Re: Re:
pizia., 26/05/2012 00.57:
Come del resto per il riutilizzo di parte del corredo di Smenkhkara, e del famoso sarcofago (ma non era il secondo?
) che pur somigliando a Tut sembra abbia la faccia di un'altra persona.
....
Sì, chiedo scusa, si tratta del secondo sarcofago ligneo con lamina d'oro e non della bara più esterna
Ma torniamo alle richieste di Maat Ka Ra e ri-cominciamo dall'inizio. Questa volta, però, dall'inizio dell'Egittologia, ossia dal primo riscontro. Quello di Carter, il quale, a proposito del coperchio del sarcofago litico, scrive di un'evidente fessura che lo tagliava in due. Fessura che rese piuttosto complesse le operazioni di rimozione.
Procedo con la descrizione dell'intero elemento, così come proposta nel volume '
Tutankhamen', di H. Carter, edito da Garzanti (ed. 1996), dalla quale emergono interessanti osservazioni:
"[...]
La trabeazione è formata da una cornicea cavetto con modenatura a toro e un fregio di iscrizioni. L'aspetto più rilevante consiste tuttavia nelle immagini delle dee protettrici Iside, Nefti, Neith e Selkit scolpite in altorilievo sui quattro spigoli in modo da circondare tutto il sarcofago con le ali e le braccia spalancate. Tutt'intorno alla base corre uno zoccolo con i simboli protettivi djed e thet e gli spigoli poggiano su lastre di alabastro.
[...]
Il coperchio di granito rosa, colorato in modo da adattarsi al sarcofago, aveva una fessura nella parte centrale ed era saldamente incastrato nelle apposite scanalature. La fessura era stata accuratamente cementata e dipinta in modo da nasconderla e presentare una superficie apparentemente integra.
Senza dubbio l'intenzione originaria era stata di chiudere il sarcofago con un coperchio anch'esso di quarzo, e si deve perciò presumereche ciò non sia stato possibile a causa di qualche incidente. Può darsi che il coperchio non fosse ancora pronto al momento della sepoltura del Re, per cui al suo posto venne collocata in qualche modo questa lastra di granito.
La fessura complicava notevolmente il nostro ultimo lavoro perchè, se il coperchio fosse stato intatto, sarebbe stato assai più facile sollevarlo. La difficoltà fu tuttavia superata disponendo una serie di angolari in ferro lungo i bordi della lastra, in modo da poterla sollevare in una solavolta con diverse carrucole. [...] Nel più profondo silenzio la lastra, rotta in due e pesante oltre 12 q. si sollevò."
Purtroppo Carter non aggiunge altro, almeno nel capitolo dedicato all'apertura del sarcofago. Continuerò nella lettura, alla ricerca di ulteriori elementi chiarificatori a riguardo del coperchio e del suo destino. In quell'occasione, tuttavia, erano presenti numerosi esponenti dell'Egittologia, come Breasted, Newberry, Gardiner, Winlock e Norman de Garies Davies. Valrebbe la pena approfondire sui loro eventuali scritti, per saperne di più.
Carter ha, senz'altro, ragione quando afferma che l'intenzione originaria fosse quella di utilizzare un coperchio in quarzo giallo. Se così non fosse stato, e se l'impiego di diversi materiali per la base e il coperchio del sarcofago fosse stata una scelta, non si sarebbero dati la pena di colorare il coperchio e di camuffarlo per renderlo più simile alla base.
E' evidente, quindi, che qualcosa andò storto e che non vi fu il tempo per rimediare, se non attraverso la sostituzione con un coperchio di diverso materiale. Forse il coperchio originale subì danni irreparabili in fase di lavorazione o durante il trasporto verso la tomba.
Ciò che se ne potrebbe concludere è che la morte del Re colse davvero di sorpresa i suoi sudditi e che la tomba, come lo stesso sarcofago, fu approntata in modo frettoloso durante i 70 giorni necessari all'imbalsamazione. Il coperchio del sarcofago non è nemmeno l'unico elemento a testimonianza di una tale conclusione: persino i sacrari vennero assemblati invertendo l'orientamento dei pannelli che li componevano. In questo è, forse, possibile 'leggere' che il Re non fosse di salute cagionevole o che, comunque, non avesse alcuna malattia di natura letale. In tal caso, nel caso di una morte attesa e/o annunciata, si sarebbe provveduto per tempo.
E' vero anche che la tomba di Tutankhamon rappresenta per noi l'unico sepolcro Reale rinvenuto intatto. Ciò ci impedisce di appurare l'esistenza di simili situazioni in altre circostanze e non ci consente di valutare se tutto ciò non fosse, in realtà, uno standard comune. Per quanto ne sappiamo, qualunque Sovrano Egizio potrebbe essere stato sottoposto a frettolosa inumazione, nel rigoroso rispetto di un termine prestabilito, oltre il quale la
Maat sarebbe stata sconfitta dal ritorno di
Isfet.
Mi chiedo, inoltre, cosa abbia indotto a formulare l'ipotesi che le ali delle divinità tutelari siano state apposte in un secondo tempo su un sarcofago pre-esistente... che si tratti dello stile in altorilievo che contraddistingue le 4 divinità e il fatto che le ali sembrano essere state sovrapposte alle pareti intarsiate con iscrizioni vergate in bassorilievo? Se si tratta di questo, da un esame superficiale non pare evincersi alcun dettaglio in grado di supportare questa tesi: i segni geroglifici che compongono le iscrizioni sembrano rispettare rigorosamente lo spazio a disposizione e non danno per nulla l'idea di essere stati parzialmente coperti da elementi aggiunti a posteriori. L'uso dell'alto e del bassorilievo potrebbe essere, dunque, una tecnica artistica ponderata.
Allego uno scatto di Araldo De Luca (titolare dei diritti della foto), che mostra uno spigolo del sargofago, per chiarire cosa intendo. Osservate, ad esempio, le ultime due colonne a sinistra, nel rettangolo che racchiude le iscrizioni: è evidente che nella parte superiore furono lasciate intenzionalmente vuote, proprio perchè lo spazio lasciato libero dalle ali della dea non consentiva di contenere alcuno scritto.