Signori della Corte,
Signori Giurati,
Signori del Pubblico... siam quinci convenuti onde addivenire ad una disamina coerente dei fatti e degli atti intorno a cui ruota questa tragica e triste vicenda:
l'uccisione brutale, da parte di alcuni facinorosi capeggiati da un tal
Pietro Lettore, di una giovane, leggiadra e colta fanciulla di nome
Ipazia figlia di Theone.
Mai vicenda fu più tragica, mai morte più ingiusta, mai istigazione all'omicidio fu più subdola, ma coerente con quella linea criminale che, al giorno d'oggi, verrà battezzata con i nomi più vari:
mafia, camorra, 'ndrangheta, sacra corona unita e chi più ne ha più ne metta... a ciò si associa, innegabilmente, quella omertà che fa delle organizzazioni criminali di oggigiorno un vero cancro che, purtroppo, prospera anche in ambienti che da tale malattia, per il bene di un'intera Nazione, dovrebbero essere scevri.
Lungi da Noi, si intende, l'idea di accomunare pochi scalmanati appartenenti all'antica setta dei cristiani ai moderni sicari della mafia, ma certo il caso merita un esame non scevro da rischi di fraintendimento.
Ci viene ora, qui, proposto un nuovo passo, denominato "
lessico di Suida" a difesa di
Cirillo o, meglio, a dimostrazione che l'assassinio di cui ci stiamo interessando venne comunque
sottoposto all'attenzione dell'Autorità costituita che intervenne in maniera esemplare.
Ci corre intanto l'obbligo di notare che il "Lessico" interviene, a detta del proponente, dopo circa
600 anni dai fatti.
Un lasso di tempo invero infimo, se rapportato all'eternità, ma di certo immenso se rapportato alla vita dell'uomo ed alla vita dei primi secoli del primo millennio in particolare.
Narrava la favola che le rose, che vivevano un sol giorno, si tramandavano la leggenda dell'
immortalità del giardiniere giacchè più e più generazioni di rose lo avevano visto immutato. Orbene è chiaro che, nel nostro caso, 600 anni sono davvero un'eternità non solo per le rose, ma anche, e vieppiù, per l'uomo, e nessuno può di certo disconoscere che, in 600 anni,
le sensibilità possano essere mutate al punto tale da rendere necessaria una "riscrittura" (poichè palesemente tale è) del testo "damasceno" che si interrompeva proprio là ove, di fatto, dopo 600 anni l'estensore del "lessico di Suida" penserà bene di
integrare una presunta punizione esemplare, o comunque un intervento, addirittura dell'Imperatore.
Si aggiunge inoltre, la considerazione di un tale e sconosciuto
(almeno agli atti di questa eccellentissima Corte) Giovanni Costa là ove si considera una
questione prettamente di intepretazione lessicale che difficilemente può essere portata a suffragio di una qualunque difesa o a riprova di una qualsivoglia validità del testo così come scritto e tradotto.
Si incentra, infatti, l'intervento su un
"Plurale", singori miei, su un misero "plurale", ma pur partendo da una giusta considerazione, e cioè che
più d'una dovessero essere state le uccisioni, non si capisce per qual motivo, poi,
solo una verrebbe imputata alla setta dei cristiani
("E’ evidente che, da parte dei Cristiani, vi era stata una sola uccisione, quella di Hypatia").
Ci si chiede, infatti, e si vorrebbe chiedere al Costa,
ove sia l'evidenza che viene sottolineata e dove, peraltro, sia possibile
articolare che l'Imperatore abbia "rimesso" tutte le uccisioni; se vi siano altre fonti atte a meglio chiarire tale punto o se tuta la dimostrazione difensiva si basi su queste, invero, infime parole del "lessico".
In ogni caso, poichè non esplicitato in alcun modo,
mancherebbe comunque l'elemento psicologico in base al quale l'Imperatore sarebbe giunto alla conclusione di "rimettere" tutte le uccisioni.
Appare chiaro, infatti, che tale decisione
potrebbe essere stata presa per "giustizia", ma anche per
"ingiustizia" là ove si valutasse che,
pur di salvare gli autori dell'omicidio di Ipazia, si fosse giunti a
perdonare anche altri nonostante il loro paganesimo.
E mai come in questo caso, oserei parlare, a carico dello stesso Imperatore, di un chiaro
conflitto di interessi.
Signori della Corte, Signori Giurati, Signori del Pubblico, è con tali considerazioni che concludo la mia arringa e ripropongo l'accusa a carico di
Cirillo vescovo di essere stato l'
istigatore dell'omicidio di Ipazia, figlia di Theone. Contestualmente, non posso che confermare la
sussistenza di gravissimi indizi di colpevolezza a carico del Lettore Pietro come esecutore materiale del delitto in concorso con altri non identificati.
Tutto ciò premesso, ai sensi degli articoli
115 (accordo per commettere un reato) e
575 (omicidio) C.P. chiedo la condanna di Cirillo Vescovo alla pena dell'ergastolo considerando le aggravanti prevalenti sulle attenuanti e, in particolare, ai sensi del
576 (aggravanti specifiche),
577 comma 2 e 3, e
61 (aggravanti generiche) C.P. per aver agito per motivi abietti o futili (comma 1) e per aver adoperato sevizie ed aver agito con crudeltà (comma 4). A suo carico, inoltre, invoco la condanna anche per il reato di sequestro di persona, art.
605 aggravato ai sensi del
comma 2 dall'essere il Cirillo un pubblico ufficiale ed avendo il medesimo abusato dei poteri inerenti le sue funzioni.
La stessa pena dell'ergastolo richiedo sia irrogata per il Lettore Pietro per omicidio aggravato, sequestro di persona, riunione sediziosa, associazione a delinquere, porto abusivo d'armi non convenzionali, istigazione al delitto nei confronti di altri non identificati concorrenti nell'omicidio, violazione di edifici pubblici avendo trascinato la vittima in una chiesa...
Insomma, cari amici, scusatemi se mi sono fatto
"prendere la mano" dalla
"verve" giudiziaria, ma volevo solo dimostrare che se si fanno
"analisi" di un fatto, anche a distanza di mille anni, si possono davvero trovare indizi e prove che possono valere anche oggi. Per vostra curiosità, gli articoli sopra citati sono veri come potrete verificare su un qualunque C.P. (Codice Penale).
...e ringraziate che, almeno per ora, tralascio l'esame delle altre parti intervenute nel frattempo sennò facciamo la notte di Natale... a Bic un grazie, davvero
, per aver "stuzzicato" la mia sopita anima di giurista.
Un ultimo grazie, permettetemi,
a Kiya per la sua gentilezza e per la serietà e la diplomazia con cui
ci tiene tutti a bada!