Imperium Romanum Sacrum

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Lan.
00venerdì 7 gennaio 2011 12:36
anche noto come "la morte nera"


Versione: Bellum Crucis 6.1-Feudal Campaign Full
Difficoltà: VH-VH

Preambolo

Nel Natale dell'anno 800, il Re dei Franchi Carlo Magno venne incoronato dal Papa romano come legittimo erede dei cesari romani, nonostante, più a Oriente, l'imperatore bizantino prosperasse.
Sono passati secoli, e il Sacro Romano Impero vive un periodo difficile. Da secoli ha perso i suoi territori occidentali, dominio formale del Re di Francia, un re che a malapena può uscire dalla sua capitale e il cui suo feudatario, il re inglese, era più un occupante che un sottoposto, mentre il Sud era diviso in tanti piccoli ducati, contee e città libere.
L'Italia stava vedendo nascere in sé un movimento di rinascita economica e sociale straordinario. Dopo secoli la gente dalle campagne tornava alle città, e borghi più o meno grandi cominciavano a spuntare come funghi. Questa rinnovata ricchezza finiva per far diventare gli italici ottimi mercanti ma pessimi sudditti, e così come Venezia si era ormai affrancanta dal dominio romeo, Milano stava cercando di imporre il suo predominio sugli altri comuni in funzione anti imperiale. Altra potenza emergente degna di nota era la Repubblica di Pisa, ma da cui c'era in apparenza poco da temere vista la sua storica amicizia e fedeltà verso l'impero. Poi Roma, ormai dominio stabile del Papa e infine il Regno dei normanni di Sicilia, una potenza nata sui campi di battaglia contro greci e saraceni, e che in futuro avrebbe potuto rivendicare il trono d'Italia e le terre a nord degli appennini.
A Oriente non si temevano più minacce di popoli barbari. Gli ungari avevano abbracciato la cristianità da tempo e così i polacchi, mentre a Nord ormai i discendenti dei terribili vichinghi si erano dati alla civiltà e si erano divisi tra i regni di Danimarca, Norvegia e Svezia, coi primi due in procinto di contendersi il dominio della regione.


1155-La riscossa del Barbarossa




Quando il giovane Federico I della dinastia Hoenstaufen salì al trono, l'impero era una nazione piuttosto stabile, ma sembrava essere ormai relegato alla sola Germania. L'economia d'altronde era arretrata e ancora legata alla produzione agricola strettamente necessaria alla sopravvivenza. I commerci latitavano e l'autonomia dei comuni del Nord Italia si traduceva in tasse che non entravano nei tesori imperiali.
Federico conosceva bene la responsabile principale: Milano. Sotto il suo esempio, gli altri comuni si erano liberati dal controllo imperiale. Sapeva bene che i milanesi avrebbero presto sfruttato la loro posizione di supremazia non certo per difendere gli interessi dei comuni ma solo per imporre il suo dominio, e alle sue attenzioni erano già arrivate le suppliche di Lodi, i cui abitanti avevano scoperto di essersi trovati sotto un padrone ben peggiore del loro legittimo sovrano e padre.
Era sua ferma intenzione ristabilire l'ordine in quelle terre dominate dal caos, ma prima di procedere doveva rilanciare la forza interna di un gigante dalle gambe deboli.
La recente situazione storica aveva fatto sì che si creasse intorno all'Impero una cintura di piccoli ducati e regni autonomi. Il Regno di Boemia, le città fiamminghe, il Ducato di Pomerania insidiato dai pagani del baltico, la Marca Veronese e il ducato di Lione. A dispetto delle piccole dimensioni erano nazioni con eserciti numerosi e agguerriti. Federico era comunque deciso a prenderne possesso e battere sul tempo i vicini lombardi, polacchi, francesi e aragonesi che dal loro castello in Provenza puntavano al dominio di tutta la Francia del Sud.
Quando la dieta imperiale venne riunita a Ratisbona e venne domandato all'Imperatore su quale delle regioni volesse concentrare i suoi sforzi, Federico dichiarò con assoluta calma.

"E' mia ferma intenzione riportare tutti questi domini sotto le ali dell'aquila imperiale, e farlo nel giro di pochi anni".

La dieta rimase sgomenta dalle intenzioni dell'Imperatore, e quando gli si fece notare che dividendo l'esercito imperiale in così tanti fronti sarebbe stato in pesante inferiorità numerica, Federico rispose non solo che lo aveva messo in conto, ma era parte fondamentale il suo piano.
Il Barbarossa non perse tempo e organizzo le forze imperiali in quattro parti. Il primo, guidato da lui in persona, prese la via per la rocca di Verona e il marchesato che controllava quasi tutta la regione Veneta.



L'intenzione era ovvia. Impedire a Milano di puntare a Oriente e "consigliare" alla Repubblica di Venezia di proseguire la via del mare e non tentare avventure sulla terraferma.
Una seconda armata, guidata da Welf IV della dinastia ononima, puntò verso Gand, città principe della regione fiamminga.



Una terza, guidata dal governatore dell'Austria, puntò alla Moravia e alla rocca di Olomoc. Infine, sotto il comando di Corrado Wittelbasch e il veterano Enrico il Leone, una quinta forza marciava nel Ducato di Pomerania
Nel frattempo, un'altra armata era stata allestita in Franconia con obiettivo Praga.
Erano tutte quante armate parecchio inferiori di numero e armamenti rispetto a quelle che in teoria stavano mettendo sotto assedio. Gli eserciti delle Fiandre, le forze del Ducato di Pomerania e quelle boeme di stanza in Moravia, quando videro quei piccoli contingenti cominciare a mettere l'assedio alle loro piazzeforti, con una punta di allegria e compatimento verso un Imperatore evidentemente impazzito, si apprestavano a contrattaccare e spazzare via gli sparuti invasori.




Cosa aveva in mente il giovane Barbarossa?
Jean Marc de Ponthieu
00venerdì 7 gennaio 2011 13:15
Bella
Jean Marc de Ponthieu
00venerdì 7 gennaio 2011 13:16
Ma per salvare le immagini della campagna cosa bisogna fare???? Per caso bisogna premere il tasto "Stamp"??
Lan.
00venerdì 7 gennaio 2011 13:18
Perdere la battaglia e vincere la guerra.
@Jean Marc:grazie!^^

Per le immagini, devi premere stamp e le trovi nella cartella tgas. Solo che non sono in formato jpg, e ci vuole un programma ad hoc (io uso irfan view). Altrimenti, puoi scaricare fraps e usi direttamente quello per salvare le immagini direttamente in formato jpg.:D

Gand-Fiandre Anno Domini 1155


Persino l'aquila imperiale dello stendardo sembra preoccupata

Alle porte di Gand, il grosso delle forze imperiali, costituite da milizia scadente, guardava con parecchia apprensione l'esercito fiammingo riordinarsi sotto le mura. Il nemico aveva lancieri corazzati, forze di cavalleria superiori ai due squadroni di cavalieri imperiali e quei picchieri fiamminghi la cui fama era nota in tutta Europa.



Come poteva un accozzaglia così male armata avere la meglio?
Se lo chiedeva anche il generale Welf, mentre si ripeteva mentalmente le istruzioni ricevute.
Federico era convinto che con un buon uso della cavalleria contro masse di fanteria bloccate dai lancieri avrebbe avuto risultati devastanti, che sarebbero stati amplificati dal lancio di dardi infuocati. L'effetto avrebbe potuto atterrire e domare avversari ben più numerosi e meglio armati.
Mise i lancieri in una fila, con gli arcieri e la cavalleria dietro. Quando vide un contingente di cavalieri staccarsi dall'esercito, mandò all'inseguimento il suo secondo e la sua scorta di cavalieri imperiali.




Che ebbero gioco facile contro gli inferiori cavalieri fiamminghi.
Welf mise quindi in pratica la tattica del Barbarossa. i lancieri bloccarono la fanteria mentre frecce infuocate squarciavano il cielo. La sua cavalleria riuscì a compiere alcune cariche e per quanto le forze fiamminghe subirono parecchie perdite, non rompevano le righe poiché il resto della cavalleria fiamminga teneva impegnato Welf e il suo secondo.
Alfine il numero schiacciante fece mettere in fuga l'esigua linea di lancieri imperiale. Tutto era perduto, quando Welf notò, un particolare.



I fiamminghi erano così certi della vittoria da non curarsi di richiudere il portone dietro di sè. Approfittando del fatto che le forze nemiche erano impegnate ad inseguire la fanteria imperiale in fuga, Welf e il suo secondo, per un totale di 400 cavalieri, si lanciarono verso la città, occupandola e sprangando le porte. Solo un contingente di lancieri nelle vicinanze cerco di rientrare in città, respinto dai cavalieri di Welf a costo della vita stessa del generale.



Raramente nella storia si era visto un tale colpo di audacia e fortuna, al punto che le sorti di una sconfitta totale si traducessero nel più completo successo. Con la città occupata e senza più rifornimenti poiché le altre piazzeforti della regione erano già in mano imperiale, le forze fiamminghe si dissolsero come neve al sole.

I nobili tuttavia non furono affatto felici riguardo come l'Impero avesse sottomesso le Fiandre. Il merito era tutto del grande sacrificio di Welf VI, non della strategia di guerra lampo del Barbarossa, e già si temeva l'arrivo di notizie riportanti pesanti disfatte provenienti da Olomoc e Stettino.
Imperatore I
00venerdì 7 gennaio 2011 17:31
Bella, mi piace veramente.
Keirosophos
00venerdì 7 gennaio 2011 23:22
Molto molto interessante! Vediamo come va avanti ;)
the coxer
00sabato 8 gennaio 2011 13:34
Aahah il tamarro di Hokuto...lieto di rileggere le tue croncahe Lan! [SM=g27964]
Lan.
00sabato 8 gennaio 2011 14:20
Re:
the coxer, 08/01/2011 13.34:

Aahah il tamarro di Hokuto...lieto di rileggere le tue croncahe Lan! [SM=g27964]



Bravissimo hai colto la leggendaria tattica del fu Algisio da Pirovano. [SM=g27964]


Questo inizio di campagna è dedicato a te briareos, torna presto!*__*
Lan.
00sabato 8 gennaio 2011 15:19
Il Rude d'arena
Noto presso il volgo anche come "il tamarro da stadio". [SM=g27964]

Si vociferava infatti che Barbarossa avesse in realtà appreso la sua bizzarra strategia da una conoscenza giovanile poco raccomandabile, un certo Algisio, bullo del volgo di Lambrate, che con quella tattica riusciva a vincere ogni rissa contro le bande locali nonostante lo scarso numero dei suoi.

Ma il tempo era tiranno per le speculazioni. Le forze del Re di Boemia incalzavano le truppe imperiali a Brno. La Boemia era considerata a pieno titolo territorio imperiale e la Dieta era sul punto di chiedere che l'esercito fosse inviato soprattutto lì prima che il Barbarossa se ne fosse uscito con quel colpo di teatro. L'idea che a Praga potesse sventolare l'aquila polacca non faceva dormire gran parte dei nobili tedeschi.

Olomoc-Moravia A.D. 1155



Le forze boeme scesero il colle con sicura arroganza di rispedire a calci i tedeschi in Austria

Il generale imperiale, il giovane Enrico di Babenber, arretrò la posizione e mise una fila di lancieri con dietro arcieri e la cavalleria, come a Gand. Per evitare, come nelle fiandre, che la guardia a cavallo del generale boemo rompesse le esigue fila di fanteria imperiale, sfidò lui e i suoi a singolar tenzone i cavalieri boemi. trovando una gloriose morte in battaglia.
Ma la gioia per il generale boemo non era destinata a durare. Nel frattempo la sua fanteria era sotto tiro di frecce e incendiarie e, già impaurita, si ritrovò piombare alle spalle una potente carica di cavalieri tedeschi mercenari. L'impatto fu tale che cominciarono a darsi disorganicamente alla fuga.



Rimasto solo con un pugno di cavalieri a combattere, il generale boemo consegnò la spada e la fortezza, per salvare i suoi rimasti da morte certa.



Ad Olomoc la tattica di Barbarossa, o di Algisio, aveva dimostrato che poteva funzionare. La strategia della guerra lampo per espandere i domini imperiali a scapito dei principali vicini, cominciava a sembrare attuale agli occhi dei nobili tedeschi.



Il divario tra le forze imperiali e quelle del Duca di Pomerania era ancora più grosso che a Gand e ad Olomoc. Sarebbe bastata la tattica del rude d'arena a portare a casa la vittoria e a varcare finalmente l'Oder?

Stettino, Pomerania A.D. 1155



Le forze imperiali si sistemarono secondo l'ormai consueta tattica. Il Duca di Pomerania guidò i suoi in testa, deciso a sfondare da subito la linea di fanteria nemica. Tuttavia i cavalieri di Enrico il Leone riuscì a intercettarlo e alla fine dovette retrocedere.

Mentre il Leone inseguiva il Duca, le fanterie impattarono e le forze pomerane cascarono nella trappola, con il generale Corrado di Wittelbasch libero di agire e caricare la fanteria pomerana alle spalle mentre subiva il fuoco imperiale.



E all'aquila del ducato fu spezzata prima l'ala destra...



...e poi quella sinistra.



Circondato dalla fanteria e dal Leone, anche il Duca trovò la morte e pochi attimi dopo l'intero esercito pomerano capitolò implorando la resa.




Nel giro di un paio di mesi, grazie all'audace piano del Barbarossa, l'impero si era ripreso la Moravia, la Pomerania e le Fiandre. Nel frattempo messi arrivarono da Francia, Danimarca e Polonia. L'Impero fece accordi commerciali e alleanza con tutti.

Ne arrivò anche uno da Milano...



Nonostante i buoni propositi imperiali, gli infidi milanesi non vollero accettare l'alleanza al punto da rifiutare anche ogni accordo commerciale, segno che le loro intenzioni non sarebbero mai potute essere davvero pacifiche. Ovviamente le trattative sarebbero riprese, ma il Barbarossa non si sarebbe certo dimenticato questo ennesimo affronto.




davie
00sabato 8 gennaio 2011 16:17
Complimenti. Seguirò appassionatamente questa cronaca dato che anche io sto usando l'SRI.
Keirosophos
00sabato 8 gennaio 2011 16:23
Ottima tattica! [SM=x1140522]
Fabius Maximus Germanicus
00lunedì 10 gennaio 2011 02:01
le buone vecchie tattiche dei tamarri... [SM=x1140520] [SM=x1140520] [SM=x1140520] bella cronaca [SM=x1140522]

ps si aprono le scommesse su chi sarà il primo generale... a sopravvivere ad una battaglia [SM=g27964]
Lan.
00lunedì 10 gennaio 2011 06:03
Re:
Fabius Maximus Germanicus, 10/01/2011 2.01:

le buone vecchie tattiche dei tamarri... [SM=x1140520] [SM=x1140520] [SM=x1140520] bella cronaca [SM=x1140522]

ps si aprono le scommesse su chi sarà il primo generale... a sopravvivere ad una battaglia [SM=g27964]




Lol Fabius hai colto nel segno, bé diciamo che si tratta di una selezione per verificare quali generali siano davvero degni della nobiltà imperiale (il dinamico duo Corrado-Enrico ce l'ha fatta, anche se a Stettino ho trovato l'armata più facile da battere fino ad ora).U_U

Scemenze a parte, devo dire che il grosso non è tanto il maggior numero di uomini o la presenza di truppe meglio armate e addestrate (a Gand era un incubo, cavalieri, picchieri e fanti corazzati O_O"), ma quella fetentissima guardia del generale. Sono peggio di terminator, se caricano frontalmente una compagine di lancieri ordinata la sterminano e mandano in rotta in (li ho tipo contati :P) una ventina di secondi circa. Una roba mostruosa, tanto che uno dei miei generali lo devo mandare a farsi ammazz..erh volevo dire a duellare a singolar tenzone con il generale nemico.

Fortuna che ho quasi finito con le tattiche dei tamarri (i costi per il bilanciamento cominciano a marciare a 1000 bisanti a ogni nuovo insediamento quindi mi sono dovuto stoppare con l'economia da barboni che mi ritrovo). Ma di questo narrerò tra poco coi prossimi aggiornamenti. [SM=g27964]
Wolfman2485
00martedì 11 gennaio 2011 08:53
Wolfman2485
00martedì 11 gennaio 2011 08:54
Avanti Lan! Fonda un'altra Algisiograd!
[SM=x1140552]
Lan.
00martedì 11 gennaio 2011 15:28
Re:
Wolfman2485, 11/01/2011 8.54:

Avanti Lan! Fonda un'altra Algisiograd!
[SM=x1140552]



In questo caso sarebbe meglio Algisioburg. [SM=g2194595]
Jean Marc de Ponthieu
00giovedì 13 gennaio 2011 11:20
Bella continua così
Lan.
00sabato 15 gennaio 2011 14:48
Gli artigli imperiali.

Un anno dopo le rapide conquiste in Moravia, Slesia e Fiandre, le ultime armate dell'esercito imperiale raggiunsero gli obiettivi di Praga, Lione e Verona.
A Praga risiedeva l'ultimo esercito a disposizione del Regno di Boemia, pronto a difendere la propria indipendenza fino all'ultimo uomo. D'altro per l'impero la guerra in Boemia era vista come nient'altro che la riconquista di uno dei suoi territori più antichi e importanti.




I mesi passati tra le prime conquiste e la battaglia di Praga non furono costellati solo da lunghe marce. Il consiglio di guerra ebbe modo di analizzare a fondo la tattica del tamarro di Lambrate dell'Imperatore, e pur riconoscendoli il merito di quei fulminei successi, occorreva ammettere che si trattava di una tattica rischiosa, il cui minimo errore avrebbe portato alla disfatta.
Andava migliorata e perfezionata, fu così che al giovane Luigi di Turingi venne chiesto di testare su quel campo cruciale la versione modificata.
Così come l'aquila ghermisce la preda trapassandola in più punti coi suoi artigli, così l'esercito imperiale avrebbe colpito come un'enorme zampa d'aquila. La fanteria si sarebbe subito lanciata sull'esercito nemico, bloccandola alle porte, impedendo di schierarsi per far valere la propria superiorità numerica. Pressati dalla fanteria e tormentati dalle frecce incendiarie, il terzo artiglio, quello letale, sarebbe stato il colpo di maglio della cavalleria ai lati dello schieramento nemico.



Gli effetti furono più lieti di ogni più ottimistica previsione. Alla carica della cavalleria imperiale diversi reparti boemi batterono in ritirata, così che i prodi cavalieri penetrarono fino al cuore dello schieramento come un coltello nel burro.



Di fronte al disastro, di reparto in reparto i boemi si arresero in massa, e alle porte della città, senza andare oltre, il generale implorò la resa.



Il trionfo di Praga fu la chiara dimostrazione alla Cristianità di cosa erano in grado di fare le milizie imperiali, e l'evento venne accolto dalle altre potenze tra un misto di ammirazione, invidia e timore.
Pochi giorni dopo furono le armate del Delfinato a dare battaglia alle truppe del Principe Corrado.
A Lione, stavolta con l'ausilio di un secondo gruppo di cavalieri della guardia imperiale, compensati però dalla presenza tra le truppe nemiche di diversi cavalieri, venne ripetuto il colpo dell'artiglio di aquila.



La cavalleria nemica riuscì solo a posticipare l'inevitabile momento del crollo.



Questo diede il tempo ai primi reparti nemici fuggiti, di ricompattare le fila, rifocillarsi e tornare a combattere, così che la battaglia continuò in un'ultima, quanto vana resistenza, tra le vie della città.



Anche a Lione sventolava il vessilo imperiale. Il Delfinato era stato riconquistato, e solo un caso fortuito per cui la dinastia provenzale aveva unito i propri destini alla corona di Aragona, che si era al fine presa la regione, impediva alle milizie imperiali, per il momento, di marciare fino al mare.



Venne infine il turno dell'Imperatore Federico, pronto a combattere contro le forze del Marchersato di Verona.
I veronesi agirono d'astuzia, e per impedire il colpo dell'artiglio, uscirono dalla fortezza ben prima che le milizie imperiali potessero raggiungere le porte di Verona.



L'Imperatore si trovò quindi costretto a riprendere la vecchia tattica del tamarro di periferia e dopo un duro combattimento che costò la vita anche al suo secondo.



Riuscì ad avere ragione dei veronesi e a prendere la fortezza.



L'ultimo giro di successi portò l'impero a riprendersi interamente la Boemia, il Veneto, rimettendo quindi un piede stabile in Italia, e nel delfinato, così da ricordare alle corone di Francia, Inghilterra ed Aragona, nonché ai vari potentati locali, come le terre ad Occidente erano sempre considerate dominio imperiale dai tempi di Carlo Magno.
Questa rapida espansione aveva però martoriato le finanze già fragili a causa di un'economia ancora arretrata, e la Dieta decise che si doveva fermare l'avanzata per integrare i nuovi domini nell'Impero e rilanciare l'economia. Si sarebbero fatte eccezioni solo per obiettivi sensibili che era consigliato prendere prima dei propri rivali, in particolare la Romagna e la Prussia. Purtroppo nel secondo caso, il tempo necessario alle forze imperiali di stanza in Pomerania per riposare e attendere rinforzi, consentì ai polacchi di mandare il proprio esercito a Danzica e battere sul tempo gli odiati vicini occidentali.




La cosa fu accolta con un certo dispiacere ma senza drammi. Per quanto fosse allettante la prospettiva di tagliare alla Polonia ogni sbocco sul mare, aver ripreso la Boemia e la Pomerania in tempo utile e senza trascurare gli obiettivi occidentali e italiani, era già un grandissimo successo.
Keirosophos
00sabato 15 gennaio 2011 15:07
Ottimo!!
Imperatore I
00sabato 15 gennaio 2011 15:11
Molto bello, continua così
the coxer
00sabato 15 gennaio 2011 16:07
Bravo Lan,continua così!!

P.s.:Attento all'incubo polacco [SM=g27981]
Lan.
00mercoledì 19 gennaio 2011 18:53
@Coxer: farò il possibile, ma come profetizzato da un certo nobile slesiano, coi polacchi non si può vincere neanche con un rapporto 1000:1. Cercherò di andare avanti fino all'inevitabile giorno in cui l'aquila bianca sventolerà a Berl...pardon, Ratisbona. [SM=g27964]

Il rilancio economico.

Tra le suggestive rive del Lago di Garda, l'Imperatore ha convolato a liete nozze con la principessa Caterina di Danimarca.



Restava solo un'ultima questione in sospeso: andare a prendersi la corona dal Papa Adriano IV. Il corteo imperiale si mette quindi in marcia, e con un blitz si toglie anche la soddisfazione di occupare Bologna, troncando sul nascere ogni possibilità da parte delle città emiliane e romagnole di fare comunella con le ribelli lombarde.

Ed infine, in Anno Domini 1158, per grazia e volere di Dio, Federico I di Hoenstaufen è incoronato Imperatore dei Romani.



Tornato a Bologna, il novello signore di Roma diede inizio al piano economico. Le casse imperiali avevano patito molto quelle rapide e roboanti conquiste. Per prima cosa vennero erette centri di controllo e avvistamento per tutto l'impero, così da sorvegliare confini e non lasciare un solo palmo di territorio imperiale fuori controllo.
Dopodiché si iniziarono a costruire in tutto il territorio le fondamenta per un'economia solida: tecnologie agricole, mercati, porti e scali commerciali. Non appena cominciò ad entrare una discreta quantità di fiorini, si diede il via alla specializzazione regionale.
Tutte i territori costieri si sarebbero dedicati al potenziamento commerciale dei porti, dove c'erano giacimenti minerari si costruirono il prima possibile miniere e nei restanti territori, in particolare in Austria, e sul renano, s'incentivò l'attività agricola. Vennero costruiti macelli, attività di pesca e saline così da diversificare ed arrichire le possibilità commerciali dell'impero.
Ma ciò non era sufficiente a rendere la nazione una potenza commerciale di prim'ordine. Se c'era una cosa che si era appresa da quei traditori del Nord Italia era come con un pugno di mercanti agguerriti posti sui giusti mercati, anche la più depressa delle regioni poteva vivere nel lusso.
Lungi dal voler tentare di competere apertamente coi mercanti italiani, si scelse di puntare tutto sulle zone del Nord. Ambra e pellame erano merci molto richieste nei territori del Sud Europa e la concorrenza non era spaventosa. In pochi anni l'impero era riuscito a detenerne il monopolio in Scandinavia e sul Mar Baltico.




Tutti i guadagni avuti si reinvestivano in nuove strutture economiche.Solo quando il tesoro superò stabilmente i 50.000 bisanti, si diede inizio alla riforma militare, che avrebbe dovuto modernizzare un esercito che, a parte i cavalieri di nobile origine, era poco più di un accozaglia di miliziani delle città e contadini male armati e peggio addestrati.
Si optò anche in questo caso per una divisione tra le varie regioni dell'impero.

-Staufen: fanteria. Gli svevi erano rinomati per essere tra i più duri e selvaggi tra i germani. La scelta era anche dettata dalla vicinanza con la Francia e la relativa vicinanza alle terre del Nord Italia, entrambe nazioni che potevano disporre di una buona fanteria da mischia.

-Thun: armi d'assedio e arcieri. In quanto fortezza più vicina ai territori nemici e per la possibilità di schierare gli arcieri turingi, oltre al fatto che gli uomini delle regioni montanari sono sempre stati più propensi per il combattimento a distanza, stessa ragione per cui anche il Tirolo e Innsbruck si specializzarono nell'arruolamento di arcieri.

Wurzburg: cavalleria. Il cuore della Germania e il punto di richiamo dei suoi nobili. La scelta inoltre era motivata dal fatto che la Franconia era l'unica regione già in grado di schierare una buona fanteria.

Magdeburgo: cavalleria. La vicinanza con Polonia e la possibilità di attirare i famosi cavalieri polacchi era la motivazione principale. Per di più, i reparti di cavalleria potevano in ogni caso raggiungere degli ipotetici fronti italiani o renani in tempi ragionevoli.

Stettino: fanteria. Con Magdeburgo a due passi e i danesi a tre, una buona fanteria era indispensabile in caso di ipotetici conflitti coi cugini del Nord.

Brno: stesse motivazioni di Magdeburgo, considerato che tra i vicini in questo caso ci sono anche gli ungheresi, particolari estimatori della cavalleria.

Verona: fanteria. La fortezza italiana era la testa di ponte dell'impero, e la sua importanza strategica era semplicemente fondamentale da difendere ad ogni costo. La prospettiva di schierare i lancieri difensivi italiani armati di scudo pavese, la vicinanza di Innsbruck che garantiva l'apporto di buoni arcieri fece sì che si optò verso l'arruolamento di fanti.

Nel frattempo, i territori a vocazione maggiormente civile e commerciali proseguirono la loro espansione economica costruendo quartieri commerciali in grado di attirare mercanti italici, nordici ed ebraici

Nel giro di una decina d'anni, l'Impero aveva toccato i 70.000 bisanti e poteva contare sull'arruolamento in tempi rapidi di un esercito moderno ed efficiente, completo in ogni suo reparto. Ai suoi confini le cose andavano piuttosto tranquille: i polacchi si votarono alla lotta contro i pagani del Baltico, e dopo aver sottomesso i lituani, erano in uno stato di perenne conflitto coi livoni, con i novgorodiani alla finestra. Nel frattempo, il regno svedese era stato spartito tra Norvegia, che aveva preso tutti i suoi domini nella penisola scandinava, e Danimarca, che si era presa l'isola di Gotland e la regione finnica. In Francia gli aragonesi, come da previsione, si erano presi tutta la zona meridionale, arrivando fino all'Auvergne, mentre, a sorpresa, i castigliani erano sbarcati in Bretagna battendo sul tempo gli inglesi, che a loro volta si erano lasciati soffiare l'isola d'Irlanda dal rivale Regno di Scozia. I normanni erano arrivati fino ad Ancona e i veneziani si erano impegnati in una guerra contro il Regno d'Ungheria, il cui esito sembrava pendere a favore dei magiari. Nel frattempo Pisa, ormai sazia dei successi sulle isole tirreniche, si espanse nell'entroterra inglobando tutta la Toscana e l'Umbria.
Tuttavia gli occhi imperiali erano perlopiù rivolti verso l'Alta Italia e i comuni lombardi, che intanto erano giunti fino a Genova, città da secoli fedele all'Impero. La loro politica aggressiva diede mostra di sé anche in occasione di una crociata lanciata contro gli Almohadi a Cordova, prendendo l'antica città ed andando a ficcare il naso negli affari iberici. L'Impero, che aveva da poco stipulato trattati commerciali con i mori, vi partecipò controvoglia e di facciata, allestendo un'armata con a capo il Principe Corrado che di fatto non era altro che la guarnigione di Lione, che mai si mosse oltre le mura della città.

L'Imperatore aveva pazientemente aspettato per quasi quindici anni in Romagna, consolidando l'economia della nazione e radunando le sue forze da ogni angolo dell'Impero. La guerra era ormai prossima, e per i traditori lombardi era ormai imminente il tempo della purga per il loro vile tradimento.
Lan.
00mercoledì 19 gennaio 2011 18:53
Tomas Torquemada
00mercoledì 19 gennaio 2011 19:49
Un aggiornamento [SM=g27964]
Spezza i milanesi, Lan [SM=x1140443]

Ma come fai ad avere più di 50.000 bisanti stabilmente?
Io al turno 138 non supero mai i 25.000 quando mi gira bene....
Keirosophos
00mercoledì 19 gennaio 2011 20:18
Bellissima!
Lan.
00mercoledì 19 gennaio 2011 20:53
Re:
Tomas Torquemada, 19/01/2011 19.49:

Un aggiornamento [SM=g27964]
Spezza i milanesi, Lan [SM=x1140443]

Ma come fai ad avere più di 50.000 bisanti stabilmente?
Io al turno 138 non supero mai i 25.000 quando mi gira bene....



Contaci! Ora sto scrivendo il nuovo resoconto ed è roba da far piangere in un angolino il leghista più incallito. [SM=g27962]

Ambra e pelliciame sono incredibili amico mio! Anche col mercante sfigato ti fruttano sui 400-500 fiorini e io ho non ho fatto altro che spedire i miei mercanti a calci per tutto il Nord Est europeo fino al Ladoga. Oltre a ciò, ho ridotto le armate al minimo sindacabile, creato scali commerciali e miniere ovunque fosse possibile e tanti quartieri esteri e quelle strutture di risorse varie (forno di pece, salina, mulini, macelli, ecc.) che danno gli stessi vantaggi di un mercato potenziato ma si tirano su nel giro di 2-4 turni.

Difatti, e lo noterai coi prossimi screen, durante le guerre, con un esercito degno di questo nome (anche se non numerosissimo, almeno rispetto ai miei avversari) e con le spese varie di guerra e assedi, il bilancio inizierà a calare inesorabile, screen dopo screen, per ora gli anni passati a fare la formichina bastano, ma tra poco dovrò fare un nuovo stop per far respirare l'economia (anche perché devo tenere d'occhio il malus per ogni nuovo insediamento). [SM=g27964]



Keirosophos
00mercoledì 19 gennaio 2011 22:31
Re: Re:
Lan., 19/01/2011 20.53:



Contaci! Ora sto scrivendo il nuovo resoconto ed è roba da far piangere in un angolino il leghista più incallito. [SM=g27962]

Ambra e pelliciame sono incredibili amico mio! Anche col mercante sfigato ti fruttano sui 400-500 fiorini e io ho non ho fatto altro che spedire i miei mercanti a calci per tutto il Nord Est europeo fino al Ladoga. Oltre a ciò, ho ridotto le armate al minimo sindacabile, creato scali commerciali e miniere ovunque fosse possibile e tanti quartieri esteri e quelle strutture di risorse varie (forno di pece, salina, mulini, macelli, ecc.) che danno gli stessi vantaggi di un mercato potenziato ma si tirano su nel giro di 2-4 turni.

Difatti, e lo noterai coi prossimi screen, durante le guerre, con un esercito degno di questo nome (anche se non numerosissimo, almeno rispetto ai miei avversari) e con le spese varie di guerra e assedi, il bilancio inizierà a calare inesorabile, screen dopo screen, per ora gli anni passati a fare la formichina bastano, ma tra poco dovrò fare un nuovo stop per far respirare l'economia (anche perché devo tenere d'occhio il malus per ogni nuovo insediamento). [SM=g27964]







[SM=x1140523]
Sto facendo la stessa cosa, da sud però, con i normanni [SM=g27980]
Lan.
00mercoledì 19 gennaio 2011 23:01
La campagna d'Italia


Avvertenza: la lettura di questa cronaca è sconsigliata agli elettori leghisti con problemi di cuore. [SM=g27965]


La lega dei comuni lombardi, guidata, o per essere più precisi, tiranneggiata da Milano, le cui ricche famiglie che comandavano la città ormai accarezzavano il sogno di diventare una novella Repubblica Romana, poteva vantare su un esercito numerose a discapito della piccola estensione.
Le forze che il Barbarossa avrebbe impiegato sarebbero state decisamente meno nutrite, ma meglio addestrate e comandate. Inoltre poteva fare affidamento su un ottima rete di spie allenata nel corso dei quindici anni di pace. La dottrina della guerra lampo era la sola per soggiogare un nemico potente che avrebbe per di più giocato in casa propria.
L'esercito imperiale venne diviso in tre armate: una, guidata dal principe Corrado, era di stanza a Grenoble, ai confini col Piemonte, uno di stanza a Thun in Svizzera, guidato dal giovane quanto promettente generale Federico di Lorena, e il terzo guidato dall'Imperatore in persona, di stanza a Parma.

Quando, nella primavera del 1170, venne ordinato l'attacco, l'armata del principe Corrado scese in Piemonte mettendo sotto assedio la città di Asti, mentre le forze del lorenese raggiunsero la porta della Lombardia, Lugano, dove risiedeva il signore di Milano, pronto a vendere cara la pelle. L'Imperatore coi suoi marciava nel frattempo trionfale a Lodi, città da sempre fedele all'Impero che da anni ormai chiedeva giustizia contro la tirannia della vicina Milano.








Le forze lombarde erano interamente ammassate a Milano. La speranza del Barbarossa era che parte delle armate nemiche venissero dirottate in Piemonte, in Liguria o a Lugano, così da facilitare la sua avanzata verso la città ambrosiana.
Come previsto, i lombardi si spostarono verso il Piemonte, e verso la rocca di Lugano, per dare manforte al proprio signore assediato.
Purtroppo, i lombardi scoprirono di poter fare affidamento sull'entrata in scena di un alleato molto potente. Papa Adriano IV infatti colse l'occasione per colpire il suo acerrimo rivale, l'imperatore, minacciandolo di scomunica al minimo attacco contro i lombardi.
Ad Asti, l'erede al trono, Corrado, con i rinforzi nemici che incalzavano, attendeva con ansia l'arrivo degli ordini imperiali: la città andava presa oppure no?
Quando arrivò il messaggero, tutto fu alla fine chiaro. L'Imperatore non avrebbe mai accettato di prendere ordini da sovrano o porporato, o entrambe le cose, da Roma, Costantinopoli o qualsiasi altro posto nel mondo. L'interferenza del Papa in faccende non inerenti il suo ministero era inaccettabile, e se avesse usato uno strumento tanto grave quale la scomunica per la sua cupidigia, alla morte ne avrebbe risposto a Dio, non certo un sovrano che stava riconquistando terre sue di diritto.
Corrado ordinò quindi l'assalto e la minuscola guarnigione astigiana venne spazzata via prima che i rinforzi potessero oltrepassare il Po e raggiungere la città. Le conseguenze di tale atto non tardarono purtroppo ad arrivare.




Non si poteva più tornare indietro. Il Barbarossa correva un grosso rischio. Se la campagna si fosse rilevata un fallimento, i suoi numerosi nemici in Germania, apparentemente silenti dopo la morte per vecchiaia di Enrico il Leone, avrebbero potuto alzare la voce ed ogni sforzo per rendere l'Impero una nazione potente e finalmente coesa, sarebbe stato vano, ed il ritorno dei tempi oscuri dell'anarchia e delle lotte tra feudi inevitabile.
Il giovane Federico di Lorena avvertiva queste gravi responsabilità quando ordinò l'assalto alla fortezza di Lugano. Era una scelta obbligata, dei rinforzi dalla Lombardia stavano raggiungendo la rocca, protetta dal Signore di Milano Jacopo della Torre e da un contingente di balestrieri.
Mentre uno squadrone di lotaringi e di armirgeri dava l'assalto alle mura.



Il lorenese col resto dei suoi si preparò a dare l'appropriata accoglienza ai nuovi arrivati dalle valli.



Superiori in numero e addestramento, gli imperiali ebbero ragione con facilità dei linforzi lombardi, bloccandoli con la fanteria e falciandoli con devastanti cariche di cavalleria.




Alcuni reparti di fanti tentarono di sfruttare la confusione della battaglia per svignarsela e raggiungere le porte della rocca. Ma vennero facilmente recuperati e macellati dai prodi cavalieri imperiali.



Nel frattempo, sulle mura del castello, i lotaringi e gli armigeri iniziarono una feroce e sanguinosa. battaglia all'ultimo uomo contro la guarnigione di balestrieri lombardi.





Notare il vessillo imperiale che pare essersi preso la varicella [nda]. [SM=g27965]


I coraggiosi soldati tuttavia riuscirono a scacciare i pochi soldati nemici rimasti in vita e quando Federico raggiunse le porte della rocca, vide con soddisfazione i suoi sventolare la bandiera imperiale sopra le porte.



Restava un ultimo nemico tra l'esercito imperiale e la vittoria, il più ostico, il più pericoloso. Jacopo della Torre e la sua guardia di 600 cavalieri, la crema delle forze lombarde, ciò che di meglio quei traditori potessero schierare in campo. Federico sapeva bene che sarebbe stato un assalto molto sanguinoso. Per contenere i danni dispose i suoi lancieri in modo che riempissero completamente una via della rocca, nella speranza che la compattezza della fanteria potesse bilanciare l'immane forza d'urto che avrebbero scatenato i cavalieri lombardi.



La lotta che seguì fu terribile, e Federico coi suoi cavalieri dovette a un certo punto intervenire di persona per fermare l'inarrestabile penetrazione tra le schiere di lancieri da parte dei cavalieri di Jacopo.



Tuttavia, per quanto grande fosse grande la ferocia dei cavalieri di Jacopo, il divario numerico era troppo grande e tutti quanti, inesorabilmente, trovarono la morte. Lugarno era imperiale, ma quanti valorosi uomini persero la vita per mano del malvagio Signore di Milano e dei suoi cavalieri indemoniati.



Le mosse dell'Impero non erano certo concluse lì. Il Barbarossa con la sua armata uscì da Lodi e raggiunse le campagne intorno la città di Milano, obiettivo principale della guerra. A difendere la città c'erano tre numerose ed agguerrite armate: una dentro le mura della città, una di stanza nella vicina Monza e un'altra accampata nei dintorni di Melegnano, più una piccola forza di briganti che bazzicava per le campagne milanesi.



Sfruttando la propria rete spionistica, le forze del Barbarossa raggiunsero l'accampamento di Melegnano senza che il nemico se ne accorgesse, così che le forze locali furono costrette a difendersi da sole.



In un vero e proprio suicidio tattico, il capitano nemico diede ordine ai propri tiratori di colpire la fanteria imperiale il prima possibile, lasciando dietro di sé lo schieramento di fanteria alleato. Esposti e isolati dal resto dell'esercito, l'avanguardia lombarda venne travolta e massacrata dalla cavalleria imperiale, guidata dall'Imperatore in persona.



I cavalieri si ritirarono prima che i lancieri lombardi potessero raggiungerli. Il capitano lombardo, senza più tiratori che potessero disturbare le forze nemiche, non poté far altro che ordinare una disperata carica frontale contro la linea imperiale.
Bloccati dalla fanteria, i cavalieri, guidati dal Barbarossa, aggirarono lo schieramento colpendo l'esercito nemico con una devastante carica sul retro in entrambi i lati.



Completamente circondati, i lombardi si difesero fino all'ultimo uomo per impedire che il carroccio cadesse in mani nemiche.



Azione ammirevole quanto miitarmente inutile. La vittoria imperiale fu schiacciante e con perdite minime. 24.000 lombardi caddero sul campo, una vera e propria ecatombe per le milizie della Lega.



Il carroccio della Lega Lombarda venne inviato a Lodi, la cui cittadinanza sapeva bene che farne di quello che ai loro occhi era stato per anni il simbolo dell'oppressione milanese.

Le truppe del Barbarossa misero quindi sotto assedio Milano, isolando la guarnigione ambrosiana dalle forze lombarde ammassate a Monza. Per evitare che, durante i preparativi per l'assalto finale, le forze lombarde in Piemonte potessero tornare a dare battaglia al Barbarossa, Federico di Lorena e i suoi uomini scesero dalle valli alpine e diedero il loro contributo alle forze assedianti.
Ciò che però accadde nei mesi di preparazione all'assalto fu tanto inatteso, quanto propizio.



Il capitano di Milano, un certo Anselmo, decide, sorprendendo sia i suoi, sia i nemici, di tentare la sortita.
Forse, isolato tra le mura della città e impaurito dalle rapide e sconvolgenti vittorie imperiali, schiacciato dal peso delle responsabilità che tutto ad un tratto pendevano su di lui, si convinse che ormai oltre le mura ambrosiane non c'erano più eserciti della Lega pronti a soccorrerlo e che non restava altro da salvare se non l'onore.
In realtà, nonostante le grosse perdite a Melegnano, gran parte dell'esercito lombardo era ancora in piene forze e stava marciando in tutta fretta verso Milano. Il Barbarossa, che si aspettava una dura e sanguinosa battaglia nei pressi della città per respingere i contro assedianti, alla notizia che Anselmo stava facendo uscire la guarnigione dalle mura reagì così.



Non contento di voler dare battaglia alle soverchianti forze imperiali, Anselmo divise le sue scarne forze per combattere al tempo stesso sia gli uomini del Barbarossa nei pressi di Porta Romana, sia quelli di Federico di Lorena stanziati vicino Porta Comasina.



La battaglia tra le truppe del Barbarossa e quelle milanesi fu rapida e quasi indolore. Circondati e caricati sul retro dalla cavalleria, vennero distrutti in poco tempo. Anselmo pagò in prima persona il prezzo delle sue folle decisioni, trovando la morte vicino Porta Romana.

Non appena si diffuse la notizia della morte di Anselmo, le forze milanesi che stavano marciando contro Federico di Lorena, libere ormai dalla pazzia del proprio capitano, tornarono in tutta fretta dentro le mura della città, pronti a difenderne il centro fino all'ultimo uomo.
L'Imperatore dispose con calma i suoi tra le vie di Milano, aspettando l'arrivo dell'esercito del lorenese e orchestrò un attacco congiunto su tre lati contro il residuo della guarnigione milanese.



La vittoria era ormai prossima e l'Imperatore, che come sempre aveva guidato la carica dei suoi in prima persona, era sul punto di ritirarsi per evitare inutili rischi in quella che era ormai un azione di logoramento. Quando accadde l'impensabile: colpito da un lanciere, venne disarcionato da cavallo, cadendo rovinosamente. L'impatto a terra gli fu fatale e il grande sovrano, trovò la morte, non potendo vedere per un soffio il realizzarsi del proprio obiettivo.



La guardia imperiale, composta dai più valenti cavalieri di Germania, tornò subito sul campo di battaglia, macellando gli infidi milanesi con ferocia inaudita, vedendo in ogni soldato nemico l'assassino del proprio amato signore.



A Milano finalmente sventolava di nuovo l'aquila imperiale, ma a quale tragico prezzo! Solo la ragione politica e il carisma del secondo del defunto Imperatore, Jens di Boemia, impedì ai soldati tedeschi e a gruppi di facinorosi provenienti da Lodi e altre città minori lombarde di cercare giustizia col sangue della popolazione milanese. Era una guerra di riconquista e liberazione, non di oppressione e vendetta.

L'anno successivo, con un fulmineo blitz. Il nuovo sovrano, Corrado, fratello di Federico il Barbarossa, prese Genova senza doverla cingere d'assedio




Ciò fu possibile grazie all'azione di una talentuosa e giovane spia imperiale che riuscì a corrompere le guardie delle porte, aprendole alle milizie imperiali.



L'intera Alta Italia era di nuovo possesso imperiale nel giro di un solo anno. Ma le armate lombarde erano ancora numerose e marciavano minacciose verso Milano.



Ma era ormai troppo tardi, e lo sapevano. L'Impero aveva subito pochissime perdite, e la situazione era ormai rovesciata: erano loro ad avere il possesso delle terre e della città, non più le forze della Lega, ad essere ospiti in quella che era fino ad un anno prima la loro terra.
I milanesi, per aver salva la propria vita e la propria città, implorarono il perdono al nuovo Imperatore per il loro tradimento e per l'uccisione del Barbarossa.



Il nuovo comandante dell'esercito della Lega, tal Raimondo della Torre, fu infine costretto ad accettare la pace e a cominciare una lunga marcia verso Cordoba, accontentandosi di essere solo Signore
dell'Andalusia.



Nonostante l'estremo sacrificio da parte di Federico I di Hohenstaufen, detto il Barbarossa, la vittoria era completa. Adriano IV non poteva certo rinnovare la scomunica al suo fratello che, teoricamente, non poteva essere responsabile delle decisioni di Federico, e dovette accettare il fatto compiuto. Le varie città lombarde capirono infine come la loro prosperità e sicurezza potesse continuare solo sotto l'ala dell'aquila imperiale. La conquista dell'antico Regno d'Italia era, salvo i territori meridionali di confine, compiuta, e a Monza la corona ferrea tornò in mano ai legittimi proprietari. Corrado tuttavia non la cinse al capo, in quanto si stava già preparando ad accogliere una corona ben più importante: quella di nuovo Imperatore dei Romani.
Keirosophos
00mercoledì 19 gennaio 2011 23:27
STUPENDO AGGIORNAMENTO!
Lan.
00mercoledì 19 gennaio 2011 23:31
Re:
Keirosophos, 19/01/2011 23.27:

STUPENDO AGGIORNAMENTO!



Deng iu! :D

Riguardo i normanni, cosa più unica che rara, nella mia campagna stanno facendo benone in Africa, sarà che la mia presenza a Bologna li avrà invitati a non andare oltre Ancona. [SM=g27980]

A parte questo, prima o poi sarà inevitabile averceli contro, e ogni volta che li affronto sono botte da orbi, roba che la guerra tra Bisanzio e Sasanidi sembra al confronto una litigata tra scolarette. [SM=g27965]
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