L'INTERVISTA A PECORELLA E UNA VECCHIA STORIA

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INES TABUSSO
00mercoledì 28 settembre 2005 07:29
IL MATTINO
27/09/2005

INTERVISTA CON IL LEGALE DEL PREMIER E RELATORE DEL PROVVEDIMENTO
Pecorella: sentenza attesa, è stato un atto dovuto

MARIA PAOLA MILANESIO «Non è una legge ad personam. È una legge che è stata
sottoposta al vaglio della Corte di giustizia europea e della Consulta. Se
poi vogliamo dire che ci sono provvedimenti che nascono su spinta di accadimenti
storici specifici, rispondo che è già successo altre volte. Pensiamo al testo
sui sequestri di persona, che ha portato al blocco dei beni delle famiglie
del rapito, o all?abuso d?ufficio, che ha reso Prodi* non punibile». Alle
critiche del centrosinistra risponde così Gaetano Pecorella, legale del premier
Silvio Berlusconi, presidente della commissione Giustizia di Montecitorio,
dove è stato relatore della legge sul falso in bilancio. Presidente, una
sentenza scontata. «Questa legge si basa su un principio che la scienza penalistica
afferma da tempo: un fatto non merita una sanzione penale se non incide in
modo significativo sugli interessi di qualcuno, in questo caso dei soci e
dei creditori. In Italia le norme fissano delle soglie al di sotto delle
quali eventuali alterazioni contabili non sono punibili, e questo è il caso
di Milano. Il tribunale non ha fatto altro che prenderne atto. Siamo soddisfatti.
È una sentenza attesa, perché il fatto formalmente esiste ma non ha provocato
danni sensibili e i giudici ne hanno tratto le conseguenze». In America,
dopo lo scandalo Enron, sono state aumentate le pene e rese più rigorosi
i controlli. Perché in Italia si va nella direzione opposta? «L?Italia fa
parte dell?Europa e le nostre leggi corrispondono in gran parte alla normativa
degli altri Paesi dell?Unione. Per il falso in bilancio, ad esempio, ci siamo
ispirati alle regole in vigore in Spagna. Il risultato è stato una buona
legge, che non ha provocato alcun disastro all?economia italiana e non ha
impedito di fare indagini, come diceva, invece, l?opposizione». Ma i crac
Parmalat e Cirio dovrebbero indurre a maggiore cautela. «Entrambi i casi
si sono verificati quando era in vigore la vecchia legge. Non solo: le indagini
finanziarie ora in corso a Milano vanno avanti, a dimostrazione che non abbiamo
impedito nulla con la riforma. Anche in questa occasione, come è accaduto
per le rogatorie, le previsioni catastrofiche si sono rivelate inconsistenti».
Presidente, ammetterà che una cosa è l?assoluzione per non aver commesso
il fatto e un?altra perché il fatto non è più reato. «Nel momento in cui
si accerta che il fatto non è più reato, semplicemente non si procede oltre.
Se la legge non lo prevede come reato, ovvio che non lo si punisca e che
non si faccia un ulteriore accertamento». Da parte della stessa maggioranza
si ipotizzano modifiche al falso in bilancio attraverso il testo sul risparmio,
ora all?esame del Senato. Non dimostra che anche la Cdl ha qualche perplessità?
«Sì, si è discusso di alcuni interventi, ma non credo che si siano finora
concretizzati. L?impianto del provvedimento, però, sta funzionando e nessuno
si è mai lamentato se non coloro che colgono ogni occasione per strumentalizzazioni
politiche».

Gaetano Pecorella (Fi), avvocato di Silvio Berlusconi e relatore alla Camera
della legge sul falso in bilancio




*
LA REPUBBLICA
16 maggio 2003

Sul sito dell'Unione europa la risposta a Berlusconi:
pubblicati tutti i documenti sulla gestione dell'Iri
Sme, Prodi al contrattacco
"Accuse false, ecco la prova"
La decisione di pubblicare le carte sarebbe stata presa
dopo una consultazione con gli altri membri della Commissione
di LUCA FAZZO

MILANO - Il sito è quello ufficiale dell'Unione Europea, il link è quello
che porta all'home page del presidente Romano Prodi. Ed è su questa pagina
del web che da tre giorni si possono leggere i documenti che secondo Prodi
dimostrano come le accuse lanciate contro di lui nel corso degli anni per
la sua gestione dell'Iri, e pesantemente rilanciate lo scorso 5 maggio da
Silvio Berlusconi nell'aula del processo Sme, siano già tutte passate all'esame
della magistratura. E tutte, una dopo l'altra, dichiarate inconsistenti.
Ma più ancora della mole dei documenti - in larga parte inediti - pubblicati
sul sito della Ue, a colpire è la decisione di ospitare l'autodifesa di Prodi
sul sito ufficiale dell'Unione europea. Una decisione che è quasi certamente
il frutto di una consultazione con gli altri membri del "governo" europeo.

Il primo fronte a venire toccato è quello di Giovanni Fimiani, il "superteste"
che Berlusconi chiede sia interrogato nell'aula del processo Sme, e che sarebbe
in possesso di rivelazioni sconvolgenti sul periodo in cui Prodi, nella sua
veste di presidente dell'Iri, procedette alla privatizzazione della Sme.
Ma il materiale pubblicato sul web tocca anche gli avvenimenti successivi
allo smembramento della Sme. Della gragnuola di accuse seguite a quello smembramento,
Prodi dimostra di essere già stato riconosciuto estraneo.

Il ruolo di Fimiani. "In prima fila nel promuovere le indagini della magistratura
con le proprie denunce - si legge nel testo introduttivo - è stato Giovanni
Fimiani, un imprenditore condannato per bancarotta che attribuiva il fallimento
delle proprie aziende alle decisioni assunte dall'Iri". Tra i documenti,
c'è il provvedimento con cui il pm romano Giuseppa Geremia chiedeva nell'ottobre
1996 l'archiviazione di un esposto proprio di Fimiani. Accogliendo la richiesta
di archiviazione, il gip Carlo Sarzana scriveva: "La sentenza di condanna
del tribunale penale di Salerno del 12 novembre 1993 offre un quadro molto
preciso sia in ordine al fallimento del grappolo di società gestito dal Fimiani
sia alle gravissime responsabilità di quest'ultimo" .

La cessione di Italgel. Nel 1996 Prodi viene indagato insieme a quattro ex
consiglieri dell'Iri (tra cui Roberto Poli, oggi consigliere di Fininvest
e Mondadori) in seguito ad un'interrogazione del missino Franco Servello
che lo accusa di avere favorito la multinazionale Nestlè in occasione della
privatizzazione dell'Italgel, uno dei due tronconi in cui era stata smembrata
la Sme. "Si deve ritenere - scrive il pm Maria Monteleone chiedendo l'archiviazione
del procedimento il 15 gennaio 1999 - che l'Iri riuscì ad ottenere il più
elevato dei prezzi possibili". "L'iter seguito dal consiglio d'amministrazione
dell'Iri appare formalmente e sostanzialmente corretto". E le iniziative
assunte da Prodi, si legge ancora, sono state esaminate e approvate collegialmente
dal consiglio d'amministrazione".

La cessione della Cirio. Prodi viene indagato per abuso d'ufficio, insieme
ai medesimi ex consiglieri dell'Iri, anche per la privatizzazione del secondo
troncone della Sme: la Cdb ovvero CirioBertolliDe Rica, tre marchi storici
dell'alimentare made in Italy. Prodi, in sostanza, viene accusato di avere
spianato la strada all'acquisto dei tre marchi da parte della Fisvi, una
azienda di modesto spessore guidata da Carlo La Miranda, che subito dopo
avrebbe ceduto la Bertolli agli stranieri dell'Unilever. Nel sito dell'Unione
Europea a questo proposito viene pubblicata integralmente la sentenza di
assoluzione pronunciata il 9 gennaio 1998 dal giudice delle indagini preliminari
di Roma Eduardo Landi nei confronti di tutti gli indagati. "Il reato di abuso
d'ufficio richiede una valutazione "ex post" che nel nostro caso è largamente
positiva: Fisvi adempie puntualmente a tutte le obbligazioni e versa un prezzo
ritenuto congruo". E ancora: "Non esistevano offerte per l'intera CirioBertolliDe
Rica che avrebbero consentito un risultato migliore per l'Iri[85] la vendita
separata dei singoli rami d'azienda, in base alle offerte presentate, avrebbe
portato un risultato economico notevolmente peggiore per l'Iri".

Il conflitto di interessi. Prodi mette a disposizione sul sito anche un atto
giudiziario da cui si apprende che nel marzo 2002 la Procura di Roma lo iscrisse
nel registro degli indagati sulla base di atti ricevuti dalla Procura di
Bologna, che ipotizzavano un conflitto di interessi sulla cessione della
Bertolli all'Unilever: la Unilever era cliente della Goldman Sachs, la società
di consulenza di cui Prodi era a sua volta consulente (attraverso la Ase,
posseduta al 50 per cento con la moglie Flavia Franzoni). Ma due giorni dopo,
la Procura stessa chiede l'archiviazione: "In realtà - si legge nel provvedimento
- nel periodo in cui è avvenuta la cessione a favore della Fisvi, cui è seguita
quella parziale in favore di Unilever, Romano Prodi aveva già cessato il
proprio rapporto con la Goldman Sachs, per cui non è neanche astrattamente
ipotizzabile alcun profilo di incompatibilità".




E, PER FINIRE, UNA VECCHIA STORIA A PROPOSITO DI ABUSI D'UFFICIO, E DI UNA
LEGGE ARRIVATA COME IL CACIO SUI MACCHERONI:


GIORNALE DI BRESCIA
Sabato 14 aprile 2001

Riccardo Marchioro ricorda una vicenda che fece scandalo all?inizio del ?95
e che ora si chiude con una serie di assoluzioni
«Chi ripaga noi, scagionati dopo anni di accuse»
La Corte d?appello assolve la Giunta regionale: non fu abuso d?atti d?ufficio
la nomina dei direttori delle Asl

Riccardo Marchioro è stato vicepresidente della Regione

«Assolto perché il fatto non sussiste». Formula piena, il sogno di ogni imputato.
Eppure quell?assoluzione, giunta dopo sei anni di accuse, polemiche e processi,
suona come una beffa. Proprio perché giunge dopo sei anni e perché non avrà
mai il clamore delle prime "rivelazioni", dei "si dice" e degli "avrebbe"
che accompagnano sempre la prima fase dell?inchiesta. «Ma forse bisognerebbe
fare qualche riflessione legata a questa vicenda», dice Riccardo Marchioro.
Proviamo. Andiamo con ordine. L?assoluzione riguarda Riccardo Marchioro,
bresciano allora vicepresidente della Regione Lombardia, e la Giunta di cui
faceva parte. Ad emetterla è stata la Corte d?appello di Milano. E il fatto
riguarda le nomine dei direttori generali delle Aziende sanitarie locali.
Bisogna avere una buona memoria per ricordare la vicenda. Era il gennaio
del 1995. Alla Giunta regionale, allora presieduta dal leghista Arrigoni,
toccava nominare i vertici delle Aziende sanitarie locali, dopo una prima
fase della riforma. E non era operazione facile. Tanto per cominciare si
trattava di dimezzare i posti, perché le Asl erano state accorpate, da oltre
cento erano scese a 59. E poi perché si veniva da più di un anno di continui
rinvii. La Giunta sceglie di affidarsi, per una prima selezione, alla consulenza
di una società specializzata, la Russel Reynolds. «A complicare la cosa -
spiega Marchioro - era arrivato anche il decreto Costa che ammetteva alla
gara oltre ai commissari uscenti e ai funzionari pubblici anche managers
che provenivano dalle imprese private». Si arriva alla fine di gennaio: sono
gli ultimi giorni utili, la Lega incalza, la Giunta deve decidere. La discussione
decisiva - ricorda Marchioro - arriva nella tarda serata, dopo una seduta
già durata ore per altri argomenti. Lunga notte di trattative e l?elenco
viene stilato. Il giorno dopo, assieme ai nomi dei prescelti, esce anche
un articolo sul Corriere della Sera, che riporta quelle che definisce la
fasi salienti della trattativa. Nella saletta dei gruppi consiliari - guarda
caso - era rimasto acceso un "vivavoce" del telefono e la cronista del Corriere
per tre ore ha ascoltato l?intera trattativa... «Fu uno scandalo - ricorda
Marchioro -. Naturalmente delle tre ore vennero riportate solo le frasi più
pesanti. Discorsi volgari e irritanti, certo, ma venne fatta passare come
riunione di assessori quella che era una discussione tra consiglieri. Non
tutte le discussioni furono deleterie, ma passava per lottizzazione anche
un dibattito su un Centro di aiuto alla vita...». Ci furono ricorsi al Tar,
le nomine saltarono, ma soprattutto si avviò una serie di prese di posizione
contro quella che alcuni chiamarono «la tratta delle vacche». La polemica
fu infuocata, il fatto venne descritto come un?appendice naturale di Tangentopoli
e persino le segreterie dei partiti presero le distanze dalla Giunta. Assessori
e direttori generali nominati furono rapidamente «scaricati». Partì un?inchiesta
giudiziaria, perquisizioni a tappeto e interrogazioni. Apparve persino una
lista che collegava tutti i candidati ad appartenenze di partito (la lista
Rotasperti) e si cercò di scoprire se a stilarla fosse stato qualche assessore...
«Arrivarono a casa di consiglieri e assessori alle sei del mattino, fecero
attendere per ore i funzionari da interrogare, usarono i metodi più duri
delle inchieste penali». Gli assessori si difesero, spiegando che a quella
discussione registrata dal Corriere loro non avevano preso parte, che le
loro scelte erano state fatte tenendo presente le valutazioni della società
di consulenza, e che la discussione semmai si doveva fare sul merito delle
scelte, non su farisaiche prese di distanza sulle lottizzazioni. Ma non fu
così. Alla fine giunsero in porto due procedimenti. Il primo sul versante
amministrativo, del Consiglio di Stato che voleva appurare se c?era stato
spreco e cattiva amministrazione. Il secondo sul fronte penale, per appurare
eventuali reati. Sul piano amministrativo, il Consiglio di Stato emise la
sua sentenza nel novembre 1997: le nomine saranno pure state fatte con logica
di ripartizione politica, ma le valutazioni furono fatte tenendo in considerazione
il lavoro della Russel Reynolds e quindi non furono sprecati quei 500 milioni
di consulenza. Giunta regionale assolta. D?altra parte, erano 980 le persone
da selezionare e 59 i posti disponibili. Non c?era altro modo di fare quello
che non era un pubblico concorso, ma «un atto di alta amministrazione», se
non facendo scelte motivate da almeno una scrematura iniziale. La Giunta
doveva scegliere, non poteva delegare. E scelse. «Potevamo - dice Marchioro
- fare quelle nomine senza discuterne con i consiglieri regionali? Come si
può sostenere che chi ha deliberato aveva solo in mente gli interessi dei
partiti e non portasse dentro anche la preoccupazione, non avesse l?intenzione
di scegliere professionisti capaci? Io avevo la preoccupazione di portare
all?Ospedale Civile, per il quale peraltro serviva anche l?assenso del Rettore
dell?Università, e negli ospedali bresciani dei buoni amministratori... Migliori
di quelli che sono stati scelti dopo». Francamente, come pensate che siano
state fatte le scelte prima e dopo quel caso tanto criticato? C?è qualcuno
che davvero pensa di poter sostenere che la politica e i partiti non c?entravano
e non c?entrano? Più lunga la vicenda sul piano penale, che finì con un rinvio
a giudizio per "abuso di atti d?ufficio" non per propri vantaggi patrimoniali,
ma per offrire vantaggi a terzi, ovvero ai partiti. Su questa accusa, due
ormai sono le sentenze, dopo un lungo dibattimento di elevato livello giuridico.
Il Tribunale emise la prima sentenza di assoluzione perché «il fatto non
è più reato», essendo nel frattempo mutate le norme sull?abuso d?ufficio.
E ora giunge l?assoluzione piena della Corte d?appello. Dopo sei anni. Sei
anni di polemiche, di accuse, di sospetti, che l?assoluzione non potrà risarcire.
E intanto? Intanto - spiega Marchioro - per un anno la sanità lombarda rimase
sconquassata, la legge di riforma venne prima fermata e poi cambiata (sarà
stato un caso?) e ora la Regione dovrà anche pagare una decina di miliardi
per le spese processuali. Ne valeva la pena? «Anche questa vicenda - conclude
Marchioro - spinge a qualche riflessione sulla fase più concitata di tangentopoli
e sull?agire della magistratura. Noi eravamo 23 consiglieri democristiani,
tutti siamo stati inquisiti e alla fine, eccetto uno, tutti siamo stati assolti
con formula piena. Vorrà pur dire qualcosa...». Claudio Baroni



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