andiamo noi. Perocchè spesse volte addiviene, che vedendosi andare per la via della molta penitenzia, tutti li vorrebbe mandare per quella medesima via; e se vede che non vi vada, ne piglia dispiacimento e scandalo in sè medesimo, parendogli che non faccia bene; e alcuna volta addiverrà che farà meglio colui e più virtuoso sarà, poniamochè non facci tanta penitenzia quanta quello che mormora.

Perocchè la perfezione non sta in macerare e uccidere il corpo, ma in uccidere la propria e perversa volontà. E per questa via della volontà annegata, sottoposta alla dolce volontà di Dio, dobbiamo desiderare che tutti vadano. Buona è la penitenzia e il macerare del corpo; ma non mel ponere per regola a ognuno: perocchè tutti i corpi non sono agguagliati; e anco, perchè spesse volte addiviene che la penitenzia che si comincia, per molti accidenti che possono addivenire, si conviene lassare. Se il fondamento dunque o in noi o in altrui facessimo o facessimo fare sopra la penitenzia; verrebbe meno e sarebbe si imperfetto, che mancherebbe la consolazione e la virtù nell'anima, perchè sarebbe privato di quella cosa ch'egli amava, e dove egli aveva fatto il suo principio; e parrebbegli essere privato di Dio; e parendogli essere privato di Dio, verrebbe a tedio e a grandissima tristizia e amaritudine, e nella amaritudine perderebbe l'esercizio e la fervente orazione la quale soleva fare. Sicchè vedi quanto male ne seguiterebbe per fare solo il suo principio nella sua penitenzia; perocchè noi saremmo ignoranti, e caderemmo nella mormorazione, e verremmone a tedio e a molta amaritudine, e studieremmo di dare solo operazione finita a Dio, che è Bene infinito, il quale ci richiede infinito desiderio.

Convienci dunque fare il fondamento in uccidere e in annegare la propria e perversa volontà; e con essa volontà sottoposta alla volontà di Dio, daremo dolce e affamato e infinito desiderio in onore di Dio e salute dell'anime. E così ci pasceremo alla mensa del santo desiderio detto, il quale desiderio non è mai scandalizzato nè in sè nè nel prossimo suo, ma d'ogni cosa gode e trae il frutto. Dolgomi io miserabile, che non seguitai mai questa vera dottrina; anco, ho fatto il contrario, e pero mi sento d'essere caduta spesse volte in dispiacere e in giudizio del prossimo. Onde ti prego per amor di Cristo crocifisso che in questa e in ogni altra mia infirmità ponga rimedio; sicchè io e tu cominciamo oggi ad andare per la via della verità, alluminate in fare il vero fondamento nel desiderio santo, e non fidarci de' nostri pareri e vederi; perocchè leggermente non escissemo di noi e giudicassimo i difetti del nostro prossimo, se non per compassione e reprensione generale.

Questo faremo, notricandoci alla mensa del santo desiderio: in altro modo non potremo. Perocchè del desiderio abbiamo il lume, e il lume ci dà desiderio, e l'uno notrica l'altro. E però dissi ch'io desideravo di vederti con vero lume. Altro non dico. Permani nella santa e dolce dilezione di Dio. Gesù dolce, Gesù amore.


Caterina63
00venerdì 22 aprile 2016 11:53



LXVI  (66) - A fra Guglielmo d'Inghilterra, baccelliere che sta a Lecceto dell'ordine di Santo Agostino

Al nome di Gesù Cristo crocifisso e di Maria dolce.

A voi, dilettissimo e carissimo padre e figliuolo in Cristo Gesù, la vostra indegna miserabile figliuola Catarina vi si raccomanda nel prezioso sangue del Figliuolo di Dio; con desiderio che a noi sia detta quella parola che disse Dio ad Abram, cioè: «esci dalla casa e dalla terra tua». E Abram obbediente non fece resistenzia al comandamento di Dio, che disse: «sèguitami»; e egli il seguitò. Oh quanto sarà beata l'anima nostra, quando udiremo quella dolce parola, che noi ci partiamo da questa nostra terra del misero miserabile corpo. In due modi si debbe levare l'uomo e seguitare la prima Verità che 'l chiama. Il primo è, che noi traiamo l'affetto dalla casa diquesta nostra passione sensitiva terrena e amore proprio di noi medesimi, e dalla terra nostra, cioè, che l'affetto silevi da ogni amore terreno, e seguitiamo l'Agnello svenato in sul legno della santissima croce. Il quale Agnello c'invita e ci chiama a seguitarlo per vie d'obbrobri, pene, rimproverii, i quali all'anima che 'l gusta sono di grandissima dolcezza e soavità. A questo affetto ci ha tratti Dio per la sua infinita bontà e misericordia. Or chevoce aspetta ora l'anima poichè ella ha udita la prima voce, e ha risposto abbandonando il vizio, e seguitando le virtù, le quali fa gustare Dio per grazia in questa vita!Sapete, Padre, quale voce aspetta? quella dolce parola della Cantica, cioè: «Vieni, diletta Sposa mia». E drittamente s'adempie la parola tra l'anima e il corpo, che disse Cristo a' discepoli suoi, dicendo: «Lassate i parvoli venire a me, perocchè di costoro è il reame del cielo». Questo modo tiene Dio co' servi suoi, quando li trae di questa miserabile vita, e menali al luogo di riposo, comandando e dicendo a questa nostra carne che è stata serva e discepola dell'anima: «lassa quest'anima venire ame, perocchè di costei è il reame di vita eterna».

Oh inestimabile, dolcissima e ardentissima carità! Tu dici nè più nè meno, come se l'anima t'avesse servito per sè medesima; conciossiacosachè ogni servizio fatto a te, tu ne se' l'operatore e il donatore. Perocchè tu se' colui che se'; e senza te, noi non siamo. Cosi diceva l'Apostolo. Noi non possiamo bene pensare, se non ci fusse dato di sopra. Adunque per grazia ci dai, e non per debito: e questo fa il tuo smisurato amore, che il tuo medesimo vuoi remunerare a noi. E però l'anima quando ragguarda tanto fuoco d'amore, s'innebria per sì fatto modo che perde sè medesima; e ciò che vede e sente, vede nel suo creatore.

Or questa dunque è la voce dalla quale desidera l'anima che noi siamo chiamati. Ma non parrebbe, Padre, che io fussi molto contenta, se innanzi a questa io non udissi un'altra, cioè la voce desiderata da tutti i servi di Dio, cioè che noi udiamo: «Uscite, figliuoli, dalle terre edalle case vostre: seguitatemi, e venite a far sacrifizio delcorpo vostro». Onde, quando io considero, Padre, che Dio ci facesse grazia d'udirla e di vederci dare la vita perlo smisurato amore dell'Agnello, pare che l'anima a mano a mano, pur del pensiero, si voglia partire dal corpo. Or corriamo dunque, figliuoli e fratelli miei in Cristo Gesù, e distendiamo i dolci e amorosi desiderii, costringendo e pregando la divina bontà, che tosto ce ne faccia degni. E qui non ci conviene commettere negligenzia, ma grande sollicitudine, e voi sempre sollicitando e altrui. Il tempo pare che s'abbrevi, trovando molta disposizione nelle creature. E però sappiate, che quello Frate Jacomo, che noi mandammno al giudice d'Arborea con una lettera dove si conteneva di questo passaggio; egli m'ha risposto graziosamente che vuole venire con la sua persona, e fornire per dieci anni due galee e mille cavalieri e tremila pedoni e seicento balestrieri. Sappiate ancora che Genova è tutta commossa, a questo medesimo proferendo l'avere e le persone. E sappiate che di questo e dell'altre cose Dio adopera l'onore suo.

Altro non dico, se non che io vi prego e vi raccomando questo giovine, che ha nome Matteo Forestani, che 'l facciate spacciare al più tosto che potete, sicchè sia ricevuto alla santa Religione. Studiatevi quanto potete, che egli venga alle vere e reali virtù, singolarmente di mortificare in lui il parere del mondo e la volontà sua. Emmi paruto il meglio, che egli non sia andato in altro viaggio;perocchè poteva essere più tosto svagolamento della mente sua, che altro. Dissemi frate Nofrio come frate Stefano stava male; e voi ancora avevate sentito, e temevate di non avere chi vi scrivesse. Non temete, ma confidatevi; che quando Dio tolle l'uno, provvede dell'altro. Confortate e benedicete frate Antonio cento migliaia di volte in Cristo Gesù. Permanete nella santa e dolce dilezione di Dio. Gesù dolce, Gesù amore.





LXVII - Al convento de' monaci di Passignano di Vall'Ombrosa

Al nome di Gesù Cristo crocifisso e di Maria dolce.

Carissimi fratelli e figliuoli in Cristo dolce Gesù. Io Catarina, schiava e serva de' servi di Gesù Cristo, scrivo a voi nel prezioso sangue suo; con desiderio di vedervi fiori odoriferi piantati nel giardino della santa religione,e non fiori puzzolenti. Sappiate, figliuoli carissimi, che ilreligioso che non vive secondo la santa religione, con costumi religiosi, ma lascivamente e con appetito disordinato, con impazienzia, portando impazientemente le fadighe dell'Ordine, o con disordinata allegrezza nei diletti e piaceri del mondo, con superbia e vanità (della quale superbia e vanità nasce la disonestà e di mente e di corpo), o con desiderare l'onore e lo stato e le ricchezze del mondo (le quali sono la morte dell'anima, vergogna e confusione de' religiosi); questo cotale è fiore puzzolente, e gitta puzzo a Dio e agli Angeli, e nel cospetto degli uomini. Costui è degno di confusione: egli conduce sè medesimo in morte eternale. Desiderando le ricchezze, impoverisce; volendo onore, si vitupera; volendo diletto sensitivo e amare sè senza Dio, egli s'odia; volendosi saziare di diletti e piaceri del mondo, egli rimane affamato, e di fame si muore. Perocchè tutte le cose create, e' diletti e piaceri del mondo non possono saziare l'anima; però che queste cose create sono fatte per la creatura ragionevole, e la creatura è fatta per Dio; sicchè le cose create sensibili non possono saziare l'uomo, perocchè sono minori dell'uomo; ma solo Dio è colui che è Creatore e Fattore di tutte le cose create, e colui che può saziare. Sicchè vedete bene, ch'e' si muore di fame.

Ma non fanno così i fiori odoriferi, ciò sono i veri religiosi, osservatori dell'ordine, e non trapassatori; perocchè innanzi eleggono la morte, che trapassarlo mai. Spezialmente nel voto che fa nella professione, quando promette obedienza, povertà volontaria e continenzia di mente e di corpo. Dico, che i veri religiosi, i quali voi, figliuoli, dovete essere, e che osservano l'Ordine suo, gimmai non vogliono trapassare l'obedienza dell'Ordine e del prelato; ma sempre vogliono obbedire: e non investigano la volontà di chi la comanda; ma semplicemente obbediscono. E questa è il vero segno della vera umiltà; perocchè l'umiltà è sempre obbediente, e l'obbediente è sempre umile. L'obbediente è sempre umile, perchè ha tolto da sè la perversa volontà, la quale fa l'uomo superbo: l'umile è obbediente, perchè per amore ha rinunziato alla propria volontà, e annegatala, e tolto il giogo suosopra di sè; cioè, che la rebellione della parte sensitiva che vuole ribellare al suo creatore, col giogo della sua volontà, e' rompe: cioè, che volontariamente ha sottomesso sè alla volontà di Dio, e al giogo della santa obedienza.

Sicchè lo umile ha spregiata la ricchezza, onde la propria volontà trae la superbia; e appetisce la vera e santa povertà. Perocchè vede che la povertà volontaria del mondo arrichisce l'anima, e tràlla dalla servitudine; fàllo benigno e mansueto, e tollegli la vana fede della speranza delle cose transitorie, e dàgli fede viva e speranza vera. Spera nel suo Creatore per Cristo crocifisso e non per sè: porta ogni cosa. Vede bene, ch'egli è maledetto colui che si confida nell'uomo; e però pone la sua speranza e fede in Dio e nelle vere e reali virtù. Perocchè la virtù è ricchezza dell'anime, onore, gaudio, riposo e perfetta consolazione. E però cerca il vero religioso di fornire la casa dell'anima sua; e giusta il suo potere spregia ciò ch'è contrario alla virtù, ed ama tutto quello che ve'i fa venire. E però è tanto amatore delle pene, delle ingiurie, scherni e villanie; perocchè vede bene che questa è quella cosa che prova l'uomo, e fàllo venire a virtù. Così dunque vedete che per amore della vera ricchezza spregia la vana ricchezza, e cerca povertà, e fassela sposaper amore di Cristo crocifisso, che tutta la vita sua non fu altro che povertà. Nascendo, vivendo e morendo, non ebbe luogo dove riposare il capo suo. Conciosiacosa che fusse Dio, somma ed eterna ricchezza; nondimeno, come regola nostra, elesse ed amò la povertà, per insegnare a noi ignoranti miserabili.

A mano a mano sèguita l'altro della vera continenzia perocchè colui ch'è umile e obbediente, e ha spregiato la ricchezza e il mondo con tutte le delizie sue, è fatto amatore della povertà e della viltà, e dilettasi della conversazione della cella, edella santa orazione; è fatto subito continente: chè, non tanto che egli s'involla nel loto della carnalità attualmente, ma il pensiero gli verrà a tedio e correggerà sè medesimo; e fugge tutte le cagioni e le vie le quali gli potessero tollere la ricchezza della continenzia e della purità delcuore, e strigne e ama quello che gli conserva. E perocchè vede che la conversazione de' cattivi e dissoluti gli èmolto nociva, e la conversazione e amistà delle femmine; però le fugge come serpenti velenosi.

Piglia, e studiasi di pigliare, la conversazione della santissima croce; e con tutti quelli servi di Dio che sono amatori di Cristo crocifisso. Della vigilia e della orazione non se ne sazia nè stanca mai, perocchè vede ch'ell'è quella madre che ci dona il latte della divina dolcezza, e notrica al petto suo i figliuoli della virtù: e per tanto sene diletta. Ella fa unire l'anima con Dio, ella l'adorna dipurità; e donagli perfetta sapienza di vero cognoscimento di sè, e della bontà di Dio in sè. E brevemente, carissimi figliuoli, tutti i tesori e i diletti che può avere un'anima in questa vita, truova nella santissima orazione. Or questi cotali sono fiori odoriferi, che gittano odore nelcospetto di Dio, nella natura angelica, e dinanzi agli uomini. E però io vi prego per amore di Cristo crocifisso, che se per infino al dì d'oggi fuste stati il contrario, chevoi vi poniate fine e termine. Fate ragione d'essere novizi, che testè di nuovo con grande reverenza entraste a operare la santa religione.
Poichè Dio v'ha fatto degni d'essere nello stato angelico, non vogliate ponervi a stato umano: perocchè nello stato umano stanno i secolari, che sono chiamati allo stato comune; ma voi siete nello stato perfetto. E non essendo perfetti, non sareste in stato umano, ma peggio che in stato d'animali bruti. Orsù, figliuoli, bagnatevi nel sangue di Cristo crocifisso, il quale fortificherà l'anima, e torravvi ogni debilezza. Conversate in cella; dilettatevi del coro; siate obbedienti; e fuggite la conversazione: studiate all'orazione e allavigilia. Altro non dico. Permanete nella santa e dolce dilezione di Dio. Gesù dolce, Gesù amore.



LXVIII - A madonna Benedetta, donna che fu di misser Bocchino de' Belforti da Volterra, essendo essa in Firenze

Al nome di Gesù Cristo crocifisso e di Maria dolce.

A voi dilettissima e carissima madre e suoro in Cristo Gesù, io Catarina, serva e schiava de' servi di Gesù Cristo, scrivo, e confortovi nel prezioso sangue suo; con desiderio di vedervi vestita dell'Uomo nuovo, e spogliata dell'Uomo vecchio; cioè della pazienzia dell'uomo nuovo Cristo crocifisso, sapendo che senza la pazienzia non possiamo piacere a Dio. E però io v'invito carissimamente a questa pazienzia: perocchè colui che è impaziente, è vestito dell'Uomo vecchio, cioè del peccato; e ha perduta la libertà, e non possiede la città dell'anima sua, però che si lassa signoreggiare all'ira. Ma non è cosicolui che è paziente, però che possiede sè medesimo Così disse il nostro Cristo Salvatore: «Nella pazienzia vostra possederete l'anime vostre».

Oh pazienzia dolce, piena di letizia e di gaudio! Però che quando ella procede da carità, cioè portando per Dio ogni tribulazione, o per morte, o per vita, o per qualunque modo Dio la conceda, dico, che sotto questo giogo della pazienzia, acquistata colla soavità dolce della volontà di Dio, ogni amaritudine diventa dolce, e ogni gran peso diventa leggero. Di questo, dunque, santo e dolce vestimento si veste l'anima, quando ella si veste della volontà di Dio, il quale non vuole altro che la nostra santificazione; e ciò che dà e permette a noi, ci si dàper nostro bene, e perchè siamo santificati in lui. Non vi paia dunque malagevole, carissima madre e suoro in Cristo Gesù: però che il medico della vita durabile è venuto nel mondo per sanare le nostre infirmitadi. E veramente egli fa come vero medico, dandoci la medicina amara, e traendoci sangue per conservare la sanità. E ogni cosa sapete che porta lo infermo per lo rispetto che ha alla sanità. Oimè, perchè facciamo peggio al medico celestiale, che al medico terreno, però che non vuole la morte del peccatore, ma vuole che si converta e viva? Allora, dolcissima madre, ci dà il dolce Dio l'amaritudine alla sensualità, ma none alla ragione; trae il sangue quando ritrae a sè, privandoci de' figliuoli, di sanità, o diprosperità, o di qualunque altra cosa sia.

Confortatevi dunque, poichè non l'ha fatto per darvi morte, anco per darvi vita, e per conservarvi la sanità. E però io vi prego per l'amore di quello dolcissimo e abbondantissimo sangue, il quale fu sparto per la nostra redenzione, acciò che la volontà di Dio sia piena in voi, e acciò che queste amaritudini tutte tornino in vostra santificazione: sì, come vuole la volontà di Dio, voi in verità vi vestiate della virtù della pazienzia, come detto è.

E non voglio che pensiate nel vostro figliuolo che v'è rimaso come cosa vostra, però che non è vostra (anco saremmo ladri); ma come cosa prestata usare a vostra necessità. Sapete bene, che egli è così; però che se fusse vostra, noi la potremmo tenere, e usare secondo la nostra volontà; ma perchè è prestata, conviencela rendere secondo il piacere del dolce Maestro della verità, il quale èdonatore e facitore di tutte quante cose che sono. O inestimabile dilezione di carità, quanta è la pazienzia tua, che tu hai inverso gl'indurati e ignoranti cuori, che vogliono possedere quello che è tuo per loro; e lagnarsi di quello che tu hai fatto per loro bene! Non facciamo così per l'amore di Dio; ma portiamo con pazienzia la disciplina sua.

E se mi diceste: «io non posso accordare questa sensualità»; dico che voglio che la ragione vinca. E piglia trecose. L'una si è la brevità del tempo; e l'altra è la volontàdi Dio ch'e' gli ha tratti a sè, secondo che mi mandaste dicendo. Della quale cosa, quando l'udii, mi rallegrai della loro salute, ed ebbivi un poco di compassione; poniamo che io mi rallegrassi del frutto che avete della tribulazione. La terza cosa si è il danno che seguiterebbe della impazienzia. Confortatevi dunque: perocchè il tempo è breve, e la fadiga è poca, e 'l frutto è grande. Altro non dico. La pace di Dio sia con voi. Permanete nella santa e dolce dilezione di Dio.Gesù dolce, Gesù amore.

Caterina, serva inutile, vi si raccomanda.





LXIX - A Sano di Maco in Siena

Al nome di Gesù Cristo crocifisso e di Maria dolce.

Dilettissimo e carissimo fratello in Cristo dolce Gesù. Io Catarina, serva e schiava de' servi di Gesù Cristo, scrivo a voi nel prezioso sangue suo; con desiderio di vedere in voi quella virtù della santa fede e perseveranzia, che fu nella Cananea; però ch'ella l'ebbe tanto forte, che ella meritò che 'l dimonio fosse cacciato da dosso della figliuola sua. E più ancora, che, volendo Dio manifestare quanto gli piaceva la fede sua, volle rimettere l'autorità in lei, dicendo: «Sia fatto alla figliuola tua siccometu vuoi». O gloriosa e eccellentissima virtù, tu se' colei che manifesti il fuoco della divina Carità, quand'è nell'anima: però che l'uomo non ha mai fede nè speranza se non in quello ch'egli ama. Di queste virtù l'una tiene dietro l'altra; però che amore non è senza fede, nè fede senza speranza.

Queste sono tre colonne che mantengono la ròcca dell'anima nostra sì e per siffatto modo che neuno vento di tentazione, nè parole ingiuriose, nè lunsighe di creature, nè amore terreno, nè di sposa, nè di figliuoli, il può dare a terra: ma in tutte questecose sarà fortificato da queste vere colonne. Allora faremo come questa Cananea: che, vedendo passare Cristo per l'anima nostra; per santo e vero desiderio vollerenci a lui con vera contrizione e dispiacimento del peccato, e diremo: «Signore, libera la figliuola mia, cioè l'anima mia; però che il dimonio la molesta con le molte tentazioni e disordinati pensieri». E se noi persevereremo, e terremo ferma la volontà, che non consenta nè s'inchini a veruna cosa amare fuori di Dio, umiliandoci e reputandoci indegni della pace e della quiete; e con fede aspetteremo, e con pazienzia, e speranza per Cristo crocifisso di portare ogni cosa, diremo con santo Paolo: «Ogni cosa posso, non per me, ma per Cristo crocifisso ch'è in me, che mi conforta».

E allora udiremo quella dolce voce: «Sia sanata la figliuola tua, cioè l'anima tua,secondo che tu vuoli». Qui manifesta la smisurata bontà di Dio il tesoro che egli ha dato nell'anima, del proprio elibero arbitrio che nè dimonio nè creatura il può costringere a uno peccato mortale, se egli non vuole. O carissimo figliuolo in Cristo Gesù, ragguardate con fede e vera perseveranza; che, insino alla morte queste parole sono dette a noi. Sappiate, che come l'uomo è creato da Dio, gli sono dette queste parole: «Sia fatto come tu vuoli». Cioè: «Ti fo libero, che tu non sia soggetto a veruna cosa, se non a me». Oh inestimabile e dolcissimo fuoco d'amore, tu mostri e manifesti la eccellenzia della creatura: chè ogni cosa hai creata perchè serva alla tua creatura ragionevole, e la creatura hai fatta perchè serva te. Ma noi miseri e miserabili andiamo ad amare il mondo colle pompe e diletti suoi; per lo quale amore l'anima perde la signoria, e è fatta serva e schiava del peccato. Onde questo tale ha preso per signore il dimonio. Oh quanto è pericolosa la signoria sua! Perocchè sempre cerca e tratta la morte dell'uomo. Onde non mi pare che sia da servire siffatto signore: ma voglio che noi siamo diquelle anime innamorate di Dio; ragguardando sempre, noi essere schiavi ricomperati del sangue dell'Agnello.

Lo schiavo non si può vendere, nè ad altro signore servire. Noi siamo comperati non d'oro nè di dolcezza d'amore solo, ma di sangue. Scoppino i cuori e le anime nostre d'amore, levinsi con sollecitudine a servire e temere il dolce e buono Gesù, ragguardando che egli ci ha tratti di prigione e della servitudine del dimonio che ci possedeva come suoi; e egli entrò in ricolta e pagatore, e stracciò la carta della obbligazione. E quando entrò in ricolta? Quando si fece servo, prendendo la nostra umanità. Oimè, non bastava a noi se non avesse pagato il debito fatto per noi? e quando si pagò? In sul legno della santissima croce, dando la vita per renderci la vita della Grazia, la quale noi perdemmo. Oh inestimabile dolcissima Carità, tu hai rotta la carta ch'era fra l'uomo e 'l dimonio, stracciandola in sul legno della santissima croce. La carta non è fatta d'altro che d'Agnello: e questo è quello Agnello immacolato, il quale ci ha scritto in sè medesimo; ma stracciò questa carta. Confortinsi adunque l'anime nostre, poichè siamo scritti, e la carta è rotta, che non ci può più addimandare l'avversario e contrario nostro. Or corriamo, figliuolo dolcissimo, con santo e vero desiderio, abbracciando le virtù colla memoria del dolce Agnello svenato con tanto ardentissimo amore. Non dico più.

Sappiate che in questa vita noi non possiamo avere altro che delle molliche che caggiono della mensa, siccome questa Cananea dimanda. Le molliche sono la Grazia che riceviamo; e caggiono dalla mensa del Signore. Ma quando noi saremo nella vita durabile, dove noi gusteremo Dio e vedrenlo a faccia a faccia; allora averemo delle vivande della mensa. Adunque non schifate mai labore. Io vi manderò delle mollicole e delle vivande, come a figliuolo. E voi combattete virilmente. Permanete nella santa e dolce dilezione di Dio. Gesù dolce, Gesù amore.





LXX   (70) - A frate Bartolomeo Dominici dell'ordine de' predicatori, quando era baccelliere a Pisa

Al nome di Gesù Cristo crocifisso e di Maria dolce.

A voi, dilettissimo e carissimo fratello, e padre per riverenzia di quello dolcissimo sacramento. Io Alessa e Catarina, e Catarina serva inutile di Gesù Cristo si raccomandano; con desiderio di vedervi unito e trasformato nell'unico desiderio di Dio. O fuoco ardentissimo che sempre ardi, direttamente tu se' uno fuoco. Così parve che dicesse la bocca della Verità: «Io son fuoco, e voi le faville». Dice che 'l fuoco vuole sempre tornare nel suo principio, e però sempre ritorna in su. O inestimabile dilezione di carità, che benedici vero che bene siamo faville. E però vuole che siamo umiliate: e siccome la favilla riceve l'essere dal fuoco, cosi noi riceviamo l'essere dal primo nostro principio. E però disse egli: «Io son fuoco, e tu favilla». Dunque l'anima tua non si levi in superbia. E fa che tu faccia come la favilla, che prima va insue, poi torna in giù. Perocchè il primo movimento del santo desiderio nostro dee essere nel cognoscimento di Dio, e nell'onore suo; e poichè siamo saliti, discendiamo a cognoscere la miseria e la negligenzia nostra. O addormentati, destatevi. E così saremo umiliati, trovandoci nell'abisso della sua carità. O madre dolce di carità, che non è veruna mente tanto dura nè tanto addormentata, che non si dovesse destare e risolvere a tanto fuoco di carità.

Dilatate, dilatate l'anima vostra a ricevere il prossimo per amore e per desiderio. Ma non veggo che potiamo avere questo desiderio se l'occhio non si volle, come aquila, verso il legno della vita. O dolcissimo amore Gesù che dicesti: «Vuoi tu essere animato all'onore di me, e alla salute delle creature; e essere forte a sostenere ognitribolazione con pazienzia? Or ragguarda me, Agnello svenato in croce per te; come, tutto, perso sangue da capo a' piei, e non è udito il grido mio per mormorazione. Non ragguardo la tua ignoranzia, nè la tua ingratitudine mi ritrae, che, come pazzo e trasformato per fame che io ho di te, io non adoperi la tua salute.

Or, carissimi e dolcissimi fratelli, levianci, levianci ditanta negligenzia, e corriamo con sollicitudine per la via della verità; ma corriamo con sollecitudine e morti; e non ci ritragga la ingratitudine delle creature. Seminate, seminate la arola di Dio; rendete i talenti commessi a voi. E non tanto che Dio n'abbi commesso uno talento, ma Egli ve n'ha commessi dieci a voi e al prossimo vostro, i quali sono i dieci comandamenti, che sono la vita dell'anima vostra. Adunque siate sollecito d'esercitarli.

Ricordovi di quella santa abitazione della cella dell'anima e del corpo. E così dite a Frate Tommaso e agli altri nostri fratelli. Pregovi che siate solliciti: il tempo è breve, il camino è lungo. Io son misera miserabile, perocchè sono tanto moltiplicati i miei peccati, che mai, poichè voi andaste non fui degna di ricevere il dolcissimo e venerabile sacramento. Questo vi dico perchè voi m'aitiate a piagnere, e preghiate che mi sia aitato, acciocchè io riceva la plenitudine della grazia. Perdonate, Padre, alla mia ignoranzia, e raccomandatemi alla vostra santissima Messa, e io riceverò il corpo dolce del Figliuolo di Dio spiritualmente da voi.

Io Alessa vi prego che preghiate quello dolcissimo Agnello, che mi faccia insieme con voi vivere e trasformare nell'amore di Dio e nel cognoscimento di me. Raccomandomi cento cento migliaia di volte.

Maravigliomi, come voi non ci avete mandato novelle di voi, conciosiacosachè io ve ne pregassi. Secondo che io ho inteso, parmi che vi sia la mortalità. Raccomandatemi a frate Tomaso; e se v'è la mortalità, e' pare a frateTomaso che voi ne veniate ambedue. Altro non dico. Raccomandovi il vostro frate Tomaso, e gli altri vostri fratelli e suore e figliuole.

Pregovi che voi mandiate una lettera a mona Gemmina perocchè voi sete degno di riprensione, però che vi partiste e non le faceste motto. Laudato sia Gesù Cristo crocifisso. Amatevi, amatevi insieme.




LXXI   (71) - A monna Bartolomea d'Andrea Mei da Siena

Al nome di Gesù Cristo crocifisso e di Maria dolce.

Carissima madre e figliuola in Cristo dolce Gesù. Io Catarina, serva e schiava di Gesù Cristo, scrivo a voi nel prezioso sangue suo; con desiderio di vedervi fondata in vera e reale virtù: perocchè senza il mezzo della virtù non potremo piacere al nostro Creatore. Però che Dio sempre ha voluta dare la vita della grazia col mezzo. Sapete bene che essendo caduto il primo uomo Adam per la disobedienzia nella colpa, colla quale colpa seguitò la morte eternale; e volendone restituire a grazia, e dargli vita eterna; egli il fece col mezzo dell'unigenito suo Figliuolo, imponendogli, che con la obedienzia uccidesse la disobedienzia nostra, e col mezzo della morte sua ci rendesse la vita, e consumasse e distruggesse lanostra morte. E veramente cosi fu: che facendo egli uno torniello in sul legno della croce, questo dolce e innamorato Verbo, egli giocòne alle braccia con la morte, e con la morte vinse la morte, e la morte uccise la vita: cioè che lamorte della colpa nostra uccise il Figliuolo di Dio in sul legno della santissima croce: sicchè con la morte sua ci tolse la morte, e rendette perfetta vita.
Dunque la Vita è rimasta donna, ha sconfitto il demonio infernale, che teneva e possedeva la signoria dell'uomo, del quale non debbe essere signore altri che solo Dio, Signore eterno. Da questo veniamo noi alla prima morte, e perdiamo la vita, quale abbiamo col mezzo del sangue di Cristo; cioè, quando l'anima piglia a servire la propria sensualità con disordinati desiderii o di stato o ricchezza o di figliuoli od'altra creatura, o in qualunque modo si sia, che non sia ordinato e fondato in Dio.

Eziandio alcuna volta l'anima spiritualmente diventerà serva e schiava della propria volontà sotto colore di spirito, e per più avere Dio; cioè quando noi desideriamo consolazione o tribolazione, o tentazione del dimonio, o tempo o luogo a nostro modo; dicendo alcuna volta: «in altro modo vorrei avere la tribolazione, però che in questo mi pare perdere Dio. Questa porterei io pazientemente; ma quella non posso. Se io non offendessi Dio, io la vorrei: ma perchè me ne pare offendere Dio, però me ne doglio». Carissima madre, se aprite l'occhio dell'intelletto, vederete che questa è la propria volontà sensitiva, ammantellata col mantello spirituale: però che se fusse savio, non sarebbe così; ma con fede viva crederebbe che Dio non gli permette più ch'el possa portare, nè senza la necessità della salute sua; perchè egli è lo Dio nostro che non vuole altro che la nostra santificazione.

E cosi facciamo spesse volte delle proprie consolazioni della mente. Perocchè non sentendole quando vuole nè in quelli luoghi che desidera, ma piuttosto sente battaglie e molestie, e la mente sterile e asciutta; ne viene inpena in amaritudine e in afflizione e in tedio grandissimo. E spesse volte per inganni del demonio gli fa vedere che quello che ella dice allora e sa, non sia, piacevole e accetto a Dio, quasi gli dica: «poichè non gli piace, perchè tu sei così cattiva, lassa stare ora; e un'altra volta forse ti sentirai meglio, e potrai fare la tua orazione». Questo fa il demonio, perchè noi perdiamo lo esercizio corporale e mentale della santa orazione attuale, vocale e mentale. Perocchè, avendo noi perduta l'arme con che il servo di Dio si difende da' colpi del demonio, della carne e del mondo; arebbe da noi ciò che volesse: e arrenderebbe allora la città dell'anima a lui, ed entrerebbevi come signore. E non potria essere altrimenti, avendo perduta l'arme e la forza dell'orazione; la quale orazione ci dà l'arme della vera umilità e dell'ardentissima carità. Perocchè l'orazione santa ci fa cognoscere perfettamente noi medesimi e la propria fragilità, e l'infinita carità e bontà di Dio. E meglio si cognosce l'uno e l'altro nel tempo delle battaglie della mente asciutta; e tranne più perfetta umiltà e sollecitudine.

Onde se ella è prudente, che non serva alla propria volontà sotto colore di consolazione e non creda a demonio, ma virilmente e con odio santo di sè perseveri nell'orazione, in qualunque modo Dio le lo dà, o con sentimento della dolcezza o con sentimento dell'amaritudine; ella guadagna più per lo modo detto nell'amaritudine e nelle pene (per qualunque modo Dio il concede), che nella dolcezza. Perocchè nel bisogno ne va con tutta umiltà, e con vera sollicitudine corre al suo benefattore, cognoscendo che per sè non può alcuna cosa; ma solo Dio è quello in cui si spera, che può e vuole vernirla ad aitare.

Dunque per farci venire a vera virtù (perocchè senza questo mezzo non verremmo alla virtù provata, ma potrebbe bene essere conceputa per desiderio) si conviene sostenere con vera e reale pazienzia le tribolazioni della mente, cioè quelle che ci dissero le creature per infamie o per altri scandali che ci fussero date. E così veniamo a virtù; perocchè questi sono quelli mezzi che ci fanno parturire la virtù, perchè è provata nelle fadighe, siccome l'oro si pruova nel fuoco. Perchè, se nelle fadighe non avesse fatto vera pruova di pazienzia, anco la schivasse per lo modo detto di sopra o per alcuna altra cosa che avvenisse, sarebbe manifesto segno che non servirebbe al suo Creatore, e non si lasserebbe signoreggiare a lui, ricevendo umilmente e con amore quello che 'l suo Signore gli dà; e non mostrerebbe segno di fede, cioè che credesse d'essere amato dal Signore. Perocchè se egli il credesse in verità, di neuna cosa si potrebbe mai scandalizzare; ma tanto gli peserebbe e arebbe in riverenzia la mano dell'avversità, quanto quella della prosperità e consolazione; perchè ogni cosa vederebbe fatta con amore.

Ma però nol vede, perchè dimostra ch'el sia fatto servo della propria sensualità e volontà spirituale, da qualunque lato venga, come è detto di sopra, e hassela fatta suo signore; e però si lassa signoreggiare a loro.Convienei adunque, perchè questa servitù ci dà morte (cioè la servitù del mondo e la servitù della propria volontà spirituale detta), fuggirla; perocchè c'impedisce la perfezione, di non essere servi liberi a Dio, ma facci volergli più tosto servire a nostro modo che a suo; la qual cosa è sconvenevole, e fa il servizio mercenaio. Dico adunque (poichè tanto male ne sèguita, e Dio vuole fare ogni cosa col mezzo) che noi seguitiamo questa via e dottrina sua che ci ha data.

Noi vediamo bene che per noi medesimi non fummo creati, ma egli medesimo ci fece, mezzo la sua carità; però che per puro suo amore ci creò alla similitudine e imagine sua, perchè noi partecipassimo e godessimo della eterna sua visione. Ma noi la perdemmo per la colpa e per lo amore pro-rio del primo nostro padre. Onde per rendere all'uomo quello che lui aveva perduto, ci donò il mezzo del suo Figliuolo, il quale fece come tramezzatore a pacificare l'uomo con Dio, e esso tramezzatore ricevette le percosse. Perocchè in altromodo questa pace non si poteva fare: sì grande era stata la guerra. Però che era offeso Dio infinito; e l'uomo finito che aveva fatta l'offesa, per niuna sua pena che avesse sostenuto, non poteva satisfare all'infinito e dolce Dio.
E però ilfuoco dell'abisso della sua carità trovò il modo per fare questa pace; e perchè alla giustizia fosse satisfatto, unì sèmedesimo, cioè la deità eterna, natura divina, con la nostra natura umana; ed unito Dio infinito con la natura dell'uomo finita, fu sufficiente Cristo Uomo, sostenendo le pene in sul legno della santissima croce, a satisfare alPadre suo e placare l'ira che veniva sopra dell'uomo. E gettando uno colpo questo dolce Verbo in sul legno della croce, cioè facendo insieme misericordia all'uomo, ha in questo modo contentata la misericordia e ha donata la grazia a noi che l'avevamo perduta, ed è contentata la giustizia che voleva che della colpa si facesse vendetta; ed egli l'ha fatta sopra il corpo suo in quella medesima natura che l'aveva offeso: però che la carne di Cristo fu della massa di Adam.

Ma, noi ingrati e sconoscenti, perdiamo spesse volte per li peccati nostri la Grazia, ed entriamo in guerra con Dio: e alcuna volta è guerra mortale, e alcuna volta sdegno d'amico. La guerra mortale è quando l'anima giace nella morte del peccato mortale, facendosi Dio del mondo, della carne e delli miserabili diletti. Onde questi hanno perduto la via in tutto. é ben vero che con la confessione e con il mezzo del sangue di Cristo la può ricuperare, mentre che vive. Sicchè dunque vedete che senza il mezzo non può vivere in grazia, nè giugnere alla vita durabile. Sdegno di amico è in quelli ed in quelle che servono a Dio privati del peccato mortale, e sono in grazia e vogliono essere veri servi di Dio; ma spesse volte per ignoranzia (la quale procede dalla propria volontà spirituale), la quale si ha fatta signore, che lo dilunga dalla verità, non che esca della verità, che caggia in peccato mortale, ma offende la perfezione alla quale in verità vorria venire, volendo eleggere il tempo e luogo, la consolazione e tribulazione e tentazione a suo modo.

Allora Iddio piglia sdegno coll'anima che gli è amica, perchè non gli pare che vada, nè va, con quella libertà schietta che debbe andare. Onde uno mezzo ci ha posto, e richiede che noi lo usiamo se vogliamo che sia levato lo sdegno e lo spiacere, e non ci sia impedito il nostro andare alla perfezione dolce: cioè che noi anneghiamo la propria volontà, sicchè non cerchi nè voglia altro che Cristo crocifisso, e tutto il suo diletto sia di riposarsi negli obbrobri di Cristo, parturendo le virtù, concepute per santo desiderio, nella carità del prossimo, con vera umiltà.

Onde dunque col mezzo di sostenere pene e fadighe secondo che Dio concede, e sterilità di mente, con vera e santa pazienza, saremo fondati in vera e reale virtù; e averemo forza e cognoscimento di grandi e non di fanciullo, che non vuole andare nè fare altro che a suo modo. Per altra via non veggo che possiamo passare. E però vi dissi che io desideravo di vedervi fondata in vera e reale virtù; e volendo che l'anima vostra sia unita in Dio per affetto di amore, dissi che non si poteva fare senza il mezzo della virtù, però che ogni cosa si vuole fare col mezzo come detto è. Son certa che per la infinita bontà di Dio adempirete la volontà sua e il desiderio mio. Altro non dico. Permanete nella santa e dolce dilezione di Dio. Gesù dolce, Gesù amore.



Caterina63
00venerdì 22 aprile 2016 11:59

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