In viaggio....

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flora2
00mercoledì 30 novembre 2005 15:24
Mi è sempre piaciuto partire con il treno....
Il dondolio morbido della carrozza, quel leggero rumore che accompagna i pensieri, il corpo che si rilassa dopo le corse sfrenate...
Finalmente ho un'ora tutta per me...per lasciare andare il mio corpo ad un riposo che più non conosce...un'ora per lasciare andare liberi i miei pensieri.
E mi ritrovo a non avere pensieri se non per le persone che amo, ho lasciato a casa e che già mi mancano.
E' stupenda questa assenza di pensieri che mi permette di soffermarmi su quello che la natura mi offre e che posso ammirare dal finestrino, senza distrazioni, pregiudizi, condizionamenti.
E poi mi ritrovo a guardare i volti delle persone che mi sono di fronte. e' curioso quanta attenzione a volte si presti a chi ci accanto; un uomo sta leggendo il giornale, completamente preso dalla lettura, un altro giovane uomo sta inviando un sms...a chi ha lasciato? a chi andrà ad incontrare?
Magari qualcuno sta osservando, incuriosito, me che scrivo lasciando che il mio cuore conduca la mia penna. Sto sorridendo, perchè è curioso sentirsi addosso lo sguardo di qualcuno. Non mi da fastidio, sto bene.
C'è tanta gente, il treno per Roma la mattina è affollatissimo, eppure provo la sensazione stupenda di essere sola, di aver recuperato la mia dimensione.
Ci sono giorni in cui ancor di più avverto questa pienezza, faccio un bilancio della mia vita e penso di essere una giovane donna che ha raggiunto quelle mete che si era prefissata, fatte di cose semplici, di sentimenti antichi e nuovi, un benessere semplice e vero.
Mi è sempre piaciuto viaggiare in treno.... perchè ritrovo me stessa in questo viaggio di cuori, perchè il mio cuore si allontana da casa per poi tornare dalle persone che amo più della mia stessa vita.
E stasera aprirò la porta di casa, la mia bimba mi correrà intorno, lui sarà lì ad attendermi con un sorriso e allora comprenderò che solo il viaggio che ti porta lontano è quello che ti fa tornare ad essere felice come prima...no...di più....

Aprile 2005


Caleidos
00giovedì 1 dicembre 2005 15:28
Pagine di vita



Ma dove le tenevi nascoste queste belle cose?!
Brava Flora e grazie per averle condivise con noi!


Un abbraccio [SM=g27822] Marco
unicalally
00giovedì 1 dicembre 2005 15:35


Flora ogni giorno ringrazio la vita che ti ha condotto "vicino" a me.

Bacio

La tua dirimpettaia
poeta76
00giovedì 1 dicembre 2005 18:30
Cara Flora, questo tuo post mi ha fatto ricordare il mio primo viaggio fatto in treno, che poi fu il mio unico viaggio con i miei genitori. Un viaggio premonitore, considerando che ormai vivo nel veneto (luogo di destinazion finale) da più di 22 anni.
Naturalmente scrissi di questo viaggio e lo feci appena due anni fa, forse tre e voglio farne partecipe te e tutti coloro che lo vorranno.


Il viaggio

Gli anni sessanta, non sono stati solo quelli della protesta studentesca, almeno per quanto riguarda me e, forse, tante altre persone.
Negli anni sessanta e più precisamente, nel sessantanove, ho fatto il mio primo ed unico viaggio con i miei genitori. Unico; sembrerà strano ma è proprio così.
La ragione è molto semplice, l’unicità dell’evento è dovuta al fatto che mentre io avevo solo undici anni, i miei genitori all’epoca erano già anziani: mio padre aveva ben sessantatré anni e mia madre cinquantaquattro.
Il mezzo di trasporto usato per quel viaggio, fu il treno.
In effetti, non mi ricordo che mio padre avesse mai avuto un’automobile, ma tanti acciacchi si, era invalido di guerra e di lavoro e questa fu anche la ragione di quel viaggio, destinazione Padova, con tappe a Firenze e Venezia, per una veloce visita alle due città.
Ci recammo a Padova, perché mio padre, Antonio, era devoto a quel santo, ma non ricordo bene quale grazia da chiedere o ricevuta, gli fece prendere la decisione di muoversi insieme a noi: me, mia madre e una delle mie sorelle, da Napoli, nostra città natale.
Non nascondo che scrivendo questo piccolo racconto, è affiorato dal mio archivio, uno dei più bei ricordi della mia infanzia.
Non ricordo l’ora della partenza da Napoli, né la sicura sosta a Roma, però ricordo bene l’arrivo a Firenze.
Avvenne quasi all’alba, la prima che i miei occhi di fanciullo vedevano.
Ricordo distintamente il barista che aspirando la c,da dietro il bancone, ripeteva l’ordinazione di mio padre: .
Che strano modo di parlare avevano in quella città, così secco, diretto, eppure, affascinante. In quale luogo ero capitato?
Dalla vetrata del bar della stazione, potevo ammirare estasiato il cielo che piano piano sbiadiva e pensai entusiasta; “Sto per conoscere il mondo!”
La giornata che trascorremmo a Firenze, mio primo immenso amore geografico, fu semplicemente fantastica, anche se quel giorno, mi beccai un manrovescio da mia madre.
Giro turistico in piena regola: piazzale Michelangelo, gli Uffizi, Ponte vecchio, Lung’Arno e, immancabile, buonissima, irripetibile, enorme...bistecca alla fiorentina, accompagnata da due mezzi calicetti di un buon Chianti, causa scatenante di un mio comportamento troppo allegro con conseguente, gia citato, manrovescio.
La sera tardi, di nuovo in treno, la prossima tappa sarebbe stata, Venezia.
Una città più strana di così, non l’avevo mai vista.
Ma come facevano a galleggiare le case?
E quegli altri là, come parlavano?
Almeno a Firenze li capivo! Ma i Veneziani..? E chi ci riusciva?!
Per non parlare poi delle auto, dov’erano? E quelle fatte d’acqua…erano strade? Che assurdità! Erano i fiumi che passavano fra i palazzi, oppure...
Decisi di non pensarci, a che sarebbe servito? Dicevano che era sempre stata così, quella città.
I colombi in Piazza San Marco, sembravano nuvole, non facevi in tempo a buttare in terra i chicchi di grano, che si lanciavano in picchiata giù dai tetti degli antichi palazzi. Che contrasto! Io biondissimo, color oro e, loro, nerissimi, tutti attorno a me.
Comunque, anche Venezia mi piacque molto.
A pranzo mangiammo pollo allo spiedo comprato in una rosticceria, seduti su di un muretto, fuori della mostra del cinema. Io non l’avevo mai mangiato così, pieno d’aromi, soprattutto pepe. A Napoli allora, non esistevano ancora quelle cose, io ero abituato col pollo al forno, fato in casa.
La sera accadde una cosa simpatica, mentre eravamo seduti al tavolino di un caffè, nei pressi del Canal Grande, vidi tutti che corsero ad affacciarsi al muretto del canale, lo fece anche l’Austriaco che ci stava provando con mia sorella e che gli diceva: < Catz!catz!> accarezzando il gatto che lei aveva in braccio.
Erano tutti attirati dalla voce di un distinto ed elegante signore, trasportato da una gondola, e che accompagnandosi con un mandolino, cantava, da tenore, ‘O sole mio. Meritandosi l’applauso della folla accorsa. Fu un momento bellissimo e gratificante per me, napoletano. Che applauso! Altri tempi.
Il giorno dopo, visitammo Padova e il suo Santo.
Quello che ricordo della città è l’enorme numero di biciclette che circolavano e l’assoluto silenzio che regnava nel santuario.
Partimmo la sera stessa, stava per finire quella settimana di viaggio.
Niente tappe al ritorno, a Firenze, mio padre comprò, del caffè dal finestrino del treno, lo davano nei bicchierini di terracotta, con un treno stampato sopra e la” scritta città di Firenze”.
Lo conservo ancora quel bicchierino, dentro ci tengo un pezzo di mio padre, l’ultima sigaretta, mai accesa, che mi chiese prima di lasciarmi per sempre.

LUCE viola
00venerdì 2 dicembre 2005 08:23
sai flora...
hai descritto perfettamente quello che anche io provo quando viaggio in treno...la cosa che preferisco è osservare la gente intorno e immaginare quale sia la loro storia, che cosa le abbia portate su quel treno insieme a me e quale sia il loro percorso... mi chiedo dove stiano andando.


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