Il vento della steppa

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Bertavianus
00lunedì 9 giugno 2008 23:16
Le prime voci, portate da profughi terrorizzati, circa una nuova minaccia in arrivo dall’est giunsero alla corte polacca nell’anno del Signore 1400.
Il primo ad averne cognizione diretta fu, di lì a poco, un solerte fraticello missionario giunto agli estremi confini del mondo conosciuto; da lui si seppe che nove possenti armate Tartare procedevano verso occidente; il religioso tentò di seguirne gli spostamenti, ma non riuscì a reggere a lungo il loro passo.
Grazie a queste prime indicazioni, comunque, i successivi spostamenti dell’Orda furono sempre attentamente seguiti da una spia accorsa in tutta fretta da Kiev.
Costui, la cui identità sarebbe inopportuno rilevare, ha saputo dare precise indicazioni sulla consistenza ed armamento dell’esercito invasore; è stato anche testimone di un noncurante massacro di turchi, nei pressi di quel che fu il loro avamposto settentrionale; una splendida fortezza che i nomadi neppure si son curati di occupare, lasciandola in balia di sbandati e tagliagole.
Il regno di Polonia non attende con le mani in mano; in quegli stessi anni, porta a compimento i suoi destini dinastici ponendo fine ai giorni del casato russo. I suoi confini ora si estendono da Francoforte a Mosca, da Helsinki a Corinto. Le sue caserme di armata di Norimberga e Genova già addestrano eccellenti archibugieri, ma non potranno essere d’aiuto per il fronte orientale, essendo troppo distanti e minacciate da Spagna, Milano e Danimarca. Si confida sulla terza, quella di Costantinopoli, ma si fa appena in tempo ad inaugurarla che già l’orda è in vista di Kiev.
Kiev non dispone di opere di difesa, salvo le mura in pietra; è però zeppa di fanterie e tiratori appiedati, oltre ad un paio di bombarde e di agenti del controspionaggio.
Il nemico sembra voler passare il fiume dal ponte a sud della città, oppure dal guado prossimo alla costa; sul ponte sta di presidio un’armata di fanteria, con due bombarde e un lanciarazzi mercenario (dal tiro assai impreciso, ma terrorizzante); al guado si manda in tutta fretta l’armata di cavalleria (in gran parte arcieri e balestrieri montati) che, in origine, si pensava di tenere in suo supporto; dietro ad ognuna, un contingente omogeneo di rinforzo; a mezza via fra le due, una piccola formazione di cavalleria pronta ad accorrere dove più servirà; non esce dalla fortezza la guarnigione di Iasi, che viene rafforzata al massimo per contenere gli effetti di un possibile sfondamento.
La tenuta di questo spiegamento difensivo è un’incognita, ma non si è saputo escogitar di meglio; qui si decideranno i destini dell’Europa intera, ed eventuali suggerimenti di strateghi forestieri saranno certamente ben accetti.

Jean de Avallon
00mercoledì 11 giugno 2008 17:59
Scusa, ma lanciarazzi ????
Comunque, nobil condottiero, un rimedio a quel odor di morte che cavalca il vento c' è !!!
Buona fanteria a difender le mura, qualche unità di balestrieri per rallenater la foga ma, fondamental le torri con baliste che la feccia san spazzar via.......buona fortuna.
Bertavianus
00giovedì 12 giugno 2008 11:54
I lanciarazzi sono una fortunata aggiunta mercenaria; in queste regioni, ed in questa epoca, non sembrano una rarità (li ha anche il nemico, comunque). Le poche scariche che riescono a lanciare sono micidiali, sempre che non si perdano nel nulla.

Visto che i Tartari ignorano il guado, e si posizionano per attaccare l'uno o l'altro ponte, la difesa polacca si riposiziona con due armate a pieni ranghi per ciascuno; quelle arretrate hanno cavalleria e generali, quelle sui ponti solo fanti, balestrieri e artiglieria. Questo anche perchè si vuole evitare a tutti i costi la caduta di Kiev, le cui difese non sono ancora abbastanza solide.

Quando due armate dell'Orda si decidono ad attaccare il ponte a sud, trovano lo sbocco sbarrato da una fittissima siepe di lance e alabarde; e uomini e macchine poco più indietro che li tempestano con ogni sorta di proiettili. La prima ondata va perduta senza ottenere alcun successo, la seconda sfonda e raggiunge anche le bombarde; ma è subito investita dall'armata polacca di rinforzo, che gli stronca le urla di vittoria nella strozza.
Lo scontro è stato durissimo; l'armata di presidio al ponte ha perso due terzi degli effettivi, quella di rinforzo un quarto ed il suo generale. Due generali tartari morti nella mischia, e solo una ventina di sopravvissuti.

Queste genti allevate nel culto della propria invincibilità non digeriscono bene il colpo; per molti anni li si vede vagare incerti da un ponte all'altro, senza osare ripetere il tentativo.
Nel frattempo, Kiev è riuscita a installare le baliste, e sono affluiti in città anche archibugieri addestrati a Costantinopoli.
Il Cavaliere Verde
00venerdì 13 giugno 2008 08:28
Bravo Bertavianus!
In effetti affrontare i Tartari sui ponti piuttosto che arroccati in una fortezza è abbastanza divertente [SM=g27828]
Le perdite sono inevitabili,ma ne vale la pena...
Alle tue truppe avrei semplicemente aggiunto 2-3 unità di arcieri,avrebbero fatto una strage [SM=x535715] [SM=x535715]
Bertavianus
00venerdì 13 giugno 2008 14:30
Qualche arciere avrebbe reso sicuramente in buon servigio, e sul ponte a nord non mancavano, ma i tiratori disponibili sul ponte a sud erano tutti ragazzi di Kiev.

Il periodo successivo di questa storia polacca rammenta da vicino il celebre romanzo di Buzzati; stesso clima di attesa del nuovo scontro inevitabile, stessa problematica di vite e talenti sciupati nel tedioso compito di presidiare i confini.

Ad oltre mezzo secolo dalla battaglia, le armate dei ponti si ritirano in più comodi e difendibili fortini nelle aree retrostanti; i Tartari capiscono di non avere più alcuna possibilità, e si incolonnano avviandosi verso nord.

Non potendo permettere che il nemico trasferisca la minaccia in regioni meno difese, i Polacchi passano immediatamente all'offensiva.
Tre eserciti sciamano oltre il fiume, ingaggiano la formazione di retroguardia tartara isolandola dal grosso dell'orda, la circondano e la assalgono. La battaglia, totalmente dominata dagli arcieri e balestrieri a cavallo di Polonia, porta ad annientamento un esercito non numeroso, ma guidato dal Khan in persona; questa preda inattesa frutta un riscatto degno del suo rango.

I tre eserciti vittoriosi si stringono l'un l'altro, attendendosi furibonda vendetta delle sei armate nemiche ancora integre; ma queste sembrano avere una diversa priorità, puntano nuovamnete sul ponte a sud, ora controllato solo dal suo fortino semideserto.
Bertavianus
00sabato 14 giugno 2008 13:14
Gli eventi ora si susseguono a ritmo turbinoso, dopo quella tediosa stasi protrattasi per oltre mezzo secolo.

I Polacchi si affrettano a riempire i fortini sul fiume, il che induce i Tartari a riprendere la via per Smolensk.
I cavalieri del generale Tarek e l'armata di Swetopelk ingaggiano nuovamente la retroguardia della colonna, ma questa volta il compito si rivela ben più duro.
Ne nasce uno scontro fra quattro eserciti a ranghi pieni e Swetopelk, appesantito dalle artiglierie, giunge con drammatico ritardo.
Tarek ingaggia coraggiosamente il suo diretto antagonista, e lo sgomina; ma i suoi sono troppo esausti per reggere anche la seconda armata tartara, che ribalta l'esito della battaglia.
I cronisti parleranno di una terribile sconfitta, e sul piano tattico non si può dar loro torto; ma il risultato strategico è raggiunto.
Tarek riesce a precedere i Tartari al ponte di Smolensk, erigendovi un terzo fortino; il nemico, che ha perso più uomini ed un generale, rinuncia definitivamente a trasferirsi a nord.
Nelle retrovie, il Khan riscattato è nuovamente catturato, con nuovo eccellente risultato per l'erario; rischia perfino di esser ripreso per la terza volta, ma preferisce la morte in battaglia a tale onta.

Segue una nuova battaglia a quattro eserciti, che volge rapidamente in catastrofe; per la prima volta interviene l'artiglieria su pachidermi, che distrugge il lanciarazzi prima che possa tirare una sola salva.

Questi immani sacrifici danno, però, buoni frutti; ora Kiev è una metropoli fortificata al massimo e gonfia di truppe.
In più si è notata una cosa; la forza del nemico si va lentamente erodendo; non ha modo di reclutare nuovi armigeri nazionali, e non vuol spendere un ghello per assoldare mercenari.
Il casato stesso dei Tartari è a rischio, perchè gli son rimasti tre soli generali.
Bertavianus
00lunedì 16 giugno 2008 20:41
Nel secolo sedicesimo la riva orientale del fiume diviene teatro della prima applicazinone sistematica di una guerra di logoramento, in cui lo scopo della battaglia non è più sconfiggere il nemico, ma solo di assottigliarne, poco o tanto, le fila; senza troppo badare al costo in termini di vite umane, giacchè la Polonia poteva permettersi di sostenerlo a lungo, mentre i Tartari no.

Sorvolo sulla sconvolgente contabilità delle perdite polacche, dicendo solo che nel termine di un ventennio l'orrida filosofia si rivelò vincente; all'Orda restavano ancora due generali e tre armate malconce, ma il suo progetto di insediarsi in Europa era definitivamente sfumato.

A livello tattico, i successi erano stati rari; di vittoria si potè parlare solo quando, nel suo incerto vagare fra i tre ponti invalicabili, l'Orda lasciò isolare qualche armata minore.

In linea di massima, i polacchi si rivelarono più efficienti quando osarono attacchi in condizioni di inferiorità numerica; le armate di rinforzo sotto comando indipendente quasi mai riuscirono utili, se non per incrementare gli affari dei beccai.

Le prove più terribili furono sostenute dagli eserciti che ebbero a confrontarsi con le formazioni di elefanti, con e senza artiglieria. I migliori risultati contro quei bestioni li colsero sempre gli archibugieri, facendosi sotto in ordine sparso per tirare a bruciapelo le prime salve micidiali, e poi agendo da schermagliatori.
Bertavianus
00venerdì 5 settembre 2008 18:27
Torno alla cronaca di questa impresa, dopo salutare pausa di meditazione in un eremo ortodosso, pubblicando per estratto un interessante documento tuttora conservato negli archivi veneziani.

Dispaccio segreto di Pancrazio Zanetti, diplomatico, al Doge della Serenissima

Il Principe Artyom mi ha convocato nella sua fortezza di Sofia per reclamare contro l’iniziativa di quella nostra armata crociata che avea posto le tende, e poi si era dissolta, in vista di Costantinopoli; ho ritenuto prudente illustrare la questione in termini di esonero del nostro generale dal comando, per incapacità di trovare rapida via per Antiochia, evitando di svelare le reali mire della Serenissima e l’increscioso episodio di diserzione in massa.
Il nostro potente alleato ha mostrato di apprezzare la saggia decisione di Sua Eccellenza che, a differenza dei Signori di Germania, Inghilterra e Danimarca, ha mirabilmente evitato il ripetersi di spiacevoli equivoci che stanno minando in partenza la riuscita della Santa Impresa…
Il Principe ha voluto rievocare l’amicizia che lega i nostri popoli da oltre un secolo, cementata col sangue veneziano versato per collaborare alla cattura di Vienna; per tale ausilio, prestato quando ancora era potenza trascurabile che fuggiva la povertà delle sue terre irrompendo in aree più ricche, la Russia ci serba imperitura gratitudine e, credo, lo abbia ampiamente dimostrato cedendoci Milano per un piatto di lenticchie…
Mi è stato fatto intendere che il Granduca non ha il minimo interesse per il bacino del mediterraneo; vorrebbe liquidare Berna, per assicurarsi tranquillità sui confini occidentali, ma lascerebbe a noi la cura di chiudere i conti coi Germanici prendendo Bologna, se così piace a Vs. Eccellenza…
Ho potuto osservare movimenti di truppe in direzione di Tessalonica, e l’allestimento di una piccola flotta nei porti del Mar Nero…
La città di Costantinopoli e, credo, altre metropoli di questo impero che si estende da Bulgar a Digione risuonano sempre più spesso di sinistri crepitii, dovuti ai tiri di addestramento dei cosacchi; costoro maneggiano un nuovo arnese a polvere nera detto moschetto, ancor non sperimentato sul campo di battaglia…
Raccomando ancora di evitare avventure commerciali e finanziarie nei pressi di Kiev e di Cracovia; i nostri mercanti sono ovunque ben accetti, ma in quelle zone è stato istituito un rigido monopolio…
Sofia, addì 15 febbraio 1298
Bertavianus
00sabato 6 settembre 2008 23:44
Stupido errore, non andava inserito qui; purtroppo non sono più in tempo per editare o cancellare il post.
Mashiminu
00domenica 7 settembre 2008 10:57
infatti non capivo se era la campagna dei russi o una nuova con i polacchi [SM=g27827]
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