L'arte della Scultura Egizia

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emilioraffaele
00mercoledì 6 aprile 2011 15:03
Rappresentazione e Realtà
 Merytaton:
Il genio egizio si è espresso al massimo grado nell'architettura, però le sculture hanno un fascino del tutto particolare, anche se a mio modesto parere altri popoli hanno raggiunto, in quest'ambito, risultati maggiori.

Escultura del Antiguo Egipto

La escultura egipcia fue ante todo, animista. Encontró su razón de ser en la eternización del hombre después de la muerte. Fue una escultura eminentemente religiosa. La representación de un faraón o un noble, era la reemplazante física del muerto, su doble, en caso de descomposición del cuerpo momificado. Esto justificaría el exagerado naturalismo logrado por los escultores egipcios, sobre todo en el Imperio Antiguo. Con el paso del tiempo, al igual que la pintura, la escultura se estilizó.

Las estatuillas de barro eran piezas concebidas como complementarias del ajuar en el ritual funerario. En cuanto a las estatuas colosales de templos y palacios, surgieron a partir de la Dinastía XVIII como parte de la nueva arquitectura imperial. Poco a poco, las formas se fueron complicando y pasaron del realismo ideal al amaneramiento completo. Con los reyes tolemaicos la gran influencia de Grecia se hizo sentir en la pureza de las formas y el perfeccionamiento de las técnicas. 

En un principio, el retrato tridimensional fue privilegio de faraones y sacerdotes. Con el tiempo fue posible a ciertos miembros de la sociedad como escribas y sacerdotes. De los retratos reales más populares merecen mencionarse los dos bustos de la reina Nefertiti, considerada una de las mujeres más bellas de la historia universal. Ambos son obra de uno de los pocos artistas egipcios conocidos, el escultor Thutmosis, y se encuentran hoy en los museos del Cairo y de Berlín, respectivamente. No fueron menos importantes las obras de orfebrería, cuya maestría y belleza son suficientes para testimoniar la elegancia y el lujo de las cortes egipcias. Los materiales más utilizados eran el oro, la plata y las piedras. Las joyas siempre tenían alguna función específica (talismanes), lo mismo que los objetos elaborados para templos y tumbas. Los orfebres también colaboraron en la decoración de templos y palacios revistiendo muros con láminas de oro y plata labrados con inscripciones, de los que apenas quedaron testimonio.

di: USHEBTIS EGIPCIOS



Ho riportato il commento della nostra amica Merytaton pubblicato sulle nostre comuni bacheche di Facebook, poiché trovo molto interessante l'argomento, che apprezzo in modo particolare in quanto mi ritengo un appassionato sincero dell'Arte Scultoria. Evito di tradurre il commento del sito Spagnolo, abbastanza comprensibile e sul cui contenuto non intendo attirare la Vostra attenzione.

Personalmente condivido il fascino particolare posseduto dalle opere egizie ed è vero, c'è qualcosa di diverso ed immediato, c'è la primitività e l'interiorità, c'è anche la naturalezza nelle posture e il forte realismo nella raffigurazione, specie negli animali, a conferma dell'intenso contatto dell'artista egizio, con la natura florida che lo circondava. Sto leggendo Antico Egitto di Barry Kemp, che trovo, a dir poco, affascinante. E' un'analisi concreta della realtà quotidiana del popolo del Nilo e, pur trovandomi alle prime pagine, mi trovo via, via ad apprendere cose nuove (peraltro era facile che accadesse, devo ancora leggere molto e ricordare..) ed a condividere molte delle considerazioni espresse da questo grande autore. Penso che sia necessario che vi riporti qualche riga del libro del grande egittologo, riguardo al modo, degli egiziani, di vedere il passato e sull'apparente mancanza di progressi nella loro arte figurativa.

.Ogni ideologia richiede un passato, una storia. Per un'ideologia dinamica del cambiamenti, come il marxismo, il passato deve essere insoddisfacente, un tempo imperfetto i cui difetti siano lo sprone verso l'azione e la rivoluzione. Il passato esiste per essere rifiutato. Più comunemente, tuttavia, le società inglobano con rispetto il passato, o almeno alcune parti di esso. La storia traccia il disegno dettagliato di un mito del passato che fornisce un modello per il presente. L'Egitto apparteneva decisamente a questa categoria di società. Esso conosceva il proprio passato e ne inseriva le immagni nel mondo mitico dell'ideologia......

.....Il passato era un modello di ordine, un succedersi continuo e quasi sempre pacifico di regni di sovrani defunti, ciascuno dei quali lasciava il trono al successore in una sequenza unica e diretta.....

..La continuità emerge nel modo più esplicito dalle liste dei sovrani defunti, che gli Egiziani stessi compilavano. La maggior parte di esse proviene dal Nuovo Regno, periodo in cui gli Egiziani avevano già accumulato un millennio e mezzo di storia. La più nota è quella incisa in un elegante bassorilievo, su una delle pareti interne del tempio di Sethi I ad Abido....accompagnato dal figlio maggiore Ramses (che diverrà Ramses II), in atto di compiere offerte. I beneficiari delle offerte, come risulta charamente dal testo che accompagna le immagini, sono 75 antenati regali, ognuno rappresentato d un cartiglio reale......

..Un'altra lista regale, del tempo di Tuthmosis III, incisa sulle pareti del tempio di Amon Ra a Karnak, raffigura ogni personaggio di una lista di 61 re mediante l'immagine di una statua, non di un cartiglio reale......

..Benché queste liste siano relativamente tarde, la consuetudine di venerare antenati regali celebri era antica. La devozione dei faraoni della XII dinastia verso alcuni membri della precedente XI dinastia, di cui avevano usurpato il trono, rivela anche che il desiderio di continuità nell'esercizio del potere regale, poteva superare i dettagli politici della successione dinastica......L'immagine più importante che il passato proiettava, era, dunque, quella di una continuità ordinata della regalità.....

..Distacchi dal quadro ideale del passato ve ne furono pochi e, a eccezione del Periodo Hyksos, limitati a singoli individui. Più normalmente il passato era fonte di autorità e autenticità. Una scena caratteristica è quella del re Neferhotep della XIII dinastia, che visita devotamente “la casa degli scritti”, esaminando gli antichi scritti di Atum (il Dio creatore), al fine di scoprire l'aspetto esatto che doveva avere una nuova statua di Osiride, descritta dagli dei stessi agli inizi del tempo. Con una simile riverenza per le forme antiche, gli artisti egiziani conservarono la grafia originale dei geroglifici, apportando loro solo poche modificazioni per 3000 anni. La generale continuità nell'arte e nell'architettura, è dovuta all'accurata riproduzione di stili codificati, creati nel Periodo Protodinastico e nell'Antico Regno. Ma in ciò viveva anche un elemento di autodelusione: vi furono, infatti, mutamenti significativi di ideali e di forma che certo rispecchiavano uno sviluppo intellettuale, cosa che appare direttamente anche dalle fonti scritte . Tutti gli studiosi moderni di storia dell'Arte egizia si basano sulla premessa che lo stile cambiava in ciascun periodo. Così le statue meditabonde e pensierose dei sovrani del Medio Regno, erano portatrici di un messaggio diverso da quello espresso dalle immagini giovani ed idealizzate dei re dell'Antico Regno. La nuova statua di Osiride, voluta dal re Neferhotep, sarebbe stata certo riconoscibile come un prodotto dell'artigianato del suo tempo. Sicuramente i “testi” esaminati dal re descrivevano l'aspetto dell'antica immagine solo in termini generali, elencando, probabilmente, i materiali preziosi che dovevano essere impiegati per realizzarla. Gli Egiziani non erano in grado di descrivere lo stile di una statua. Lo stesso accadeva per l'architettura templare, nella quale, almeno per quanto concerne il culto funebre regale, possiamo riconoscere importanti mutamenti di significato. Ci furono dei cambiamenti, ma, nel complesso, essi furono introdotti con buon gusto e rispetto e mantenendo il vocabolario basilare delle forme tradizionali, rinforzandolo talora con riferimenti al passato.......




Merytaton62
00mercoledì 6 aprile 2011 16:01
Per prima cosa ringrazio Dario, che è riuscito ad introdurre ed inquadrare l'argomento,cosa che a me non riusciva. [SM=g999097]

Quindi passo ad analizzare l'argomento. Premetto che, al contrario di Dario, non sono appassionata di arte scultoria; anzi, posso tranquillamente affermare che , tra le arti, la scultura è quella che mi appassiona di meno. Se penso alla scultura egizia, da profana, il primo elemento che mi sovviene è una relativa rigidità e staticità.Greci, Romani ed Etruschi hanno saputo imprimere nelle loro opere maggiore fluidità e movimento; però, paradossalmente,è proprio questo elemento che conferisce loro un fascino particolare, in quanto sembrano fatte apposta per sfidare il tempo: certe figure a me danno davvero l'impressione di fissare l'eternità.
[SM=g1619689] Non avevo mai considerato, invece, il fatto che molto spesso gli artisti dell'Antico Egitto si sono degnati di immortalare persone comuni: artigiani, soldati, contadini (famosa la statuina della donna che fa la birra, conservata al museo del Cairo)mentre Greci e Romani ritraevano quasi esclusivamente personaggi illustri, divinità, al massimo qualche atleta (chi non ricorda il discobolo di Mirone?)
Un discorso a parte merita il periodo amarniano (busto di Nefertiti, testa di Salt, maschera funeraria di Tutankhamon, tanto per fare alcuni esempi), che lascia supporre che, se fosse stato libero di esprimersi, il genio egizio avrebbe prodotto molte più opere sublimi. [SM=g999097]
Merytaton62
00mercoledì 6 aprile 2011 16:07
Ecco un 'immagine (in verità non bellissima, però rende l'idea) della donna che prepara la birra.
emilioraffaele
00domenica 10 aprile 2011 10:21
Per me l'aspetto puramente estetico nella creatività, è fine a sé stesso ed è molto relativo. Ciò che conta è il messaggio, sia nelle opere di Michelangelo, sia in quelle di Burri.

Riguardo a questo ushabti, l'autore non intendeva certo creare un'opera d'arte. Hai fatto però benissimo a pubblicare questa famosa figurina, quello che colpisce, infatti, è il realismo nella posizione e la semplicità nell'atteggiamento e nello svolgimento di attività connesse alla vita di tutti i giorni. E' così che siamo riusciti a conoscere molte abitudini del popolo egizio, attraverso gli oggetti di tutti i giorni. E' in questo modo che sono riusciti ad infonderci la "sensazione" del loro vivere.
Merytaton62
00domenica 10 aprile 2011 12:08
A me questa figurina piace moltissimo: in essa vedo l'immagine di una donna semplice, una popolana energica e positiva, che nell'esercizio delle sua mansioni trova fonte di appagamento. [SM=g999097] Il prototipo della brava "signora della casa", insomma (fosse anche solo una semplice capanna) [SM=x1764359]
emilioraffaele
00lunedì 11 aprile 2011 21:09
Ma non dimentichiamo l'espressione  nei lineamenti e la suggestione che provocano certe opere....


 
emilioraffaele
00lunedì 11 aprile 2011 21:11
Merytaton62
00martedì 12 aprile 2011 13:29
Mi hai battuta sul tempo!!!
Anch'io volevo postare la foto di questo scriba (non proprio questa, a dire il vero, però il soggetto era il medesimo). Al museo del Cairo c'è una stanza in cui sono ospitate parecchie statue raffiguranti degli scriba...hanno un'espressione così intensa che riesce difficile allontanarsi da loro! Sembra che ti seguano con lo sguardo...
Merytaton62
00martedì 12 aprile 2011 13:35
E che dire dei coniugi Rahotep e Nofret?
Costituiscono il mio primo impatto visivo con la civiltà egizia: infatti erano raffigurati sul mio sussidiario di terza elementare. [SM=x822706]
Hatshepsut76
00martedì 12 aprile 2011 13:44
Chissà, probabilmente anch'io sul mio sussidiario avevo questa imagine. Sono curioso di controllare adesso...
ToMegaTherion
00sabato 16 aprile 2011 03:27
Completamente d'accordo con i concetti espressi fino ad ora.
Benchè di statuaria egizia io non conosca molto (perlomeno in maniera approfondita e organica) ho sempre pensato che quella che Merytaton definifisce rigida e statica sia da considerare unicamente la statuaria "ufficiale" , pressochè quasi sempre fedele ad un preciso canone artistico.
Al di sotto di questa invece, bellissimo esempio la birraia di cui sopra, mi piace pensare sia esistita una scultura più popolare e variegata (come i diorami della tomba di Kemhotep per intenderci, che di statuaria forse hanno ben poco, oppure le statuine di Bes, che si trovano in molte forme diverse).
E credo che questa doppia corrente sia da trovare in ogni campo dell' arte egizia, anche nella pittura. La splendida scena della caccia sulla barca di Nebamun o la volta della tomba di Sennefer non avremmo mai potuto vederle in una tomba reale credo.

Visto che avete postato una statua che vi colpisce, mi aggiungo anche io:



Ps. Scusate l' OT dei dipinti, ma era per rendere l'idea del mio concetto.
-Kiya-
00sabato 16 aprile 2011 16:17
La mia preferita..... :)
emilioraffaele
00sabato 30 aprile 2011 18:02
 

Sto proseguendo nella lettura del libro Antico Egitto di Barry Kemp, che trovo scritto e tradotto molto bene, eccezionalmente interessante e pieno di informazioni nuove per me. Le considerazioni sono esposte con continuità e sono molto condivisibili. Credo che stia diventando difficile reperire il libro in commercio, pertanto, sperando di fare cosa gradita ai più, riporto ancora una volta alcune sue considerazioni sul modo di comprendere la cultura visiva formale egiziana – dell'architettura come dell'arte – e della notevole omogeineità, durata tremila anni, che risiede nel concetto di “tipo ideale”.

 

Nel secondo capitolo, si approfondisce il concetto di “dinamica della cultura” e si formula l'ipotesi che la ”grande cultura” - quella tramandabile – non è stata una creazione spontanea dell'uomo comune. La grande cultura ha origine e si rafforza nelle corti. Essa richiede un patrocinio e organizzazione del lavoro. Ricchezza grandiosità, splendore, abilità artistica e innovazioni intellettuali fanno parte degli strumenti del potere. Una grande tradizione, quando è formalmente stabilita e stabile, può avere un'influenza percepibile in tutti gli strati della società. Ma per raggiungere questo livello, deve svilupparsi a spese di altre tradizioni; deve colonizzare le menti della nazione. Ciò che non soccombe, diventa cultura popolare. La cultura dell'Antico Egitto è tra le più antiche grandi tradizioni culturali del mondo.

 

All'inizio essa aveva un fine piuttosto ristretto: gli oggetti erano di piccole dimeensioni e, probabilmente, anche di numero assai limitato. Essi esprimevano le aspirazionidi una nuova generazione di signori, nonché gli inizi del tentativo di sistematizzare la religione.

 

I sovrani della I dinastia girarono forse un interruttore culturale che immediatamente illuminò tutto il paese. Esisteva la volontà, o i mezzi, o anche l'interesse a convertire tutta la nazione a tale prospettiva intellettuale? Per rispondere a questa domanda, bisogna cercare di capire come la cultura di corte si sia espansa a detrimento di altre tradizioni locali e considerare non soltanto le più antiche opere d'arte, ma anche tutta quella documentazione archeologica generale in cui si possono trovare tracce di “cultura popolare”.Convenzionalmente lo storico dell'arte ignora questo sistema. Egli seleziona i pezzi migliori e trova che questo materiale, proveniente per lo più da necropoli d'elite, gli fornisce la documentazione di uno sviluppo continuato, in cui è anche preminente l'omogeneità geografica.

 

Dai tempi preistorici , si può seguire una linea ininterrotta di progresso, partendo dalle culture tardopredinastiche dell'Alto Egitto, passando per il periodo protodinastico e terminando con la piena fioritura della cultura faraonica dell'Antico Regno. Le realizzazioni artistiche del tardo Predinastico ci giungono come una serie di oggetti isolati, di piccole dimensioni e di espressione individuale. Prodotto culminante è la Tavolozza di Narmer. Da questa fase di crande creatività emerse un'arte visiva accademica che, con grande successo, ha influenzato il moderno apprezzamento nei riguardi dell'Antico Egitto.

 

Quanto esposto dall'autore, trova piena conferma nelle pagine successive, specie quando si racconta dei ritrovamenti archeologici presso Coptos, sito a 38 Km a nord.est di Tebe. Flinders Petrie portò alla luce l'area templare nel 1894, rivelando i diversi interventi tecnici apportati nel corso dei secoli dai Faraoni succedutisi. Purtroppo non fu rinvenuta alcuna traccia di architettura più antica. Ma nel terreno sotto ed intorno al tempio, Petrie scoprì una serie di figurine, in pietra o in scadente terracotta, che si debbono considerare prodotto di un'altra tradizione locale preformale di offerte votive. Gli oggetti più importanti, sono i frammenti di tre statue colossali di uno o più dei della fertilità, che impugnano un bastone ligneo, o un oggetto simile (ora perduto), in una mano e nell'altra il pene eretto (scolpito separatamente in pietra ed anch'esso perduto). L'altezza originale delle statue sarebbe di 4,1 metri, il che implica un peso di circa 2 tonnellate. Le immagini recano solo un'alta cintura e presentano sul lato destro, una serie di simboli in rilievo, su un pannello leggermente rialzato. Questi ultimi comprendono una strana varietà di figure: una testa di cervo; conchiglie pteroceras; il cosiddetto fulmine, emblema del dio Min, issato su un palo; un elefante; una iena e un toro, entrambi con le zampe posate su colline.

 

Se usiamo l'arte faraonica come metro su cui misurare queste statue, esse ci appaiono estremamente bizzarre e primitive. La testa rasata, il volto pesantemente barbato e l'alta cintura a pieghe, appartengono ad una tradizione diversa da quella faraonica. Le proporzioni appaiono sbagliate, come se la statua avesse la forma allungata di un cilindro leggermente schiacciato. Anche la serie di segni incisi sui fianchi appartiene ad un vocabolario simbolico differente, per la maggior parte, da quello che affiora nella scrittura geroglifica e nell'arte di corte. La tecnica di esecuzione deve aver compreso piccoli lavori secondari, per lisciare le irregolarità lasciate dal martellamento usato nelle fabbriche delle statue, anche se la superficie rovinata le fa apparire oggi assai più rozze di quanto dovessero essere all'origine. Eppure, a modo loro, esse comunicano una forte impressione e costituivano, per i loro creatori ed ammiratori, un motivo di soddisfazione emozionale ed estetica assai diversi da quelli che procuravano le opere analoghe contemporanee e successive visibili alla corte dei faraoni.

 

Il caso delle statue colossali, rappresenta il modo in cui gli argomenti scientifici spesso si auto cancellano. Se vengono considerate da un punto di vista storico-artistico, è difficile collocarle dopo gli inzi della I dinastia, semplicemente perché la serie di opere scultoree databili a un'epoca più tarda, è tutta in stile faraonico. Possiamo anche osservare un dato stilistico particolare: il modo schematico di rappresentazione del ginocchio ha un parallelo nella Tavolozza di Narmer, anche se la sottolineatura delle gambe e della muscolatura del ginocchio, si trova ancora, per esempio, nei pannelli del re Gioser della III dinastia dalla piramide a gradini. Tuttavia le statue di Coptos non sono soltanto opere d'arte, sono anche grandi massi di pietra, portati da distanze notevoli; se poi le consideriamo dal punto di vista della storia della tecnologia della pietra in Egitto, dobbiamo attendere fino alla fine della II dinastia per trovare paralleli di opere di estrazione e lavorazione della pietra su scala tanto ampia. Possiamo controbattere questo argomento, citando il caso ben noto dei colossi di Pasqua nell'Oceano Pacifico, cavati ed eretti da genti la cui tecnologia e la cui organizzazione non differivano molto da quelle del tardo Predinastico egizio.

 

Elemento fondamentale è la volontà di compiere l'opera: la tecnologia semplice e lo sforzo comune fanno il resto. Proprio come sono oggetti eccezionali per noi i colossi di Coptos, dovetterlo esserlo per i loro creatori. Anche se poniamo il momento della loro creazione verso l'inizio del Protodinastico, risolviamo solo parzialmente il problema. Dovremmo infatti anche sapere per quanto tempo le statue furono oggetto accettato di venerazione. L'atmosfera conservatrice dei templi locali dell'Alto Egitto, a giudicare dalla documentazione archeologica, potrebbe averle mantenute in carica, fino a quando un editto regale ne ordinò la sostituzione. Il contrasto stilistico era spiegabile mediante la diffusa sopravvivenza, continuata a lungo, nel popolo, di un'arte primitiva indigena , accanto ad un'arte ufficiale, l'arte dei padroni in via di sviluppo, introdotta dal piccolo gruppo di invasori originari dell'Egitto Faraonico, che si pensava avessero portato con sé le idee essenziali dell'antica Civiltà Egiziana. Anche se la teoria dell'invasione, formulata dal Capart, non trova molto consenso, essa conferì, per lo meno, a questo materiale un peso , in, seguito comunque perduto. L'approccio strettamente formale al disegno, che consideriamo faraonico in tutta la sua essenza e che sostituì le creazioni più intuitive e meno disciplinate del Predinastico, arrivò lentamente in alcuni angoli provinciali dell'Egitto dinastico.

 

I motivi del lento e frammentario processo di trasformazione possono certo aver avuto, come concausa, limitazione nei beni della corte., per lungo tempo concentrata sulla costruzione delle piramidi e dei cimiteri dei cortigiani; inoltre la creazione di una nuova immagine divina era un atto di estrema importanza, tanto che casi singoli erano solennemente registrati negli antichi annali come uno dei pochi avvenimenti significativi di un determinato anno di regno. Un altro motivo fu certo, il grande lasso di tempo. Il periodo dinastico deve essere iniziato intorno al 3100 a.C, l'Antico Regno terminò intorno al 2160 a C.. In alcuni siti, il perido interessato durò circa un millennio, Il che significa che, per circa un terzo della sua storia, l'Egitto faraonico fu un paese con due culture.

 

La chiave per la comprensione della cultura visiva formale egiziana e della sua notevole omogeneità durante tremila anni, risiede nel concetto di “tipo ideale”. Questa è una caratteristica universale della mente umana. Tutti noi abbiamo un'immagine, nei termini della nostra esperienza culturale, di quello che, ad esempio, dovrebbe essere un re, o una dimora gradevole, ovvero un luogo adatto al culto. Il modernismo nell'arte e nell'architettura è stato orientato verso la distruzione dei tipi ideali e verso ila dimostrazione che nell'immaginario non devono esistere stereotipi. Nell'Islam troviamo un tentativo differente di annullare gli stereotipi. Dio non deve essere mai raffigurato e lo si deve evocare ripetendo un'infinità di nomi. Gli egiziani si trovavano all'estremo opposto. Il tipo ideale, l'immagine di ciò che costituiva la forma perfetta, era innalzato ai più alti fastigi del desiderio intellettuale ed estetico, era un ideale che, nella corte, si auto perpetuava, selezionando e promuovendo automaticamente quegli artisti in possesso di un'attitudine naturale ad assorbire nella propria coscienza creativa, la serie di tipi ideali ed anche della capacità di tradurli nello stile grafico preciso, tanto apprezzato. Si tratta di quella combinazione di attitudine mentale e di abilità che, nel mondo moderno, va per la maggiore nell'arte commerciale.

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