UNO SGUARDO AL CIELO.
Il tecnico Franco Facchinetti si è preso un anno sabbatico,
ma pensa già al proprio futuro.(fotogonnella)
L’ex allenatore della SAM attende un’opportunità in LNA.
In occasione del derby di venerdì abbiamo discusso con Franco Facchinetti, ex allenatore, tra le altre formazioni da lui dirette, di Lugano e Vacallo. Dopo l’esperienza a Massagno, il tecnico pensa al proprio futuro.
Franco Facchinetti già allenatore del Lugano, Vacallo (seppur per qualche mese estivo solamente)e Massahno nonché dello Star Gordola in LNA femminile,ha assistito al Derby di venerdi' scorso tra Lugano Tigers e Sav Vacallo Basket, in disparte, lontano da giornalisti r tifosi, come si addice al suo carattere di persona gentile e riservata, Cio' nonostante Facchiinetti ha accettato a risponderea qualche domanda.
Ha visto il Derby di venerdi'
"Si'. Lo definerei come una partita in cui si avvertiva una forte tensione, che alla fine, ha giocato un ruolo fondamentale. Avevo visto alcuni incontri della Sav e del Lugano nelle prime giornate ed in precampionato ed entrambe le formazioni avevano proposto una pallacanestro migliore.Si é badato molto al sodo ecco. A parte alcuni sprazzi di bel gioco, c'é stata troppa tensione. I giocatori mi hanno dato l'impressione di pensare sempre troppo, e si sa, in queste condizioni il gioco ne risente, risultando macchinoso e poco fluido. Il match é stato comunque molto equilibrato, con un paio di fughe da una parte e dall'altra ed anche il Vacallo ha avuto la sua occasione di vincere il Derby, con quel tiro - molto ben costruito da tutta la squadra - di Alan Barattolo ad una manciata di secondi dalla sirena."
Un ex di Vacallo e Lugano come Lei, per chi ha tifato ?
"Per nessuno in particolare. Nonostante la sconfitta nella finale dei play off di Lega Nazionale B dell'anno scorso,sono rimasto in buoni contatti con la SAV, Come del resto con il Lugano, che é la societé in cui sono cresciuto. Venerdi' non ho preso le parti di nessuno. Sono rimasto neutrale e non mi sono schierato per rispetto di chi fa il mio stesso lavoro».
Che impressione le hanno fatto Lugano e Vacallo?
«Premesso che sono convinto che entrambe le squadre sappiano giocare un basket migliore, come da loro mostrato negli incontri precedenti, mi sembra che il Lugano, con il comunitario – o almeno con un giocatore in più – sia una squadra completa. Rispetto alla stagione scorsa i giocatori a disposizione del tecnico bianconero sono molto diversi:in questo campionato i Tigers non dispongono più di Edwin Draughan, che per due anni di fila è stato offensivamente tra i migliori giocatori in Svizzera, e di Nikola Dacevic, un ragazzo attorno al quale ogni società vorrebbe costruire la propria squadra. Nikola è un professionista straordinario dotato di un’etica del lavoro senza eguali. A Vacallo sta facendo bene e ciò non mi meraviglia. Per questo campionato, la SAV ha puntato sulla continuità con il lavoro svolto l’anno scorso, integrando un Dacevic, appunto, che si sta esprimendo sui suoi ottimi livelli. Una continuità che si fonda, ad esempio, su alcuni schemi in attacco simili e sulla stessa attitudine in alcune situazioni difensive. È chiaro che ora la squadra di Pastore gioca in una categoria superiore contro avversari più ostici, ma, per quello che si è potuto vedere nelle prime giornate, non sembra risentire del salto di categoria».
Al derby di venerdì, di fronte alla prestazione incolore dei quattro americani in campo (Gibson 10 punti e 5 falli, Erwin 9, Miller 7 e Greene 3) ha storto il naso ed ha commentato che «una volta gli stranieri facevano la differenza»... Lei cosa ne pensa?
«Credo che sia ancora presto per pronunciarsi. È difficile valutare la prestazione degli americani che magari hanno bisogno di un tempo maggiore per adattarsi alla nostra realtà. Per esempio, per quanto riguarda gli stranieri della SAV, Gibson mi è sembrato più inserito nei sistemi della squadra. Forse ciò è legato al suo ruolo in campo, visto che Gibson deve portare palla. Miller, per contro, mi è ha dato l’impressione di essere, a volte, un po’ sorpreso».
In questa LNA ci sarebbe potuto essere anche Lei, se avesse accettato di sedere sulla panchina del Monthey al termine dello scorso campionato per assicurare la successione di Sébastien Roduit...
«Già. I dirigenti vallesani mi avevano contatto nel gennaio scorso, lasciandomi una settimana di tempo per decidere. Io allenavo la SAM Massagno e speravo di poter raggiungere questo mio obiettivo personale – ovvero quello di allenare in LNA – conquistando la promozione sul campo con i miei ragazzi. Non mi sembrava corretto accordarmi con il Monthey, proprio perché credevo nel progetto con la SAM. Tanto che, nonostante avessi ricevuto il benestare da mia moglie, non cominciai neppure a discutere con il mio datore di lavoro. Ho guardato mio figlio e non me la sono sentita di partire per due anni lontano da casa. A Monthey non sarei comunque diventato ricco. Ho ringraziato i dirigenti romandi per l’occasione che mi avevano offerto e non se ne è più fatto nulla».
Come si è esaurito invece il rapporto con il Massagno?
«Dopo due finali di campionato perse alla terza partita (con il Vevey e con la SAV, ndr) si era concluso un ciclo. Con il presidente Luigi Bruschetti ci eravamo già accordati all’inizio dello scorso campionato: se non avessi conquistato la promozione o se non fosse capitato qualcosa di particolare, avrei lasciato il mio incarico. Dopo quattro anni di permanenza a Massagno, partendo dalla Prima Lega, avevo cominciato a notare che alcuni giocatori non mi ascoltavano più e ho capito che i ragazzi avevano bisogno di sentire una nuova voce nello spogliatoio. A volte anche delle piccole novità danno ossigeno al gruppo e così mi sono fatto da parte. La mia è stata una scelta giusta ed onesta nei confronti della società e dei ragazzi».
A Massagno le era stato proposto di allenare il movimento giovanile e di entrare nella «Commissione Tecnica» del club. Come mai ha rifiutato?
«Fin dall’inizio avevo chiarito che lasciavo la LNB per rincorrere il mio sogno che era la A. Se non avessi trovato un club di LNA più vicino di Monthey, avrei approfittato per rimanere tranquillo e consacrare più tempo alla mia famiglia. Per quanto riguarda la mia entrata nella «Commissione Tecnica », non mi sembrava opportuno farne parte dopo aver allenato la prima squadra. Non penso che sarebbe stato un ruolo adatto a me».
Il suo rapporto con la A è abbastanza complesso. Oltre alle due finali di B perse avrebbe dovuto allenare l’ AB Vacallo dopo i due anni in cui la squadra era stata affidata a Franco Casalini del quale Lei è stato assistente. Poi Nicoletta Mettel decise di non iscrivere la squadra al campionato...
«Già, per non parlare dell’anno precedente quando fui esonerato a Natale dal Lugano: eravamo terzi in classifica dietro all’ Olympic e al Vacallo di Casalini ed avevamo raggiunto le semifinali di Coppa Svizzera. Mi dissero che la società voleva professionalizzarsi e si affidarono a Virginio Bernardi (il cui contributo fu decisamente effimero e venne rimpiazzato da Zare Markovski nel corso del campionato seguente, ndr). Al termine del derby di andata, Casalini mi fece i complimenti per la partita e, durante l’estate seguente, mi propose di divenire suo assistente. Accettai subito... La A rimane il mio obiettivo: per arrivarci non sto con le mani in mano. Anzi: mi aggiorno, seguo dei clinic, viaggio molto tra Italia e Germania. Per esempio, una settimana fa, sono stato ospite di Joe Whelton (ex allenatore del Fidefinanz Bellinzona, ndr) per quattro giorni a Treviri per vedere come si lavora in una società professionistica. È stata un’esperienza fantastica...».
Un’esperienza che Facchinetti ci racconterà di persona nelle prossime settimane, nell’attesa di ricevere un’altra possibilità per coronare il proprio sogno di allenare in LNA.
Auguri, Franco!
Andrea Stephani
© Corriere del Ticino
www.savbasketforum.tk
www.vacallobasketforum.tk