Incarico 54/a

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giacomo415
00mercoledì 28 marzo 2007 16:14
Ritorniamo a parlare di carri e di carristi affrontando un aspetto squisitamente tecnico, come quello della guida del veicolo, che ci consentirà di conoscere più approfonditamente i singoli mezzi che prestarono servizio nel nostro esercito negli anni immediatamente successivi alla fine del secondo conflitto mondiale.

Inizieremo il nostro discorso, come potrebbe essere altrimenti, dallo Sherman, che fu a suo tempo spina dorsale delle forze corazzate alleate su tutti i fronti a partire dal 1942 e che, a guerra finita, venne distribuito anche ai nostri reparti corazzati.

[IMG]http://i7.tinypic.com/2naqv41.jpg[/IMG]

Non è questa la sede per ripercorre la storia di questo mezzo, le vicende che ne accompagnarono il servizio operativo e lo sviluppo dello sterminato numero di varianti che vennero poste in produzione.

Qui cercheremo di capire, con l’ausilio di poche immagini e di qualche disegno tecnico, quale fosse la tecnica di guida, la disposizione dei comandi ed il loro impiego all’interno di questo carro universalmente conosciuto, da fuori, ma sostanzialmente poco noto al suo interno.

Abbiamo accennato alla moltitudine di varianti che caratterizzò la produzione della famiglia dei carri M4, così come appartenenti a diverse serie furono gli esemplari che pervennero ai nostri reparti, per sintesi e chiarezza espositiva noi, qui, ci occuperemo degli M4 ed M4A1 o Sherman I e II, secondo la classificazione britannica, perché fu sulla meccanica di questi modelli che si cercò di standardizzare l’organico dei reparti, fino a dire nell’istruzione N. 5081 “Armi e Mezzi in dotazione all’Esercito” datata 1955 che “i carri Sherman in servizio sono stati tutti resi uniformi nel motore e si differenziano, pertanto, solo nello scafo e nell’armamento”. Non so voi ma io, da buon graduato di truppa, di fronte ad affermazioni così perentorie non ci metterei la mano sul fuoco.

Comunque sia andiamo avanti.

[IMG]http://i9.tinypic.com/2w7lqpl.jpg[/IMG]

Il motore prescelto come standard fu, appunto, il radiale 9 cilindri degli M4 ed M4A1.

I due carri erano meccanicamente identici, identica la conduzione e la manutenzione, si differenziavano solo per la costruzione della parte superiore dello scafo, saldata nell’M4 e fusa nell’M4A1.

Oltre alla immediata distinguibilità estetica dei due modelli, la struttura saldata portava ad una maggiore disponibilità di spazio all’interno del carro che si traduceva, essenzialmente, in una maggiore quantità di munizionamento trasportabile per il cannone da 75, precisamente 97 colpi contro 90.

A questa situazione di base si deve aggiungere che il passare del tempo, con il succedersi degli interventi, anche estesi, di manutenzione, portò ad avere una grande varietà di combinazioni che praticamente differenziava l’allestimento di ogni singolo carro man mano che si rendevano disponibili migliorie e aggiornamenti sia meccanici che nell’armamento e contemporaneamente si esaurivano i ricambi a suo tempo prodotti per la serie originale.

Dell’M4 vennero prodotti la bellezza di 6.748 esemplari, dalla primavera del 1942 al gennaio 1944, pochi di meno furono gli M4A1, prima versione dello Sherman uscita in serie dalle linee di montaggio, la cui produzione cessò qualche settimana prima del modello saldato, precisamente nel dicembre del 1943 dopo l’approntamento di 6.281 esemplari.

Vediamo ora come il carro veniva descritto ai nostri allievi ufficiali.

[IMG]http://i14.tinypic.com/2aez7ew.jpg[/IMG]

Lo Sherman è un carro di fabbricazione americana che possiede buone caratteristiche meccaniche e di armamento.

L’armamento principale è costituito da una bocca da fuoco da 75/37 montata in torretta girevole sui 360°.

Lo scafo è diviso in tre parti:

- compartimento anteriore;
- compartimento di combattimento con torretta;
- compartimento motore;

Nel compartimento anteriore sono sistemati:
- gruppo ponte anteriore;
- cambio;
- congegni e strumenti di controllo per la guida ed il movimento del carro;
- apparecchi per visibilità del P’ e del P’’;
- sedili per P’ e P’’;
- mitragliatrice di prua;
- alloggiamenti per munizioni ed accessori;
- comandi per l’impianto antincendio;
- bussola;

Nel compartimento di combattimento, che comprende la parte centrale dello scafo e la torretta girevole (scorrimento su guida a mezzo di sfere) sono sistemati:
- cannone, mitragliatrice da 0,30, lanciabombe fumogene (ove previsto);
- strumenti di puntamento;
- giro stabilizzatore;
- congegni di rotazione della torretta;
- apparecchiature radio;
- cassetta di distribuzione degli impianti elettrici di torretta;
- generatore ausiliario;
- batterie;
- impianto fisso antincendio;
- alloggiamenti vari per munizioni;
- alloggiamenti vari per accessori;
- sedili per CC, C, M;
- serbatoio dell’olio;
- radiatori olio motore e trasmissione;

Nel compartimento motore, parte posteriore dello scafo, sono sistemati:
- complesso motore;
- serbatoi carburante;
- irroratori impianto antincendio.


Poiché abbiamo deciso di occuparci dei compiti di guida del pilota, vediamo di conoscere meglio la meccanica del nostro Sherman.

La disposizione meccanica era quella comune alla maggioranza dei carri in servizio tra la fine degli anni trenta e la prima metà degli anni quaranta, disposizione dettata dagli ingombri del motore e della trasmissione e dalla necessità di distribuire in maniera uniforme il peso di questi organi garantendo, inoltre, la necessaria accessibilità agli stessi.

[IMG]http://i7.tinypic.com/4cafz3p.jpg[/IMG]

Il motore era un radiale nove cilindri, di origine aeronautica, Continental R975C, la R indicava la disposizione radiale dei cilindri, 975 era la cilindrata in pollici cubici, che valevano quanto 15.947 dei nostri centimetri cubici.
Erogava 400cv a 2400 giri al 1’. Significava disporre di una potenza specifica di 25cv/litro, dato per nulla disprezzabile e sostanzialmente analogo a quello dei Maybach montati sui carri medi tedeschi dello stesso periodo, lontano però anni luce dal disgustoso rapporto di 10cv/litro degli SPA 8T montati sui nostri “carri medi”.

[IMG]http://i10.tinypic.com/3za2zqp.jpg[/IMG]

La distribuzione era a valvole in testa comandate da aste e bilancieri, l’alimentazione a carburatore. L’accensione era a doppia candela con due circuiti e due magneti separati.

[IMG]http://i7.tinypic.com/4403cwl.jpg[/IMG]

Il consumo era adeguato alla cilindrata e alla potenza, in condizioni normali si percorrevano 85 miglia con il pieno di 175 galloni, oltre a quello del carburante era degno di nota anche il consumo di lubrificante, andando tutto bene era necessario un gallone di olio ogni 25 miglia percorse. Cioè qualcosa come 1 litro ogni 10 Km che è proprio un bel rabboccare.

Il motore era in blocco con la frizione monodisco a secco, l’albero di trasmissione correva sotto il cesto di torretta, portando il movimento alla scatola del cambio disposta longitudinalmente tra i sedili del pilota e del suo assistente e da qui al differenziale controllato e ai due gruppi di riduzione finali a cui erano connesse le corone motrici.

[IMG]http://i3.tinypic.com/4bo11sg.jpg[/IMG]

Il cambio era un grosso complesso meccanico a cinque marce, tranne la prima e la retromarcia tutti i rapporti erano sincronizzati, una volta selezionato il rapporto il moto era trasmesso al differenziale, del tipo controllato a reazione.

[IMG]http://i13.tinypic.com/35i3f6d.jpg[/IMG]

E cioè:

Uno speciale differenziale, ai semiassi del quale il conduttore può imporre, ferma restando la velocità angolare della corona, una differenza costante di velocità.
La sterzatura di veicoli cingolati muniti di differenziali normali, implicava, ferma restando la velocità della corona, l’imposizione ai due cingoli di una differenza variabile di velocità. A tale risultato si giungeva frenando uno dei due semiassi, la qual cosa comportava una perdita di potenza talvolta molto sensibile.
Nei differenziali controllati a reazione, invece, la differenza di velocità ai due semiassi e quindi ai cingoli, viene sempre conseguita senza perdita di potenza, eccezion fatta per un assorbimento di valore relativo, dipendente unicamente dall’attrito degli ingranaggi.


Chiaro no?

Il sistema, comunque, era relativamente semplice ed efficiente, resistente, se adoperato da personale ben addestrato e bisognoso solo della sostituzione del materiale d’attrito dei tamburi a contrazione, oltre che del lubrificante adatto e in giusta misura.

[IMG]http://i11.tinypic.com/314av6s.jpg[/IMG]

Tutto questo meccanismo riuniva le funzioni proprie del differenziale, la sterzatura, la frenatura e la trasmissione, alle ruote dentate, del moto. Non deve stupirci, quindi, che il suo peso complessivo, cambio compreso, arrivasse alle quattro tonnellate. Tanto per dire, il peso del motore, accessori compresi, era di poco superiore ai mille chilogrammi (2240 lbs.).
Quando, più avanti, ci occuperemo della famiglia dei cambi Crossdrive ritorneremo su questa proporzione per renderci conto, ancor meglio, degli straordinari passi avanti compiuti, in un breve lasso di tempo, in questo campo.

Dopo questa prima rapida conoscenza con i principali componenti della meccanica ci occuperemo, spero presto, dei comandi e degli strumenti a disposione del pilota.

Ci vediamo ai parcheggi. [SM=x75444]


[Modificato da giacomo415 28/03/2007 17.24]

Pierantonio
00mercoledì 28 marzo 2007 17:08
Re:

Scritto da: giacomo415 28/03/2007 16.14
... fino a dire nell’istruzione N. 5081 “Armi e Mezzi in dotazione all’Esercito” datata 1955 che “i carri Sherman in servizio sono stati tutti resi uniformi nel motore e si differenziano, pertanto, solo nello scafo e nell’armamento”. ...



L'affermazione è corretta e si riferisce alla sostituzione nel modello M4A4 del motore Crysler Multibank a 30 cilindri con il motore stellare Continental R975 (originariamente montato nel tipo R975C2 al quale era succeduto, durante la guerra, il tipo R975C4).
Ciao

[Modificato da Pierantonio 28/03/2007 17.09]

gabri.22
00giovedì 29 marzo 2007 00:02
Giacomo sei una fonte inesauribile di informazioni...un faro per i cultori della meccanica!

[SM=x75471] [SM=x75448]
giacomo415
00venerdì 30 marzo 2007 19:10
L’equipaggio dello Sherman era costituito da cinque uomini.
Pilota, secondo pilota, marconista, cannoniere, capocarro.
In situazioni di emergenza il carro poteva operare in modo efficiente anche con soli quattro uomini a bordo.

La necessità di un equipaggio così “numeroso” era giustificata dalle stesse caratteristiche dei carri di allora. I frequenti rifornimenti di carburante e lubrificante, la pulizia del carro, il controllo e la regolazione giornaliera di una miriade di componenti meccanici, ottici, elettrici, la manutenzione delle armi di bordo erano compiti che, a stento, era possibile accudire in cinque.

Pilota e secondo pilota sedevano nella parte anteriore del carro, rispettivamente, a sinistra e a destra della scatola del cambio, avevano ciascuno un portello di accesso sovrastante il sedile.
Questi portelli potevano essere bloccati in posizione aperta o chiusa secondo le necessità.

[IMG]http://i11.tinypic.com/2po2v6b.jpg[/IMG]

In questa immagine vediamo la parte anteriore del carro, chi ha fatto la foto stava al posto della torretta che, quindi, è rimossa. Al centro della foto abbiamo la scatola del cambio, ai due lati i sedili dei piloti (per necessità di chiarezza sono assenti i cuscini e gli schienali).

Il primo pilota ha davanti le leve di controllo, alla sua sinistra il pannello strumenti e alle sue spalle l’interruttore elettrico principale (master battery switch) e quello radio.
Dall’altro lato si distingue l’affusto della Browning M1919A4, che nella foto non è installata, e sul pavimento, alle spalle del secondo pilota, è possibile intravedere il portello di emergenza.

Nella parte bassa dell’immagine distinguiamo l’albero di trasmissione e la dinamo alla sua sinistra con il carter posto a protezione della cinghia che trasmette il moto dal primo alla seconda.

I comandi di guida non erano duplicati, come invece accadeva, per esempio, sui carri leggeri M5 ed M24 o sul più pesante M26. Per alternarsi ai comandi, quindi, era necessario cambiare di posto.

Il secondo pilota brandeggiava la mitragliatrice Browning ’30 attraverso uno snodo sferico. L’arma, utilizzata da questa posizione, era priva di un proprio congegno di puntamento, il mitragliere controllava l’effetto del tiro tramite il proprio iposcopio aiutato dai traccianti inseriti nei nastri del munizionamento.
Se necessario, questa stessa arma, era utilizzabile a terra mediante un normale treppiede stivato alle spalle del secondo pilota. In totale erano 4750 i colpi da ’30 trasportati sul carro.
Il secondo pilota, sui carri comando che ne erano dotati, era anche operatore della stazione radio SCR-506, posta sulla mensola alla sua destra.

Il pilota, abbiamo già detto, sedeva nella parte anteriore sinistra, aveva visione diretta dell’esterno, se le condizioni di sicurezza lo consentivano, sporgendo il capo dal portello, in questo caso era anche disponibile un parabrezza pieghevole che ne proteggeva il viso in caso di intemperie.
Quando non fosse stato possibile guidare con i portelli aperti erano disponibili un iposcopio fisso, con visuale diretta sulla direzione di marcia, ed uno rotante, montato su un piatto girevole, solidale con la parte mobile del portello.

[IMG]http://i12.tinypic.com/4ghk1z6.jpg[/IMG]

Una volta accomodati al posto di guida avremmo avuto, di fronte, le due leve di comando dei freni e dello sterzo, sul pavimento, ai due lati del fulcro delle leve, i pedali della frizione e dell’acceleratore, alla destra del sedile era posta la leva del cambio, con, alla sommità, il pulsante da premere per l’inserimento della prima e della retromarcia.

Sui carri di prima produzione, affiancata e poco oltre alla leva del cambio, avremmo trovato la leva del freno a mano, sostituita, su quelli di produzione più recente da un meccanismo che vedremo più avanti.

Altri comandi a portata di mano erano.
- la pompa di avviamento, destinata a “cicchettare” il motore in caso di avviamento a freddo;
- l’acceleratore a mano, utilizzato per la regolazione del minimo;
- il comando della sirena da usarsi come avvisatore acustico (mi chiedo quale effetto potesse ottenere, sul traffico ordinario, durante la marcia del carro, una semplice sirena, posto che solo il ruggito del Continental riusciva a sovrastare il gemito prodotto dai cingoli d’acciaio).

Di fronte ai piloti, in posizioni che possono variare tra carro e carro, era fissata una bussola che consentiva di conservare, con buona approssimazione, la direzione di marcia in mancanza di riferimenti esterni.

Alla sinistra del pilota era situato il pannello con gli strumenti.

[IMG]http://i13.tinypic.com/2mfhzzo.jpg[/IMG]

Il pilota, prima dell’impiego quotidiano del proprio carro, doveva accertarsi che lo stesso apparisse e fosse in efficienza, che non vi fossero perdite di liquidi, che tutte le dotazioni, i fusti, gli attrezzi e gli estintori fossero fissati al loro posto, che i rifornimenti di carburante e lubrificante fossero stati eseguiti. In questo compito era aiutato dal suo secondo e da tutti gli altri membri dell’equipaggio, ognuno per la parte di sua competenza.

Se il carro era rimasto fermo per più di sei ore era necessario controllare che non vi fosse dell’olio accumulato all’interno delle teste dei due cilindri inferiori, in caso affermativo era necessario farlo defluire smontando le candele degli stessi e facendo girare a vuoto il motore mediante manovella.

Era poi necessario aprire i quattro rubinetti della benzina, uno per ogni serbatoio, posti sulla parete posteriore della camera di combattimento.

Dando per scontato che tutto fosse in ordine e che nessuno si trovasse all’esterno del carro in posizione pericolosa si procedeva al suo avviamento.

A motore freddo era necessario dare alcuni colpi, mai più di una decina, con la pompa d’avviamento.
La si portava fuori lentamente e la si riportava vivacemente alla posizione originaria, questo faceva affluire benzina direttamente ai condotti di aspirazione, facilitando l’avvio della combustione.
Si portava in fuori il pomello dell’acceleratore a mano per un centimetro o poco più.
Si portava la leva del cambio i posizione di folle, premendo contemporaneamente il pedale della frizione per la durata della messa in moto.

Si chiudeva il circuito dell’interruttore generale e si portava l’interruttore di accensione su BOTH.
A questo punto si chiudevano l’interruttore del motorino d’avviamento e quello dell’incrementatore BOOSTER (niente booster sui carri dotati di magnete Bosch).
Con ciò il motore si sarebbe avviato regolarmente.

Se necessario si sarebbe provveduto a dare ancora, in queste prime fasi, qualche cicchetto con la pompa di avviamento, man mano che la temperatura si avvicinava a quella di esercizio si sarebbe intervenuti sull’acceleratore a mano.
Per portare il motore alla giusta temperatura sarebbero stati necessari tra i 5 ed i 15 minuti.

Quando il motore avesse retto un regime di minimo di 800 giri al minuto, con la pressione dell’olio, al minimo, di 30/40 libbre ed una temperatura dello stesso di 80°F, il carro era pronto a muovere.

Su terreni regolari e di media pendenza si spuntava in seconda passando successivamente alle marce più alte non appena la velocità ed il regime di rotazione del motore lo avessero consentito.
L’impiego della prima marcia era destinato a spunti particolarmente impegnativi su terreni rotti o in presenza di forti pendenze, oppure in caso di traino di altro carro.

[IMG]http://i3.tinypic.com/2pynmm1.jpg[/IMG]

Con il carro fermo, il motore al minimo, si premeva completamente il pedale della frizione, si ingranava la marcia desiderata, normalmente la seconda, ovvero prima o retromarcia, per ingranare le quali si doveva premere il pulsante posto sulla sommità della leva, rilasciando gradualmente la frizione si premeva progressivamente sull’acceleratore, fino a far muovere il carro. Nello stesso modo si passava ai rapporti superiori.

Scaricare i 400 cavalli del motore sulla frizione e sulla trasmissione giocando sui pedali della frizione e dell’acceleratore , senza rompere o bruciare nulla, era un compito da provetti conduttori.
Soprattutto in prima e retromarcia e quando si trattava di superare ostacoli, affrontare terreni viscidi o forti pendenze, sia in salita che in discesa, si doveva dosare con grande attenzione l’erogazione della potenza.

Il rischio di un fuorigiri, con danni immediati all’albero di trasmissione e al motore stesso, erano un pericolo costante, da prevenire con cura.

Il differenziale controllato, che abbiamo già descritto, consentiva di far compiere al carro le curve senza dover obbligatoriamente scalare la marcia, come invece avveniva ad esempio sui carri italiani, era comunque buona cosa dare gas prima di sterzare mantenendo sempre un rapporto adeguato alle condizioni di marcia.

Il pilota provvedeva alla sterzatura del mezzo tirando verso di se la leva corrispondente alla direzione da intraprendere, maggiore la forza di trazione minore il raggio della curva percorsa.
Tirando le due leve contemporaneamente si otteneva la frenatura equilibrata dei cingoli.
Per arrestare la marcia si rallentava gradualmente la corsa del mezzo togliendo gas e scalando marcia, tirando gradualmente le leve di sterzo poi si arrivava al fermo completo, non prima di aver premuto il pedale della frizione e portato il cambio in folle.

[IMG]http://i9.tinypic.com/2jbqrkg.jpg[/IMG]

Il freno di stazionamento era inserito premendo, prima, un apposito pedale di arresto situato alla base delle leve di sterzo e tirando le stesse leve con decisione, poi, col che si otteneva il blocco dei freni.

L’operazione inversa andava compiuta all’avvio del carro, tirando dapprima con energia le leve e portando il pedale in posizione di sblocco.

Durante la marcia, all’approssimarsi di tratti impegnativi era necessario selezionare il rapporto adatto prima di affrontare l’ostacolo, evitando di cambiare marcia durante il percorso.
Assolutamente sconsigliato cambiare marcia durante tratti in discesa, ad esempio.

Per la scelta del giusto rapporto di marcia, importantissimi erano l’esperienza e l’orecchio del pilota.

Come regola si può dire che se il regime di rotazione del motore scendeva sotto i 1800 giri al minuto con l’acceleratore premuto era giunto il momento di passare ad una marcia inferiore.

A questo punto si doveva rallentare la marcia, se necessario, in modo da trovarsi ad una velocità inferiore a quella massima consentita dal rapporto che si andava a selezionare.
Rilasciato completamente l’acceleratore si premeva la frizione portando la leva del cambio sulla posizione di folle.
Si rilasciava di nuovo la frizione dando contemporaneamente gas, portando così i diversi organi in movimento ad una velocità quanto più possibile omogenea.
Si premeva nuovamente la frizione portando la leva del cambio sul rapporto prescelto.

Per arrestare la marcia si procedeva al rallentamento graduale del mezzo, la frenatura si aveva
Il pilota, poi, doveva avere perfetta cognizione dell’ingombro del carro, sapere con precisione dove mettere i cingoli, considerare sempre nei suoi calcoli l’ingombro della bocca da fuoco, coniugare al meglio gli ordini del capocarro con la natura del percorso affrontato. E non era certo aiutato dalla visibilità di cui godeva la sua postazione.

[IMG]http://i7.tinypic.com/47tdefs.jpg[/IMG]

Da parte sua il secondo pilota non era una figura di secondo piano, era in base al suo giudizio che si decideva il modo di affrontare un ostacolo o un guado tutte quelle volte che era necessario precedere il carro a piedi per meglio rendersi conto di quel che si aveva di fronte.

Mentre i nostri si addestravano, finalmente, con un carro degno di questo nome, in Corea lo Sherman, che avrebbe meritato una tranquilla pensione, si batteva ancora in prima linea.
La vera epopea del carro, però, era stata scritta sui fronti europei del secondo conflitto mondiale.

In un manuale dell’US Army degli anni ‘40 destinato ai piloti dei carri si consiglia, dovendo affrontare un problema complesso, di scinderlo in diversi problemi più semplici, rendendone così più agevole la soluzione.
E io penso a cosa passasse per la mente di un ragazzo che doveva muovere il suo Sherman, su un terreno sconosciuto, magari una foresta o attraverso terreni coltivati e canali di irrigazione, in una cupa notte d’inverno, con qualcuno che ti spara addosso e con la consapevolezza che i quelle condizioni ogni stima errata, ogni incertezza, potevano portarti ad una fine orrenda.
Chissà se scindere il problema complesso lo avrà aiutato.

Ci sentiamo presto [SM=x75448]
giacomo415
00lunedì 2 aprile 2007 19:32
Concludiamo questi appunti dedicati alla condotta dello Sherman con alcune integrazioni e qualche curiosità.

Mi è stato fatto notare che ho scritto come si avvia il motore ma non come si spegne lo stesso.
Rimedio subito. [SM=x75463]

Con il carro fermo, il cambio in folle, il freno di stazionamento inserito (vedi più sopra) si spegneva il motore premendo l’interruttore elettrico della benzina (identificato con il numero tre nell’immagine relativa al quadro portastrumenti) e tenendolo premuto fino allo spegnimento completo.
Si portava, quindi, l’interruttore di comando dei magneti su OFF.

Cioè si spegneva il motore per mancanza di benzina, lasciando fino alla fine la corrente alle candele, in modo che queste rimanessero pulite e pronte per la messa in moto successiva.

Se la temperatura del motore era molto elevata si doveva farlo girare al minimo per almeno cinque minuti prima di spegnerlo. Questo avrebbe consentito all’olio di circolare raffreddandosi e raffreddando il motore.

Nel caso in cui fosse stato necessario operare il carro in climi particolarmente rigidi, al di sotto dei -25°, era necessario prima dell’avviamento, provvedere alla diluizione dell’olio motore tramite un’aggiunta di benzina.

[IMG]http://i3.tinypic.com/34fy0q8.jpg[/IMG]

All’uopo era predisposto, sulla paratia posteriore della camera di combattimento, un apposito meccanismo che dosava la benzina, presa dal circuito di alimentazione, immettendola nel serbatoio dell’olio.

Più bassa la temperatura di esercizio, maggiore la quantità di benzina da sciogliere nel lubrificante.

Il consumo dell’olio diluito sarebbe stato maggiore di quello al naturale, si consigliava quindi una frequente verifica del livello.

Altri accorgimenti da adottarsi nel caso di temperature particolarmente rigide:

Aggiungere ad ogni pieno di benzina un quarto di litro di alcool denaturato diminuendo il rischio di formazione di ghiaccio nei serbatoi.

Tenere, per quanto possibile, i serbatoi del carburante sempre pieni, diminuendo la quantità d’aria diminuiva il rischio della formazione di condensa all’interno degli stessi.

Per temperature inferiori ai -18° togliere l’olio dai filtri dell’aria (tanto che polvere vuoi che ci sia con ‘sto freddo!!).

Un’ultima curiosità, il contagiri prendeva il moto dall’albero secondario del cambio, perciò era possibile leggere i giri motore con il cambio in folle ma non quando il pedale della frizione era premuto.

I compiti relativi alla manutenzione del carro posti in capo all’equipaggio erano innumerevoli, per svolgerli nel modo migliore a bordo era portato un borsone con una completa dotazione di attrezzi. [SM=x75451]

[IMG]http://i3.tinypic.com/4detefo.jpg[/IMG]

La prossima volta vedremo di sapere qualcosa in più sulla guida dell’M26.

Se volete portarvi avanti col lavoro non avete che da leggere questa interessante pagina sul nostro sito.

A presto [SM=x75448]
gabri.22
00lunedì 2 aprile 2007 19:36
Professore, avrei una domanda:

Come si comporta il freno motore di uno stellare?
giacomo415
00lunedì 2 aprile 2007 20:03
A parte la disposizione dei cilindri, il motore era un quattro tempi a benzina come gli altri.
Non vi erano organi o meccanismi "speciali".
Quindi anche il freno motore era dato dalla trasmissione che trascinava il motore ad una velocità più o meno maggiore secondo il rapporto innestato e la pendenza percorsa.

Si dovevano affrontare le discese con innestata una marcia adeguata alla pendenza.
In nessun caso ed in nessuna marcia era consentito superare i 2400 giri 1'.

Si consideri, poi, che già due braccia, in discesa, erano impegnate nell'azionare le leve dei freni, a meno di non mollarle contemporaneamente tutte e due [SM=x75482] era impossibile cambiare marcia.

Anche se pare ormai accertato fossero allo studio i progetti Monkey Tanker e Armoured Kalì per avere, entro il 1945, dei carristi con arti supplementari. [SM=x75466]

La conclusione delle ostilità pose fine a questi interessanti studi. [SM=x75467]
gabri.22
00martedì 3 aprile 2007 19:16
Grazie Giacomo, cmq intendevo chiedere se lo stellare tendesse ad andare presto fuorigiri o se fosse abbastanza clemente con il pilota meno attento.

Il fatto è che non conosco l'erogazione dei motori aeronautici.

Per quanto riguarda il raffreddamento si trattava semplicemtne di aria-olio? Perchè un conto è raffreddare un motore filando a 300 km/h su a 3000m, un conto è farlo chiudendolo un un guscio di metallo senza che l'aria, in proporzione, quasi lo sfiori.

Dico questo perchè in moto, con un motore raffreddato "ad aria", in viaggio bisognerebbe evitare di scendere sotto i 70km/h per periodi molto lunghi.

Lo credo che il piccolo ciucciasse tutto quell'olio!

[Modificato da gabri.22 03/04/2007 19.34]

giacomo415
00martedì 3 aprile 2007 20:02
L'ironia del mio precedente post era rivolta all'enfasi con la quale, nel manuale d'uso, veniva vietato al pilota di cambiare marcia durante una discesa. [SM=x75447]

Cose se, appunto, fosse una cosa semplice, avendo solo due braccia. [SM=x75462]

Riguardo allo stellare Continental, direi che lo possiamo considerare come un motore elastico e robusto, capace di reggere all'uso anche poco riguardoso di un pilota preso dalla foga, e dalla paura, del combattimento. [SM=x75444]

Non dimentichiamo che, certo, non c'erano centraline e gestioni elettroniche ma parliamo di motori con potenze specifiche basse e con rapporto di compressione di 5,7/1.
Un bestione, certo, ma mansueto.

Il raffreddamento era ad aria, con una ventola calettata sull'albero, di cui domani, se riesco, inserirò un immagine.
A meno che Pierantonio stasera...... [SM=x75466]

Saluti [SM=x75448]




gabri.22
00martedì 3 aprile 2007 20:59
Lo ripeto e non mi stanco: sei un grande!
giacomo415
00mercoledì 4 aprile 2007 08:59
Ritorniamo sul motore.

Questa è una vista posteriore.

[IMG]http://i7.tinypic.com/4cafz3p.jpg[/IMG]

Cioè dal lato dei portelli posteriori.

Si distinguono i collettori di scarico, che circondano il motore, quasi al centro abbiamo il motorino d'avviamento, ai suoi due lati i magneti, collegati ciascuno a nove candele.

Nella parte più bassa abbiamo il carburatore, con due "corna" rivolte verso l'alto, destinate a ricevere i condotti dell'aria proveniente dai due filtri a bagno d'olio.

Proprio sopra il carburatore, in colore grigio chiaro, c'è la pompa del carburante.

Passiamo alla parte anteriore del motore.
Quella rivolta verso la camera di combattimento:

[IMG]http://i10.tinypic.com/30iudms.jpg[/IMG]

Al centro la frizione, attorno la ventola per il raffreddamento del motore.

[IMG]http://i14.tinypic.com/3yfifs0.jpg[/IMG]

Lo stesso complessivo smontato.

A presto [SM=x75448]








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