L'università della canzonetta

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Il vate galante
00lunedì 31 dicembre 2007 09:28
Lucio Battisti dopo la rottura con Mogol non poteva di certo ripetere gli schemi musicali intrapresi nelle sue vecchie canzoni e le miriadi di situazioni sentimentali. Per evitare paragoni scomodi e soddisfare la propria voglia di ricerca musicale si affidò all'elettronica e soprattutto alla parola intesa come suono. In Italia fu il primo ad avvertire le novità che arrivavano da oltremanica e delle potenzialità offerte da questa nuova dimensione tecnologica.Con E Già diede il via al rinnovamento, soverchiando il classicismo sentimentale dei grandi arrangiamenti orchestrali e sostituendolo con il suono delle macchine elettroniche. Con Don Giovanni le cose non andarono subito nella direzione preconizzata, dato che il primo lavoro di coppia con Panella stazionava su binari canonici con una geometria musicale abbastanza classica. I brani ancora si scomponevano in strofa e ritornello, due o tre melodie per canzone ma ben sviluppate. Pure gli strumenti musicali erano presenti in modo paritario, suddivisi tra tastiere e percussioni elettroniche. Insomma una via di mezzo tra il vecchio e il futuro, con Battisti ancora al guado.

Dici la via di mezzo, ecco la via,
quella percorsa dai ragazzi alteri
che vanno a divertirsi nei misteri
spiegabili perchè non intralciati
dai cupi sedimenti dei passati
.

Battisti era ben conscio delle possibilità offerte dalle nuove tecnologie, e per la scelta dell'arredamento sonoro sembra ispirarsi alla musica d'ambiente ( e agli strumenti multimediali ) che aveva avuto il suo profeta in Brian Eno. Una produzione di concetto minimalista, come musica da sottofondo, analoga alla muzak degli anni Cinquanta come metodologia di ascolto ( o di non ascolto ) molto diversificata nella sua costituzione. Esempio emblematico è stato Music for Airports; un disco strano, diretto erede degli esperimenti di Cage o Riley, dove la musica diventava oggetto intangibile studiato per dare una quinta dimensione ad un ambiente, in questo caso l’aeroporto ( nuova cattedrale della modernità ) Un’idea affascinante, sunto di uno studio sulla funzione della musica che vanta complesse radici e un’infinità di diramazioni.

Dopo Don Giovanni le cose cambiano e si cominciano a notare alcuni spostamenti nella struttura, con l'inciso che non arrivava dopo la strofa e viceversa. Panella infatti forniva a Battisti prima i testi ( e non viceversa come succedeva in precedenza ) e di conseguenza di fronte a contenuti così inorganici la forma canzone comincia a perdere definitivamente i connotati classici. Ecco cosa disse a proposito il produttore Greg Walsh su questo nuovo metodo di fare canzoni:

Battisti disse una cosa bellissima durante la lavorazione di Don Giovanni e me lo ripetè anche in altre occasioni, proprio per spiegarmi questa nuova forma delle sue composizioni: "Se devo ripetere una parte della canzone vuol dire che quella parte non è sufficientemente forte sin dall'inizio. Se ripeto un inciso tre volte, vuol dire che è un inciso debole, che non ha la forza sufficiente per imporsi con un solo ascolto." Questo da un lato può essere visto come una negazione del suo passato dove gli incisi erano la sua forza.Qui invece afferma di superare l'orecchiabilità immediata. Il rapporto del consumatore con la nuova canzone di Battisti diviene un ascolto- multiplo e in questo concorre anche la veste testuale meno diretta dal punto di vista comunicativo.
Il concetto di ascolto-multiplo diviene più evidente partendo da L'apparenza: Battisti compone la sua musica partendo dai testi.
( proviamo a immaginare Giuseppe Verdi comporre partendo dal libretto...) Questo influenza di molto il risultato; l'atto creativo musicale risulta legato al testo, a questo deve piegarsi, questo deve rincorrere, la sua sonorità e la sua metrica. Le canzoni racchiudono un'infinità di melodie che Battisti accenna e poi subito stoppa. Ascoltare più volte diventa non solo un atto dovuto a una migliore percezione comunicativa ma anche un gioco edonistico, una ricerca del passaggio piacevole, che compare una sola volta, oppure disseminato e rimescolato. Il ritornello è morto perchè vive di unicità nella
canzone ma rinasce grazie al supporto meccanico. Queste pezzi prolungano la loro vita di fruizione, perchè rispetto a un brano orecchiabile e chiaro al primo ascolto, impongono più utilizzi
( Francesco Marchetti )

" Prima un suono chiaramente sintetico, poi un colpo di cassa seguito da uno di rullante e altri due di cassa, più volte, poi la voce che precipita in un Re min7+/9, subito dopo segue un Re min, la melodia scende di un tono alla volta, dal mi al re, al do, settima del Re min, così poi il si del re min6. Sul Sol 9 non risolve. Ricomincia modulando di un tono. Cerca una soluzione. Il volume è al massimo, è due anni che cerco di capire la complessità di questo pezzo. Passa dal modo minore al maggiore, ma lo apre, con una 7+. Sul La7/9 resta in equilibrio. E poi il discorso prende una piega architettonica nell'aria con le mani..."

Così scrive Gianni Biondillo nel suo libro PER SEMPRE GIOVANE, a riguardo del brano A portata di mano. Una melodia imprendibile, questa disegnata da Battisti, che sviluppa continuamente la sua linea musicale, con pochissime riprese degli stessi passaggi, materia di studio per aspiranti laureandi e musicisti provetti che ancora stentano a districarsi fra questo saliscendi di scale a perpendicolo ...

Ma il suono più reale rimarrà sempre la sua voce, che si ergerà in tutta la sua naturalezza e precisione tra i vari suoni sintetici e ritmi campionati. A differenza del periodo mogoliano, Battisti diventerà soprattutto un artista vocale ( il fine dicitore ) dove la parola avrà la preminenza sulla parte musicale, anche perchè da questo momento egli partirà dal testo scritto, di conseguenza più strettamente legato all'opera poetica.

L'opera di Battisti e Panella, ha affermato Edmondo Berselli, è stato un unicum, qualcosa di irripetibile, un atto di lucida follia e di folle determinazione. Non c'è nessuno oggi che possa permettersi una scelta di quel tipo.


PER FARE UNA POESIA DADAISTA

Prendete un giornale.
Prendete un paio di forbici.
Scegliete nel giornale un articolo che abbia lunghezza che vuoi dare alla vostra poesia.
Ritagliate l'articolo.
Tagliate ancora con cura ogni parola che forma tale articolo
Mettete tutte le parole in un sacchetto.
Agitate dolcemente.
Tirate fuori le parole una dopo l'altra, disponendole nell'ordine con cui le estrarrete.
Copiatele coscienziosamente.
La poesia vi rassomiglierà.
Ed eccovi diventato uno scrittore infinitamente originale e fornito di una sensibilità incantevole, benché, s'intende, incompresa dalla gente volgare.

Il Cut-up è un collage sospeso nell'aria. L’uso delle forbici rende il processo esplicito e soggetto ad estensioni e variazioni. Anche la più pulita prosa classica o composizione musicale, può essere (ri)composta interamente da cut-up rimescolati. Tagliare e mescolare una pagina scritta introduce una nuova dimensione della scrittura, permette allo scrivente di ruotare immagini e suoni offrendo (e trovando) punti di vista nuovi e sempre diversi nel significato e nell'ascolto.

Il binomio Mogol-Battisti per certi versi si potrebbe definire il ginnasio della canzonetta. Con Battisti-Panella il livello si è elevato: rimane l'università della canzonetta.

Il posto è qui, è qui quel lavorio dell’erba,
simile al pensiero che contiene nel vello quell’orma
del tuo corpo ed uno stelo sconvolto dal tuo gomito
che avrebbe dimenticato d’essere carnale,
per non dimenticarlo in generale…


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