Il sogno nel cassetto di Franco Facchinetti.

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!maro!
00giovedì 1 novembre 2007 11:18



UNO SGUARDO AL CIELO.
Il tecnico Franco Facchinetti si è preso un anno sabbatico,
ma pensa già al proprio futuro.(fotogonnella)




L’ex allenatore della SAM attende un’opportunità in LNA.


In occasione del derby di venerdì abbiamo discusso con Franco Facchinetti, ex allenatore, tra le altre formazioni da lui dirette, di Lugano e Vacallo. Dopo l’esperienza a Massagno, il tecnico pensa al proprio futuro.





Franco Facchinetti già allenatore del Lugano, Vacallo (seppur per qualche mese estivo solamente)e Massahno nonché dello Star Gordola in LNA femminile,ha assistito al Derby di venerdi' scorso tra Lugano Tigers e Sav Vacallo Basket, in disparte, lontano da giornalisti r tifosi, come si addice al suo carattere di persona gentile e riservata, Cio' nonostante Facchiinetti ha accettato a risponderea qualche domanda.


Ha visto il Derby di venerdi'

"Si'. Lo definerei come una partita in cui si avvertiva una forte tensione, che alla fine, ha giocato un ruolo fondamentale. Avevo visto alcuni incontri della Sav e del Lugano nelle prime giornate ed in precampionato ed entrambe le formazioni avevano proposto una pallacanestro migliore.Si é badato molto al sodo ecco. A parte alcuni sprazzi di bel gioco, c'é stata troppa tensione. I giocatori mi hanno dato l'impressione di pensare sempre troppo, e si sa, in queste condizioni il gioco ne risente, risultando macchinoso e poco fluido. Il match é stato comunque molto equilibrato, con un paio di fughe da una parte e dall'altra ed anche il Vacallo ha avuto la sua occasione di vincere il Derby, con quel tiro - molto ben costruito da tutta la squadra - di Alan Barattolo ad una manciata di secondi dalla sirena."


Un ex di Vacallo e Lugano come Lei, per chi ha tifato ?

"Per nessuno in particolare. Nonostante la sconfitta nella finale dei play off di Lega Nazionale B dell'anno scorso,sono rimasto in buoni contatti con la SAV, Come del resto con il Lugano, che é la societé in cui sono cresciuto. Venerdi' non ho preso le parti di nessuno. Sono rimasto neutrale e non mi sono schierato per rispet­to di chi fa il mio stesso lavoro».


Che impressione le hanno fatto Luga­no e Vacallo?


«Premesso che sono convinto che entrambe le squadre sappiano giocare un basket migliore, come da loro mostrato negli incontri precedenti, mi sembra che il Lu­gano, con il comunitario – o alme­no con un giocatore in più – sia una squadra completa. Rispetto alla stagione scorsa i giocatori a dispo­sizione del tecnico bianconero so­no molto diversi:in questo cam­pionato i Tigers non dispongono più di Edwin Draughan, che per due anni di fila è stato offensiva­mente tra i migliori giocatori in Svizzera, e di Nikola Dacevic, un ragazzo attorno al quale ogni so­cietà vorrebbe costruire la propria squadra. Nikola è un professioni­sta straordinario dotato di un’eti­ca del lavoro senza eguali. A Va­callo sta facendo bene e ciò non mi meraviglia. Per questo campio­nato, la SAV ha puntato sulla con­tinuità con il lavoro svolto l’anno scorso, integrando un Dacevic, appunto, che si sta esprimendo sui suoi ottimi livelli. Una conti­nuità che si fonda, ad esempio, su alcuni schemi in attacco simili e sulla stessa attitudine in alcune si­tuazioni difensive. È chiaro che ora la squadra di Pastore gioca in una categoria superiore contro av­versari più ostici, ma, per quello che si è potuto vedere nelle prime giornate, non sembra risentire del salto di categoria».


Al derby di venerdì, di fronte alla pre­stazione incolore dei quattro ameri­cani in campo (Gibson 10 punti e 5 falli, Erwin 9, Miller 7 e Greene 3) ha storto il naso ed ha commentato che «una volta gli stranieri facevano la differenza»... Lei cosa ne pensa?


«Credo che sia ancora presto per pronunciarsi. È difficile valutare la prestazione degli americani che magari hanno bisogno di un tempo maggiore per adattarsi al­la nostra realtà. Per esempio, per quanto riguarda gli stranieri del­la SAV, Gibson mi è sembrato più inserito nei sistemi della squadra. Forse ciò è legato al suo ruolo in campo, visto che Gibson deve portare palla. Miller, per contro, mi è ha dato l’impressione di es­sere, a volte, un po’ sorpreso».


In questa LNA ci sarebbe potuto esse­re anche Lei, se avesse accettato di sedere sulla panchina del Monthey al termine dello scorso campionato per assicurare la successione di Séba­stien Roduit...


«Già. I dirigenti vallesani mi ave­vano contatto nel gennaio scor­so, lasciandomi una settimana di tempo per decidere. Io allenavo la SAM Massagno e speravo di poter raggiungere questo mio obiettivo personale – ovvero quel­lo di allenare in LNA – conqui­stando la promozione sul campo con i miei ragazzi. Non mi sem­brava corretto accordarmi con il Monthey, proprio perché crede­vo nel progetto con la SAM. Tan­to che, nonostante avessi ricevu­to il benestare da mia moglie, non cominciai neppure a discutere con il mio datore di lavoro. Ho guardato mio figlio e non me la sono sentita di partire per due an­ni lontano da casa. A Monthey non sarei comunque diventato ricco. Ho ringraziato i dirigenti romandi per l’occasione che mi avevano offerto e non se ne è più fatto nulla».


Come si è esaurito invece il rapporto con il Massagno?


«Dopo due finali di campionato perse alla terza partita (con il Ve­vey e con la SAV, ndr) si era con­cluso un ciclo. Con il presidente Luigi Bruschetti ci eravamo già accordati all’inizio dello scorso campionato: se non avessi con­quistato la promozione o se non fosse capitato qualcosa di parti­colare, avrei lasciato il mio inca­rico. Dopo quattro anni di per­manenza a Massagno, partendo dalla Prima Lega, avevo comin­ciato a notare che alcuni gioca­tori non mi ascoltavano più e ho capito che i ragazzi avevano bi­sogno di sentire una nuova voce nello spogliatoio. A volte anche delle piccole novità danno ossi­geno al gruppo e così mi sono fat­to da parte. La mia è stata una scelta giusta ed onesta nei con­fronti della società e dei ragazzi».


A Massagno le era stato proposto di allenare il movimento giovanile e di entrare nella «Commissione Tecnica» del club. Come mai ha rifiutato?


«Fin dall’inizio avevo chiarito che lasciavo la LNB per rincorrere il mio sogno che era la A. Se non avessi trovato un club di LNA più vicino di Monthey, avrei appro­fittato per rimanere tranquillo e consacrare più tempo alla mia fa­miglia. Per quanto riguarda la mia entrata nella «Commissione Tec­nica », non mi sembrava oppor­tuno farne parte dopo aver alle­nato la prima squadra. Non pen­so che sarebbe stato un ruolo adatto a me».


Il suo rapporto con la A è abbastanza complesso. Oltre alle due finali di B perse avrebbe dovuto allenare l’ AB Vacallo dopo i due anni in cui la squa­dra era stata affidata a Franco Casa­lini del quale Lei è stato assistente. Poi Nicoletta Mettel decise di non iscrivere la squadra al campionato...


«Già, per non parlare dell’anno precedente quando fui esonera­to a Natale dal Lugano: eravamo terzi in classifica dietro all’ Olym­pic e al Vacallo di Casalini ed ave­vamo raggiunto le semifinali di Coppa Svizzera. Mi dissero che la società voleva professionalizzar­si e si affidarono a Virginio Ber­nardi (il cui contributo fu decisa­mente effimero e venne rimpiaz­zato da Zare Markovski nel corso del campionato seguente, ndr). Al termine del derby di andata, Casalini mi fece i complimenti per la partita e, durante l’estate seguente, mi propose di diveni­re suo assistente. Accettai subi­to... La A rimane il mio obiettivo: per arrivarci non sto con le mani in mano. Anzi: mi aggiorno, se­guo dei clinic, viaggio molto tra Italia e Germania. Per esempio, una settimana fa, sono stato ospi­te di Joe Whelton (ex allenatore del Fidefinanz Bellinzona, ndr) per quattro giorni a Treviri per ve­dere come si lavora in una socie­tà professionistica. È stata un’esperienza fantastica...».


Un’esperienza che Facchinetti ci racconterà di persona nelle pros­sime settimane, nell’attesa di ri­cevere un’altra possibilità per co­ronare il proprio sogno di allena­re in LNA.
Auguri, Franco!

Andrea Stephani




© Corriere del Ticino




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