LE RICCHEZZE INGIUSTE

Stella..
00martedì 16 agosto 2011 15:26

LE RICCHEZZE INGIUSTE

La parabola dell'economo infedele, contenuta in Luca 16:1-13, e soprattutto questo versetto: «Ed io vi dico: fatevi degli amici con le ricchezze ingiuste», costituiscono per i nemici di Cristo un bocconcino prelibato! Si può mai lodare, essi dicono, un impiegato disonesto che dona generosamente ad altri quel che non gli appartiene? Bisogna rubare agli uni per poter fare la carità agli altri?

Lo riconosciamo volentieri, la parabola dell'economo infedele non è di facile interpretazione; e la conclusione che Gesù le dà è tutt'altro che rassicurante. E tuttavia, quando si è imparato a conoscere e ad ascoltare il Signore, neppure per un istante si può dubitare che Gesù avesse in animo un insegnamento del genere di quello che taluni vorrebbero rimproverargli. La prima conclusione nostra è invece che il vero senso di quella parabola ci sfugge, e che la nostra comprensione delle cose spirituali è ancora molto, molto superficiale!

Ora, la soluzione della nostra difficoltà sta precisamente in questo termine: «le ricchezze ingiuste».

Che cosa sono dunque le ricchezze ingiuste?

La risposta del buon senso è questa: le ricchezze ingiuste sono quelle che, non essendo esse la risultante di un lavoro onesto, o di un risparmio, o di una legittima operazione finanziaria, sono state acquistate con metodi illeciti ed immorali.

Sembrerebbe che una simile spiegazione non sollevi dubbi di sorta. Invece, sotto un certo aspetto, la si può ritenere erronea. Non pensiamo forse, dal punto di vista dell'assoluto, che qualsiasi ricchezza possa, ed anzi debba essere considerata come parzialmente ingiusta? I miei beni hanno origine dal mio lavoro, è vero; per la comune morale umana, io posso starmene tranquillo e senza il minimo scrupolo godermi in pace l'approvazione della mia coscienza. Ne riceverò anche degli elogi... Tuttavia, a ben riguardare, è cosa giusta che la salute, l'intelligenza, l'istruzione e tutte le altre favorevoli circostanze ambientali in cui vivo, abbiano favorito proprio me, e non invece il mio prossimo, quel prossimo che, a pochi passi da casa mia, giace nella miseria? Non basta ancora. Supponiamo che i miei beni materiali siano dovuti al mio spiccato senso di economia (una virtù, certo, se il risparmio non diventa un eufemismo per nascondere... l'avarizia!): è mai cosa giusta che io abbia guadagnato tanto denaro da poterne mettere notevolmente da parte, e in tal modo arricchirmi, mentre dei milioni di uomini, in tutto il mondo, ricevono un salario che basta loro appena per non morir di fame? E questi interrogativi potrebbero proseguire per un pezzo.

Indubbiamente, occorre fare una separazione nettissima fra le ricchezze «oneste» e le ricchezze «disoneste». Ma con ciò non è senz'altro risolto il problema che ci siamo posti, se cioè sia davvero cosa giusta che io abbia potuto guadagnarmi da vivere e nel contempo accumulare dei beni, quando invece altri, numerosissimi altri, ne sono stati impediti. Ecco perché è necessario trovare altrove la soluzione al nostro interrogativo.

Ed ecco la soluzione. Quel che io possiedo, si tratti di poca cosa o di molto, costituisce in realtà un favore, un privilegio, che mi è stato concesso. Io non posso considerare quei beni come cosa interamente mia. Checché se ne possa dire, si tratta di una «ricchezza ingiusta», di un bene che porta ingiustificatamente il mio nome. Ora, in quelle condizioni, non è forse logico e giusto che io condivida quella ricchezza con gli esseri meno fortunati di me? Quando noi doniamo una parte (spesso molto esigua...) dei nostri beni al prossimo, abbiamo la sensazione (e ci affrettiamo a crearla negli altri!) di donare qualche cosa che prima ci apparteneva in proprio, e che ci siamo tolta di dosso. Il nostro orgoglio ne é lusingato. «Io do del mio, dunque ho un cuore misericordioso!» Un simile pensiero è fondamentalmente errato. In realtà, ci siamo limitati a distribuire ad altri i beni che appartengono al nostro padrone, cioè Dio medesimo, e che egli ci aveva affidati per amministrarli.

L'economo della parabola era infedele e disonesto perché agiva per iniziativa personale, e senza essersi prima accordato con il suo padrone. Ma il nostro Padrone celeste è invece pienamente consenziente in questo con noi, anzi Egli aspetta da noi che operiamo quella ridistribuzione dei beni che ci ha favorito con tanta generosità. Nella lettera agli Ebrei 13:16, ed in molti altri passi biblici, questa verità è chiaramente insegnata. Iddio ci dice: «Dona al prossimo una parte dei beni che ti ho affidato. Essi non sono tuoi, ricordatelo! Sono miei, ed io voglio che tu te ne serva per esercitare con essi la tua carità ed il tuo spirito fraterno».

Non possiamo qui esaminare in tutti i suoi particolari la parabola dell'economo infedele; ma é certo che la chiave per intenderla appieno sta nel significato che noi dobbiamo dare al termine di «ricchezza ingiusta».

Thomas Bres

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